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SOCIOLOGIA CORSO DI LAUREA IN AMMINISTRAZIONE, GOVERNO E SVILUPPO LOCALE Facoltà di Scienze Politiche I testi che seguono corrispondono a quelli dei lucidi proiettati a lezione, in ordine cronologico. In questo file sono contenute solamente le presentazioni Powerpoint.

2 Docente: Alessandro Mongili
Dipartimento di Ricerche Economiche e Sociali Studio n° 18, I piano (modificato dal 1°-12-06) N° di telefono momentaneamente assente Orario di ricevimento: giovedì dalle alle 14.00

3 SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60 ORE DI LEZIONE FRONTALE
TESTI: Manuale di riferimento: A. Bagnasco, M. Barbagli, A. Cavalli, Elementi di sociologia, Il Mulino, Bologna 2004 € 25,00 I Modulo Peter L. Berger, Thomas Luckmann, La realtà come costruzione sociale, Il Mulino, Bologna 1969, € 12,50, capitolo II (“La società come realtà oggettiva”).

4 SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60 ORE DI LEZIONE FRONTALE
II modulo P. L. Berger, T. Luckmann, La realtà come costruzione sociale, op.cit., capitolo III (“La società come realtà soggettiva”). Pierre Bourdieu, Ragioni pratiche, Il Mulino, Bologna 1995, capp. I e II (pp. 7-49). Howard S. Becker, Outsiders. Saggi di sociologia della devianza, EGA, Torino 1987 (esclusa Appendice).

5 SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60 ORE DI LEZIONE FRONTALE
L’esame: L’ESAME IN DUE VOLTE: Solo chi frequenta le lezioni frontali e chi si iscrive alle esercitazioni può sostenere l’esame in due volte. La prima, nella sessione di novembre 2006, consisterà in una prova scritta sul primo modulo; la seconda, SOLO nella sessione di febbraio 2007, consisterà in una prova orale sul II modulo.

6 SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60 ORE DI LEZIONE FRONTALE
L’esame: L’ESAME IN UNA SOLA VOLTA: TUTTI potranno sostenere, a partire dalla sessione d’esami di febbraio 2007, l’esame scritto su tutto il programma.

7 SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60 ORE DI TUTORAGGIO
Tutrice: dr.ssa Marta Palla Le date dell’esercitazione e del ricevimento studenti della dr.ssa Palla: ESERCITAZIONI GIOVEDI’ E VENERDI’, AULA 11 RICEVIMENTO Luogo da attribuire, VENERDI’

8 Sociologia una disciplina che studia la vita sociale degli individui, dei gruppi e delle intere società.

9 Sociologia: una scienza
Si oppone al senso comune Fornisce rappresentazioni verificabili dei fenomeni sociali Contribuisce, a sua volta, alla formazione del senso comune.

10 Sociologia: le strutture
La sociologia studia le interazioni sociali strutturate in istituzioni sociali Le istituzioni sociali sono sistemi di comportamento strutturati, stabili: matrimonio, amicizia, mercato del lavoro, religione, ecc. I comportamenti degli individui sono condizionati da fattori sociali esterni alla loro volontà.

11 Sociologia: l’azione La sociologia studia l’azione con significato sociale, dei singoli o dei gruppi. UNO PER L’ALTRO, CON L’ALTRO E CONTRO L’ALTRO L’azione sociale è comprensibile mettendosi nei panni di chi la compie chiarendone il significato per chi le compie.

12 Il fatto sociale come elemento di scientificità della sociologia.
IL PARADIGMA CAUSALE O STRUTTURALE: L’OLISMO DI ÉMILE DURKHEIM ( ) Il fatto sociale come elemento di scientificità della sociologia. Le istituzioni sociali corrispondono per la sociologia ai fenomeni naturali per la scienza anche se intangibili. Fatti sociali=cose, anche se sui generis. La vita sociale può essere analizzata con rigore scientifico.

13 IL PARADIGMA DELL’AZIONE: L’INDIVIDUALISMO METODOLOGICO DI Max Weber (1864-1920)
Rispetto a Durkheim e a Marx, Weber si rifiuta di considerare i fenomeni sociali come FATTI. Ai fenomeni sociali sono attribuiti SIGNIFICATI da parte dei membri delle società, che ne determinano il valore ai loro occhi e che orientano il COMPORTAMENTO dei membri nei loro confronti. Il sociale è un fenomeno interpretativo.

14 LA SOCIOLOGIA COMPRENDENTE Max Weber (1864-1920)
L’immaterialità dei rapporti sociali ne fa dei fenomeni sui generis che non è possibile oggettivare come nello studio degli insetti. In sociologia non vi sono dati certi, ma basi materiali e mondi di significato che non è possibile uniformare.

15 LA MODERNITÀ Nascita del capitalismo Lo Stato moderno
Razionalizzazione e disincanto del mondo Differenziazione ed autonomizzazione delle sfere della vita sociale (Stato, economia, religione, cultura, ecc.)

16 KARL MARX (1818-1883) Il modo di produzione capitalistico
FORZE PRODUTTIVE  forme di divisione del lavoro, potenziale tecnico RAPPORTI SOCIALI DI PRODUZIONE  forme di proprietà e rapporti di classe dominanti all’interno del modo di produzione. Le contraddizioni fra forze produttive e rapporti di produzione si incarnano in classi sociali antagonistiche.

17 KARL MARX (1818-1883) Il modo di produzione capitalistico
I modi di produzione si succedono l’uno all’altro sulla base del superamento delle contraddizioni interne fra forze produttive e rapporti sociali di produzione che si esprimono attraverso la lotta di classe. LA LOTTA DI CLASSE è quindi il motore della storia.

18 WERNER SOMBART (1863-1941) IL CAPITALISMO MODERNO (1902)
Tipo dominante di transazione economica  Economia monetaria di scambio. Non accumulo di ricchezze, ma profitto e suo reinvestimento nell’impresa. Organizzazione razionale dell’impresa  connessione fra industria, tecnologia, scienza.

19 MAX WEBER (1864-1920) L’ORIGINE DEL CAPITALISMO
NASCITA DELL’IMPRESA NASCITA DELLA CONTABILITÀ RAZIONALE NASCITA DELLA POLITICA ECONOMICA DEGLI STATI MODERNI ETHOS RAZIONALE NELLA CONDOTTA DI VITA

20 L’ETHOS RAZIONALE Max Weber [pron
L’ETHOS RAZIONALE Max Weber [pron.: Veber]: L’etica protestante e lo spirito del capitalismo ( ) Gestione razionale dell’impresa (contabilità razionale, bilancio). Redditività invece che rendita feudale. Rottura con lo stile di vita dell’aristocrazia, ostilità verso l’ostentazione e lo spreco. Ideale di vita sobria, lavoro come preghiera. Ascesi intramondana: interpretazione puritana della dottrina calvinista della predestinazione.

21 La Bibbia di Lutero: mela’kah come Beruf.
CALVINISMO E BORGHESIA Max Weber [pron.: Veber]: L’etica protestante e lo spirito del capitalismo ( ) La Bibbia di Lutero: mela’kah come Beruf. Giovanni Calvino ( ): la dottrina della predestinazione. Dio è ineffabile, il suo disegno oscuro, le opere di bontà sono peccato di superbia. Dottrina della grazia: l’uomo è indegno (peccato originale), la grazia è concessa solo agli eletti, e ab aeterno, a prescindere dalle opere.

22 Cristo è morto solo per gli eletti.
CALVINISMO E BORGHESIA Max Weber [pron.: Veber]: L’etica protestante e lo spirito del capitalismo ( ) Cristo è morto solo per gli eletti. Segno della grazia è una vita retta: per i cristiani riformati (calvinisti) è peccato dubitare dell’elezione. Cento anni dopo Calvino, i calvinisti inglesi (puritani) RADICALIZZANO e ADATTANO il calvinismo. Memento: il CRISTIANESIMO comprende il Cattolicesimo, MA ANCHE l’Ortodossia, le Chiese d’Oriente (Monofisiti Armeni e Siriaci, Nestoriani, Copti egiziani e etiopi) e il PROTESTANTESIMO: i Luterani (Evangelici) vanno distinti dai Calvinisti (Riformati) e dagli Anglicani (Episcopali).

23 I PURITANI Max Weber [pron
I PURITANI Max Weber [pron.: Veber]: L’etica protestante e lo spirito del capitalismo ( ) Solitudine e incertezza del calvinista. La setta puritana: controllo sociale sui comportamenti: finisce la doppia morale. Non è più la dottrina ma il comportamento a ‘fare’ il cristiano. Retto comportamento: Lavoro, studio e riflessione sulla Scrittura. La ricchezza: segno della grazia divina. Effetto di composizione: modelli di comportamento indipendenti dalla matrice religiosa, e legittimati su base utilitaristica e razionale.

24 LA CULTURA DELLA MODERNITÀ: IL DISINCANTO RISPETTO AL MONDO
Le radici dell’Occidente: Atene e Gerusalemme. Il sacro è totalmente trascendente: si nega la magia. Il mondo e la natura > realtà oggettiva. Governare gli eventi: tecnica e previsione. La vita è immersa nel progresso e nell’infinito, la morte perde significato (Lev Tolstòj, La morte di Ivàn Il’ìč).

25 LA CULTURA DELLA MODERNITÀ: L’INDIVIDUALISMO
Vale l’individuo con le sue capacità e non la persona con le sue appartenenze (status acquisiti > status ascritti). L’individuo è inteso come padrone delle sue scelte. Religiosità interiore, privata, slegata dai dogmi (Riforma protestante). Diritto naturale > gli uomini nascono liberi e uguali (vs. diritti connaturati soprannaturale e positivo). PROTAGONISTI: l’imprenditore e il cittadino.

26 LA CULTURA DELLA MODERNITÀ: IL RAZIONALISMO
LA RAGIONE: facoltà più nobile dell’uomo. Usando la ragione si accede alla verità. La ragione è lo strumento attraverso il quale l’uomo governa la sua vita e il suo destino. RAZIONALIZZAZIONE degli ordinamenti (strutture sociali) e dei comportamenti (azione sociale).

27 MODERNITÀ vs. TRADIZIONE: I MODELLI DICOTOMICI
Émile DURKHEIM: De la division du travail social (1893). Ferdinand TÖNNIES: Gemeinschaft und Gesellschaft (1887). Talcott PARSONS: lo schema delle pattern variables (1951).

28 Cambia il fondamento della solidarietà (coesione sociale).
I MODELLI DICOTOMICI: Émile DURKHEIM: De la division du travail social (1893). Solidarietà meccanica e organica. Cambia il fondamento della solidarietà (coesione sociale). Divisione del lavoro e individualismo: crisi di norme e valori condivisi. La società moderna rimane però un insieme stabile e l’anomia è limitata.

29 Società premoderna Società moderna
I MODELLI DICOTOMICI: Émile DURKHEIM: De la division du travail social (1893). Solidarietà meccanica e organica. Società premoderna Piccoli gruppi: scarsa densità di scambi. Scarsa divisione del lavoro. Unità sociali simili: famiglia, clan, tribù. Unità di valori e norme condivisi (CULTURA). SOLIDARIETÀ MECCANICA Società moderna Grandi gruppi: grande densità di scambi. Divisione del lavoro: funzioni differenziate. Differenziazione, interdipendenza, individualizzazione. “La legge è uguale per tutti”. SOLIDARIETÀ ORGANICA

30 I MODELLI DICOTOMICI: Ferdinand TÖNNIES: Gemeinschaft und Gesellschaft (1887). Comunità e società
Rapporti tipici: Vincoli di sangue, vicinato, amicizia. Intimità, riconoscenza e esperienze comuni. La disuguaglianza non si può sviluppare oltre un certo limite. Società Rapporti di scambio. Si entra in rapporto reciproco non con la totalità del proprio essere ma per prestazioni specifiche. Individui separati, isolati, in continua tensione fra di loro. La coesione sociale è superficiale.

31 ORIENTAMENTI DI VALORE: orientano l’azione.
I MODELLI DICOTOMICI: Talcott PARSONS: lo schema delle pattern variables (1951). Le variabili modello. Gli orientamenti di valore e normativi tipici della modernità: essenziali per comprenderla. ORIENTAMENTI DI VALORE: orientano l’azione. ORIENTAMENTI NORMATIVI: regolano l’azione.

32 Società premoderne: Società moderne: 1. Affettività.
I MODELLI DICOTOMICI: Talcott PARSONS: lo schema delle variabili modello. Società premoderne: 1. Affettività. 2. Orientamento all’interesse privato. 3. Particolarismo 4. Ruoli diffusi. 5. Status ascritti. Società moderne: 1. Neutralità affettiva 2. Orientamento all’interesse collettivo 3. Universalismo 4. Ruoli specifici. 5. Status acquisiti.

33 LA DUALITÀ DELLA STRUTTURA
“è l’uomo a fare la storia, ma in condizioni non scelte da lui” K. Marx. Il peso delle strutture sociali condiziona l’azione sociale degli attori. Le scelte degli attori producono il mutamento. Effetti di composizione / Sistemi di interdipendenze. Le strutture sono astrazioni, l’interazione è reale.

34 L’AZIONE SOCIALE Uno per l’altro, con l’altro, contro l’altro
L’azione sociale è un agire riferito al senso. Senso dell’agente/attore (individui o gruppi). Senso come significato intenzionale attribuito all’azione. Senso come definizione della situazione.

35 Rispetto allo scopo: scopo, mezzi, conseguenze.
TIPOLOGIA DELL’AZIONE SOCIALE Uno per l’altro, con l’altro, contro l’altro AZIONI RAZIONALI Rispetto allo scopo: scopo, mezzi, conseguenze. Rispetto al valore: scopo, mezzi, valori interiorizzati, imperativi AZIONI DETERMINATE AFFETTIVAMENTE AZIONI TRADIZIONALI

36 RAZIONALITÀ E DEFINIZIONE DELLA SITUAZIONE
La razionalità  relativa alla situazione in cui ci si trova. La situazione  è quella definita tale dagli attori coinvolti. TEOREMA DI THOMAS  “una situazione definita reale dagli attori coinvolti, è reale nelle sue conseguenze”

37 RELAZIONE SOCIALE QUADRO DELLE AZIONI SOCIALI: Due o più individui che orientano reciprocamente le loro azioni ASSOCIAZIONE E DISTANZA: le due forme. Tipi: cooperative e conflittuali. Durata: stabili o transitorie.

38 INTERAZIONE SOCIALE AGIRE REAGENDO ALL’AZIONE: la “storia”, il “contenuto”, i modi della relazione sociale. Interazione diretta: compresenza, faccia a faccia. Interazione indiretta: senza compresenza (dal telefono in poi).

39 IL GRUPPO SOCIALE INSIEME DI PERSONE CHE INTERAGISCE CON CONTINUITÀ SCHEMI DI INTERAZIONE STABILI SI DEFINISCONO MEMBRI DEL GRUPPO SONO DEFINITI TALI DA ALTRI Gruppo  Aggregato  Categoria sociale

40 I RUOLI SOCIALI Descrivere un gruppo significa descriverne i ruoli differenziati. RUOLO: insieme di comportamenti che ci si aspetta da chi occupa una data posizione sociale. Punto di incontro fra le vite individuali e le strutture sociali. IL CONCETTO DI RUOLO SOCIALE NON RISULTA SOLO DALLO STUDIO DEI GRUPPI

41 I RUOLI SOCIALI RUOLI SPECIFICI: comportamenti limitati e specifici.
RUOLI DIFFUSI: insieme ampio e non definito di comportamenti. Il gruppo totalitario impegna tutti i ruoli dei partecipanti. OGNI PERSONA HA TANTI RUOLI QUANTE SONO LE SUE APPARTENENZE

42 I RUOLI SOCIALI: SCHEMI DI COMPORTAMENTO ATTESI E FORMALIZZAZIONE
1. Gruppi primari: interazione faccia a faccia, ruoli diffusi, contenuti affettivi. 2. Gruppi secondari: ruoli specifici, interazioni indirette, impersonali. GRUPPI FORMALI GRUPPI INFORMALI

43 ERVING GOFFMAN (1922-1982) NOI E I NOSTRI RUOLI
Controllare le impressioni di sé (base dell’immagine di sé). Esecuzione regolare di un ruolo. Attaccamento/ Distanza/ Assorbimento rispetto ai ns. ruoli. Aspettative reciproche inespresse. Salvarsi la faccia: il tatto.

44 I COMPORTAMENTI COLLETTIVI
Un insieme di individui agisce SENZA RIFERIRSI A RUOLI DEFINITI (come nei gruppi). 1. IL PANICO: reazione circolare, perdita di controllo. L’altro è il mio nemico. 2. LA FOLLA: reazione circolare, sviluppo di atteggiamenti comuni: a): folla espressiva; b): folla attiva. L’altro è il mio amico/alleato. 3. IL PUBBLICO: interazione interpretativa, risposte con contenuto diverso rispetto ai messaggi di altri partecipanti (spesso: polarizzazione delle opinioni).

45 I GRUPPI ORGANIZZATI: Le ASSOCIAZIONI
Insieme di persone che perseguono interessi/ideali comuni Gruppo secondario formale Aspetto volontario Condizioni di sviluppo: libertà politiche, livello di reddito e istruzione, debolezza dei ceti. Cfr. Alexis de Tocqueville, De la démocratie en Amérique,

46 I GRUPPI ORGANIZZATI: Le ORGANIZZAZIONI
Uffici costituiti per raggiungere fini. Gruppo secondario formale Aspetto non volontario Personale specializzato, retribuito, inquadrato gerarchicamente. Ordinamento razionale.

47 IL TIPO IDEALE WEBERIANO DI BUROCRAZIA
Divisione dei compiti Gerarchia di comandi Regole scritte Specializzazione > credenziali educative; fine del ‘dilettante di talento’; concorsi/selezioni. Retribuzione da parte dell’organizzazione

48 WEBER: BUROCRAZIA COME ORGANIZZAZIONE EFFICIENTE
COMPETENZA CERTIFICATA RIDUZIONE DELL’ANSIA SOCIALE RIDUZIONE DELLA CORRUZIONE (NEPOTISMO/FAMILISMO). QUADRO CHE GARANTISCE RELAZIONI IMPERSONALI DI LAVORO

49 INEFFICIENZA DELLA BUROCRAZIA: IL PARADOSSO DI MERTON
MANSIONI SEMPLICI E STRANDARDIZZATE: efficiente. MANSIONI COMPLESSE: le stesse condizioni che la rendono efficiente in condizioni normali, la rendono qui inefficiente (impersonalità, gerarchia, regole scritte, ecc.)

50 IL MODELLO DI MINTZBERG TIPI DI BUROCRAZIE
Rispondere alla certezza o incertezza ambientale 1. A STRUTTURA SEMPLICE 2. MECCANICA (weberiana) 3. BUROCRAZIA PROFESSIONALE 4. A STRUTTURA DIVISIONALE 5. ADHOCRAZIA

51 LE NORME SOCIALI MODELLI ELEMENTARI DI COMPORTAMENTO
CARATTERE PRESCRITTIVO SEMPRE ACCOMPAGNATE DA SANZIONI CAMBIANO NEL TEMPO E NELLO SPAZIO (relatività delle norme)

52 LE NORME SOCIALI NORME SOCIALI E NORME GIURIDICHE
NORME FORMALI E NORME INFORMALI (NORME ESPLICITE E NORME IMPLICITE) REGOLE COSTITUTIVE E REGOLE REGOLATIVE

53 PERCHÉ SI UBBIDISCE? STRATEGIE DI UNIVERSALIZZAZIONE: CONVENIENZA PRATICA PER L’ATTEGGIAMENTO CONFORME. INDUZIONE DI SISTEMI STABILI DI ASPETTATIVE RECIPROCHE PREVEDIBILITÀ RELATIVA DEI COMPORTAMENTI SOCIALI

54 LE SANZIONI

55 I SISTEMI NORMATIVI: COERENZA ED INCOERENZA
ANOMIA ECCESSO DI NORME NORME CONTRADDITTORIE (NORME E CONTRO-NORME): DILEMMI ETICI CARENZA DI NORME

56 ISTINTO E “APERTURA”: L’UOMO INDETERMINATO
Impulsi non specializzati. Istinti umani adattabili ed elastici (alimentazione, sessualità). Coesistenza fra animalità e socialità dell’uomo. Carattere ibrido dell’esperienza: sociale, corporea, tecnica, materiale. L’uomo si forma in un ambiente che è insieme naturale e culturale L’uomo nasce con una predisposizione alla socialità, ma diventa membro della società.

57 ISTITUZIONALIZZAZIONE
Un’attività umana si istituzionalizza quando si produce una tipizzazione reciproca di azioni consuetudinarie da parte di un gruppo di esecutori. Tutta l’attività umana può essere consuetudinaria, e quindi venire istituzionalizzata. Significato di un’istituzione  suo riconoscimento sociale come soluzione “permanente” a un problema “permanente”. Ogni istituzione sociale è stata creata e può sparire.

58 La determinatezza delle istituzioni sociali
“Le istituzioni [sociali] che sono state cristallizzate… si presentano all’esperienza come esistenti al di sopra e al di là degli individui che ‘per caso’ le incarnano in quel momento” p. 89 Qualunque istituzione sociale appare come oggettiva, inalterabile, autoevidente. Essa si oggettivizza nei significati istituzionali, nelle azioni istituzionalizzate e nei ruoli. Le sanzioni colpiscono chi non accetta l’oggettivizzazione. I fenomeni umani sono visti come “cose”: come PRODOTTI di processi non umani (naturali, tecnici, divini, magici, ecc.): è la reificazione o NATURALIZZAZIONE.

59 L’OGGETTIVAZIONE NEL LINGUAGGIO
L’esperienza si oggettiva nel linguaggio, cioè si trasforma in un oggetto di conoscenza accessibile a tutti. Solo quando viene tradotta e oggettivata in un LINGUAGGIO, l’esperienza può sedimentarsi ed essere condivisa. Ogni oggettivazione può essere rimessa in discussione a causa o di un incidente biografico (domanda chi sono io?), o perché due risposte in conflitto sono socialmente disponibili.

60 LA TRADIZIONE SEDIMENTATA
Chi ha potere ha interesse che le definizioni tradizionali della realtà siano mantenute Il dominio delle definizioni tradizionali inibisce il mutamento sociale. Il conflitto sulle definizioni ( società pluralistiche) lo accelera.

61 La “logica del mondo”: il linguaggio
Il mondo assume una logica ed è formato da ‘oggetti’ visti come ‘la realtà’. Attraverso l’uso del linguaggio e degli apparati conoscitivi (scienza, senso comune…) fondati sul linguaggio l’esperienza diventa parole, concetti. Esso è coerente al suo interno (‘logico’), ma spesso dimentico dell’origine delle istituzioni cui dà forma. La logica si sovrappone al mondo sociale e lo mostra coerente, integrato, più di quanto non sia.

62 I sistemi culturali I sistemi culturali sono universi simbolici, cioè insiemi composti da simboli (segni, parole, immagini, figure retoriche, ecc.). Essi si strutturano sulla base di ciò che vale per tutti e di ciò che è pertinente solo a ruoli specifici. Nascono da riflessioni soggettive, ma vengono condivisi e diventano sistemi integrati. Hanno una natura teoretica ed hanno una storia, ma sono vissuti ingenuamente come naturali e scontati. Ordinano la percezione soggettiva della propria vita, del mondo sociale in cui si è nati e del mondo in genere.

63 Gli universi simbolici
Determinano i limiti di ciò che è pertinente > delimitano la realtà. Assegnano un rango a ogni fenomeno in una gerarchia dell’esistente > che coincide con i confini del mondo sociale. Creano un’unità coerente fra presente, passato e futuro. Ciò che considerano estraneo è visto come un caos da cui difendersi. Gli US esistono solo se collegati a gruppi o comunità che se ne fanno portatori.

64 Interpretare e valutare
Ogni punto di vista è connesso a interessi sociali di individui concreti: insieme prodotto sociale e fattore di cambiamento o di conservazione. I significati tendono a generare universi simbolici coerenti e integrati. Le pratiche sociali, le “aree di condotta” sono spessissimo incoerenti e ibride. La coerenza delle rappresentazioni porta a valutare positivamente o negativamente le pratiche sociali. Le cose si fanno non perché funzionano, ma perché sono “giuste”.

65 La legittimazione La legittimazione  ‘spiega’ e giustifica il mondo istituzionale. La legittimazione indica all’individuo (a) il perché del suo comportamento e (b) il perché le cose stanno come stanno. In ogni istituzione sociale vi sono conoscenze che forniscono norme alla condotta istituzionalizzata degli attori sociali. È sempre necessario legittimare l’esistente quando si deve insegnare alle nuove generazioni o ai neofiti com’è fatto il mondo in cui stanno entrando.

66 Definizioni istituzionali delle situazioni
Le definizioni istituzionali delle situazioni (DIS) si impongono agli individui: ma nella società pluralista è difficile legittimare in modo assoluto le singole aree di condotta differenziate. Le DIS si attribuiscono validità conoscitiva, e prescrivono comportamenti, indicano norme. “Ricetta di base” del funzionamento delle DIS  conferire loro un’essenza indipendente dall’attività e dalla comprensione umana (reificazione).

67 Ideologia come legittimazione
Nella società pluralista coesistono diverse forme di legittimazione. Lo stesso universo viene interpretato in modi diversi a seconda di concreti interessi i cui portatori sono gruppi sociali diversi. La condivisione di una ideologia rafforza la solidarietà dei gruppi. Una volta adottata da un gruppo sociale, un’ideologia viene modificata in relazione agli interessi che deve legittimare. L’ideologia non richiede riscontri empirici.

68 I quattro livelli della legittimazione
Incipiente: quando un tipo di spiegazioni viene trasmesso (“le cose qui da noi si fanno così…”) 2. Astrazione rudimentale, in relazione a gruppi di significati (proverbi, leggende, massime e morali). 3. Teorie esplicite che legittimano un intero settore istituzionale come corpo di conoscenze differenziate. Può già richiedere un corpo di esperti. 4. Universi simbolici interi, che riguardano l’intero ordine istituzionale.

69 Legittimazione e identità
Gli universi simbolici interpretano anche la realtà individuale. Le teorie sull’identità sono sempre inserite in più estese teorie sulla realtà: la psicologia presuppone sempre una cosmologia particolare. Le teorie psicologiche, che definiscono anche la realtà, tendono a realizzarsi con forza negli stessi fenomeni che spiegano. Gli individui le rendono reali nell’atto stesso di interiorizzarle, le utilizzano per costruire un’immagine legittima del proprio Sé, in realtà ideologica, che interpretano però come “autentica”.

70 FASI DELL’ISTITUZIONALIZZAZIONE
Abitualizzazione  ogni azione ripetuta si cristallizza secondo uno schema fisso, che può essere riprodotto senza bisogno di ri-negoziarlo. Tipizzazione  ogni modello di condotta condiviso con l’Altro. Ognuno si appropria di modelli di condotta altrui facendoli propri. La vita sociale può definirsi come sfere crescenti di routine che si considerano ovvie (naturalizzate).

71 Azione istituzionalizzata e interiorizzazione
La forza dell’ordine istituzionale si impone ad ogni persona. Interiorizzarla significa instaurare un alto grado di simmetria fra realtà interna ed esterna alla persona  dialettica incessante Le persone non solo subiscono, ma partecipano alla formazione dell’ordine istituzionale.

72 L’ordine sociale Le diverse istituzioni sociali hanno la tendenza ad “associarsi” in insiemi più coerenti. Si tende ad attribuire una “logica” unica all’insieme dei processi istituzionalizzati. L’ordine sociale in ogni sua fase è un prodotto umano. La sua stabilità nei discorsi nasconde il suo mutamento continuo nelle pratiche.

73 L’ordine sociale e il caos
L’apertura di fronte al mondo si muta così in chiusura di fronte al mondo  l’uomo ricerca un ambiente stabile, al cui interno dirigere e specializzare i suoi istinti. L’ordine istituzionale  precario e minacciato da realtà per esso prive di significato. Tutte le società sono costruite a dispetto del caos.

74 Conformità e devianza Ogni istituzione sociale contiene regole di condotta e convenzioni appropriate. Ogni deviazione dall’ordine istituzionale è considerata deviante. La condotta deviante sfida l’ordine sociale, in quanto mette in discussione le definizioni istituzionali della realtà e il loro valore (anche conoscitivo).

75 Controllare e punire I devianti, reali o potenziali, vengono ricondotti all’interno delle regole di condotta istituzionali in tutte le società: Terapia: riequilibra il grado di simmetria fra il deviante e la realtà “oggettiva”. Ha successo se l’individuo fa proprio l’ordine simbolico generale. Annichilazione: nega la possibilità di universi diversi dal proprio ed elimina chi non ne fa parte.

76 Gli “esperti” dell’ordine sociale
Le descrizioni istituzionalizzate della realtà generano gruppi di esperti che rivendicano giurisdizione totale sulle conoscenze. L’inaccessibilità del loro sapere è garantita dal linguaggio esoterico. L’intellettuale è un ‘contro-esperto’ che propone definizioni di realtà alternative. Egli si organizza in gruppi settari o in partiti rivoluzionari, al cui interno trova una base di relazioni veramente esistente per le sue teorie alternative.

77 Il mondo sociale Le aree di condotta omogenea (o mondi sociali, o comunità di pratiche) corrispondono a sfere di attività separate (“fanno cose assieme”): non hanno bisogno di essere integrate in un unico sistema. La logica unitaria non risiede solo nelle pratiche, ma negli Universi Simbolici che i membri generano. Tali US sono in relazione con gli interessi sociali concreti del gruppo che li possiede.

78 Il ruolo sociale Le istituzioni si incorporano nell’esperienza individuale attraverso i ruoli. L’individuo partecipa ai mondi sociali eseguendo i ruoli. Ogni ruolo corrisponde a un insieme di azioni programmate, in questo modo favorisce l’istituzionalizzazione delle condotte. Facendo propri i ruoli (interiorizzandoli), rende il mondo sociale soggettivamente reale.

79 Azione istituzionalizzata e ruolo sociale
L’azione istituzionalizzata si concretizza in un ruolo ma non in una persona: è ripetibile da ognuno. Interiorizzando i ruoli, una persona fa sì che lo stesso mondo diventi reale per lui. Anche se l’attore si identifica con i ruoli, ma nella sua coscienza può distaccarsene, attribuendo la loro esecuzione a un segmento ‘sociale’ del proprio Sé.

80 Il ruolo sociale e l’istituzionalizzazione
I ruoli  l’oggettivazione della struttura della società nei sistemi situati di interazione. Le istituzioni sociali non esistono empiricamente al di fuori della loro realizzazione nei ruoli. Nell’esperienza concreta degli individui, i ruoli rappresentano le istituzioni. La coscienza individuale è socialmente determinata soprattutto dall’insieme di conoscenze necessarie per eseguire i ruoli.

81 Conversazione e routine
La conversazione continua crea una struttura di plausibilità condivisa da tutti. Permette la traduzione di convenzioni e azioni istituzionalizzate in routine. La gran parte della conversazione noncurante, per il suo carattere massiccio, rende plausibile la realtà esistente. Allo stesso tempo, la modifica incessantemente, arricchendola o impoverendola di alcuni elementi. L’interruzione o l’isolamento dalla conversazione rendono meno plausibile la realtà per gli attori.

82 L’identità e il Sé L’identità personale nasce dalla dialettica tra coscienza individuale, organismo e società. È l’elemento chiave della realtà soggettiva, ma è in rapporto costante con la società. Il Sé, entità riflessa  dialettica fra identificazione da parte degli altri e autoidentificazione. L’appropriazione del Sé e del mondo sociale d’appartenenza  stesso processo, mediato dalle stesse “persone importanti”, il nostro specchio.

83 Le “persone importanti” e l’Altro generalizzato
Non si sceglie il mondo sociale in cui si nasce, né le persone per noi importanti. Passaggio a un’identità adulta  graduale astrazione dei ruoli e dei comportamenti (spersonalizzazione). Le norme e i ruoli vengono riferiti a una generalità (che include la società), nei limiti in cui è significativa per la persona concreta. Si forma nella coscienza la figura dell’Altro generalizzato  corrisponde all’accettazione della società come realtà e di una propria identità coerente e situata in quella società.

84 LA SOCIALIZZAZIONE PROCESSO attraverso cui un individuo si insedia nel mondo oggettivo di una società o di un suo settore di attività, e lo include nella propria identità personale. VARIA in base alla distribuzione delle conoscenze SOCIALIZZAZIONE PRIMARIA: quella che un individuo intraprende nell’infanzia, e che lo porta a diventare membro di una società. SOCIALIZZAZIONE SECONDARIA: ogni processo successivo che introduce un individuo già socializzato in nuovi settori specifici di attività. Nessuna S. secondaria può sperare di aver successo se si pone in contrasto totale con la S. primaria.

85 Socializzazione primaria
I significati istituzionali devono essere impressi con forza e indelebilmente nella coscienza dell’individuo: per questo vengono semplificati e resi assertivi. Il mondo viene oggettivato per mezzo del linguaggio; ordinato in oggetti che sono considerati la realtà; interiorizzato in forme logiche come verità oggettiva. Per il bambino il mondo è poco comprensibile, in quanto estraneo alla sua esperienza: non distingue la ‘realtà’ della natura da quella dei fenomeni sociali. Tutte le istituzioni gli appaiono fatti innegabili, che hanno potere su di lui per la loro fattualità e per le sanzioni che ne colpiscono l’infrazione.

86 Effetti e condizioni della socializzazione primaria
La S. primaria avviene in un’atmosfera di grande emotività e dipendenza dalle ‘persone importanti’. L’interiorizzazione avviene solo quando il bambino fa propri i ruoli e gli atteggiamenti delle persone importanti. Le persone importanti modificano i significati istituzionali trasmettendoli al bambino, autoconvincendosi delle proprie scelte e determinando in modo più forte il loro senso di realtà. Si rende ‘stabile’ ciò che è precario (che è stato costruito ed è sempre rinegoziabile): gli universi simbolici, le identità, i ruoli, la socializzazione stessa.

87 Socializzazione riuscita o fallita
Processo che dà luogo alle prime e fondamentali conoscenze sul mondo, alle identità personali. Fallisce quando non riesce a creare nel bambino la ‘fede’ nell’inevitabilità della realtà e del proprio ruolo. Incidenti biografici, contatti con mondi diversi, ruoli insoddisfacenti, libera riflessione, oppure il fatto che diverse ‘persone importanti’ mèdino diverse ‘realtà’. È riuscita quando si ottiene simmetria fra realtà ‘oggettiva’ e realtà soggettiva (e identità). TERMINA quando si interiorizza nella coscienza l’Altro generalizzato.

88 La socializzazione secondaria
Processo che determina l’interiorizzazione di conoscenze legate a ruoli specifici, situati in sotto-mondi istituzionali, diversi rispetto al mondo-base della socializzazione primaria. I ruoli sono impersonali, il loro contenuto specifico è spesso standardizzato e facilmente apprendibile: vocabolari, campi semantici particolari, “tacite intese”.

89 Condizioni della socializzazione secondaria
Si tende a minimizzare l’opposizione con il mondo-base. Il presente è interpretato in forme accettabili per i neòfiti. Soggettivamente, si dovrà accettare che il mondo-base non è il solo, e che ha una collocazione sociale precisa. La plausibilità della Socializzazione secondaria è minore della primaria, ed è più vulnerabile.

90 Esteriorizzazione come produzione della società
I prodotti dell’attività dei gruppi si oggettivano in significati che vengono proiettati sulla realtà (processo di esteriorizzazione), producendola in forme determinate e nuove. Conseguenza della riflessione su ciò che si è compiuto da parte delle coscienze, da cui in questo modo ci si distanzia.

91 La risocializzazione Ristrutturazione del Sé simile alla Socializzazione primaria, ma vissuta da adulti: atmosfera affettivamente carica e nuove “persone importanti”. L’individuo è socializzato a definizioni della realtà nuove o eretiche e la sua realtà soggettiva trasformata. Il prototipo è la conversione religiosa.

92 Condizioni della risocializzazione
È necessario creare nuove strutture di plausibilità permanenti. I neòfiti devono segregarsi e/o staccarsi dal vecchio ambiente, fisicamente o anche mentalmente. Il vecchio mondo va reinterpretato o anche annichilito. La setta religiosa, i lager e la psicoterapia  i campi tipici.

93 La setta La comunità di risocializzati crea la struttura di plausibilità necessaria per l’oggettivazione di definizioni ‘nuove’ della realtà I compagni mantengono insieme la realtà oggettiva dell’ideologia settaria. Forme secolarizzate di settarismo: il gruppo rivoluzionario.

94 STRATIFICAZIONE SOCIALE: Definizione
“Sistema di disuguaglianze strutturali di una società”. “strutturali” : permanenti, non effimere. Distribuzione diseguale di beni materiali e simbolici fra gruppi sociali. Relazioni diseguali di potere fra i gruppi sociali (chi comanda, chi obbedisce).

95 Che cos’è uno strato sociale?
UN INSIEME DI INDIVIDUI CHE GODONO DELLA STESSA QUANTITÀ DI: Risorse materiali (ricchezze); Risorse simboliche (onore sociale, prestigio, purezza rituale, “considerazione”); Potere (occupano la stessa posizione nei rapporti di potere).

96 SISTEMI DI STRATIFICAZIONE: I CETI
Sistema di gruppi sociali chiusi fra di loro diseguali in base al diverso onore sociale connesso a uno stile di vita. Appartenenza per nascita. Diritti e privilegi di ceto. Esclusività e chiusura sociale. Stile di vita particolare.

97 SISTEMI DI STRATIFICAZIONE: SISTEMI DI CETO: L’ANCIEN RÉGIME
“è solo la nascita, indipendentemente dalla ricchezza, a classificare gli uomini” (A. de Tocqueville) Importanza degli status ascritti. Disuguaglianze di fatto e di diritto. L’appartenenza ai ceti conferisce prestigio ma impone obblighi in termini di stili di vita.

98 SISTEMI DI STRATIFICAZIONE: LE CLASSI SOCIALI
Gruppi sociali con le stesse possibilità di vita in termini economici (ricchezza), disuguali per le diverse possibilità economiche ma uguali di fronte alla legge. I tipo di classificazione: la fonte del reddito (rendita, profitto, salario). II tipo di classificazione: relazione di lavoro e situazione di mercato.

99 TEORIE DELLA STRATIFICAZIONE La teoria delle classi in Marx
Fondamento dei sistemi di classe: il rapporto fra le forze produttive e i rapporti di produzione configura i modi di produzione (mdp antico, mdp feudale, mdp capitalistico) Si appartiene a una classe sociale se si è proprietari o meno dei mezzi di produzione. La classe in sé si differenzia dalla classe per sé sulla base della coscienza di classe.

100 TEORIE DELLA STRATIFICAZIONE La teoria di Max Weber
La disuguaglianza sociale si manifesta in tre ambiti diversi (sovrapposti o distinti): ECONOMIA (nel mercato)  classi sociali: il bene distribuito in modo diseguale è la RICCHEZZA. CULTURA (nella società)  ceti sociali: il bene distribuito in modo diseguale è l’ONORE SOCIALE. POLITICA (nei rapporti di potere)  partiti (distribuito in modo diseguale è il POTERE)

101 TEORIE DELLA STRATIFICAZIONE La teoria di Max Weber: le classi
La situazione di mercato fonda l’appartenenza e il conflitto di classe. Mercato del lavoro: acquisto e vendita della forza lavoro (operai; imprenditori). Mercato delle merci: consumatori, venditori. È il mercato tipico dell’era feudale. Mercato del credito: debitori, creditori. È il mercato prevalente nell’Antichità classica.

102 TEORIE DELLA STRATIFICAZIONE La teoria di Max Weber: le classi
Tipi di classi sociali prevalenti a seconda del periodo storico e del tipo di economia:

103 TEORIE DELLA STRATIFICAZIONE La teoria di Max Weber: i ceti
Situazione di ceto: destino di un gruppo di uomini, condizionato da una comune valutazione sociale del proprio onore, comune a tutti i membri del gruppo. ONORE DI CETO: implica una particolare condotta di vita; limita i rapporti sociali (connubium e commensalità).

104 Le classi sociali in Bourdieu (pron. /burdyö/)
Individuare un principio di classificazione che si fondi su proprietà determinanti costanti e non differenze apparenti. Occorre studiare casi di un universo di configurazioni possibili come realtà empiriche situate in un tempo e in uno spazio concreti.

105 Le classi sociali in Bourdieu/2
Le classi sociali non sono un dato, ma una predisposizione ad esistere in base alla posizione dei loro membri nello spazio sociale. Fra chi è vicino è possibile prevedere incontri, affinità, simpatie e desideri. Le classi non sono un gruppo che si mobilita in vista di obiettivi comuni.

106 Le classi sociali sono fenomeno relazionale, non di sostanza
Le pratiche e le preferenze degli attori sociali (agenti) che ne fanno parte sono visti come una essenza naturale degli agenti o della classe sociali d’appartenenza. Ma ogni pratica o consumo può essere capito solo in relazione ad altre pratiche, tipiche di altre posizioni sociali, non in sé.

107 Come si individuano le classi?
Bourdieu individua tre strutture fondamentali: l’habitus, il campo e le forme di capitale. L’habitus  struttura (condotta, gusti, preferenze…) fatta propria dagli agenti come una propria essenza. Il campo  struttura obiettiva delle relazioni fra gli agenti.

108 La teoria dell’azione disposizionale
Per Bourdieu l’agire sociale prende atto dell’habitus e delle forme di capitale iscritte nei corpi degli agenti. L’agire non è solo motivato razionalmente, ma è mosso anche da habitus e capitale. Gli agenti non sono automi, ma compiono SCELTE fra campi diversi di pratiche di consumo, possesso, espressione, ecc.

109 La distinzione sociale
È una proprietà relazionale che sottolinea le distinzioni di habitus fra chi occupa posizioni sociali diverse. È alla base della vita relazionale e conduce a fissare i confini di uno SPAZIO SOCIALE. Contiene spesso la violenza simbolica (disprezzo degli stili di vita “inferiori”).

110 L’HABITUS STILE DI VITA unitario che traduce i criteri intrinsechi e relazionali di una posizione sociale. Gli habitus sono differenziati (fra di essi) e differenzianti (distinguono i gruppi fra di loro) Per chi li ha introiettati, corrispondono a princìpi di classificazione del mondo.

111 L’HABITUS/2 Le differenze di stile di vita diventano differenze simboliche che costituiscono un linguaggio. Essere distintivi = essere significativi. In coloro che hanno introiettato un habitus, la differenza struttura la percezione degli altri, del mondo, naturalizza le disposizioni di ciascuno.

112 HABITUS E SPAZIO SOCIALE
Le classi di habitus e di gusti delimitano lo spazio delle posizioni sociali. Esse rappresentano un insieme sistematico di beni e proprietà uniti da affinità di stile. Tali classi sono prodotti da condizionamenti sociali tipici delle posizioni sociali occupate dagli agenti.

113 HABITUS E CLASSI SOCIALI
Si stabilisce una corrispondenza fra le posizioni nello spazio sociale, gli habitus e le prese di posizione (le scelte) degli attori. Le classi sociali raggruppano attori simili per ricchezza, pratiche culturali, consumi e opinioni politiche.

114 LO SPAZIO SOCIALE “Insieme di posizioni distinte e coesistenti, esterne le une alle altre, definite le une in rapporto alle altre, in base alla loro reciproca esteriorità e a relazioni di prossimità, di vicinato e di distanza e inoltre da relazioni gerarchiche (sopra, sotto, fra)”, p. 19 ed. orig.

115 Attori e spazio sociale
Lo spazio sociale è prossimità e distanza degli agenti fra di loro. Tali proprietà corrispondono a un campo di SCELTE fatte all’interno degli stili di vita esistenti. Gli agenti si distribuiscono al suo interno in base a due criteri: il capitale economico e quello culturale.

116 Spazio e campo sociale, concetti fondamentali
Gli individui ed i gruppi esistono non per se stessi, ma nella e grazie alla differenza e alla relazione con l’altro. Lo spazio s.  luogo al cui interno ci si affronta con mezzi e fini differenziati. Il campo s.  posizioni sociali fra di loro prossime, all’interno dello spazio s.

117 L’oggetto della sociologia: le relazioni sociali
La sociologia non deve individuare qualità essenziali, ma campi di forze al cui interno si formano singoli tipi. Individuare il principio che genera le differenze, spesso invisibile e oscuro. Per Bourdieu, si tratta della distribuzione del potere e dei tipi di capitale. La struttura della sua distribuzione varia nel tempo e nello spazio.

118 Campo sociale, strutture formali, capitale
All’interno di un campo sociale si formano strutture formali. Sono il campo economico, politico, artistico, ecc., in un processo che culmina con lo Stato, che concentra le risorse economiche e politiche. L’appartenenza a un campo è in ultima analisi determinata dal capitale che si detiene.

119 Le forme di capitale e lo spazio sociale
Bourdieu individua il capitale culturale e quello economico, cui aggiunge una forma di capitale sociale o relazionale. In alcune situazioni (Paesi socialisti p. es.) il capitale politico, in quanto conduce alla patrimonializzazione del patrimonio pubblico, ha un ruolo centrale.

120 Le forme di capitale e lo spazio sociale
Gli attori si distribuiscono nello spazio sociale per: Volume globale di capitale (di ogni tipo) che detengono; Proporzioni delle specie di capitale (culturale, economico ecc.) che ogni attore detiene; Evoluzione nel tempo di 1. e 2.

121 Prestigio e riproduzione dei tipi di capitale
Le forze sociali che possiedono (in proporzione) un certo tipo di capitale lottano per rafforzarne il tasso di cambio ovvero il suo valore rispetto agli altri tipi. Il capitale culturale si riproduce soprattutto attraverso la famiglia e la scuola.

122 Istruzione e disuguaglianza: cosa dice la sociologia dell’educazione
I sistemi educativi sono un fattore di disuguaglianza: FORME DI DISUGUAGLIANZA SCOLASTICA: 1): Rendimento scolastico; 2): Intelligenza degli studenti; 3): Origine sociale; 4): Ambiente scolastico. Essi producono e riproducono i sistemi di stratificazione sociale.

123 Istruzione e disuguaglianza CORRELAZIONI FONDAMENTALI
SUCCESSO SCOLASTICO E CLASSE SOCIALE D’APPARTENENZA. SUCCESSO SCOLASTICO E TITOLO DI STUDIO DEI GENITORI (DELLA MADRE IN PARTICOLARE).

124 La scuola perpetua la disuguaglianza
Esiste una nobiltà ereditaria di grandi manager, grandi medici, burocrati e politici. Le grandi università, che conducono alle posizioni sociali più elevate, sono monopolizzate dai figli dei ceti elevati. Legame nascosto fra le capacità scolastiche e l’eredità in termini di capitale culturale.

125 La selezione scolastica
Attraverso le bocciature e i percorsi riservati (licei in Italia) la scuola separa i detentori del capitale culturale da quelli che ne sono sprovvisti. La scuola maschera la selezione (funzione sociale) con una funzione di valutazione (funzione educativa).

126 Come si legittima la selezione
IL CAPITALE CULTURALE: Conoscenze e valori  rendimento scolastico. L’ETHOS DI CLASSE: Atteggiamenti positivi rispetto alla cultura scolastica  durata. OSMOSI: modo di trasmissione “naturalizzante” di capitale culturale e ethos di classe  auto- ed eteropercezione.

127 Effetto di destino e violenza simbolica
Le disposizioni generate dall’habitus sono interpretate come vocazioni naturalizzate. La scuola impone una gerarchia fondata su un suo criterio oggettivo dell’intelligenza. Reazioni: rotture brutali (bullismo, suicidio, crisi psichiche, immagini del Sé negative).

128 La scuola classifica gli individui
La scuola assegna in via definitiva differenze di rango fra le persone. Il titolo di studio attesta la differenza, ma ha anche funzione rituale. Così si maschera la relazione fra competenze e status sociali riferendosi a diverse competenze ‘tecniche’ o culturali anodine.

129 Le strategie educative dei ceti elevati
I ceti elevati investono nelle strategie educative perché: possiedono più capitale culturale che economico oppure perché queste strategie riproduttive sono più redditizie di quelle successorie Le strategie cambiano in base all’evoluzione del sistema della riproduzione sociale (scuole, leggi, ecc.)

130 Howard S. Becker /hàuard beker/ e l’interazionismo simbolico
Interazione, significato, interpretazione. Si risponde alle azioni degli altri sulla base del significato che si attribuisce loro (interpretazione). L’interazione umana è mediata dall’uso di simboli (linguaggi di ogni natura) e oggetti. Interpretare le azioni reciproche come mezzo per agire l’uno verso l’altro.

131 Howard Becker e l’interazionismo simbolico (2)
Il comportamento degli individui non è “agito” da fattori sistemici (cultura, posizione sociale, struttura delle personalità, ecc.), ma è piuttosto legato alle interazioni correnti. L’interpretazione delle situazioni da parte degli attori è parte della formazione dell’azione sociale.

132 Howard Becker e l’interazionismo simbolico (3)
Le condizioni e i fattori sociali non sono più importanti dei processi e degli eventi. Il senso comune condiviso porta a una certa uniformità nei comportamenti. Adattamento reciproco dei partecipanti. Società moderna  continua presenza di situazioni nuove, da interpretare ex novo.

133 Howard Becker: Outsiders (1963, it. 1987)
Creare norme, farle rispettare. Le norme indicano ciò che è giusto e ciò che è sbagliato fare. Chi viene presunto come una persona che infrange le norme è interpretato come un outsider. Interpretare i devianti come persone particolari (attribuire loro qualità).

134 Definizioni tradizionali di devianza
Gli atti contrari alle norme sociali sono devianti di per sé. I devianti hanno qualità (biologiche, psicologiche ecc.) che li spingono a deviare, per la loro natura. Gruppi diversi giudicano devianti cose diverse. Giudicano gli stessi atti devianti con più o meno tolleranza. Sono influenzati nel giudizio da CHI commette l’atto e da CHI se ne sente leso.

135 L’interpretazione statistica della devianza
È deviante chi si comporta in modo diverso dalla media di una popolazione. Comprende in una stessa categoria tutto ciò che si differenzia dalla media. Confonde eccentrico con deviante. Non tutto ciò che è eccentrico trasgredisce norme.

136 L’interpretazione psicologica
Devianza come patologia, malattia mentale. È difficile trovare una definizione di salute ed equilibrio mentale simile a quella valida per l’organismo. Dà per scontato che un atto sia deviante in sé, ma ne riporta la causa alla struttura della personalità del deviante. Non tutte le personalità disagiate compiono atti devianti.

137 L’interpretazione funzionalista
Devianza come sintomo di disgregazione sociale e di riduzione della stabilità sociale. In pratica, è difficile individuare ciò che è funzionale o disfunzionale Decidere ciò che è funzionale o disfunzionale è il prodotto di negoziazioni sociali.

138 L’interpretazione relativistica
Definite le norme, è deviante chi le infrange. Una persona può essere conforme per il proprio gruppo e deviante per gli altri. Nella società moderna, i vari gruppi hanno norme diverse, e i più forti impongono le proprie agli altri.

139 Istituire norme, creare devianza
Definizione tradizionale: devianza come infrazione di una norma data per scontata nell’analisi La società crea la norma, alcuni individui (con qualità negative particolari) le infrangono, spinti da situazioni particolari. Critica interazionista: i gruppi sociali creano la devianza istituendo norme la cui infrazione costituisce la devianza stessa. La società (in questo senso) crea la devianza.

140 Il carattere sociale della devianza
Né fattori sociali né disagio sociale, ma un processo sociale di etichettamento. Etichettamento: applicare le norme del gruppo a determinate persone e interpretarli come outsiders. Il deviante non è altro che un individuo che si è riusciti ad etichettare come tale. Egli è partecipe del processo.

141 Applicare l’etichetta di deviante
È difficile applicare un’etichetta di deviante Il legame fra l’interpretazione di una persona come deviante e il fatto che abbia compiuto atti devianti è incerto e non meccanico. Devianti sono gli etichettati, non (solo) i colpevoli. È difficile trovare fattori psicologici e sociali comuni a chi ha infranto una norma, tranne l’etichetta condivisa.

142 TIPI DI COMPORTAMENTO DEVIANTE
Comportamento obbediente Comportamento trasgressivo Percepito come deviante Falsamente accusato Pienamente deviante Percepito come conforme Conforme Segretamente deviante

143 Devianza come processo e non come qualità essenziale
Insieme di negoziazioni e accordi fra i gruppi sociali e chi viene visto come deviante. Il processo della devianza si fonda sulla reazione degli altri e del deviante a un comportamento non conforme. Un atto è deviante (a) perché è contrario a una norma (b) per la reazione degli altri che lo considerano tale  ruolo fondamentale del giudizio sociale.

144 Applicare l’etichetta
Infrangere una norma non comporta meccanicamente l’applicazione dell’etichetta di deviante (outsider). Le norme si applicano con maggiore facilità a membri di gruppi da cui ci si attende un comportamento deviante (meno ai colletti bianchi, più ai giovani e ad altri gruppi stigmatizzati).

145 Devianza come prodotto dell’etichettamento
La qualità della devianza si situa non nel comportamento, ma nell’interazione fra l’autore di un atto e chi vi reagisce. “Lo stesso comportamento può essere un’infrazione delle norme in un certo momento, e non in un altro; può essere infrazione se commesso da una certa persona, ma non da un’altra…”

146 Norme, etichettamento e gerarchia sociale
Sono i gruppi dominanti che adottano le norme e che etichettano. Gli adulti dettano le norme ai bambini. Le classi medie dettano le norme educative. Gli in-groups dettano le norme per gli out-groups.

147 Modelli sincronici di devianza
Si accetta che la devianza sia una patologia sociale e se ne ricercano le cause di tipo oggettivo. Ma le cause non sempre si ‘attivano’ se il deviante non ha raggiunto una fase in cui la causa può provocare devianza. La devianza è “normale” e legata alla natura interpretativa della società.

148 Il concetto di carriera
Tratto dalla sociologia delle professioni (influenza di Everett Hughes). “Successione di passaggi da una posizione all’altra compiuta da un lavoratore all’interno di un’occupazione” /posizioni non necessariamente formali/ Career contingency  fattori casuali e contingenti (e oggettivi/soggettivi) che condizionano le mobilità di carriera.

149 Le carriere devianti Perpetrazione di un atto non conforme
Partecipazione a una sottocultura organizzata intorno a un’attività deviante. Essere etichettato pubblicamente come deviante. Devianza maggiore o secondaria: assunzione di un’immagine di sé deviante. Ingresso in un gruppo deviante organizzato.

150 1. Il primo passo Cause non intenzionali: ignoranza delle norme.
Cause intenzionali: crisi del commitment; scarsa integrazione nella società convenzionale; convenienza.  Commitment: coinvolgimento nel comportamento e nelle istituzioni convenzionali.

151 2. Le subculture devianti
Sviluppo di interessi, motivazioni e tecniche devianti. Le motivazioni e gli interessi devianti si esprimono con linguaggi acquisiti nell’interazione fra devianti. Le tecniche si apprendono come parte della socializzazione nei gruppi devianti. Esse hanno sempre natura sociale.

152 La subcultura dei musicisti da ballo
Un gruppo stabile sviluppa un modo proprio di vivere e interpretare le cose: una cultura. Nel caso dei gruppi devianti la cultura è diversa da quella dei conformi. È probabile che al centro della loro cultura vi siano le pratiche devianti, poiché li differenziano dai ‘normali’.

153 Una definizione sociologica di cultura
Insieme di significati attribuiti agli atti e agli oggetti dai membri di un raggruppamento sociale. I significati sono convenzionali e condivisi, e fungono da modello per ogni membro. Gli studiosi li possono dedurre studiando le azioni dei membri, anche dai loro esiti.

154 Il neofita, l’esperto, il pubblico
Similitudine con ogni mondo sociale e con le professioni. Non tutti i membri hanno lo stesso grado di coinvolgimento in una cultura (neofita vs esperto). Tutti considerano gli esterni profani e incapaci di giudicare del contenuto della propria cultura.

155 Il processo di autosegregazione: Noi
Il musicista si vede dotato di un talento unico che lo rende diverso dagli altri. Egli solo può giudicare del proprio lavoro e stabilire che cosa sia interessante suonare e come comportarsi. Il musicista vede negli altri membri persone con il suo stesso tipo di talento e diverso dal pubblico. Non considera dignitoso frequentare persone prive del suo talento.

156 L’autosegregazione: il pubblico
Il pubblico (gli square) è disprezzato in quanto privo di talento artistico. I suoi gusti “commerciali” sono ridicolizzati e presi ad esempio negativo, così come i suoi stili di vita “conformisti”. È temuto perché costringe a suonare musica considerata di cattivo gusto. Però occorre diventare commerciali per avere successo. Due esiti: esoterismo e adattamento al disprezzato pubblico. Distinzione sociale attraverso il gergo, la moda, il palco.

157 3. L’etichetta Essere etichettati dipende dagli altri
Cambia l’identità pubblica dell’individuo. Una persona che ha rubato diventa “un ladro” e si sospetta che sia la sua natura. Ci si aspetta che sia predisposto a commettere reati di ogni genere, a causa di una sua “natura” (psicologica, sociale, spirituale, magica, ecc.).

158 3. Etichetta e status La devianza diventa la caratteristica-chiave dello status sociale dei devianti Gli altri status divengono accessori rispetto a questa caratteristica principale. Si considera la persona deviante come se il suo status principale sussumesse tutti gli altri (profezia che si autoadempie).

159 4. Devianza maggiore o “secondaria”
Il deviante è escluso dagli ambienti conformi (e talvolta recluso): cambiamento di routine e di mondo sociale. Si ricostruisce e reinterpreta la storia personale e psicologica del deviante alla luce di una qualità deviante prevalente. Il deviante adatta la propria immagine di sé alle aspettative sociali e sviluppa la sua identità deviante almeno in parte.

160 5. Membro di un gruppo deviante
L’identità deviante si rafforza. Adozione di visioni del mondo, tecniche e comportamenti, routine istituzionalizzate devianti. Razionalizzazione della posizione deviante e produzione di forme di legittimazione/giustificazione. “Semplifica” la vita, è difficile recedere.

161 Fare carriera in un gruppo deviante
Nelle carriere devianti esistono problemi peculiari. Nel caso studiato, esiste antagonismo con il pubblico, una carriera per lavori diversi e non per posizioni nello stesso luogo di lavoro, e la formazione di gruppi influenti che ne determinano la distribuzione.

162 Fare carriera in un gruppo deviante / 2
Per fare carriera occorre gestire i rapporti con le cricche influenti e accettare di suonare per il pubblico (sacrificando il talento). Occorre scegliere fra la carriera e l’integrità artistica (prestigio).

163 Una carriera deviante: il consumo di marijuana
Ipotesi  all’origine dell’uso della marijuana vi è lo scopo di trarne piacere Non sono le motivazioni devianti che conducono al comportamento deviante. È il comportamento deviante che produce, nel corso di un processo, la motivazione deviante. Entrambi sono frutto dello stesso processo sociale.

164 I limiti delle spiegazioni non sociologiche
Le giustificazioni psicologiche non sono né sufficienti né necessarie per spiegare il consumo della marijuana. Non riescono a spiegare il numero alto di consumatori di marijuana che non presentano le caratteristiche psicologiche attribuite ai tossici. Non riescono a spiegare la variabilità nel comportamento di uno stesso individuo rispetto alla droga.

165 Il metodo della ricerca
Il metodo dell’induzione analitica. Ogni caso raccolto nella ricerca deve convalidare l’ipotesi (all’origine dell’uso della marijuana vi è lo scopo di trarne piacere). 50 interviste discorsive: ricostruzione delle esperienze personali nell’uso della droga; mutamenti di atteggiamento nei confronti della droga; ragioni di tali mutamenti. Si intende registrare la testimonianza secondo l’ordine di priorità dei temi dell’attore stesso. Solo traccia iniziale, niente questionario.

166 Il problema dello “sballo” non automatico
Sono necessari molti tentativi per imparare a “sballare”, e tre condizioni del processo. Condizione 1: imparare la tecnica perché produca effetti reali  imparare a fumare la droga. Condizione 2: imparare a sballare  riconoscere gli effetti e attribuirli alla droga. Condizione 3: definizione degli effetti come piacevoli. Il principiante impara dall’interazione intensa con i conoscitori a trarre piacere dall’esperienza della droga.

167 1. Apprendere la tecnica   1° passo: apprendere la tecnica per poter fumare, apprendere lo sballo. Il principiante viene socializzato (comunicazione verbale, osservazione, imitazione). Se non si impara ad attribuire piacere alla droga, l’uso della droga viene abbandonato. Nell’apprendimento si impara a riconoscere e percepire effetti dalla droga. Solo attribuendo alla droga effetti su se stessi si impara a “sballare”, a provare piacere dalla droga.

168 2. Da consumatore a conoscitore
2° passo: trasformazione dei consumatori in conoscitori. Si apprezzano maggiormente le qualità della droga. Si sviluppano alcune categorie analitiche per individuare con precisione gli effetti della droga. Lo sballo diventa “meno vago”, e corrisponde a un insieme definito di sensazioni.

169 Il piacere si impara Nel corso del processo ha imparato a rispondere sì alla domanda È piacevole? Tale giudizio costituirà la base di una motivazione che potrà resistere a giudizi esterni di tipo morale o medico. In qualsiasi momento del processo, se alla domanda “è piacevole?” si risponderà no si abbandonerà l’uso della marijuana.

170 Sfidare il controllo sociale
Per diventare consumatori di marijuana bisogna sfidare il controllo sociale che preme perché i comportamenti siano conformi alle norme e ai valori. Nelle società in cui c’è molteplicità di norme e di valori, si aderisce spesso a gruppi che possiedono norme e valori alternativi a quelli dominanti. In questi gruppi il controllo sociale è spesso durissimo, ma di segno opposto.

171 Sfidare il controllo sociale (2)
Funzionamento del controllo sociale a. erogazione di sanzioni (positive e negative) b. discredito delle attività “devianti”. Modi di opporsi alle sanzioni  a. sfuggire alle sanzioni, rendendole inefficaci e b. influenzare le opinioni in modo da legittimare (fra i devianti) le pratiche devianti. Esse sono sviluppate all’interno del processo che porta il principiante a diventare un consumatore di marijuana (un deviante) e ne influenza le pratiche.

172 Controllo sociale e carriera deviante
Carriera deviante del consumatore di marijuana1. principiante; 2. consumatore occasionale e 3. consumatore regolare. Problemi di questa carriera : 1. il controllo sociale impedisce il libero accesso alla droga; 2. la tendenza a individuare e denunciare i consumatori di marijuana; 3. l’interpretazione del consumo di marijuana come nocivo e illegale. Il consumo regolare di marijuana si instaura man mano che questi tre tipi di controllo vengono neutralizzati.

173 Problemi di rifornimento e segretezza
Rifornimento: per avere accesso alla droga e fare carriera ci si dovrà aggregare a un gruppo deviante (relazioni stabili o ingresso), che garantisca un rifornimento costante. Segretezza: controllare la paura di essere riconosciuti come consumatori di marijuana. Sviluppo di tipiche convinzioni di poter passare inosservati. Il novizio apprenderà metodi e tecniche per controllare il proprio comportamento quando si è sotto l’effetto della droga. Man mano che diminuirà la paura, aumenterà il consumo stesso di droga.

174 Problemi di moralità La droga è vista come un attentato alla salute, e come una perdita di autocontrollo da parte di chi ne fa uso. È un discorso che blocca la maggior parte delle persone rispetto al consumo di droga. È probabile che il novizio provenga da ambienti critici rispetto ai comportamenti e ai valori convenzionali. La necessità di rispondere alla morale convenzionale si può porre nuovamente nella fase più avanzata del consumo (regolare), quando si deve far fronte all’immagine negativa del tossicodipendente.

175 I conformi sono outsider per i devianti
Dalla subcultura del gruppo deviante il consumatore trarrà razionalizzazioni e giustificazioni che lo porteranno a respingere le obiezioni della cultura convenzionale. La carriera deviante sarà influenzata dal fatto di considerare le opinioni espresse dalla moralità convenzionale come opinioni disinformate di persone strane, “arretrate”, e che ai suoi occhi saranno i veri devianti.

176 LE NORME E LA LORO APPLICAZIONE
Per applicare una norma  qualcuno deve prendere l’iniziativa di farlo. Occorre rendere pubblica l’infrazione: in questo modo non potrà essere ignorata. Gli interessi personali dei denuncianti sono il motore più importante del processo. La riserva nelle situazioni meno organizzate della vita metropolitana e Il conflitto fra gruppi diversi proprio sull’applicazione della norma la rendono più difficile.

177 Norme e valori: un rapporto non meccanico
I VALORI: Un elemento di un sistema simbolico che serva come criterio per la selezione fra le alternative di orientamento che una situazione offre intrinsecamente (T. Parsons) es. l’etica del lavoro. Le singole norme si riferiscono a qualche valore e offrono un modello di comportamento preciso. Non è automatico né che una norma sia collegata a un valore né che, una volta promulgata, la norma venga applicata in una determinata situazione a persone specifiche: lo fanno persone concrete.

178 Norme e valori: un rapporto non meccanico
I VALORI: Un elemento di un sistema simbolico che serva come criterio per la selezione fra le alternative di orientamento che una situazione offre intrinsecamente (T. Parsons) es. l’etica del lavoro. Le singole norme si riferiscono a qualche valore e offrono un modello di comportamento preciso. Non è automatico né che una norma sia collegata a un valore né che, una volta promulgata, la norma venga applicata in una determinata situazione a persone specifiche: lo fanno persone concrete.

179 GLI IMPRENDITORI MORALI: i gruppi attivi
Gruppi o individui attivi si impegnano per legittimare norme sulla base di valori, farle approvare e applicarle in situazioni concrete ad individui concreti. Creano reti di alleati e influenzano l’opinione pubblica usando il riferimento ai valori. Sono gli operai della costituzione morale di una società.

180 GLI IMPRENDITORI MORALI: i gruppi attivi
Gruppi o individui attivi si impegnano per legittimare norme sulla base di valori, farle approvare e applicarle in situazioni concrete ad individui concreti. Creano reti di alleati e influenzano l’opinione pubblica usando il riferimento ai valori. Sono gli operai della costituzione morale di una società.

181 TIPI DI IMPRENDITORE: Il crociato delle riforme
Il crociato delle riforme è interessato più alla definizione delle norme che alla loro applicazione. Millenarista e moralista, considera il mondo perduto e malvagio. Si rifà ad un’etica assoluta, appartiene ai ceti superiori. Corrisponde alla fase carismatica.

182 L’ISTITUZIONALIZZAZIONE DELLA CROCIATA
Se l’imprenditore morale ha successo, si forma un insieme di norme, anche legali. Occorre creare un’organizzazione che si occupi di applicare la norma (nuova polizia, rimodulazione di vecchie polizie, altro). Si crea una nuova categoria di devianti (es.: i fumatori).

183 I problemi di chi applica le norme: la Polizia
La Polizia è interessata più all’applicabilità delle norme che al loro aspetto valoriale. Due esigenze tipiche di ogni professione: legittimare la propria azione repressiva; essere rispettato e rispettabile perché necessario. Ideologia professionale: il reato viene visto come pericoloso e inestinguibile (a causa della natura umana); l’azione repressiva come necessaria.

184 Problemi di etichettamento legati alla polizia
È facile che si etichetti più facilmente chi manca di rispetto alla Polizia o che sia necessario ad ogni costo “trovare un colpevole” per giustificare l’esistenza stessa della Polizia. In ogni caso, a monte di ogni etichettamento, occorre che una norma sia definita, legittimata in base ai valori condivisi, e che si sia individuata una categoria di devianti. Le regole non nascono spontaneamente

185 Problemi di etichettamento legati alla polizia
È facile che si etichetti più facilmente chi manca di rispetto alla Polizia o che sia necessario ad ogni costo “trovare un colpevole” per giustificare l’esistenza stessa della Polizia. In ogni caso, a monte di ogni etichettamento, occorre che una norma sia definita, legittimata in base ai valori condivisi, e che si sia individuata una categoria di devianti. Le regole non nascono spontaneamente ma costituiscono punti di passaggio obbligati (e mobili) di ogni interazione sociale.

186 LA DEVIANZA E’ NORMALE Dobbiamo vedere la devianza, e gli outsider che personificano questo concetto astratto, come una conseguenza di un processo di interazione tra persone: alcune, nel servizio dei propri interessi, elaborano e fanno applicare delle norme che colpiscono altre persone che, nel servizio dei propri interessi, hanno commesso degli atti etichettati come devianti. H.S. Becker, Outs., pp


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