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John Bowlby ( ) e la Teoria dell’attaccamento

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Presentazione sul tema: "John Bowlby ( ) e la Teoria dell’attaccamento"— Transcript della presentazione:

1 John Bowlby (1907-1990) e la Teoria dell’attaccamento
Elabora un modello di ispirazione etologica e cognitivista Ritiene che la psicoanalisi abbia troppo insistito sulla fantasia → Bowlby intende riportarla sul terreno della realtà.

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3 Alla base di un sano sviluppo della personalità c’è la sicurezza che il bambino riesce a provare nel rapporto con la madre, in particolare la sua disponibilità a essere presente, protettiva e affettuosa quando il bambino si sente in pericolo o ha paura.

4 Le coccole, i giochi, le intimità del poppare attraverso le quali il bambino impara la piacevolezza del corpo di sua madre, i rituali dell’essere lavati e vestiti con i quali il bambino impara il valore di se stesso, attraverso l’orgoglio e la tenerezza della madre verso le sue piccole membra, queste sono le cose che mancano Bowlby

5 Sicurezza ↔ Esplorazione

6 Il comportamento di attaccamento si attiva quando il bambino prova dolore, fatica o paura.
In quelle occasioni il bambino cerca il caregiver [= la persona che si prende cura del bambino], che rappresenta una “base sicura” che offre protezione e affetto.

7 Se il bambino non riesce a percepire la madre come base sicura ingaggia comportamenti di protesta; se la madre non consola il bambino, questi prova una crescente disperazione; se continua a non avvenire, il bambino si distacca dalla madre

8 Separazione dalla madre
1. Protesta → Angoscia di separazione 2. Disperazione → Depressione, lutto 3. Distacco → Difese

9 La madre si sente spontaneamente indotta (sensibilità materna) a offrire quel tipo di cure e attenzioni In alcuni casi basta la vista o la voce della madre. In altri casi il bambino deve aggrapparsi alla mamma. In casi più intensi solo un prolungato vezzeggiamento farà cessare il comportamento.

10 Insightfulness (Goldsmith, Oppenheim, Koren-Karie) = vedere il mondo dal punto di vista del bambino. Capacità dei genitori di fornire una sorta di fotografia complessa e integrale del mondo interno del bambino, valorizzando i pensieri e il mondo interno del bambino, che così si sente una persona completa e accolta.

11 Presente sin dalla nascita, il comportamento di attaccamento si inizia a “stabilizzare” verso la fine del primo anno di vita. Si vanno a formare anche degli schemi di rappresentazione del sé e della/e figure/e di attaccamento (o MOI: modelli operativi interni).

12 Il comportamento di attaccamento è contraddistinto da intense emozioni.
→ se la relazione è buona, c’è gioia e senso di sicurezza. Sul versante del Sé c’è la sensazione di essere degno di amore, fiducia che le proprie esigenze avranno ascolto  attaccamento sicuro; → se è minacciata, c’è gelosia, angoscia e rabbia; se è stata interrotta, c’è dolore e angoscia. Sul versante del Sé c’è la sensazione di non essere degno di amore e incapacità di esprimere le emozioni in modo adeguato, angoscia e senso di colpa per l’espressione dei propri sentimenti  attaccamento insicuro.

13 PATTERN DI ATTACCAMENTO (Ainsworth 1978)
Attaccamento sicuro. La madre è sensibile alle richieste e ai segnali di disagio del bambino. Il bambino percepisce sicurezza interna e fiducia. Mostra segni di disagio alla separazione, ma al ritorno della madre si lascia consolare Categorie: sentirsi sicuri e protetti Attaccamento insicuro-evitante. La madre si dimostra insensibile ai segnali del bambino; tende a rifiutarlo sul piano del contatto fisico. Il bambino, che non ha fiducia in una risposta adeguata da parte della madre, sviluppa distacco ed evitamento del contatto che sfocia in eccesso di autonomia e indifferenza alla separazione Categorie: diffidenza, evitamento, controllo Attaccamento insicuro di tipo ansioso-ambivalente. La madre è imprevedibile nelle risposte, che risultano dettate più dai suoi bisogni che da quelli del bambino (intrusività). Il bambino rimane incerto rispetto alla disponibilità materna, non riesce a utilizzarla come base sicura e ne è assorbito completamente. Mostra forte disagio alla separazione ed è inconsolabile al ritorno della madre. Categorie: amore, rabbia, ansia, dipendenza, paura dell’abbandono Attaccamento disorganizzato. La madre è dominata da esperienze traumatiche irrisolte e non risponde alle richieste del bambino. Il bambino non dispone di strategie stabili, manifesta comportamenti contradditori, azioni mal dirette, stereotipate e asimmetriche, con congelamento, immobilità, disorientamento.

14 «Addolora quello che non hai mai ricevuto» (Fonagy, Steele)
I bambini insicuri hanno imparato a deviare i genitori dai propri bisogni di attaccamento, perché segnalarli apertamente provoca in essi stati emotivi angoscianti.

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16 Il comportamento di attaccamento è evidente soprattutto nella prima infanzia, ma può essere osservato nell’ambito dell’intero ciclo di vita, specialmente nei momenti di emergenza. Il comportamento di attaccamento è trasmissibile a livello intergenerazionale

17 Es. Quale rappresentazione il genitore ha del bambino? (Zeanah, 1986)
CASO: Madre iper-ansiosa; bambino con difficoltà nei ritmi sonno-veglia e alimentari. La madre prova verso il bambino ansia e delusione, vede segnali di rifiuto e critica nel comportamento del bambino perché non è quello descritto nel libro; d’altra parte, neanche lei è la madre descritta nel libro. Contrappone il bambino del libro col bambino reale: così che si sviluppano idealizzazione del bambino, da un lato, autosvalutazione, dall’altro. Dolore da abbandono da parte del marito durante la gravidanza e dopo il parto.

18 Trattamento: incoraggiamento nell'analizzare i bisogni reali del bambino. Liberare il bambino dal passato della madre.

19 Contatta il consultorio tramite mail
Es. Daniele – 1° incontro Contatta il consultorio tramite mail Vive con la madre, il fratello più grande, la nonna e la madre (i genitori sono separati quando aveva 2 anni) Infanzia vivace: ma poi mi sono introvertito a partire dalle medie inferiori Le superiori sono andate bene: piene di studio Studia psicologia; prima andava avanti e indietro all’università; poi ha preso casa. Lì sono cominciati disturbi, ossessioni, che si manifestavano con quei ragazzi che frequentava di più. Aveva la sensazione di essere «contaminato», di essere toccato nella sua «identità pura». Doveva adottare delle de-contaminazioni per liberarla dagli influssi altrui La madre ha sempre lavorato e pertanto era poco presente. Non ha nulla da dire rispetto alla madre. Non è la persona che mi parla dei propri problemi. Evita i propri problemi. C’è poca intimità. La nonna, invece, è presenza affettiva costante. Ha detto alla madre che sarebbe venuta in consultorio; non è intervenuta più di tanto. All’asilo tutto ok; stress alle superiori. Mi manca la sintonia stretta con alcuni amici. (Altro?) Mi scordo gli impegni, dice la madre. Non provo emozioni di euforia o molto positive.

20 Daniele – 2° incontro V’è un ragazzo in particolare verso cui prova le ossessioni, quello con cui co-abita: è maniacale nello studio, ma nella vita privata ha un lato edonistico: quasi uno sdoppiamento della personalità È un po’ simbiotico, lo cerca spesso, non rispetta gli spazi di Daniele, che si sente «tampinato» Dice di aver ripensato al discorso delle emozioni: non arriva mai al coinvolgimento totale

21 Controllo/ritiro ↔ espansione/relazione
Controllo del Self a fronte della paura della contaminazione con l’ «oggetto» (mondo, altro, relazione…)

22 Puntualizzazione: pur con dei retroscena teorici spesso diversi e delle sfumature concettuali differenti, termini come quello di “contenimento” o holding (Winnicott, Bion), “rêverie” (Bion), “relazione (oggettuale)” (Fairbairn, Winnicott, Balint ecc.), “sintonizzazione” (Troncik, Beebe ecc.), “comportamento di attaccamento” (Bowlby) evidenziano l’importanza della sensibilità emotiva del/dei caregiver nel rispondere ai bisogni psichici e emotivi del bambino quale fattore fondamentale per un sano sviluppo della personalità.

23 Il bambino che può godere di un “rispecchiamento” e un “contenimento” adeguati, la cui madre è capace di “rêverie” con lui, che è in grado di offrirgli “attaccamenti sicuri”, che riesce a sintonizzarsi con i suoi bisogni e a pensare assieme a lui, gli fornirà quella “base sicura” a partire dalla quale egli potrà essere spontaneamente se stesso e aprirsi fiduciosamente alla scoperta del mondo esterno.

24 Viceversa, sviluppi in cui questa sensibilità del caregiver è fortemente carente predisporranno con maggiore facilità a comportamenti difensivi e “autoregolati” – come quelli contenuti nei concetti di “falso sé” (Winnicott), o di “narcisismo” (Kohut), o di “attaccamento insicuro” (Bowlby) – in cui aspetti emotivi importanti del nucleo del sé vengono esclusi dall’esperienza stessa del sé.

25 Un concetto utile: il percorso di “separazione-individuazione” (M
Un concetto utile: il percorso di “separazione-individuazione” (M. Mahler) È un paradosso dell’esistenza umana il fatto che l’uomo debba simultaneamente cercare l’unione e l’indipendenza (E. Fromm, 1947, tr. it. 1971, p. 79).

26 M. Mahler descrive in modo molto efficace la conquista di una propria personalità da parte del bambino, distanziandosi dal rapporto “simbiotico” con la madre. Per “separazione” ella intende “l’emergenza del bambino da una fusione simbiotica con la madre” Per “individuazione” intende “quelle conquiste che denotano l’assunzione da parte del bambino delle proprie caratteristiche individuali”

27 Ella si interessa soprattutto della capacità del bambino di relazionarsi col mondo umano.
Pur avendo compiuto approfondite indagini osservative, ella evidenzia come lo sviluppo del senso del Sé costituisce il prototipo di un’esperienza interna soprattutto personale, che è difficile – se non impossibile – rintracciare negli studi di osservazione, come anche nella situazione psicoanalitica ricostruttiva. Si rivela più facilmente nei suoi fallimenti che nelle sue variazioni rispetto alla norma (Mahler et alii, La nascita psicologica del bambino, 1975, tr. it. 1978, p. 255).

28 Ciò che risulta osservabile è la “separazione”, cioè quelle azioni che il bambino in crescita mette in atto per distinguersi dalla madre – pur volendosene contemporaneamente assicurare amore e protezione; ma “ciò che il bambino sente soggettivamente […] sfugge all’occhio dell’osservatore” (ibidem, p. 251). Anche se abbiamo avuto la possibilità di osservare i momenti intimi della vita del bambino, non siamo stati tuttavia in grado di vedere come il bambino costituisca il nucleo della propria rappresentazione del Sé.

29 Mahler e i suoi collaboratori ricordano il caso di Sam, un bambino verso il quale hanno rivolto la loro osservazione. Stupiti dalla capacità di Sam di sviluppare un percorso di individuazione nonostante le difficoltà incontrate nella fase di separazione, gli autori si sono convinti che “la pressione maturativa, la pulsione di individuazione e verso l’individuazione, nel bambino normale sia uno straordinario dono innato che, pur potendo essere sminuito da prolungate interferenze, si manifesta durante tutto il percorso di separazione-individuazione” (in corsivo nel testo, ibidem, p. 238). “non si tratta di sentire chi sono ma che sono; ed è proprio questo il primo passo verso lo sviluppo dell’individualità” (Mahler 1975, p. 44).

30 La fase più interessante descritta dalla Mahler è quella che va dai 6 ai 24 mesi. Nel descrivere il periodo precedente di vita del bambino, in particolare quello 0-2 mesi (che chiama “fase autistica”) ella pare eccessivamente influenzata da una certa tradizione psicoanalitica che ipotizza che il bambino sia refrattario alla comunicazione col mondo esterno e desideroso di abbassare al massimo gli stimoli che provengono dal mondo esterno.

31 Fase di separazione-individuazione (6-24 mesi),comprende le seguenti sottofasi:
sottofase della differenziazione (4/5-10 mesi). Durante questa fase il bambino appare più vigile, inizia a tirare i capelli della madre, ad esplorarla abbandonando posizioni più simbiotiche. Un po’ più tardi, il bambino inizierà ad esplorare il mondo al di là della diade madre-bambino, così da stabilire la differenza “madre” e “altro”. Il bambino, muovendosi a carponi, inizierà ad allontanarsi dalla madre, rompendo la condizione di totale passività, ma senza mai allontanarsi più di tanto da lei. Il bambino intanto sviluppa il suo Io ed è in grado di riconoscere la differenza fra sé e l’oggetto. Più avanti, sarà capace di discriminare fra la madre e gli altri oggetti, che dà origine all’angoscia dell’estraneo [l’angoscia dell’estraneo, descritta da Spitz, compare verso l’ottavo mese: il bambino che, fino a quel momento, “si era fatto prendere in braccio da tutti”, inizia a spaventarsi degli estranei. Ciò indica che ha messo a fuoco il rapporto privilegiato con la madre]

32 la sottofase della sperimentazione (10-16 mesi)
la sottofase della sperimentazione (10-16 mesi). È suddivisa in due sottofasi: della sperimentazione iniziale e della sperimentazione vera a propria. Entrambe sono rese possibili dalla maturazione fisiologica. I. Sottofase di sperimentazione iniziale. Inizia col movimento a carponi del piccolo, che si allontana dalla madre ma ritorna ad essa considerandola una “casa madre” dove trarre rifornimento emotivo. L’interesse del bambino si rivolge agli oggetti, uno dei quali può diventare transizionale nel senso di Winnicott. In tale contesto si sviluppano tre elementi decisivi nel processo di separazione/individuazione: aumento della differenziazione corporea dalla madre; formazione di un legame basato sulla capacità della madre di offrire rifornimento affettivo; clamorosa crescita delle funzioni dell’Io.

33 II. Sottofase di sperimentazione vera e propria
II. Sottofase di sperimentazione vera e propria. È il periodo che per la Mahler segna la nascita psicologica in senso stretto. Il bambino allarga i suoi orizzonti grazie alla conquista della posizione erette. È al massimo del narcisismo secondario e dell’amore oggettuale. Egli vive una “relazione amorosa col mondo”. Egli è concentrato sulle sue crescenti capacità, che percepisce come onnipotenza. Egli mostra anche una tendenza – connaturata al processo di separazione – ad allontanarsi dalla madre, e forse anche questo genera euforia. I suoi passi, è stato osservato, vanno inevitabilmente in direzione opposta alla madre. Egli tratta ancora la madre come “casa-base” e non è in grado di percepirla come persona autonoma. La madre, per consentire la separazione, deve rinunciare al possesso del corpo del bambino ed incoraggiare con gioia la sua capacità di stare staccato da lei e funzionare in maniera autonoma. Ella deve sintonizzarsi con lui, piuttosto che con le sue idee preconcette di come dovrebbe essere un bambino.

34 la sottofase di riavvicinamento (15/18-24 mesi)
la sottofase di riavvicinamento (15/18-24 mesi). Verso la metà del secondo anno (di solito verso i 15/18-24 mesi) il bambino si rende conto del suo essere piccolo in un mondo molto grande. Tale constatazione genera una perdita del senso di onnipotenza e segna la ricomparsa di un’angoscia di separazione. Egli diviene consapevole che la madre è una persona separata, che non può sempre aiutarlo nella vastità del mondo. Uno dei tipici atteggiamenti di questa sottofase è il corteggiamento del bambino nei confronti della madre. Nel corso della crisi di riavvicinamento il bambino ha bisogno dell’aiuto esterno ma contemporaneamente deve negare, ai fini di mantenere la separazione, il suo bisogno di aiuto. Alterna così un aggrapparsi alla madre con reazioni negative e aggressive nei suoi confronti.

35 La felice risoluzione della crisi di riavvicinamento e l’acquisizione di un equilibrio fra bisogno di separazione e bisogno della madre è visto dalla Mahler come essenziale per evitare patologie. Come reagirà la madre alle contrastate richieste di riavvicinamento del bambino? Lo avvilupperà di nuovo o lo respingerà? La Mahler sottolinea che la reazione della madre è importante in questa come in tutte le sottofasi.

36 La felice risoluzione della crisi di riavvicinamento e l’acquisizione di un equilibrio fra bisogno di separazione e bisogno della madre è visto dalla Mahler come essenziale per evitare patologie. Come reagirà la madre alle contrastate richieste di riavvicinamento del bambino? Lo avvilupperà di nuovo o lo respingerà? La Mahler sottolinea che la reazione della madre è importante in questa come in tutte le sottofasi.

37 Nella fase di riavvicinamento, noi crediamo che risieda il motivo principale dell’eterna lotta dell’uomo sia contro la fusione che contro l’isolamento. Si potrebbe considerare l’intero ciclo vitale come un processo, più o meno riuscito, di distanziamento dalla madre simbiotica, e di introiezione della perduta madre simbiotica, un’eterna bramosia per un “ideale stato di sé”, reale o fantasticato, che sta per una fusione simbiotica con la madre tutta buona, che era una volta parte del sé in un beato stato di benessere. (M. Mahler, 1972)

38 Quali sono le dinamiche specifiche dell’affettività nella fascia di età 6-10 anni?

39 Bisogni di relazione (di appartenenza, di comunicazione, di essere con di dialogo, di rapporto, di “dipendenza”, di “fusione” ecc.) Bisogni di autonomia (di individuazione, di sviluppo delle proprie caratteristiche, di essere se stessi, di costruzione della propria identità, ecc.)

40 I compiti evolutivi che normalmente vengono assegnati a questa fase sono quelli della scoperta delle proprie capacità, da un punto di vista motorio, cognitivo e sociale.

41 E. Erikson (1959) definisce quest’età come “l’era industriale” dove il tema ricorrente è “io sono quello che imparo”: esperienze positive danno al bambino un senso di industriosità, di competenza, di padroneggiamento… al contrario, il fallimento porta con sé un senso di inadeguatezza e inferiorità, il sentimento di “essere buono a nulla”

42 L’esplosione di queste competenze incoraggia i bambini ad una indagine e scoperta quasi adulta del mondo.

43 In questa fase si assiste anche a una diminuzione dell’intensità affettiva tipica dei bambini più piccoli a favore del centramento sulle proprie capacità. La vita affettiva sembra più silente, quasi “sottotraccia”, nell’attesa di una sua riesplosione nell’adolescenza.

44 Non sono solo i sentimenti del bambinetto più piccolo sembrano scomparsi:
 in generale si assiste ad una cambiamento della qualità degli affetti, che diventano più ego-sintonici, tanto che si assiste a una diminuzione della capacità di provare empatia (diminuzione che andrà aumentando man mano che ci avviciniamo alla preadolescenza).

45 L’industriosità del bambino e l’apparente assenza di forti implicazioni affettive fa sì che spesso prevalgono le tendenze ad accumulare, a controllare, a confrontare… Il mercato dei giocattoli e i mezzi di comunicazione di massa hanno avuto buon gioco a fare soldi grazie alla tendenza tipica dei bambini nel periodo di latenza a collezionare, barattare, comprare e vendere (Waddel 2000, p. 86)

46 Afferma Renzo Canestrari che la capacità di adattamento che il bambino mostra nei confronti della vita sociale e del gruppo… …appare spesso stereotipato, qualche volta addirittura meccanico, tanto che ci sono fanciulli che trattano i coetanei con indifferenza e a volte anche con una certa durezza. In questa età si evidenzia infatti una sorprendente insensibilità per il valore dell’interiorità propria e altrui: il ragazzino cerca di piacere e di andare d’accordo un po’ con tutti; opportunisticamente, per avere successo, prestigio e sicurezza nel gruppo di coetanei e cogli adulti, perfeziona diverse tecniche di adeguamento sociale

47 Egli diventa capace di allinearsi con gli altri, di agire secondo le regole del gioco ma, naturalmente, sempre per il proprio prestigio, merito, tornaconto: il fanciullo, nella scuola elementare, è capace, si dice, di cooperare non di collaborare, poiché collaborare presuppone sentire l’altro come il proprio sé, sentire il ‘noi’. (Canestrari 1984, pp )

48 Abbiamo quindi un singolare commistione di realismo e opportunismo e una parallela mancanza di attività immaginativa e affettiva dei bambini (a differenza di quanto avverrà nell’adolescenza).

49 la morale è spesso rozza: buoni/cattivi; cowboy/indiani; noi/loro; forte/debole.
Fumetti e riviste spesso incoraggiano questa semplicità e questa stereotipia

50 Il bambino appare egocentrico e legato alle situazioni concrete, incapace di trascenderle per percepire le qualità in sé, anche relativamente al proprio carattere. Ad esempio, può sostenere “sono bravo in educazione fisica e sono coraggioso” mostrando di non saper distinguere i tratti sostanziali da quelli accidentali o addirittura irrilevanti.

51 Piaget sosteneva che il bambino dai 6/7 agli 11 anni possiede capacità di fare connessioni causali e di ragionare – capisce la reversibilità, la categorizzazione, il concetto di conservazione (dai 7/8 anni), usa la logica – ma non utilizzando i concetti e il linguaggio, ma operando su cose “concrete” (stadio operatorio concreto). Ad esempio se gli si dice: “non prendere in giro Caio perché è grasso. Cosa penseresti se lo facessero con te?”, il bambino risponderà: “Ma io non sono grasso!”.

52 Piaget, per il quale il giudizio morale dipende dallo sviluppo cognitivo, ritiene che fino a 8/9 anni il bambino sia realista anche in tema morale. Rompere 15 tazze per errore è considerato più grave del romperne una intenzionalmente.

53 Come il bambino intende la morale (Piaget)?
Le azioni sono giuste o sbagliate e a definirle tali è un’autorità (morale eteronoma). La disobbedienza è una rottura dei rapporti normali coi genitori che manifestano la giusta collera. L’accettazione delle punizioni rappresenta il modo naturale di “riparare”, tramite l’espiazione, al torto arrecato. Ogni trasgressione deve essere punita in modo severo, punizione che verrà dalle persone o dai fatti (giustizia immanente).

54 Dai 9 anni il bambini è in grado di adottare una morale autonoma, che si sviluppa dal consenso reciproco e non dipende da un’autorità esterna. Tale reciprocità, inizialmente legata ad aspetti contingenti e personali, assume via via un carattere più universalistico e si è in grado di comprendere una reciprocità non solo di fatto ma anche di diritto. La bugia, allora, diventa cattiva in sé, e non più perché può comportare punizioni, e più tardi ancora diventa negativa perché danneggia la fiducia reciproca. Viene data importanza alle intenzioni dei soggetti…

55 Per Piaget fra i 6 e gli 11 anni vige l’agonismo e ognuno vuole vincere.
L’esigenza di cooperare per codificare le regole si pone per dire chi sono i vincitori e i vinti. Solo dopo gli 11 anni le regole assumono un significato collettivo e ben definito che tutti conoscono. Si acquisisce la consapevolezza che per cambiare le regole è necessario l’accordo di tutti

56 Però… attenzione!  Un conto è la capacità che i bambini hanno di ragionare sulla loro esperienza morale, altro è la comprensione morale, che invece si sviluppa assai precocemente.

57 Dunn (1984) evidenzia l’importanza delle emozioni nell’acquisizione di regole: nelle famiglie in cui vi è una relazione calda e affettuosa tra fratelli persino i bambini di 2 anni riescono a prendere parte ai giochi e a rispettare le regole.

58 Occorre pertanto permettere ai bambini esperienze che consentano un contatto autentico con le loro emozioni (e non solamente di esperienze che fanno agire la loro sete di conoscenza solo sul versante della competizione e della gerarchia fine a se stessa, o della collezione fine a se stessa di figurine, di scatole, fiammiferi, tappi di bottiglia ecc., del desiderio di “padroneggiamento” e di superiorità…)

59 I bambini di questa fascia di età, si diceva, sentono di non essere più vincolati a quella complessa trama di affetti e sentimenti, riferita alle figure genitoriali, che caratterizzava la fase precedente  essi avvertono di possedere una loro individualità

60 La possibilità di vivere e di prendere contatto con questo Sé autentico permette di vivere esperienze luminose e pregnanti, esperienze in cui il Sé sperimenta un rapporto così diretto e pieno con le cose e con la realtà.

61 Queste esperienze dense di senso rappresentano vere e proprie articolazioni del Sé e possono permanere, indimenticate, per tutto il resto della vita agendo come vere e proprie matrici di senso dell’identità adulta. Il gioco non è un semplice “giocare”, ma un modo di esistere nella realtà.

62 Infatti l’esperienza delle cose e del proprio Sé del bambino ha una singolare immediatezza, è diretta. La concretezza, che aveva messo in luce Piaget relativamente al ragionamento, rappresenta l’occasione di una presa di contatto diretta e “epifanica” col mondo. Fromm ricorda come un bambino possa guardare per ore il rimbalzare di una palla per il semplice fatto che sta rimbalzando.

63 La conquista di una (relativa) autonomia affettiva non significa che il bambino debba vivere solo sul versante “cognitivo” e delle performances (coraggio, esibizione di sé, raggiungimento di risultati ecc.), ma anche su quello affettivo, coltivando quell’immaginazione e quelle dimensioni della fantasia e del pensiero artistico che permettono di dare spessore e senso all’affettività.

64 La letteratura per ragazzi più creativa si svincola dalle categorie più semplicistiche, proponendo un contatto col mondo degli affetti: ci sono, allora, metafore del “mondo di dentro” come giardini segreti (Burnett), castelli, mondi incantati, capanne (ad es. Hucklenberry Finn), principesse…

65 C’è così posto anche per l’ambivalenza degli affetti e per i sentimenti più raffinati che altrimenti rischiano di perdersi nella mentalità un po’ rigida e stereotipata dei ragazzi di questa età, poco inclini ad affrontare impulsi misteriosi e contraddittori.

66 La riscoperta del proprio Sé immaginativo permette al ragazzino di essere maggiormente a contatto con se stesso e di percepire la potenza creativa dei propri affetti e della propria bontà.  I bambini ne hanno molto bisogno, perché ciò li fa sentire se stessi.

67 Rainer Maria Rilke suggeriva all’adulto di risalire alla “vostra infanzia, questa preziosa, questa regale ricchezza, questo tesoro dei ricordi” Giovanni Pascoli: il “fanciullino” Gianni Rodari: la visione magica del mondo dei bambini, la stretta connessione fra infanzia e poesia vissuta Romanticismo: il bambino come “mago” e come “poeta”

68 A livello psicodinamico si può osservare che i bambini non sono ancora entrati in quel secondo risveglio dell’affettività e della vita immaginativa (il primo è avvenuto con la prima infanzia) che contraddistinguerà in maniera prepotente l’età adolescenziale.  Essi non padroneggiano un proprio mondo immaginativo dove poter rielaborare le emozioni, gli affetti, le sensazioni. Hanno bisogno del sostegno educativo di un adulto.

69 Riassumendo: abbiamo visto come la dimensione affettivo/immaginativa permetta un’esperienza vivida e diretta del mondo di cui i bambini hanno molto bisogno, ma anche come possa essere sopraffatta da una “cognitività” che occulta la potenza degli affetti.

70 Inoltre, occorre tenere sempre presente che ogni “individuazione” implica sempre un difficile distacco e una “separazione” da dimensioni di appartenenza che danno sicurezza il fatto che i “luoghi segreti” come le capanne, i giardini segreti, i rifugi, le soffitte siano spesso ricavati nell’ambito di spazi condivisi con adulti indica il profondo bisogno di sicurezza e di appartenenza che i bambini provano, anche se non espresso e neppure cosciente, che va rispettato.

71 Il modo più corretto per rispettare questo desiderio di sicurezza è un “sapere a distanza”, non intrusivo ma consapevole, un essere disponibile alle richieste di affetto del bambino, senza farsi manipolare.

72 Questa separazione da una dimensione di appartenenza verso una maggiore individuazione comporta maggiore autonomia ma anche più solitudine e minor sicurezza. Essa può essere considerata un asse evolutivo fondamentale che caratterizza tutte le fasi dello sviluppo umano. Ad esempio: Il bambino di 2 anni vive il cosiddetto “momento del no”, ma inconsciamente ha intenso bisogno della mamma; l’adolescente deve “negare” la morale genitoriale per separarsi, ma contemporaneamente ha molto bisogno del loro sostegno e della loro stima.

73 Nel bambino di 6-10 anni, la mancanza di raffinatezza affettiva e l’apparente retrocedere delle emozioni pare necessario per consentire l’esercizio di forze psichiche più orientate allo sviluppo dell’autonomia, per apprendere a crescere, per “diventare grande”. Una bambina di sei anni scrisse: «da grande voglio essere una “dulto”» (Waddel, 2000)

74 La scarsa empatia, la rozzezza dei sentimenti ecc
La scarsa empatia, la rozzezza dei sentimenti ecc. di cui abbiamo parlato possono essere interpretate come un arretramento della competenza emotiva per lasciare spazio ai compiti verso l’individuazione

75 Il bambino che vivesse troppo intensamente la propria affettività e i propri bisogni di dipendenza avrebbe meno energie per il proprio percorso di individuazione. Ciò non toglie che il bambino continui ad avere estremo bisogno del sostegno affettivo che gli viene dall’ambiente (casi di furto, enuresi ecc. in questa fascia di età spesso stanno a indicare inconsce richieste di aiuto)  occorre sempre avere presente questo comportamento “bivalente”, che contemporaneamente ricerca l’autonomia e la sicurezza nella relazione

76 La mancanza di empatia ha interessanti implicazioni col fenomeno bullismo (e con le sue possibili scongiurabili evoluzioni in un consolidamento dell’atteggiamento violento nella fascia adolescenziale).

77 In tutte le letterature per ragazzi è presente la figura del “monello”, scarsamente capace di provare empatia e rimorso. “ho spesso la crudeltà del fanciullo, che con un sasso tappa la buca del formicaio” (Pirandello, Dialoghi fra il Gran Me e il piccolo me)

78 Ogni “separazione” contiene sempre una “fantasia aggressiva”.
Rabbia e aggressività vanno intese come forze a vantaggio del percorso di individuazione e a sostegno del Sé. Ogni “separazione” contiene sempre una “fantasia aggressiva”. Così, l’adolescente, per crescere e conquistare la propria individualità, “deve” negare la morale genitoriale provando odio e rabbia verso di essa; il bambino di 2 anni deve reagire alle intrusioni degli adulti sui propri piani di azione ribellandosi e dicendo “no”; così il bambino di 8 anni deve essere egocentrico per poter vivere la propria autonomia…

79 L’aggressività è un modo che il bambino (e ciascuno di noi) usa per uscire dall’appartenenza infantile, per non sentirsi piccolo e debole, ma forte e capace contemporaneamente, egli ha bisogno di sicurezza e di affetto, ma secondo una modalità “adulta”, che non solleciti i sentimenti più infantili (che ancora ci sono!).

80 È fondamentale che l’ambiente educativo contempli la possibilità di reggere gli attacchi aggressivi (“contenimento”) senza farsi mettere in discussione, né facendosi “corrompere”, ma senza neanche ritorsioni, restituendo la possibilità di compiere un’esperienza più ampia e integrata.

81 Concludendo…  L’educazione alle emozioni appare pertanto un fuoco centrale, dal quale si possono sviluppare molti fili di approfondimento, densi di conseguenze.

82 Non è possibile che questa sia la mia casa. Questo è un incubo
Non è possibile che questa sia la mia casa. Questo è un incubo. Certo ho sognato uno dei sogni più assurdi. Quasi per averne la prova, vado a guardarmi a uno specchio appeso alla parete dirimpetto, e subito ho l’impressione d’annegare, atterrito, in uno smarrimento senza fine. Da quale remota lontananza i miei occhi, quelli che mi par d’avere avuti da bambino, guardano ora, sbarrati dal terrore, senza potersene persuadere, questo viso di vecchio? Io, già vecchio? Così subito? E com’è possibile? (Pirandello, Una giornata)


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