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LA PREVENZIONE.

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Presentazione sul tema: "LA PREVENZIONE."— Transcript della presentazione:

1 LA PREVENZIONE

2 LIVELLI DI PREVENZIONE E STORIA NATURALE DELLA MALATTIA
SOGGETTO SANO MALATTIA ASINTOMATICA DECORSO CLINICO ESITO SINTOMO INSORGENZA BIOLOGICA PREVENZIONE TERZIARIA (riduzione complicanze) PRIMORDIALE/PRIMARIA (rimozione fattori di rischio) SECONDARIA (trattamento precoce)

3 LIVELLI DI PREVENZIONE PRIMORDIALE PRIMARIO SECONDARIO TERZIARIO

4 Livello di prevenzione
Fase della malattia Popolazione-obiettivo primordiale Condizioni di base che portano alla causalità Popolazione totale o gruppi selezionati primario Fattori causali specifici Popolazione totale, gruppi selezionati, individui sani secondario Stadio precoce della malattia pazienti terziario Stadio avanzato della malattia

5 PREVENZIONE "PRIMORDIALE”
OBIETTIVO: evitare l'emergere e lo stabilizzarsi di modelli di vita sociali, economici e culturali che contribuiscono ad un elevato rischio di malattia AZIONI: azione governativa, volontà politica, regolamentazione fiscale (Es. aumento del prezzo delle sigarette; facilitazioni nell’installazione di impianti di riscaldamento a metano; campagne di informazione sulla patologia cardiovascolare ecc..)

6 Possono essere contrastati comportamenti ad alto rischio per CARDIOPATIA CORONARICA acquisiti da gruppi di popolazione urbana con reddito medio/ elevato ( … dieta ricca di grassi animali saturi… stress) Programmi politici pubblici possono agire sulle cause di MALATTIE POLMONARI E CARDIACHE … smog urbano … effetti globali dell'inquinamento (effetto serra, piogge acide, riduzione dello strato di ozono)

7 PREVENZIONE "PRIMARIA”
OBIETTIVO: limitare l’incidenza di malattia controllando le cause ed i fattori di rischio AZIONI: raggiungimento di obiettivi concreti attraverso uso di linee guida, limiti massimi di esposizione professionale, programmi educativi, immunizzazione. Si individuano due atteggiamenti nella scelta della strategia: STRATEGIA DI POPOLAZIONE e STRATEGIA INDIVIDUALE AD ALTO RISCHIO

8 STRATEGIA DI POPOLAZIONE:
il rischio assoluto per ogni individuo è basso e il beneficio per la maggior parte degli individui è poco (es. uso delle cinture di sicurezza) STRATEGIA DELL'ALTO RISCHIO: l'intervento è adattato alle necessità dell'individuo (individuato come ad alto rischio) e mirato alla minoranza identificata (es. far smettere di fumare i forti fumatori; vaccinare per HBV gli operatori sanitari)

9 Strategia di popolazione
Strategia per individui ad alto rischio VANTAGGI Radicale Adatta all’approccio individuale Ampia potenzialità per l’intera popolazione Soggetto motivato Appropriata dal p.d.v. comportamentale Medico motivato Rapporto rischio/beneficio favorevole SVANTAGGI Beneficio per pochi individui Difficoltà nell’identificare individui ad alto rischio Scarsa motivazione del soggetto Effetto temporaneo Scarsa motivazione del medico Effetto limitato Il rapporto rischio/beneficio può essere basso Non appropriata da un p.d.v. comportamentale

10 INTERVENTI DI PREVENZIONE PRIMARIA
POTENZIAMENT0 DELLE DIFESE ORGANICHE MODIFICA DEI COMPORTAMENTI NOCIVI ADOZIONE DI COMPORTAMENTI POSITIVI INTERVENTI SUGLI AMBIENTI DI VITA INTERVENTI SUGLI AMBIENTI DI LAVORO EUGENETICA

11 Prevenzione primaria delle infezioni
Notifica e inchiesta epidemiologica Isolamento e contumacia Disinfezione e sterilizzazione Ricerca e bonifica dei portatori Eradicazione dei serbatoi naturali Scoprire e rendere inattive le sorgenti di microrganismi patogeni Azione su Fattori ambientali Fattori comportamentali Interrompere le catene di trasmissione Miglioramento difese aspecifiche umorali e cellulari Promozione di barriere specifiche: Immunoprofilassi attiva e passiva Chemioprofilassia primaria e secondaria Aumentare le resistenze :

12 Prevenzione primaria della patologia cronico degenerativa
Risultati ipotizzabili in termini di entità in relazione al Rischio Attribuibile Intervenire sui fattori di rischio Risultati ipotizzabili in termini di tempo in relazione al tempo di latenza

13 PREVENZIONE "SECONDARIA”
OBIETTIVO: guarire il paziente o migliorarne la prognosi attraverso la diagnosi e il trattamento precoci. AZIONI: riconoscimento rapido ed efficace della malattia; disponibilità di metodi efficaci di intervento; messa in atto di screening

14 PREVENZIONE "TERZIARIA"
OBIETTIVO: ridurre il progredire o il complicarsi di malattie conclamate AZIONI: messa in atto di misure terapeutiche e riabilitative intese a ridurre invalidità e menomazioni, diminuire la sofferenza e favorire l'adattamento del paziente a condizioni non curabili (es. facilitazioni per paraplegici, rieducazione funzionale alla fonazione e alla masticazione, assistenza psicologica a seguito di interventi chirurgici destruenti).

15 SCREENING

16 SCREENING E’… … una procedura che consente la presuntiva identificazione di una malattia non sintomatica o di una condizione di rischio mediante l’applicazione di un test, di un esame o di un’altra procedura di rapido impiego… Lo screening distingue le persone che probabilmente hanno una malattia da quelle che probabilmente non l’hanno. Uno screening non deve essere inteso come procedura diagnostica. Le persone che risultassero positive o “sospette” devono rivolgersi al loro medico curante per la diagnosi e il trattamento… U.S.Commission on Chronic Illness,

17 SCREENING E’… Un test che viene impiegato per separare da un gran numero di persone apparentemente sane, quelle che hanno una elevata probabilità di presentare la malattia considerata

18 STORIA NATURALE DELLA MALATTIA
SOGGETTO SANO MALATTIA ASINTOMATICA DECORSO CLINICO INSORGENZA BIOLOGICA SINTOMO PREVENZIONE PRIMARIA (rimozione fattori di rischio) PREVENZIONE SECONDARIA (trattamento precoce) PREVENZIONE TERZIARIA (riduzione complicanze) ESITO SCREENING

19

20 AMBITI DI APPLICAZIONE
Identificazione precoce di una patologia in fase iniziale suscettibile con intervento precoce di miglioramento della prognosi Ricerca di condizioni permanenti e predisponenti per lo sviluppo di una malattia Individuazione di fattori di rischio associati con un aumento di frequenza di sviluppo di una patologia Inoltre… valutazione della diffusione di un fenomeno nella popolazione e tutela di popolazioni o comunità confinate Carcinoma della mammella in fase iniziale, Ca in situ della cervice uterina,…SCREENING ONCOLOGICI Difetti congeniti o alterazioni enzimatiche. Poliposi del colon, displasia grave del collo dell’utero, MALATTIE GENETICHE … 3)IPERTENSIONE,… 4)Ricerca nel sangue per trasfusioni degli anticorpi anti HIV o dei marker per l’epatite, screening durante visite per assunzioni

21 PROGRAMMA DI SCREENING
OPPORTUNISTICO PROGRAMMA DI SCREENING “ CASE FINDING ” OBIETTIVI: DIAGNOSI PRECOCE TRATTAMENTO ANTICIPATO MIGLIORAMENTO PROGNOSI AUMENTO SOPRAVVIVENZA Screening opportunistico=Rispetto allo screening manca un livello di organizzazione collettivo; sono situazioni occasionali che nascono e muoiono facilmente, non hanno seguito (es. screening per la carie in una scuola,…) Case finding= diagnosi precoce quando il pz si rivolge alla struttura san per il trattamento di patol lievi o malattie ricorrenti non collegate alla malattia oggetto di diagnosi precoce. Nello screening, a differenza del c-f , non è il pz a ricorrere al medico, ma è il medico che invita individui apparentemente sani e convinti di esserlo, a sottoporsi ad accertamenti diagnostici e, forse, anche ad un trattamento trp. Nel c-f la popolazione oggetto di studio è più ampia di quella dello screening. Es. eco in gravidanza non è fatta su tutta la popolazione di gravide, ma solo su quella del mio studio…

22 Specificità etica dello screening (Mc Keown, 1968)
“cambia la relazione tra medico e paziente: non è il paziente che ricerca l’assistenza del medico, ma è il medico che ricerca chi ha bisogno della sua assistenza” N. S. CPO Piemonte 2000

23 Il medico che si “lancia” in uno screening ha una responsabilità accresciuta verso i suoi “pazienti”: deve (Cochrane e Holland, 1971) disporre di PROVE CONCLUSIVE che lo screening può alterare il corso naturale della malattia in una proporzione significativa delle persone sottoposte N. S. CPO Piemonte 2000

24 Illustration of relationship between screening and the natural history of disease (1)
NO SCREENING Preclinical phase Clinical phase _________ Death • Morrison “Screening in chronic disease” Oxford University Press, 1985 N. S. CPO Piemonte 2000

25 SCREENING WITHOUT REDUCTION OF MORTALITY RATE
Illustration of relationship between screening and the natural history of disease (2) SCREENING WITHOUT REDUCTION OF MORTALITY RATE Preclinical phase Clinical phase _________ Death • N. S. CPO Piemonte 2000 Morrison “Screening in chronic disease” Oxford University Press, 1985

26 SCREENING WITH REDUCTION OF MORTALITY RATE
Illustration of relationship between screening and the natural history of disease (3) SCREENING WITH REDUCTION OF MORTALITY RATE Preclinical phase Clinical phase _________ Death • N. S. CPO Piemonte 2000 Morrison “Screening in chronic disease” Oxford University Press, 1985

27 Anticipazione diagnostica
(lead time) Età del paziente N. S. CPO Piemonte 2000

28 PER QUALI CONDIZIONI PIANIFICARE UNO SCREENING?

29 DISPONIBILITA’ DI UN TRATTAMENTO EFFICACE
Trattamento di per sé efficace Trattamento più efficace di un trattamento tardivo Trattamento con buona accettabilità

30 CARATTERISTICHE DELLA CONDIZIONE PATOLOGICA
Prevalenza Incidenza Durata della fase preclinica Mortalità Riduzione funzionale Disagio fisico Disagio psicologico

31 CARATTERISTICHE DEI TEST DISPONIBILI
Requisiti operativi Basso costo Facilità di esecuzione Non dannosità Poca invasività Accettabilità Ridotto “labeling effect” Requisiti statistici Elevata validità Elevata predittività Elevata riproducibilità

32 Test ideale negativi al test positivi al test sani malati
Un test ideale dovrebbe essere affidabile e valido. Per affidabilità generalmente s’intende la capacità di un test di offrire sempre lo stesso risultato nel corso di misurazioni ripetute. Questa è pertanto una caratteristica intrinseca al test e dipendente dalla bontà dello strumento e/o dell’operatore. Esiste però un altro parametro importante da valutare, rappresentato dalla validità: ovvero dalla capacità di un test di distinguere in una popolazione i soggetti sani da quelli malati. Utilizzando un test ideale, pertanto, tutti i soggetti sani dovrebbero risultare negativi al test e analogamente tutti i malati dovrebbero risultare positivi.

33 Test reale... negativi al test positivi al test sani malati
Infatti, sottoponendo una qualsiasi popolazione a un test di screening, purtroppo (dato un certo valore di cut-off) avremo sempre un certo numero di soggetti sani che risulteranno positivi al test e, simmetricamente, un certo numero di soggetti malati che il test non riuscirà a identificare come tali, e pertanto saranno erroneamente classificati come “sani”.

34 Sensibilità VP TM+ VP + FN =
capacità del test di individuare in una popolazione i soggetti malati Un primo parametro di valutazione per un test è la sua sensibilità. Per sensibilità si intende la capacità di un test di individuare in una popolazione i soggetti malati. Essa è data dalla proporzione dei soggetti realmente malati e positivi al test (veri positivi) rispetto all’intera popolazione dei malati. Come si evince dalla formula riportata in figura, la sensibilità è condizionata negativamente dalla quota di falsi negativi: pertanto un test molto sensibile dovrà associarsi a una quota molto bassa di falsi negativi (ovvero di soggetti malati che “sfuggono” all’identificazione attraverso il test).

35 Sensibilità negativi al test 25/29= 86,2% positivi al test malati FN
Il calcolo della sensibilità tiene quindi in conto esclusivamente la popolazione dei malati, in funzione dell’identificazione o meno come positivi o negativi al test. Essa è pertanto una caratteristica intrinseca al test stesso e non dipende affatto dalla prevalenza della malattia nella popolazione sottoposta al test. Nell’esempio riportato in figura la sensibilità risulta pari all’86,2%, in quanto il test, su 29 soggetti malati, è riuscito a identificarne 25. FN VP

36 Specificità VN TM- VN + FP =
capacità del test di individuare come negativi i soggetti sani Un secondo parametro, per certi versi speculare al precedente, è dato dalla specificità. Per specificità si intende la capacità di un test di identificare come negativi i soggetti sani. Come si può notare dalla formula riportata, la specificità è influenzata in particolare dalla quota di falsi positivi: ovvero un test sarà tanto più specifico quanto più bassa risulterà la quota di falsi positivi (cioè di soggetti sani identificati dal test come malati). Un test molto specifico, in definitiva, ci consente di limitare la possibilità che un soggetto sano risulti positivo al test.

37 Specificità negativi al test 55/57= 96,5% positivi al test sani FP VN
Utilizzando ancora una volta lo schema della popolazione, per calcolare la specificità dovremo fare riferimento esclusivamente al gruppo dei sani e alla loro distribuzione fra positivi e negativi al test. Nell’esempio in figura la specificità sarà data dalla proporzione di sani identificati come tali dal test (55) e il totale dei sani (57), quindi sarà pari al 96,5%. VN

38 Valore predittivo positivo
la probabilità che un soggetto positivo al test sia effettivamente malato VP TP VP + FP = Un concetto, invece, su cui vale la pena di riflettere (anche per le sue implicazioni in sanità pubblica), è quello di predittività. Finora, infatti, abbiamo trattato di parametri che, in un certo senso, sono definibili a priori: sensibilità e specificità sono caratteristiche intrinseche di un test. Esse ci informano su quale sia la probabilità di reclutare soggetti malati o sani da una certa popolazione di partenza (di malati o di sani), mentre nulla ci dicono sulla probabilità che abbiamo, di fronte ad un singolo risultato positivo, che quel soggetto sia realmente malato. Per rispondere a questo interrogativo dobbiamo poter calcolare un nuovo parametro: il valore predittivo positivo (VPP). Esso esprime proprio la probabilità che ha un soggetto, risultato positivo al test, di essere realmente malato. Il VPP si calcola come quota di soggetti veri positivi sul totale dei positivi (veri e falsi positivi).

39 Valore predittivo positivo
sani Valore predittivo positivo malati positivi al test 25/27 = 92,6% VP VP TP VP + FP = Ritornando allo schema della popolazione, valutando tutti i soggetti identificati come positivi al test, il VPP sarà dato dal numero di soggetti realmente malati (veri positivi), cioè 25, su tutti quelli risultati positivi (veri e falsi), cioè 27. Il valore risultato (92,6%) indica la probabilità per un soggetto con un test positivo di essere realmente malato. FP

40 Valore predittivo negativo
la probabilità che un soggetto negativo al test sia effettivamente sano VN TN VN + FN = In maniera del tutto speculare possiamo calcolare il valore predittivo negativo, come la quota di veri negativi sul totale dei negativi.

41 Valore predittivo negativo
sani malati negativi al test 55/59 = 93,2% VN VN TN VN + FN = Nell’esempio in figura esso sarà pari a 55 (veri negativi) sul totale dei negativi (che include anche 4 falsi negativi). Il 93,2% indicherà la probabilità che ha un soggetto risultato negativo al test di essere effettivamente sano. FN

42 Un test ideale… Alta sensibilità = identifica una proporzione elevata di soggetti realmente malati Alta specificità = dà pochi risultati positivi fra i soggetti NON malati

43 VALUTAZIONE DI UN PROGRAMMA DI SCREENING
EFFICACIA - raggiungimento di obiettivi - impatto a breve termine EFFICIENZA - analisi economica di costi ed effetti dell’intervento QUALITA’ - qualità tecnica - qualità percepita Qualità tecnica: se, sp, protocolli diagnostici e terapeutici,…) Qualità percepita: SODDISFAZIONE DEL PZ E DELL’OPERATORE

44 EFFICACIA (teorica o efficacy)
Capacità di un’azione di conseguire gli obiettivi prefissati (in termini di salute) EFFICACIA PRATICA (effectiveness) Misura dell’impatto pratico, a breve termine, di un intervento EFFICIENZA (efficiency) Capacità di utilizzare in maniera ottimale le risorse per raggiungere un determinato risultato

45 è da tenere presente il concetto bene illustrato da Geoffrey Rose
ETICAMENTE, è da tenere presente il concetto bene illustrato da Geoffrey Rose IL PARADOSSO DELLA PREVENZIONE (primaria o secondaria): Il beneficio dell’intervento è per la COLLETTIVITÀ e non necessariamente per l’individuo. Un soggetto prevenuto può ammalarsi e morire lo stesso, laddove un soggetto non prevenuto può non ammalarsi. La rilevanza etica di questa constatazione è importante, perché mette a fuoco IL CONTRASTO CHE PUÒ AVVENIRE TRA DIRITTI INDIVIDUALI E INTERESSI DELLA SOCIETÀ. N. S. CPO Piemonte 2000

46 MANDATO Per quali patologie proporreste un programma di screening?
Rivolto a quale popolazione?

47 SCREENING IN GRAVIDANZA
Esami ematologici (toxoplasmosi, HBSAg, rosolia) TRI-TEST (15-17° settimana) / TEST INTEGRATO (11-13° e 15-17° settimana) Ecografia

48 SCREENING IN ETA’ PEDIATRICA
NEONATALI OBBLIGATORI ipotiroidismo congenito (1/ ) fenilchetonuria (1/ ) fibrosi cistica (1/1600-1/2500) NEONATALI RACCOMANDATI PER MALATTIE RARE galattosemia (1/ /60000) urine a sciroppo d’acero (1/ /300000) SU POPOLAZIONI A RISCHIO (coppie) deficit 6-G-PD (2-15% Sardegna) ß talassemia ALTRI, IN EPOCA SUCCESSIVA A QUELLA NEONATALE difetti uditivi, visivi TBC lussazione dell’anca, scoliosi,…

49 SCREENING NON ONCOLOGICI IN ETA’ ADULTA
Ipercolesterolemia no Ipertrigliceridemia no Ipertensione sì Diabete no Osteoporosi ~

50 SCREENING ONCOLOGICI Ca cervice uterina sì Ca mammario sì
Ca colon-retto ~ Ca polmone no Ca ovarico ? Ca prostatico no? Ca endometriale no?

51 Screening efficaci in oncologia
carcinoma mammario carcinoma della cervice uterina carcinoma colorettale

52 Ca mammario nuovi casi/anno, decessi/anno; rischio di ammalare tra 0 e 74 anni pari a 7.1%; incidenza a Torino pari a 98/ nel e pari a 115.1/ nel (aumento relativo +16.5%). Mortalità in riduzione da 38.5 a 37.5/ Sopravvivenza a 5 anni in aumento: da 77 a 80%

53 Screening per ca mammario
La mammografia ha evidenziato una maggiore sensibilità rispetto alla palpazione (la sola Mx evidenzia il 45.4% delle lesioni contro il 9.1% evidenziato dal solo esame clinico) e all’ecografia (che evidenzia fra le lesioni mammarie non palpabili positive all’esame mammografico il 47.8% delle lesioni benigne e il 37.3% dei carcinomi). Lo screening è raccomandato mediante sola mammografia, in donne da 50 a 69 anni di età, ogni 2-3 anni presso centri che rispondano a requisiti di qualità della strumentazione, dell’addestramento degli operatori e che effettuino almeno esami l’anno.

54 Screening per ca mammario
EFFICACIA: Si riduce di oltre il 30% la mortalità per Ca mammario oltre i 50 anni di età Si riduce del 15% (in modo non statisticamente significativo per bassa numerosità) la mortalità in età anni I dati disponibili di efficacia sono stati ottenuti da 6 studi randomizzati e da 3 studi caso-controllo. E’ allo studio l’efficacia sotto i 50 anni mediante un RCT su soggetti per braccio che durerà 12 anni


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