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La teoria dell’azione organizzativa (Barnard, Simon)

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Presentazione sul tema: "La teoria dell’azione organizzativa (Barnard, Simon)"— Transcript della presentazione:

1 La teoria dell’azione organizzativa (Barnard, Simon)
Prende le distanze sia dagli approcci tayloristici e burocratici sia dalla contingency theory: studia soprattutto gli aspetti razionali del comportamento organizzativo. L’organizzazione per i teorici dell’azione e’ un insieme di elementi oggettivi e soggettivi che vanno studiati congiuntamente: da un lato ci sono vincoli oggettivi determinati da forze esterne (ambiente, tecnologia); dall’altro ci sono pero’ le azioni e decisioni degli individui

2 Chester Barnard ( ) “The Functions of the Executive”, Harvard University Press: i suoi contributi sono vicini, per interessi, alla scuola delle relazioni umane. Concezione cooperativa del sistema aziendale: gli individui cooperano per cercare di superare i limiti individuali: dal bisogno di cooperazione nascono le organizzazioni formali

3 Barnard: alcuni concetti introduttivi
azione cooperativa: soluzione per superare i limiti individuali (fisici, biologici, mentali) sistema cooperativo: complesso di componenti (fisici, biologici, personali e sociali) che stanno in una relazione specifica in forza della cooperazione di due o più persone per un fine definito: necessita del consenso degli individui chiamati a cooperare. organizzazione formale: sistema di forze o attività personali consapevolmente coordinate

4 Barnard: l’importanza degli aspetti soggettivi
Formale-informale: simbiosi tra rapporti formali ed informali nelle org.: (I primi creano i presupposti per lo sviluppo dei secondi e vice-versa) Fine individuale-collettivo: nel momento in cui gli individui decidono di cooperare per raggiungere un fine, nasce un’org. formale ed il fine diventa il fine (impersonale) dell’organizzazione:

5 continua… Tuttavia il fine organizzativo resta sempre e comunque distinto dai fini individuali che motivano un individuo a partecipare ad un’organizzazione; il problema chiave per un dirigente e’ quello di offrire degli incentivi adeguati ai membri di un’organizzazione affinche’ contribuiscano alla realizzazione del fine collettivo.

6 Il tradeoff efficacia-efficienza
Efficacia = misura in cui l’organizzazione raggiunge i propri obiettivi (es. produrre un dato bene o servizio) Efficienza = misura in cui vengono soddisfatte le motivazioni individuali a far parte dell’organizzazione. Il dirigente deve perseguire entrambe La funzione chiave del dirigente e’ trovare un bilanciamento tra le due dimensioni.

7 Barnard e la teoria dell’autorita’
La fonte dell’autorita’ risiede nel fatto di essere accettata come legittima da parte dei sottoposti il capo deve ricercare il consenso dei subordinati e non ricorrere a mezzi coercitivi (visione consensualistica del potere) Un ordine e’ tale solo in virtu’ del fatto che i subordinati lo accettano come ordine (l’autorita’ non risiede nel fatto di occupare una specifica posizione nella gerarchia)

8 Gli ordini: caratteristiche
Affinche’ un ordine venga accettato come tale e’ necessario che: Venga compreso Venga ritenuto compatibile con i fini dell’organizzazione Venga ritenuto compatibile con gli interessi personali Venga ritenuto eseguibile senza sforzi eccessivi

9 Classificazione degli ordini
Ordini chiaramente inaccettabili Ordini appena accettabili Ordini indiscutibilmente accettabili Gli ultimi definiscono la “zona di indifferenza” (l’insieme degli ordini che vengono accettati ed eseguiti senza discutere)

10 Classificazione degli ordini
L’ampiezza della “zona di indifferenza” dipende dal rapporto tra contributi ed incentivi: maggiori sono gli incentivi rispetto ai contributi, piu’ i dipendenti saranno disposti ad allargare la propria zona di indifferenza (i.e., ad obbedire senza discutere)

11 L’obiettivo dell’autorita’
Obiettivo dell’autorita’ e’ quello di aumentare gli incentivi per aumentare il consenso, ma: Per Barnard gli incentivi piu’ importanti sono quelli non materiali (riconoscimento, stima, prestigio, ecc.)

12 La personalita’ del dirigente
Il dirigente deve essere dotato di senso di responsabilita’ superiore alla media, espressione della “personalita’ organizzativa” Il dirigente deve perennemente cercare di indurre i membri dell’organizzazione ad agire per il fine collettivo e non per i fini individuali

13 Il contesto storico Perche’ l’enfasi di Barnard sul dualismo fini collettivi-fini individuali? Declino dell’individualismo utilitaristico a favore di una fondazione etica della societa’ (fondamento cooperativo dell’azione sociale) Avvento dei managers non proprietari

14 Managers non proprietari
I manager non proprietari gestiscono un’impresa che non possiedono Possibili tensioni tra personalita’ organizzativa e personalita’ individuale e possibili conflitti tra management e proprieta’ Barnard vuole legittimare il ruolo del management non proprietario sulla base di valori di lealta’ e responsabilita’ e sulla base di una concezione d’impresa come sistema cooperativo in cui tutti sono membri a pari titolo

15 Critiche a Barnard Visione idilliaca del potere, visto sempre come consensuale L’enfasi sugli incentivi non materiali lascia spazio a possibilita’ da parte dei “capi” di ricorrere a meccanismi di persuasione e di manipolazione per ottenere la collaborazione dei subordinati. Alterna momenti di estrema modernità a retaggi dei modelli precedenti: va anch’egli valutato nel contesto.

16 Aspetti innovativi Barnard introduce per primo la distinzione importante tra fine organizzativo e fini individuali, che sara’ al centro della moderna teoria dell’agenzia.

17 Herbert Simon ( ) Economista, psicologo, studioso di intelligenza artificiale, scienze cognitive e teorie dell’organizzazione (premio Nobel per l’economia nel 1978) definizione di organizzazione come coordinamento e controllo del processo di decisioni (premesse decisionali) proposta della teoria della razionalità intenzionale e limitata analisi delle modalità o meccanismi di influenza organizzativa (per ridurre i limiti alla razionalità)

18 Ricordo di Simon: http://www.unitn.it/unitn/numero31/simon.html
Come "economista" (e sono sicuro che apprezzerebbe queste virgolette) è stato portatore di una coscienza critica nei confronti di certe derive che hanno caratterizzato la disciplina. Le idee che stanno alla base dei suoi contributi possono essere riassunte nei tre punti che seguono. - L'ostinato richiamo agli economisti (quelli senza virgolette) a non dimenticare che l'oggetto del loro studio è il comportamento di esseri umani e non quello di ipotetiche entità onniscenti e dotate di un'illimitata capacità di svolgere calcoli complessi, ma confinati in un mondo angusto in cui non c'è spazio né per la creatività e l'ingegno né per motivazioni dell'agire sociale più articolate del cieco ed ostinato perseguimento del proprio interesse egoistico. In questo senso va letta la critica di Simon alla concezione della razionalità "sostanziale" tipica della teoria economica (almeno di quella neoclassica), secondo la quale il criterio di razionalità dell'agire umano va ricercato nei risultati raggiunti (massimizzazione del benessere dati i vincoli), e il suo porre in luce da un lato i limiti cognitivi, informativi e computazionali dell'agire razionale, e dall'altro lato l'importanza di cercare nelle procedure mentali (nei ragionamenti) più che nei risultati l'essenza della razionalità. - La parallela insistenza sulla necessità di porre sempre l'osservazione empirica alla base di ogni sforzo teorico in economia. Sostiene Simon che gli economisti dovrebbero sempre partire dall'osservazione di dati empirici e costruire modelli il più possibile parsimoniosi che siano in grado di spiegare questi dati. Per molti aspetti la teoria economica ha seguito esattamente il cammino opposto, costruendo modelli estremamente complessi (anche se in molti casi modelli molto più semplici potrebbero spiegare meglio i dati empirici) e continuando ad utilizzarli anche quando risultino totalmente confutati dall'evidenza, con la tipica quanto assurda giustificazione che manca un modello alternativo. - La necessità di costruire una teoria economica delle organizzazioni (fino a anni fa praticamente inesistente) ed in particolare delle imprese. Sostiene Simon che è paradossale definire le nostre economie capitalistiche avanzate "di mercato", mentre l'elemento che più le caratterizza è la presenza di grandi imprese organizzate gerarchicamente. In realtà per molti aspetti erano più "di mercato" economie pre-capitalistiche e pre-industriali, mentre oggi gran parte dei nostri atti economicamente (come la vita lavorativa per la maggior parte di noi) rilevanti avvengono all'interno di organizzazioni, che svolgono un ruolo fondamentale nel plasmare le nostre conoscenze, le nostre motivazioni e lo stesso modo con cui percepiamo la realtà in cui operiamo. Questi tre temi fondamentali sono stati alle base di numerosi lavori di Simon pubblicati soprattutto tra gli anni '50 e '70 (dopo di che ha limitato le sue incursioni nella teoria economica ed a rivolto la sua attenzione ad altre discipline). Col senno di poi possiamo affermare che alcuni dei suoi richiami sono stati ascoltati ed hanno fortemente influenzato i successivi sviluppi della teoria economica, ma spesso ci si è limitati a cogliere solo gli aspetti del lavoro di Simon che potevano essere accomodati entro la teoria esistente, senza mai prendere veramente sul serio la parte più radicale, ma anche la più importante, del suo messaggio.

19 Simon:Il processo decisionale (1)
Il comportamento umano e’ intenzionale (rivolto ad uno scopo) e razionale (fondato sulla scelta tra alternative che portano al raggiungimento dello scopo) giudizi di fatto: valutazioni empiriche verificabili (adeguatezza dei mezzi ai fini) giudizi di valore: valutazioni etiche non verificabili o falsificabili (desiderabilita’ dei fini)

20 Simon:Il processo decisionale (2)
F M continuum mezzi-fini F M F M decisioni come concatenazione di obiettivi e strumenti l’adeguatezza del mezzo al fine è oggetto dei giudizi di fatto la desiderabilità del fine è oggetto di giudizi di valore

21 Simon: I limiti alla razionalità
limiti di conoscenze: riguardano la disponibilità di informazioni e la loro ambiguità limiti di capacità: riguardano la possibilità di elaborare le informazioni disponibili limiti di obiettivi: riguardano la funzione obiettivo del/dei decisori

22 Simon:Razionalità oggettiva e razionalità limitata
Fonte: Isotta (2003)

23 Simon:I meccanismi di influenza
divisione del lavoro (limitazione dell’autonomia decisionale) procedure (decisioni programmate, programmi d’azione semi-indipendenti) flussi di informazioni addestramento e indottrinamento (capacita’, conoscenze, obiettivi interiorizzati) comunicazioni non autoritarie (persuasione e suggerimenti) autorità

24 Scopo delle organizzazioni
Per Simon le organizzazioni hanno lo scopo di ovviare ai limiti della razionalita’ individuale Le organizzazioni sorgono per migliorare i processi decisionali L’attivita’ principale delle organizzazioni e’ quella di prendere decisioni Le organizzazioni possono regolare il comportamento individuale specificando le premesse su cui si basano le decisioni

25 Simon: Conclusioni l'oggetto dello studio dell’Economia è il comportamento di esseri umani porre sempre l'osservazione empirica alla base di ogni sforzo teorico in economia: costruire modelli semplici la necessità di costruire una teoria economica delle organizzazioni


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