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Il P.A.I nelle strutture per anziani

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Presentazione sul tema: "Il P.A.I nelle strutture per anziani"— Transcript della presentazione:

1 Il P.A.I nelle strutture per anziani
Il P.A.I è un Piano Assistenziale Individualizzato Ha come obiettivo primo, quello di non dare un servizio ad un'utenza in maniera indistinta ma, estrapolando l'individuo singolo, si pone nell'ottica di poterne cogliere le specifiche “fragilità”, i singoli bisogni emergenti e di darne soddisfazione.

2 Composizione di un P.A.I Il P.A.I è un progetto indirizzato al singolo
Essendo un progetto, all'inizio si pone sul tavolo la problematica e la si esamina Quindi si individuano gli obiettivi da cogliere. A seguito si predispongono modalità e tempi di verifica.

3 Il P.A.I e la logica di gruppo
L'individuo anziano non è un blocco monolitico. Esso è caratterizzato da, mente, corpo ed ambiente. Le specifiche “fragilità” che lo connaturano possono essere: fisiche, cognitive, relazionali, affettive, economiche, ambientali... Lo sguardo che cade su di esso, non può che essere di tipo multidisciplinare e multiprofessionale, poiché, come detto sopra, l'individuo non è monodimensionale, ma multidimensionale.

4 Membri convocati nel P.A.I
Il medico curante (MMG) L'Infermiere professionale Un OSS con funzioni di “tutor” dell'individuo preso in esame L'Animatore professionale L'Assistente sociale Se è contemplato, un responsabile di struttura Un familiare o un legame affettivo significativo dell'individuo preso in esame Il coordinatore del “piano”, con competenze, sociali o sanitarie e di formazione, dato che il contesto è implicitamente un contesto di “formazione permanente”

5 Specificità dei vari membri
Il medico evidenzia problematiche di ordine bio-fisiche L'infermiere professionale darà conto delle terapie in atto, delle modalità di assunzione dei farmaci e di problemi specifici a rilevanza infermieristica L'Operatore, tutor, in genere un OSS, darà rilievo alle principali mansioni quotidiane descritte nelle schede ADL e V-ADL L'Animatore professionale metterà in risalto le capacità relazionali, comunicative, cognitive, in essere o residue L'Assistente Sociale metterà in rilievo eventuali fragilità economiche ed ambientali Il Responsabile di struttura darà delucidazioni su eventuali limiti strutturali o logistici nel momento in cui avessero da presentarsi Il famigliare descriverà l'individuo mettendo al corrente il gruppo su abitudini, affetti ed altri aspetti che presuppongono un certo tipo di conoscenza della persona anziana Infine il coordinatore del piano il quale, verbalizzando su apposite schede farà una sintesi delle problematiche emergenti, delineerà gli obiettivi da cogliere e inviterà il gruppo a condividere, oltre gli obiettivi, pure le modalità ed i tempi di verifica

6 Punti nodali di un P.A.I Essendo il P.A.I un progetto, esso deve principalmente rispondere a due domande tipiche di ogni fare progettuale: per “chi” e per “cosa” faccio il progetto Per chi? Per un anziano che chiede o per il quale viene chiesto un servizio socio-assistenziale e sanitario, a domicilio o in strutture (SAD, ADI, CD, CdR, RP, RSA..) Per cosa? Per il mantenimento, ove non possibile il potenziamento, delle capacità residue. Per ridurre al minimo le contenzioni. Per il mantenimento dell'autonomia, motoria e funzionale. Per il suo ben-essere e per ridurre gli elementi di dis-agio bio-psichico ed emotivo.

7 Quando si attua il P.A.I Il Piano assistenziale personalizzato, dal momento in cui l'individuo anziano entra in struttura, viene attuato dopo 20gg – un mese circa, dando l'opportunità a tutti gli attori che comporranno il gruppo di avere sull'individuo abbastanza elementi conoscitivi per poterne promuovere una seria e cosciente programmazione. In base al caso specifico preso in esame il coordinatore può pensare di convocare ulteriori consulenti o competenze esterne, all'interno del gruppo stesso, sia in fase attuativa che in itinere.

8 La comunicazione degli obiettivi
Data l'autorevolezza del contesto collegiale, le azioni da intraprendere su ogni singolo caso, e gli obiettivi da cogliere, vanno comunicati in maniera efficace a tutto il personale di competenza. L'infermiere professionale, preso atto delle azioni e degli obiettivi condivisi nel P.A.I li riporterà per iscritto nel suo registro infermieristico in modo che altri suoi colleghi possano prenderne visione. Il tutor (OSS, o altra figura simile) scriverà pur esso nel registro delle consegne, azioni ed obiettivi condivisi nel P.A.I, di modo che tutti i suoi colleghi possano prenderne visione ed all'unisono dirigersi verso una stessa direzione.

9 Quanti P.A.I per un individuo?
Il P.A.I viene predisposto dopo circa un mese dall'ingresso in struttura Nel primo P.A.I vengono condivisi i modi ed i tempi per una verifica, sia della bontà del nostro agire che della pertinenza degli obiettivi da cogliere. Una demenza ovviamente ha tempi di verifica più lunghi in genere. Un arrossamento con rischio di divenire piaga da decubito ha tempi più brevi nella verifica... (per fare un esempio)

10 Chi e quando si chiede un P.A.I?
In seguito, il P.A.I può essere chiesto al coordinatore da tutte le figure competenti che evidenziano un decadimento delle funzioni bio-fisiche, funzionali o un'alterazione nelle prassi comportamentali dell'individuo cui si fa riferimento, quindi, il medico, l'infermiere, il personale assistente, l'animatore, l'assistente sociale, il famigliare...

11 Aspetti positivi dei P.A.I
La multidimensionalità individuale consente di indirizzare le energie necessarie verso la risoluzione di problematiche specifiche, emergenti e contingenti, senza il rischio di disperderle in un tutto indistinto. Sia in termini socio-sanitari, che economici. Le decisioni prese in un contesto collegiale gratificano gli operatori in quanto, prendendo attivamente parte ad un processo decisorio, non dovendo eseguire ciò che in altre parti si decide, si sentono più motivati all'azione costruttiva ed assertiva. Il familiare, inserito anch'esso in un contesto decisorio, vive con meno senso di colpa la decisione di allontanare il congiunto dal contesto familiare e viene responsabilizzato ad un qualcosa che somiglia meno all'abbandono, sedando i conflitti verso il personale che ha preso in carico la problematica Essendo multidisciplinare, quindi composto da plurime e varie competenze, sia sociali che sanitarie, il P.A.I così concepito si mostra come un microsistema capace di assolvere alle intenzioni normative del legislatore allorquando, con la L.328/2000 intende promuovere l'integrazione socio- sanitaria

12 Criticità dei P.A.I In una società orientata verticalmente, ogni logica gruppale viene assunta con diffidenza. In Italia impera “E qui comando io, e questa è casa mia” Seppur la L.328/2000 che suggerirebbe l'integrazione di istanze sociali con quelle sanitarie, e seppur la L.20 regionale che impone i P.A.I quale base di accreditamento per le strutture residenziali, negli effetti molti assolvono l'aspetto formale di un frame (cornice) normativo, assolvendo solo burocraticamente ai dettami normativi senza effettivamente darne corpo nella fattività procedurale. La non istituzionalizzazione del P.A.I (che solo il politico può attuare), ne riduce l'efficacia e ne mina l'autorevolezza sistemica. Per spiegarmi meglio e per fare un esempio, se chiedo in qualità di coordinatore dei P.A.I la partecipazione di un medico ad un P.A.I, devo chiederlo per cortesia poiché nessuna legge impone ad un medico il partecipare nelle modalità che io ho suggerito.


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