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Qualità della vita organizzativa e stress lavoro correlato

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Presentazione sul tema: "Qualità della vita organizzativa e stress lavoro correlato"— Transcript della presentazione:

1 Qualità della vita organizzativa e stress lavoro correlato
D.LGS 81/2008: VALUTAZIONE E PREVENZIONE DELLO STRESS LAVORO-CORRELATO E DEL RISCHIO SOSTANZE D’ABUSO IL RUOLO DELLO PSICOLOGO NELL’INTERVENTO MULTIDISCIPLINARE Venerdì 12 novembre 2010 Qualità della vita organizzativa e stress lavoro correlato Daniela Converso Facoltà di Psicologia Università di Torino

2 D.Lgs 81/ 2008 - Articolo 28 Oggetto della valutazione dei rischi
1. La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’ accordo europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro. D.Lgs 81/ Articolo 28 Oggetto della valutazione dei rischi

3 L’accordo Europeo del 2004 Testo definitivo sostenuto dalle delegazioni negoziali dei datori di lavoro e dei lavoratori 8 ottobre recepito in Italia 9 giugno 2008 Accordo volontario europeo tra le parti sociali sul tema dello stress lavoro-correlato Art. 3 - Descrizione dello stress e dello stress lavoro-correlato. a. Lo stress che ha origine fuori dall’ambito di lavoro può condurre a cambiamenti di comportamento e ad una ridotta efficienza sul lavoro. Non tutte le manifestazioni di stress sul lavoro possono essere considerate come stress lavoro-correlato. b. Lo stress è uno stato, che comporta disturbi e disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale e crea effetti sugli individui che si ritengono incapaci di colmare le lacune con i propri requisiti o le aspettative riposte su di loro (art.3). Lo stress lavoro-correlato può essere causato da fattori diversi come il contenuto del lavoro, l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione del lavoro e dell’ambiente di lavoro, carenze nella comunicazione, etc. (art.3). Identificare se c’è un problema di stress lavoro-correlato può richiedere un’analisi dei fattori come l’organizzazione del lavoro e i processi (disposizioni di orario di lavoro, grado di autonomia, abilità e requisiti professionali dei lavoratori, carico di lavoro, ecc.), condizioni di lavoro ed ambiente (esposizione a comportamenti negativi, rumore, calore, sostanze pericolose, ecc.), comunicazione (incertezza circa che cos’è previsto sul lavoro, prospettive di carriera, cambiamenti, ecc.) e fattori soggettivi (pressioni emotive e sociali, incapacità di fare fronte alle richieste, percezione della mancanza di supporto, ecc.) (art.4). Lo stress lavoro correlato può essere inteso: come l’insieme delle risposte fisiche di allarme che occorrono quando le richieste da parte del lavoro non corrispondono alle capacità, alle risorse o alle necessità del lavoratore (NIOSH; OSHA-EU) Come l’effetto della dis-armonia fra se stessi e il proprio lavoro, dei conflitti tra il ruolo svolto al lavoro e al di fuori di esso, e dell’insufficiente di controllo sul proprio lavoro e sulla propria vita (EU Commission)

4 Danimarca: 20% di rischio attribuibile per CVD (Olsen e Kristensen, 1991) 125 milioni Euro nel 1992 Svezia: 177 milioni Euro nel 1992 14% assenze > 60 gg (National Social Insurance Board 1999) UK: 12.25 mld Sterline (CBI 2004) 168 milioni di giornate lavorative perse nel 2004 Svizzera: 4.2 mld SF (1,2% PIL) /anno (Ramacciotti e Periard 2000) USA: 15% job-related IHD 22.5 mld USD nel 1998, 25-30% spesa aziendale (Leigh e Schmall, 2000) 42 mld USD (Kalia 2002) 150 mld USD (Property and Casuality Insurance, 2002) 300 mld USD (Am. Stress Institute, 2006) EU: Prevalenza CVD stress correlate: 16% uomini, 22% donne (European Heart Network, 1998) >20 MLD Euro / anno (“Stress Impact”, 2005) La Comunità Europea ha dato mandato nel 2002 alla European Agency for Safety and Health at Work di attivare un Osservatorio dei rischi psicosociali. Nel 2005 sono stati presentati i risultati di queste ricerche, che costituiscono la base per l’identificazione degli interventi di prevenzione e miglioramento. 4

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6 I rischi psicosociali emergenti
I rischi psicosociali sono definiti (Cox e Griffiths, 1995) come i fattori che riguardano oltre agli aspetti di progettazione del lavoro e organizzativi anche i contesti ambientali, sociali e relazionali a questi legati che potenzialmente possono arrecare danni fisici o psicologici in modo diretto ed indiretto, possono essere ad esempio la discrezionalità oppure il supporto da parte dei superiori. Nell’ambito delle ricerche avviate nel 2002 dalla European Agency for Safety and Health at Work sono stati individuati i rischi psicosociali legati alle trasformazioni economiche sociali e produttive “nuovi” o “crescenti”, definiti come “rischi emergenti”; CAMBIAMENTI ORGANIZZATIVI E DEMOGRAFICI RISCHI PSICOSOCIALI EMERGENTI 6

7 CAMBIAMENTI ORGANIZZATIVI E DEMOGRAFICI
LIBERALIZZAZIONE ECONOMICA Globalizzazione TECNOLOGIE NUOVE E PIÙ EVOLUTE Economia dei servizi Ristrutturazioni Ridimensionamenti Delocalizzazioni Esternalizzazioni Nuovi metodi di lavoro COMPETITIVITÀ AGGUERRITA Lean production Produzione just in time INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE LAVORATIVA Diminuzione tasso di natalità Aumento aspettative di vita Aumento età pensionabile

8 I rischi psicosociali emergenti
Tali cambiamenti hanno favorito l’emergere di dieci rischi psicosociali, altamente correlati gli uni agli altri, e così raggruppati tematicamente: Flessibilità del mercato del lavoro e job insecurity Intensificazione del lavoro Elevato coinvolgimento emotivo sul lavoro Equilibrio fra vita e lavoro Invecchiamento della forza lavoro

9 L’insicurezza lavorativa
La discrepanza tra il livello di sicurezza sperimentato da una persona e quello che la persona stessa preferirebbe (Hartley et. Al, 1991) Un concetto multidimensionale che, oltre al timore di perdere il lavoro, comprende il timore per altri aspetti come le condizioni di impiego, la posizione nell’organizzazione e le opportunità di carriera (Ashford, Lee e Bobko 1989) Un concetto complessivo sulla continuità dell’esistenza del lavoro per il futuro (De Witte, 1999) L’insicurezza lavorativa

10 Intensificazione del lavoro
I lavoratori danno quote sempre più cospicue del loro tempo. Lavorano un numero maggiore di ore e poi si portano il lavoro anche a casa, trascorrendo ore davanti a un computer che loro stessi hanno acquistato. Dedicano più tempo a compiti che non sono personalmente gratificanti, vale a dire che non sono né piacevoli né producono vantaggi per le loro carriere (Maslach, Leiter, 2000). … può anche essere descritta come un processo di “densificazione”: Il lavoro è ancora più denso quando non prevede periodi di riposo o di pause per alleviare la tensione muscolare e nervosa (Hélardot, Druhle, 2006), costituisce un fenomeno che, come afferma Clot (2004), porta alla sparizione degli spazi “per respirare”, rilassarsi, “prendere aria”. mmmmmmmmmm

11 Elevato coinvolgimento emotivo
La dimensione emotiva, che connota da sempre tutte le professioni “di aiuto”, permea un numero sempre maggiore di contesti di lavoro sia per l’estensione degli aspetti di “servizio” anche in settori prima a prevalenza “trasformativa” (es. il servizio di post vendita, la cura del cliente, ecc.), sia per quel processo di maggiore coinvolgimento a tutto campo chiesto al lavoratore e già descritto per l’intensificazione; Alcuni autori hanno inoltre evidenziato le criticità del personale di contatto di molte aziende di servizio nei periodi di crisi economica legate a un lato al crescere delle aspettative di alcuni fruitori/clienti (es. la sindrome del “campo-profughi”), dall’altro al possibile contrasto tra i valori personali del lavoratore e quelli organizzativi che il lavoratore stesso è costretto a “impersonare” (es. disagio emotivo nel settore finanziario-bancario). mm

12 Relazione lavoro-famiglia/vita
CONFLITTO / INTERFERENCE SPILLOVER Un numero crescente di donne è entrato a far parte della forza lavoro (anche se l’Italia costituisce il fanalino di coda dell’UE), e si è così trasformata sensibilmente anche la dimensione del lavoro di cura. A ciò si aggiunge che la relazione percepita tra lavoro e resto della vita sembra essere centrale per le ricadute in termini di riduzione o incremento del benessere al lavoro e nella vita personale. SEGMENTATION CROSSOVER COMPENSATION INSTRUMENTAL FACILITATION ENRICHMENT Relazione lavoro-famiglia/vita

13 Invecchiamento della forza lavoro
Tra il 2000 e il 2005 il numero totale di lavoratori nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni nell’UE a 25 Stati membri è aumentato di 8,3 milioni. Il numero di persone attive è diminuito di 0,7 milioni tra i 15 e i 24 anni mentre è cresciuto di 4,2 milioni tra quelli di età compresa tra i 55 e i 64 anni.

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15 Cardiopatia ischemica Ipertensione arteriosa Ictus Disturbi del sonno
TENSIONE ANSIA SITUAZIONALE ED ANTICIPATORIA DEPRESSIONE IRRITABILITÀ/INSOFFERENZA FACILITÀ AL PIANTO VISSUTI DI IMPOTENZA INSICUREZZA CADUTA MOTIVAZIONALE DISINTERESSE SCARSA CONCENTRAZIONE DIFFICOLTÀ DI MEMORIZZAZIONE DIFFICOLTÀ AD APPRENDERE COSE NUOVE FACILITÀ A DIMENTICARE SENSO DI CONFUSIONE INCERTEZZA DECISIONALE POLARIZZAZIONE IDEATIVA ABUSO DI ALCOLICI TABAGISMO ABUSO DI SOSTANZE: TRANQUILLANTI, STIMOLANTI, STUPEFACENTI ISOLAMENTO SOCIALE REAZIONI AGGRESSIVE AUTO-ETERODIRETTE TURBE DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE ATTEGGIAMENTI DI “FUGA” DAL LAVORO DECREMENTO DELLA PERFORMANCE DIFFICOLTÀ NELLE RELAZIONI INTERPERSONALI COMPORTAMENTI ANTISOCIALI Cardiopatia ischemica Ipertensione arteriosa Ictus Disturbi del sonno Patologie gastrointestinali Sindrome metabolica Diabete tipo 2 Depressione Karoshi DISTURBI DEL SONNO DISTURBI DEL RITMO CARDIACO DISPNEA, CEFALEA, AUMENTO DELLA GLICEMIA PARESTESIE, TIC NERVOSI, TREMORI TRANSITORIE MODIFICAZIONI FISIOLOGICHE: ESCREZIONE DI CATECOLAMINE, AUMENTO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA PATOLOGIE: GASTROINTESTINALI CARDIOVASCOLARI NEUROPSICHIATRICHE: DISTURBO DEPRESSIVO, FOBIE, DISTURBI DELL’ADATTAMENTO, DISTURBI DA PANICO IMMUNOLOGICHE Evidenza scientifica delle conseguenze e “irrilevanza” della ricerca a posteriori delle cause prevalenti

16 Impatto dello stress sull’organizzazione
ASSENTEISMO TURNOVER RICHIESTE DI SPOSTAMENTO ABBANDONO DELLA POSTAZIONE DI LAVORO RICHIESTE DI INABILITÀ ALLE FUNZIONI PROBLEMI DISCIPLINARI CONTENZIOSI SCARSA PERFORMANCE COMUNICAZIONE AGGRESSIVA TRA IL PERSONALE E CON L’UTENZA BASSA QUALITÀ DEL SERVIZIO RESO MAGGIORE FREQUENZA DEGLI INFORTUNI … Analoga evidenza circa le conseguenze e i costi per l’organizzazione: tra il 20% e il 30% dei lavoratori dell’UE “a rischio

17 A cosa “servono” in tutto questo gli psicologi?

18 Valutazione e gestione del rischi
Secondo la European Agency for safety and Health at Work (2002) il percorso di valutazione e gestione del rischio si articola in 4 fasi, dove la valutazione costituisce solo il primo step: Valutazione del rischio Traduzione: è la fase di collegamento tra quella precedente e quella che segue, destinata a condividere, “traducendo”, tra i diversi attori le possibili attività di miglioramento finalizzate alla riduzione dei rischi Riduzione del rischio: è la fase attuativa per antonomasia, da definire in relazione ai risultati della prima fase Monitoraggio e valutazione del cambiamento: è parte stessa dell’intervento, a cui dà “valore” 18

19 Stressor: misure “oggettive”
Tecniche di job analysis Checklists osservazionali Valutazione dell’esperto Indicatori di performance/prestazione Documentazione di effetti significativi sulla persona Adozione di strumenti e raccolta di dati a livelli diversi

20 Indicatori fisio(pato)logici di strain
Cerebrali: EEG, EOG Muscolari: EMG Cardiovascolari: FC, PA Ormonali: Cortisolo e catecolamine Immunologici: IgA, linfociti , NK, risposta proliferativa Difficoltà, costi, incertezza degli esiti della valutazione sulla base di questi indicatori

21 Fattore di rischio occupazionale evidenziabile
Condizioni determinanti il rischio Contenuto del lavoro Ambiente ed attrezzature di lavoro Difficoltà di disponibilità, mantenimento, utilizzo, riparazione di attrezzature ed ausili tecnici; condizioni di discomfort dell’ambiente di lavoro Disegno del compito lavorativo Cicli brevi, monotonia, lavoro parcellizzato o senza scopo indentificabile, incertezza, limitazione dell’uso delle attitudini/ capacità individuali; lavoro in condizioni di rischio (pericolo) Carico di lavoro Eccesso o difetto nel carico di lavoro, mancanza di controllo sul ritmo di lavoro, mancanza di tempo per eseguire il lavoro Orario di lavoro Lavoro a turni, orario protratto, non prevedibile Contesto del lavoro Organizzazione del lavoro Scarsa possibilità di comunicazione, bassi livelli di sostegno per la risoluzione di problemi e crescita personale, mancanza di definizione di obiettivi aziendali Ruolo nell’organizzazione Ambiguità o conflittualità dei ruoli, responsabilità Carriera Incertezza e immobilità di carriera, bassa retribuzione, precarietà del posto, basso valore sociale dell’attività svolta Controllo-libertà decisionale Scarsa partecipazione al processo decisionale, mancanza di “controllo” del lavoratore sull’attività svolta Rapporti interpersonali sul lavoro Isolamento fisico o sociale, conflitti, mancanza di sostegno sociale Necessità di “consultare” in qualche modo il lavoratore: non tutti i fattori di rischio riguardano variabili “ascritte” o “osservabili” European Agency for Safety and Health at Work. (2000)

22 Tavola Sinottica degli Strumenti di Valutazione dei Rischi Psicosociali Italiani e adattati.
Karasek (1979) JCQ Siegrist (1996) ERI Cooper (1988) OSI Avallone, Paplomatas (2005) MOHQ Majer, D’Amato (2005) M_DOQ10 Leiter, Maslach (2000) OCS De Carlo (2008) Q-BO Versione tradotta e adattata da ISPESL, 2001 Soggetti: 2174 Contesto: 30 aziende di industria e terziario Destinata ri: lavoratori Item: 49 Sommini-strazione: 20’ Adattamen-to italiano 2007 Soggetti: 531 Contesto: Azienda sanitaria Destinatari: Item: 23 (breve) 46 (lunga) Adattamento italiano 2002 Soggetti: 853 aziende sanitarie, editoriali, bancarie, commerciali, meccaniche, scuola, telecomunica-zioni Destinatari: Manager/quadri Item: Questionario biografico Somministra- zione: 45’ Valori espressi in Punti Sten Soggetti: 3197 Contesto: Pubblica Amm.ne e Sanità Destinatari: Lavoratori Item: 139 Somministra-zione: 30’ Soggetti: 2650 Ministero di Giustizia, Azienda tele- comunicazioni, ASL, Azienda di servizi, Azienda settore Metalmeccanico Università Item: 70 + Dati socio demografici Valori espressi in Punti T Adattamento italiano 2005 Soggetti: 945 Contesto: Organizza-zioni produttive Soggetti: 2704 Contesto: Sociosanita-ri e altri Item: 68 + Dati socio demografici Sommini-strazione: 30’ Soggetti: 8000 Organizzazioni Pubbliche e Private Lavorato-ri Item: 342 Sommini-strazione: circa 1h e 30’ Una pluralità di strumenti oggi a disposizione consente di valutare non tutti sono egualmente accessibili e utilizzabili da tutti

23 (anche la più complessa)
JCQ ERI OSI MOHQ M_DOQ10 OCS Q-BO Effetti Salute psicologica Salute Fisica Soddisfazione Lavorativa Fattori di stress Soddisfa-zione Job Burn out Stress/strain Psicologico Fisiologico Burnout Mobbing Soddisfazio-ne Commitment Organizzati-vo Turnover Altruismo/ compliance La valutazione degli effetti costituisce forse la dimensione più carente (anche la più complessa) P.

24 A cosa “servono” in tutto questo gli psicologi?
A sfatare il mito della misurazione

25 Valutazione e gestione del rischi
Secondo la European Agency for safety and Health at Work (2002) il percorso di valutazione e gestione del rischio si articola in 4 fasi, dove la valutazione costituisce solo il primo step: Valutazione del rischio Traduzione: è la fase di collegamento tra quella precedente e quella che segue, destinata a condividere, “traducendo”, tra i diversi attori le possibili attività di miglioramento finalizzate alla riduzione dei rischi Riduzione del rischio: è la fase attuativa per antonomasia, da definire in relazione ai risultati della prima fase Monitoraggio e valutazione del cambiamento: è parte stessa dell’intervento, a cui dà “valore” 25

26 Misure generali di tutela – art.15
b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente e dell'organizzazione del lavoro; d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente di lavoro (art.3, d.lgs.626/94); L’accento sulla dimensione organizzativa: come intervenire del resto sulle altre? d) il rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo; f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo (art.3, d.lgs.626/94); 26 26

27 Azioni preventive e correttive
Accordi tra parti sociali Partecipazione Organizzazione del lavoro Strategie di coping (individuali e di gruppo) Supporto sociale Controlli sanitari preventivi e periodici In questa prospettiva la valutazione deve avviarsi solo se le misure correttive sono potenzialmente avviabili al termine di essa

28 A cosa “servono” in tutto questo gli psicologi?
A sfatare il mito della misurazione A favorire la crescita di una cultura della gestione A presidiare il processo di ricerca A presidiare il processo di intervento

29 A cosa non dovrebbero “servire” in tutto questo gli psicologi?
A legittimare la negazione della corresponsabilità della dimensione organizzativa A sostenere aprioristicamente e contrastivamente la necessità di consultare comunque tutto e tutti A legittimare la logica dell’adempimento normativo e formale

30 A cosa “servono” in tutto questo gli psicologi?
A sfatare il mito della misurazione A favorire la crescita di una cultura della gestione A presidiare il processo di ricerca A presidiare il processo di intervento A far intravedere agli attori organizzativi le opportunità fornite dalla legge: avviare un processo di valutazione come occasione di sviluppo delle persone e dell’organizzazione


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