La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Perché l’Europa sta rinunciando alla storia?

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Perché l’Europa sta rinunciando alla storia?"— Transcript della presentazione:

1 Perché l’Europa sta rinunciando alla storia?
Le incertezze dell’istruzione  Corso di aggiornamento per insegnanti Perché l’Europa sta rinunciando alla storia? Prof. Marco Bartoli Facoltà di Scienze della Formazione Piazza delle Vaschette, Roma /368 -

2 Una Costituzione per l'Europa
Durante il vertice di Bruxelles del 18 giugno 2004, i 25 Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea, hanno approvato la Costituzione per l'Europa. Un risultato storico che consente di gettare basi solide e importanti per l'Unione europea e dare uno nuovo slancio al cammino comunitario.

3 Un sogno? La nostra Costituzione ... si chiama democrazia perché il potere non è nelle mani di pochi, ma dei più. Tucidide II, 37

4 Il preambolo Consapevoli che l’Europa è un continente portatore di civiltà; che i suoi abitanti, giunti in ondate successive fin dagli albori dell’umanità, vi hanno progressivamente sviluppato i valori che sono alla base dell’umanesimo: uguaglianza degli esseri umani, libertà, rispetto della ragione; Ispirandosi alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa, i cui valori, sempre presenti nel suo patrimonio, hanno ancorato nella vita della società il ruolo centrale della persona, dei suoi diritti inviolabili e inalienabili e il rispetto del diritto; Convinti che l’Europa, ormai riunificata, intende proseguire questo percorso di civiltà, di progresso e di prosperità per il bene di tutti i suoi abitanti, compresi i più deboli e bisognosi; che vuole restare un continente aperto alla cultura, al sapere e al progresso sociale;

5 che desidera approfondire il carattere democratico e trasparente della vita pubblica e operare a favore della pace, della giustizia e della solidarietà nel mondo; Persuasi che i popoli dell’Europa, pur restando fieri della loro identità e della loro storia nazionale, sono decisi a superare le antiche divisioni e, uniti in modo sempre più stretto, a forgiare il loro comune destino; Certi che, "unita nella diversità", l’Europa offre loro le migliori possibilità di proseguire, nel rispetto dei diritti di ciascuno e nella consapevolezza delle loro responsabilità nei confronti delle generazioni future e della Terra, la grande avventura che fa di essa uno spazio privilegiato della speranza umana… Cfr.

6 Oggi l’Europa ha non solo l’occasione di dimostrare al mondo che molte nazioni diverse possono convivere all’interno di una conformazione sovranazionale e democratica, ma ha anche l’opportunità di ispirare il mondo in altro modo: dare l’esempio, dimostrare cioè che si può vivere bene su questa terra, anche se si pone l’accento su valori quali la bellezza di un paese, l’affetto per il prossimo e il rispetto verso chi vivrà quando noi saremo partiti per il regno delle tenebre, piuttosto che porre l’accento sulla produzione del profitto o sulla crescita del prodotto interno lordo. Vaclav Havel, in “La Repubblica” del 12 giugno 2004, p. 35

7 Un problema A dispetto delle belle affermazioni contenute nella Costituzione, i popoli europei sembrano non aver dato molta importanza alla consultazione elettorale europea [il fenomeno dell’astensionismo] Si assiste cioè al fenomeno, da più parti segnalato, di un distacco della gente comune dalle istituzioni europee.

8 Un problema verso il futuro
La disaffezione dei cittadini europei verso l’Unione sembra motivata soprattutto da una mancanza di progetto per il futuro: Cosa deve essere l’Europa di domani? Tutti dicono che non basta l’Europa dei banchieri e dei burocrati, ma quale Europa bisogna costruire?

9 dal futuro promessa al futuro minaccia
Un filosofo-psicanalista argentino, Miguel Benasayag e uno psichiatra infantile francese, Gérard Schmit, hanno scritto un libro, intitolato L'epoca delle passioni tristi, recentemente tradotto anche in italiano*. Essi partono dall'osservazione che nei centri di consulenza psicologia e psichiatrica in Francia gli utenti in massima parte presentano delle sofferenze che non sono tanto di natura e di origine psicologica, quanto riflettono una tristezza diffusa nella nostra società, figlia di un sentimento di insicurezza e precarietà. Gli autori parlano di una crisi dovuta ad un cambiamento di segno del futuro: dal “futuro-promessa” al “futuro-minaccia”. * Milano 2004, pp. 130.

10 Nel cuore di tanti, forse nel cuore stesso dell'Occidente, è morta la speranza teologica, il futuro promesso dall'annuncio evangelico, ma sono morte anche le speranze che di quella si erano fatte eredi: la scienza, l' utopia, la rivoluzione. E' morta così ogni idea di storia come redenzione, progresso (scientifico o sociale) o come salvezza. Nel frattempo si presentano sempre più forti minacce: nuove malattie, esplosioni di violenza, attacchi terroristici, abitudine alla guerra.

11 “C’è una strana mancanza di voglia di futuro
“C’è una strana mancanza di voglia di futuro. I figli, che sono il futuro, vengono visti come una minaccia per il presente; essi ci portano via qualcosa della nostra vita, così si pensa. Essi non vengono sentiti come una speranza, bensì come un limite del presente. Il confronto con l’Impero Romano al tramonto si impone: esso funzionava ancora come grande cornice storica, ma in pratica viveva già di quelli che dovevano dissolverlo, poiché esso stesso non aveva più alcuna energia vitale.” dal discorso del card. J. Ratzinger al Senato della Repubblica 13 maggio scorso, dal titolo Europa. I suoi fondamenti spirituali ieri, oggi e domani.

12 I pericoli, intendiamoci, non vanno sottovalutati
I pericoli, intendiamoci, non vanno sottovalutati. Quanto alla Pds [partito erede dei Comunisti dell' EST], credo che si ridimensionerà presto. Alle ultime politiche hanno portato al Bundestag appena due deputati. Ma è uno svantaggio inevitabile della democrazia e delle nostre società che in mo- menti difficili come quello attuale, tanta gente sia così stupida da dar credito a chi promette di far di più e meglio per i lavoratori, o per l'est, o per la nazione. La stessa demagogia della Pds, a volte con slogan uguali o quasi, è usata in versione nazionalista dall'ultradestra. I due estremismi culla- no sogni irreali di una società senza classi, di una nazione solidale. La gente fa presto a dimenticare che Hitler ridusse la Germania alle macerie del 1945, e scorda persino me- morie più recenti, come la catastrofe economica e sociale in cui il comunismo ha gettato la Germania est. Si fa addirittura presto a dimenticare che cosa terribile sia la privazione della libertà. Ecco, perciò, che ci avviciniamo alla prima grande prova della nostra democrazia. Non ci siamo ancora arrivati: ma la crisi, verrà. I prossimi anni sono difficili. Joachim Fest, L'Europa e i nuovi rischi della democrazia, in "La Repubblica" del 23 sett. 2004, a commento delle elezioni nei Land di Sassonia e Brandeburgo del 19 sett. 2004

13 un problema verso il passato
Gli europei si sentono evidentemente i sopravvissuti di una storia che hanno lasciato alle proprie spalle, più che i figli di un passato dal quale provengono e che desiderano proseguire nel miglior modo possibile costruendo nel suo ambito qualcosa di nuovo… Con l’Unione Europea sta crescendo –per la prima volta, mi sembra, dall’era moderna- un’entità politica che non avverte l’esigenza di una propria storia e di un proprio orientamento storico… Christian Meier, Da Atene ad Auschwitz, Bologna 2004, p

14 ma la comprensione del passato è legata alla comprensione del presente
“L’incomprensione del presente nasce inevitabilmente dall’ignoranza del passato. Ma non è forse meno vano affaticarsi nel comprendere il passato, se non si sa niente del presente”. Marc Bloch, Apologia della storia, p. 36 I problemi verso il futuro e verso il passato sono sintomi, in qualche modo, di una rinuncia alla storia.

15 Diceva Benedetto Croce che “ogni vera storia è storia contemporanea”.
“Quando lo svolgimento della cultura del mio momento storico (e sarebbe superfluo, e forse anche inesatto, aggiungere: di me come individuo) apre innanzi a me il problema della civiltà ellenica, della filosofia platonica, o di un particolare atteggiamento del costume attico, quel problema è così legato al mio essere come la storia di un negozio che sto trattando o di un amore che sto coltivando, o di un pericolo che m’incombe; ed io lo indago con la medesima ansia, sono travagliato dalla medesima coscienza d’infelicità, finché non riesco a risolverlo”. Benedetto Croce, Teoria e storia della storiografia, p. 15

16 la rinuncia alla storia
Quando, nel XIX secolo, le nazioni acquisirono coscienza di sé e ciascuna cercò di formare, se non l’aveva già, un proprio Stato, esse cercarono di procurarsi una propria storia, anche a costo di forzature. Questo non si direbbe per l’Europa attuale. Ma essa avrebbe pur sempre una storia da esibire, nel quadro di una storia universale in cui per diversi secoli il filo conduttore è passato proprio attraverso il nostro continente. Questa storia andrebbe ricordata per diversi motivi, anche solo per rendersi conto di quanto sia stupefacente oggi lo stato del mondo. Si tratterebbe senz’altro di una storia comune. E in quanto storia della formazione della civiltà, della democrazia, dello stile di vita occidentale, del sistema degli stati, della cultura politica e delle buone maniere, essa ha grande rilievo anche a livello politico e sociale (senza dimenticare in ciò la parte svolta dall’America del Nord). Invece, la dimensione storia dell’Europa (in chiave di legittimazione e di autodefinizione) non sembra destare alcun interesse nell’opinione pubblica, a parte le ricorrenze ufficiali e qualche mostra dotata di pingui budget. Christian Meier, Da Atene ad Auschwitz, Bologna 2004, p

17 Nel XIX secolo: si avviò alla raccolta e all’edizione critica delle fonti, basti pensare ai famosissimi Monumenta Germaniae Historica si diede vita ad istituzioni quali le Società di storia Patria e l’Istitutto Storico Italiano nacquero numerose riviste scientifiche Ma, soprattutto, per la prima volta, la storia entrò come disciplina nei programmi di insegnamento della scuola dell’obbligo

18 Nei nuovi Orientamenti ed Indicazioni per la Scuola Italiana come è noto, l’insegnamento della storia è stato profondamente rivisitato: - in particolare, si sono ridotti da tre a due i cicli di insegnamento cronologico Quel che però colpisce di più è il fatto che nel Profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del Primo Ciclo di istruzione (6-14 anni) la parola “storia” compare solo una volta (“Possedere qualche semplice nozione sulla storia della lingua italiana “) 

19 Non si vogliono certo coltivare atteggiamenti nostalgici, ma il confronto con la “Riforma Gentile” appare evidente: allora l’importanza della Storia era sottolineata non solo dallo spazio dato alla disciplina, ma, soprattutto, dall’impostazione di tutte le altre materie: la letteratura era pensata come storia della letteratura, l’arte come storia dell’arte, la filosofia come storia della filosofia… non è difficile perciò vedere, nell’impostazione dei nuovi Orientamenti, l’espressione del più generale atteggiamento, sempre più diffuso in tutta l’Europa di rinuncia alla storia

20 eppure la storia d’Europa ha qualcosa da dire
« C’è una storia dell’Europa che viene da lontano. Malgrado il presente sia quello di un mondo tutto uguale –globalizzato, come si dice-, non possiamo non vedere le tante eredità diverse che fanno di questa nostra Europa un continente particolare: le vediamo nelle nostre città, ancora in gran parte a forma umana a differenza delle grandi città del Sud del mondo; le vediamo nei monumenti e nel nostro modo di vivere; le vediamo dentro di noi. Diverse eredità religiose, ma anche differenti eredità storiche.

21 L’Europa è una e plurale
L’Europa è una e plurale. Ma la sua storia è stata anche quella di un mondo in cui la pluralità si è impazzita e inorgoglita sino a divenire guerra. Perché questo nostro continente è stato quello delle guerre, degli odi tramandati di generazione in generazione, delle distruzioni, delle stragi. L’Europa del Novecento si è consumata in due incredibili guerre, che sono conosciute come mondiali. Perché, nel e nel , la guerra tra europei ha voluto dire la guerra mondiale. Guerra in Europa ha significato guerra mondiale. C’è stata l’espressione della follia nazista e fascista, aggressiva con il mito di un popolo superiore agli altri.

22 La meditazione di alcuni grandi europei (come non ricordare Alcide De Gasperi, Schuman, Adenaueur, come espressione di una generazione?) sulle rovine della guerra, su Berlino distrutta, su milioni di vite umane sacrificate senza senso, sui campi di sterminio e di concentramento, ha fatto crescere un sogno, che era anche un’esigenza profonda della storia e dello spirito: l’unità. » Andrea Riccardi, Europa, storia e spirito, Stuttgard 2004

23 1. la complessità è una ricchezza
«Come l’Europa non ha confini geografici univocamente definibili, così le sue radici sono perenne metamorfosi. Il suo “inquieto cuore” non tollera determinazioni stabili. L’Europa è experimentum: strada che sembra farsi con l’andare; fieri non factum e verum, in essa si convertono reciprocamente. Diciamolo diversamente: l’Europa non è, sarà. Potremo indicare il complesso delle radici soltanto quando diremo che cosa vogliamo che l’Europa divenga. Questa è “l’errante radice” europea – e questo spiega anche perché nessun “gelido mostro” statuale sia mai riuscito ad imporre all’arcipelago delle nationes d’Europa la propria volontà omologante.» Massimo Cacciari, Europa. Che fine ha fatto il suo mito, in “La Repubblica” del 12 giugno 2004, p. 35

24 per questo Carlomagno ha fallito
Il primo grande tentativo di costruzione dell'Europa è posto [in genere] sotto il segno di Carlomagno, il cui effimero impero sarebbe stato il primo vero e proprio abbozzo di Europa… In realtà la visione di Carlomagno è prettamente "nazionalista". Il suo è innanzitutto un impero franco, animato da uno spirito propriamente patriottico. Gli storici mettono raramente in rilievo questo aspetto, ma è importante sottolinearlo, perché è il primo fallimento di tutti i tentativi successivi di costruire un'Europa dominata da un popolo o da un impero. Jacques Le Goff, Il cielo scieso in terra. Le radici medievali dell'Europa, Roma-Bari 2004, p. 39.

25 2. L'Europa nasce dal rifiuto della guerra
«Non dobbiamo dimenticare il dramma che abbiamo alle spalle. Quando si parla di Europa, prima di tutto mi reco spiritualmente ad Auschwitz per ricordare: ricordare milioni di donne, uomini, bambini, la cui vita è stata rubata. Quanti anni rubati! Milioni di ebrei, che avevano vissuto malgrado l’odio antisemita di secoli, nel nostro continente, sono stati uccisi senza motivo. Mai c’è motivo per uccidere; ma l’ebraismo è stato distrutto perché ricordava alla follia nazista l’esistenza di un legame e di un senso al di là del culto della razza. Con gli ebrei, centinaia di migliaia di altri, zingari –il piccolo popolo nomade d’Europa senza nazionalismo-, polacchi, slavi, disabili e quanti altri! Da Auschwitz parte la meditazione sull’Europa.» Andrea Riccardi, Europa, storia e spirito, Stuttgard 2004

26 «Dopo la tragedia, l’Europa non sembrava poter aspirare che a una dorata sopravvivenza economica all’ombra dello scontro tra i due grandi Titani vittoriosi: ultimo prodotto della guerra civile europea, ma condotta ormai tra potenze planetarie extra-europee. La fine della terza guerra mondiale (poiché di guerra in tutti i sensi si è trattato) ha riacceso il problema che sembrava risolto . L’Europa non ha potuto evitare di interrogarsi di nuovo, di cercare di nuovo il proprio significato nel “nuovo mondo”. La “nicchia” in cui si sperava di prosperare si è dissolta, insieme a tutti i residui dei vecchi equilibri geopolitici e dell’antico diritto internazionale…» Massimo Cacciari, Europa. Che fine ha fatto il suo mito, in “La Repubblica” del 12 giugno 2004, p. 35

27 «Da cinquant’anni gli europei non si combattono più
«Da cinquant’anni gli europei non si combattono più. Non c’è più guerra mondiale. Ma non è troppo poco? Il grande sogno, sulle soglie del 2000, dev’essere: pace europea, che significhi pace mondiale. Come la guerra in Europa ha voluto dire guerra mondiale, oggi la pace europea deve diventare pace mondiale. E siamo lontani dal vedere questo sogno realizzato. Unione Europea ha voluto dire pace in Europa. Ma noi speriamo voglia dire, domani, anche pace nel mondo.» Andrea Riccardi, Europa, storia e spirito, Stuttgard 2004

28 La pace, un sogno antico e sempre nuovo
«Nel XV secolo Giorgio di Podiebrad, re di Boemia, compose in latino un Trattato della pace da realizzare in tutta la cristianità, nella speranza che ‘tali guerre, rapimenti, torbidi, incendi e assassini che come riportiamo ahimè con tristezza hanno preso d’assalto la stessa cristianità per ogni dove, e a causa delle quali le campagne sono devastate, le città saccheggiate, le province smembrate, i regni e i principati gravati di innumerevoli miserie, cessino infine e siano estinte del tutto e che si ritorni a uno stato conveniente di mutua carità e di fraternità per mezzo di una lodevole unione’. Questo re del XV secolo ha offerto probabilmente il più bel progetto, la più bella giustificazione all’unione europea, che sei secoli più tardi cerca con difficoltà di costruirsi. Un’Europa della pace.»  Jacques Le Goff, Il cielo sceso in terra. Le radici medievali dell’Europa, Roma-Bari 2004, p. 201


Scaricare ppt "Perché l’Europa sta rinunciando alla storia?"

Presentazioni simili


Annunci Google