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FISICA PER ENTRARE CLICCA QUI Mail:

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Presentazione sul tema: "FISICA PER ENTRARE CLICCA QUI Mail:"— Transcript della presentazione:

1 FISICA PER ENTRARE CLICCA QUI Mail: salvatore.murana@istruzione.it
Questo lavoro è redatto da: PROF. Salvatore MURANA Docente presso l’Istituto di Istruzione Superiore CARLO URBANI di ROMA Via dell’IDROSCALO 88 Sede di ACILIA PER ENTRARE CLICCA QUI Mail: Anno scolastico 2011/2012 (Aggiornato al 8/11 /2011)

2 FRASI di PITAGORA Tutti gli insegnamenti delle scienze e delle arti sono buoni per raggiungere lo scopo se impartiti e ricevuti spontaneamente, ma se avvengono controvoglia riescono sterili ed inutili. Non devi aiutare uno a togliersi un peso, perché non bisogna far nascere pigrizia, ma devi aiutare a portarlo. Non camminare per vie frequentate, non seguire le opinioni dei più, ma quella dei pochi che sanno. Questo diceva Pitagora 2500 anni fa! Tu che ne pensi? Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

3 PAGINA INIZIALE La fisica è una scienza sperimentale.
Studia i seguenti argomenti: Nozioni introduttive (Si occupa dei concetti di base di tutta la fisica) Meccanica (Si occupa del movimento dei corpi) Termologia (Si occupa di temperatura e calore) Onde (Si occupa della propagazione a distanza delle perturbazioni) Ottica (Si occupa delle immagini ottenute tramite lenti e/o specchi) Elettromagnetismo (si occupa dei fenomeni elettrici e magnetici) Altro Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

4 NOZIONI INTRODUTTIVE Prima di iniziare lo studio delle parti della FISICA dobbiamo introdurre i concetti di base necessari Grandezze fisiche Problemi inerenti la misura Errori di misura Relazioni di proporzionalità Stati di aggregazione della materia Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

5 GRANDEZZE FISICHE Si definisce GRANDEZZA FISICA una proprietà, di un corpo, (o di un punto, o di un fenomeno) che può essere misurata ESEMPI: FORZA MASSA VELOCITA’ ALTEZZA PESO CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

6 GRANDEZZE SCALARI E VETTORIALI
Le grandezze fisiche possono essere suddivise in due categorie: Grandezze scalari (o semplicemente SCALARI) se esse hanno un valore, ma non hanno né direzione né verso; Grandezze vettoriali (o semplicemente VETTORI). se esse hanno oltre che un valore anche una direzione ed un verso GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

7 GRANDEZZE SCALARI Gli SCALARI in fisica sono grandezze fisiche scalari ossia grandezze fisiche che hanno un valore, ma non hanno né direzione né verso. Con essi è possibile eseguire calcoli secondo le regole dell’algebra numerica. Sono grandezze scalari ad esempio: la massa, il volume, la durata, la temperatura, l’energia. SCALARI VETTORI GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

8 VETTORI Una grandezza fisica vettoriale viene chiamata semplicemente VETTORE. Un vettore è una grandezza fisica che oltre ad avere un valore ha anche una direzione ed un verso. La grandezza vettoriale viene rappresentata tramite una freccia che la stessa direzione e lo stesso verso del vettore ed una lunghezza proporzionale al valore del vettore stesso. Con essi è possibile eseguire calcoli secondo le regole dell’ALGEBRA VETTORIALE che è totalmente diversa dall’algebra numerica. Sono grandezze vettoriali ad esempio: lo spostamento, la velocità, la forza, l’accelerazione. SCALARI VETTORI GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

9 VALORE Il Valore (di una grandezza fisica) è chiamato anche Modulo o Intensità. Esso è la quantità numerica che indica quanto è grande la grandezza fisica considerata. Generalmente è formato da un numero seguito da una unità di misura VETTORI SCALARI VETTORI GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

10 DIREZIONE La Direzione di una grandezza fisica vettoriale è la retta di azione della grandezza stessa, cioè la retta su cui giace, la retta lungo cui ha luogo. La Direzione può essere determinata tramite la pendenza (o inclinazione) rispetto agli assi di un sistema di assi cartesiani. Essa può essere indicata tramite l’angolo che essa forma con gli assi di riferimento. VETTORI SCALARI VETTORI GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

11 VERSO Il verso di una grandezza fisica vettoriale indica l’orientamento. Ad esempio: verso destra, verso sinistra, in avanti, all’indietro, verso alto, verso il basso VETTORI SCALARI VETTORI GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

12 LA MISURA Misurare significa confrontare la grandezza da misurare con un campione di grandezza chiamata UNITA’ DI MISURA La misura può essere effettuata con degli strumenti adeguati, che si chiamano STRUMENTI DI MISURA. La misura è inevitabilmente affetta da approssimazione di misura detto ERRORE DI MISURA Le misure possono essere fatte in modo diretto o in modo indiretto (attraverso l’esecuzione di calcoli) GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

13 UNITA’ DI MISURA L’unità di misura è un campione di grandezza fisica che deve avere certe proprietà: Confrontabile con la grandezza da misurare Non deformabile (non deve cambiare nel tempo) Facilmente riproducibile (si deve poter fare copie esatte) Riconoscibile (tutti devono sapere il suo significato) Ogni paese usa un proprio sistema di unità di misura Il Sistema Internazionale (SI) è un sistema, di 7 unità di misura fondamentali, riconosciuto da tutti i paesi del mondo e viene utilizzato per le comunicazioni tra paesi diversi LA MISURA GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

14 STRUMENTI DI MISURA Ci sono 2 tipi di strumenti di misura:
ANALOGICI (con indicatore ad indice o tramite tacche graduate) DIGITALI (con indicazione numerica tramite un certo numero di cifre) Qualunque sia il tipo di strumento esso si differenzia dal suo simile per le sue caratteristiche LA MISURA GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

15 CARATTERISTICHE DEGLI STRUMENTI DI MISURA
Ogni strumento di misura ha delle caratteristiche che lo differenziano dagli altri. Di queste caratteristiche è necessario tener conto per la scelta dello strumento da utilizzare. Le principali sono: SENSIBILITA’ INTERVALLO DI MISURA PORTATA PRONTEZZA STRUMENTI di MISURA LA MISURA CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

16 SENSIBILITA’ di uno STRUMENTO di MISURA
La sensibilità di uno strumento è la minima variazione (della grandezza) misurabile con quello strumento. Essa è la distanza tra il valore di una tacca e quello della tacca successiva. CARATTE-RISTICHE degli STRUMENTI STRUMENTI di MISURA LA MISURA CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

17 PORTATA di uno STRUMENTO di MISURA
La portata è il MASSIMO valore misurabile con quello strumento CARATTE-RISTICHE degli STRUMENTI STRUMENTI di MISURA LA MISURA CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

18 INTERVALLO di MISURA di uno STRUMENTO
L’intervallo di misura indica il valore MINIMO ed il valore MASSIMO misurabile con quello strumento. Ad esempio un termometro clinico può avere un intervallo da 35 °C a 42 °C. CARATTE-RISTICHE degli STRUMENTI STRUMENTI di MISURA LA MISURA CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

19 PRONTEZZA di uno STRUMENTO di MISURA
La prontezza indica il TEMPO necessario allo strumento per fornire il valore della grandezza esaminata. Ad esempio la prontezza del termometro clinico può essere di 3-4 minuti CARATTE-RISTICHE degli STRUMENTI STRUMENTI di MISURA LA MISURA CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

20 ERRORI DI MISURA Ci sono 2 tipi di errori di misura:
ERRORI ACCIDENTALI (o casuali) ERRORI SISTEMATICI (errori che si ripetono sempre allo stesso modo: o sempre per eccesso, o sempre per difetto) CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

21 SENSIBILITA’ degli STRUMENTI
ERRORI ACCIDENTALI Quando si effettua una misura, il valore trovato non è mai assolutamente esatto. Lo si ottiene sempre con una certa approssimazione. Questa può essere dovuta a diversi fattori del tutto casuali. Intanto la minima approssimazione che si rende necessaria è dovuta alla sensibilità dello strumento. Infatti a causa della sensibilità dello strumento noi non possiamo stabilire con esattezza il valore misurato. Tale approssimazione prende il nome di errore di misura. Talvolta la stessa misura ripetuta più volte dà valori differenti. In tal caso si assume come valore della misura il valore medio e come errore di misura la semidispersione massima L’errore di misura così determinato prende il nome di errore accidentale o errore casuale cioè dovuto al caso. L’errore accidentale viene chiamato anche ERRORE ASSOLUTO ERRORI di MISURA SENSIBILITA’ degli STRUMENTI LA MISURA CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

22 SENSIBILITA’ degli STRUMENTI
ERRORI SISTEMATICI Se lo strumento di misura è mal tarato (es. una bilancia che segna 10 grammi in più, o un orologio che va avanti di qualche minuto) i valori osservati sono o sempre in più (oppure sempre in meno) del valore corretto. Se leggiamo su uno strumento in modo non frontale notiamo l’indice un po’ più avanti (o un po’ più indietro) della sua reale posizione. In entrambi i casi la misura risulta pertanto affetta da un errore di misura. Tale tipo di errore è eliminabile, in quanto una volta determinato il valore dell’errore questo lo si potrà sottrarre (o sommare) al valore trovato della misura. Alla fine il valore della misura così determinato è privo di questo tipo di errore. Questo tipo di errore si chiama errore sistematico Poiché esso si manifesta sempre in più (o sempre in meno) ERRORI di MISURA SENSIBILITA’ degli STRUMENTI LA MISURA CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

23 SENSIBILITA’ degli STRUMENTI
ERRORE ASSOLUTO L’errore assoluto è l’errore accidentale di una misura. Nel caso la misura è stata effettuata una sola volta esso corrisponde alla sensibilità dello strumento. Invece se la stessa misura è stata ripetuta più volte l’errore assoluto corrisponde alla semidispersione massima (la metà della differenza tra il valore massimo ed il valore minimo). L’errore assoluto viene indicato con un numero che ha una sola cifra diversa da zero ed è seguito dall’unità di misura della grandezza fisica misurata ERRORI ACCIDEN- TALI ERRORI di MISURA SENSIBILITA’ degli STRUMENTI LA MISURA CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

24 SENSIBILITA’ degli STRUMENTI
ERRORE RELATIVO L’errore relativo serve ad indicare la bontà di una misura. Tanto più è piccolo l’errore relativo tanto più è precisa la misura. Si calcola facendo il rapporto tra l’errore assoluto ed il valore misurato. E’ un numero puro (cioè senza unità di misura) ed è sempre minore di 1. ERRORI ACCIDEN- TALI ERRORI di MISURA SENSIBILITA’ degli STRUMENTI LA MISURA CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA 24

25 SENSIBILITA’ degli STRUMENTI
ERRORE PERCENTUALE Talvolta l’errore relativo si può rappresentare tramite l’ERRORE PERCENTUALE. L’errore percentuale si ottiene moltiplicando l’errore relativo per 100. L’errore percentuale è un numero puro, cioè non ha unità di misura, però si usa indicarlo seguito dal simbolo % (percento) ERRORI ACCIDEN- TALI ERRORI di MISURA SENSIBILITA’ degli STRUMENTI LA MISURA CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

26 SENSIBILITA’ degli STRUMENTI
CIFRE SIGNIFICATIVE A causa dell’incertezza dovuta all’errore assoluto, il valore di una grandezza fisica si scrive sempre arrotondandolo alla cifra corrispondente a quella non sicura. In tal modo, sono cifre significative del valore di una misura tutte le cifre sicure di quel valore e la prima cifra incerta. Le altre cifre non certe non vanno scritte in quanto assolutamente prive di significato ERRORI ACCIDEN- TALI ERRORI di MISURA SENSIBILITA’ degli STRUMENTI LA MISURA CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

27 PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI NELLE MISURE INDIRETTE
Nelle misure indirette (cioè quelle effettuate tramite calcoli) gli errori si propagano sul risultato. GLI ERRORI SI SOMMANO SEMPRE Nelle somme e nelle differenze l’errore assoluto del risultato è uguale alla somma degli errori assoluti delle singole misure. Nei prodotti e nei rapporti l’errore relativo del risultato è uguale alla somma degli errori relativi delle singole misure. ERRORI ACCIDEN- TALI ERRORI di MISURA SENSIBILITA’ degli STRUMENTI LA MISURA CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

28 Cifre significative nei calcoli
Nelle misure indirette, a causa della propagazione degli errori, le cifre significative del risultato dipendono dalle cifre significative delle misure di partenza e dall’operazione matematica effettuata. Nelle somme e nelle differenze: il numero di “cifre significative dopo la virgola” nel risultato è uguale al numero di “cifre significative dopo la virgola” della misura che ha meno “cifre significative dopo la virgola”; Nei prodotti e nei rapporti: il numero di “cifre significative complessive” nel risultato è uguale a quello della misura che ha meno “cifre significative complessive”. ERRORI ACCIDEN- TALI ERRORI di MISURA SENSIBILITA’ degli STRUMENTI LA MISURA CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

29 IL SISTEMA INTERNAZIONALE di unità di misura
Il Sistema Internazione (SI) di unità di misura è un insieme di 7 unità di misura corrispondenti alle sette grandezze fisiche fondamentali. E’ stato definito da un gruppo di scienziati di tutto il mondo nel 1976, e identifica le unità di misura da utilizzare per comunicare tra un paese ed un altro. Esse sono: Grandezza Simbolo Unità di misura Lunghezza L, l Metro m Tempo t Secondo s Massa M Chilogrammo kg Temperatura Kelvin K Corrente elettrica i Ampere A Intensità luminosa n Candela cd Quantità di materia Iv Mole mole UNITA’ Di MISURA LA MISURA CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

30 RELAZIONI DI PROPORZIONALITA’
Tra le grandezze fisiche riguardanti un fenomeno ci possono essere infinite relazioni. Ne studiamo solo alcune: Proporzionalità diretta Proporzionalità inversa Proporzionalità diretta alla seconda potenza Proporzionalità inversa alla seconda potenza GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

31 PROPORZIONALITA’ DIRETTA
Due grandezze sono direttamente proporzionali quando al raddoppiare dell’una raddoppia l’altra. In tal caso il loro rapporto è costante, ovvero la prima è uguale ad un numero costante moltiplicato per la seconda. Il grafico cartesiano di due grandezze direttamente proporzionali è una retta passante per l’origine degli assi. PROPOR- ZIONALI- TA’ GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

32 PROPORZIONALITA’ INVERSA
Due grandezze sono inversamente proporzionali quando al raddoppiare dell’una dimezza l’altra. In tal caso il loro prodotto è costante, ovvero la prima è uguale ad un numero costante diviso per la seconda. Il grafico cartesiano di due grandezze inversamente proporzionali è una iperbole equilatera (una curva che si avvicina sempre più agli assi senza mai toccarli). PROPOR- ZIONALI- TA’ GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

33 PROPORZIONALITA’ DIRETTA ALLA SECONDA POTENZA
Una grandezza A è direttamente proporzionale alla seconda potenza di una grandezza B quando al raddoppiare di B quadruplica A. In tal caso il rapporto tra A ed il quadrato di B è costante, ovvero A è uguale ad un numero costante moltiplicato per il quadrato di B. Il grafico cartesiano di due grandezze di cui una è direttamente proporzionale al quadrato dell’altra è un ramo di parabola. PROPOR- ZIONALI- TA’ GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

34 PROPORZIONALITA’ INVERSA ALLA SECONDA POTENZA
Una grandezza A è inversamente proporzionale alla seconda potenza di una grandezza B quando al raddoppiare di B, A diventa un quarto. In tal caso il prodotto, tra A ed il quadrato di B, è costante, ovvero A è uguale ad un numero costante diviso per il quadrato di B. Il grafico cartesiano di due grandezze, di cui una è inversamente proporzionale al quadrato dell’altra, assomiglia ad un’iperbole equilatera. PROPOR- ZIONALI- TA’ GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

35 ALGEBRA VETTORIALE Tra vettori è possibile eseguire 4 operazioni: somma, differenza, prodotto scalare e prodotto vettoriale. La somma e la differenza è possibile solo tra grandezze omogenee, mentre il prodotto scalare ed il prodotto vettoriale è possibile farlo anche tra grandezze non omogenee. Inoltre è possibile scomporre un vettore nelle sue componenti e moltiplicare uno scalare per un vettore VETTORI GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

36 SOMMA VETTORIALE Se si vogliono sommare due vettori A e B per ottenere il vettore A + B si procede nel seguente modo: Si disegna il primo vettore, Si disegna il secondo vettore con la coda sulla punta del primo, Si unisce con un segmento la coda del primo vettore con la punta del secondo, Si disegna il verso in corrispondenza della punta del secondo. Il vettore così ottenuto è il vettore somma ALGEBRA VETTO- RIALE VETTORI GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

37 DIFFERENZA VETTORIALE
La differenza di 2 vettori A e B è un vettore A – B che si ottiene sommando al vettore A il vettore – B (il vettore B cambiato di verso). ALGEBRA VETTO- RIALE VETTORI GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

38 PRODOTTO SCALARE tra 2 VETTORI
Tra due vettori A e B è possibile trovare il loro prodotto scalare. Questo è una grandezza scalare che può essere determinata in quattro modi diversi: 1) si moltiplica il valore del primo vettore (A) per il valore della componente del secondo vettore parallela al primo (B ). Cioè A · B = A · B ; 2) si moltiplica il valore del secondo vettore (B) per il valore della componente del primo vettore parallela al secondo (A ). Cioè A · B = B · A ; 3) si moltiplica il valore del primo vettore (A) per il valore del secondo vettore (B) per il coseno dell’angolo tra i due vettori. Cioè A · B = A · B · cos(a); 4) si scompongono i due vettori A e B nelle sue componenti A X, A Y, A Z e BX, BY, BZ, poi si moltiplicano tra loro le componenti X, si moltiplicano le componenti Y, si moltiplicano le componenti Z ed alla fine si sommano i tre prodotti. Cioè A · B = A X · BX + A Y · BY + A Z · BZ ALGEBRA VETTO- RIALE VETTORI GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

39 PRODOTTO VETTORIALE tra 2 VETTORI
Tra due vettori A e B è possibile eseguire il loro prodotto vettoriale. Questo è una grandezza vettoriale che ha la direzione perpendicolare a quella di ciascuno dei 2 vettori ed il verso che si può trovare con la regola della mano sinistra. Il valore può essere determinata in quattro modi diversi: 1) si moltiplica il valore del primo vettore (A) per il valore della componente del secondo vettore perpendicolare al primo (B ). Cioè A · B = A · B ; 2) si moltiplica il valore del secondo vettore (B) per il valore della componente del primo vettore perpendicolare al secondo (A ). Cioè A · B = B · A ; 3) si moltiplica il valore del primo vettore (A) per il valore del secondo vettore (B) per il seno dell’angolo tra i due vettori. Cioè A · B = A · B · sen(a); 4) si scompongono i due vettori A e B nelle sue componenti AX, AY, AZ e BX, BY, BZ, poi si ottengono le componenti del prodotto vettoriale nel seguente modo: (A · B)X = AX · BX + AY · BY + AZ · BZ (A · B)Y = AX · BX + AY · BY + AZ · BZ (A · B)Z = AX · BX + AY · BY + AZ · BZ ALGEBRA VETTO- RIALE VETTORI GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

40 PRODOTTO di un VETTORE per uno SCALARE
Moltiplicando un vettore A per uno scalare b si ottiene un vettore C che ha: la stessa direzione del vettore A; lo stesso verso di A se è b positivo (> 0), o verso contrario se è b negativo (< 0); il valore di C è uguale al valore di A moltiplicato per b. ALGEBRA VETTO- RIALE VETTORI GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

41 SCOMPOSIZIONE di un VETTORE
Si chiamano componenti di un dato vettore quei vettori che giacciono sugli assi cartesiani e che sommati danno come risultato il vettore di partenza. Un vettore può essere scomposto nelle sue componenti. Per farlo è necessario disegnare il vettore nel sistema di assi cartesiani con la sua coda nell’origine. Dopo di che si disegnano, in corrispondenza delle coordinate della punta del vettore, i versi dei vettori componenti. ALGEBRA VETTO- RIALE VETTORI GRAN-DEZZE FISICHE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

42 STATI DI AGGREGAZIONE della materia
I corpi che noi osserviamo quotidianamente si trovano in stati di aggregazione (o fasi) diversi: il marmo allo stato solido, l’alcool allo stato liquido, il vapore acqueo allo stato gassoso. Oltre alla fase solida, liquida e gassosa esiste anche la fase di plasma. Ogni sostanza può passare da uno stato di aggregazione ad un altro se viene cambiata la pressione e/o la temperatura. L’acqua è una sostanza che, alla pressione atmosferica, la possiamo facilmente trovare in una delle tre fasi, mentre altri materiali li troviamo principalmente in una determinata fase: ad esempio il ferro solitamente solido, l’olio solitamente liquido, l’ossigeno solitamente gassoso. CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

43 I SOLIDI Avete studiato alle elementari che i solidi sono quei corpi che non cambiano né la loro forma né il loro volume. Per essere più esatti possiamo affermare che nei solidi la forma non cambia, mentre il volume può cambiare al variare della temperatura, ma il cambiamento è molto piccolo e generalmente può essere trascurato. Dal punto di vista microscopico un corpo è solido se le particelle di cui esso è formato oscillano o vibrano attorno a posizioni reciproche pressoché fisse, cioè una particella non cambia la sua posizione rispetto a quelle ad essa vicine. Possiamo dire che le forze di legame reciproche sono di notevole intensità. STATI di AGGREGA- ZIONE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

44 I LIQUIDI Avete studiato alle elementari che i liquidi sono quei corpi che non cambiano il loro volume, ma cambiano la loro forma, prendendo la forma del recipiente che li contengono. Per essere più esatti, possiamo affermare che nei liquidi il volume può cambiare al variare della temperatura, ma il cambiamento è molto piccolo e generalmente può essere trascurato. Dal punto di vista microscopico un corpo è liquido se le particelle di cui esso è formato oscillano o vibrano scivolando le une accanto alle altre, cioè una particella può cambiare la sua posizione rispetto a quelle ad essa vicine, ma mantiene pressoché invariata la distanza con esse. Possiamo dire che le forze di legame reciproche sono di media intensità. STATI di AGGREGA- ZIONE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

45 I GAS Avete studiato alle elementari che i gas sono quei corpi non hanno un volume proprio né una forma propria ma assumono il volume e la forma del recipiente che li contengono. Per essere più esatti, possiamo affermare che i gas occupano tutto il volume a loro disposizione. Se il recipiente lo consente il volume può cambiare al variare della temperatura. Se non lo consente al variare della temperatura varia la pressione sulle pareti del contenitore. Dal punto di vista microscopico in un gas le particelle di cui esso è formato oscillano o vibrano e si muovono liberamente, indipendentemente le une dalle altre. Possiamo dire che le forze di legame reciproche sono di intensità trascurabile. STATI di AGGREGA- ZIONE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

46 CAMBIAMENTI DI FASE Ogni sostanza può passare da uno stato di aggregazione ad un altro se viene cambiata la pressione e/o la temperatura. Ogni cambiamento di fase ha un nome particolare che la differenzia dalle altre: FUSIONE è il passaggio dalla fase solida alla liquida; EBOLLIZIONE ed EVAPORAZIONE sono passaggi dalla fase liquida alla fase gassosa. Sia l’ebollizione che l’evaporazione vanno sotto il nome di vaporizzazione; CONDENSAZIONE è il passaggio dalla fase gassosa alla fase liquida; SOLIDIFICAZIONE è il passaggio dalle fase liquida alla fase solida; SUBLIMAZIONE è il passaggio dalla fase solida a quella gassosa o viceversa. Questo passaggio avviene senza passare dalla fase liquida. STATI di AGGREGA- ZIONE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

47 FUSIONE FUSIONE è il passaggio dalla fase solida alla fase liquida.
La fusione avviene grazie all’assorbimento di calore da parte del corpo. Durante tutto il periodo in cui un solido si trasforma in liquido la temperatura rimane costante. Ogni materiale ha un proprio valore di temperatura a cui avviene la fusione. Questo valore prende il nome di temperatura di fusione. Il calore assorbito dal corpo durante il tempo della fusione, chiamato calore latente di fusione, serve per rompere i legami tra le molecole liberandoli dal vincolo di stare in posizioni pressoché fisse le une accanto alle altre. CAMBIA- MENTI di FASE STATI di AGGREGA- ZIONE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

48 EBOLLIZIONE EBOLLIZIONE è il passaggio dalla fase liquida alla fase gassosa con formazione di bolle che dagli strati più profondi si dirigono verso gli strati superficiali; L’ebollizione si produce grazie all’assorbimento di calore da parte del liquido oppure alla diminuzione della pressione. Durante tutto il periodo in cui un liquido bolle trasformandosi in gas la temperatura rimane costante. Ogni materiale ha un proprio valore di temperatura a cui avviene l’ebollizione. Questo valore prende il nome di temperatura di ebollizione. Il calore assorbito dal corpo durante il tempo dell’ebollizione, chiamato calore latente di ebollizione, serve per rompere i legami tra le molecole liberandoli dal vincolo di stare vicine le une alle altre. CAMBIA- MENTI di FASE STATI di AGGREGA- ZIONE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

49 EVAPORAZIONE EVAPORAZIONE è il passaggio dalla fase liquida alla fase gassosa senza formazione di bolle. Questo avviene negli strati superficiali del liquido; L’evaporazione si verifica a temperatura inferiore a quella di ebollizione. Nell’evaporazione le molecole in superficie, che si trovano momentaneamente ad avere un’energia più grande delle molecole vicine, si staccano da esse e si liberano negli spazi esterni. Naturalmente alcune molecole già liberatesi possono ricadere nel liquido, ma ciò capita molto meno. CAMBIA- MENTI di FASE STATI di AGGREGA- ZIONE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

50 CONDENSAZIONE CONDENSAZIONE è il passaggio dalla fase gassosa a quella liquida; La condensazione si verifica a causa di un iniziale abbassamento di temperatura oppure a causa di un aumento di pressione. Durante tutto il periodo in cui un gas si trasforma in liquido la temperatura rimane costante. Ogni materiale ha un proprio valore di temperatura a cui avviene la condensazione che è uguale a quella di ebollizione. Il calore ceduto dal corpo durante il tempo della condensazione, comporta una diminuzione di energia interna del gas per cui le molecole si legano a quelle vicine permettendo però lo scorrimento delle une accanto alle altre. Il calore ceduto dal corpo durante la condensazione è uguale (a parte il segno) a quello latente di ebollizione. CAMBIA- MENTI di FASE STATI di AGGREGA- ZIONE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

51 SOLIDIFICAZIONE SOLIDIFICAZIONE è il passaggio dalla fase liquida alla fase solida; La solidificazione succede grazie all’abbassamento iniziale di temperatura da parte del corpo Durante tutto il periodo in cui un liquido si trasforma in solido la temperatura rimane costante e questa è uguale a quella di fusione. Il calore ceduto dal corpo durante il tempo della solidificazione, comporta una diminuzione di energia interna del gas per cui le molecole si legano più fortemente a quelle vicine impedendo così lo scorrimento delle une accanto alle altre. Il calore ceduto dal corpo durante il tempo della solidificazione, è uguale (a parte il segno) a quello latente di fusione. CAMBIA- MENTI di FASE STATI di AGGREGA- ZIONE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

52 SUBLIMAZIONE SUBLIMAZIONE è il passaggio dalla fase solida alla fase gassosa senza passare dalla fase liquida oppure viceversa il passaggio dalla fase gassosa alla fase solida senza passare dalla fase liquida. CAMBIA- MENTI di FASE STATI di AGGREGA- ZIONE CONCETTI di BASE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

53 LA MECCANICA Le parti della MECCANICA sono:
CINEMATICA Studia il movimento dei corpi (studia come può avvienire il movimento, cioè studia quali sono i vari tipi di movimento) STATICA Studia l’equilibrio dei corpi (cioè perché i corpi non cambiano la loro velocità) DINAMICA Studia le cause del movimento (cioè studia perché i corpi si muovono in un certo modo anziché in un altro) Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

54 LA CINEMATICA La CINEMATICA studia il movimento senza interessarsi delle sue cause Ossia studia: Le grandezze fisiche del movimento ed i vari tipi di movimenti di un corpo Il moto rettilineo, Il moto circolare, Il moto uniforme, Il moto rettilineo uniforme, Il moto circolare uniforme, Il moto uniformemente accelerato. Il concetto di POSIZIONE, Lo SPAZIO PERCORSO Lo SPOSTAMENTO, La VELOCITA’, La VARIAZIONE di VELOCITA’, L’ACCELERAZIONE. MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

55 La POSIZIONE La Posizione di un corpo indica il punto in cui il corpo (supposto molto piccolo) si trova in un determinato istante di tempo. La posizione ovviamente dipende dal Sistema di Riferimento utilizzato. Può essere determinata dando le coordinate del punto occupato nel Sistema di Riferimento. Esso è una grandezza fisica vettoriale e lo si può rappresentare con una freccia che parte all’origine del Sistema di Riferimento e termina nel punto in cui si trova il corpo. Lo spostamento si indica con la P. Nel S.I. la sua unità di misura è il metro (m). CINEMA- NICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

56 Lo SPAZIO PERCORSO Si definisce SPAZIO PERCORSO da un corpo la lunghezza del percorso fatto tra la sua posizione iniziale e quella finale. Lo Spazio percorso è una grandezza fisica scalare. Lo spazio percorso si indica con la s. Nel S.I. la sua unità di misura è il metro (m). CINEMA- NICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

57 Lo SPOSTAMENTO Si definisce SPOSTAMENTO di un corpo la distanza tra la sua posizione iniziale e quella finale. Lo Spostamento è una grandezza fisica vettoriale e lo si può rappresentare con una freccia che parte dalla posizione iniziale e finisce nella posizione finale. Lo spostamento si indica con la S e risulta uguale a: S = Pf – Pi = DP. Nel S.I. la sua unità di misura è il metro (m). CINEMA- NICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

58 La VELOCITA’ La velocità è una grandezza fisica che indica la sveltezza con cui si muove un corpo. Si può parlare di velocità lineare (o velocità scalare) e di velocità (o velocità vettoriale. La velocità lineare (il cui simbolo è v ) è una grandezza scalare e si calcola facendo il rapporto tra lo spazio percorso (s ) ed il tempo (t ) impiegato a percorrerlo. Cioè: La velocità (il cui simbolo è V ) è una grandezza vettoriale e si calcola facendo il rapporto tra lo Spostamento (S ) ed il tempo (t ) impiegato a percorrerlo Cioè: L’unità di misura della velocità nel S.I. è il metro al secondo ( ). CINEMA- NICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

59 La VARIAZIONE di VELOCITA’
La variazione di velocità di un corpo è una grandezza fisica vettoriale che indica la differenza tra la sua velocità finale e quella iniziale. Il simbolo della variazione di velocità è DV. La variazione di velocità (DV) si calcola facendo la differenza tra la velocità finale (Vf) e la velocità iniziale (Vi) del corpo considerato. Cioè: DV= Vf – Vi. L’unità di misura della variazione di velocità nel S.I. è il metro al secondo ( ). CINEMA- NICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

60 ACCELERAZIONE L’accelerazione è una grandezza fisica che indica la sveltezza con cui varia la velocità di un corpo. L’accelerazione (il cui simbolo è a ) è una grandezza vettoriale e si calcola facendo il rapporto tra la variazione di velocità (DV ) ed il tempo (t ) impiegato a variarla. Cioè: L’unità di misura dell’accelerazione nel S.I. è il metro al secondo quadrato ( ). CINEMA- NICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

61 IL MOTO RETTILINEO UNIFORME
Il movimento di un corpo in fisica viene chiamato MOTO. Se il corpo si muove lungo una linea retta il moto si chiama: Moto Rettilineo. Quindi nel moto rettilineo può cambiare il valore o il verso della velocità, ma non la sua direzione. Se il valore della velocità di un corpo è costante, cioè non cambia al passare del tempo il moto si chiama: Moto Uniforme. Quindi nel moto uniforme può cambiare la direzione ed il verso della velocità ma non il suo valore. Se il movimento avviene in linea retta e con il valore della velocità costante il moto si chiama: Moto Rettilineo Uniforme. Nel moto rettilineo uniforme, siccome non cambia il valore e la direzione della velocità, non può cambiare neanche il verso. Pertanto se il moto è rettilineo uniforme la velocità è costante e quindi l’accelerazione è nulla. CINEMA- NICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

62 IL MOTO CIRCOLARE UNIFORME
Il movimento di un corpo in fisica viene chiamato MOTO. Se il corpo si muove lungo una circonferenza il moto si chiama: Moto Circolare. Quindi nel moto circolare può cambiare il valore o il verso e la direzione della velocità. Se il valore della velocità di un corpo è costante, cioè non cambia al passare del tempo il moto si chiama: Moto Uniforme. Quindi nel moto uniforme può cambiare la direzione ed il verso della velocità ma non il suo valore. Se il movimento avviene lungo una circonferenza e con il valore della velocità costante il moto si chiama: Moto Circolare Uniforme. Nel moto circolare uniforme, siccome cambia il verso e la direzione della velocità, anche se non cambia il valore l’accelerazione non è nulla, ma avrà un valore costante, una direzione che, istante per istante, è lungo il raggio della circonferenza ed il verso è verso il suo centro. Si parla allora di accelerazione centripeta. CINEMA- NICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

63 IL MOTO UNIFORMEMENTE ACCELERATO
Il movimento di un corpo in fisica viene chiamato MOTO. Se il corpo si muove lungo una linea retta il moto si chiama: Moto Rettilineo. Quindi nel moto rettilineo può cambiare il valore o il verso della velocità, ma non la sua direzione. Se il valore, la direzione ed il verso dell’accelerazione è costante, ossia se l’accelerazione del corpo è costante il moto si chiama: Moto Uniformemente Accelerato. Se un corpo si muove di moto uniformemente accelerato il moto del corpo può essere o rettilineo o curvilineo. Un caso di moto curvilineo uniformemente accelerato è il moto parabolico. Ad esempio il moto di un qualsiasi oggetto o proiettile lanciato in direzione obliqua è un moto parabolico cioè un moto curvilineo uniformemente accelerato. CINEMA- NICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

64 LA STATICA E L’EQUILIBRIO
La STATICA studia le condizioni che consentono ad un corpo di essere in equilibrio. Ci sono 2 tipi di equilibrio: equilibrio traslazionale ed equilibrio rotazionale Per equilibrio traslazionale si intende la situazione di un corpo che essendo fermo continua a stare fermo; oppure che essendo in moto continua a muoversi di moto rettilineo uniforme. Per equilibrio rotazionale si intende la situazione di un corpo che non ruotando continua a non ruotare; essendo in rotazione continua a ruotare con moto circolare uniforme. Essa si suddivide i STATICA dei SOLIDI (che ha alla base le FORZE) e STATICA dei FLUIDI (che ha alla base la PRESSIONE) MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

65 I FLUIDI I corpi fluidi sono quei corpi che si trovano allo stato di aggregazione di liquido oppure di gas. Un fluido non ha una forma propria, ma si adatta al recipiente che lo contiene. Su di esso è impossibile applicare un forza localizzata in un punto, ma è necessario applicarla distribuendola sulla superficie che lo delimita. Per questo studiando i fluidi si studia principalmente la pressione STATICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

66 LA PRESSIONE Quando si studiano le forze non localizzate, ma distribuite su una superficie si introduce il concetto di pressione (simbolo p). Essa è una grandezza fisica scalare e corrisponde al valore della forza ( F ) che agisce su una superficie ( S ) unitaria (S = 1 m2). Quindi F = p · S. La sua unità di misura nel S.I. è Newton al metro quadro ( ). N / m2 viene anche detto Pascal (Pa). Quindi: STATICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

67 PRINCIPIO DI PASCAL La pressione in un fluido, in dato istante, può essere diversa a seconda del punto considerato. Ma ad un stesso livello di profondità, nello stesso fluido, la pressione ha lo stesso valore qualunque sia il punto in cui viene misurata. Ma la pressione può essere diversa se si prendono in considerazione punti a differente profondità così come afferma la legge di Stevino. Se, invece, il fluido non ha peso allora la pressione è la stessa in tutti i punti anche a profondità diverse. Cioè la pressione esercitata in un punto si trasmette in tutti gli altri punti con la stessa intensità esercitando una forza sempre perpendicolare alla superficie del contenitore. Quest’ultimo fatto è noto come principio di Pascal. Esso in pratica afferma che l’unica causa del diverso valore della pressione a profondità diverse è il peso specifico del fluido stesso. PRESSIO- NE STATICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

68 LA LEGGE DI STEVINO La pressione in un fluido, in dato istante, può essere diversa a seconda del punto considerato. Ma ad un stesso livello di profondità, nello stesso fluido, la pressione ha lo stesso valore qualunque sia il punto in cui viene misurata. Ma la pressione può essere diversa se si prendono in considerazione punti a differente profondità. Infatti la LEGGE DI STEVINO afferma che: Se, un fluido ha un peso non trascurabile allora la pressione non è la stessa in tutti i punti ma varia con la profondità. Cioè la variazione di pressione tra due punti di un fluido a profondità diverse è uguale al prodotto fra il peso specifico del fluido Ps per la differenza di profondità Dh. Ossia Dp = Ps∙Dh = dg∙Dh (dove d è la densità del fluido e g è l’accelerazione di gravità) Quindi se la pressione in superficie è nulla (p0 = 0) ed il primo dei 2 punti è in superficie (h = 0) allora la pressione a profondità h sarà: p = dg∙h = Ps∙h. Esso in pratica afferma che l’unica causa del diverso valore della pressione a profondità diverse è il peso specifico del fluido stesso. PRESSIO- NE STATICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

69 LA DINAMICA La DINAMICA studia le cause del movimento e quindi si interessa di: MASSA, FORZA, LAVORO, ENERGIA, POTENZA, QUANTITA’ di MOTO, MOMENTO di INERZIA, MOMENTO ANGOLARE. La dinamica può essere suddivisa in: DINAMICA dei SOLIDI e DINAMICA dei FLUIDI MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

70 MASSA La massa è una grandezza fisica fondamentale, scalare. Il suo simbolo è m o M . È una proprietà caratteristica di tutti i corpi Possiamo dare 3 definizioni differenti: 1) quantità di materia con cui è composto un corpo, 2) opposizione di un corpo a farsi accelerare (cioè a far cambiare la sua velocità); 3) proprietà dei corpi grazie alla quale si attraggono con una forza gravitazionale. La sua unità di misura nel S.I. è il chilogrammo (kg) Lo strumento con cui la si misura è la bilancia a due braccia DINAMICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

71 FORZA Per forza si intende una spinta o un’attrazione che è in grado di far modificare il tipo di movimento (velocità) di un corpo. Un altro effetto della forza è la deformazione (grande o piccola) del corpo su cui essa è applicata. Se il corpo non è vincolato (ovvero è libero di muoversi) e su di esso non è applicata alcuna forza, esso non cambia il suo modo di muoversi (non cambia la sua velocità). Questo afferma il primo principio della dinamica. Se il corpo non è vincolato (ovvero è libero di muoversi) e su di esso è applicata una forza, esso cambia il suo modo di muoversi (cambia la sua velocità). Questo afferma il secondo principio della dinamica. La forza (simbolo F ) è una grandezza fisica vettoriale che ha come unità di misura nel S.I.il kg · m/s2 che per semplicità viene chiamato Newton (N). DINAMICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

72 LAVORO Il lavoro è una grandezza fisica derivata, scalare il cui simbolo è L. È un’azione che consiste nell’applicare una forza su un corpo che si sposta. Si calcola facendo il prodotto scalare tra la forza (F) applicata ad un corpo per il suo spostamento (S) L=F · S L’unità di misura del lavoro nel S.I. è il Joule (J) che corrisponde a Newton·metro (1 J=1N·m) DINAMICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

73 ENERGIA L’energia U è una grandezza fisica scalare derivata.
È una caratteristica dei corpi, ovvero sono i corpi che possiedono energia. L’energia è ciò che serve utilizzare per compiere lavoro. Infatti ogni qualvolta un corpo compie un lavoro L perde una quantità di energia pari al lavoro compiuto. Ovvero L = – DU . Mentre se un corpo subisce lavoro esso aumenta la sua energia di una quantità pari al lavoro subito. Quindi l’unità di misura dell’energia è quella stessa del lavoro e cioè nel S.I. è Joule. Ci sono molti tipi di energia: cinetica, potenziale, meccanica, termica, elastica, elettrica, magnetica, ecc. Ogni tipo di energia si calcola in un modo diverso. DINAMICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

74 POTENZA La potenza è una grandezza fisica scalare derivata. Essa è la sveltezza con cui si compie lavoro. La potenza P si calcola facendo il rapporto tra il lavoro L ed il tempo t impiegato a compierlo. Cioè La potenza è quindi la sveltezza con cui viene persa o prodotta l’energia U . L’unità di misura della potenza nel S.I. è watt che corrisponde a Joule/secondi. DINAMICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

75 STATICA DEI SOLIDI Tutti i solidi sono corpi deformabili.
Alcuni possono deformarsi molto (corpi elastici) e la loro deformazione risulta evidente, altri molto poco e talvolta neanche ci accorgiamo. Noi studieremo la statica dei corpi solidi non deformabili che chiameremo: “corpo rigido”. Un corpo rigido è in equilibrio solo se è in equilibrio sia traslazionale, sia rotazionale. Un corpo rigido è in equilibrio traslazionale se la somma di tutte le forze applicate su di esso è uguale a zero. Un copro rigido è in equilibrio rotazionale se la somma di tutti i momenti delle forze applicati su di esso è uguale a zero. Un corpo che è vincolato a muoversi lungo un percorso particolare può essere in equilibrio stabile, equilibrio instabile o equilibrio indifferente. Casi particolari di corpi rigidi in equilibrio sono le macchine semplici. MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

76 IN LAVORAZIONE. MOMENTO DELLA FORZA STATICA Aggiornato al 8/11/2011
MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

77 Equilibrio STABILE Un corpo rigido è in equilibrio stabile se si trova in una posizione tale che ogni qualvolta viene allontanato un poco da essa, tenderà a ritornare nella precedente posizione. Ad esempio è in una posizione di equilibrio stabile una pallina sul fondo di una tazza. STATICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

78 Equilibrio INSTABILE Un corpo rigido è in equilibrio instabile se si trova in una posizione tale che ogni qualvolta viene allontanato un poco da essa, tenderà ad allontanarsi ancora di più dalla precedente posizione. Ad esempio è in una posizione di equilibrio stabile una pallina sulla cima di dosso. STATICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

79 Equilinrio INDIFFERENTE
Un corpo rigido è in equilibrio indifferente se si trova in una posizione tale che ogni qualvolta viene allontanato un poco da essa, rimarrà nella nuova posizione. Ad esempio è in una posizione di equilibrio stabile una pallina su un piano orizzontale. STATICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

80 MACCHINE SEMPLICI Le macchine semplici sono dispositivi ideati dall’uomo per modificare l’applicazione delle forze. Sono macchine semplici le leve (forbici, apribottiglie, pinzette…) la carrucola, il paranco, la carriola, ecc. Le macchine semplici sfruttano le leggi dell’equilibrio. STATICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

81 La LEVA La leva è una macchina semplice.
Molti dei nostri utensili sono delle leve: le forbici, le pinzette per le sopracciglia, lo schiaccianoci, ecc. La leva consente di ottenere l’applicazione da parte della macchina di una forza resistente Fr (o semplicemente resistenza) in un punto, tramite l’applicazione in un altro punto di una forza motrice Fm (o semplicemente potenza). Questo avviene grazie alla rotazione della leva attorno ad un punto f chiamato fulcro. A seconda della posizione reciproca tra potenza, resistenza e fulcro distinguiamo tre tipi di leve: leva di primo genere, di secondo genere e di terzo genere. Il rapporto V tra la resistenza Fr e la potenza Fm si chiama vantaggio. Ossia: STATICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

82 VANTAGGIO della LEVA LEVA
Il vantaggio di una leva può essere maggiore di zero (leva vantaggiosa) o minore di zero (leva svantaggiosa). Il vantaggio dipende dalle distanze tra i punti di applicazione delle forze ed il fulcro. Se chiamiamo br (braccio della resistenza) la distanza tra il punto di applicazione della resistenza ed il fulcro e bm (braccio della potenza) la distanza tra il punto di applicazione della potenza ed il fulcro si verifica che: Ovvero una leva è tanto più vantaggiosa quanto più il braccio della potenza è maggiore di quello della resistenza. LEVA STATICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

83 TIPI di LEVA Sappiamo che una leva è tanto più vantaggiosa quanto più il braccio della potenza è maggiore di quello della resistenza. Ci sono 3 tipi di leve: Leva di primo genere se il fulcro si trova tra la potenza e la resistenza. In una leva di primo genere il vantaggio può essere maggiore di zero (se il braccio della potenza è maggiore di quello della resistenza), minore di zero (se il braccio della potenza è minore di quello della resistenza) o uguale a zero (se il braccio della potenza è uguale a quello della resistenza). Sono leve di primo genere ad esempio le forbici o l’altalena. Leva di secondo genere se la resistenza si trova tra il fulcro e la potenza. Una leva di primo genere è sempre vantaggiosa. È una leva di secondo genere lo schiaccianoci. Leva di terzo genere se se la potenza si trova tra il fulcro e la resistenza. Una leva di primo genere è sempre svantaggiosa. È una leva di terzo genere la pinzetta per le sopracciglia. LEVA STATICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

84 DINAMICA DEI SOLIDI Nella dinamica dei solidi si studiano le leggi della dinamica. Ovvero: il primo principio della dinamica, il secondo principio della dinamica, il terzo principio della dinamica, il principio di conservazione dell’energia. DINAMICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

85 PRIMO PRINCIPIO DELLA DINAMICA
Il primo principio della dinamica, detto anche legge d’inerzia o legge di Galilei afferma che, in assenza di forze applicate su di un corpo, il corpo rimane in equilibrio, cioè se il corpo era fermo continua a rimanere fermo, invece se era in movimento continuerà a muoversi con la stessa velocità in valore, direzione e verso. Più in generale un corpo rimane in equilibrio se la somma di tutte le forze applicate al corpo è uguale a zero. In tal caso si ha che l’accelerazione a del corpo è nulla. Cioè: a = 0 DINAMICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

86 SECONDO PRINCIPIO DELLA DINAMICA
Il secondo principio della dinamica, detto anche legge fondamentale della dinamica o legge di Newton afferma che se su un corpo c’è applicata una sola forza il corpo accelera con una accelerazione a direttamente proporzionale alla forza F applicata ed inversamente proporzionale alla massa del corpo. Cioè: Più in generale se su un corpo sono applicate più di una forza e la somma di tutte queste forze FTOT è diversa da zero il corpo accelera e l’accelerazione si calcola con la formula: DINAMICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

87 TERZO PRINCIPIO DELLA DINAMICA
Il terzo principio della dinamica detto anche principio di azione e reazione afferma che se un corpo A applica una forza FAB su un corpo B allora il corpo B applica contemporaneamente un forza FBA sul corpo A e questa forza è esattamente uguale in valore e direzione, ma con verso contrario. Cioè:FAB = – FBA DINAMICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

88 PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DELL’ENERGIA
Il principio di conservazione dell’energia afferma che l’energia è una grandezza fisica il cui valore non cambia. Cioè l’energia U può passare da un corpo ad un altro, oppure trasformarsi da un tipo ad un altro, ma non si può creare, né distruggere. La somma di tutte le energie prima di un evento qualsiasi e quella dopo l’evento stesso è sempre costante. Ha cioè un valore fisso. Ovvero U1i + U2i + U3i + … = U1f + U2f + U3f + … DINAMICA MECCA- NICA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

89 TERMOLOGIA La termologia si può suddividere in 2 parti:
1) La termologia vera e propria che si occupa della relazione tra la temperatura, il calore, e la sua propagazione, l’energia interna 2) La termodinamica studiata inizialmente nel caso di un gas perfetto. Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

90 TEMPERATURA La temperatura può essere percepita dai nostri sensi come indice di quanto è caldo o freddo il corpo osservato. La temperatura indica il grado di agitazione delle particelle microscopiche di cui è composto il corpo (atomi). La temperatura è una grandezza fisica, proprietà dei corpi, la cui definizione è data alla pagina seguente. Ogni qualvolta si mette a contatto un corpo più caldo (cioè a temperatura più alta) con uno più freddo (cioè a temperatura più bassa) si ha un passaggio di energia interna dal corpo più caldo a quello più freddo. Dopo un po’ di tempo si raggiunge l’equilibrio termico, ovvero termina questo passaggio e i due copri raggiungono la stessa temperatura intermedia chiamata temperatura di equilibrio. Gli effetti della variazione di temperatura possono essere: dilatazione, cambiamenti di colore, cambiamenti di fase, variazione della resistività elettrica, ecc TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

91 Definizione di TEMPERATURA
La temperatura è una grandezza fisica scalare fondamentale che si misura con il termometro. La temperatura indica il grado di agitazione delle particelle del corpo L’unità di misura della temperatura nel S.I. è il kelvin (k). In Italia si usa invece il grado Celsius (°C). Il grado Celsius è chiamato anche grado centigrado. TEMPE-RATURA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

92 TERMOMETRO Il termometro è lo strumento di misura della temperatura (di un ambiente, di un oggetto, o di un corpo qualsiasi). Esso è costituito contenitore trasparente contenente al suo interno un termoscopio ed una scala graduata. Il termometro più comunemente usato è quello che sfrutta il fenomeno della dilatazione termica. A seconda del livello raggiunto dal liquido nel termoscopio, si può leggere, sulla scala graduata, la temperatura del termometro e quindi quella del corpo in cui esso è inserito che è esattamente uguale (se si è aspettato il tempo necessario al raggiungimento dell’equilibrio termico). TEMPE-RATURA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

93 TERMOSCOPIO Il termoscopio è uno strumento di osservazione. Esso, non avendo associata una scala graduata, permette solo di osservare le variazioni di temperatura, ma non permette la sua misura. Il termoscopio a dilatazione di liquido è costituito da un contenitore trasparente, che ha una forma particolare, all’interno del quale c’è un liquido opaco (solitamente era il mercurio). Il contenitore ha la forma di un’ampolla terminante con un collo molto sottile. Esso è riempito dal liquido che occupa tutto lo spazio dell’ampolla e parte del suo collo. Aumentando la temperatura del corpo nel quale il termoscopio si trova immerso, si ha una dilatazione del liquido in esso contenuto. Si può, in tal modo, osservare l’aumento di temperatura, osservando l’aumento di livello del liquido nel collo del contenitore. TEMPE-RATURA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

94 Scala Celsius (1) Celsius usando il termoscopio a dilatazione di liquido ha inventato la scala termometrica che porta il suo nome. Egli inizialmente aveva notato tre cose: 1) quasi tutti corpi (tranne l’acqua e i corpi che contengono acqua) all’aumentare della temperatura si dilatano aumentando di volume; 2) durante tutto il tempo in cui un corpo cambia fase da solido a liquido, o da liquido a solido la temperatura del corpo non cambia; 3) durante tutto il tempo in cui un corpo cambia fase da liquido a gas o da gas a liquido la temperatura del corpo non cambia(secondo punto fisso). Allora usando queste informazioni decise di fare quanto segue: TEMPE-RATURA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

95 Scala Celsius (2) Celsius usando le informazioni della pagina precedente decise di fare quanto segue: a) ha scelto come “corpo” l’acqua; b) ha collegato al suo termoscopio una striscia di carta per ottenere una scala graduata; c) ha chiamato zero gradi (0 °C) la temperatura dell’acqua che passa dalla fase solida a quella liquida (fusione del ghiaccio) ed ha segnato sulla striscia una tacca corrispondente al livello del liquido nel termoscopio indicandola con uno “0 °C”; d) ha chiamato cento gradi (100 °C) la temperatura dell’acqua che passa da liquido a gas (ebollizione) ed ha segnato sulla striscia una tacca corrispondente al livello del liquido nel termoscopio indicandola con un “100 °C”; e) ha suddiviso in 100 parti uguali la distanza tra le due tacche ed ha chiamato grado ogni singolo tratto; f) ha aggiunto altre tacche sopra il 100 °C per indicare valori di temperatura maggiori di 100 °C; g) ha aggiunto altre tacche sotto lo 0 °C per indicare valori negativi di temperatura. La scala così ottenuta va sotto il nome di Scala Celsius. Teoricamente tutti i valori di temperatura potrebbero essere possibili da meno infinito a più infinito TEMPE-RATURA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

96 Scala kelvin Giacché il valore minimo teorico possibile di temperatura corrisponde a 273,16, lord Kelvin ha pensato di costruire una scala di temperature tale che tutti valori possibili siano positivi. Pertanto egli, partendo dalla scala Celsius, ne costruì una nuova (scala kelvin, che quindi è anch’essa una scaLA centigrada) semplicemente aumentando tutti i valori di 273,16. Cioè il valore della temperatura indicata con la scala kelvin è uguale a quello della scala Celsius aumentato di 273,16. Ovvero indicando con t la temperatura indicata in gradi Celsius e con T quella indicata in kelvin si ha: T = t + 273,16 e quindi t = T – 273,16 In tal modo la temperatura dello zero gradi Celsius (0 °C) corrisponde alla temperatura di 273,16 k. Ciò vuol dire che il ghiaccio fonde alla temperatura di 273,16 k E la temperatura di cento gradi (100 °C) corrisponde alla temperatura di 373,16 k. Ciò vuol dire che l’acqua bolle alla temperatura di 373,16 k. TEMPE-RATURA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

97 Temperatura di EQUILIBRIO
Se si mette a contatto un corpo più caldo (cioè a temperatura più alta) con uno più freddo (cioè a temperatura più bassa) si ha un passaggio di calore dal corpo più caldo a quello più freddo. Dopo un po’ di tempo si raggiunge l’equilibrio termico, ovvero termina questo passaggio e i due copri raggiungono la stessa temperatura intermedia chiamata temperatura di equilibrio. La temperatura di equilibrio dipende dalle temperature iniziali, dalle masse dei due corpi e dai materiali con cui sono costituiti i due corpi. Se entrambi i corpi sono dello fatti stesso materiale ed hanno uguale massa allora la temperatura di equilibrio sarà la media delle temperature iniziali. Invece se hanno differente massa la temperatura di equilibrio sarà più vicina alla temperatura iniziale del corpo con massa maggiore. Essa può essere calcolata usando la formula spiegata alla pagina successiva. TEMPE-RATURA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

98 CALCOLO della temperatura di equilibrio
Due corpi dello stesso materiale a temperature differenti posti a contatto, dopo un po’ di tempo, raggiungono la temperatura di equilibrio. Si può notare che il rapporto tra le variazioni di temperatura dei due corpi (a parte il segno) è uguale al rapporto tra le due masse. Ovvero indicando con t1 ed m1 la temperatura iniziale e la massa del primo corpo, con t2 ed m2 la temperatura iniziale e la massa del secondo corpo e con teq la temperatura di equilibrio si ha: Quindi si ha: (t1 – teq)·m1 = (teq – t2)·m2 da cui dopo una serie di passaggi si ottiene che la temperatura di equilibrio si può ricavare con la seguente formula: Nel caso i corpi sono di materiale diverso è necessario conoscere il calore specifico o la capacità termica dei 2 materiali. TEMPE-RATURA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

99 CALORE Tutti sappiamo che riscaldare un corpo significa fornirgli calore e che raffreddarlo significa sottragli calore. Ma che cosa è il calore? Gli scienziati del 1700 pensavano che esso fosse una qualche “sostanza” contenuta nei corpi a cui era stato dato il nome di “calorico”. Oggi noi sappiamo che il calore (simbolo Q ) è una forma di energia ed è chiamato anche “energia termica”. Il calore è la causa della variazione di temperatura dei corpi. L’unità di misura del calore usata nel S.I. è il Joule, ma storicamente è stata usata anche la “caloria”. Il calore è un flusso (o passaggio) spontaneo di energia termica da un corpo più caldo (a temperatura maggiore) ad uno più freddo (a temperatura minore). Il calore si può propagare in 3 modo diversi: conduzione, convezione ed irraggiamento. Quindi il calore si ha tra due corpi a temperatura differente e può produrre una variazione di temperatura dei due corpi fintanto che non si raggiunge la temperatura di equilibrio. TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

100 Conduzione Nei corpi solidi, dove la materia non può spostarsi da un’estremità all’altra del corpo, il calore si propaga per CONDUZIONE. La conduzione termica può avvenire tra 2 corpi a contatto oppure all’interno di uno stesso corpo. Nella conduzione termica c’è trasporto di energia termica (calore) senza trasporto di materia. La conduzione avviene grazie al fatto che in un corpo le particelle (che lo costituiscono) nella sua estremità più calda hanno maggiore agitazione, e questa viene trasmessa alle particelle meno agitate nelle vicinanze. Queste a loro volta trasmettono l’agitazione a quelle a loro più vicine e così via. CALORE TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

101 Convezione Nei fluidi, dove la materia può spostarsi da un’estremità all’altra di esso, il calore si può propagare per CONVEZIONE. La convezione termica avviene all’interno di uno stesso corpo fluido (liquido o gas) grazie al fatto che in esso le particelle (che lo costituiscono) maggiormente agitate, sono libere di spostarsi trasportando con sé l’energia dovuta alla loro agitazione. Nella convezione termica c’è trasporto di energia termica (calore) tramite il trasporto di materia. Il movimento delle particelle all’interno del fluido si chiama moto convettivo. È un moto convettivo quello che si nota nell’acqua che bolle. È moto convettivo quello dell’acqua in un circuito di riscaldamento dalla caldaia ai termosifoni (acqua più calda) e dai termosifoni alla caldaia (acqua meno calda). È moto convettivo il movimento dell’aria chiamato vento. CALORE TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

102 Irraggiamento Sia la conduzione che la convezione possono esistere nella materia. Ma il calore si può propagare anche in assenza di materia (nel vuoto). In tal caso si parla di IRRAGGIAMENTO. Nell’irraggiamento avviene la trasmissione a distanza di energia termica (calore) anche senza la presenza di materia. L’irraggiamento può avvenire tra due corpi distanti anche se sono separati dal vuoto. Esso è dovuto a fenomeni legati al campo elettromagnetico. La nostra terra viene scaldata dal sole (che è molto distante) tramite l’irraggiamento. Il vetro della lampadina viene scaldato per irraggiamento dal filamento incandescente al suo interno sebbene tra il vetro ed il filamento c’è il vuoto (assenza di materia). CALORE TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

103 ENERGIA INTERNA Dalla definizione del calore si nota che i corpi non hanno calore, cioè il calore non è l’energia termica posseduta dai corpi, bensì è l’energia termica che da un corpo si trasferisce ad un altro. L’energia termica posseduta dai corpi si chiama energia interna (U ). Quindi a causa del contatto tra due corpi a temperatura differente il corpo più caldo perde una parte della propria energia interna e la cede sotto forma di calore al corpo più freddo. Questo invece riceve energia termica sotto forma di calore aumentando la propria energia interna. Quindi Qceduto = - DU e Qassorbito = DU In altre parole il calore svolge lo stesso ruolo del lavoro: produce passaggio di energia. Ma mentre il lavoro è provocato dalle forze agenti tra i corpi, il calore è spontaneo ma avviene solo se i corpi hanno temperature differenti. CALORE TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

104 CALORIA Gli scienziati del 1700 pensavano che il calore fosse una qualche “sostanza” contenuta nei corpi a cui era stato dato il nome di “calorico”. Per misurare la quantità di calorico (ovvero il calore) definirono una unità tutt’ora usata (sebbene non nel S.I.): la caloria il cui simbolo è (cal). Per definizione 1 caloria corrisponde alla quantità di calore che bisogna fornire ad 1 grammo di acqua pura per innalzare la sua temperatura da 14,5 °C a 15,5 °C. Risulta quindi che 1 cal = 4,186 J Per motivi vari è stata definita un’altra unità di misura con lo stesso nome ma con l’iniziale maiuscola: la Caloria (o anche grande Caloria) il cui simbolo è (Cal). Negli ultimi anni è sempre meno usata. Per definizione 1 Caloria corrisponde alla quantità di calore che bisogna fornire ad 1 chilogrammo di acqua pura per innalzare la sua temperatura da 14,5 °C a 15,5 °C. Quindi 1 Cal = 1000 cal ovvero 1 Cal = 1 kcal e quindi 1 Cal =4186 J CALORE TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

105 CALORE SPECIFICO Il calore specifico è una grandezza fisica derivata scalare ed è una caratteristica di tutti i materiali. Significa che ogni materiale ha un proprio calore specifico che è stato calcolato e riportato in tabelle consultabili. Il calore specifico di un materiale (simbolo c) è uguale alla quantità di calore che bisogna fornire ad un kg di quel materiale per aumentare la sua temperatura di 1 °C (ovvero di 1 K). L’unità di misura nel S.I. è Da questa definizione deriva che il calore specifico dell’acqua pura è Da quanto esposto sopra deriva che il calore (Q )assorbito da un corpo è uguale al prodotto del calore specifico (c ) per la massa del corpo (m ) per l’aumento di temperatura (Dt ). Cioè Q = c ·m ·Dt . CALORE TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

106 CAPACITA’ TERMICA La capacità termica è una grandezza fisica derivata scalare ed è una caratteristica di tutti i corpi. Significa che ogni corpo ha una propria capacità termica. La capacità termica di un corpo (simbolo C) è uguale alla quantità di calore che bisogna fornire a quel corpo per aumentare la sua temperatura di 1 °C (ovvero di 1 K). L’unità di misura nel S.I. è Da questa definizione deriva che la capacità termica di un corpo costituito da un solo materiale è uguale al prodotto della massa del corpo per il suo calore specifico. Quindi: C = m · c . Allora se due corpi di materiale diverso (aventi calore specifico rispettivamente c1 e c2 ) aventi differenti temperature sono posti a contatto, dopo un po’ di tempo, raggiungono la temperatura di equilibrio. Questa è: CALORE TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

107 DILATAZIONE TERMICA Quasi tutti i corpi (sia allo stato solido, sia allo stato liquido, sia a quello gassoso) all’aumentare della temperatura si dilatano e al diminuire della temperatura si restringono. La dilatazione termica interessa tutte le dimensioni del corpo: lunghezza, larghezza, altezza, superficie e volume. L’esperienza mostra che in un corpo solido la variazione delle sue dimensioni causata da una variazione di temperatura (Dt ) è direttamente proporzionale alla variazione di temperatura (Dt ) e alle dimensioni iniziali del corpo. Allora analizzeremo: la dilatazione termica lineare, la dilatazione termica superficiale, la dilatazione termica volumetrica, la dilatazione lineare dei gas. TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

108 Dilatazione termica LINEARE
Nei corpi solidi la variazione della lunghezza (DLu ) causata da una variazione di temperatura (Dt ) è direttamente proporzionale alla variazione di temperatura (Dt ) e alla lunghezza iniziale (Lui ) del corpo. Cioè: DLu = l · Lui · Dt dove il coefficiente di proporzionalità l (lambda) prende il nome di coefficiente di dilatazione termica lineare. Con una serie di passaggi matematici si ottiene: Luf – Lui = l · Lui · (tf – ti ); Luf = Lui + l · Lui · (tf – ti ); Luf = Lui · (1+ l · (tf – ti )). Nel caso in cui la temperatura iniziale è 0 ° C si ottiene: Lu = Lu0 · (1+ l · tf). Lo stesso può affermarsi per la larghezza (La ). Cioè: DLa = l · Lai · Dt . E quindi: La = La0 · (1+ l · tf). Lo stesso può affermarsi per l’altezza (h ). Cioè: Dh = l · Lai · Dt . E quindi: La = La0 · (1+ l · tf). DILATA-ZIONE TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

109 COEFFICIENTE di dilatazione termica LINEARE
Il coefficiente di dilatazione termica lineare (l ) è una grandezza fisica scalare. È una caratteristica di tutti i materiali. Significa che ogni materiale ha un proprio coefficiente di dilatazione termica lineare che è stato calcolato e riportato in tabelle consultabili. Il coefficiente di dilatazione termica lineare di un materiale è uguale alla variazione di lunghezza di un corpo inizialmente lungo 1 metro quando la sua temperatura aumenta di 1 ° C. L’unità di misura del coefficiente di dilatazione termica lineare nel S.I. è o anche DILATA-ZIONE TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

110 Dilatazione termica SUPERFICIALE
Nei corpi solidi la variazione della superficie (DS ) causata da una variazione di temperatura (Dt ) è direttamente proporzionale alla variazione di temperatura (Dt ) e alla superficie iniziale (Si ) del corpo. Cioè: DS = k · Si · Dt . E con una serie di passaggi matematici si ottiene: Sf – Si = k · Si · (tf – ti ); Sf = Si + k · Si · (tf – ti ); Sf = Si · (1+ k · (tf – ti )). Nel caso in cui la temperatura iniziale è 0 ° C si ottiene: S = S0 · (1+ k · tf). Il coefficiente di proporzionalità k prende il nome di coefficiente di dilatazione termica superficiale DILATA-ZIONE TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

111 COEFFICIENTE di dilatazione termica SUPERFICIALE
Il coefficiente di dilatazione termica superficiale (k ) è una grandezza fisica scalare. È una caratteristica di tutti i materiali. Significa che ogni materiale ha un proprio coefficiente di dilatazione termica superficiale. Si è osservato che il coefficiente di dilatazione termica superficiale è uguale al doppio del coefficiente di dilatazione termica lineare. Cioè k = 2 · l Il coefficiente di dilatazione termica superficiale di un materiale è uguale alla variazione di superficie di un corpo che ha inizialmente una superficie di 1 metro2 quando la sua temperatura aumenta di 1 ° C. L’unità di misura del coefficiente di dilatazione termica superficiale nel S.I. è o anche DILATA-ZIONE TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

112 Dilatazione termica VOLUMETRICA
Nei corpi solidi la variazione del volume (DV ) causata da una variazione di temperatura (Dt ) è direttamente proporzionale alla variazione di temperatura (Dt ) e al volume iniziale (Vi ) del corpo. Cioè: DV = a · Vi · Dt . E con una serie di passaggi matematici si ottiene: Vf – Vi = a · Vi · (tf – ti ); Vf = Vi + a · Vi · (tf – ti ); Vf = Vi · (1+ a · (tf – ti )). Nel caso in cui la temperatura iniziale è 0 ° C si ottiene: V = V0 · (1+ a · tf). Il coefficiente di proporzionalità a prende il nome di coefficiente di dilatazione termica volmetrica DILATA-ZIONE TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

113 COEFFICIENTE di dilatazione termica VOLUMETRICA
Il coefficiente di dilatazione termica volumetrica (a ) è una grandezza fisica scalare. È una caratteristica di tutti i materiali. Significa che ogni materiale ha un proprio coefficiente di dilatazione termica volumetrica. Si è osservato che il coefficiente di dilatazione termica volumetrica è uguale al triplo del coefficiente di dilatazione termica lineare. Cioè a = 3 · l Il coefficiente di dilatazione termica volumetrica di un materiale è uguale alla variazione di volume di un corpo inizialmente avente un volume 1 metro3 quando la sua temperatura aumenta di 1 ° C. L’unità di misura del coefficiente di dilatazione termica volumetrica nel S.I. è o anche DILATA-ZIONE TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

114 DILATAZIONE termica DEI GAS
Quasi tutti i corpi (sia allo stato solido, sia allo stato liquido, sia a quello gassoso) all’aumentare della temperatura si dilatano e al diminuire della temperatura si restringono. Per quanto riguarda i gas la situazione è un po’ particolare, infatti un gas non ha dimensioni lineari proprie. Non ha lunghezza, larghezza, altezza, ma ha solo una superficie ed un volume che sono quelli del contenitore che lo contiene. Allora, per i gas,variando la temperatura solo due situazioni sono possibili: il contenitore ha pareti fisse e rigide che non consentono alcuna variazione del volume. In tal caso varia la pressione; Il contenitore ha pareti elastiche o mobili che consentono variazioni di volume a pressione costante. Entrambe le situazioni saranno studiate nella termodinamica. DILATA-ZIONE TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

115 TERMODINAMICA La termodinamica si occupa di studiare principalmente:
stato termodinamico di un gas trasformazioni termodinamiche, diagrammi di stato, l’equazione di stato di un gas perfetto. Si studiano anche: il principio zero della termodinamica, il primo principio della termodinamica, il secondo principio della termodinamica, le macchine termiche e macchine frigorifere, il rendimento, l’entropia TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

116 STATO termodinamico Se un gas si trova in condizioni tali da avere un dato volume, una data temperatura ed una data pressione il gas è in uno stato di equilibrio termodinamico. Lo stato di equilibrio termodinamico si chiama stato termodinamico del gas. Lo stato di un gas che non ha un dato volume (per esempio l’aria contenuta in una stanza con la finestra aperta), o che non ha una data temperatura (per esempio l’aria contenuta in una stanza con i termosifoni accesi), oppure che non ha una data pressione non è uno stato termodinamico. TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

117 TRASFORMAZIONE termodinamica
La variazione dello stato termodinamico di un gas prende il nome di trasformazione termodinamica. Sono possibili infinte trasformazioni termodinamiche. Trasformazioni reversibili o quasi statiche se avvengono lentamente, ovvero se istante per istante è possibile conoscere lo stato termodinamico in cui si trova il gas; Trasformazioni irreversibili se avvengono molto velocemente, ovvero se istante per istante NON è possibile conoscere lo stato termodinamico in cui si trova il gas. Studieremo solo le trasformazioni reversibili. Anche in questo caso sono possibili infinite trasformazioni, ma noi ne studieremo solo 5: trasformazioni isobare trasformazioni isocore trasformazioni isotermiche trasformazioni adiabatiche trasformazioni cicliche TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

118 Tasformazione ISOBARA e 1° Legge di Gay-Lussac (1)
La trasformazione termodinamica di un gas che avviene mantenendo costante la pressione, ma cambiando la la sua temperatura ed il suo volume si chiama TRASFORMAZIONE ISOBARA. Il tal caso la variazione di volume (DV ) del gas è proporzionale alla variazione di temperatura (Dt ) ed al volume iniziale (Vi ) del gas stesso. Ossia DV =a ·Vi · Dt. Questa relazione è nota come “prima legge di Gay-Lussac”. a è il coefficiente di proporzionalità ed ha il valore di 0, °C-1 = 1/273,16 °C-1. La prima legge di Gay-Lussac può essere scritta in altro modo come vedi nella pagina seguente TRASFOR-MAZIONI TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

119 Tasformazione ISOBARA e 1° Legge di Gay-Lussac (2)
La prima legge di Gay-Lussac” scritta nella pagina precedente è: DV =a ·Vi · Dt dove a è il coefficiente di proporzionalità ed ha il valore di 0, °C-1 = 1/273,16 °C-1. Ma può essere scritta in altri modi: Vf – Vi = a · Vi · (tf – ti ); Vf = Vi + a · Vi · (tf – ti ); Vf = Vi · (1+ a · (tf – ti )). Se la temperatura iniziale è 0 ° C si ottiene: V = V0 · (1+ a · tf). Se sostituiamo la temperatura t in gradi Celsius con quella T in kelvin, ricordando che t = T – 273,16 otteniamo: V = V0 · (1+ a · (T – )); V = V0 · (1+ a · T – a · ); V = V0 · (1+ a · T – 1/ · ); V = V0 · (1+ a · T – 1); V = V0 · a · T . TRASFOR-MAZIONI TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

120 Tasformazione ISOCORA e 2° Legge di Gay-Lussac (1)
La trasformazione termodinamica di un gas che avviene mantenendo costante il volume, ma cambiando la la sua temperatura ed la sua pressione si chiama TRASFORMAZIONE ISOCORA o TRASFORMAZIONE ISOMETRICA. La prima legge di Gay-Lussac può essere scritta in altro modo come vedi nella Il tal caso la variazione di pressione (Dp ) del gas è proporzionale alla variazione di temperatura (Dt ) ed alla pressione iniziale (pi ) del gas stesso. Ossia Dp =a ·pi · Dt. Questa relazione è nota come “seconda legge di Gay-Lussac”. a è il coefficiente di proporzionalità ed ha il valore di 0, K-1 = 1/273,16 K-1. La seconda legge di Gay-Lussac può essere scritta in altro modo come vedi nella pagina seguente. TRASFOR-MAZIONI TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

121 Tasformazione ISOCORA e 2° Legge di Gay-Lussac (2)
La “seconda legge di Gay-Lussac” scritta nella pagina precedente è: Dp =a ·pi · Dt. Dove a è il coefficiente di proporzionalità ed ha il valore di 0, K-1 = 1/273,16 K-1. Ma può essere scritta in altri modi: pf – pi = a · pi · (tf – ti ); pf = pi + a · pi · (tf – ti ); pf = pi · (1+ a · (tf – ti )). Se la temperatura iniziale è 0 ° C si ottiene: p = p0 · (1+ a · tf). Se sostituiamo la temperatura t in gradi Celsius con quella T in kelvin, ricordando che t = T – 273,16 otteniamo: p = p0 · (1+ a · (T – )); p = p0 · (1+ a · T – a · ); p = p0 · (1+ a · T – (1/273.16) ·273.16); P = p0 · (1+ a · T – 1); p = p0 · a · T . TRASFOR-MAZIONI TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

122 Tasformazione ISOTERMICA e Legge di Boyle
La trasformazione termodinamica di un gas che avviene mantenendo costante la temperatura, ma cambiando la sua pressione ed il suo volume si chiama TRASFORMAZIONE ISOTERMICA. Il tal caso la pressione (p ) del gas è inversamente proporzionale al volume (V ) del gas stesso. Ossia p · V = K (costante) Questa relazione è nota come “legge di Boyle”. K è il coefficiente di proporzionalità inversa ed ha il valore che dipende dalle condizioni iniziali del gas. Ossia K = pi · Vi La legge di Boyle può essere scritta come: pi · Vi = pf · Vf ; oppure: , oppure : TRASFOR-MAZIONI TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

123 Trasformazione ADIABATICA
La trasformazione termodinamica di un gas che avviene senza scambi di calore con l’ambiente esterno si chiama TRASFORMAZIONE ADIABATICA. In una trasformazione adiabatica tutte e 3 le variabili di stato termodinamiche (pressione, temperatura e volume) cambiano. TRASFOR-MAZIONI TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

124 Trasformazione CICLICA
La trasformazione termodinamica di un gas in cui cambiano pressione, temperatura e volume ma in cui si raggiunge come stato termodinamico finale uno stato uguale a quello iniziale si chiama TRASFORMAZIONE CICLICA. Quindi in una trasformazione ciclica la pressione finale del gas è uguale a quella iniziale, la temperatura finale è uguale a quella iniziale ed il volume finale è uguale a quello iniziale TRASFOR-MAZIONI TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

125 PRINCIPIO ZERO della termodinamica
Il principio zero della termodinamica afferma che se 2 corpi sono in equilibrio termico con un terzo, allora anch’essi sono in equilibrio termico. TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

126 PRIMO PRINCIPIO della termodinamica
Il primo principio della termodinamica afferma con altre parole ciò che afferma il principio di conservazione dell’energia. Esso afferma che la variazione di energia interna (DU ) di sistema termodinamico è uguale al calore assorbito (Qa ) meno il calore ceduto (Qc ) meno il lavoro compiuto (L ). Ossia: DU = Qa – Qc – L . Esso è applicabile a tutte le trasformazioni termodinamiche. Vediamo come. TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

127 1° principio della termodinamica nelle trasformazioni termodinamiche
Nelle trasformazioni isobare il lavoro L è uguale al prodotto della pressione p per la variazione di volume DV cioè L = p · DV per cui il 1° principio della termodinamica diventa: DU = Qa – Qc – p · DV Nelle trasformazioni isocore giacche non c’è variazione di volume il lavoro è nullo, quindi il 1° principio della termodinamica diventa: DU = Qa – Qc Nelle trasformazioni isotermiche giacche la temperatura non cambia non cambia la sua energia interna, quindi il 1° principio della termodinamica diventa 0 = Qa – Qc – L . Ovvero L = Qa – Qc , cioè il lavoro compiuto dal gas è uguale al calore assorbito dal gas. Nelle trasformazioni adiabatiche Qa – Qc = 0, quindi il 1° principio della termodinamica diventa DU = – L . Ovvero il lavoro compiuto dal gas avviene solo a scapito della diminuzione di energia interna. Nelle trasformazioni cicliche giacche la temperatura finale del gas e quella iniziale sono uguali, è nulla la variazione di energia interna quindi il 1° principio della termodinamica diventa 0 = Qa – Qc – L Ovvero L = Qa – Qc , cioè il calore assorbito dal gas viene restituito all’ambiente esterno sotto forma di lavoro compiuto. TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

128 MACCHINA TERMICA e MACCHINA FRIGORIFERA
Una macchina che, facendo compiere una trasformazione ciclica ad un gas, consente di trasformare calore in lavoro si chiama macchina termica. Sappiamo che nelle trasformazioni cicliche il 1° principio della termodinamica afferma che il calore assorbito dal gas viene restituito all’ambiente esterno sotto forma di lavoro compiuto. Ma non tutto il calore assorbito in una trasformazione ciclica si trasforma in lavoro in quanto parte di esso viene ceduto. Infatti pur rimanendo valida la formula L = Qa – Qc sappiamo che Qc è sempre maggiore di zero. Questo significa che una macchina termica funziona solo tra 2 ambienti a temperature diverse. La macchina frigorifera invece è una macchina che percorre il ciclo in senso contrario. Essa preleva calore da un ambiente più freddo e lo cede ad un ambiente più caldo. Anche per le macchine frigorifere vale il 1° principio della termodinamica. L = Qa – Qc da cui Qc = Qa – L . Ma il lavoro non è compiuto dal gas ma subito. TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

129 RENDIMENTO di una macchina termica
Ogni macchina termica che trasforma calore in lavoro per funzionare deve agire tra 2 ambienti a temperature diverse. Non tutto il calore assorbito in una trasformazione ciclica si trasforma in lavoro in quanto parte di esso viene ceduto. Si chiama rendimento, il cui simbolo è h (eta), il rapporto tra il lavoro L compiuto dal gas ed il calore assorbito Qa dall’ambiente più caldo. Cioè: da cui si ottiene: Quindi il rendimento è un numero puro (non ha unità di misura) ed è compreso tra un minimo di 0, nel caso in cui tutto il calore assorbito viene ceduto senza produrre lavoro, ed un massimo di 1 (rendimento del 100 %), nel caso in cui tutto il calore assorbito viene trasformato in lavoro senza cedere calore. Come vedremo il rendimento non potrà mai essere uguale a 1 (100 %). TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

130 SECONDO PRINCIPIO della termodinamica
Nelle trasformazioni cicliche il primo principio della termodinamica afferma che il calore assorbito dal gas viene restituito all’ambiente esterno sotto forma di lavoro compiuto, o meglio Qa – Qc = L . Teoricamente potrebbe essere possibile che Qc sia uguale a zero. Ma il secondo principio della termodinamica lo nega. Esso può essere esposto in diversi modi equivalenti tra loro. Ne enunciamo 3. Enunciato di Kelvin: è impossibile costruire una macchina termica che (operando ciclicamente) trasformi tutto il calore assorbito (da un corpo più caldo) in lavoro senza cedere una parte di esso ad un corpo più freddo. Enunciato di Clausius: è impossibile realizzare una trasformazione termodinamica che abbia come unico risultato quello di trasferire il calore da un corpo più freddo ad un corpo più caldo. Si noti che la macchina frigorifera trasferisce calore da un corpo più freddo (l’interno) ad un corpo più caldo (l’esterno), ma questo non è l’ unico risultato. Infatti ciò può avvenire solo fornendo energia alla macchina stessa. Non è possibile realizzare una macchina termica tra 2 temperature TA>TB il cui rendimento sia pari al 100% anzi non è mai maggiore di 1 – TB/TA . TERMO-DINAMICA TERMO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

131 LE ONDE Quando la variazione di una grandezza fisica (perturbazione) in un luogo specifico si propaga in altri luoghi a distanza trasmettendo energia senza trasmissione di materia si forma un’onda. Un onda rappresenta quindi la propagazione a distanza di una perturbazione che trasporta energia senza trasporto di materia. Delle onde studieremo: I tipi di onde; I parametri caratteristici delle onde; La modifica delle onde in caso di cambiamento delle proprietà del mezzo; Le onde sonore; La luce Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

132 TIPI di onde Ci sono diversi tipi di onde
dipendenti dal tipo di grandezza fisica: Onde meccaniche e Onde elettromagnetiche; dipendenti dalla direzione di propagazione: Onde unidimensionali, Onde bidimensionali e Onde tridimensionali; dipendenti dal modo di propagazione: Onde longitudinali e Onde trasversali; Dipendenti dal modo di oscillazione; Onde periodiche, Onde armoniche, …; LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

133 Onde MECCANICHE e Onde ELETTROMAGNETICHE
Le onde meccaniche sono onde generate da una perturbazione Meccanica (altezza, temperatura, pressione, …). Sono onde meccaniche quelle che si propagano lungo una corda tesa, o sulla superficie dell’acqua, oppure le onde sonore. Le onde meccaniche si propagano in mezzo (liquido, gas o solido elastico. Le onde elettromagnetiche sono onde generate da una perturbazione elettromagnetica (variazione di campo elettrico e campo magnetico). Sono onde elettromagnetiche le onde radio, le onde luminose, i raggi X. Le onde elettromagnetiche non hanno necessariamente bisogno di un mezzo in cui propagarsi, ma possono propagarsi anche nel vuoto. TIPI di ONDE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

134 Onde unidimensionali, Onde bidimensionali Onde tridimensionali
Le onde unidimensionali sono onde che si propagano lungo una linea. È un esempio quella si propaga lungo una corda tesa; Le onde bidimensionali sono onde che si propagano su una superficie. Per esempio quelle che si formano sulla superficie dell’acqua; Le onde tridimensionali sono onde che si propagano nello spazio, ad esempio le onde radio e le onde sonore TIPI di ONDE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

135 Onde LONGITUDINALI e Onde TRASVERSALI
Le onde longitudinali sono quelle che si propagano nella stessa direzione in cui oscillano. Per esempio sono longitudinali le onde sonore, oppure le onde di compressione e diradamento lungo una molla; Le onde trasversali sono quelle che si propagano in direzione perpendicolare a quella in cui oscillano. Per esempio sono trasversali le onde radio oppure quelle sulla superficie dell’acqua TIPI di ONDE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

136 Onde PERIODICHE Onde ARMONICHE
La grandezza fisica variabile può raggiungere dei valori massimi e valori minimi. Se i valori massimi (o minimi) vengono raggiunti dopo intervalli di tempo regolari l’onda è periodica. Un onda è periodica se esiste un tempo minimo chiamato PERIODO dopo il quale si ripetono i massimi (o i minimi) della grandezza variabile. Se la grandezza varia secondo la funzione seno o coseno l’onda periodica è chiamata onda armonica TIPI di ONDE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

137 CARATTERISTICHE delle onde
Alcune proprietà tipiche che caratterizzano un’onda sono: L’ampiezza, Il periodo, La frequenza, La forma, Le creste ed i ventri, La lunghezza d’onda, La velocità dell’onda, Il fronte d’onda, Il raggio dell’onda LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

138 CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA
AMPIEZZA di un onda L’Ampiezza (A) di un’onda è il valore massimo della perturbazione (scostamento dal valore di equilibrio). CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

139 CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA
PERIODO dell’onda Il periodo (T) di un’onda è l’intervallo minimo di tempo in cui la perturbazione si ripete. Se l’onda è periodica il suo periodo corrisponde al tempo minimo tra 2 valori massimi (creste). Il periodo è il tempo necessario affinché l’onda compia un’oscillazione completa. L’unità di misura del periodo nel S.I. è il secondo (sec). CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

140 CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA
FREQUENZA di un onda La Frequenza (f ) di un’onda corrisponde al numero di oscillazioni complete effettuate in un secondo. La frequenza (f ), pertanto, risulta uguale all’inverso del Periodo (T ), cioè: e quindi L’unità di misura della frequenza è chiamato Hertz (Hz ) CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

141 CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA
FORMA d’onda La Forma d’onda è il grafico dei valori assunti dalla perturbazione ad un tempo t fissato nei diversi punti del mezzo attraverso il quale essa si propaga. Nelle onde periodiche, dopo un tempo uguale al periodo (T ), la Forma d’onda si ripete uguale a se stessa. CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

142 CRESTE e VENTRI di un’onda
In un’onda periodica i valori massimi della perturbazione si ripetono dopo ogni periodo (T ). Tali valori massimi sono chiamati creste. In un’onda periodica i valori minimi della perturbazione si ripetono dopo ogni periodo Tali valori minimi sono chiamati ventri. CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

143 CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA
LUNGHEZZA d’onda La lunghezza d’onda (l) è la distanza tra due massimi (creste) o tra due minimi (ventri) consecutivi. L’unità di misura della lunghezza d’onda (l) nel S.I. è il metro (m). CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

144 CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA
VELOCITA’ dell’onda La velocità dell’onda (v ) è la velocità con cui l’onda si propaga. Essa è legata al periodo, alla frequenza ed alla lunghezza d’onda dalle seguenti formule: La velocità delle onde meccaniche dipende dal mezzo in cui si propagano, e pertanto, siccome la frequenza dipende solo dalla sorgente, anche la lunghezza d’onda dipende solo dal mezzo. CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

145 CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA
FRONTE d’onda Il Fronte d’onda è l’insieme dei punti raggiunti dall’onda in un determinato istante t. Nelle onde unidimensionali il fronte d’onda è un punto. Nelle onde bidimensionali il fronte d’onda è una linea. Se un’onda si propaga con la stessa velocità in tutte le direzioni il fronte d’onda è una circonferenza, avente come centro il punto da cui si origina la perturbazione. Nelle onde tridimensionali il fronte d’onda è una superficie. Se un’onda si propaga con la stessa velocità in tutte le direzioni il fronte d’onda è una sfera, avente come centro il punto da cui si origina la perturbazione. CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

146 CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA
Il RAGGIO d’onda Il raggio dell’onda è la direzione di propagazione dell’onda. Il raggio d’onda è sempre perpendicolare al fronte d’onda della stessa onda. Un onda bidimensionale o tridimensionale ha, quindi, infiniti raggi d‘onda. CARATTE-RISTICHE dell’’ONDA LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

147 MODIFICA di un ONDA Quando un onda si propaga in un mezzo che cambia le sue proprietà, oppure incontra un ostacolo, o incontra un’altra onda che si propaga nello stesso mezzo le caratteristiche dell’onda si modificano dando luogo a diversi fenomeni: la riflessione, la rifrazione, la diffrazione, La diffusione, l’interferenza, oppure può dare luogo alle onde stazionarie LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

148 La RIFLESSIONE Quando un’onda incontra un ostacolo che impedisce la sua propagazione viene respinta indietro. L’onda che raggiunge l’ostacolo è chiamata onda incidente, quella generata dall’ostacolo è chiamata onda riflessa. L’onda riflessa mantiene alcune caratteristiche invariate quali: l’ampiezza, il periodo, la frequenza, la lunghezza d’onda, la velocità dell’onda, ma cambia la direzione di propagazione. Nel fenomeno della riflessione per ciascun raggio d’onda valgono le due leggi della riflessione MODIFICAdelle ONDE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

149 1° e 2° LEGGE della riflessione
La prima legge della riflessione afferma che per ciascun raggio d’onda si verifica la seguente situazione: il raggio incidente (i), il raggio riflesso (r) e la normale (N) (retta passante per il punto di incidenza e perpendicolare al piano riflettente) giacciono sullo stesso piano La seconda legge della riflessione afferma che per ciascun raggio d’onda si verifica la seguente situazione:ciascun raggio incidente viene riflesso in modo tale che il suo angolo d’incidenza risulta uguale all’angolo di riflessione. ai = ar ai ar Raggio incidente (i) Raggio riflesso (r) N RIFLES-SIONE dell’’ONDA MODIFICAdelle ONDE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

150 La RIFRAZIONE Quando un’onda incontra una superficie che separa due mezzi diversi oppure due porzioni dello stesso mezzo l’onda prosegue ma con caratteristiche differenti. L’onda che raggiunge la superficie è chiamata onda incidente, quella che prosegue oltre la superficie è chiamata onda rifratta. L’onda rifratta mantiene alcune caratteristiche invariate quali: l’ampiezza, il periodo e la frequenza, ma cambia la sua velocità, e conseguentemente la lunghezza d’onda, e la direzione di propagazione. Nel fenomeno della rifrazione per ciascun raggio d’onda valgono le due leggi della rifrazione MODIFICAdelle ONDE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

151 1° e 2° LEGGE della rifrazione
Raggio rifratto (R) ai Raggio incidente (i) N aR La prima legge della rifrazione afferma che per ciascun raggio d’onda si verifica la seguente situazione: il raggio incidente (i), il raggio rifratto (R) e la normale (N) (retta passante per il punto di incidenza e perpendicolare al piano di rifrazione) giacciono sullo stesso piano La seconda legge della rifrazione afferma che per ciascun raggio d’onda si verifica la seguente situazione:ciascun raggio incidente viene rifratto in modo tale che il suo angolo d’incidenza risulta diverso dall’angolo di rifrazione. ai ≠ aR (tranne nel caso in cui il raggio incidente sia perpendicolare al piano di rifrazione, in tal caso ai = aR = 0). Inoltre il rapporto assume sempre lo stesso valore (nR) chiamato indice di rifrazione relativo RIFRA-ZIONE dell’’ONDA MODIFICAdelle ONDE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

152 RIFRA-ZIONE dell’’ONDA
INDICE DI RIFRAZIONE Il parametro nr dipende dai due mezzi fra i quali si verifica la rifrazione è l’indice di rifrazione relativo del secondo mezzo (quello in cui si propaga il raggio rifratto) rispetto al primo (quello in cui si propaga il raggio incidente). Se l’angolo di incidenza è maggiore dell’angolo di rifrazione l’indice di rifrazione è maggiore di 1; se l’angolo di incidenza è minore dell’angolo di rifrazione l’indice di rifrazione è minore di 1. Nelle onde elettromagnetiche (le uniche che si possono propagare anche nel vuoto), se l’onda incidente si proviene dal vuoto, l’indice di rifrazione relativo indicato con n ed è chiamato indice di rifrazione assoluto. Quindi l’indice di rifrazione assoluto n di un mezzo corrisponde all’indice di rifrazione relativo tra il vuoto ed il mezzo rifrangente considerato. Nelle onde elettromagnetiche l’indice di rifrazione relativo (nr) di un mezzo 1 (con indice di rifrazione assoluto n1) rispetto al mezzo 2 (con indice di rifrazione assoluto n2) è uguale al rapporto tra i due indici di rifrazione assoluti: RIFRA-ZIONE dell’’ONDA MODIFICAdelle ONDE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

153 La DIFFRAZIONE Quando un onda bidimensionale (onda piana) o tridimensionale (onda sferica) incontra un piccolo ostacolo o una piccola fenditura (praticata su un ostacolo di grandi dimensioni) si verifica il fenomeno della diffrazione. Il fenomeno della diffrazione consente all’onda di “aggirare” l’ostacolo raggiungendo punti altrimenti non raggiungibili. Il fenomeno è maggiormente evidente nei punti più vicini ai bordi dell’ostacolo (o della fenditura). Il fenomeno difficile da spiegare si può capire immaginando che l’onda superando l’ostacolo si comporta come se questo diventasse una sorgente (fittizia) di un’altra onda. MODIFICAdelle ONDE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

154 RIFLES-SIONE dell’’ONDA
La DIFFUSIONE Prendiamo in esame il caso di una superficie riflettente (su cui incide un onda) non è perfettamente liscia. Ciò significa che le singole porzioni di superfici non hanno tutte la stessa direzione (normale). In tal caso ciascun raggio d’onda incidente su questo tipo di superficie viene riflesso con le stesse leggi della riflessione che sono ancora valide, ma il diverso orientamento delle singole porzioni di superfici provoca una diversa direzione dei raggi riflessi. Pertanto si avrà che l’onda incidente viene riflessa sparpagliata in tutte le direzioni. Si ha quindi il fenomeno della diffusione dell’onda per riflessione RIFLES-SIONE dell’’ONDA MODIFICAdelle ONDE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

155 L’ INTERFERENZA Quando due onde si propagano in una stessa regione di spazio il valore della perturbazione in un punto in ogni istante è uguale alla somma dei valori che le singole onde produrrebbero da sole. Questo è noto come principio di sovrapposizione. L’interferenza si ha quando due onde armoniche si sovrappongono in uno stesso punto. Si possono verificare due tipi di interferenza: interferenza costruttiva e interferenza distruttiva. Si ha interferenza costruttiva quando le due onde oscillano in fase (raggiungendo i valori massimi nello stesso istante). In tal caso l’ampiezza dell’onda risultante è uguale alla somma delle ampiezze di ciascuna singola onda. Si ha interferenza distruttiva quando le due onde oscillano in opposizione di fase (una raggiunge i valori massimi negli istanti in cui l’altra raggiunge i valori minimi). In tal caso l’ampiezza dell’onda risultante è uguale alla differenza delle ampiezze di ciascuna singola onda. In particolare, se le due onde hanno la stessa ampiezza, l’ampiezza dell’onda risultante è nulla. MODIFICAdelle ONDE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

156 Onde STAZIONARIE Quando un onda armonica si propaga lungo un mezzo dove le oscillazioni sono limitate nello spazio si ha il fenomeno dell’interferenza tra l’onda incidente e quella riflessa che hanno, ovviamente la stessa frequenza. Queste onde con la stessa velocità, ampiezza e frequenza si muovono con versi opposti. In tal caso l’onda risultante è chiamata onda stazionaria. I punti in cui si verifica l’interferenza distruttiva rimangono sempre fermi e si chiamano nodi. I punti in cui si verifica l’interferenza costruttiva oscillano con ampiezza massima e si chiamano ventri. In un mezzo elastico lineare si realizza un’onda stazionaria quando la lunghezza L del mezzo è uguale ad un multiplo di mezza lunghezza d’onda: L MODIFICAdelle ONDE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

157 IL SUONO Le onde sonore sono onde meccaniche longitudinali che si propagano attraverso i corpi (liquidi, gas, ma anche solidi) e provocano le sensazioni uditive (suoni o rumori). Un’onda sonora è generata da una serie di compressioni (aumenti di pressione) e rarefazioni (diminuzioni di pressione) dell’aria. La perturbazione associata ad un’onda sonora è rappresentata dalla variazione di pressione (del mezzo in cui l’onda si propaga) rispetto al suo valore di equilibrio. Passiamo ora ad analizzare alcune particolarità delle onde sonore: la velocità del suono, le onde acustiche, gli infrasuoni e gli ultrasoni, l’eco, l’intensità sonora. LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

158 La VELOCITA’ del suono La velocità del suono varia a secondo del mezzo in cui si propaga. La velocità è più elevata nei solidi, più bassa nei liquidi ed ancora più bassa nei gas. Essa dipende anche dalla temperatura. La velocità è di circa: 330 m/s nell’aria, 1.400 m/s nell’acqua e 6.000 m/s nell’allumino. La velocità del suono (v), a pressione di 1 atm nell’aria, varia secondo la legge: v = ( ,6 t) m/s dove t è la temperatura dell’aria misurata in gradi Celsius IL SUONO LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

159 Le ONDE ACUSTICHE Le onde sonore che hanno una frequenza minore di 20 Hz (dette anche infrasuoni) oppure maggiore di Hz (dette anche ultrasuoni) non vengono percepite dal nostro orecchio. Quelle che hanno una frequenza compresa tra i 20 Hz e i Hz vengono percepite dal nostro orecchio e perciò vengono chiamate onde acustiche IL SUONO LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

160 La riflessione delle onde sonore
Se l’onda sonora incontra una grossa parete che ne blocca la propagazione viene prodotta un’onda riflessa. Quindi se la distanza tra la sorgente e la parete è abbastanza grande si può notare questo fenomeno. Se quindi noi emettiamo un suono davanti ad una parete rocciosa di una montagna, dopo un tempo pari a quello di andata e ritorno dell’onda (da noi alla parete), possiamo risentire il nostro suono riflesso. Il suono riflesso prende il nome di eco. IL SUONO LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

161 L’INTENSITA’ del suono
La quantità di energia meccanica trasportata da un’onda sonora che si trasmette su una superficie unitaria (1 m2) ogni unità di tempo (1 s) prende il nome di intensità del suono. L’unità di misura dell’intensità del suono è quindi Joule al metro quadrato al secondo che è uguale anche a Watt al metro quadrato (ricorda che Joule al secondo è Watt). In simboli l’unità di misura è: L’intensità sonora (I ) di un’onda la cui potenza sonora (P ) (energia emessa ogni secondo) diminuisce all’aumentare della distanza (d ) dalla sorgente secondo la formula: Per questo motivo man mano che ci si allontana dalla sorgente il suono lo si percepisce sempre più debole. IL SUONO LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

162 Suoni e rumori Il nostro orecchio percepisce le onde sonore in modo diverso a seconda che si tratti di suoni (ad esempio quello di uno strumento musicale) o di rumori (ad esempio lo scricchiolio di una sedia). La differenza dipende dalle caratteristiche dell’onda. Si può notare che i suoni sono onde periodiche (con un certo periodo (T), mentre i rumori sono onde in cui la perturbazione (pressione dell’aria) varia in modo casuale senza un particolare periodo. IL SUONO LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

163 Altezza, livello sonoro e timbro di un suono
Il nostro orecchio differenzia un suono da un altro in base a tre caratteristiche: ALTEZZA, LIVELLO SONORO e TIMBRO L’altezza differenzia i suoni in acuti (altezza elevata) e gravi (altezza poco elevata). I suoni con maggiore altezza (acuti) sono quelli che hanno una frequenza d’onda elevata e viceversa quelli con minore altezza (gravi) sono quelli che hanno una frequenza d’onda bassa. Il livello sonoro viene misurato in decibel (dB) e corrisponde all’intensità della sensazione sonora (volume). Essa non è uguale all’intensità del suono ma dipende da essa in modo non proporzionale, ma esponenziale. Siccome l’intensità sonora minima percepibile da un orecchio normale è di circa W/m2 questa corrisponde a 0 dB. Moltiplicando per 10 l’intensità sonora il livello sonoro aumenta di 10. (NOTA BENE: a 120 dB si ha la soglia del dolore, a dB si ha il rischio della rottura del timpano). Due suoni pur avendo la stessa altezza e lo stesso livello sonoro possono differire per il timbro. Due strumenti diversi che suonano la stessa nota musicale con stessa altezza e stesso livello sonoro emettono suoni distinguibili tra loro: cambia solo il timbro. Il timbro dipende dalla forma d’onda. Il suono puro è quello emesso da un diapason; esso è un onda armonica. IL SUONO LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

164 LA LUCE La luce è un’onda elettromagnetica che, a differenza delle onde meccaniche, non ha bisogno di un mezzo per propagarsi, ma sono in grado di propagarsi anche nel vuoto. La luce è generata da una variazione di campo elettrico e di campo magnetico in una sorgente. La frequenza dell’onda luminosa è molto elevata, la lunghezza d’onda molto piccola e la sua velocità (c) e di circa 300 mila chilometri al secondo. (c = m/s = 3∙108 m/s) Il nostro occhio percepisce l’onda come luce visibile se la sua frequenza è compresa tra 1014 Hz e 1015 Hz. Gli oggetti intorno a noi non sono sorgenti di luce, ma noi li percepiamo a causa dei fenomeni di riflessione, rifrazione, ecc della luce emessa da una sorgente. Pertanto possiamo analizzare: la riflessione della luce, la rifrazione della luce, la diffusione della luce. LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

165 La riflessione della LUCE
La luce viene riflessa con le stesse leggi della riflessione di un’onda qualsiasi. Pertanto si veda la pagina sulla riflessione. LA LUCE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

166 la rifrazione della LUCE
La luce viene rifratta con le stesse leggi della rifrazione di un’onda qualsiasi. Pertanto si veda la pagina sulla rifrazione. LA LUCE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

167 La diffusione della LUCE
La luce viene diffusa allo stesso modo con cui viene diffusa un’onda qualsiasi. Pertanto si veda la pagina sulla diffusione. LA LUCE LE ONDE Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

168 In lavorazione OTTICA Aggiornato al 8/11/2011
Redatto dal prof. Salvatore MURANA

169 ELETTROMAGNETISMO L’elettromagnetismo è quella parte della fisica che studia i fenomeni elettrici (ELETTROLOGIA), i fenomeni magnetici (MAGNETISMO) e le loro interazioni. Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

170 ELETTROLOGIA Fino agli ultimi anni del 1700 non si conosceva ancora quasi nulla di elettrico: l’unico fenomeno conosciuto era quello dell’elettrizzazione dell’ambra sebbene non si era in grado di spiegare i motivi che lo causavano. L’elettrologia si interessa di Elettrizzazione, Corpi carichi e corpi neutri, Conduttori ed isolanti elettrici, Legge di Coulomb, Grandezze tipiche dell’elettrologia, Circuiti elettrici, Le leggi dei circuiti elettrici ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

171 ELETTRIZZAZIONE Il nome elettricità deriva della resina naturale ambra il cui nome in greco è elektron. Fin dall’antichità si era notato che una bacchetta di ambra strofinata con un panno di lana acquistava la proprietà di attrarre a se piccoli oggetti come pezzettini di sughero, granelli di polvere o pezzetti di carta. Questo fenomeno veniva usato dai maghi per i loro giochi di prestigio. Un corpo è elettrizzato quando è in grado di attrarre piccoli oggetti nelle sue vicinanze. Si può elettrizzare un corpo in 3 modi diversi: per STROFINIO, per CONTATTO, per INDUZIONE. ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

172 Elettrizzazione per STROFINIO
Strofinando con un panno di lana una bacchetta di vetro, o di plastica, o di ambra si può notare che la bacchetta attrae pezzetti di carta o briciole di sughero o altri piccoli oggetti. Ciò significa che la bacchetta si è elettrizzata. Anche il panno di lana si elettrizza. Non tutti i materiali si elettrizzano per strofino allo steso modo: alcuni si elettrizzano di più (gli isolanti) , altri si elettrizzano di meno, altri non si elettrizzano affatto (i conduttori). Nello strofinio si ha un passaggio di elettroni da un corpo all’altro. In tal modo alla fine il corpo che ha ceduto elettroni ha più protoni che elettroni ed è carico positivo, l’altro che ha ricevuto elettroni ha più elettroni che protoni ed è carico negativo. L’elettrizzazione per strofinio è un fenomeno permanente. ATOMI ELETTRIZ- ZAZIONE ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

173 Elettrizzazione per CONTATTO
L’elettrizzazione per contatto si ottiene quando un corpo non elettrizzato viene posto a contatto con un altro elettrizzato. Infatti, se un corpo elettrizzato tocca (si mette a contatto con) un altro non elettrizzato, si elettrizza anche quest’ultimo. In tal caso nel contatto si ha un passaggio di elettroni da un corpo all’altro (Se il corpo già elettrizzato è negativo esso cede parte degli elettroni in più, se è positivo li riceve). L’elettrizzazione per contatto è un fenomeno permanente. I corpi isolanti si elettrizzano più facilmente per strofinio ma poco per contatto poiché la carica ricevuta non può distribuirsi in tutto il corpo I corpi conduttori si elettrizzano facilmente per contatto poiché la carica ricevuta può facilmente distribuirsi in tutto il corpo ma si elettrizzano difficilmente per strofinio. ATOMI ELETTRIZ- ZAZIONE ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

174 Elettrizzazione per INDUZIONE
È possibile elettrizzare un corpo anche avvicinandolo (per induzione) ad un altro corpo già carico. In tal caso si nota che il primo corpo si elettrizza agli estremi (l’estremo più vicino e quello più lontano dal corpo già carico), ma non si elettrizza al centro. Esso si elettrizza ma rimane neutro poiché non c’è né acquisizione, né perdita di carica. Infatti le cariche dello stesso nome di quella del corpo carico tendono ad allontanarsi da esso, mentre le altre tendono ad avvicinarsi. Se il corpo neutro è conduttore, le cariche libere di muoversi realmente si spostano accumulandosi alle estremità (quelle dello stesso nome all’estremità più lontana, quelle di nome diverso all’estremità più vicina). Viceversa se il corpo neutro è isolante non può avvenire lo spostamento delle cariche elettriche al suo interno, ma solo un parziale “sporgersi” per cui il corpo risulta sì elettrizzato ma solo debolmente I corpi che non si elettrizzano per strofinio (i conduttori) si elettrizzano facilmente per induzione. L’elettrizzazione per induzione è temporanea: dura fin tanto che l’altro corpo rimane vicino, e viene persa non appena questo viene allontanato ATOMI ELETTRIZ- ZAZIONE ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

175 CORPO CARICO e CORPO NEUTRO
Dai molti esperimenti fatti per studiare il fenomeno dell’elettrizzazione si è capito che nello strofinio si ha un passaggio di materia da un corpo all’altro. Questa materia che passa (fatta da particelle subATOMIche) possiede CARICA ELETTRICA. Un corpo che ha acquistato o perso carica elettrica è un CORPO CARICO, viceversa il corpo è NEUTRO. Esistono due tipi di carica elettrica:carica positiva e carica negativa. ATOMI ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

176 CARICA POSITIVA e NEGATIVA
Due corpi con carica dello stesso tipo si respingono, mentre due corpi con carica di tipo diverso si attraggono. Ai due tipi è stato attribuito (per convenzione) un nome particolare. Storicamente è stato dato il nome di CARICA POSITIVA alla carica posseduta dalla bacchetta di VETRO dopo essere stata strofinata con la LANA. È stato dato il nome CARICA NEGATIVA all’atro tipo di carica, quella in grado di attrarre la bacchetta di vetro strofinata con la lana Si è scoperto successivamente che la carica posseduta dai protoni è positiva e quella posseduta dagli elettroni è negativa. Un corpo è carico positivo quando ha più protoni che elettroni, è carico negativo quando ha più elettroni che protoni. CORPO CARICO ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

177 CONDUTTORI ED ISOLANTI
I I corpi CONDUTTORI sono corpi che hanno alcune particelle cariche libere di spostarsi all’interno del corpo da un’estremità all’altra di esso. I corpi ISOLANTI sono quelli che, pur avendo particelle cariche al suo interno, queste non possono spostarsi all’interno del corpo da un’estremità all’altra di esso. Cambiando materiale, cambia sia il numero di particelle cariche che sono libere di spostarsi all’interno di un conduttore sia la facilità con cui possono spostarsi. Non esistono materiali completamente isolanti. Esistono dei materiali che non sono buoni conduttori e non sono nemmeno buoni isolanti. Questi sono chiamati SEMICONDUTTORI. CORPO CARICO ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

178 L’ATOMO La parte più piccola di una sostanza è la MOLECOLA.
La molecola è composta da particelle più piccole chiamate ATOMI. L’atomo è composto da 3 tipi di particelle: i PROTONI dotati di carica elettrica positiva, gli ELETTRONI dotati di carica elettrica negativa ed i NEUTRONI che non hanno carica elettrica. Inizialmente non si conosceva la struttura dell’atomo e quindi non si conosceva né il numero di particelle all’interno di ciascuna molecola, né quali particelle erano libere di muoversi e quali no. Una cosa era però chiara: all’interno di un corpo neutro il numero di protoni è uguale al numero di elettroni. Nel caso in cui un atomo perde (o acquista elettroni) il numero dei protoni non è più uguale al numero degli elettroni e quindi l’atomo è carico. Un atomo carico è detto IONE. Uno ione può essere positivo se ha perso elettroni, negativo se ne ha acquistato. Gli ioni, in un fluido, si muovono liberamente da una zona all’altra di esso. CORPO CARICO ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

179 L’ELETTRONE L’elettrone è una particella di cui è composto l’atomo.
Ha carica negativa qe= -1,6 x C Ha massa me = 9,1 x 10 –31 kg Avendo una massa molto più piccola del nucleo esso si muove ruotando attorno ad nucleo. ATOMI CORPO CARICO ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

180 IL PROTONE Il protone è una delle tre particelle di cui è composto l’atomo. Ha carica positiva qp= 1,6 x C Ha massa mP = 1,7 x 10 –27 kg I protoni insieme ai neutroni formano il nucleo dell’atomo. ATOMI CORPO CARICO ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

181 IL NEUTRONE Il neutrone è una delle tre particelle di cui è composto l’atomo. Non ha carica elettrica Ha massa mn = 1,7 x 10 –27 kg (pressoché uguale a quella del protone) I neutroni insieme ai protoni formano il nucleo dell’atomo. ATOMI CORPO CARICO ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

182 IL NUCLEO DELL’ATOMO Il nucleo dell’atomo è composto da particelle tenute insieme da forze nucleari ed è composto da protoni (aventi carica elettrica positiva) e neutroni (senza carica elettrica). Ha una massa circa uguale a quella dell’intero atomo ATOMI CORPO CARICO ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

183 SEMICONDUTTORI I semiconduttori sono corpi formati da materiali i cui atomi hanno 4 elettroni sull’ultimo orbitale. Pertanto non sono buoni isolanti in quanto gli elettroni non sono fortemente legati al proprio nucleo, e non sono buoni conduttori in quanto gli elettroni non sono debolmente legati al proprio nucleo, e quindi si trovano in una situazione intermedia: a temperatura ambiente sono isolanti, diventano un po’ conduttori a temperature più elevate. Possono essere drogati tramite la diffusione al loro interno di atomi trivalenti (drogaggio di tipo P) o pentavalenti (drogaggio di tipo N). Dalla giunzione di un semiconduttore drogato di tipo P con uno di tipo N si ottiene un DIODO che è un dispositivo conduttore se sottopostoa ad una tensione elettrica di un certo verso, ed isolante se il verso è contrario. Dalla giunzione di due diodi contrapposti si ottiene un transistor. Dal collegamento di più transistor si ottiene un componente elettronico. I microprocessori sono circuiti elettronici. CONDUT-TORI e ISOLANTI ATOMI CORPO CARICO ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

184 IONE Si chiama ione un atomo che ha ceduto oppure ha ricevuto uno o più elettroni. Se l’atomo ha ceduto elettroni esso è diventato uno ione positivo. Se l’atomo ha ricevuto elettroni esso è diventato uno ione negativo. ATOMI CORPO CARICO ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

185 LEGGE DI COULOMB Tra due corpi carichi si manifesta sempre una forza elettrica. Essa è attrattiva se uno ha carica positiva e l’altro carica negativa; essa è repulsiva se entrambi hanno cariche positive oppure entrambi cariche negative. La forza elettrica dipende dalla distribuzione delle cariche elementari (elettroni o ioni) nei corpi carichi. Se consideriamo due corpi carichi di piccole dimensioni (cariche puntiformi) allora la forza tra di essi dipende solo dalla carica di ciascuno di essi, dalla loro distanza e dall’isolante che li separa. Si può notare sperimentalmente che la forza elettrica (F ) tra due corpi carichi puntiformi è direttamente proporzionale al valore di ciascuna delle due cariche (Q1 e Q2 ) ed è inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza (d ). Tradotto n formula si ha: dove k è un numero fisso chiamato costante di Coulomb. Per il vuoto k assume il valore di Questa è la legge di Coulomb ELETTRO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

186 Grandezze tipiche dell’elettrologia
Le grandezze tipiche dell’elettrologia sono: Il Campo elettrico, L’energia potenziale elettrica, Il potenziale elettrico, La differenza di potenziale elettrico, La corrente elettrica. ELETTRO-LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

187 CAMPO ELETTRICO Il campo elettrico è una proprietà (caratteristica) dei punti dello spazio. È una grandezza fisica vettoriale e derivata che si indica con (E ). Esso rappresenta la capacità che un punto possiede di manifestare una forza elettrica qualora in quel punto venga posta una carica elettrica. Il campo elettrico in un punto si calcola facendo il rapporto tra la forza elettrica (F ), che agisce sulla carica posta in quel punto, ed il valore (q) della carica stessa (chiamata anche carica di prova). Ovvero La sua unità di misura, nel S.I., è pertanto: Newton fratto Coulomb Il campo elettrico in un punto è generato da una o più cariche elettriche poste a distanza dal punto stesso. Infatti ogni carica genera un campo elettrico in tutti i punti attorno a se stessa. Il campo elettrico in un punto P risulta quindi uguale alla somma vettoriale dei campi generati dalle singole cariche puntiformi poste a distanza da P. Si può dimostrare che il valore del campo elettrico in un punto a distanza (d ) da una carica puntiforme (Q) (detta carica generatrice del campo) è dove k è la costante di Coulomb GRANDEZ-ZE TIPICHE ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

188 ENERGIA POTENZIALE ELETTRICA
L’energia potenziale elettrica è l’energia che possiedono i corpi carichi e che dipende dalla posizione reciproca. Tra due corpi carichi si manifesta sempre energia potenziale elettrica. Infatti ciascuna di esse è in grado di compiere lavoro sull’altra applicandole una forza elettrica (legge di Coulomb) e spostandola. L’energia potenziale elettrica dipende dalla distribuzione delle cariche elementari (elettroni o ioni) nei corpi carichi. Se consideriamo due corpi carichi di piccole dimensioni (cariche puntiformi) allora l’energia potenziale tra di essi dipende solo dalla carica di ciascuno di essi, dalla loro distanza e dall’isolante che li separa. Si può notare sperimentalmente che l’energia potenziale elettrica (U ) tra due corpi carichi puntiformi è direttamente proporzionale al valore di ciascuna delle due cariche (Q1 e Q2 ) ed è inversamente proporzionale alla loro distanza (d ). Tradotto n formula si ha: dove k è un numero fisso chiamato costante di Coulomb. Per il vuoto k assume il valore di GRANDEZ-ZE TIPICHE ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

189 POTENZIALE ELETTRICO Il potenziale elettrico è una proprietà (caratteristica) dei punti dello spazio. È una grandezza fisica scalare e derivata che si indica con (V ). Esso rappresenta la capacità che un punto possiede di manifestare energia potenziale elettrica qualora in quel punto venga posta una carica elettrica. Il potenziale elettrico in un punto si calcola facendo il rapporto tra l’energia potenziale elettrica (U ), che possiede la carica posta in quel punto, ed il valore (q) della carica stessa (chiamata anche carica di prova). Ovvero La sua unità di misura, nel S.I., è pertanto: Joule fratto Coulomb chiamata Volt Il potenziale elettrico in un punto è generato da una o più cariche elettriche poste a distanza dal punto stesso. Infatti ogni carica genera un potenziale elettrico in tutti i punti attorno a se stessa. Il potenziale elettrico in un punto P risulta quindi uguale alla somma dei potenziali generati dalle singole cariche puntiformi poste a distanza da P. Si può dimostrare che il potenziale elettrico in un punto a distanza (d ) da una carica puntiforme (Q) (detta carica generatrice del campo) è dove k è la costante di Coulomb GRANDEZ-ZE TIPICHE ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

190 DIFFERENZA DI POTENZIALE
La differenza di potenziale elettrico tra due punti viene indicata con (d.d.p.) oppure con (DV ), ed è chiamata anche tensione elettrica o anche forza elettromotrice (f.e.m.). È una grandezza scalare e derivata ed è uguale alla differenza tra il potenziale elettrico in un punto (A) e quello in un altro punto (B), cioè: DVAB = VA – VB. È uguale al lavoro (L ) che una carica unitaria (q ) deve compie per andare da uno all’altro dei due punti considerati. Quindi LAB = q · DVAB È possibile calcolare la d.d.p. agli estremi di un elemento prendendo in considerazione i punti alle due estremità dell’elemento. Se tra due punti c’è una d.d.p. le cariche elettriche presenti nelle vicinanze tenderanno a muoversi perdendo energia potenziale. Quindi le cariche positive tendono ad andare dai punti a potenziale maggiore verso quelli a potenziale minore; viceversa le cariche negative tendono ad andare dai punti a potenziale minore verso quelli a potenziale maggiore. Se prendiamo in considerazione due punti a distanza (d ) in una zona dove il campo elettrico (E ) è uniforme (cioè costante in tutti i punti in valore, direzione e verso) succede che tra i due punti esiste una d.d.p. (DV ) uguale al prodotto scalare ta il campo elettrico e la distanza. Ovvero: DV = E ·d GRANDEZ-ZE TIPICHE ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

191 CORRENTE ELETTRICA La corrente elettrica rappresenta il passaggio ordinato ed ordinato di cariche elettriche dentro un corpo conduttore. Nei corpi solidi la corrente è formata da elettroni (cariche negative) , in quanto i protoni (cariche positive) essendo all’interno del nucleo che forma l’atomo non possono muoversi. Infatti nei solidi gli atomi oscillano attorno a posizioni reciproche fisse. Nei corpi fluidi (liquidi e gas) la corrente è formata da ioni positivi (atomi che hanno perso elettroni) e da ioni negativi (atomi che hanno ricevuto elettroni). Intatti nei fluidi gli atomi non sono vincolati ad occupare posizioni reciproche fisse, per cui possono spostarsi liberamente. La corrente elettrica (simbolo i ) è una grandezza fisica fondamentale e scalare che ha come unità di misura Ampere (simbolo A). Si misura con l’amperometro (che deve essere collegato in serie al conduttore in cui essa circola). Il valore (intensità) della corrente elettrica (i ) indica quanta carica (Q) passa ogni secondo all’interno del conduttore GRANDEZ-ZE TIPICHE ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

192 CIRCUITO ELETTRICO Un circuito elettrico è un insieme di elementi (corpi conduttori elettrici) opportunamente collegati fra loro. Ogni elemento o gruppo di elementi può formare un dispositivo utilizzabile per un determinato scopo. Ogni circuito deve avere almeno un elemento attivo (generatore di tensione oppure generatore di corrente) ed almeno un elemento passivo (utilizzatore). Gli elementi attivi in un circuito possono trovarsi da soli oppure in serie (batteria). Sono elementi attivi: le pile, gli accumulatori, le dinamo, gli alternatori Gli elementi passivi in un circuito possono essere uno o più. Sono elementi passivi: i resistori, i condensatori, le lampadine, i diodi ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

193 RESISTORE ELETTRICO e LEGGI DI OHM
Si chiama resistore elettrico un conduttore che ha la resistenza elettrica costante. Per esso vale la 1° e la 2° legge di Ohm. In un circuito è rappresentato dal simbolo grafico: La 1° legge di Ohm afferma che in un resistore il rapporto tra la differenza di potenziale elettrico (DV ) ai suoi estremi e la corrente elettrica (i ) che in esso vi circola è sempre costante qualunque la differenza di potenziale a cui è sottoposto. Questo rapporto si chiama resistenza e si indica con il simbolo (R ). Ovvero: La 2° legge di Ohm afferma che la resistenza elettrica di un resistore dipende dalla sua forma e dal materiale con cui esso è fatto. In particolare per un resistore di lunghezza ( ) e sezione (S ), la resistenza (R ) è direttamente proporzionale alla lunghezza ed inversamente proporzionale alla sezione. Ovvero: dove r è una costante che dipende dal materiale. CIRCUITI ELETTRICI ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

194 RESISTENZA ELETTRICA La resistenza elettrica è una grandezza fisica scalare e derivata caratteristica dei corpi conduttori. Ha come simbolo (R ). Essa è uguale al rapporto tra la differenza di potenziale elettrico (DV ) agli estremi di un conduttore e la corrente elettrica (i ) che in esso vi circola. Ovvero: L’unità di misura della resistenza elettrica è: Volt fratto Ampere. Volt fratto Ampere viene chiamato anche Ohm, il cui simbolo è W. Quindi: Non tutti i conduttori hanno la resistenza costante. I conduttori con resistenza costante vengono chiamati resistori. Lo strumento di misura della resistenza elettrica si chiama ohmetro. CIRCUITI ELETTRICI ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

195 GENERATORE ELETTRICO Il generatore è l’elemento attivo di un circuito elettrico. I generatori possono essere generatori di tensione o generatori di corrente. Il generatore di tensione è un dispositivo che mantiene costante la differenza di potenziale ai suoi estremi qualunque siano gli elementi passivi ad esso collegati. Un esempio è la pila. Il generatore di corrente è un dispositivo che mantiene costante la corrente elettrica al suo interno qualunque siano gli elementi passivi ad esso collegati. Inoltre ci sono due tipi di generatori: quelli in corrente continua e quelli in corrente alternata. Sono generatori in corrente continua quelli che funzionano attraversati da corrente di cariche che mantengono sempre lo stesso verso di circolazione. Sono generatori in corrente alternata quelli che funzionano attraversati da corrente di cariche che cambiano periodicamente il verso di circolazione, oscillando con una frequenza particolare. CIRCUITI ELETTRICI ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

196 PILA La pila è un dispositivo in grado di mantenere costante la differenza di potenziale DV alle sue estremità. La prima pila fu inventata da Alessandro volta. Essa era costituita da una serie alternata di 3 dischetti impilati l’uno sull’altro, uno di rame, uno di zinco separati da uno costituito da una pezzetta imbevuta di acido solforico. Cliccare per vedere l’animazione Le pile attualmente in commercio sono fat-te in maniera diversa, ma sono costituite sempre da 2 conduttori di ma-teriale diverso sepa-rate da una soluzio-ne acida. Cliccare per continuare Acido solforico zinco rame DV CIRCUITI ELETTRICI ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

197 CONDENSATORE ELETTRICO
Il condensatore è un unico dispositivo elettrico costituito da 2 conduttori (chiamati armature) separati da un isolante (chiamato dielettrico). Il condensatore sottoposto ad una differenza di potenziale (DV ) costante (ad esempio una pila) si comporta come un isolante: non consente il passaggio di cariche elettriche da una sua estremità all’altra (corrente elettrica) ma in ciascuna delle sue armature si accumula una carica elettrica di uguale valore (Q ) ma di differente segno. In tal caso si dice che il condensatore è carico. Se si scollega il condensatore dalla pila che lo ha caricato esso rimane carico poiché la carica da un’armatura non può passare all’altra per via dell’isolante. Se si collegano fra loro con un conduttore le armature di un condensatore carico esso, in un tempo abbastanza breve, si scarica in quanto le cariche da un’armatura passano all’altra tramite il conduttore che le collega. La grandezza fisica tipica di un condensatore è la sua capacità. CIRCUITI ELETTRICI ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

198 CAPACITA’ del condensatore
La grandezza fisica tipica di un condensatore è la sua capacità. Si definisce capacità (C ) del condensatore il rapporto tra la carica (Q ) sull’armatura e la differenza di potenziale (DV ) a cui è sottoposto. Quindi: La capacità è quindi una grandezza fisica scalare e derivata ù. La sua unità di misura nel S.I. è il Farad (F ) che equivale a Coulomb fratto Volt ossia: La capacità di un condensatore dipende dall’area delle superfici delle armature affacciate, dalla distanza tra le armature e dal dielettrico che le separa. Essa è tanto maggiore quanto maggiore sono le superficie affacciate e quanto minore e la distanza tra le armature. CIRCUITI ELETTRICI ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

199 COLLEGAMENTO IN SERIE Due o più elementi di un circuito sono collegati in SERIE se, e solo se, sono attraversati dalla stessa corrente elettrica. Due o più resistori collegati in serie possono essere sostituiti da un resistore equivalente senza che nella rimanente parte del circuito cambi nulla. In tal caso succede che: la corrente (iS) che circola nel resistore equivalente è la stessa che circola in ciascuno dei resistori sostituiti. Ovvero: iS = i1 = i2 = …; la resistenza equivalente (RS) è uguale alla somma delle singole resistenze dei resistori sostituiti. Ovvero: RS = R1 + R2 + …; la differenza di potenziale agli estremi del resistore equivalente (DVS) è uguale alla somma delle differenze di potenziale agli estremi di ciascuno dei resistori sostituiti. Ovvero: DVS = DV1 + DV2 + …. Due o più condensatori collegati in serie possono essere sostituiti da un condensatore equivalente senza che nella rimanente parte del circuito cambi nulla. In tal caso succede che: la carica (QS) sull’armatura del resistore equivalente è la stessa di quella in ciascuno dei condensatori sostituiti. Ovvero: QS = Q1 = Q2 = …; L’inverso della capacità del condensatore equivalente ( ) è uguale alla somma degli inversi delle singole capacità dei condensatori sostituiti. Ovvero: ; la differenza di potenziale agli estremi del condensatore equivalente (DVS) è uguale alla somma delle differenze di potenziale agli estremi di ciascuno dei condensatori sostituiti. Ovvero: CIRCUITI ELETTRICI ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

200 COLLEGAMENTO IN PARALLELO
Due o più elementi di un circuito sono collegati in PARALLELO se, e solo se, hanno la stessa differenza di potenziale ai loro estremi. Due o più resistori collegati in parallelo possono essere sostituiti da un resistore equivalente senza che nella rimanente parte del circuito cambi nulla. In tal caso succede che: la differenza di potenziale agli estremi del resistore equivalente (DVP) è uguale alla differenza di potenziale agli estremi di ciascuno dei resistori sostituiti. Ovvero: DVP = DV1 = DV2 = … l’inverso della resistenza equivalente ( ) è uguale alla somma degli inversi delle resistenze dei singoli resistori sostituiti. Ovvero: ; la corrente (iP) che circola nel resistore equivalente è uguale alla somma delle correnti che circolano in ciascuno dei resistori sostituiti. Ovvero: iP = i1 + i2 + …. Due o più condensatori collegati in parallelo possono essere sostituiti da un condensatore equivalente senza che nella rimanente parte del circuito cambi nulla. In tal caso succede che: la differenza di potenziale agli estremi del condensatore equivalente (DVP) è uguale alla differenza di potenziale agli estremi di ciascuno dei condensatori sostituiti. Ovvero: DVP = DV1 = DV2 = …; la carica sulle armature del condensatore equivalente (QP) è uguale alla somma delle cariche sulle armature dei singoli condensatori sostituiti. Ovvero: Qp = Q1 + Q2 + …; la capacità (CP) del condensatore equivalente è uguale alla somma delle capacità di ciascuno dei condensatori sostituiti. Ovvero: CS = C1 + C2 + …. CIRCUITI ELETTRICI ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

201 POTENZA ELETTRICA La potenza elettrica generata (P ) è la sveltezza con cui viene generata l’energia potenziale elettrica da un generatore. La potenza elettrica dissipata (P ) è la sveltezza con cui viene persa l’energia potenziale elettrica in un conduttore. In un circuito elettrico la potenza totale generata dai generatori è uguale alla potenza totale dissipata dagli elementi passivi del circuito stesso. Quando in un conduttore circola una corrente elettrica (i ) ai suoi estremi c’è una differenza di potenziale (DV ) che è uguale al prodotto della corrente per la resistenza (R ) del conduttore (DV =R · i ). Quindi il conduttore avrà un punto (che chiameremo punto A) a potenziale più alto ed un punto (che chiameremo punto B) a potenziale più basso. Ogni carica (Q ) che si sposta dal punto a potenziale più alto (A) al punto a potenziale più basso (B) perde energia potenziale elettrica (U ). Intatti nel punto A ha ha energia UA = Q · VA e nel punto B ha ha energia UB = Q · VB Pertanto l’energia persa sarà uguale a DU = UA – UB = = Q · VA – Q · VB = Q · (VA – VB ) = Q · DV . La potenza elettrica è quindi uguale a: CIRCUITI ELETTRICI ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

202 EFFETTO JOULE In un conduttore, l’energia elettrica persa (grazie agli urti tra le cariche elettriche, elettroni e/o ioni, e i nuclei degli atomi fermi) si trasforma in aumento dell’energia cinetica delle particelle coinvolte. Questa è percepita in modo macroscopico come aumento dell’energia termica. Questo aumento di energia termica produce oltre ad un aumento di temperatura, anche calore disperso nell’ambiente. Quindi la potenza elettrica dissipata si trasforma in energia termica prodotta. Cioè ogni conduttore in cui circola corrente elettrica si riscalda consumando energia potenziale elettrica. Questo fenomeno prende il nome di EFFETTO JOULE. Quindi un conduttore in cui circola corrente elettrica produce potenza termica che è uguale alla potenza elettrica dissipata. Essa è uguale a: od anche: CIRCUITI ELETTRICI ELETTRO- LOGIA Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

203 MAGNETISMO Il magnetismo si occupa delle forze magnetiche e dei corpi magnetici. È un CORPO MAGNETICO quel corpo che è in grado di attrarre a sé altri corpi ferrosi e/o particolari metalli. Esso è chiamato semplicemente magnete. Un corpo magnetico è costituito da sostanze chiamate sostanze ferromagnetiche. Un corpo magnetico viene chiamato anche calamita. Ci sono due tipi di corpi magnetici: magneti naturali (come la magnetite) e magneti artificiali (calamite ottenute magnetizzando un corpo artificialmente). Ci sono due tipi di magneti artificiali: quelli temporanei e quelli permanenti. Ciascun magnete ha sempre due poli magnetici. Nel magnetismo, quindi, si studiano gli argomenti indicati nella pagina successiva. ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

204 Argomenti del MAGNETISMO
Nel magnetismo, quindi, si studia: Poli magnetici, Forze magnetiche, Campo magnetico, Campo magnetico generato da correnti in circuiti particolari, Forze magnetiche tra due fili paralleli percorsi da correnti, Proprietà magnetiche della materia. MAGNE-TISMO ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

205 POLI MAGNETICI Ciascun magnete ha SEMPRE due poli magnetici. Infatti se appoggiamo un qualsiasi magnete su della limatura di ferro notiamo che esso la attrae alle due estremità, ma non nella parte centrale. Ciascuna di queste estremità è un polo magnetico. Si può notare che i 2 poli hanno proprietà diverse. Infatti, se proviamo ad avvicinare i poli di 2 magneti diversi e notiamo che essi si attraggono, non appena invertiamo uno dei 2 poli essi si respingono. Quindi occorre dare un nome diverso ai due tipi di polo magnetico. Per farlo si sfruttano le proprietà magnetiche del pianeta terra. Procediamo in questo modo: sospendiamo un magnete ad un filo sottile, notiamo che esso si mette a ruotare oscillando in senso e nell’altro. Aspettiamo che, grazie all’attrito con l’aria smetta di oscillare e notiamo che esso si posiziona (si orienta) con un polo verso il Nord geografico della terra e l’altro verso il Sud geografico. Quello che si orienta verso il Nord è sempre lo stesso polo che chiamiamo POLO NORD magnetico del magnete (N) e l’altro POLO SUD magnetico del magnete. ELETTRO- MAGNETI- SMO MAGNE-TISMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

206 FORZE MAGNETICHE Si può notare che la forza tra due magneti è attrattiva tra poli magnetici avente nome diverso ed è repulsiva tra poli magnetici avente lo sesso nome. Se il pianeta terra fa orientare un magnete libero di ruotare vuol dire che esso stesso è un grosso magnete. Quindi anche la terra ha 2 poli magnetici. Giacché il polo Nord magnetico del magnete è attratto dal polo Nord geografico della terra, in tale zona c’è il polo Sud magnetico della terra. Tale polo magnetico non corrisponde esattamente con il polo geografico, ma è spostato di qualche centinaio di chilometri. Si può notare che non è possibile ottenere un corpo con una sola polarità. Infatti se si spezza una calamita in due cercando di ottenere un corpo con il solo polo Nord e l’altro con il solo polo Sud notiamo che ciascuno dei due corpi separati ha ancora una volta entrambi i poli. Procedendo come abbiamo fatto con le forze elettriche possiamo introdurre il concetto di campo magnetico. ELETTRO- MAGNETI- SMO MAGNE-TISMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

207 CAMPO MAGNETICO Il campo magnetico è una proprietà (caratteristica) dei punti dello spazio. Esso rappresenta la capacità che un punto possiede di manifestare una forza magnetica qualora in quel punto venga posto un corpo avente proprietà magnetiche. Il campo magnetico può essere generato dai corpi magnetici o dalle correnti elettriche come ha notato per primo il fisico Oersted. È una grandezza fisica vettoriale e derivata che si indica con (B ). Vediamo come, in casi particolari, si determina la direzione, il verso e l’intensità del campo magnetico. L’unità di misura del campo magnetico nel S.I. è il Tesla (T) che equivale a: o MAGNE-TISMO ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

208 Direzione del CAMPO MAGNETICO
La direzione del campo magnetico si può ricavare conoscendo le linee di forza del campo magnetico. Le linee di forza del campo magnetico sono facilmente visualizzabile tramite la limatura di ferro. Spruzzando della limatura di ferro questa si dispone in modo da formare delle linee chiamate appunto linee di forza del campo magnetico. La direzione del campo magnetico in ogni punto è la retta tangente alla linea di forza in quel punto. Un altro modo per visualizzare la direzione del campo magnetico è quello di utilizzare un piccolo ago magnetizzato libero di ruotare nelle tre dimensione (bussola tridimensionale). La direzione in cui si dispone l’ago è la direzione del campo magnetico. Le linee di forza del campo magnetico generato da un magnete sono line che escono dal polo Nord ed entrano nel polo Sud del magnete. Le linee di forza del campo magnetico generato da un filo percorso da corrente elettrica sono circonferenze concentriche perpendicolari al filo aventi come centro il filo stesso. CAMPO MAGNE-TICO MAGNE-TISMO ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

209 Verso del CAMPO MAGNETICO
Definiamo verso del campo magnetico quello che va dal polo Nord verso il polo Sud. Un modo per visualizzare il verso del campo magnetico è quello di utilizzare un piccolo ago magnetizzato libero di ruotare nelle tre dimensione (bussola tridimensionale). Il verso e quello che va dal polo Nord verso il polo Sud dell’ago. Il verso del campo magnetico generato da un filo percorso da corrente elettrica (i ) si può ottenere con la regola della mano destra. Si pone il pollice della mano destra nel verso della corrente elettrica; il verso di chiusura delle altre quattro dita indica il verso del campo magnetico. i CAMPO MAGNE-TICO MAGNE-TISMO ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

210 Intensità del CAMPO MAGNETICO (1)
B Affacciamo ad un estremo Nord di una calamita un estremo Sud di un’altra tenendole ferme in modo che la distanza fra di loro sia piccola. Nella zona tra di esse (espansione polare) il campo magnetico (B ) deve avere un valore pressoché lo stesso. Poniamo poi all’interno dell’espansione polare un filo percorso da corrente elettrica (i ). Notiamo che su di esso agisce una forza (F ) il cui valore dipende dal valore del campo magnetico (B ), dalla corrente elettrica (i ), dalla lunghezza (l )del filo immerso nell’espansione polare e dall’angolo (a ) tra il filo ed il campo magnetico. La forza varia da un massimo quando l’angolo è di 90° a zero quando l’angolo e 0°. Si ha quindi che: ; se a= 90° si ha: da cui si ricava il valore del campo è Per la direzione ed il verso della forza vedi la pag. successiva. CAMPO MAGNE-TICO MAGNE-TISMO ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

211 Direzione e Verso della FORZA magnetica (2) Continua dalla pagina precedente
B Quando un tratto rettilineo di filo è percorso da corrente elettrica ed è immerso in un campo magnetico si nota che su di esso agisce una forza. Questa forza ha una direzione perpendicolare sia al filo, sia al campo magnetico, ovvero ha una direzione perpendicolare al piano su cui giace sia il campo che il tratto di filo stesso. Quindi nel caso della figura superiore la direzione è perpendicolare al foglio che stai guardando. Il verso lo si ricava con la regola della mano sinistra: si dispone il dito indice della mano sinistra nel verso del campo, il dito medio nel verso della corrente, il dito pollice individua il verso della forza. (vedi figura sotto). N S corrente campo forza CAMPO MAGNE-TICO MAGNE-TISMO ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

212 CAMPO MAGNETICO in casi particolari
Nella zona vicino ad un circuito elettrico in cui circola corrente si genera un campo magnetico. Il valore di tale campo in un punto qualsiasi distante dal circuito è direttamente proporzionale alla corrente. La direzione ed il verso di tale campo dipendono dalla forma del circuito, dalla distanza da esso e dal materiale che separa il punto dal circuito stesso. Studiamo i seguenti casi: Attorno ad un filo lungo e rettilineo, Al centro di una spira circolare, All’interno di un solenoide. CAMPO MAGNE-TICO MAGNE-TISMO ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

213 CAMPO MAGNETICO attorno ad un filo lungo e rettilineo
Nella zona attorno ad un filo lungo e rettilineo in cui circola una corrente (i ) si genera un campo magnetico. La direzione del campo è sempre tangente alle linee di campo che sono delle circonferenze concentriche perpendicolari al filo aventi come centro il filo stesso. Il verso del campo si ricava con la regola della mano destra (vedi: verso del campo magnetico). Il valore di tale campo magnetico (B ) in un punto posto a distanza (d ) dal filo è uguale a: m è un valore costante che dipende dal materiale che separa il punto dal filo e si chiama permeabilità magnetica del materiale. La permeabilità del vuoto è: CAMPO IN CASI PAR-TICOLARI CAMPO MAGNE-TICO MAGNE-TISMO ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

214 CAMPO MAGNETICO in una spira circolare
Un filo conduttore che forma una circonferenza prende il nome di spira circolare. Nella zona attorno ad una spira circolare in cui circola una corrente (i ) si genera un campo magnetico. La direzione del campo è sempre tangente alle linee di campo che sono delle linee chiuse attorno al filo aventi come centro il filo stesso. Al centro della spira il campo ha la direzione perpendicolare alla spira stessa. Il verso del campo si ricava con la regola della mano destra (vedi: verso del campo magnetico). Ma più semplicemente si può ricavare sempre con la mano destra chiudendo le 4 dita nel verso della corrente ed il pollice indicherà la faccia Nord. Il valore di tale campo nel centro della spira di raggio r è uguale a: m è un valore costante che dipende dal materiale che separa il punto dal filo e si chiama permeabilità magnetica del materiale. La permeabilità del vuoto è: CAMPO IN CASI PAR-TICOLARI CAMPO MAGNE-TICO MAGNE-TISMO ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

215 CAMPO MAGNETICO all’interno di un solenoide
Un filo conduttore formato da un N spire si chiama solenoide. Se N è un numero abbastanza elevato il solenoide si chiama bobina. Nella zona interna ad un solenoide in cui circola una corrente (i ) si genera un campo magnetico che è tanto più uniforme (stesso valore, stessa direzione e stesso verso) quanto più fitte sono le spire. La direzione del campo all’interno di un solenoide ha la direzione della lunghezza (L ) solenoide stesso . Il verso del campo si ricava con la regola della mano destra (vedi: verso del campo magnetico). Ma più semplicemente si può ricavare sempre con la mano destra chiudendo le 4 dita nel verso della corrente ed il pollice indicherà la faccia Nord. Il valore di tale campo magnetico (B ) in un punto interno al solenoide è uguale a: m è un valore costante che dipende dal materiale che separa il punto dal filo e si chiama permeabilità magnetica del materiale. La permeabilità del vuoto è: CAMPO IN CASI PAR-TICOLARI CAMPO MAGNE-TICO MAGNE-TISMO ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

216 FORZE tra 2 fili paralleli percorsi da corrente
Se due fili lunghi e rettilinei sono disposti parallelamente l’uno accanto all’altro ciascuno di essi genera un campo magnetico in cui è immerso l’altro. L’altro filo quindi è soggetto ad una forza magnetica. Se nel primo filo circola una corrente i1 e nel secondo una corrente i2 ed i fili hanno una lunghezza l posti a distanza d l’uno dall’altro, allora il primo genera un campo B1 B1 è uguale a: i1 d l i2 F La direzione del campo è tangente alla linee di campo nel punto a distanza d dal primo filo ed il verso è quello indicato in figura. Il secondo sottoposto al campo B1 sarà sottoposto ad una forza F che è uguale a: La direzione è lungo la distanza ed il verso è attrattiva se le corrente hanno lo stesso verso, repulsiva nel caso contrario. CAMPO IN CASI PAR-TICOLARI CAMPO MAGNE-TICO MAGNE-TISMO ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

217 PROPRIETA’ MAGNETICHE della materia
Se un corpo è immerso in una zona dello spazio dove c’è campo magnetico il corpo subisce una magnetizzazione, cioè genera un campo magnetico aggiuntivo. In base al tipo di magnetizzazione possiamo suddividere tutti i materiali in tre tipologie diverse: sostanze paramagnetiche, diamagnetiche e ferromagnetiche. 1) Sono sostanze paramagnetiche quelle sostanze che immerse in un campo magnetico esterno generano un campo magnetico aggiuntivo di debole intensità, con la stessa direzione e stesso verso. 2) Sono sostanze diamagnetiche quelle sostanze che immerse in un campo magnetico esterno generano un campo magnetico aggiuntivo di debole intensità, con la stessa direzione ma con verso contrario. 3) Sono sostanze ferromagnetiche quelle sostanze che immerse in un campo magnetico esterno generano un campo magnetico aggiuntivo notevolmente più intenso, con la stessa direzione e stesso verso. Le sostanze ferromagnetiche possono essere ferromagnetiche permanenti (se rimangono magnetizzati anche se il campo esterno si annulla) e temporanee (se si smagnetizzano quando il campo esterno si annulla). CAMPO IN CASI PAR-TICOLARI CAMPO MAGNE-TICO MAGNE-TISMO ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA

218 INTERAZIONI ELETTRO-MAGNETICHE
La corrente elettrica genera campo magnetico. Si nota anche che un campo magnetico variabile può generare una corrente elettrica. Quindi esistono delle interazioni tra correnti e campi magnetici, anzi c’è interazione tra la variazione del campo elettrico e quella del campo magnetico. Queste sono chiamate interazioni elettromagnetiche. Quindi studieremo: Interazione campo spira-magnetico, Corrente elettrica indotta, Corrente indotta da un circuito a corrente variabile, Forza elettromotrice indotta, Legge di Faraday-Neumann, Legge di Lenz, Legge dell’induzione magnetica Campo elettromagnetico, Onde elettromagnetiche. ELETTRO- MAGNETI- SMO Aggiornato al 8/11/2011 Redatto dal prof. Salvatore MURANA


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