La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Enclave In geografia politica una enclave è una parte di territorio interamente compreso all'interno di uno stato, che però appartiene a tutti gli effetti.

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Enclave In geografia politica una enclave è una parte di territorio interamente compreso all'interno di uno stato, che però appartiene a tutti gli effetti."— Transcript della presentazione:

1 Enclave In geografia politica una enclave è una parte di territorio interamente compreso all'interno di uno stato, che però appartiene a tutti gli effetti ad un altro stato. Viceversa, la parte di territorio di uno stato sovrano che giace all'esterno dei confini dello stato si chiama exclave. Enclave ed exclave esistono anche a livello di ripartizioni amministrative e di unità territoriali (stati federati, regioni, distretti, comuni) all'interno di uno stato. La parola francese enclave ha origine nella terminologia diplomatica dall'aggettivo tardo latino inclavatus che significa "chiuso a chiave". La parola exclave è invece una derivazione logica del primo termine. Il termine "enclave linguistica" viene spesso utilizzato come sinonimo di isola linguistica. L'Italia annovera diverse enclaves ed enclave sia come Stato sovrano che, soprattutto, all'interno delle proprie divisioni amministrative. L'Italia ha una sola exclave, il comune di Campione d'Italia, in provincia di Como, circondato completamente da territorio svizzero. Il comune è fortemente legato all'economia svizzera, tanto da usarne la moneta ed essere legato ai sistemi postali e telefonici di quel paese. Dal 1919 e fino al 1947 il comune di Zara poteva considerarsi un'exclave, benché circondato dal mare oltreché dal territorio della Jugoslavia. Il comune, dalla superficie di 55 Km², venne ceduto alla Jugoslavia al termine della Seconda guerra mondiale. All'interno del territorio italiano vi sono anche due enclaves, la Repubblica di San Marino e la Città del Vaticano, unici casi di enclaves che costituiscono uno Stato a sé. Delle venti regioni italiane tre hanno delle exclaves che in due casi sono anche delle enclaves, essendo circondate interamente dal territorio di un'altra regione. L' exclave emiliano-romagnola di Pieve Corena non può essere definita un' enclave confinando oltre che con le Marche (Provincia di Pesaro e Urbino) e anche con la Repubblica di San Marino.

2 Isola Un'isola è una terra emersa interamente circondata dalle acque e di dimensioni ridotte rispetto ad un continente. Oltre alla dimensione, un'altra caratteristica la differenzia dal continente: l'influsso climatico dato dall'acqua (di fiume, di mare ecc.) si estende su tutta la superficie emersa. Un'isola può trovarsi nelle acque di un fiume, lago, mare od oceano. La parte del terreno che separa la terra emersa dall'acqua è detta costa o litorale. Più isole vicine tra di loro formano un arcipelago. Le isole possono essere disposte a corona o a catena. Ad esempio, le isole Aleautine nell'oceano Pacifico formano una catena tra l'Asia e l'America settentrionale. Le isole presenti nei corsi di un fiume si trovano alla foce, nel delta, o nel corso intermedio se il fiume ha una certa larghezza. Nella maggior parte dei casi sono formate dal deposito di sedimenti nei punti pianeggianti del suo corso in cui la corrente rallenta e perde la capacità di trasportare a valle la parte più pesante del materiale sedimentario. Essenzialmente queste sono un impedimento al flusso dell'acqua ed alcune possono nascere nei momenti in cui il livello del fiume è normale e sparire quando il volume e la velocità dell'acqua cambia a causa di un periodo di piena. Altre isole sono formate dall'incontro di un'asperità rocciosa che causa la momentanea divisione del fiume in due tronconi .Le isole presenti all'interno dei laghi sono delle sporgenze del terreno sopra il livello dell'acqua che ha riempito una conca naturale od artificiale. Nel caso in cui il lago abbia uno o più immissari è possibile che i sedimenti trasportati da questi fiumi generino una o più isole. La vegetazione può a suo volta creare un'isola: le piante che sono in grado di crescere con parte del tronco nell'acqua possono far accumulare detriti organici in punti più bassi non prossimi alla riva e con l'andare del tempo generare un affioramento del terreno dalle acque del lago.

3 Le isole continentali sono le più vaste, sono collegate alla piattaforma continentale e possono essersi staccate dal continente per erosione, abbassamento del terreno, innalzamento del livello delle acque, forti terremoti, eruzioni vulcaniche, ecc. o semplicemente perché la piattaforma continentale è più bassa, in alcuni punti, del livello delle acque. Esempi di isole continentali sono la Sicilia e la Groenlandia. Un tipo particolare di isole continentali sono quelle che si sono staccate dal continente a causa della deriva dei continenti come per esempio l'isola del Madagascar staccatasi dal continente africano. Un altro tipo particolare sono le isole formatesi dall'accumulazione della sabbia erosa dal continente vicino. Sono dette isole oceaniche quelle isole che non fanno parte della piattaforma continentale e che sono generalmente piccole con una forma arrotondata. Le isole oceaniche possono essere suddivise in isole vulcaniche, atolli e cime di catene montuose sottomarine che emergono dalle acque. Le isole vulcaniche sono costituite da lava solidificata eruttata da vulcani che una volta erano al di sotto del livello del mare.Esistono però altri tipi di isole vulcaniche come i vulcani sommersi che facevano parte di una piattaforma continentale. Un esempio l'Islanda, la più grande isola vulcanica della Terra. Un altro tipo di isola vulcanica è quella formata da una placca tettonica che scorre sotto un'altra. Questo scorrimento crea una catena di vulcani che emergendo formano una catena di isole.Queste isole possono anche reinabissarsi dopo un lungo periodo di frequenti terremoti ed eruzioni. Esempi sono le isole Eolie L'ultimo tipo di isola vulcanica è formata da un punto caldo sopra cui scorre una placca tettonica. Esempi sono le isole Hawaii Gli atolli si formano a seguito di eruzioni di tipo esplosivo di un'isola vulcanica attorno alla quale si è formata una barriera corallina, che, in continua crescita, affiora ed emerge dalla superficie marina, formando bassi fondali al suo interno. Al centro della laguna venutasi a formare tendono ad accumularsi sedimenti emergendo sotto forma di isola piatta, dalla sabbia bianca o quasi rosata e dalla forma solitamente quasi circolare o ellittica

4 Catene montuose sottomarine
Nei fondali marini sono presenti varie catene montuose sottomarine, in alcuni casi è possibile vedere queste formazioni come continenti sommersi dalle acque, o meglio continenti che non hanno altezze sufficienti ad emergere dal livello attuale dei mari. Alcune delle cime possono essere più alte del livello del mare generando un'isola che, in alcuni casi, può essere molto distante da qualsiasi altra terra emersa. Secondo vari studi risulta che il livello delle acque nel passato era molto più basso dell'attuale, secondo alcuni era più basso anche di metri. Se ci fosse oggi un abbassamento delle acque di queste proporzioni si avrebbe che molte isole risulterebbero delle cime delle terre emerse. Un caso particolare è il Mar Mediterraneo che attualmente è collegato all'Oceano Atlantico dallo stretto di Gibilterra, mentre sembra che nel passato era un mare interno con un livello delle acque molto più basso rispetto agli oceani. Quindi un'isola attuale poteva essere parte del continente in un passato non troppo remoto; mentre potevano esserci varie isole dove ora c'è solo mare. Attualmente stiamo probabilmente vivendo una fase opposta: a causa del riscaldamento globale della Terra sembra che i ghiacciai di tutto il mondo si vadano ridimensionando, causando un costante aumento del livello del mare. Questo fenomeno a lungo andare comporterà la scomparsa di varie isole, buona parte della fascia costiera e delle pianure più basse. Le previsioni più catastrofiche prevedono che scomparirà addirittura la Pianura Padana se questa tendenza non verrà in qualche modo invertita.

5 La bussola dell’ambiente
INSULARITA’ IN SENSO ANTROPOLOGICO La Sardegna appare oggi frenata da una crisi di progettualità, di cui la recente lunghissima crisi d’ingovernabilità, senza precedenti nella storia dell’isola, è solo uno dei segni visibili. La carenza non è solo politica, ma assai più vasta e investe l’ambito economico e culturale. È una Sardegna che non riesce a volare, ferma e incerta in mezzo ad un guado: da una parte i residui del vecchio modello di sviluppo, in stato di confusa smobilitazione, sconfitto da un mercato che non perdona l’immobilismo, dall’altra, non s’intravede ancora nitido all’orizzonte il profilo della strada del nuovo benessere. Quella che oggi appare è una Sardegna priva di bussola, tormentata e insicura, sguarnita di una classe dirigente capace di fantasia, una Sardegna che non riesce a programmare il suo futuro. La bussola dell’ambiente Definire il tracciato della strada sarda allo sviluppo è oggi l’esigenza primaria della nostra isola. Dall’ambientalismo sardo, dove in questi anni è cresciuta una forte elaborazione intorno ai temi del cambiamento, può venire un contributo di inventiva e progettualità. Nella nostra isola il rapporto tra uomo e natura non è mai stato pacifico. Eppure oggi proprio la sensibilità ecologica, l’amore e la fiducia per questa terra sarda dura e spinosa, ma ricca e tenace, può essere la bussola e l’orizzonte ideale entro cui collocare la trasformazione dei modelli di sviluppo, di produzione e consumo. Il punto da cui partire è il rifiuto dell’uso dissipatorio delle risorse, che non sono solo quelle rappresentate dalla ricchezza delle coste e dai patrimoni storici di pregio, ma anche le culture, le identità e i saperi in quanto stratificazioni di processi peculiari. Oggi si tratta non solo di proteggere la ricca biodiversità dell’isola, il patrimonio inestimabile delle sue risorse, inteso anche nel senso antropologico, ma farne la materia prima di una strada sarda allo sviluppo, in cui economia e qualità della vita siano fortemente intrecciati. La perdita di biodiversità, la devastazione delle coste e dei modi di vita correlati non è soltanto peggioramento di qualità, ma anche un’occasione sprecata di reddito.

6 Industria: fine di un sogno
Nessuno pensa ormai più di affidare lo sviluppo dell’isola a quei poli industriali, su cui tutto si era puntato anni addietro e che si presentano oggi in fase di crescente smobilitazione, sconfitti dalla competitività, ancor prima che dalla consapevolezza dei sardi della sproporzione ormai evidente tra danno ambientale e vantaggi occupazionali. Si è trattato di un’esperienza di sfruttamento di risorse dallo scarso ritorno economico per la Sardegna, sistemi produttivi, che, mentre hanno travolto territori e culture, assorbito quantità enormi di risorse, non hanno voluto o saputo creare economie a ciclo chiuso, capaci di diffondere benefici. I grandi impianti di produzioni primarie, si tratti di fibre o di alluminio, non hanno portato benessere in Sardegna, perché il valore aggiunto principale si formava e si forma tutt’oggi altrove, assai lontano dalla nostra isola, nei complessi manifatturieri del nord Italia o all’estero. Il sistema energetico Anche lo stato dell’industria energetica, massicciamente presente in Sardegna, non è edificante. Lo stato del sistema energetico soffre una crisi di sovrapproduzione, registra una dipendenza dall’esterno del 98 per cento, assai più alta di quella italiana. Il sistema dimostra i suoi limiti nell’assenza pressoché totale di diversificazione delle fonti di energia primaria, principalmente in conseguenza della mancanza del gas naturale, mentre la produzione rimane basata essenzialmente su impianti termoelettrici. Le conseguenze per i sardi sono il maggiore costo unitario dell’energia, oltre ad un preoccupante maggiore carico inquinante. Per riconvertire il settore nella direzione delle esigenze dell’isola, ci vuole ben altro che qualche sconto sul gasolio, come è stato proposto. I poli energetici, da Fiume Santo al Sulcis a Portoscuso, hanno bisogno di essere ridimensionati nel volume produttivo a misura delle esigenze delle popolazioni ed inseriti nei territori in forma coerente, compatibile con un riequilibrio di mix di energia. Occorreranno investimenti adeguati soprattutto per la riconversione a gas metano, un settore praticabile in tempi accettabili, nel quale ci sentiamo fortemente impegnati. A questo riguardo occorre vigilare perché ogni eventuale passaggio di proprietà di Fiume Santo o di altri poli energetici contenga la precisa clausola di utilizzo del metano.

7 Il turismo, nonostante il crescente aumento di presenze, appare inadeguato al ruolo assegnatogli di rappresentare l’elemento portante del nuovo sviluppo, mentre permangono i problemi storicamente irrisolti. Il principale dei quali è costituito dal fatto che la Sardegna ha il tasso di stagionalità più stretto d'Italia, motivato soprattutto dalla peculiarità del nostro prodotto, che è quasi esclusivamente il balneare. Ma la Sardegna non è solo mare. Nella Sardegna interna c'è una grande quantità di risorse da far emergere, selezionare, censire, segnalare, valorizzare, promuovere e organizzare in forma d'impresa. L’altro problema irrisolto è la mancanza d’integrazione tra economia delle vacanze ed altri settori, in particolare con l’agroalimentare ed il settore dei trasporti. Una vistosa carenza che, mentre rende il nostro turismo scarsamente competitivo, non innesca un processo di filiera economica. Soprattutto dovrà essere chiarito l’equivoco tra turismo dell’ospitalità e turismo della rendita immobiliare. Poiché ancora oggi i principali interessi privati continuano a essere calamitati dalla realizzazione di nuove residenze al mare, dove il guadagno é facile e l’intreccio con la politica rende possibili enormi realizzazioni. I benefici diffusi in termini di occupazione sono vicino allo zero, mentre lo sperpero di territorio è enorme. Ma solo un’economia miope di tempi brevi e di accumuli veloci vende i territori di pregio, che sono le uova d’oro della stessa economia. Un turismo lungimirante non vende spazio, ma solo tempo. Un forte bisogno d’identità è inciso nella cultura del popolo sardo. È un bisogno legittimo, che aspira sfuggire all’omologazione depauperante, ma che può produrre chiusure localistiche e esasperazioni etniche, nel migliore dei casi, fine a se stesse. Ciò che serve non è tanto la rivendicazione di un repertorio di eredità culturali, ma la ricostruzione di un rapporto con i luoghi del nostro agire quotidiano, che, in alcune stagioni recenti della nostra storia, troppo frettolosamente abbiamo consegnato a venditori di specchietti. Il cuore della Sardegna sta in una nozione d’identità che si basa, più che sull’appartenenza etnica, su una comunanza di interessi e sulla capacità di trovare risposte creative ed autonome ai bisogni, utilizzando i mezzi di cui l’isola dispone: un progetto di futuro a misura d’identità. Allora ciò che era considerata minoranza subalterna può tornare a porsi in primo piano e c'è una Sardegna autentica e dimenticata. Preziosi patrimoni culturali che si dissolvono e si disperdono nello spopolamento. Tutto questo può proporsi come fermento culturale, che riprenda i fili di un'identità spezzata per proseguire l’opera trasformatrice con nuovi percorsi e nuove costruzioni

8 Economia e identità In questo senso l’identità di un popolo può voler dire crescita civile e sviluppo economico. Il primo problema della Sardegna è certamente la disoccupazione, che raggiunge livelli d’emergenza sociale, soprattutto nella fascia giovanile, dove un giovane su due non entra nel mercato del lavoro. Le implicazioni sovraregionali e sovranazionali del fenomeno sono evidenti. Nonostante ciò, è indispensabile ed urgente ridare fiducia ai giovani, a partire dalle politiche locali e utilizzando tutti gli strumenti che gli strumenti europei consentono. Reggere la competizione del mercato globalizzato è possibile solo evitando l’omologazione delle produzioni, valorizzando tutti gli elementi di identità economica e culturale, che le varie realtà territoriali possono esprimere, promuovendo mille economie locali, coordinate in quadri regionali ed europei. È la strada che può aprire prospettive di occupazione diffusa e durevole. Ma occorre iniziare dalle basi, investendo sul sistema scolastico, sulla formazione di una cultura dell’imprenditività, sulla ricerca, sulla conversione ecologica delle produzioni, sull’innovazione tecnologica dei servizi e delle comunicazioni.La qualità della vita stessa, la tutela e l’utilizzo del grande patrimonio di cultura che fa della Sardegna una terra così peculiare, può essere la bussola che guida la scelta degli investimenti, per le politiche di sviluppo e di occupazione. Anche nel sistema agroalimentare solo un’agricoltura che valorizzi la straordinaria ricchezza di produzioni tipiche ad elevata qualità, potrà conquistare una nicchia di mercato alta e competitiva. Occorre tirarsi fuori dal processo omologante, dove cresce l’artificializzazione e la competizione, mentre diminuisce qualità e identità. Fuori, c’è posto per una Sardegna verde e credibile, perché vende qualcosa di diverso che altri non hanno, salvaguarda l’ambiente e perciò la salute dei consumatori.

9 Se avanza il deserto: gestione delle risorse idriche e riassetto idrogeologico
Un vero dissesto idrogeologico investe i principali bacini idrografici. Aumentano i danni degli incendi che impoveriscono le risorse ambientali e avanza la deforestazione. La superficie boscata è solo il 15 per cento dell’intera isola, mentre è in atto un fenomeno di persistenza pluridecennale di annate magre, che ha ridotto la piovosità degli ultimi venti anni ad una media di 10 per cento inferiore ai precedenti 50 anni. La Legge 183 di difesa del suolo è rimasta lettera morta. È apparsa positiva l’istituzione di un Commissario straordinario ai sistemi dell’acqua, capace di superare la pletorica molteplicità degli enti, ma inutile, senza un piano d’intervento a carattere strutturale. Il quadro degli interventi, seguendo la Legge 183, dovrà iniziare dal riassetto idrogeologico, affrontando la rinaturazione dei corsi d’acqua e dei bacini e facendo perno su una corretta riforestazione. Prioritaria è la realizzazione di una fascia forestale di salvaguardia attorno ai bacini artificiali. In secondo luogo occorre curare la qualità delle acque, con opere di disinquinamento degli invasi, il collettamento delle reti fognarie e la regolamentazione del carico di bestiame. Altro settore d’intervento determinante è quello dei controlli dei consumi, generalizzando tecniche di risparmio per tutti e, nell’agricoltura, con l’ammodernamento del settore distributivo (quadri orari di’irrigazione e diffusione dei sistemi a pioggia). Interventi di recupero si dovranno attuare con il ricircolo delle acque provenienti dai depuratori, sia per uso irriguo che industriale.

10 Paesaggio: uno sguardo d’insieme
La vicenda del master Plan, 2,5 milioni di metri cubi da gettare sulle coste sarde, ha rappresentato la più grande operazione immobiliare della storia sarda. Sconfitta da una mobilitazione che ha visto protagonista la Legambiente, il Master Plan costituisce una linea di demarcazione, un punto di non ritorno nella storia dell’isola. Da allora le operazioni non si sono fermate, ma sono state ricondotte a scale diversa, per la consapevolezza del nuovo livello di vigilanza in Sardegna, disponibile a valutare progetti e investimenti, ma non a regalare territori e paesaggi a nessuno. Forse in Sardegna non ci sono i clamorosi ecomostri abusivi che hanno devastato tante aree pregiate italiane e che in questi giorni sono oggetto di demolizioni. È pur vero però che, in tante parti dell’isola, da Quartu a Stintino, non mancano gravi situazioni d’illegalità o semillegalità. E sono ben presenti mostri e oscenità, ancorchè legali e con tanto di nulla osta dell’Ufficio Tutela del paesaggio, che li mette al sicuro dalle ruspe. Lo scenario (l’oscenario) delle brutture va dalla Marmolata di Santa Teresa al Bagaglino di Stintino all’hotel Esit di Alghero, costruito dall’Ente della Regione Sardegna in anni di grande distrazione ambientale. Ciò che appare grave non è però il singolo intervento, per quanto brutto o incongruo, quanto il quadro complessivo: nessuna logica, nessun nesso ordinatore nelle sequela scoordinata e decontestualizzata degli interventi, neppure nei paesaggi più pregiati. Un immenso patrimonio di raro valore ambientale è stato trattato come una tabula rasa sulla quale geometri e architetti ignari di storia e indifferenti ai luoghi hanno potuto disegnare qualsiasi cosa. Si pone il problema di come far crescere una cultura del "fare paesistico", capace di ascoltare i contesti e di proporre un modo di costruire. La tutela delle coste è un ambito di battaglia ormai storico della Legambiente Sardegna, un ambito nel quale l’associazione ha raggiunto risultati importanti. Ma oggi i tempi sono maturi per considerare la necessità di anticipare i tempi, di mettere in atto misure e programmi che prevengano lo scempio del paesaggio, incoraggiati dalle posizioni assunte dal Ministero dei Beni Culturali alla recente Conferenza sul paesaggio.

11 paesaggio.In Sardegna la necessità prioritaria che si va evidenziando è la predisposizione di un piano di restauro, particolarmente del paesaggio costiero, abbandonando le azioni di tutela a macchia di leopardo per sposare una visione d’insieme. Un piano che consenta di passare dalla tutela passiva, che oggi protegge oltre il 40 per cento della regione, superando quella fase esclusivamente vincolistica, nella quale si erano cimentati i Piani Territoriali paesistici. Lo stesso quadro normativo della tutela dovrà essere rivisto. Oggi è evidente uno scollamento tra il momento della progettazione affidata agli enti locali e alle regioni e il momento di verifica e controllo svolto dalle soprintendenze statali. Per il futuro occorrerà una maggiore concertazione, a iniziare dalla fase pianificatoria. Se la Sardegna programma il suo futuro: i punti qualificanti di uno sviluppo tra locale e globale Occorre collocare tutti gli interventi all’interno di un disegno organico di programmazione, disegnando il nuovo modello di sviluppo ed evitando gli interventi a pioggia. In un unico piano programmatico dovranno essere collocati gli strumenti comunitari, nazionali (Contratti d’area, patti territoriali) e regionali (Piani integrati d’area), soprattutto i Fondi Strutturali con i Piani Integrati Territoriali strumenti applicativi del Piano Operativo Regionale. Tante sigle ma anche tanti interventi e tanti soldi per i quali non esiste una vera regia di coordinamento. Gli interventi scoordinati e frammentari rischiano di causare l'ennesima occasione mancata. Punti qualificanti di una nuova visione dello sviluppo sardo, capaci di innescare un processo nella direzione del superamento del divario economico sociale dell’isola rispetto alla media nazionale, sono: La valorizzazione delle risorse materiali e immateriali, lungi dall’essere consumate o vendute, devono costituire la materia prima su cui attuare investimenti innovativi e ad alto contenuto tecnologico.

12 2 La qualità culturale ed ambientale è il principale elemento, capace di sfidare la competitività del mercato e di intrecciarsi con la crescita civile, oltre che economica. 3 La tipicità e la peculiarità dei luoghi, delle culture, derivata in parte dalla cultura dell’insularità, può costituire un valore aggiunto e un vantaggio competitivo, ribaltando la penalizzazione dell’insularità, se si riusciranno a mettere in atto misure di effettiva continuità territoriale 4 Asse portante del nuovo processo sono le azioni di sviluppo locale, sostenute da quadri sovranazionali e basate sulla diffusione di piccole e medie imprese. Il turismo può costituirsi come asse portante dello sviluppo, riqualificandosi in termini di compatibilità e interazione con altre economie in processi chiusi e organizzati a filiera. 5 Protagonisti del nuovo sviluppo sono i territori, cioè i comuni organizzati in rete e consorziati, mentre la Regione opera integrazione degli interventi territoriali. Il quadro comunitario La strada di una profonda riconversione dell’economia sarda, che fino, a qualche anno fa poteva apparire utopistica, dispone oggi di strumenti finanziari concreti e praticabili. Nella programmazione dei fondi strutturali all’interno del Quadro comunitario di sostegno , predisposto per le regioni dell’obiettivo 1 (tra cui la Sardegna), il Programma di Sviluppo per il Mezzogiorno, consente di orientare le risorse verso politiche di riqualificazione dei territori e di valorizzazione locale. Gli strumenti fondamentali sono i Piani Integrati Territoriali, strumenti del Piano Operativo Regionale. La ripartizione della spesa, stabilita a livello nazionale e recepita dal Programma Operativo Regionale orienta verso gli assi Risorse naturali (che comprende al suo interno la misura 1,5 Rete Ecologica Regionale) e Risorse culturali, quote di risorse che si avvicinano al 27 per cento.

13 Orientare le risorse: le priorità
Per la Sardegna nel quadro di ripartizione delle risorse globali vuol dire disponibilità di circa 2700 miliardi (su un totale di ) su due assi strategici per la riconversione ambientale, quali sono le Risorse naturali (ripartite in acqua, suolo, ambiente ed energia ) e Risorse culturali. L’entità delle disponibilità è senza precedenti e fornisce strumenti che, se ben utilizzati, possono tracciare la strada del nuovo sviluppo. Si tratterà di vedere quali strade prenderanno concretamente le risorse. Una nota di orientamento della Regione Sardegna traccia linee ancora generiche e troppo dense di incognite. L’impegno della nostra associazione è quello di una forte presenza nei momenti dell’orientamento delle risorse. Orientare le risorse: le priorità L’obiettivo è che la qualità dell’ambiente sia il contenuto trasversale ai vari assi d’intervento. Tuttavia le priorità sono individuabili all’interno dei due assi strategici individuati. In relazione al settore Ciclo integrato dell’acqua, sono da ritenere prioritari interventi in materia di risparmio delle risorse idriche e di depurazione delle acque reflue nelle realtà di dimensione urbana, industriale e di alto insediamento turistico. In tema di difesa del suolo si indicano come prioritari gli interventi di tutela e risanamento delle zone costiere, delle cave, delle zone umide, dei sistemi lagunari e dei bacini imbriferi con eliminazione dei processi inquinanti, anche ai fini di rivitalizzzione della piccola pesca tradizionale. Per la riqualificazione delle aree costiere è necessario dotarsi di uno specifico Progetto litorali. Queste porzioni del territorio isolano, in quanto attrattive turistiche, sottoposte ad un’altissima pressione antropica con conseguenti gravi alterazioni, necessitano di interventi di riqualificazione. Nel settore della gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati sono da ritenere prioritari interventi di bonifica e messa in sicurezza dei siti degradati come le discariche di RSU, i siti contaminati da scorie industriali (particolarmente, Porto Torres, Ottana; Sulcis, Porto Torres, Porto Vesme).

14 Nello stesso settore, in adeguamento alla legge nazionale, è urgente la creazione di un sistema regionale integrato di trattamento dei rifiuti, distribuito per ambiti di bacino con attività di raccolta differenziata e impianti di selezione e riciclo. All’interno dell’asse Risorse Naturali, particolare importanza riveste la misura 1'5 Rete Ecologica Regionale, dove in Aree Protette occorre investire nella creazione di infrastrutture e servizi, mentre, per quanto attiene il settore energia le priorità sono da individuare nelle fonti rinnovabili e nel risparmio energetico; è anche prevista una misura riferita alla formazione ambientale (misura 1,8). Nell’asse attinente alle risorse culturali appare opportuno che gli investimenti siano orientati nella tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio storico (con particolare riferimento ai centri storici) e paesaggistico ambientale, ma anche con il recupero di siti archeologici, edifici storici, chiese, complessi di archeologia militare, complessi carcerari, aree dismesse industriali e minerarie. Una linea d’intervento particolare dovrà riguardare la valorizzazione del sistema dei nuraghi nella loro interrelazione nel contesto circostante. Legambiente in Sardegna Una struttura regionale, un’articolazione territoriale di circoli, significativi e rappresentativi delle realtà locali, un comitato scientifico autorevole e prestigioso, costituito da docenti universitari, ricercatori ed esperti di settore, una quantità di scuole affiliate all’associazione, un ufficio di azione giuridica, alcuni centri d’educazione ambientale, una rete di alleanze storiche e inedite che vanno dalla Legapesca ai nuovi enti parco: tutto questo è Legambiente in Sardegna, l’ambientalismo cresciuto sulla domanda di qualità della vita, che l’isola ha espresso in questi anni. Tra denuncie e proposte, tra conflitti e progetti l’associazione è cresciuta in questi ultimi cinque anni, maturando un quadro progettuale complessivo, in cui collocare ogni nostra iniziativa, collegandola ad un filo conduttore comune e indicando finalità ed obiettivi semplici e chiari.L’azione del nostro volontariato non è stata elitaria e gerarchica, ma strumento partecipativo, capace di una vasta mobilitazione delle coscienze e del protagonismo diretto delle persone, finalizzato a costruire responsabilità e cittadinanza attiva.

15 L’ultimo esperienza progettuale, la campagna In fondo al mar per la pulizia dei fondali in area parco, tuttora in corso, ha rappresentato un salto di qualità organizzativa ed un notevole impegno di energie. I risultati, verificabili e quantificabili, in termini di concreti benefici ambientali e di diffusione di cultura dei parchi, sono da ritenersi positivi. L’associazione è cresciuta in credibilità, in incisività, in capacità di mobilitazione e di interlocuzione con le istituzioni e i decisori politici. La presenza dell’associazione è cresciuta nella comunicazione mediatica, in relazione ad un riconosciuto ruolo sociale nell’opinione pubblica. Ma soprattutto è cresciuta nel radicamento territoriale. Da sempre nelle società, dalle più antiche alle più moderne, si sono verificate situazioni di insularità ma non intesa solo come isole circondate dal mare o da laghi ma un insularità intesa anche come enclaves culturale, religiose, sociali che caratterizzano più o meno la società. Un esempio storico di insularità sociale è avvenuto nell’Italia del 700’ il cui Stato della Chiesa possedeva due enclaves, Benevento e Pontecorvo, all’interno del Regno di Napoli; queste due fornivano informazioni importanti sul territorio in cui si trovavano. Ma, per rifarci a realtà più piccole, in una città ci sono enclaves di persone con stessa cultura o stessa religione che, in presenza di tolleranza zero o minore, vengono isolate dalla società. Nelle stesse scuole quando ci sono più sedi vi è un isolamento delle stesse rispetto all’Istituto oppure all’interno delle classi si formano enclaves tra gli studenti.

16 Percezione che i giovani europei hanno del concetto di insularità
Gioventù per l'Europa è l'azione che promuove attività di interscambio socioculturale tra gruppi di giovani. Esso è un progetto promosso direttamente dall’Unione Europea, il 13 aprile 2000. Il progetto dovrebbe contribuire al processo educativo dei giovani e renderli consapevoli del contesto europeo in cui vivono. Lo scambio dovrebbe avere obiettivi di apprendimento chiari e realizzabili per i partecipanti. L'incontro di giovani provenienti da diverse regioni e paesi può stimolarli ad acquisire una maggiore consapevolezza delle altre culture e a considerare da una nuova prospettiva argomenti familiari (storia, informazioni, percezione di identità, ecc.). Tuttavia, gli effetti prodotti da uno scambio di giovani non dovrebbero limitarsi ai partecipanti coinvolti nell'attività, ma dovrebbero anche servire a introdurre il concetto di "Europa" nella comunità locale e a promuovere un atteggiamento più consapevole e positivo verso altre culture. Nella domanda di partecipazione al programma è necessario descrivere come s'intende inserire questa dimensione europea nell'attività di scambio. Questi due incisi riportati qui sopra sono parte dell’introduzione della presentazione del progetto comunitario stesso. A tutto questo si ispira il progetto “ Giovani sardi in Europa “ che intende promuovere attraverso un’attività di preparazione specifica e visione “ in loco “ delle strutture comunitarie e della realtà socio – politica che Essa rappresenta, un’attività di conoscenza e apprezzamento della sempre nuova realtà europea. E’ indubbio che l’insularità sia per i nostri giovani un freno relativamente alle possibilità di realizzare sia attività di interscambio con coetanei di altre nazioni europee sia di partecipazione attiva a quelle che sono le attività comunitarie a loro espressamente rivolte. Ed è ancora altrettanto incontrovertibile che un intensa azione di coinvolgimento, ma forse prima ancora di conoscenza, della realtà territoriale sarda verso quella comunitaria sia oramai assolutamente necessaria per i nostri giovani. Dopo tanti anni di parole seguite da pochissime azioni è necessario dare ai nostri ragazzi una base per quella Cultura dell’appartenenza alla nuova Europa che, altrimenti, continuerà a “ tener fuori “ le nostre forze del futuro dal panorama sociale,culturale e occupazionale della nuova realtà.

17 FINALITA’ ED OBIETTIVI. LA CONOSCENZA DELL’EUROPA UNITA.
Sembrerà strano ma ancora oggi a oltre 50 anni dalla prima fase embrionale della nuova Europa, la CECA cui aderirono le prime poche nazioni, il concetto dell’unità delle nazioni d’Europa e le sue valenze non sono ancora patrimonio della collettività.,Soprattutto dei cittadini più giovani. Si ha una percezione superficiale, si conoscono solo aspetti formali peraltro lontani dal ragionamento quotidiano comune. Oppure gli aspetti legati alla facilità(formale) di spostamento delle persone e delle merci all’interno dei confini dell’Europa Unita. Se invece ci si sposta in settori di maggior qualità specifica, quali quello dell’occupazione, degli incentivi legati alle opportunità di studio e di approfondimento culturale e professionale, ai progetti legati,a contribuzioni per la creazione di nuove figure professionali o iniziative imprenditoriali giovanili (o per categorie privilegiate, o per il mondo femminile e tanto altro) ci si trova arenati solo all’interno dei progetti più noti (“ Erasmus “ per l’università piuttosto che “ Leader “ per le zone transfrontaliere, per esempio) che in ogni caso vengono promossi da entità solitamente pubbliche che si preoccupano in prima persona dell’acquisizione delle informazioni necessarie all’attivazione dei vari progetti. Negli anni 1998 – 2003 Stati come il Portogallo o l’Irlanda hanno utilizzato sapientemente ben il triplo delle risorse poste a disposizione dei cittadini europei per varie iniziative ed attività rispetto a quelli utilizzati dall’Italia. Restauro ammodernamento delle reti di servizi urbanistici e dei trasporti; recupero di siti geologici o e ammodernamento di imprese agricole o di allevamento; istituzione di attività culturali di prestigio e di lunga durata; storici di particolare interesse con la creazione di opportunità di sfruttamento degli stessi ai fini turistici o culturali. E tante e tante altre iniziative. Tutto questo ha creato occupazione stabile, miglioramento notevole della qualità della vita e spesso benessere. Sempre relativamente allo stesso periodo e riguardo le due nazioni citate il tasso di disoccupazione è calato conseguentemente di oltre l’80%. Ma il dato più rilevante è che ben il 45% delle risorse attinte all’Unione Europea è stato ad appannaggio di imprese giovanili. Contro un 3% utilizzato invece dall’Italia. Forse questo fatto merita una riflessione. Naturalmente pretendere che in poco tempo questa disaffezione verso le opportunità offerte dalla nuova Europa possa modificarsi in maniera significativa è utopistico. Ma non per questo non si deve iniziare nulla. E’ come pensare alla realizzazione di una nuova autostrada: il fatto che per realizzarla necessitino diversi decenni non è motivazione per non iniziarne la costruzione.

18 2. INTERCAMBIO CON I GIOVANI EUROPEI.
. L’obiettivo principale di questo progetto quindi, almeno nel suo primo anno di attuazione, è proprio quello di “ connettere “ i giovani sardi alla realtà dell’Unione Europea e dei benefici ed opportunità che Essa offre ai suoi cittadini. Far conoscere loro la struttura politica e sociale dell’U.E. attraverso incontri con esperti del settore e portandoli poi fisicamente all’interno delle strutture comunitarie sia di Bruxelles che di Strasburgo con un soggiorno appositamente realizzato in comunione con gli uffici delle relazioni esterne della struttura europea. Conoscere ciò che regge nei suoi presupposti l’Unione Europea non potrà che favorire una reale integrazione nel tempo 2. INTERCAMBIO CON I GIOVANI EUROPEI. Successivamente all’attività di primo contatto conoscitivo (seppur approfondito) dell’Unione Europea nei suoi concetti e nelle sue strutture sarà importante che i nostri giovani abbiano la possibilità di confrontarsi con realtà giovanili di altri Paesi dell’Unione. Poter infatti verificare “ sul campo “ situazioni territoriali, sociali, politiche ed economicosociali differenti dalle nostre non potrà che essere spunto fondamentale per uno slancio del giovane verso nuove opportunità. Nel prossimo futuro la circolazione delle persone nel mondo del lavoro aumenterà vertiginosamente. Sarà necessario prepararsi adeguatamente per poter essere parte integrante di questo previsto movimento. Infatti parallelamente alla tutela delle proprie identità territoriali assolutamente necessarie e al servizio della crescita culturale rafforzata dal “ senso di appartenenza “ ad una specifica comunità, deve essere offerta al giovane la possibilità di verifica e confronto con realtà differenti ma altrettanto di valore. Nel secondo anno del progetto si realizzeranno delle attività quindi di interscambio con altre realtà giovanili, mediante il coinvolgimento di associazioni, Enti, Enti Locali etc. Per questa attività di interscambio si potrà attingere le risorse economiche previste proprio dal progetto Giovani in Europa già citato all’inizio della premessa e che più avanti specificheremo meglio per ciò che concerne il piano contributivo dal punto di vista economico. Nella pianificazione di uno scambio verrà definito un programma chiaro e strutturato delle attività quotidiane. I metodi di lavoro e il programma mireranno al massimo coinvolgimento possibile dei partecipanti per consentire l'evoluzione del processo di apprendimento Le metodologie potranno includere, a titolo di esempio, lavori di gruppo, visite sul campo

19 Tavole rotonde, attività pratiche, escursioni culturali, simulazioni, presentazioni, realizzazione di spettacoli teatrali o attività sportive comuni. In ogni caso, le varie attività faranno riferimento al tema principale e all'obiettivo generale dello scambio. L'impiego di metodi di lavoro diversificati e interculturali, oltre a fornire ai partecipanti l'occasione di esplorare argomenti, culture e identità (la propria e quelle di altri) può garantire anche la partecipazione paritaria di tutti i giovani coinvolti, a prescindere dalle loro capacità linguistiche o da altre abilità. svantaggi permanenti - isolamento dalla terraferma; - costo più elevato dei trasporti marittimi e aerei, delle comunicazioni e delle infrastrutture, dovuto ad ostacoli naturali e climatici; - estensione limitata dei terreni utilizzabili, .scarse risorse della pesca; .limitate risorse idriche; - limitate fonti energetiche; - inquinamento marino e costiero; - particolare difficoltà nella gestione dei rifiuti; - calo della popolazione, particolarmente dei giovani; - erosione delle coste; - carenza di personale qualificato; - assenza di un contesto economico favorevole all'imprenditoria; - difficile accesso ai servizi scolastici e sanitari; limitatezza e la stagionalità dei mercati locali; il calo del tasso di occupazione, che non si riesce a contrastare e che comporta lo spostamento della popolazione attiva in altri centri. Il calo costante della popolazione attiva determina, a sua volta, una diminuzione della domanda di beni e servizi forniti dalle imprese locali, con il risultato di compromettere l'attività economica del settore pubblico e privato. Tale spirale di declino indebolisce la già debole base economica e sociale delle regioni insulari. Le regioni insulari sono molto più esposte e vulnerabili, in quanto i loro svantaggi naturali e permanenti vanno ad aggiungersi ai problemi socioeconomici comuni a tutte le regioni e tendono ad accentuarli.

20 Insularità limite o opportunità?
Vorrei partire subito da una considerazione che mi pare un po' il cuore del ragionamento di oggi. Mi chiedo: l'insularità è un limite o un'opportunità?Sembra sempre che gli insulari si aspettino qualcosa dagli altri. le regioni insulari devono avere anche la capacità di collocarsi in una logica di sistema capace di creare quelle condizioni virtuose atte a sfruttare al meglio una potenzialità che in alcuni casi si è scontrata con il localismo e con il tentativo di autoisolamento. Non mi sento di sostenere che l'insularità non sia un limite, perché i dati economici e l'incidenza di alcuni fattori legati all'insularità per le piccole e medie imprese lo dimostrano. In generale, per l'economia, per la socialità delle nostre regioni, l'insularità è un grave limite, ma è anche vero che dobbiamo trovare un sistema per affrontarla, non guardando soltanto alla realtà locale, ma creando le condizioni affinché il sistema regionale possa dialogare, possa essere protagonista del sistema più generale del Paese e, più in generale, del sistema globale. da una parte vi sono i limiti infrastrutturali di quanto una regione insulare è costretta a sopportare in termini di ricaduta economica negativa (la dipendenza dall'insularità) e questo si può facilmente fare. Se le piccole e medie imprese hanno nelle isole un elemento che grava sulla propria attività per il 60%, questo è dovuto alle condizioni dell'insularità e all'assenza di quelle reti infrastrutturali che fanno della permanenza, e del fattore permanente della discontinuità fisica, un elemento centrale. La Sardegna non potrà mai avere un'autostrada Tuttavia, se noi concepiamo la Sardegna come isola, come regione insulare al centro di un sistema economico più globale - per esempio il Mediterraneo - si possono immaginare delle autostrade del mare che interessino le tre aree portuali della Sardegna (Porto Torres, Olbia, Cagliari) in un sistema importante di decentramento dei traffici che da Gibilterra-Suez hanno come asse verticale l'Europa Credo che allora anche per la Sardegna potrebbe esservi una logica che porti alla realizzazione di autostrade, stessa cosa dicasi per l'energia. Questi temi non li abbiamo affrontati solo in ambito locale e siamo giunti a 2 conclusioni:la prima le regioni insulari, per quanto riguarda le reti trans-europee energetiche, devono diventare passaggio prioritario dei progetti dell'Unione Europea: in particolare per i metanodotti che dovranno attraversare l'Europa Laddove è possibile si dovranno coinvolgere le regioni insulari e credo che questo sia un obbiettivo importante che avrà una ricaduta straordinariamente rilevante sul settore economico; lo stesso dicasi per le autostrade del mare, che possono trovare una collocazione nel mercato mondiale, e in questo caso nel Mediterraneo.

21 Dobbiamo fare questa valutazione
Dobbiamo fare questa valutazione. Credo che il convegno che le Camere di commercio hanno voluto promuovere sia un'occasione importante per riflettere su ciò, non soltanto per rivendicare maggiori risorse, ma per far diventare le regioni insulari una delle cellule importanti di un sistema. In quest'anno la Sardegna è riuscita, guardando ad un fattore economico che era quello della mancanza di continuità territoriale per i passeggeri, a soddisfare un grande progetto culturale e sociale della Sardegna. Con la continuità territoriale per i passeggeri, il 30% in più dei sardi viaggia, può viaggiare al pari e forse anche meglio di molte altre regioni europee,queste condizioni hanno fatto si che i nostri giovani possano viaggiare di più,possano crescere e aumentare il loro patrimonio di cultura. Radio Delta Lampedusa - gestita da Alternativa Giovani Onlus – conta oltre 20 differenti programmi La radio, infatti, oltre ad essere diventata un diversivo per i tanti giovani che conducono i programmi, ha trasformato praticamente i lunghi pomeriggi dei lampedusani che passano ore intere ad interagire con essa, grazie ai programmi che richiedono la partecipazione degli ascoltatori. La stessa struttura, dove è ubicata la radio, nonché la sede di Alternativa Giovani, sembra essere diventata il “quartier generale dei giovani”, ossia il punto di ritrovo per tutti coloro che hanno voglia di impegnarsi nel sociale o semplicemente per passare dei pomeriggi diversi in compagnia con i propri coetanei. Molto importante è anche lo “streaming”, che permette di ascoltare l’emittente anche su internet, e quindi in tutto il mondo. In soli dieci giorni il sito dell’Associazione è stato preso d’assalto, proprio per poter ascoltare la radio lampedusana. Il sito, recentemente ristrutturato, è diventato di stimolo alla collaborazione e alla cooperazione del personale dei vari uffici, che, utilizzando le peculiarità innovative di questo moderno strumento informatico, produce e pubblica direttamente l'informativa di. In tal modo le notizie, costantemente e puntualmente aggiornate, diventano una "vetrin a "dell'intera attività amministrativa dell'Ateneo, anche verso l'esterno. Le notizie pubblicate sul sito offro n o al visitatore una visuale a tutto campo delle diverse realtà del nostro Ateneo che si articolano in: Ricerca Scientifica, Concorsi,Appalti, Formazione, Organizzazione Amministrativa Centrale. Apposite pagine espongono la rassegna stampa giornaliera, comunicati,circolari, documenti,regolamenti, e altre notizie di carattere amministrativo e istituzionale. La cultura: prevenzione e superamento del disagio giovanile. Se si riconosce che tra le cause del disagio giovanile vi è la mancanza di precisi punti di riferimento in base ai quali definire il proprio progetto di vita, è evidente che la cultura può e deve svolgere un ruolo determinante. L'Università è chiamata ad assumersi una grande responsabilità e intende coinvolgere le nuove generazioni affinché possano ritrova re fiducia in se stesse e nelle istituzioni: un'identità culturale forte, in grado di trasmettere messaggi chiari e convincenti, può aiutare i giovani nel proprio percorso di crescita.

22 Il primo contributo che l'Università può apportare per prevenire situazioni di disagio giovanile consiste nel fornire strumenti di comprensione della realtà e nel promuove re occasioni di aggregazione,di socializzazione e di confronto. Essa può, altresì, contribuire in modo rilevante ad accrescere nelle nuove generazioni il senso di appartenenza ad una collettività,attraverso un'attività di sensibilizzazione. Di fronte alla difficoltà di trovare lavoro, il fattore competitivo dei giovani è rappresentato principalmente da un'adeguata preparazione culturale, e l'Università deve o p e r a re avendo sempre come obietti vo la garanzia di una formazione di qualità. Perché essa possa adempiere a questo importante compito, è necessario che l'attività didattica (e di ricerca) risponda aduna serie di requisiti: deve essere il più possibile orientata a pratiche di miglioramento e di qualità, all'applicazione delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione,alla valorizzazione delle risorse umane attraverso l'introduzione di nuove metodologie, sempre più flessibili,e l'aggiornamento continuo dei corsi e dei programmi. Per quanto riguarda gli enti di formazione professionale, l'esperienza maturata nei molti anni di attività non deve essere vanificata da riforme del sistema formativo che tengano conto esclusivamente delle esigenze di sviluppo economico, senza considerare le prospettive di crescita dei giovani. È assolutamente indispensabile che tali riforme mantengano un'organizzazione della formazione"non istituzionale" tale da consenti re un'appropriata integrazione socio-economica, garantendo altresì una maggiore interazione della Scuola superiore e dell'Un i ve r s i t à con i diversi settori professionali ,dall'agricoltura all'artigianato, dal commercio ai servizi: in altri termini,con il sistema della piccola impresa,che in Sardegna costituisce il tessuto connettivo fondamentale per la produzione di ricchezza e, come tale,richiede una specifica attenzione in sede di programmazione e di progettazione dell'attività formativa. È necessario, infine, dedicare un'attenzione part i c o l a re alla formazione dei formatori: la rilevanza del processo educativo e formativo richiede,infatti, il possesso di adeguate competenze, che investono non solo la sfera conoscitiva, ma prima ancora. soprattutto in ambito scolastico,la capacità di adempiere al pro p r i o ruolo di educatori sul piano cogniti vo ed emotivo, entrando in re l azione con i giova n i . La realtà della Sardegna Nella nostra Isola, le difficoltà che i giovani affrontano per i numero s i mutamenti in atto, sono in qualche misura amplificate a causa dell'isolamento territoriale,che si traduce in isolamento culturale o è fonte di difficoltà di inserimento lavorativo e di sviluppo professionale. Pertanto bisogna conseguire un'adeguata valorizzazione del territorio ed il miglioramento,attraverso la distribuzione di una maggiore ricchezza all'interno dell' Isola, della situazione occupazionale attuale.

23 Un discorso a parte e va dedicato alla valorizzazione delle zone interne dell'Isola ricercando e sperimentando per lo sfruttamento delle potenzialità del tessuto produttivo.Per l’univwersità il processo di formazione dei giovani e degli adulti deve accompagnarli lungo tutto l'arco della sua vita e che il buon esito del percorso formativo dei giovani dipende in larga misura dalla presenza di formatori in possesso di adeguate competenze culturali,professionali e pedagogiche, per lo sviluppo civile e sociale del nostro Paese e della nostra Isola e possono contribuire, con le loro idee e le loro potenzialità, a dare un impulso decisivo al cambiamento della società. Se si riconosce che il progresso scientifico-tecnologico e la stessa crescita civile e culturale di una società dipendono in misura determinante dalla sua capacità di valorizzare le risorse disponibili, risulta evidente che il modello di sviluppo del ventunesimo secolo - per quanto possiamo p re ve d e re allo stato attuale, consideratala velocità dei cambiamenti in atto - deve lasciare ai giovani nuovi spazi, ridefinendo i ruoli sociali ed attivando processi di dialogo e dico i n volgimento intergenerazionali. La società contemporanea appare statica: alla rapidità delle trasformazioni determinate dallo sviluppo della tecnologia non fa riscontro un adeguato dinamismo a livello sociale. La su indicata ridefinizione dei ruoli dovrebbe lasciare il posto aduna società più dinamica e meno strutturata, con la possibilità per tutte le categorie sociali di giocare un proprio ruolo. La società nel suo complesso deve operare con l'obietti vo di una maggiore integrazione dei ruoli, nella convinzione che la realizzazione di un maggior benessere collettivo presuppone la completa attuazione di un sistema di pari opportunità tra le diverse generazioni e tra i diversi gruppi sociali

24 LAVORO DI SERENA CORVI E TANI RACHELE


Scaricare ppt "Enclave In geografia politica una enclave è una parte di territorio interamente compreso all'interno di uno stato, che però appartiene a tutti gli effetti."

Presentazioni simili


Annunci Google