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Arbeit macht FREI IL LAVORO RENDE LIBERI.

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Presentazione sul tema: "Arbeit macht FREI IL LAVORO RENDE LIBERI."— Transcript della presentazione:

1 Arbeit macht FREI IL LAVORO RENDE LIBERI

2 Liliana Segre Lo “slogan” di Auschwitz è verità? Il lavoro rende veramente liberi? Loro furono schiavi del lavoro, schiavi di una mentalità troppo vecchia e ottusa.

3 UN PICCOLO SPAZIO PER CONOSCERE:
Shoah: la shoah trova i suoi motivi e i suoi antecedenti storici nell’ideologia nazista di “PURIFICAZIONE” razziale. Razzismo: il razzismo trova le sue fondamenta in un’interpretazione del tutto errata della legge di Darwin. Non esiste una razza pura. Lager: è un termine tedesco che indica i campi di concentramento, i campi di sterminio e i campi di lavori forzati Soluzione finale: indica il piano per l’annientamento della popolazione ebraica Campi di concentramento: era un campo in cui i deportati erano costretti a lavori pesantissimi Campi di sterminio: era un campo di morte. I deportati venivano uccisi direttamente al loro arrivo

4 I RASTRELLAMENTI Durante la seconda guerra mondiale, i soldati fascisti e nazisti "rastrellavano" le città, cioè cercavano nelle varie città tutte quelle persone che potevano essere "dannose" per dittatura:ebrei,zingari,omosessuali,handicap,etc. Cioè tutte quelle persone “diverse”. Dopo il rastrellamento tutte le vittime venivano portate nel più vicino campo di concentramento o di sterminio. Tutto ciò veniva fatto nella più completa segretezza, infatti nessuno sapeva quando ne sarebbe avvenuto uno in modo da non permettere la fuga a coloro che si nascondevano, ovvero i “diversi”.

5 Il viaggio fino al campo:
Il viaggio fino ad Auschwitz era fatto in un vagone bestiame. Poteva durare giorni: tutti ammassati in un vagone senza cibo, acqua e sanitari.

6 …E ALL’ARRIVO? Arrivati ad Auschwitz i superstiti, erano sottoposti alla loro prima (e a volte ultima) selezione: da una parte chi poteva lavorare, e dall’altra chi doveva essere mandato direttamente nei forni crematori (bambini, anziani, handicap, donne incinta). Le selezioni c’erano periodicamente, per “eliminare” ogni individuo che non era più in grado di lavorare.

7 E poi? I deportati, all’arrivo, venivano esaminati in tutte le loro parti, per controllare che non avessero oggetti preziosi nascosti, facevano una doccia in una camera comune (l’acqua era sempre gelata o bollente), erano quindi costretti a immergersi in una vasca con un prodotto, utilizzato per igienizzare gli animali. Venivano quindi “marchiati”.

8 Come erano vestiti i deportati?
Dopo la selezione, a ogni deportato che poteva lavorare, davano una “divisa” e degli zoccoli (nel freddo della Polonia). Le divise, però, all’aumentare dei detenuti non bastarono più. Perciò ai nuovi arrivati davano dei capi che non coprivano tutto il corpo e delle scarpe del numero sbagliato. Shlomo Venezia

9 NUTRIMENTO: Ai deportati era data una ciotola, se si perdeva la ciotola, si perdeva il cibo. Veniva dato un pasto insufficiente per i lavori svolti, e in fila per la zuppa i primi erano sempre i nuovi arrivati, chi era nel campo da di più, invece, sapeva che per avere la zuppa più “nutriente” doveva stare verso la fine della fila. La fame era cronica, dopo 10 giorni dentro al campo. Si dimagriva molto in fretta.

10 LAVORI-DEGRADO: I lavori che facevano i deportati erano lavori-degrado, erano fatti per umiliare, per portare alla disperazione. Durante il lavoro, i detenuti non potevano aiutarsi a vicenda. Erano pesanti e a volte inutili:

11 I DORMITORI: I dormitori erano freddi e dovevano ospitare decine e decine di persone. Entrare in quei dormitori, toccare quelle assi di legno e sapere che migliaia e migliaia di persone hanno dormito lì, hanno sofferto la fame, il freddo, hanno sognato magari di tornare alla loro vita, alla loro quotidianità che anche se non perfetta, era sicuramente un paradiso rispetto all’inferno del campo.

12 GLI ESPERIMENTI SULLE PERSONE:
I detenuti erano sottoposti a esperimenti, in particolare i gemelli e gli Handicap. Queste “ricerche” erano fatte senza anestesia, per le urla lancinanti di dolore, spesso li imbavagliavano. È interessante notare che questi esperimenti non avevano alcuna base scientifica. I “dottori” si interessavano allo studio delle proteine del sangue e inseguivano il sogno di riuscire a trovare una differenza sostanziale tra il sangue degli ebrei e quello degli ariani. A disposizione di Mengele vi erano anche 400 persone contemporaneamente. Su queste persone la “fantasia criminale” di Mengele si sbizzarì: trasfusioni incrociate di sangue di tipo differente tra i gemelli, esperimenti sul midollo osseo e altri orribili, quanto inutili, studi pseudo scientifici.

13 LE CAMERE A GAS E TUTTI GLI ALTRI OMICIDI:
Ad Auschwitz, come negli altri campi, i modi di morire erano tanti. Nei campi di sterminio si studiavano in continuazioni nuovi metodi per uccidere i prigionieri: all’inizio venivano bruciati i cadaveri all’aperto, poi si è passati alle camere a gas e i forni crematori. I tipi di gas utilizzati per uccidere erano gli stessi che si utilizzavano per i parassiti. Per capire la quantità giusta di veleno si fecero molti esperimenti, a fare le cavie però erano persone. Inizialmente, misero una dose di veleno troppo piccola, i condannati ci misero 3 giorni a morire, tre giorni di infinita agonia. Ogni morte era registrata come morte naturale.

14 LA TESTIMONIANZA DI SHLOMO VENEZIA

15 COSA PROVAVANO?

16 Cosa è significato per noi:
Qui riportate delle frasi tratte da alcuni nostri temi su Auschwitz: Sono sicuro che ognuno di noi, dopo aver visitato un qualsiasi campo di concentramento, non sarà mai più lo stesso, quei posti cambiano il modo in cui vediamo la nostra fragile vita umana. Le emozioni sono forti e tante, come rabbia, delusione, vergogna e tristezza. Entrando in un campo si impara molto, è un’esperienza molto formativa. Quale uomo ucciderebbe milioni di persone solo per colore della pelle, cultura o handicap? Un pazzo, mi viene da pensare solo a un pazzo. Sono molto dispiaciuto di quello che è successo su questo campo e anche molto fiero delle persone sopravvissute, anche se poche, ci sono.

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