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Immanuel Kant Il cartografo della conoscenza umana. Parte seconda: la critica della ragion pura www.arete-consulenzafilosofica.it.

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1 Immanuel Kant Il cartografo della conoscenza umana. Parte seconda: la critica della ragion pura

2 La natura della scienza
Domandarsi quale sia la natura della scienza significa per Kant interrogarsi sul tipo di giudizi che sono propri di questa disciplina. I giudizi sono le proposizioni che determinano una legge scientifica (per esempio i principi della fisica), sono in sostanza delle affermazioni che descrivono in modo universale e necessario l’andamento delle cose: ci dicono come stanno le cose e come esse funzionano. Perché i giudizi propri della scienza sono affidabili? Come è possibile elaborare giudizi affidabili sull’andamento del mondo? Qual è il confine entro il quale l’intelletto umano si deve situare per avere la ragionevole certezza di non sbagliare? Ecco le domande fondamentali della Critica della ragion pura.

3 I giudizi in generale Le affermazioni che noi possiamo fare circa la realtà sono i giudizi. I giudizi in generale – di cui quelli scientifici sono solo una porzione - possono essere di tre tipi: Giudizi analitici a priori Giudizi sintetici a posteriori Giudizi sintetici a priori

4 I giudizi analitici a priori
Sono affermazioni in cui il predicato è ricavabile da un’analisi del soggetto, un analisi che avviene a priori, cioè prima di qualsiasi nostra esperienza (del contatto con gli oggetti di cui si parla). Oggi tali giudizi si chiamerebbero “tautologie”: frasi che “dicono la stessa cosa” di quanto è già contenuto implicitamente nel soggetto della frase stessa. Es. (mio) Tutti gli scapoli non sono sposati Scapoli = soggetto Il “non essere sposati” si predica del soggetto “scapoli”. Tuttavia già il concetto di scapolo significa “non sposato”. L’affermazione dunque risulta essere di una verità incontrovertibile fondata in modo certo sul principio di non contraddizione, Tuttavia ha il difetto di non aggiungere niente alle nostre conoscenze.

5 Giudizi sintetici a posteriori
I giudizi sintetici “uniscono” (sintetizzano) un soggetto e un predicato sulla base della nostra esperienza. In questo modo si aggiungono conoscenze. Es. (mio) il vestito è rosso Nel soggetto – vestito – non è contenuto il concetto di rosso (predicato). Per capire che il vestito è rosso devo averlo visto, cioè devo averne avuto esperienza (potrebbe in linea di massima essere di tutti i colori). La mia conoscenza del vestito è dunque aumentata dalla mia esperienza. Il guaio è che la mia esperienza non è garantita. Pensiamo infatti ad un daltonico che guardi lo stesso vestito che sto guardando io: direbbe sicuramente qualcosa di diverso. Può la pura esperienza sensibile dire chi tra me e il daltonico ha ragione? No, ci vuole qualcos’altro, ci vuole la scienza, che però è fondata su giudizi di diversa natura.

6 I giudizi sintetici a priori
I giudizi sintetici a priori non sono fondati sull’esperienza, non derivano da essa la loro validità e, purtuttavia, aumentano la nostra conoscenza, cioè aggiungono nel predicato qualcosa che non è contenuto nel soggetto. Essi in sostanza sono a priori – prima dell’esperienza – ma sintetici – cioè in grado di “unire” qualcosa di più al soggetto.

7 I giudizi della matematica
Sintetici a priori sono i giudizi della matematica: per esempio (Kant) 7+5=12. Qui il nel soggetto (7+5) non è contenuto immediatamente il predicato (12), infatti, dice Kant, per raggiungere questa somma bisogna contare cioè bisogna effettivamente aggiungere nel risultato una nozione in più che prima non si aveva, e ciò è particolarmente visibile nei numeri grandi. Dunque, malgrado Leibniz, e molti dopo di lui, abbiano considerato tali giudizi analitici, essi appaiono a Kant sintetici. La loro sintesi tuttavia è a priori, cioè a prescindere da qualsiasi esperienza sensibile di cose numerate.

8 I giudizi della geometria
Sono sintetici a priori giudizi della geometria: per esempio (Kant) “La retta è la linea più breve fra due punti”. Qui nel concetto di retta non è contenuta un caratteristica “quantitativa (“più breve”) ma solo una nozione qualitativa (la retta è una linea dritta, infatti quest’ultimo sarebbe un giudizio analitico). Dunque “più breve” aggiunge qualcosa alla nozione di retta, e rende il giudizio sintetico. Esso è a priori perché, se è vero che possiamo mostrarlo attraverso un disegno, non abbiamo bisogno per forza di un’esperienza per determinarlo.

9 I giudizi della fisica Sono sintetici a priori i giudizi della fisica.
Per esempio (Kant) “In tutti i cambiamenti del mondo la quantità di materia rimane invariata” Nel concetto di materia è contenuto quello di estensione nello spazio, non quello di persistenza. Dunque il giudizio è sintetico.

10 Il fondamento dei giudizi sintetici a priori
Abbiamo visto che il fondamento dei giudizi analitici a priori è il principio di non contraddizione; quello dei giudizi sintetici a posteriori è l’esperienza. Ora ci si chiede quale sia il fondamento dei giudizi sintetici a priori, cioè in base a quale elemento essi possano pretendere di essere validi. Con le parole di Kant ci si chiede quindi: “Qual è l’incognita X su cui si appoggia l’intelletto quando crede di trovare fuori dal concetto A (soggetto) un predicato B ad esso estraneo e che, ciò malgrado, stima con esso congiunto?”

11 Il fondamento dei giudizi sintetici a priori è nel soggetto conoscente
Ebbene la risposta di Kant è che il fondamento è nel soggetto, cioè nelle strutture conoscitive della mente umana che coglie gli oggetti. Quando io conosco qualcosa posso stabilire delle leggi applicando delle nozioni all’oggetto che io ho già nella mia mente, posso “vestire” l’oggetto con dei capi che io già posseggo, in modo che non è la mia facoltà conoscitiva che si regola sull’oggetto ma è l’oggetto che si regola sulla mia facoltà conoscitiva. Quindi tutte le leggi che noi costruiamo relativamente agli oggetti della natura sono fondate su alcune categorie che appartengono al nostro modo di intuirli e di pensarli. Per esempio lo spazio e il tempo, la nozione di causa ed effetto, di quantità e qualità etc. Queste non sono proprietà degli oggetti ma sono modi con cui noi li cogliamo sensibilmente e li pensiamo.

12 Per esempio Nel giudizio sintetico a priori 7+5=12, il concetto di 12 è aggiunto alla nozione di 7 e di 5 in base alla mia capacità di contare, cioè di aggiungere quantità a quantità. Nel giudizio la retta è la linea più breve fra due punti io aggiungo la nozione “più breve” alla retta in base ad concetto quantitativo che ancora posseggo già prima. Lo stesso si può applicare a tutti i giudizi della scienza e della geometria, anche di tipo diverso, per esempio: “dato un punto A esterno ad una retta r esiste una e una sola retta r1 passante per A e parallela ad r” (quinto postulato di Euclide). L’esistenza di una e una sola retta passante per A e parallela a r non è implicita all’idea di un punto esterno ad una retta R, eppure si deduce a priori, senza bisogna di estrarla da una concreta situazione empirica.

13 Rivoluzione copernicana
Quando Kant stabilisce che i principi che fondano i giudizi sintetici a priori sono nel soggetto e che “noi delle cose non conosciamo a priori se non quello che noi stessi vi mettiamo”, compie una vera e propria rivoluzione copernicana in ambito filosofico. Egli cioè ribalta completamente i termini del problema gnoseologico così come era stato inteso fino a lui. Che cosa sostiene in fondo? Che se prima la conoscenza consisteva nel cercare di capire quali fossero le proprietà dell’oggetto conosciuto, adattando la nostra mente a queste proprietà, cercandole nell’oggetto, modulando la nostra opinione su quanto si scorgeva nell’oggetto, ora è l’oggetto che per essere conosciuto si deve adattare al nostro modo di conoscerlo.

14 Rivoluzione copernicana 2
È come nel confezionamento di un vestito: se prima il sarto doveva modificare un paio di pantaloni sulla misura della “panza” del suo cliente, ora è come se il sarto avesse già un vestito e il cliente dovesse ingrassare o dimagrire per stare dentro la misura dei pantaloni già posseduti dal sarto. Questo, fuor di metafora, significa che, nella concezione kantiana, non è più il soggetto che deve adattarsi all’oggetto ma l’oggetto alle facoltà conoscitive del soggetto.

15 Rivoluzione copernicana 3
Se teniamo conto di quanto detto, la locuzione “rivoluzione copernicana” diviene perfettamente comprensibile. Copernico in ambito astronomico aveva detto che non è il sole a girare attorno alla terra, ma la terra attorno al sole, Kant in ambito gnoseologico dice che non è più il soggetto a “girare attorno” all’oggetto, ma l’oggetto al soggetto. E’ ovvio che questo è un cambiamento di prospettiva che non dice di un avvenimento reale: non è che con Kant l’uomo cambia il modo di conoscere le cose, ma bensì è suggerita una nuova teoria che spiega come l’uomo ha sempre conosciuto le cose quando ha espresso giudizi veri e validi universalmente su di esse.

16 La nozione di fenomeno Tutto ciò è già implicito nella riflessione contenuta nella Dissertazione del 1770, in cui si stabilisce che gli oggetti sono conosciuti in quanto fenomeni che appaiono a dei soggetti che li conoscono. Grazie alla possibilità ricettive del soggetto, agli occhiali che il soggetto possiede, egli vede gli oggetti in un modo piuttosto che in un altro, nello specifico attraverso le forme di spazio e tempo, che sono appunto forme soggettive che “inquadrano” gli oggetti percepiti appunto in uno spazio e in un tempo. Questi ultimi non sono proprietà degli oggetti, ma del soggetto che li conosce.

17 Le forme che noi possediamo
Ora, s’è visto che noi possediamo già delle forme in cui inquadriamo la realtà degli oggetti intorno a noi – ossia dei fenomeni con cui entriamo in contatto - e che ci permettono di stabilire qualcosa di questi oggetti in modo universalmente valido, giacché tali forme sono possedute dalla mente umana in quanto tale, e pertanto da tutti gli uomini. Tali forme sono a priori cioè non provengono dall’esperienza, ma la rendono possibile come condizioni già presenti in noi affinché possiamo avere una qualsiasi esperienza.

18 Intuizione e pensiero Le forme a priori sono di due tipi. Esse ci consentono di intuire gli oggetti, cioè di coglierli sensibilmente (cfr la Dissertazione del 1770) ma anche di pensarli, cioè di elaborare dei giudizi sulla base delle intuizioni che ne abbiamo avuto. In sostanza la conoscenza procede per gradi: Prima dobbiamo percepire con i sensi un oggetto. Ma quando percepiamo con i sensi un oggetto, noi immediatamente lo inseriamo nelle forme a priori di spazio e tempo. Non è possibile cogliere il tavolo, un prato, un altro uomo senza già vederli in uno spazio e in un tempo. Non appena mi trovo di fronte ad un oggetto, io ho la precisa sensazione che tale oggetto occupa uno spazio e che lo percepisco ora. Questo è un modo di intuire la cosa e avviene prima di ogni affermazione che posso formulare sull’oggetto in questione. Poi possiamo dire qualcosa circa l’oggetto che abbiamo percepito: diciamo che è X o Y, leggero o pesante, bianco o verde, grande o piccolo, che possiede determinate caratteristiche, che si muove ad una certa velocità, che se lo gettiamo dalla finestra cade, che non è un altro oggetto, che appartiene ad una classe di oggetti ad esso simili etc. Tutti questi giudizi sono modi di pensare l’oggetto.

19 Estetica trascendentale e logica trascendentale
Quando Kant nella Critica della ragion pura parla del modo con cui noi intuiamo gli oggetti, lo fa nella sezione dell’opera chiamata ESTETICA TRASCENDENTALE: estetica viene da aisthesis = sensazione, e allude al fatto che si parla di una dottrina che riguarda il modo con cui noi percepiamo gli oggetti con i nostri cinque sensi. Quando il nostro filosofo tratta del modo di pensarli lo fa nella sezione chiamata LOGICA TRASCENDENTALE: logica viene da logos = pensiero e allude alla trattazione di tutto ciò che riguarda il nostro pensiero.

20 Perché “trascendentale”?
Kant dice:“Chiamo trascendentale ogni conoscenza che si occupa non di oggetti, ma del nostro modo di conoscere gli oggetti in quanto essa deve essere a priori”. Trascendentale è quindi tutto ciò che riguarda il soggetto e le sue forme a priori, cioè le strutture universali di cui egli si serve per conoscere la realtà e, più in generale, per entrare in una qualche relazione intellettuale con essa. Ciò che è trascendentale si contrappone a ciò che è empirico, ossia a tutto quanto appartiene ai singoli uomini come caratteristica del loro essere particolare, legato alla loro individualità e corporeità.

21 Trascendentale e trascendente
“Trascendentale” non va confuso con “trascendente”. Trascendente è un termine tipicamente metafisico e indica ciò che trascende la nostra realtà, che sta fuori dal mondo e ne rappresenta, nella speculazione filosofica e teologica, il fondamento ultimo (per esempio il Dio biblico, o il mondo delle idee platoniche). Il termine “trascendente” si contrappone al termine “immanente”: ciò che è trascendente va oltre la realtà, ciò che è immanente “sta dentro”, appartiene a questo mondo.

22 Estetica trascendentale
Abbiamo visto che gli oggetti prima ci devono essere dati (in un’intuizione sensibile) e poi possono essere pensati. L’estetica trascendentale si occupa appunto del modo in cui gli oggetti ci sono dati ai sensi. Essi ci sono dati nella SENSAZIONE, cioè l’azione che l’oggetto produce sui sensi del soggetto modificandolo Ciò è reso possibile dal fatto che l’uomo possiede una SENSIBILITÀ, cioè una capacità di ricevere sensazioni. Quando un oggetto entra in contatto con i sensi, grazie alla sensibilità umana si produce un’INTUIZIONE cioè una prima forma di conoscenza immediata dell’oggetto in quanto fenomeno.

23 Materia e forma nell’intuizione
Nell’intuizione del fenomeno vi è una materia, cioè la modificazione materiale prodotta dall’oggetto nei nostri sensi e una forma, in cui il soggetto, grazie alle sue strutture a priori, organizza i singoli dati sensoriali, e li colloca nello spazio e nel tempo (tali strutture infatti vengono chiamate forme a priori dell’intuizione sensibile). Esse sono pure, cioè sono come dei vasi vuoti che accolgono la materia della sensazione e la sistemano spazialmente e temporalmente.

24 Spazio e tempo Lo spazio è per Kant è il modo cui deve sottostare la rappresentazione degli oggetti esterni. Ogni oggetto esterno a noi deve essere rappresentato come collocato in uno spazio. Così tutte le cose che noi cogliamo con i sensi ci appaiono le une accanto alle altre nel loro spazio. Il tempo, dice Kant, è la forma del senso interno. Per senso interno si intende ciò che ci permette di cogliere i nostri stati interiori, quello che succede dentro di noi, laddove il termine “succede” ci introduce proprio al fatto che noi cogliamo i nostri stati interiori come gli uni successivi agli altri. Tuttavia, siccome le cose esterne vengono comunque interiorizzate nel momento in cui le percepiamo e ce le rappresentiamo interiormente, esse si dispongono parimenti in una successione temporale. Così anche lo spazio ci è dato interiormente nel tempo, in modo che il tempo si configura come “l’intuizione pura di tutti i fenomeni”, la forma fondamentale attraverso cui noi percepiamo tutto ciò che è possibile percepire.

25 Dall’estetica alla logica
Nell’estetica trascendentale Kant ha stabilito quali siano le forme a priori dell’intuizione cioè come gli oggetti ci siano dati spazialmente e temporalmente, in modo che i dati sensoriali non siano più dati sparsi, ma già con una loro iniziale unità. Infatti spazio e tempo ci permettono di cogliere non una semplice collezione di linee rette, curve, punti, masse, e le loro caratteristiche come se fossero elementi sparpagliati e senza un nesso (ci capiterebbe infatti così se le nostre sensazioni non avessero una “forma”) ma elementi che stanno in un dato ordine spaziale e in una data successione temporale. Ora bisogna capire come i fenomeni che ci sono dati nella sensazione vengano pensati, cioè bisogna esplicitare come noi stabiliamo dei nessi tra i suddetti elementi e delle leggi che governano i fenomeni che, pensando, noi impariamo a distinguere e a conoscere. Questo è il compito della logica trascendentale.

26 Logica formale e trascendentale
La logica che studia Kant essere la scienza con cui noi cerchiamo di capire come funziona la nostra conoscenza della realtà. Questa conoscenza inizia inevitabilmente con le intuizioni sensibili. Da queste non si può prescindere. Ogni nostro concetto parte dall’intuizione di un oggetto. Essa gli fornisce il materiale con cui pensare. Pensare qui non è altro che “gestire” il materiale fornito dall’intuizione. Che cosa potrebbe pensare una persona, infatti, se non avesse “niente” da pensare? Per questo Kant dice che concetti senza le intuizioni sarebbero vuoti. Pertanto la logica di Kant studia il pensiero, ma non solo il suo modo di collegare i concetti (come in Aristotele), secondo alcuni principi esclusivamente formali (non contraddizione, terzo escluso etc.), ma il suo modo di “capire”, cioè di “concepire” le cose, di comprendere effettivamente la realtà, anche se qui si parla di una realtà qualsiasi, cioè non di una singola cosa empirica, non del contenuto di un singolo pensiero che è rivolto ad una singola cosa, ma di come il pensiero in generale pensa la realtà in generale, di qualsiasi natura essa sia. Per tale motivo la logica è qui definita trascendentale.

27 L’analitica trascendentale
La logica trascendentale è divisa in due parti: analitica e dialettica. La prima descrive e deduce le categorie in base alle quali noi pensiamo la realtà (vedremo or ora quale sia il significato del termine “categoria”). La seconda ci introduce a quel modo di pensare tipico della metafisica, in cui l’intelletto umano trascende i suoi limiti e incorre in alcuni errori necessari, cioè applica le sue strutture conoscitive a oggetti di cui non vi è alcuna intuizione sensibile.

28 L’intelletto e la sua funzione sintetica 1
Chi pensa? L’intelletto umano che ha delle strutture a priori, cioè dei suoi propri modi di funzionare. Queste strutture sono i concetti. Essi ci permettono di unificare il molteplice dell’intuizione spazio temporale e di generare così una sintesi (= unione). Questa sintesi-unione è un pensiero che ci permette di dire qualcosa di qualcos’altro (X è Y) cioè di unire un dato predicato ad un dato soggetto.

29 L’intelletto e la sua funzione sintetica 2
In sostanza accade che le intuizioni ci forniscono ancora un materiale grezzo, una serie molteplici di dati. Questi dati vanno unificati altrimenti non si saprebbe mai che cosa effettivamente conosciamo (“Le intuizioni senza concetti sono infatti cieche”, dice Kant). Che cosa ci permette di dire che x, y, z costituiscono una cosa che esiste fuori di noi? Il fatto che noi abbiamo la capacità di unire x, y, z stabilendo dei nessi tra questi dati in modo che assieme ci si presentino con le caratteristica di una cosa che esiste. Questa funzione unificatrice (sintetica) è propria dell’intelletto umano.

30 Concetti empirici e… L’unificazione del molteplice dell’intuizione in un concetto può avvenire in due modi. Il concetto può essere legato strettamente al materiale dell’intuizione e permetterci di collegare le varie intuizioni in modo da farci comprendere che abbiamo di fronte una cosa piuttosto che un’altra. Per esempio, se io ho una serie di intuizioni che sono spazialmente e temporalmente definite in modo omogeneo mi faccio il concetto di una cosa. Se io in un bosco ho l’intuizione di un forma cilindrica generalmente marrone, che si dirama e cresce e le cui estremità sono sottili, estese, venate, generalmente verdi, mi faccio il concetto di un albero. Qui ho semplicemente unito una serie di dati dell’intuizione, ottenendo un’immagine di QUESTO albero che più o meno può concordare con altre immagini di altri alberi che incontrerò fra poco. Questo concetto, come si vede è tratto dall’esperienza ed è strettamente legato ad essa: in termini kantiani è una sintesi che rientra nell’esperienza o è mutuata da essa. Per questo Kant la chiama concetto empirico ossia, diremmo, una semplice immagine mentale di una cosa.

31 …concetti puri Diverso è il caso in cui di un determinato fascio di dati dell’intuizione voglia stabilire delle precise leggi di connessione universali e necessarie. Qui non mi fermerò alla semplice immagine di ciò che ho di fronte, - singolare ed empirica, benché comparabile con altre immagini simili - ma dovrò utilizzare strumenti diversi. Farò quindi appello ad alcune mie risorse mentali che mi permettono di PENSARE l’oggetto in modo più esatto, più valido in generale e certo. Queste mie risorse sono il mio personale «software» che contiene modi peculiari di capire e gestire i dati secondo piccoli «programmi» che Kant chiama sostanza, causa, necessità, esistenza etc.

32 Concetti puri 2 Questi programmi o, come dice Kant concetti puri, o ancor meglio categorie non hanno un immediato corrispettivo nell’esperienza sensibile (non c’è qui una causa davanti a me, come ci potrebbe essere un albero), ma permettono di stabilire delle connessioni profonde e delle leggi fra i diversi dati della mia intuizione. Mi permettono di dire, cioè, che – per esempio - l’oggetto della mia esperienza procede da un altro oggetto (causa) oppure che è realmente esistente e non solo immaginato (esistenza), che è una sostanza che permane al variare delle caratteristiche accidentali, che deve essere così e non può essere altrimenti (necessità). In definitiva i concetti puri mi permettono di stabilire delle leggi valide universalmente su tutto ciò che è oggetto della mia intuizione sensibile.

33 Esempio (ad usum delphini). l’albero in senso scientifico
Un albero è un’intuizione spazio-temporale di una serie di dati (forma cilindrica e colore del tronco, diramazioni, foglie etc.) connessi in modo tale da poter attribuire ad esso delle caratteristiche universali, solo così si ha una sua definizione di carattere scientifico. In tal caso si può dire che L’albero esiste come oggetto che possiede costantemente determinati caratteri e accidentalmente altri; L’albero esiste come oggetto rientrante in una classe di oggetti che hanno caratteri simili e che hanno relazioni simili con altri oggetti (la terra, l’aria, gli altri esseri viventi), L’albero è sottoposto a leggi fisiche e chimico biologiche secondo precise condizioni di causa-effetto. Tutte queste caratteristiche, una volta determinate, valgono per questo albero e per tutti gli altri oggetti (alberi) della medesima classe.

34 Le categorie come leggi della mente
I concetti puri sono chiamati da Kant “categorie”. Esse sono leggi della mente, non degli enti, cioè strutture a priori, meccanismi mentali che ci permettono di fare determinate operazioni e che si applicano ai dati della sensibilità, non proprietà delle cose sensibili. Quindi, per esempio, tra due oggetti – due palle da biliardo in movimento – non si dà la realtà assoluta (noumeno) di una palla che sia causa del movimento di un’altra, si dà invece una mente che, avendo l’intuizione dello scontro tra le due palle, stabilisce, attraverso la categoria di causa che già possiede a priori dentro di sé, che l’una è causa del movimento dell’altra (comprendendo secondo la nozione di causa la relazione tra i due fenomeni che appaiono alle sue facoltà conoscitive).

35 La deduzione delle categorie
Quali e quante sono le categorie? Pensare per Kant è elaborare dei giudizi, delle valutazioni sulla realtà. Vi sono diversi tipi di giudizi: è diverso dire X è Y (es. “il cielo è nuvoloso”) oppure se accade X accade anche Y (es. “se accade che il cielo è nuvoloso, accade anche che non si vede il sole”). Ebbene Kant raduna in classi i diversi tipi di giudizi possibili e assegna ad ogni classe una specifica categoria, perché è proprio grazie ad una categoria che possiamo elaborare un giudizio, una valutazione sulla realtà. Se infatti non avessimo dentro di noi la funzione di unificare i dati delle intuizioni propri di quella categoria, non potremmo nemmeno formulare il giudizio (se non avessimo dentro di noi la funzione di causa, non potremmo dire che il movimento di una palla da biliardo genera, cioè è causa, del movimento di un’altra).

36 Forme di pensiero Quindi Kant dice “Poiché pensare è giudicare vi saranno tante forme di pensiero quanti sono i modi del giudizio”. Essi sono dodici, come nella tabella seguente.

37 Tavola dei giudizi e delle categorie
Universali (tutti gli A sono b) Totalità quantità Particolari (alcuni A sono B) Pluralità quantità Singolari (questo A è B) Unità quantità Affermativi (A è B) Realtà qualità Negativi (A non è B) Negazione qualità Infinito (A è non B cioè le infinite cose che non sono A sono B) Limitazione qualità Categorici (A è B) Inerenza e sussitenza (accidente e sostanza) relazione Ipotetici (se A, allora B) Causalità e dipendenza (causa ed effetto) relazione Disgiuntivi (A è B oppure C) Reciprocità (azione reciproca tra agente e paziente) - relazione Problematici (A può essere B) Possibilità-impossibilità - modalità Assertori (è reale che A è B) Esistenza-inesistenza --- modalità Apodittici (è necessario che A sia B) Necessità-contingenza - modalità

38 Come deve essere un oggetto per essere un oggetto?
La dottrina delle categorie risponde a questa domanda: “Nelle categorie si ritrovano i caratteri generali che ciascun oggetto deve possedere per essere conosciuto appunto come oggetto: deve essere unità di un molteplice (le sue varie caratteristiche) e quindi porsi come totalità; deve essere qualificato nel suo limite come ciò che possiede determinati attributi e ne esclude altri; deve essere considerato come una sostanza nei suoi rapporti causali e di relazione reciproche con altre sostanze; deve essere considerato come possibile, o effettivamente esistente o necessario. Perciò la funzione sintetica dell’intelletto non è solo un atto formale della mente, ma è il processo mentale attraverso cui si costituisce l’oggetto come oggetto di conoscenza” (E. Occhipinti, Uomini e idee, Einaudi-Mondadori Education, Milano, 2010, p. 634).

39 L’io penso Le categorie vanno applicate al materiale delle intuizioni. Abbiamo sempre dato per scontato che il soggetto conoscente ha delle intuizioni e applica delle categorie, ma in effetti non è cosa poi così scontata, cioè richiede una specifica facoltà. Infatti le intuizioni sarebbero sparse e scompagnate senza le categorie, ma anche senza un soggetto a cui tutte si riferissero. Cioè: quando conosco un oggetto io devo sapere che tutto ciò che percepisco è una MIA percezione, tutte le intuizioni si riferiscono all’oggetto, ma anche ad un soggetto che è colui che sta conoscendo. Quindi ad ogni intuizione e ad ogni pensiero di deve accompagnare la rappresentazione di un Io che sta percependo e pensando e che permane lo stesso in ogni intuizione e pensiero. Questo è l’IO PENSO. Si tratta di una funzione, cioè della capacità di unire e riferire ad un soggetto tutto ciò che si conosce. Non è quindi una sostanza (l’anima o la coscienza), ma un meccanismo della mente che svolge un determinato compito.

40 L’unità sintetica dell’appercezione
L’Io penso è per Kant l’unità sintetica dell’appercezione, cioè è quella rappresentazione mentale che sa in ogni atto conoscitivo che è un soggetto che percepisce. “Appercezione” in Leibniz era quella percezione di una percezione che caratterizzava le monadi spirituali, cioè quel “sapere di sé” che non era solo un percepire, ma un percepire di percepire. Come quando noi non solo vediamo qualcosa che ci sta di fronte (lo percepiamo), ma sappiamo che lo stiamo vedendo (percepiamo che stiamo percependo l’oggetto che ci sta di fronte). Allo stesso modo l’io penso rende consapevole il soggetto che tutto ciò che percepisce è lui stesso che lo sta percependo, e che dunque tutti gli oggetti conosciuti sono conosciuti da un medesimo (unico, unitario) soggetto. Quest’ultimo opera lui la sintesi di tutti i dati percettivi, li mette assieme attraverso le forme a priori dell’intuizione e le categorie, ed è quindi il protagonista di tutto ciò che riguarda la conoscenza.

41 Come le categorie si applicano all’oggetto: la sussunzione del molteplice
Ora Kant nella sezione chiamata “analitica dei principi” esamina il modo in cui le categorie di applicano ai fenomeni, per permetterci di fare delle affermazioni universalmente valide su di essi, cioè delle affermazioni scientifiche. L’applicazione delle categorie ai fenomeni e descritta da Kant come una SUSSUNZIONE del molteplice dell’intuizione sotto categorie. Sussunzione= atto del prendere sotto, prendere dentro. E’ come se le categorie “risucchiassero” dentro di sé tutti i dati dell’intuizione e dessero loro un forma, un ordine, in modo appunto da poter affermare qualcosa di sensato e valido su questi dati.

42 Lo schematismo trascendentale
Che cosa permette, come è possibile tale sussunzione? Proviamo a descrivere il processo partendo dalle categorie. Prendiamone ad esempio quattro di esse Sostanza Causa effetto Azione reciproca Realtà

43 Lo schematismo trascendentale 2
Come può essere pensata la sostanza? Come una permanenza nel tempo. Ciò che permane nel tempo al di là del mutare dei diversi accidenti (cioè delle qualità che non sono fondamentali per distinguere un oggetto da un altro e per dire esattamente che cosa sia quell’oggetto) è la sostanza di un oggetto. Per esempio A sostanza Kant non è determinata dal suo essere alto o basso, biondo o moro, ricco o povero, ignorante o colto. Infatti se Kant da ignorante diventa colto, possiamo dire che è Kant ad esserlo diventato, cioè è lo stesso Kant ad essere passato da uno stato ad un altro. La sostanza Kant è rimasta la stessa e sono mutate alcune sue caratteristiche. Ora se noi non potessimo capire che in ciò che muta c’è qualcosa che permane e che mi permette di dire che è quello stesso qualcosa che ha assunto via via caratteri diversi, non potrei capire nulla della natura. Bene per capire che c’è una sostanza Kant, devo avere l’idea di una permanenza nel tempo.

44 Lo schematismo trascendentale 3
La causa come può essere pensata? C’è causa dove c’è qualcosa che provoca qualcos’altro, e questo “qualcos’altro” (l’effetto) viene dopo. Bene, se io non avessi l’idea di una successione nel tempo, non potrei mai formarmi il concetto di causa. Come può essere pensata l’azione reciproca? Quando due oggetti si influenzano reciprocamente (cfr. terzo principio della dinamica) non posso capire l’azione che uno fa sull’altro e che nello stesso tempo il secondo esercita sul primo, senza avere l’idea di una simultaneità nel tempo. E la realtà come può essere pensata? Ciò che è reale è ciò che esiste effettivamente in un dato tempo. Nulla di reale può essere fuori dal tempo che gli è stato assegnato. Se Carlo magno è stato reale, ha vissuto tra VIII e IX sec., se Napoleone è stato reale, ha vissuto tra XVIII e XIX secolo, se la mia Opel corsa è reale, è qui, e la uso nel Dunque la categoria di realtà non può essere pensata senza l’idea di esistenza in un determinato tempo.

45 Lo schematismo trascendentale 4
Ebbene queste idee: permanenza nel tempo, successione nel tempo, simultaneità nel tempo, esistenza in un determinato tempo, sono SCHEMI (nel senso di figure, immagini paradigmatiche) con cui una specifica facoltà dell’intelletto, l’immaginazione produttiva, crea dei modelli per applicare le categorie ai dati dell’intuizione. Essi permettono alle categorie di funzionare concretamente sui dati dell’intuizione, perché l’intuizione nel tempo sia pensata attraverso dei concetti che abbiano alla loro base il tempo stesso. Infatti le intuizioni colgono i dati sensoriali attraverso la forme a priori di spazio tempo, in cui, come si è già visto, la seconda, il tempo, ha rilevanza fondamentale. Gli schemi hanno quindi la proprietà di “temporalizzare” le categorie, cioè di tradurle in idee che siano simili al modo in cui noi intuiamo la realtà, così da rendere omogenea la categoria con l’intuizione e garantirne la piena applicabilità.

46 esempio E’ come se io avessi solo degli euro per pagare una merce americana. Dovrei tradurre il costo della merce (espresso in dollari) nella corrispondente moneta europea. Quindi mi servirebbe avere l’idea di quale sia il valore di cambio (a quanti dollari corrisponde un euro). Ora in Kant l’uomo ha a disposizione solo euro (categorie) per capire dati espressi in dollari (intuizioni temporali) e ha bisogno di un valore di cambio (una rappresentazione intermedia tra intuizioni e categorie, lo schema), per poter comprare la merce (cioè conoscere oggetti intuiti attraverso le categorie).

47 Dopo gli schemi: il funzionamento delle categorie
Gli schemi permettono l’uso legittimo delle categorie, cioè quell’uso che le applica ai fenomeni, sussumendo il molteplice dell’intuizione sensibile entro un concetto. Ma in che modo le categorie funzionano nella loro applicazione una volta che il suo funzionamento sia stato consentito dall’immaginazione produttiva che elabora gli schemi?

48 I principi puri dell’intelletto o regole dell’uso oggettivo delle categorie
Essi sono giudizi assolutamente superiori che l’intelletto formula in base agli schemi trascendentali a priori. I principi sono asserzioni fondamentali sulla realtà, pronunciabili prima di ogni esperienza possibile: essi rappresentano l’ultimo livello della costituzione dell’esperienza della teoria trascendentale e costituiscono la vetta costruttiva della critica della ragion teoretica” (O. Hoeffe, Immanuel Kant, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 125).

49 Che cosa sono i principi puri dell’intelletto
Insomma, ora nella Critica della ragion pura abbiamo 1)Forme a priori dell’intuizione, e categorie dell’intelletto 2) Schemi trascendentali che consentono alle categorie di essere applicate all’intuizione. Che cosa manca? Manca l’esibizione di come effettivamente attraverso le categorie noi andiamo a costruire una scienza della natura, cioè dei giudizi sintetici a priori che concretamente ci guidano nella lettura scientifica di ciò che avviene attorno a noi. Insomma mancano quelle regole generali che, sulla base delle categorie enunciano a priori i modi in cui noi siamo obbligatoriamente chiamati ad interpretare i fenomeni, se vogliamo fare scienza e non altro.

50 Legge e ordine I principi puri dell’intelletto ci danno il concreto ordine dell’uno accanto all’altro (spazio) e dell’uno dopo l’altro (tempo) con cui noi uniamo in un concetto il molteplice dell’intuizione sensibile. Nell’intuizione i dati sensoriali sono l’uno accanto all’altro e l’uno dopo l’altro, ma come, secondo quali leggi i fenomeni si collocano nello spazio e nel tempo? Quali sono le relazioni dinamiche universalmente valide tra gli elementi dell’esperienza (cfr. E. Cassirer, Vita e dottrina di Kant, La Nuova Italia, Firenze, 1994, pp )? Quali sono le leggi fondamentali che presiedono all’ordine dei nostri dati d’esperienza, così come viene delineato dalle categorie?

51 Categorie e principi Per ogni gruppo di categorie vi sono alcune regole dell’ordine tra i dati d’esperienza, cioè alcuni principi che vengono così indicati da Kant. Quantità – assiomi dell’intuizione Qualità – anticipazioni della percezione Relazione – analogie dell’esperienza Modalità – postulati del pensiero empirico (notiamo che intuizione, percezione, esperienza e pensiero empirico in generale, sono tutte tappe della conoscenza che procede dall’intuizione e arriva a formulare un pensiero empirico generale)

52 Principi matematici e dinamici
Assiomi e anticipazioni sono principi matematici, cioè dimostrano l’imprescindibilità della matematica nella costruzione di una scienza della natura; analogia e postulati vanno oltre la matematica, ed elaborano una dottrina del rapporto, tra loro e con il soggetto conoscente, delle cose e degli oggetti naturali. I primi ci danno gli oggetti nella loro identità di corpi naturali, i secondi gli oggetti così come si comportano nel sistema della natura, nel mondo naturale che regolato da quelle leggi che gli uomini individuano a priori, cioè grazie al loro pensiero.

53 Assiomi dell’intuizione
Gli assiomi dell’intuizione complessivamente ci dicono che tutte le intuizioni sono quantità estensive. Non esiste alcun oggetto in natura che io non colga come un corpo esteso nello spazio che non possa misurare quantitativamente sommando nel tempo le sue parti. Io tra le mie intuizioni colgo sempre qualcosa di omogeneo a qualcos’altro. Per esempio le pagine del mio libro sono omogenee alle altre pagine. Tutte assieme formano l’oggetto “libro” che si distingue dall’oggetto tavolo disomogeneo rispetto al libro. In base a questa intuizione di omogeneità io posso misurare matematicamente lo spazio occupato dal libro sul tavolo, e in generale la grandezza del libro, il suo peso etc., quindi farmene un concetto scientifico. Questo vale per tutti gli oggetti, quando i dati che mi provengono da loro sono sussunti sotto le categorie della corrispondenti alla quantità.

54 Anticipazioni della percezione
Esse complessivamente ci dicono che “in tutti i fenomeni il reale che è oggetto della sensazione ha una quantità intensiva cioè un grado”. Quantità intensiva significa che io posso misurare l’intensità delle mie percezioni soggettive. Distinguendo nella sensazione di freddo diversi gradi di freddo io posso misurare diverse temperature. Quindi dall’affermazione generica “fa freddo” io posso giungere all’affermazione scientifica “ci sono 7 gradi centigradi in un dato ambiente”. Così è per le variazioni della velocità di un corpo, o dei suoi colori. Le anticipazioni ci permettono di quantificare aspetti qualitativi della realtà sul presupposto che tutti i mutamenti in natura avvengano in modo continuo (natura non facit saltus) giacché proprio la continuità del mutamento in uno stesso corpo è indice che si tratti proprio di quel corpo che muta e non dell’accostamento di due corpi diversi.

55 Analogie dell’esperienza
Le analogie sono le proporzioni (secondo il modo di intendere il termine analogia in voga all’epoca di Kant) cioè il modo in cui i singoli fenomeni stanno in rapporto fra loro nello spazio e nel tempo. L’analogia è dunque una proporzione tra le percezioni dei fenomeni, ossia il rapporto delle percezioni fra loro. Si tratta qui di nozioni che ci permettono di formulare vere e proprie leggi naturali e dunque di concepire nella sua completezza una scienza.

56 Permanenza, successione simultaneità
Nel fascio di percezioni che noi abbiamo, a priori sempre rinveniamo: 1) qualcosa di mutevole in rapporto a qualcosa di permanente (permanenza nel tempo). Quest’ultima chiamiamo SOSTANZA, mentre ciò che muta sono gli ACCIDENTI. Ciò permette di formulare importantissime leggi fisiche come la prima legge newtoniana della meccanica, secondo cui in tutti i mutamenti della natura corporea la quantità di materia rimane invariata. 2) qualcosa di successivo rispetto a qualcosa di antecedente, cioè un effetto rispetto ad una causa (successione nel tempo). Ogni mutamento è la rappresentazione di una successione di fenomeni che non può essere arbitraria. Se piove e poi mi bagno, non può funzionare al contrario, giacché l’evento antecedente non è considerato, nella scienza della natura, un semplice “prima”, ma un “perché”. 3) qualcosa di reciproco tra due fenomeni in cui il primo è causa, ma interagendo con il secondo, ne risulta anche l’effetto, a motivo di un’azione che i due fenomeni producono reciprocamente su loro stessi (simultaneità). La legge di gravitazione è un tipico esempio di questa azione reciproca, per cui le masse dei corpi si influenzano reciprocamente e la loro posizione nello spazio è determinata da tale reciproca influenza.

57 I postulati del pensiero empirico
Oramai l’oggetto è costituito grazie ai principi matematici. Le relazione tra gli oggetti si possono individuare grazie alle analogie dell’esperienza. Che cosa manca? Manca la possibilità, una volta che si devono indagare dei fenomeni, di stabilire se essi siano possibili, reali, o necessari. Si tratta del modo in cui gli oggetti si determinano alla luce delle nostre facoltà conoscitive, cioè appunto della capacità che io ho di dire se gli oggetti che sto pensando sono solo possibili, senza essere qui ed ora; se sono effettivamente esistenti di fronte a me; oppure se, una volta dichiarata l’esistenza io devo dire che non può essere altrimenti. Gli oggetti possibili sono in accordo con le condizioni formali dell’esperienza, cioè sono posti sotto le forme a priori di spazio tempo e pensati in concetti. Gli oggetti reali sono in accordo anche con le condizioni materiali della conoscenza, cioè di essi vi è una sensazione, ne colgo l’aspetto materiale e individuale con i miei sensi (è qui, presente in carne e ossa). Ciò che è necessario è un fatto reale che io scopro in accordo con le condizioni universali dell’esperienza e dunque con le leggi naturali della scienza, cioè insomma è dato come conseguenza di una legge universale, dunque non può essere altrimenti.

58 Verso la dialettica trascendentale
A conclusione dell’analitica dei principi, Kant ricorda che l’intelletto che conosce la realtà, lo fa solamente in rapporto a fenomeni intuiti o intuibili sensibilmente. Forme a priori dell’intuizione e categorie danno forma e ordine ai fenomeni cioè permettono di comprenderli scientificamente e universalmente senza dover far ricorso all’esperienza (infatti essi sono nel soggetto). Tuttavia essi obbligatoriamente si applicano al mondo sensibile, da cui deriva tutto il materiale della conoscenza. L’intelletto non può conoscere le intelligenze angeliche, perché di esse non vi è alcuna intuizione: può conoscere solo fenomeni, cioè oggetti con cui ha intrattenuto rapporti tramite i sensi e di cui ci spiega come essi appaiono universalmente alla nostra facoltà di conoscenza a priori. I noumeni - le cose come sono in sé, o gli oggetti solamente pensabili - rimangono fuori da ogni esperienza possibile e quindi non sono oggetto di conoscenza.

59 La dialettica trascendentale
Quando l’intelletto tenta di andare oltre l’esperienza sensibile cade in una serie di errori necessari perché applica le proprie categorie a oggetti di cui non vi è alcuna intuizione sensibile. Dunque le categorie rimangono senza il materiale sensibile su cui lavorare. Ergo i concetti elaborati in questo frangente rimangono vuoti e privi di qualsiasi valore conoscitivo. Lo studio di questo abbaglio dell’intelletto viene da Kant chiamato dialettica perché le affermazioni che qui si generano hanno la parvenza della verità e, secondo lui, gli antichi chiamavano dialettica “l’arte sofistica di dare alla propria ignoranza, e addirittura alle proprie deliberate illusioni, l’aspetto della verità”. Perciò la logica dialettica è da Kant individuata come appunto una logica della parvenza.

60 Naturale tendenza all’errore dialettico
L’intelletto, quando oltrepassa i suoi limiti, si chiama ragione e i concetti da esso coniati sono idee di ragione, le quali appunto non hanno alcun contenuto intuitivo. La ragione è una facoltà umana specifica perché vi è nell’uomo la naturale tendenza ad oltrepassare i limiti dell’uso legittimo dell’intelletto. Infatti nell’uomo è naturale la voglia di giungere ai fondamenti ultimi assoluti della realtà. Per esempio nella ricerca delle cause egli vorrà trovare la causa prima e incondizionata di tutto il reale, solo che di questa causa prima non vi è traccia nel mondo sensibile, poiché in esso le cause sono in una serie infinita e concatenata in modo che tutto si condiziona reciprocamente. Il concetto di una causa prima fondamentale quindi non ha alcun corrispettivo oggettivo, e quindi è vuoto. Di qui l’infinita possibilità di argomentare su tale concetto – o idea di ragione – senza giungere mai ad un accordo perché manca il criterio di verità scientifico nell’intuizione sensibile.

61 Le idee di ragione e la loro deduzione
Come le categorie dell’intelletto sono dedotte dai giudizi, le idee di ragione sono dedotte dai sillogismi. I giudizi sono affermazioni circa la realtà che noi intuiamo sensibilmente, i sillogismi sono invece ragionamenti che sulla base della sola non contraddittorietà, piano piano intendono arrivare a conclusioni incondizionate che non sono controllabili scientificamente.

62 Sillogismi categorici e idea di anima
I sillogismi categorici: tutti gli X sono Y tutti gli Y sono Z tutti gli X sono Z Essi mettono in relazione le rappresentazioni in modo da definirne la sostanza rispetto agli accidenti. Quando io dico “Tutti gli X sono Y” sto definendo una relazione tra X sostanza e Y accidente. Ora in tale relazione, la dialettica ricerca attraverso una serie concatenata di ragionamenti una sostanza assoluta, il soggetto, che è a fondamento di tutte le predicazioni e che non può essere a sua volta predicato. Cioè quell’X assoluto che in modo aristotelico è alla base di tutte ciò che si può dire. Tale soggetto sarà l’anima, ossia una sostanza individuale che costituisce l’essenza del soggetto conoscente è la cui esistenza è incondizionata, cioè non è sensibile, e che tuttavia è il fondamento della vita sensibile e di tutti gli atti conoscitivi degli uomini.

63 Sillogismi ipotetici e idea di mondo
Il modello dei sillogismi ipotetici è il seguente: se A è B e B è C allora A è C Qui le prime due premesse sono formulate in modo ipotetico, evidenziando il fatto che se io le pongo ne discende necessariamente la conclusione. Così la conclusione appare in modo particolarmente evidente come causata dalla posizione delle premesse. I sillogismi ipotetici ricercano una totalità di fenomeni dai quali discenderebbero tutte le manifestazioni particolari della realtà, cioè un mondo, un universo considerato in sé, che sarebbe l’edificio nel quale tutti i fenomeni della realtà abitano.

64 I sillogismi disgiuntivi e l’idea di Dio
Il modello del sillogismo disgiuntivo è il seguente: o Alfa o Beta ma Alfa dunque non Beta. Anche qui bisogna porre attenzione sul tipo di relazione che il sillogismo istituisce fra i suoi elementi. Tale sillogismo mette in relazione Alfa e Beta in modo che la presenza o la mancanza dell’uno genera la mancanza o la presenza dell’altro. Così essi appaiono in un rapporto di reciprocità, cioè si influenzano a vicenda. Ora tale sillogismo può esser considerato un modello che cerca in una catena di ragionamenti il fondamento incondizionato di tutti i fenomeni che sono in relazione tra loro, tolto il quale non esiste più nessuna relazione perché non vi sono più fenomeni. Questo fondamento è l’idea di Dio.

65 Idea psicologica, cosmologica teologica
Le idee di ragione, che hanno caratterizzato tutta la metafisica fino a Kant e sulla cui base i metafisici come Wolff avevano suddiviso la filosofia, sono quindi cosi classificabili: Idea psicologica di anima: idea di un soggetto sostanziale fondamento di tutte le predicazioni. Essa dà luogo alla disciplina metafisica chiamata psicologia razionale Idea cosmologica di mondo: idea di una totalità di fenomeni da cui tutti i particolari discenderebbero. Essa dà luogo alla disciplina metafisica chiamata cosmologia razionale Idea teologica di Dio: idea di un fondamento assoluto e trascendente di tutta la realtà (è questa l’idea più alta e comprensiva, che Kant chiama ideale della ragione). Essa dà luogo alla disciplina metafisica chiamata teologia razionale.

66 La confutazione della psicologia razionale
La psicologia razionale è caratterizzata da un ragionamento errato che fa dell’io-penso una sostanza e non una funzione. L’idea che esista un’anima allo stesso modo di come esistono le altre sostanze (gli alberi, i sassi i monti, gli uomini in carne ed ossa etc.), la quale coinciderebbe con il soggetto pensante, è data dal fatto che si pensa la condizione di tutti i pensieri, cioè quella funzione conoscitiva, quel meccanismo mentale che permette di unificare tutte le rappresentazioni e attribuirle ad un medesimo soggetto, come se fosse una cosa esistente fra le altre. Ma l’ Io penso non è un oggetto di conoscenza, bensì un modo di funzionare della conoscenza. Esso spiega come le categorie possano essere applicate ad un oggetto, non è un oggetto conosciuto attraverso le categorie. Dunque non si può attribuirgli dei predicati come si attribuiscono predicati alle cose conosciute, cioè in base ad una sintesi a priori, infatti esso è la condizione della sintesi a priori. E’ come se io dicessi che il motore di un auto gira allo stesso modo in cui girano le ruote: no il motore è la condizione affinché le ruote girino ma non gira lui stesso.

67 Confutazione della cosmologia razionale
L’idea di mondo considera i fenomeni come un intero, un tutto metafisico, come un’unità incondizionata. Tuttavia noi dei fenomeni abbiamo una percezione discreta e non totale, nel senso che noi cogliamo sempre relazioni tra le varie parti del mondo e mai il mondo nella sua totalità. Di qui gli errori in cui cade la ragione e che in questo caso consistono in affermazioni antinomiche, ossia nel caratterizzare il mondo con attributi di volta in volta opposti (es. il mondo è finito e il mondo è infinito) tra i quali, non essendovi un’intuizione che dirima la controversia, è impossibile decidersi.

68 Le antinomie della ragione
Vi è una coppia di affermazioni antinomiche per ogni gruppo di categorie: Gruppo di categorie tesi antitesi quantità Il mondo ha un inizio ed è limitato nello spazio Il mondo non ha un inizio nel tempo, né limiti nello spazio, ma rispetto ad essi è infinito qualità Ogni sostanza composta che si trova nel mondo consta di parti semplici ed esiste solo il semplice e ciò che ne è composto Nessuna cosa consta di parti semplici e nel mondo non vi è niente di semplice relazione Vi è nel mondo una causalità libera, oltre a quella regolata da leggi Non c’è nessuna libertà e tutto nel mondo accade secondo le leggi di natura modalità Nel mondo vi è qualcosa che, o come sua parte, o come sua causa, è assolutamente necessario Non c’è un essere necessario né nel mondo, né fuori dal mondo come sua causa

69 Antinomie matematiche e dinamiche
Le prime due antinomie, relative a quantità e qualità, e rispondono a domande circa la determinazione “fissa” (matematica) dell’oggetto-mondo, le seconde implicano un movimento (dinamico) logico che dagli effetti risale alle cause del mondo. Le tesi sono in generale più popolari, hanno un vantaggio pratico e giovano all’etica e alla religione, le antitesi hanno un interesse più speculativo e scientifico. Le tesi sono tipiche del razionalismo dogmatico, le antitesi sono tipiche dell’empirismo. Nelle antinomie matematiche ciascuna affermazione se riferita ai fenomeni è falsa, infatti il mondo non è né finito né infinito, ma la sua conoscenza è discreta e procede da fenomeno a fenomeno senza mai raggiungere la totalità. Nelle antinomie dinamiche ciascuna affermazione potrebbe essere vera senza ciò malgrado entrare in contraddizione con l’altra, perché l’antitesi si riferisce all’ambito dell’esperienza e la tesi all’ambito noumenico. Per esempio è vero nell’esperienza che tutto procede secondo cause, mentre è vero per il noumeno che deve esistere una causa incondizionata cioè libera.

70 Confutazione della teologia razionale
Come detto, l’idea teologica è l’idea di Dio come incondizionato supremo e condizione di tutte le cose. In quanto tale egli è originario, perfetto e trascendente. Il problema, dall’inizio della storia della metafisica è dimostrarne l’esistenza, poiché di questo ente non vi è intuizione. Ma proprio per quest’ultimo motivo tutti i tentativi di dimostrazione falliscono. Kant ne ritrova sinteticamente di tra tipi: la prova ontologica a a priori, la prova cosmologica e la prova fisico teologica a posteriori.

71 La prova ontologica Tale prova risale a S. Anselmo e dice che dal concetto di Dio come ente perfettissimo (ciò di cui non si può pensare un essere maggiore, dice Anselmo) ne deduce l’esistenza, poiché se l’esistenza è una perfezione e Dio è perfettissimo, non può non possedere la perfezione dell’esistere. Per Kant, da un punto di vista trascendentale, una simile deduzione è illegittima. Infatti mentre la deduzione che fa Anselmo partendo dal concetto di Dio è analitica (in Dio è già contenuto il predicato dell’esistenza), in realtà il predicato dell’esistenza implica un giudizio sintetico a priori, come si è visto a proposito delle categorie (cfr. appunto la categoria “esistenza” nel gruppo della modalità). I giudizi sintetici a priori si formulano solo in base ad un’intuizione sensibile secondo le forme a priori di spazio e tempo. MA dell’oggetto Dio non vi è alcuna intuizione. Quindi di Dio non si può affermare l’esistenza (né a rigore la non esistenza).

72 La prova cosmologica Tale prova dice: “Se qualcosa esiste, come si verifica nell’esperienza quotidiana, deve anche esistere un essere assolutamente necessario” come sua causa prima. Nondimeno anche qui il concetto di causa si applica solo ai fenomeni intuiti sensibilmente. Inoltre una volta che io sono risalito a Dio come alla causa incondizionato di tutto ciò che è contingente, devo ancora dimostrare che tale causa esiste effettivamente. Ma questo è impossibile per quanto detto a proposito della prova ontologica.

73 La prova fisico teologica
La prova fisico teologica risale dall’ordine, varietà e bellezza del mondo a Dio come a colui che ha pianificato l’universo e lo ha pensato così come è. Questa prova a rigore dimostra che Dio è un architetto del mondo, cioè è uno che non tanto lo ha creato, quanto lo ha “messo assieme” e ordinato così come oggi ci appare. Per dimostrare che Dio è non solo architetto, ma creatore del mondo e che tutto è a lui sottoposto, bisogna ricorrere prima alla prova cosmologica e poi a quella ontologica, con tutti i problemi che prima si sono visti.

74 Le idee di ragione: una illusorietà non inutile
Le idee di ragione sono dunque il prodotto di una logica della parvenza. Hanno solo l’aspetto della verità, ma la loro verità è in realtà indimostrabile, e tutte le dimostrazioni tentate finora mostrano un qualche errore. Pertanto a prima vista sarebbero da scartare come un semplice errore. Il pensiero di Kant non va in questa direzione. Infatti, riflettendo sulla naturale tendenza dell’intelletto ad oltrepassare i limiti dell’esperienza, Kant giunge a dire che evidentemente tale tendenza, oltre a produrre errori, deve avere un ruolo nella conoscenza.

75 Il ruolo delle idee di ragione
Il ruolo delle idee è quello di stimolare l’intelletto a procedere verso una conoscenza sempre più approfondita del reale facendo baluginare un fine in realtà irraggiungibile, quello di una sua completa esplicazione. “Mediante le idee i concetti e gli enunciati empirici vengono orientati in vista della completezza. L’orientamento ha due direzioni opposte: la massima unità di un tutto coerente secondo leggi necessarie, e la massima estensione rispetto alla molteplicità degli oggetti” (Hoeffe, cit., p. 172). In sostanza l’intelletto umano si comporta COME SE esistesse una sostanza semplice, immutabile e identica (l’anima), COME SE esistesse una totalità dei fenomeni naturali (il mondo) e COME SE esistesse un ente assoluto origine di tutte le cose (Dio). Così facendo è condotto a procedere sempre innanzi nella conoscenza della natura, la quale, a patto che ci si renda conto che non si possono assumere come veri i risultati dei sillogismi dialettici, ne risulta beneficiata e ampliata.

76 Uso regolativo e uso costitutivo
Insomma avendo di fronte a sé le idee di ragione come immagine di una conoscenza come sarebbe se fosse completa, la conoscenza effettiva è spronata a progredire e ad approfondirsi sempre più. Ciò significa che le idee di ragione hanno un uso REGOLATIVO, cioè possono essere una sorta di idea che regola il nostro modo di affrontare i problemi della conoscenza sul livello massimo, sulla massima ambizione possibile. Tale uso si differenzia da quello costitutivo, che è invece proprio delle categorie, le quali sono necessarie a costituire l’oggetto, cioè a pensarlo nella sua vera realtà e secondo le leggi naturali ad esso appropriate (che appunto forniscono all’oggetto la sua identità profonda, cioè lo costituiscono).

77 Le idee di ragione e la Critica della ragion pratica
La funzione delle idee di ragione è importantissima sotto il profilo dell’allargamento delle prospettive della nostra conoscenza, ma il loro ruolo fondamentale si esplica non sul piano della conoscenza degli oggetti, ma su quello morale, cioè delle regole del nostro comportamento. Quando noi ci domandiamo che cosa è giusto fare e non fare, allora l’anima, il mondo e la libertà in esso, e infine Dio assumono una valenza imprescindibile e possono diventare oggetto privilegiato della nostra riflessione. Di tutto ciò Kant parlerà nella seconda critica, dove affronterà questo tipo di problemi.

78 Uno schema della Critica della ragion pura
B) Dottrina trascendentale del metodo (una volta stabilito su che cosa si basa la nostra conoscenza, cioè sulla ragione, si indica come non si deve usare la ragione e come la si debba usare) A) Dottrina trascendentale degli elementi (descrive quali sono gli elementi costitutivi della nostra conoscenza) Disciplina della ragion pura: la ragione filosofica non va usata in senso dogmatico, ma nemmeno in senso scettico o polemico spazio Estetica trascendentale (dottrina della conoscenza sensibile o sensibilità) Canone della ragion pura: usi della ragione che sono efficaci e soddisfano istanze speculative legittime tempo Analitica dei concetti (categorie e Io penso) Analitica trascendentale (tutto ciò che riguarda l’intelletto) Analitica dei principi (schemi e principi puri dell’intelletto) 2) Logica trascendentale (dottrina relativa al nostro pensiero) Dialettica trascendentale (tutto ciò che riguarda la ragione)


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