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il percorso del territorio bergamasco

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Presentazione sul tema: "il percorso del territorio bergamasco"— Transcript della presentazione:

1 il percorso del territorio bergamasco
I Centri Diurni Disabili della Provincia di Bergamo Osservazioni sullo stato dell’arte e pensieri sul futuro possibile Com’è cambiato il modo di organizzare i servizi diurni rivolti alle persone con disabilità: il percorso del territorio bergamasco Dott. Renato Bresciani Responsabile Area Anziani e Disabili ASL della Provincia di Bergamo

2 Come ringraziare una rete? ...stringendo i nodi..
Questo seminario è un modo per riconoscere a molti di voi il lavoro fatto insieme. E’ un tempo per dirci cose nuove. Uno spazio per la manutenzione delle nostre reti e per aggiungere qualche nodo. E’ anche il segnale del coraggio di guardare avanti insieme.

3 Nella vita , come nel lavoro, sviluppiamo continuamente nuovi pensieri torniamo su questioni vecchie in modi nuovi ripetiamo soluzioni già tentate ma con più competenza e determinazione

4 Sono proprio le discontinuità che lasciano aperta la possibilità di ricominciare da capo di ricominciare sempre con alcuni degli stessi problemi da cui si è partiti

5 Dall’integrazione scolastica fin dentro al CSE per staccarsi dalla gonna della mamma… dal CSE al CDD per inoltrarsi nella vita…o no? Il superamento delle classi speciali per gli alunni handicappati La definizione degli scopi del CSE Di fatto il CSE ha consentito ai propri utenti di proseguire in una specie di “scuola media/superiore” Il CSE dapprima servizio socioassistenziale ha visto riconoscere, dal 1985, con un decreto ministeriale recepito dalla Regione Lombardia il proprio rilievo sanitario Parallelamente ai CSE si sono sviluppati STH, SFA, Atelier, che in modo molto flessibile hanno offerto risposte ai sempre più articolati bisogni delle persone disabili e delle loro famiglie.

6 …inoltrarsi nella vita…o no?
La storia dei CSE bergamaschi e degli STH/SFA, coincide in gran parte con la storia dei servizi ……………………………un’epoca pionieristica per tanti aspetti. La trasformazione dei CSE in CDD Oggi il nostro territorio dispone di un ventaglio di offerta di servizi diurni dedicati alle persone disabili ed a supporto delle loro famiglie esteso, articolato, competente, capace di riflettere su di sé, aperto alle innovazioni. Il suo modo di funzionare tuttavia sembra rimasto quello di “tanti anni fa”…………………………………Quello che un tempo poteva essere un valore adesso ci sembra un limite.

7 Anche i Soggetti gestori dei CDD sono molto cambiati: da affidatari di Servizi “presi in gestione” tramite gara (CSE) a Soggetti accreditati titolari dei Servizi (CDD) Sono evoluti da un ruolo passivo/esecutivo “al servizio” di USSL e Comuni per assumere un ruolo attivo di soggetti titolari dell’accreditamento: con una propria visione del servizio CDD, un proprio programma, una propria carta dei servizi. Nel rapporto con le famiglie degli utenti non c’è più l’intermediazione dell’ASL né per i contenuti dei servizi né per l’entità del concorso dell’utenza ai costi di gestione; Il rapporto è diretto tra famiglie e gestori mentre l’ASL vigila sul rispetto delle regole di accreditamento e più recentemente cerca di facilitare questo rapporto per migliorare l’offerta dialogando; La cooperazione sociale, nell’area della disabilità, è divenuta un interlocutrice rilevante degli Enti Locali per le innovazioni (es: costruzione di nuovi servizi, nuove forme di gestione; più flessibilità nell’offerta, ecc.).

8 Le famiglie: dalla chiusura in forme di vittimismo individuale all’apertura verso scelte di protagonismo sociale All’epoca dei primi CSE i genitori riuniti in comitati tendevano ad esprimere prevalentemente una posizione di vittimismo passivo, rivendicando “risposte” dalle istituzioni e dagli esperti. Le richieste erano espresse sottolineando solo il proprio bisogno sottovalutando la propria possibilità di essere risorsa. Gradualmente, pur con tentazioni di regressione, le famiglie hanno cominciato ad assumere una posizione attiva e propositiva: non limitandosi ad aspettare soluzioni preconfezionate dagli esperti ma partecipando al processo di adeguamento e miglioramento dei servizi. Nel frattempo nascono associazioni su ogni tipologia di bisogno fino al fenomeno CBI (che ne riunisce 34) e che interagisce direttamente con l’ASL e gli Ambiti Territoriali formulando altresì progetti e proposte. Ormai le famiglie e le loro associazioni spingono sui gestori dei CDD (ma anche di SFA/CSE), sugli Ambiti Territoriali e sull’ASL, per spostare l’attenzione dalle sole attività interne ai CDD (PAI) verso un progetto di vita che ruoti attorno alla famiglia della persona disabile.

9 Possiamo permetterci di riconoscere che le persone disabili sono ancora “trattenute” in una sospensione della vita? Il CSE è stato costruito su un’idea di patologia: esso voleva risolvere i problemi di quelle persone che in quegli anni chiamavamo handicappate. Il CSE è nato sulle patologie non sui bisogni; su etichette non sulla sostanza: Certo esso ha consentito di offrire alle famiglie un aiuto concreto dal lunedì al venerdì, ha creato posti di lavoro nell’area socioeducativa, ha consentito alle persone disabili di avere una presa in carico sensata. Il lavoro nei CSE, l’esperienza dei soggetti gestori solitamente cooperative sociali e lo sviluppo dell’associazionismo familiare, ha creato la necessità del loro cambiamento. Oggi qui, fra di noi, grazie alla storia che ciascun attore ha accumulato, grazie ai rapporti di confronto/dialogo accesi e mantenuti, con energica determinazione, possiamo accorgerci, senza stupore, che sotto la bandiera degli Standard Gestionali di Accreditamento e del Piano Assistenziale Individualizzato si può ancora nascondere un insufficiente riconoscimento della dignità della persona disabile, si può continuare a non riconoscere la sua irripetibilità, si può proseguire in una operatività con soli scopi contenitivi, si può ignorare la presenza di desideri e le differenze tra una persona adolescente e una persona anziana.

10 E’ importante che il CDD non rimanga solo nel produrre servizi per le persone disabili
Perché senza un rapporto aperto con le famiglie, senza una relazione con le politiche comunali e senza un confronto con i Servizi dell’ASL (che programma e controlla), rischia di autoriprodurre unicamente il proprio punto di vista che risponde al bisogno di autoconservazione; rischia di rispondere ai propri bisogni e non a quelli delle persone per le quali è stato originato. La quotidianità delle nostre vite è continuamente rinegoziata fra noi e le cornici di significati che ci contengono: la nostra famiglia, la nostra religione, i gruppi di persone cui apparteniamo, il nostro lavoro, le frequentazioni più consolidate. All’interno di questi rapporti dobbiamo continuamente negoziare la nostra identità in un lavoro infinito. Questo è ciò che accade anche nei CDD, agli operatori che vi lavorano, alle famiglie che vi portano il proprio figlio, ai servizi che si rapportano con il CDD. Questo è anche ciò che è accaduto ai CSE. Il percorso che ha animato la vita dei primi CSE fino a trasformarli in CDD ha sviluppato tante soluzioni per dare risposte alle persone disabili e alle loro famiglie e comunità: la più recente è comunque provvisoria. La sua provvisorietà dipende da come ci mettiamo insieme per cambiarla o per mantenerla.

11 Anziché proclamare il CDD che vogliamo:
Che cosa abbiamo convocato in questo Seminario? E che cosa c’è da convocare nei prossimi tavoli di lavoro comuni? C’è da convocare: la nostra capacità di cercare le ragioni degli altri, di indagare davvero su quelle che sembrano delle non-ragioni degli altri, uscendo coraggiosamente dalle strette appartenenze ai servizi, alle associazioni, alle gestioni, alle programmazioni. Anziché proclamare il CDD che vogliamo: possiamo cercare di mettere insieme i pensieri e i timori, le resistenza e le possibilità di tutti quelli che se la sentono, per delineare una nuova soluzione provvisoria a quello che ai più sembra un problema da risolvere.

12 Molte voci, molti punti di vista, accostati, per arricchire la visione e dare più slancio al cammino

13 ...riprese…

14 Le relazioni che abbiamo costruito ci autorizzano a cominciare a pensare insieme un futuro possibile per i CDD (affinchè rispondano meglio alle nuove e differenti attese nate dentro e fuori di loro) Qui, fra di noi, possiamo dirci che ci stiamo accorgendo che i contenitori dei servizi sono sempre più stretti per contenere il desiderio di dignità di vita e di serenità delle persone disabili e delle loro famiglie. I CSE e i CDD posso continuare ad essere, come sono stati finora, dei buoni contenitori di cura e di assistenza e di educazione, ma comunque esterni alla comunità di appartenenza, separati da essa, come sospesi, in luoghi e attività che non sono ancora inclusione sociale ma piuttosto qualcosa di parallelo, qualcosa che incrocia ogni tanto la quotidianità della cosiddetta normalità, ma poi torna nel proprio luogo speciale. Se io penso di poter fare queste affermazioni è perché so che voi mi autorizzate: cioè me lo posso permettere perché ho la convinzione di non essere frainteso, per via dei dialoghi che abbiamo già intrecciato, per le domande che ci siamo già poste, per gli accenni al futuro possibile cui a volte facciamo riferimento. So che fra tutti quelli che sono qui (e anche quelli che non sono potuti venire) abbiamo l’energia morale, culturale e professionale, sufficiente per porci questi argomenti senza il timore di rimanere paralizzati.

15 Qual è il problema da risolvere
Qual è il problema da risolvere? È più di uno: il desiderio delle famiglie di poter contare su progetti di vita, la tensione degli operatori di avere una prospettiva di lavoro dignitosa, le attese dei gestori di sviluppare una rete di servizi efficace ed efficiente, il ruolo di indirizzo dell’ASL e degli Enti Locali da raccordare Se c’è da riorientare il sistema d’offerta ancora di più verso le famiglie, il loro progetto di vita e l’interazione con la comunità locale di appartenenza, c’è da chiedersi: quali sono i principi e i valori cui vogliamo ispirare i servizi per le persone disabili? qual’é il grado di corresponsabilità che le famiglie riunite in associazioni vogliono assumere? che parte vogliono avere gli operatori per non subire gli eventi? i gestori titolari dei CDD possono finalmente esprimere una più decisa funzione autonoma di pensiero programmatorio?

16 I modi e i luoghi per pensare insieme il possibile futuro dei CDD
dialogando fra differenti soggetti nella consapevolezza che ognuno, da solo, ha una visione parziale delle “soluzioni” I luoghi: il Gruppo di indirizzo per l’area disabili composto da tutti gli attori dell’universo delle disabilità. sulla scorta del tavolo di confronto con i CDD e il focus-group con i rappresentanti dei genitori si è pensato alla costituzione di un gruppo integrato (gestori-famiglie) per il miglioramento dei servizi. verso un percorso provinciale condiviso per la formazione degli operatori in grado di sviluppare il “nuovo corso dei CDD” che sia più aderente al progetto personale di vita quotidiana.


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