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Psicopatologie da fine frontiera

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Presentazione sul tema: "Psicopatologie da fine frontiera"— Transcript della presentazione:

1 Psicopatologie da fine frontiera

2 LA FRONTIERA ovvero l’altra matrice dell’immaginario americano

3 LA FRONTIERA STORICA La conquista del West (1851-1890)

4 Immaginario americano
PURITANESIMO INABISSAMENTO PURITANESIMO VS FRONTIERA ( ) FRONTIERA (1851 – 1890) PURITANESIMO E FRONTIERA = IMMAGINARIO AMERICANO (1890 – 2015)

5 Walt Withmann (1819-1892) Una Via per le Indie (1868)
Scorgo sul mio continente la ferrovia del pacifico superare tutti gli ostacoli… Odo le locomotive in fuga ruggire, e lo stridulo fischio del vapore… Allacciando il mare dell’Oriente con quello di Ponente, La strada tra l’Europa e l’Asia

6 Ossimori americani APERTURA CHIUSURA Frontiera (America)
Confine (Europa) Spazio (dimensione senza confini e senza legge) Territorio (spazio delimitato da confini - legge)

7 La frontiera “La frontiera non è una linea in cui fermarsi, ma un’area che invita ad entrare” (W. Webb)

8 TUTTO COMINCIA QUANDO TUTTO FINISCE: L’ESTINZIONE E LA MITIZZAZIONE DELLA FRONTIERA

9 Fino al 1880 incluso, il paese aveva una frontiera di colonizzazione provvisoria, ma ora l’area non colonizzata è stata lottizzata sì che si può appena parlare di linea di confine. Discuterne l’estensione, lo spostamento verso Occidente… etc., non può più quindi aver senso nei rapporti censitari Sovrintendente al censimento (Washington 1890)

10 I primi ad accorgersi della fine della frontiera sono gli indiani: Wounded Knee (29 dicembre 1890)

11 Frederick Jackson Turner (1861-1932)
Il mito codificato Frederick Jackson Turner ( ) Il significato della frontiera nella storia americana (1893) La frontiera nella storia americana (1920)

12 Le interpretazioni della tesi di Turner
la frontiera è il vero elemento che è alla base dell’identità americana e che ne stabilisce la specificità e l’eccezionalità. Per tali motivi, essenzialmente identitari, viene continuamente evocata e rifunzionalizzata. frontiera è un’invenzione a posteriori di Turner che non si basa su fatti storici effettivamente accaduti: non è altro che una costruzione ideologica attraverso cui il capitalismo conquistatore dell’élite bianca anglo-protestante si è imposto. La frontiera è un mito la cui principale funzione non è né identitaria, né economica ma essenzialmente materiale: scoprire, inventare o al limite immaginare nuove dimensioni spaziali per disinnescare qualsiasi forma di conflittualità (razziale, sociale, economica, etc.).

13 ANATOMIA DEL CONFLITTO AMERICANO

14 Una costituzione nata nel vuoto

15 Hannah Arendt: la Costituzione americana nasce da una rivoluzione “pura” che esalta la libertà rispetto all’uguaglianza 1963

16 È la frontiera, l’abbondanza di spazio e di risorse, che soddisfa, almeno provvisoriamente, la necessità materiale e permette la fondazione costituzionale americana

17 A cosa serve immaginare lo spazio?
Lo spazio contro il tempo storico (ovvero il sogno americano) Lo spazio contro il conflitto L’immaginario contro la mediazione: immaginare spazi, realizzare utopie

18 L’immaginario come realizzazione del virtuale possibile: l’utopia realizzata attraverso la frontiera
Non già concettualizzare la realtà, bensì realizzare il concetto e materializzare le idee. Quelle della religione illuminata del XVIII sec. ovviamente ma anche i sogni, i valori scientifici, le perversioni sessuali. Materializzare la libertà, ma anche l’inconscio. I nostri fantasmi di spazio e di fantasia, ma anche di sincerità e di onestà morale, o i deliri della tecnicità – tutto ciò che è stato sognato al di qual dell’Atlantico ha delle possibilità di realizzarsi al di là. Essi fabbricano il reale partendo dalle idee, noi trasformiamo il reale in idee o in ideologia. Qui in America ha senso solo ciò che si realizza o si manifesta, per noi ha senso solo ciò che si pensa, o si nasconde. Perfino il materialismo in Europa è solo un’idea, ed è in America che si concretizza nella realizzazione tecnica delle cose, nel passaggio da modo di pensare a modo di vivere, nelle riprese della vita, come nel cinema, quando si dice: Azione e la cinepresa comincia a girare. Perché la materialità delle cose, proprio quella, è la loro cinematografia J. Boudrillard, America (1986) “In America l’utopia ha senso solo se pensata come realizzabile”. In Europa è spazio simbolico in cui si ragiona sul conflitto, alleggerendolo, ma non necessariamente risolvendolo.

19 La soluzione del conflitto in Europa
Politica come strumento di mediazione Sindacati come forma di mediazione Rivoluzione

20 La soluzione del conflitto in America: lo spazio
Il nostro capitale era già pronto per molte operazioni la cui realizzazione richiede un periodo di tempo piuttosto lungo; ma potevamo noi intraprenderle con operai che come sapevamo benissimo, ci avrebbero tosto abbandonati? Se avessimo avuto la certezza che il lavoro di questi immigrati non sarebbe fuggito via, li avremmo assunti immediatamente, e a prezzo elevato (K. Marx, Il capitale: discorso del ministro inglese per le colonie) I grandi stabilimenti manufatturieri richiedono abbondanza di poveri che facciano il lavoro a basso salario; quei poveri si possono trovare in Europa, ma non si troveranno in America finché tutta la terra non sarà occupata e coltivata, e l’eccedenza della popolazione, rimasta senza terra, necessiterà di un lavoro. Tra noi il lavoro di solito è troppo costoso, e gli operai difficili da tenere insieme, desiderando ciascuno essere padrone, mentre, d’altra parte, il basso costo della terra induce molti ad abbandonare il loro mestiere per l’agricoltura (William Carlos Williams, Nelle vene dell’America, 1925) Il possesso di terra è in termini generali il fine di ogni azione e la cura per tutti i mali sociali degli Stati Uniti … Se un uomo è deluso dalla politica o dall’amore, va a comprarsi della terra. Se cade in disgrazia, si trasferisce in un lotto nei Territori occidentali. Se la richiesta di un qualsiasi prodotto si affievolisce, gli artigiani se ne vanno in una qualche terra non ancora insediata. Se i vicini di un cittadino si ergono al di sopra di lui, questi se ne va dove può essere il monarca di tutto ciò che è in grado di misurare (Harriet Martinueau, 1837)

21 Quando lo spazio finisce nasce una nuova forma di politica tutta americana
la funzione dello Stato è di assegnare, anche con la forza, un luogo ad ogni etnia, censo, identità, desiderio, utopia, credenza politica e religiosa. Nel caso in cui ciò non sia possibile, deve contribuire alla ricerca-invenzione di nuove dimensioni spaziali.

22 POLITICA E IMMAGINARIO

23 LE SOLUZIONI DI FRONTE AL CONFLITTO
FUGA “Ero stato messo in prigione mentre stavo andando dal calzolaio a ritirare una scarpa da riparare. Quando fui rilasciato, il mattino dopo volli portare a termine una commissione e, dopo avere calzato la scarpa aggiustata, mi unii al gruppo di persone che andavano per mirtilli e che erano ansiose di mettersi sotto la mia guida; e in mezz’ora ero in mezzo al campo di mirtilli, su una delle nostre colline più alte, a due miglia di distanza, e allora lo Stato non potè più essere visto da nessuna parte” Henry D. Thoreau ( ), Disobbedienza civile (1849) DISOBBEDIENZA CIVILE “A mio avviso, dovremmo essere prima di tutto uomini e poi cittadini. Non è auspicabile che l’uomo coltivi il rispetto della legge nella stessa misura di quello per ciò che è giusto. Il solo obbligo che ho il diritto di arrogarmi è quello di fare sempre e comunque ciò che ritengo giusto” ANNIENTAMENTO O SEGREGAZIONE DELL’AVVERSARIO

24 IL CONFLITTO E’ PERCEPITO COME UN FATTO ETICO, MAI SOCIO-ECONOMICO
“Di fronte a un conflitto percepito come inspiegabile, perché grazie all’abbondanza di spazio non avrebbe dovuto prodursi, non esita ad utilizzare tutte le possibili strategie di smaterializzazione che le permettono molto più facilmente di assegnare i ruoli, di dare al nemico il volto che si preferisce e quindi di contrattaccare annientandolo totalmente, magari trasformandolo da nemico dell’America a nemico dell’umanità… “L’immaginario ha già svolto tutto il lavoro prima del- l’intervento della politica. A quest’ultima non resta che agire. È in questo senso che si può affermare che in America è molto difficile che si produca una vera autonomia della politica dall’immaginario. Spesso invece la politica non è altro che il suo braccio armato”. (ILARDI, 2015)

25 LA PENA DI MORTE COME CONSEGUENZA DI UN APPROCCIO “ETICO”
La detenzione e la pena di morte: espressione della predestinazione puritana La detenzione e la pena di morte: sintesi tra la volontà popolare di giustizia diretta e le sue rappresentanze democratiche

26 Giustizieri, vendicatori e supereroi

27 Il grande complotto come estrema negazione del conflitto

28 POLITICA COME PROFEZIA

29 La politica come profezia: le élites intellettuali
“La sensazione di essere puritanamente accerchiati e dall’altra parte la necessità di una continua ricerca di un’eccedenza spaziale che permetta la dimensione politica fa vivere gli americani in un costante clima profetico, in un perenne stato d’eccezione e quindi in una eterna necessità di decisione”

30 La politica come profezia: il presidente degli Stati Uniti, l’unico a decidere nel perenne “stato d’eccezione”

31 Geopolitica della simulazione: ovvero il rifiuto dell’autonomia della politica negli affari esteri
“Il complesso problema geopolitico non viene affrontato nella sua specificità storico-geografica ma traslocato in un universo simulato, virtuale creato dalla stessa America che, per i meccanismi tipici del suo immaginario, diviene immediatamente reale. In questo spazio virtuale ovviamente tutto funziona alla perfezione: il male viene sconfitto, la democrazia vince…” (Ilardi, 2015)

32 Henry Kissinger e la realpolitik americana: un caso più unico che raro?
Segretario di stato dal 1973 al 1977

33 Il ritorno all’ordine: Ronald Reagan e l’ “Impero del Male”

34 Il Vietnam

35 Iraq “Mentre per la tradizione politica europea il vuoto di potere porta ineluttabilmente alla guerra civile e alla lotta tra fazioni, per la mentalità americana nata nella frontiera, che attribuisce proprio a quello spazio infinito il merito di aver creato le migliori, le più solide e durature istituzioni possibili, il vuoto di potere rappresenta il primo stadio della costruzione del bene sotto forma di istituzioni democratiche” (Ilardi, 2015).

36 Cuba

37 Psicopatologie da fine frontiera

38 Movimenti isterici e oscillazioni infinite

39 Insofferenze spaziali: verso la frontiera fino alla morte
Easy Rider - Dennis Hopper (1969)

40 Insofferenze spaziali: verso la frontiera fino alla morte
Thelma e Louise - Riddley Scott (1991)

41 Il “giovane Holden” sbaglia strada e finisce in città
L'acchiappatore nella segale “Cosa vuoi fare da grande? colui che salva i bambini, afferrandoli un attimo prima che cadano nel burrone, mentre giocano in un campo di segale”. (storpiatura di un verso di Robert Burns) 1951

42 La frontiera in città: “via dalla pazza folla”

43 Simulare la frontiera

44 L’immaginario americano è antimetropolitano
Diventare tanto ricco da poterti tirar fuori dalla marmaglia, da tutta quella gente in autostrada o, peggio, sull’autobus. No, il sogno è una grande casa, isolata in capo al mondo. Un attico, come quello di Howard Hughes. Un castello in cima a una montagna, come quello di William Randolph Hearst. Un qualche nido isolato dove invitare solo la marmaglia che ti piace. Un ambiente controllabile, lontano dal conflitto e dal dolore. Dove sei tu a decidere. Che sia un ranch nel Montana o un appartamento in un seminterrato, con diecimila DVD e accesso a internet a banda larga, non c’è eccezione: arriviamo lì, e ci ritroviamo soli. Isolati C. Palahniuk, Stranger than Fiction, 2004, trad. it. La scimmia pensa, la scimmia fa

45 La metropoli americana come spazio momentaneo

46 Claustrofobia e paranoia

47 La paranoia da fine frontiera deriva da una condizione “claustrofobica”

48 Catalogare la mente Con la fine della Frontiera un nuovo puritanesimo torna a vigilare: tecnologia, archivistica, architettura e psichiatria catalogano l’America Divergent ( ) di V. Roth Hunger Games ( ) di S. Collins Catalogazione in base alla produzione Catalogazione in base alle tonalità emotive. Cinque fazioni: coraggiosi, altruisti, sinceri, pacifici, eruditi (+ gli esclusi)

49 Psichiatria vs psicoanalisi
Robert Spitzer, DSM-III - Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (1980)

50 Archiviare il mondo J. Edgar Hoover (a capo dell’FBI dal 1924 al 1972)
“Mangerà e vestirà sempre bene, ma non avrà mai una lussuosa Packard o una casa sontuosa [... ] È un uomo che nella buona e nella cattiva sorte è sposato con il suo lavoro ventiquattro ore al giorno. Impara a valutare la propria vita in base al proprio lavoro, precludendosi i normali piaceri dei comuni mortali e spesso dimentica come si fa a rilassarsi”

51 LA NUOVA FRONTIERA COME INVENZIONE TECNOLOGICA

52 Il destino manifesto: la tecnologia crea spazio
American Progress, or Manifest Destiny (1872) di John Gast

53 COME L’AMERICA INVENTA SEMPRE NUOVE FRONTIERE

54 Nelle metropoli finisce la frontiera: nelle metropoli si inventano nuove frontiere
Los Angeles

55 Primo Novecento: architettura e urbanistica aprono la frontiera in città
Grattacieli: i nuovi pionieri (l’architetto, l’astronauta, l’ingegnere, l’informatico) Sobborghi: i nuovi coloni

56 Primi del Novecento. La tecnologia del cinema simula la frontiera
Sarà dunque in questo lontano sobborgo di Los Angeles che la nazione americana proseguirà “con altri mezzi” la sua corsa senza fine, il suo viaggio senza ritorno: western, trail movies, road movies, burlesques, film musicali, sino alle più recenti produzioni come la serie degli SPEED, tutto un cinema dell’accelerazione, capace di ridare la massima rapidità a un’“autentica americanizzazione” Virilio P., La bombe informatique, 1998, trad. it. La bomba informatica,

57 La creazione di un nuovo immaginario:
il cinema western The Great Train Robbery Edwin S. Porter (1903) Il ciclo di Tom Mix ( )

58 La frontiera infinita dell’economia
La frontiera infinita dell’economia. La Grande Depressione come risultato di un eccesso di simulazione, moltiplicazione e replicazione di merci e di titoli azionari.

59 Dopo la Seconda Guerra Mondiale
Dopo la Seconda Guerra Mondiale. La scienza e la frontiera infinita (ovvero la santa alleanza tra Stato, imprese private e università) Gli Stati Uniti hanno sempre favorito l’esplorazione di nuove frontiere. Hanno aperto i loro mari alle navi, hanno fornito la terra ai pionieri. Esaurite queste frontiere, rimane quella scientifica. Fedeli alla tradizione americana che ha reso grandi gli Stati Uniti, dobbiamo fare in modo che nuovi orizzonti siano accessibili per lo sviluppo a ogni cittadino Il nostro interesse non è formare un gruppo di eletti. Il piano migliore, è a nostro avviso offrire agli uomini e alle donne di ogni tipo e condizione l’opportunità di migliorare se stessi. È questo l’American Way, il modo in cui gli Stati Uniti sono diventati ciò che sono. È molto importante secondo noi abbattere ogni ostacolo all’ambizione intellettuale che non appartenga alla capacità individuale. È di vitale importanza, per ogni giovane, sapere che se mostrerà le qualità necessarie, il solo limite che potrà incontrare sarà quello del cielo Vannevar Bush, The Endless Frontier, La frontiera infinita, 1945

60 La nuova frontiera è nello spazio cosmico
14 luglio Discorso di accettazione della candidatura: “Al di là di questa frontiera si estendono le aree inesplorate della scienza e dello spazio, i problemi irrisolti della pace e della guerra, le sacche di ignoranza e pregiudizio non ancora vinte, la povertà [...] Chiedo ad ognuno di voi di essere pionieri di questa nuova frontiera”. 25 maggio Discorso ad una sessione speciale del Congresso: “La nostra generazione non intende rimanere arenata ai margini della futura era spaziale. Intendiamo far parte di essa. Vogliamo assolvere in essa una funzione di guida poiche’ gli occhi del mondo guardano ora allo spazio, alla luna e ai pianeti, e noi abbiamo promesso che il mondo non vedrà lo spazio governato da una ostile bandiera di conquista, ma da una bandiera di pace. Abbiamo promesso che esso non sara’ solcato da armi per la distruzione di massa, ma da strumenti destinati alla scienza e alla comprensione… Noi alziamo le vele in questo nuovo mare, poiché in esso vi sono le nuove conoscenze da ottenere e nuovi diritti da conquistare ed essi devono essere conquistati ed usati per la pace ed il benessere di tutti"… " ...credo che questo paese debba impegnarsi a realizzare l'obiettivo, prima che finisca questo decennio, di far atterrare un uomo sulla Luna e farlo tornare sano e salvo sulla Terra. Non c'è mai stato nessun progetto spaziale più impressionante per l'umanità, o più importante per l'esplorazione dello spazio; e nessuno è stato così difficile e costoso da realizzare” Star Treck ( giugno 1969) Apollo XI – 20 luglio 1969

61 L’astronauta come nuovo pioniere
Pregava in pubblico. In mezzo a loro si presentava come il monaco volante o qualunque fosse la versione presbiteriana di un monaco. Un santo forse; o un asceta; o magari semplicemente il rompiscatole del villaggio [...] Non c’era contraddizione di sorta fra la [sua] fede presbiteriana e [la sua] ambizione, persino l’ambizione sfrenata, persino l’ambizione grande abbastanza da adattarsi all’ego del fantino da caccia. Un buon presbiteriano di- mostrava la sua elezione da parte del Signore e delle milizie celesti attraverso il successo in questa vita (Wolfe T., La stoffa giusta)

62 Frontiere lisergiche: i farmaci non controllano la mente ma la liberano

63 La beat generation e le droghe verticali
anfetamine, ecstasy, cocaina

64 Hippies: droghe orizzontali
LSD, mescalina, psilocibina

65 L’anello di congiunzione: frontiere della mente e spazio virtuale
Prendere l’LSD fu un’esperienza profonda, una delle più importanti della mia vita. L’LSD ti mostra l’altra faccia della realtà e anche se non te ne ricordi quando l’effetto sparisce, sai che è così. L’LSD ha rafforzato in me la gerarchia dei valori, facendomi capire che cos’era importante: non già fare soldi, bensì creare grandi cose e rimettere il più possibile quelle cose nel flusso della storia e della coscienza umana”. (Steve Jobs)

66 Dal cowboy all’astronauta sino al pirata informatico: gli “schiumatori” del web
Tutti gli hacker sono completamente imbevuti di un’eroica passione antiburocratica. Aspirano a essere riconosciuti come un archetipo culturale degno di lode, l’equivalente elettronico e postmoderno dei cowboy e degli uomini delle montagne [...] Ma per un numero sempre crescente di persone l’hacker è una figura odiosa, un sociopatico pronto a saltare fuori dalle terre selvagge della propria cantina e sconvolgere le vite degli altri per il proprio anarchico tornaconto [...] Nella cultura americana, però, c’è un elemento che si è sempre ribellato contro questi simboli, contro tutti i grandi gruppi industriali e tutte le compagnie telefoniche. Una certa coloritura anarchica nel profondo dell’animo americano si diverte a causare confusione e preoccupazione a tutte le burocrazie, comprese quelle tecnologiche. A volte da questo atteggiamento derivano comportamenti vandalici, ma si tratta comunque di una parte importante e apprezzata della psicologia collettiva. Il fuorilegge, il ribelle, l’individualista incallito, il pioniere, l’ostinato piccolo agricoltore jeffersoniano, il singolo cittadino che resiste a ogni interferenza nei propri progetti personali, queste sono figure che tutti gli americani riconoscono e che molti applaudono e difendono con forza. Gli hacker più magniloquenti si considerano gli aristocratici pionieri di un nuovo mondo elettronico e i tentativi di indurli a obbedire alle leggi della società americana contemporanea (democraticamente stabilite) vengono giudicati repressivi e persecutori. Dopo tutto, argomentano, se Alexander Graham Bell avesse seguito e regole della compagnia telegrafica Western Union, non ci sarebbero stati telefoni. Se Jobs e Wozniack avessero creduto che l’IBM fosse l’inizio e la fine di tutto, non ci sarebbero stati i personal computer. Se Benjamin Franklin e Thomas Jefferson avessero cercato di lavorare all’“interno del sistema”, gli Stati Uniti non sarebbero mai nati (Sterling B., Giro di vite contro gli hacker

67 Quando, alla metà degli anni Ottanta, il NES e il Megadrive hanno rimpiazzato i giochi da sala come motore dell’industria, la struttura dei video- giochi è cambiata decisamente dalla spirale senza fine dei giorni d’oro della sala giochi, all’attuale intelaiatura narrativa, che somiglia a un treno merci. Lo scopo non è il replay infinito. Lo scopo è l’esplorazione dell’ultimo uni- verso in videogioco, fino alla fine della strada. A quel punto si acquista un nuovo mondo. Qui il videogioco diventa una spedizione esplorativa, con lo stesso sapore atmosferico e i complessi narrativi di qualsiasi altro racconto di viaggi (si arma la nave, si naviga, pessimo tempo, naufragio, incontro con i nativi, commerci o lotte contro di loro, saccheggi, carestia eccetera) [...]. Il copione di un gioco della Nintendo è un pretesto per esplorare e colonizzare nuovi territori [...]. Questi Nuovi Mondi virtuali sono la frontiera finale in un pianeta che pare rimpicciolirsi quotidianamente. Lo spazio era la frontiera finale, un tempo [...] [Dopo l’incidente allo Shuttle del 1986] lo spazio virtuale divenne l’ultima frontiera contro la quale spingere, e l’unica che non desse segno di esaurirsi Herz J. C., Joystick Nation: How Videogames Ate Our Quarters, Won Our Hearts, and Rewired Our Minds, 1997, trad. it. Il popolo del joystick. Come i videogiochi hanno mangiato le nostre vite, Milano, Feltrinelli, 1998

68 La frontiera definitiva: la catastrofe

69 Il Millennio: i “Tempi supplementari” di Dio


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