La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

alcuni fatti essenziali

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "alcuni fatti essenziali"— Transcript della presentazione:

1 alcuni fatti essenziali
La globalizzazione definizione alcuni fatti essenziali

2 La globalizzazione influenza molteplici aspetti della vita sociale dalla sfera economica a quella politica, sociale e ambientale In una prospettiva economica essa è definibile come il processo di crescente divisione internazionale del lavoro e di integrazione delle economie nazionali attraverso lo scambio di beni e servizi, gli investimenti di imprese multinazionali, i flussi internazionali di capitali e la migrazione delle risorse umane. Può essere definita anche come: quel fenomeno per cui gli avvenimenti che hanno luogo in una qualsiasi parte del mondo hanno conseguenze maggiori oggi rispetto al passato per gli agenti economici che si trovino in qualsiasi altro luogo

3 Alcuni fatti essenziali
negli ultimi decenni il commercio mondiale è cresciuto più rapidamente della produzione mondiale e, con esso, è cresciuta la quota dell’import-export sul PIL di molti paesi i movimenti di capitali sono cresciuti più rapidamente e oggi rappresentano una parte preponderante dei flussi finanziari internazionali gli investimenti diretti esteri, in particolare ad opera delle multinazionali, sono cresciuti ancor più rapidamente dei flussi di capitali

4 Le esportazioni mondiali crescono più rapidamente del PIL mondiale

5 Movimenti di capitali giornalieri
$15 miliardi nel 1973 $900 miliardi nel 1992 Oggi $1.260 miliardi Esportazioni mondiali 1950 $ 61 miliardi 1970 $ 315 miliardi 1990 $ miliardi 2001 $ miliardi

6 SCAMBI E INVESTIMENTI INTERNAZIONALI
(valori in dollari USA = 100) 12000 10000 8000 6000 4000 2000 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 Fonte: FMI e UNCTAD Investimenti diretti esteri (afflussi + deflussi) Scambi di beni e servizi (esportazioni + importazioni)

7 Multinazionali Grazie alla riduzione dei costi di trasporto è possibile distribuire le diverse fasi di produzione di un prodotto fra diversi impianti situati in diversi paesi, questo ha favorito lo sviluppo di imprese multinazionali delle 100 più grandi economie 51 sono multinazionali e 49 sono paesi il fatturato delle 200 più grandi MNF supera il 25% (26,8%) del prodotto mondiale Il fatturato della Philip Morris supera il prodotto nazionale della Nuova Zelanda 1/3 del commercio mondiale transita all’interno di multinazionali

8 Un esempio di frammentazione della produzione
Il Consorzio Airbus: la proprietà è in mano a compagnie di 4 paesi: Francia, Germania, Inghilterra, Spagna le ali sono prodotte in Inghilterra, la fusoliera in Germania, le porte in Spagna e l’assemblaggio è svolto in Francia 1.500 fornitori di 27 paesi diversi più del 35% dei componenti sono forniti da oltre 500 compagnie americane altri fornitori sono situati nel Pacifico

9 Quali domande pone il processo di globalizzazione?
la globalizzazione promuove la crescita economica soprattutto nei paesi poveri? favorisce la stabilità economica o rende le economie più instabili? accresce o diminuisce la disuguaglianza nella distribuzione del reddito all’interno dei singoli paesi e fra paesi? come cambiano i poteri e le capacità di intervento dei governi e delle istituzioni?

10 reddito pro capite in dollari e in PPP
Luxembourg 80.288 69.800 Norway 64.193 42.364 Iceland 52.764 United States 41.399 Switzerland 50.532 Ireland 40.610 48.604 35.115 Denmark 47.984 34.740 Qatar 43.110 Canada 34.273 42.000 Hong Kong 33.479 Sweden 39.694 Austria 33.432 Netherlands 38.618 32.571 Malawi 161 596

11 Libero commercio e crescita
Il libero commercio favorisce la crescita perché consente di ampliare i mercati pertanto: migliora l’allocazione delle risorse e aumenta l’efficienza permette di realizzare economie di scala stimola l’innovazione perché estende le opportunità di appropriarsi dei suoi benefici favorisce l’apprendimento grazie alla specializzazione favorisce la diffusione internazionale delle tecnologie

12

13

14 questo non implica una riduzione dei divari fra paesi se:
spinge i paesi poveri a specializzarsi in settori tradizionali poco dinamici spiazza le industrie deboli nei paesi arretrati peggiora le ragioni di scambio un paese rimane isolato dai flussi commerciali per motivi geografici

15 Liberalizzazione dei capitali
la liberalizzazione dei mercati finanziari stimola la crescita perché: consente di diversificare il rischio e di finanziare investimenti più rischiosi e più produttivi accresce il risparmio e lo indirizza meglio verso gli investimenti migliori consente ai paesi poveri di superare i vincoli derivanti dal basso risparmio e dalla scarsità di valuta estera gli investimenti diretti favoriscono il trasferimento delle tecnologie e delle conoscenze impone maggiore disciplina ai governi banche e imprese la liberalizzazione può accrescere i divari perché se l’accumulazione di capitale è soggetta a rendimenti crescenti i paesi più dotati attraggono capitali gli effetti positivi sulla crescita si manifestano al di sopra di una certa soglia di sviluppo le recenti crisi finanziarie mostrano che la liberalizzazione può avere conseguenze negative sulla crescita dei PVS

16 Disuguaglianza Il 20 % più ricco della popolazione mondiale riceve una quota del reddito mondiale pari a 86 volte quella del 20% più povero nel 1970 lo stesso rapporto era pari a 30 volte il patrimonio dei tre individui più ricchi al mondo supera il reddito nazionale dei 48 paesi più poveri e dei loro 600 milioni di abitanti più di un miliardo e 200 milioni di persone vivono al di sotto della soglia della povertà (1 dollaro al giorno)

17 Interpretazione ottimistica
Interpretazioni della globalizzazione Interpretazione ottimistica la globalizzazione è il processo di diffusione della cultura e dello stile di vita del mondo occidentale. In quanto tale essa è un fenomeno positivo che estende al mondo intero la ricchezza, il benessere e le istituzioni democratiche dei paesi sviluppati la globalizzazione è un processo irreversibile e incontrollabile alimentato dal progresso tecnologico, opporsi ad essa significa rinunciare agli enormi benefici che ne derivano (determinismo tecnologico) l’apertura al commercio favorisce la crescita economica perché l’innovazione e l’aumento della produttività dipendono dall’ampiezza del mercato la liberalizzazione del commercio e dei flussi di capitali favorisce la convergenza riducendo i divari di reddito fra i paesi avanzati e quelli in via di sviluppo La globalizzazione non minaccia la competitività dei paesi industrializzati perché apre nuovi mercati. Inoltre il principio del vantaggio comparato consente di essere competitivi anche con costi più elevati

18 Interpretazione pessimistica
critiche da sinistra, pensiero no global ecc. la globalizzazione è lo strumento mediante il quale le economie dei paesi industrializzati occidentali e le multinazionali estendono il proprio dominio sui paesi meno sviluppati. In questo senso essa è niente altro che la prosecuzione dell’imperialismo l’apertura al commercio danneggia le economie dei paesi poveri che non sono in grado di competere sui mercati internazionali o se lo sono ciò avviene a un prezzo socialmente inaccettabile (sfruttamento del lavoro infantile, deregolamentazione, inquinamento) nei paesi avanzati distrugge posti di lavoro e minaccia le conquiste dello stato sociale le clausole del commercio internazionale sono inique, i paesi sviluppati adottano politiche protezionistiche nei settori in cui i paesi poveri sono più competitivi

19 il libero commercio non genera sviluppo, la crescita delle tigri asiatiche è stata resa possibile da politiche protezionistiche i flussi speculativi di capitali favoriscono le crisi valutarie e costringono i paesi poveri ad adottare politiche che ostacolano lo sviluppo la globalizzazione è la principale responsabile del degrado ambientale del pianeta critiche da destra oltre a minacciare i posti di lavoro e le attività industriali nei paesi industrializzati la globalizzazione minaccia l’identità culturale dell’occidente attraverso la commistione etnica creata dalle migrazioni

20 Interpretazione critica
la globalizzazione non è in sé né un male né un bene può generare benefici per tutti ma anche danni se non è opportunamente controllata e gestita l’apertura indiscriminata al commercio e ai mercati finanziari internazionali può essere causa di danni per le economie deboli e accrescere la disuguaglianza ma la libera circolazione delle merci e dei capitali è capace di generare forti effetti positivi sullo sviluppo economico e contribuire a ridurre le disuguaglianze

21 Di che cosa ci occuperemo?
1) la globalizzazione in una prospettiva storica 2) i fatti della globalizzazione 3) il commercio internazionale - ragioni a favore e contro il libero commercio - la regionalizzazione - gli accordi multilaterali e il WTO - le multinazionali e il loro ruolo 4) i mercati finanziari internazionali - evoluzione dei mercati finanziari - i regimi dei cambi - le crisi finanziarie e le risposte del FMI - il Washington consensus e i suoi critici - la Tobin tax 5) la globalizzazione e i paesi poveri - globalizzazione, crescita e convergenza - globalizzazione e disuguaglianza - il problema del debito estero 6) effetti della globalizzazione sui paesi ricchi - effetti sui salari e sulla disoccupazione - la delocalizzazione - effetti sul welfare state

22 Testi consigliati: J. Ravenhill, Global political economy, Oxford University Press cap. 4, 5, 6, 7, 10, 11, fotocopie J. Stiglitz: La globalizzazione che funziona, Einaudi P. Collier, D. Dollar: Globalizzazione, crescita economica e povertà: rapporto della Banca mondiale, Il Mulino L. De Benedictis, R. Helg: Globalizzazione, fotocopie

23 Cause della globalizzazione

24 Quali fattori hanno favorito il processo di globalizzazione?
1) Nuove tecnologie nei trasporti e nelle telecomunicazioni Costi di trasporto via mare come quota del costo complessivo del grano 1830: 80% 2000: % Costo di una telefonata New York – Londra 1930: 300$ 1960: $ Oggi: $ Costo per processare informazioni con il computer $ al secondo 2000: meno di 1$ al secondo

25

26 Declining Cost of Transportation and Communication

27 Timing the Spread of Technologies

28 2) Liberalizzazione degli scambi di beni e servizi e dei flussi di capitali
GATT WTO Accordi bilaterali Accordi regionali riduzione delle tariffe doganali Sui beni agricoli tariffe più elevate

29 Dazi doganali medi di importazione dei maggiori PVS
Fonte: WTO

30 Dazi doganali medi di importazione nei paesi industrializzati

31 Cause della caduta dopo il 2001: 11 settembre, caduta borsa americana

32 Flussi di IDE (Investimenti Diretti Esteri)
mondiali in % degli investimenti fissi Fonte: Unctad.

33 Controlli sui movimenti di capitale
Fonte: Banca mondiale.

34 In % popolazione mondiale
Migrazioni mondiali In % popolazione mondiale Milioni

35 Effetti della globalizzazione
convergenza interdipendenza fra le economie interdipendenza delle politiche economiche effetti sulla distribuzione del reddito e sulla povertà effetti sulla stabilità dei paesi poveri effetti sui salari e le politiche sociali nei paesi ricchi

36 Globalizzazione e convergenza
in generale la globalizzazione dovrebbe contribuire ad attenuare i divari favorendo la convergenza verso livelli di reddito simili la prima fase della globalizzazione ( ) accresce i divari: prima della rivoluzione industriale il reddito pro capite in Inghilterra era più alto del 30% rispetto a Cina e India. Nel 1913 era 10 volte superiore. nella seconda fase (dal 1950) i divari si riducono ma non per tutti: alcuni paesi poveri si industrializzano. Quota occupazione industriale: paesi avanzati 41% 24% NICS % 27% la convergenza non è generale ma per gruppi di paesi: convergenza fra paesi ricchi e NICS da un lato e gli altri paesi poveri dall’altro

37 Convergenza fra stati U.S.A.

38 Convergenza fra paesi industrializzati

39 Convergenza nel mondo

40 Il club della convergenza
Agli inizi del 900 il club dei paesi convergenti era costituito dai paesi europei dal Nord America e dall’Australia ma anche l’Argentina e il Cile ne facevano parte

41 Negli anni fra le due guerre mondiali nuovi paesi sia sud americani che africani oltre all’Unione Sovietica entrano nel club

42 Nella seconda metà del XX secolo le cose cambiano ancora entrano altri paesi (Cina e India sono i più importanti) ma altri escono (URSS, Argentina, paesi africani ecc.). Il club ha alcuni membri permanenti ed altri fluttuanti.

43 Maggiore interdipendenza fra le economie
l’andamento dell’economia di un paese influisce su quello di un altro paese che commercia con esso se la domanda aggregata si riduce nel paese A si riducono anche le importazioni dal paese B ovvero le esportazioni da B ad A che sono una componente della domanda aggregata di B tanto maggiori sono le relazioni commerciali tanto maggiore è l’effetto di interdipendenza l’effetto è più forte in regime di cambi fissi esempio: la crescita della Cina fa crescere la domanda e il prezzo delle materie prime (in particolare petrolio) influenzando tutte le altre economie

44 Globalizzazione e politica economica
gli shock si trasmettono più facilmente da un paese all’altro minore discrezionalità nel controllo della domanda aggregata che dipende in misura maggiore dall’andamento dell’economia globale vincoli alle politiche di welfare aumenta la probabilità di crisi finanziarie soprattutto nelle economie più deboli a causa del contagio nei paesi in via di sviluppo politiche economiche fortemente condizionate dai programmi di aggiustamento strutturale la mobilità delle multinazionali impone vincoli alla politica fiscale la tassazione si sposta dal capitale (più mobile) al lavoro (meno mobile) la politica monetaria è condizionata dalla mobilità dei capitali: piccole variazioni del tasso di interesse possono determinare elevati afflussi o deflussi di capitali

45 La distribuzione del reddito nel mondo

46 La disuguaglianza nel mondo
70% 65% 60% 57% 54% Gini 74 : 1 59 :1 45 :1 32 :1 30: 1 high : low 89.0% 82.7% 76.3% 73.9% 70.2% 20% "high" 9.8% 15.9% 22.0% 23.6% 27.5% 60% "middle" 1.2% 1.4% 1.7% 2.3% 20% "low" 1998 1989 1980 1970 1960 Wayne Ellwood, John McMurtry: The No-Nonsense Guide to Globalization A Gini coefficient of 0.3 or less indicates substantial equality; 0.3 to 0.4 indicates acceptable normality; and 0.4 or higher is considered too large. 0.6 or higher is predictive of social unrest

47 Instabilità la mobilità dei capitali rende più instabili le economie deboli a causa della rapidità con cui i capitali affluiscono e defluiscono causando crisi economiche il numero di crisi finanziarie è aumentato negli ultimi decenni anche in paesi in buone condizioni economiche come nel caso della crisi asiatica del 1997 e in Argentina nel 2001

48 salari e politiche sociali
aumenta il divario fra salari dei lavori qualificati e non qualificati la competitività di alcuni paesi minaccia l’occupazione in settori esposti e impone una maggiore flessibilità del mercato del lavoro i vincoli alla politica monetaria e fiscale spingono verso un ridimensionamento dello stato sociale

49 la globalizzazione nella storia
Un’ottica più ampia la globalizzazione nella storia

50 La globalizzazione è un fatto recente?
Rapporti fra culture diverse e anche lontane e scambi commerciali e di conoscenze ci sono sempre stati anche grazie ai grandi imperi (impero di Alessandro, impero mongolo, espansione dell’Islam) Oggi le conoscenze scientifiche e tecnologiche si muovono da occidente a oriente e da nord a sud ma non è sempre stato così Tra il 1000 e il 1500 la Cina era più avanti dell’Europa dal punto di vista scientifico e tecnologico Le conoscenze matematiche provenivano dall’India e dal mondo arabo La repubblica di Venezia commerciava con la Cina Sen in appunti

51 Il grande cambiamento nel commercio avviene nell’800: la quota delle importazioni + esportazioni sul prodotto mondiale passa dal 2% al 16% Prima dell’800 il commercio è molto limitato I rapporti fra i prezzi in Asia e Europa per alcuni prodotti agricoli come caffè o pepe vanno da cinque a venti volte Dopo il 1820 cominciano a convergere verso rapporti compresi fra due e tre volte Dall’inizio del novecento si scende sotto il rapporto di 1 a 2; la convergenza dei prezzi è un indicatore di integrazione dei mercati in base alla legge del prezzo unico Nel corso del XIX secolo il volume dei commerci aumenta di venti volte

52

53 Distribuzione percentuale del reddito mondiale, anno 0 - 2000
Africa America latina USA Europa or., Russia Europa occ. Paesi asiatici India Giappone Cina

54 Graduatoria delle prime 10 economie nazionali

55 Le due ondate della globalizzazione
Stock di capitale estero su Pil dei Pvs II ondata (Fase 1) II ondata (Fase 2) I ondata Crollo Esportazioni di beni su Pil mondiale Emigranti verso gli Stati Uniti, milioni (scala destra)

56 Prima ondata: Comincia intorno al 1870 ed è caratterizzata da una forte crescita dei flussi di capitale (linea verde), da una forte crescita dei flussi migratori (istogramma) e dal raddoppio del commercio internazionale (linea rossa) E’ la conseguenza di politiche di liberalizzazione commerciale e dello sviluppo della tecnologia che riduce i costi di trasporto (navi a vapore) e quelli di comunicazione (telegrafo) I PVS si specializzano nella produzione di beni primari che esportano nei paesi industriali in cambio di manufatti

57 tra le due guerre mondiali
Crollo degli scambi tra le due guerre mondiali Nonostante il progresso tecnologico e la diminuzione dei costi di trasporto, si verifica un ritorno al nazionalismo e al protezionismo (nel 1930 lo Smoot-Hawley Act porta il dazio medio USA al 50%). aumentano le barriere al commercio e le politiche economiche sono ispirate alla logica del “beggar your neighbour” Le tre dimensioni della globalizzazione (commercio, flussi di capitali e migrazioni) ritornano ai livelli del 1870

58 Seconda ondata (fase 1): 1950 - 1980
Il rapporto commercio/PIL aumenta a livelli mai raggiunti in precedenza Con gli accordi del GATT riparte il processo di liberalizzazione del commercio con una forte riduzione dei dazi Cominciano a svilupparsi accordi commerciali regionali Il commercio internazionale diventa il motore della globalizzazione Si assiste ad una radicale trasformazione della struttura del commercio internazionale che diventa sempre più intra-industriale Cambia la struttura degli scambi fra paesi ricchi e paesi poveri, questi ultimi diventano sempre più esportatori di beni maniufatti e non più solo di prodotti agricoli e materie prime Aumenta l’integrazione dei mercati internazionali dei capitali

59 Seconda ondata (fase 2): 1980 - oggi
Il rapporto commercio/PIL aumenta a livelli mai raggiunti in precedenza Con l’Uruguay round nuova ondata di riduzione dei dazi i negoziati diventano sempre più multilaterali a livello globale (WTO) Si moltiplicano gli accordi regionali Aumentano i flussi migratori I mercati finanziari ritornano a livelli di integrazione simili a quelli della prima ondata Aumenta la frequenza delle crisi finanziarie Progresso tecnologico: information technology e reti di telecomunicazione

60

61 Somiglianze apparenti e differenze sostanziali
Secondo Kuznets nel 1910 il grado di apertura medio dei paesi industrializzati era il 40%, valore non molto dissimile da quello evidenziato da Baldwin e Martin per gli stessi paesi nel (50%). Anche le cause sembrano simili: entrambe le ondate sono seguite ad un processo di riduzione delle barriere agli scambi internazionali.

62 Somiglianze apparenti e differenze sostanziali
Se il grado di apertura commerciale non è dissimile nelle due ondate, la composizione dei flussi commerciali lo è in modo rilevante: la prima ondata era caratterizzata dallo scambio tra manufatti e beni primari, la seconda ondata dal commercio intra-industriale Nella seconda ondata dominano i movimenti di capitale a breve a differenza della prima ondata Nella prima ondata, i movimenti di persone erano più consistenti rispetto alla seconda ondata Nella prima ondata il Nord si industrializza e il Sud si deindustrializza. Nella seconda ondata avviene il contrario Nella prima ondata il progresso tecnologico riguarda soprattutto i trasporti nella seconda l’informatica e le telecomunicazioni

63 Commercio internazionale 1870- 1985
Nel XIX secolo il commercio cresce più della produzione. Il contrario accade tra la prima e la seconda guerra mondiale. Nel secondo dopoguerra il commercio cresce di nuovo più rapidamente

64 Tariffe doganali nei paesi avanzati
Le tariffe doganali cadono dal 1880 ad oggi ad eccezione del periodo fra le due guerre mondiali

65 Flussi di capitali in alcuni paesi
I mercati finanziari erano più integrati nel 1914 I flussi di capitali raggiungono un picco prima della prima guerra mondiale per poi ridursi notevolmente. Per assistere a una ripresa bisogna attendere l’inizio degli anni 70 il grafico non mostra cosa accade negli anni 90 quando i flussi tornano ad aumentare a ritmi molto elevati fino a superare i livelli della prima fase

66 Reddito pro capite rispetto all’India
La globalizzazione genera divergenza. Il divario di reddito pro-capite dei paesi ricchi con l’India aumenta tra 15 e 20 volte ma negli ultimi 30 anni la tendenza si inverte

67 Frequenza delle crisi finanziarie
Le crisi valutarie sono oggi più frequenti ma anche meno severe di quelle del passato

68 Uno sguardo più dettagliato agli ultimi 50 anni
Il tasso di crescita dell’economia mondiale è stato più alto dei periodi storici precedenti (3.9% contro 1.6% dal 1820 al 1950 e 0.3% dal al 1820 Il commercio internazionale è cresciuto molto di più della produzione Nonostante la crescente importanza dei servizi il settore manifatturiero rimane il principale motore della globalizzazione La quota della produzione manifatturiera mondiale dei paesi in via di sviluppo cresce dal 4% al 23% Il peso dei manufatti nelle esportazioni dei PVS passa dal 2% del a più del 50% oggi Nonostante la globalizzazione gran parte del commercio avviene fra paesi vicini ed è intra-regionale

69 Grandi cambiamenti l’economia mondiale si articola in tre grandi blocchi: quello americano, quello europeo e quello giapponese il Giappone è diventata la seconda economia per produzione e la terza per esportazioni gli USA continuano ad essere l’economia dominante la performance delle economie europee è molto disomogenea alcune economie asiatiche sono assurte al rango di protagonisti della globalizzazione sensazionale crescita della Cina (in media il 9-10% all’anno) bassa crescita dell’America Latina mutamenti nell’ex blocco sovietico

70 Commercio internazionale

71 ore necessarie per produrre
Vantaggio assoluto ore necessarie per produrre 1 abito 1 bott. vino produttore vino 2 1 sarto Ipotizziamo che il vinaio e il sarto possano lavorare per 100 ore ciascuno e che entrambi vogliano consumare sia abiti che vino. In assenza di commercio producono: abiti bott. vino produttore vino 25 50 sarto

72 In questo caso è abbastanza evidente che se il sarto si specializza nella produzione degli abiti e il vinaio in quella del vino la produzione complessiva aumenterebbe. Il vinaio potrebbe produrre 100 bottiglie e il sarto 100 abiti. Se i due beni si scambiano secondo un rapporto di 1 a 1 e il vinaio cede 50 bottiglie contro 50 abiti, la situazione dopo lo scambio sarebbe: La produzione complessiva sia di abiti che di vino sarebbe maggiore. Il vinaio avrebbe 25 abiti in più e il sarto 25 bottiglie in più. Il commercio consente a entrambi di guadagnare. abiti bott. vino produttore vino 50 (25) 50(50) sarto 50 (50)

73 ore necessarie per produrre
Vantaggio comparato ore necessarie per produrre 1 abito 1 bott. vino produttore vino 4 1 sarto 5 2 Ipotizziamo che il vinaio e il sarto possano lavorare per 100 ore ciascuno e che entrambi vogliano consumare sia abiti che vino. In assenza di commercio producono: abiti bott. vino produttore vino 10 60 sarto 25

74 abiti bott. vino produttore vino 10 (10) 70 (60) sarto 30 (25)
Immaginiamo ora che decidano di specializzarsi ciascuno nella produzione del bene in cui è più efficiente. Benché il vinaio sia in assoluto più efficiente nella produzione di entrambi i beni, in termini relativi è più efficiente nella produzione del vino perchè il suo costo opportunità è minore. Infatti per produrre una bottiglia in più deve rinunciare a ¼ di abito, mentre il sarto deve rinunciare a 2/5 di abito. In questo caso il sarto potrebbe produrre 20 abiti e il vinaio 100 bottiglie di vino. Se il rapporto di scambio fra vino e abiti è di 3 a 1 (tre bottiglie per un abito) è conveniente per entrambi commerciare. Se il sarto cedesse 10 abiti al vinaio otterrebbe in cambio 30 bottiglie di vino. la situazione dopo lo scambio sarebbe la seguente: abiti bott. vino produttore vino 10 (10) 70 (60) sarto 30 (25) Si può vedere facilmente che ora entrambi hanno gli stessi abiti di prima ma un numero maggiore di bottiglie di vino (+10 per il vinaio, +5 per il sarto). Questo è il guadagno che deriva dal commercio

75 conclusione molto importante
lo scambio è vantaggioso per entrambi anche se uno è più efficiente nella produzione di tutti e due i beni Il motivo è che la maggiore efficienza produttiva fa crescere la torta e i partecipanti al commercio possono spartirsi fette più grandi questo è un risultato importante perché ci dice che anche se la Cina fosse più competitiva dell’Italia nella produzione di tutti i beni ciò non ci impedirebbe di commerciare vantaggiosamente con essa più in generale aumentano enormemente le possibilità di ottenere benefici dal commercio anche fra paesi molto diversi sul piano dell’efficienza produttiva

76 Chi guadagna e chi perde
Se il prezzo internazionale supera quello interno il paese esporta, il benessere generale aumenta ma non per tutti i produttori guadagnano i consumatori perdono

77 Chi guadagna e chi perde
Se il prezzo internazionale è inferiore il paese importa, il benessere generale aumenta ma non per tutti I produttori perdono i consumatori guadagnano

78 (ma qualcuno ci guadagna)
Le restrizioni sul commercio riducono il benessere sociale (ma qualcuno ci guadagna) p O pe pmo+t pmo D importazioni q2 q4 qe q3 q1 q Area viola = gettito del dazio triangoli gialli = perdita secca

79 Effetti del commercio: un esempio
diminuzione dei prezzi degli abiti importati eliminazione delle tariffe sull’abbigliamento aumento delle importazioni, minore domanda per le imprese interne di abbigliamento aumento del reddito reale dei consumatori aumento della domanda di altri beni all’interno, aumento della domanda di beni esportati dal nostro paese (per esempio cellulari) aumento dei redditi degli esportatori esteri

80 Il settore dell’abbigliamento si contrae
il settore dei cellulari cresce Il settore dei cellulari cresce diminuisce l’occupazione nel settore dell’abbigliamento lavoratori qualificati lavoratori non qualificati o anziani con qualifiche obsolete disoccupazione permanente

81 Salari e benessere i salari dei lavoratori non qualificati diminuiscono i salari dei lavoratori qualificati aumentano i guadagni e le perdite hanno luogo in momenti diversi del tempo molti subiscono perdite nelle fasi iniziali (disoccupati, imprese dei settori liberalizzati) alcuni recuperano in fasi successive e nel lungo periodo migliorano il proprio benessere (lavoratori qualificati o più flessibili, giovani) altri subiscono perdite permanenti (lavoratori non qualificati, anziani) i perdenti sono più facilmente identificabili

82 Conclusione: l’apertura al commercio accresce il benessere sociale?
Sì, se si considera il benessere aggregato perché i guadagni di chi ne beneficia sono superiori alle perdite di chi ne è danneggiato Se i danneggiati fossero compensati dai beneficiati tutti starebbero meglio ma questo, in genere, non avviene, quindi i benefici del commercio sono compatibili con il peggioramento del benessere di alcuni gruppi sociali Il principio del vantaggio comparato implica che nei paesi meno avanzati alcune imprese e l’economia in generale possono crescere anche se questi paesi sono meno efficienti in tutti i settori Nei paesi avanzati settori in assoluto più efficienti possono essere spiazzati dal commercio

83 Perché il protezionismo è una tentazione sempre presente?
Se si introducono barriere doganali gli effetti descritti in precedenza sono semplicemente invertiti Ne deriva che: i benefici del protezionismo sono facilmente identificabili mentre le perdite lo sono molto meno

84 Altre ragioni a favore del libero commercio
economie di scala: la protezione doganale favorisce l’ingresso sul mercato di troppe imprese incentivi all’innovazione e all’apprendimento derivanti dalla maggiore competizione favorisce l’apprendimento grazie alla specializzazione favorisce la diffusione internazionale delle tecnologie primo punto: caso dell’industria automobilistica argentina

85 Ragioni a favore del protezionismo
Se il paese che impone il dazio è molto grande la domanda si contrae moltoe il prezzo del bene esportato P*t scende al di sotto del prezzo mondiale Se il paese che impone il dazio è molto grande, la riduzione della domanda costringe gli resportatori ad abbassare il prezzo. In questo caso il paese importatore importa ad un prezzo più basso e realizza un guadagno pari al rettangolo e che può più che compensare le perdite b e d

86 Ragioni a favore del protezionismo
Per un paese di grandi dimensioni quindi l’introduzione di un dazio può accrescere il benessere

87 L’industria nascente Nelle fasi iniziali un settore industriale di un paese arretrato può non essere competitivo perché: non ha un mercato sufficientemente ampio che consenta di realizzare economie di scala (statiche) non ha accumulato esperienza e apprendimento che ne aumentano la produttività (economie di scala dinamiche) la protezione può consentire di realizzare queste economie producendo per il mercato interno

88 Un paese più efficiente non riesce ad entrare sul mercato
Q2 Il paese T ha costi più bassi di S ma se cerca di entrare sul mercato quando S sta producendo Q1 i suoi costi Co sono superiori al prezzo, pertanto non è sufficientemente competitivo per iniziare la produzione e non potrà mai diventarlo perché non riesce a raggiungere il livello di produzione necessario.

89 Punti deboli nell'argomentazione dell'industria nascente
Non è sempre un bene cercare di spostarsi oggi verso settori in cui godremo di un vantaggio comparato soltanto in futuro. Esempio: negli anni ‘80 la Corea del Sud divenne esportatrice di automobili, ma cercare di farlo negli anni ‘60 quando la sua disponibilità di capitale e di lavoratori qualificati era molto scarsa avrebbe potuto compromettere le possibilità di crescita del settore nei decenni successivi Proteggere la manifattura non è un bene a meno che la protezione stessa contribuisca a rendere il settore competitivo. Esempio: Pakistan e India hanno protetto i settori dell’industria pesante per decenni, ma stanno cominciando a sviluppare esportazioni significative in manufatti leggeri quali i beni tessili. Esempio: L’Argentina ha cercato di sviluppare l’industria aeronautica che non è riuscita a diventare competitiva sperperando enormi risorse

90 L’evoluzione delle ragioni di scambio

91 Industrializzazione basata sulla sostituzione delle importazioni
consiste nell’incoraggiare l’industria nazionale limitando le importazioni di beni manufatti l’idea è che se si importano certi beni è segno che esiste un mercato interno per quei beni ma le imprese nazionali non riescono ad essere competitive molti paesi in via di sviluppo hanno perseguito questa strategia attualmente, molti economisti si mostrano critici sui risultati della sostituzione delle importazioni, sostenendo che abbiano favorito una produzione inefficiente e a costi elevati molti dei paesi che hanno perseguito la sostituzione dei beni importati non hanno mostrato alcuna tendenza alla convergenza nei confronti dei paesi avanzati. Esempio: l’India, che negli anni ’70 era arrivata ad avere una quota di importazioni sul PIL pari ad appena il 3% ha registrato tassi di crescita molto bassi

92 Perché l’industrializzazione fondata sulla sostituzione delle importazioni non ha prodotto gli effetti sperati? l’argomentazione dell’industria nascente non è universalmente valida come molti invece ritenevano se esistono forti ragioni per cui un paese non gode di un vantaggio competitivo in una determinata industria, la protezione, anche prolungata, non è sufficiente a renderla competitiva spesso succede il contrario nel senso che il fatto di operare in un mercato protetto riduce gli stimoli a migliorare la propria competitività l’introduzione di tariffe scoraggia le importazioni ma anche le esportazioni a causa della sopravalutazione della moneta nazionale la valuta nazionale deve essere sopravalutata per consentire di acquistare a basso prezzo beni capitali di cui il paese non dispone l’inefficienza delle industrie protette comporta prezzi più alti per i consumatori nel caso di beni finali e per le imprese acquirenti di beni intermedi

93 produzioni inefficienti a causa di diseconomie di scala
elevata disuguaglianza nella distribuzione del reddito e disoccupazione i principali beneficiari di queste politiche sono le imprese industriali protette (spesso straniere) e i lavoratori cui danno lavoro è danneggiata la popolazione delle campagne che produce beni agricoli più difficilmente esportabili tassi elevati di protezione effettiva un esempio di protezione effettiva prezzo delle arance (non protette) = 90 prezzo della confettura di arance = 100 valore aggiunto = 10 se si introduce un dazio del 20% sul prezzo della confettura la protezione effettiva del valore prodotto dall’impresa di trasformazione è del 200%

94 Altre motivazioni del protezionismo: politica industriale strategica
Le imprese high-tech sono caratterizzate da: esternalità le imprese di un certo settore generano conoscenza utilizzabile senza esborsi anche da altre imprese problemi di appropriabilità. esempio: nel settore dell’elettronica, non è infrequente il caso in cui le imprese studiano i prodotti dei propri concorrenti, isolandone le componenti al fine di identificarne il funzionamento e le tecniche costruttive (reverse engineering). In questi casi le imprese possono avere scarsi incentivi alla ricerca. Sussidiare queste industrie può generare benefici per tutta l’economia

95 Il gioco del libero scambio e del protezionismo
Se il protezionismo garantisce benefici al paese che lo pratica si crea un forte incentivo per tutti a introdurre politiche protezionistiche anche se il risultato finale è che tutti stanno peggio

96 Crescita e apertura al commercio
A partire dalla metà degli anni ‘60, diventa sempre più evidente che l’esportazione di beni manufatti, soprattutto verso i paesi avanzati, è un fattore di crescita più efficace Paesi asiatici ad alta performance Un gruppo di paesi hanno conseguito una crescita economica spettacolare. In alcuni casi, hanno conseguito tassi di crescita economica superiori al 10% annuale Giappone (dopo la Seconda Guerra Mondiale) le quattro “tigri” : Hong Kong, Taiwan, Corea del Sud e Singapore (dagli anni ‘60) Malesia, Tailandia, Indonesia e Cina (da fine anni ‘70) Queste economie sono molto aperte al commercio internazionale Esempio: nel 1999, le esportazioni di Hong Kong e Singapore hanno superato il 100% del PIL

97 Apertura al commercio e crescita

98 E’ proprio libero scambio?
Tabella 10-4: tassi medi di protezione, 1985 (percentuali)

99 Il libero scambio fa bene ma non sempre e ovunque
le tigri asiatiche hanno livelli di protezione più bassi ma la riduzione delle barriere doganali è avvenuta successivamente al decollo della crescita in Cina il tasso di crescita comincia ad aumentare negli anni 70 mentre le tariffe vengono ridotte a partire dalla seconda metà degli anni 90 buona parte di questi paesi ha seguito politiche industriali (dazi, sostegni governativi alle attività di ricerca e sviluppo) a favore di particolari settori industriali il Vietnam ha conseguito elevati tassi di crescita (8%) con una politica di alte tariffe (30-50%) seguita da una liberalizzazione graduale e non è entrato a far parte del WTO Haiti ha praticato una politica di totale apertura dal ed è membro del WTO ma la sua crescita è stata molto bassa nell’ultimo decennio tutto questo fa pensare che la liberalizzazione possa essere il risultato della crescita più che la causa

100 Tariffe e crescita in India

101 Tariffe più alte non si associano a una minore crescita

102 Non solo commercio altri fattori possono spiegare la rapida crescita nell’Est asiatico: elevati tassi di risparmio rapidi miglioramenti nella pubblica istruzione l’esperienza asiatica mostra comunque che: la strategia di sostituzione delle importazioni non è la strada migliore per l’industrializzazione e lo sviluppo il mercato mondiale non impedisce che paesi poveri possano diventare ricchi

103 Il punto di vista della teoria L’apertura al commercio genera convergenza fra i livelli di reddito?
Quali sono i meccanismi sottostanti alla convergenza? la spiegazione neoclassica la teoria della crescita endogena la nuova geografia economica

104 Meccanismi sottostanti alla convergenza il commercio e l’equalizzazione dei prezzi dei fattori
un fattore di convergenza dei redditi è il meccanismo di equalizzazione dei prezzi dei fattori previsto dal teorema di Stolper-Samuelson il commercio spinge ciascun paese a specializzarsi nella produzione del bene che fa un uso più intensivo del fattore relativamente più abbondante; i paesi ricchi si specializzano nelle produzioni intensive di capitale, il contrario accade nei paesi poveri con il commercio la domanda di lavoro si riduce nei paesi ricchi perché importano anziché produrli i beni che usano molto lavoro, mentre nei paesi poveri la domanda aumenta perché esportano più beni prodotti con uso intensivo di lavoro ne deriva che i salari tendono ad aumentare nei paesi poveri e a diminuire nei paesi ricchi

105 Meccanismi sottostanti alla convergenza i rendimenti del capitale
interpretazione neoclassica: il capitale ha rendimenti decrescenti e tende a muoversi verso le economie dove è più scarso il progresso tecnico è esogeno, le conoscenze sono accessibili a tutti tasso di crescita paesi poveri gp paesi ricchi stato stazionario gr n+ K/Lp K/Lr K/Ls K/L

106 Se il capitale è libero di muoversi da un paese all’altro e le imprese che investono all’estero non sono ostacolate nelle loro attività commerciali internazionali: la maggiore convenienza a investire dovrebbe spingere i capitali a muoversi verso i paesi con una dotazione minore l’investimento e l’accumulazione dovrebbero favorire in questi paesi una crescita più sostenuta e quindi la convergenza con i paesi più ricchi

107 Se il modello precedente è corretto perché la convergenza non è generale ma, piuttosto, limitata a gruppi di paesi simili fra loro? la convergenza è condizionata da differenze strutturali nei tassi di risparmio, nella crescita della popolazione in assenza di un insieme di condizioni di contorno (livelli di istruzione e competenze della forza lavoro, infrastrutture, stabilità politica) l’investimento non è profittevole il teorema di Stolper-Samuelson è valido solo in condizioni molto particolari (concorrenza perfetta, piena mobilità dei fattori) tasso di crescita paesi poveri gr paesi ricchi gp n+ K/Lp K/Lr K/L

108 Crescita endogena i rendimenti del capitale sono costanti o crescenti
il progresso tecnico è endogeno e non è immediatamente accessibile a tutti, le conoscenze non si trasferiscono facilmente se i rendimenti sono constanti due economie uguali in tutto tranne che nella dotazione iniziale di capitale per addetto hanno tassi di crescita uguali nel lungo periodo ma i livelli di reddito rimangono persistentemente diversi con rendimenti crescenti anche i tassi di crescita possono essere diversi, il paese con maggiore dotazione di capitale cresce di più e si crea divergenza i paesi arretrati hanno il vantaggio di poter imitare le tecnologie dei paesi avanzati (catching-up) ma la capacità di farlo dipende da numerosi fattori economici, sociali e istituzionali quali: una base locale di conoscenze, disponibilità di capitale umano, apertura al commercio, sviluppo del sistema finanziario, investimenti esteri

109 Trasferimento delle conoscenze
La diffusione internazionale delle tecnologie può avvenire attraverso l’imitazione, acquisto di licenze, investimenti delle multinazionali, investimenti in beni capitali che le incorporano la diffusione è condizionata da vincoli (capitale umano e sociale, capacità manageriali) gli spillover sono localizzati i livelli tecnologici possono rimanere divergenti nel lungo periodo se la crescita dipende da processi di apprendimento influenzati dallo stock di capitale umano accumulato in passato in un settore produttivo l’apertura al commercio può generare divergenza ogni paese si specializza in base al vantaggio comparato il paese sviluppato in settori ad alto potenziale di crescita che richiedono capitale umano il paese arretrato rimane intrappolato in settori stagnanti

110 Geografia e crescita La tendenza a convergere o divergere può mutare a seconda dello stadio del processo di globalizzazione economie di agglomerazione favoriscono la concentrazione in alcune aree effetti di congestione favoriscono la dispersione costi di trasporto molto alti: i costi di trasporto sono dominanti nelle decisioni di localizzazione, la produzione è più dispersa perché è troppo costoso concentrarsi in alcune aree e servire i mercati da lontano costi di trasporto intermedi: le imprese tendono a concentrarsi dove il mercato è più grande per minimizzare i costi di trasporto, le economie di agglomerazione sono molto importanti. Tendenza alla polarizzazione fra centro e periferia costi di trasporto bassi: la distanza dal mercato diventa meno importante prevalgono considerazioni relative ai costi dei fattori le imprese si spostano verso aree meno congestionate la produzione tende nuovamente a disperdersi

111 Convergenza o divergenza?
i risultati delle analisi empiriche non sono univoci i tassi di convergenza stimati vanno dallo 0% al 30% all’anno! tendenzialmente convergenza fra gruppi di paesi simili divergenza o assenza di convergenza a livello mondiale

112 Concludendo: il commercio fa bene alla crescita?
Non c’è dubbio che i paesi che hanno registrato i migliori risultati in termini di crescita del reddito pro capite sono anche quelli che si sono aperti al commercio paesi che hanno mantenuto per lunghi periodi politiche fortemente protezionistiche hanno registrato in media risultati peggiori ma la relazione fra apertura e crescita è contraddittoria: in molti casi l’apertura al commercio sembra essere più la conseguenza che la causa della crescita, ossia quando un paese ha sviluppato un’industria competitiva allora l’apertura al commercio produce effetti benefici e fa aumentare la crescita la domanda rilevante sembra essere non tanto se il libero commercio sia un bene o un male ma quale sia la corretta sequenza temporale fra politiche di protezione e di apertura e se la liberalizzazione del commercio sia veramente una priorità nelle prime fasi dello sviluppo di un paese arretrato

113 Integrazione regionale

114 Integrazione regionale
Gli accordi regionali sono cresciuti moltissimo dal 1950 a oggi perché sono più facili da realizzare e più flessibili rispetto agli accordi multilaterali Forme di integrazione regionale area di libero scambio: rimozione delle tariffe fra paesi aderenti unione doganale: tariffe comuni nei confronti dei non aderenti mercato comune: unione doganale più libertà di movimento dei fattori unione economica: mercato comune più valuta comune, armonizzazione di politiche monetarie e fiscali Vantaggi dell’integrazione regionale ampliamento del mercato che consente economie di scala maggiore capacità di attrazione sugli investitori esteri possibilità di liberalizzazione selettiva delocalizzazione in aree con minori costi dei fattori maggiore competizione ed efficienza

115 Accordi commerciali regionali
Principali accordi: Unione europea, NAFTA, Mercosur, ASEAN

116

117 principali accordi regionali
10 7,749 2,868,430 370,158,470 17,339,153 8 2,777 4,074,031 1,467,255,669 5,136,740 12+2 3 2,954 23,074 7,810,905 528,151 3 35,491 15,279,000 430,495,039 21,588,638 6 14,949 536,223 35,869,438 2,285,844 4 38,546 471,547 12,233,467 529,600 14+1 3 4,409 64,219 14,565,083 462,344 5 4,219 159,536 37,816,598 422,614 8,118 1,689,137 208,067,618 20,789,100 27 24,235 12,025,415 496,198,605 4,325,675 4,044 2,172,000 553,900,000 4,400,000 53 1,896 1,515,000 897,548,804 29,797,500 4,075 513,674 126,066,286 1,703,910 per capita in millions Member states 1 GDP (PPP) ($US) Population Area (km²) Regional bloc 1 Agadir AU ASEAN EU EurAsEC CACM CARICOM EFTA GCC NAFTA PARTA SAARC UNASUR

118 Effetti dell’integrazione
creazione e diversione di flussi commerciali la creazione di commercio si verifica quando in un paese la produzione di imprese interne meno efficienti è sostituita con importazioni da produttori più efficienti dei paesi partner, la creazione produce vantaggi per i consumatori e accresce in generale l’efficienza la diversione dei flussi commerciali ha luogo quando beni precedentemente importati da paesi terzi vengono sostituiti da altri più costosi prodotti in un paese partner la diversione produce svantaggi per i consumatori e vantaggi per produttori inefficienti effetti di agglomerazione spaziale riduzione del gettito fiscale esempio: prima di aderire all’ASEAN la Cambogia ricavava il 56% del proprio gettito fiscale complessivo dai dazi doganali

119 Creazione di commercio
13 15 12 Costo puro Paese C Paese B Paese A Costi 16,9 15 15,6 Costo + dazio in B Il paese B impone un dazio del 30% 16,9 15 12 Costo + dazio in B Unione doganale fra A e B Con il dazio non conviene importare in B L’unione doganale crea un flusso di esportazioni da A a B

120 Diversione del commercio
10 14 12 Costo puro Paese C Paese B Paese A Costi 13 14 15,6 Costo + dazio in B Il paese B impone un dazio del 30% 13 14 12 Costo + dazio in B Unione doganale fra A e B Sia senza che con il dazio conviene importare da C in B L’unione doganale crea un flusso di esportazioni da A a B ma A è meno competitivo di C in assenza di dazio

121 Regole d’origine Nelle aree di libero scambio impediscono a produttori esterni di penetrare il mercato sfruttando le differenza di tariffe verso l’esterno esempio: A e B sono membri di una ALS dazio in A = 5%; dazio in B = 20% un prodotto del paese C può entrare nell’ALS pagando un dazio del 5% e aggirare il dazio del 20% del paese B Criteri di applicazione valore aggiunto: una certa quota del valore aggiunto deve essere prodotto all’interno dell’ALS cambiamento della classe tariffaria: il processo di lavorazione nella ALS deve comportare un mutamento nella classificazione internazionale del prodotto che definisce il grado di lavorazione stadio di produzione: una certa fase della produzione deve essere svolta all’interno dell’ALS componenti: un certo componente deve provenire dall’ALS

122 Gli accordi regionali favoriscono la diffusione del libero scambio?
Secondo alcuni la riduzione del numero dei giocatori (dei paesi) conduce più facilmente al libero scambio generalizzato rispetto a una situazione più disgregata fra un ampio numero di paesi gli accordi sono “stepping stones” (pietre su cui si cammina) verso il libero scambio secondo altri sono un ostacolo perché creano vantaggi e interessi contrari al libero scambio gli accordi sono “stumbling blocks” (pietre in cui si inciampa) sul cammino del libero scambio

123 Gli accordi regionali favoriscono la convergenza?
dipende dal grado di sviluppo e dalla competitività dei partner due paesi A e B a basso reddito, entrambi hanno un svantaggio comparato nella produzione di beni manufatti rispetto al resto del mondo, ma A è relativamente più competitivo rispetto a B entrambi sono ugualmente competitivi nella produzione di beni agricoli in ciascuno di essi la produzione interna di beni manufatti risulta competitiva solo sul mercato interno grazie alla protezione tariffaria. Cosa accade dopo l’accordo? l’eliminazione delle tariffe fra i due paesi rende i manufatti di A competitivi sul mercato di B protetto dalla tariffa sui manufatti importati dall’esterno la produzione di manufatti di B è spiazzata a favore di A si crea una diversione dei flussi commerciali: i manufatti di A sostituiscono quelli precedentemente importati dal resto del mondo nel paese B. A cresce più velocemente di B e le due economie divergono

124 Nel caso europeo non c’è diversione
Nel caso europeo non c’è diversione. A livello nazionale c’è convergenza ma è meno chiaro per le regioni trade blocs

125 In altri casi sembra di no
Comunità dell'Africa Orientale l’industria si è concentrata soprattutto a Nairobi in Kenya a spese degli altri due partner Uganda e Tanzania per questo motivo l’esperienza del mercato comune è fallita nel 1977

126 Mercato Comune dell'America Centrale
l’industria si concentra soprattutto nel Salvador e Guatemala

127 Comunità dell’Africa occidentale
anche in questo caso l’industria si concentra in Costa d’Avorio

128 NAFTA: un’esperienza contraddittoria
le esportazioni messicane negli USA sono aumentate del 25% grazie al NAFTA gli investimenti diretti in Messico sono aumentati del 259% gli effetti del NAFTA sulla crescita dell’economia messicana sono stati stimati in un aumento dello 0.8% all’anno effetti scarsi o nulli sull'occupazione, la crescita di quella industriale è stata quasi completamente compensata dalla perdita di posti di lavoro nel settore agricolo che ha dovuto sopportare i maggiori costi dell'integrazione nonostante l'aumento della produttività, i salari reali messicani sono diminuiti e non mostrano alcuna tendenza a convergere con quelli dei paesi partner la distribuzione del reddito è diventata inoltre più ineguale il coefficiente di Gini aumenta dal 49 al 55%

129 I negoziati multilaterali

130 Le regole del GATT principio di non discriminazione in base alla clausola della nazione più favorita una tariffa più favorevole accordata a un partner commerciale deve essere estesa a tutti i paesi partecipanti al GATT i beni importati devono ricevere sul mercato interno lo stesso trattamento di quelli nazionali proibizione delle restrizioni quantitative o altre restrizioni non tariffarie al commercio principio di reciprocità: le riduzioni tariffarie devono causare uguali benefici per i partecipanti all’accordo (ma in alcuni casi è consentito un trattamento speciale differenziato) possibilità di introdurre misure protezionistiche in particolari situazioni (protezione temporanea di industrie in difficoltà)

131

132 Avanzamenti prima dell’Uruguay round
Le sessioni di trattative precedenti al Kennedy round sono di fatto negoziati bilaterali che conseguono risultati molto limitati Kennedy round: riduzione delle tariffe del 35% introduzione di un codice anti dumping Tokyo round: introduzione di regole sulle barriere non tariffarie, sussidi all’esportazione, licenze di importazione, standard technologici revisione del GATT per tenere conto delle esigenze dei PVS

133 Uruguay round (1986-93) e WTO Obiettivi generali
ampliare l’accesso ai mercati riformare le regole del GATT creare un’istituzione internazionale introdurre nuove regole su servizi (General Agreement on Trade in services o GATTS), investimenti (Trade related investment Measures o TRIM), e brevetti (Trade Related Intellectual Property Rights TRIPs) creare un sistema di regole valide per tutti superamento delle sanzioni unilaterali e risoluzione multilaterale dei conflitti

134 Il WTO 1995: nasce una organizzazione internazionale per il commercio: World Trade Organization (WTO) a differenza del GATT il WTO ha personalità giuridica come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale lo scopo è creare un organo di governo centralizzato del commercio internazionale l’adesione al WTO implica l’accettazione di tutte le regole stabilite dagli accordi internazionali e non solo di alcune di esse le regole non vengono stabilite a maggioranza ma all’unanimità, ogni paese esprime un voto i conflitti vengono risolti attraverso apposite procedure e la soluzione deve essere accettata dalle parti

135 Struttura e funzioni del WTO
attuazione degli accordi dell’Uruguay round mantenimento di un forum per ulteriori negoziati gestione e risoluzione dei conflitti (Dispute Settlement Understanding) controllo delle politiche commerciali dei paesi membri (Trade Policy review Mechanism) assistenza tecnica ai PVS coordinamento con IMF e WB Struttura Conferenza dei ministri Consiglio generale tre consigli per beni, servizi e proprietà intellettuale

136 Principi generali degli accordi WTO
Non discriminazione Clausola della nazione più favorita Liberalizzazione degli scambi internazionali Prevedibilità e trasparenza Definizione di massimali tariffari Riduzione delle barriere non tariffarie Trade Policy Review Mechanism Concorrenza leale Antidumping Reciprocità Promozione dello sviluppo Trattamento speciale per i PVS

137 I recenti negoziati multilaterali
conferenza ministeriale WTO a Seattle Doha round: inizia nel 2001 nel 2006 si chiude con un sostanziale fallimento 2003: Cancun 2004: Ginevra 2005: Parigi 2005: Hong Kong 2006: Ginevra

138 L’agenda del Doha round
riduzione del protezionismo agricolo apertura dei mercati dei beni manufatti apertura dei mercati dei servizi regolamentazione della proprietà intellettuale l’obiettivo esplicitamente dichiarato è quello di tener conto dei problemi di PVS e rendere le regole del commercio più giuste e favorevoli ad essi i PVS si coalizzano nasce un blocco di PVS il G20 con lo scopo di portare avanti una contrattazione unitaria con i paesi industrializzati a nome di tutti i PVS si costituisce un secondo blocco (G4) composto da Cina, India, Brasile e Sud Africa

139 a Ginevra (2004) viene raggiunto un accordo di massima sulla riduzione delle tariffe e dei sussidi all’esportazione nel settore agricolo agricoltura abbattimento del 20% dei sussidi alla produzione entro un anno eliminazione dei sussidi all’esportazione maggiore dilazione a favore dei PVS sull’abbattimento delle tariffe industria abbattimento delle tariffe al di sotto di un tetto massimo in base a una formula da definirsi eliminazione di alcune tariffe servizi impegno a liberalizzare i servizi senza eccezioni particolare attenzione rivolta ai settori di interesse dei PVS i negoziati falliscono nella conferenza del 2006 a Ginevra dove non si riesce a raggiungere un accordo sulla riduzione dei sussidi agricoli e l’abbattimento delle tariffe doganali

140 Perché le regole del WTO sono contestate
eliminazione delle barriere troppo lenta nell’accordo su tessile e abbigliamento (ATC) protezionismo agricolo i sussidi nei paesi avanzati sono ancora il 31% dei redditi agricoli il grado di protezione rimane del 30% tariffe molto variabili con picchi del 50% pratica della tariff escalation barriere non tariffarie (sanitarie, antidumping) regole d’origine condizioni troppo restrittive sul movimento delle persone impossibilità di introdurre condizioni sugli investimenti esteri (TRIM) effetti negativi dei brevetti

141 TRIPs Particolarmente dibattute sono le regole sui TRIPs (Trade Related Intellectual Property Rights) I TRIPs garantiscono protezione brevettuale al di fuori del paese d’origine del brevetto. Creando un monopolio i brevetti generano extra profitti che incentivano la ricerca e sviluppo Nel settore farmaceutico impediscono l’abbassamento dei prezzi di farmaci importanti per la salute di milioni di persone In qualche caso vengono brevettate conoscenze indigene tradizionali che sono di pubblico dominio e vengono così privatizzate (bio- pirateria), i TRIPs non proteggono queste conoscenze

142 I brevetti aumentano l’efficienza?
il monopolio genera inefficienza statica ma incentiva l’innovazione anche se il secondo effetto non si verifica sempre il brevetto può essere usato per bloccare l’innovazione di altri (Microsoft contro Netscape) il brevetto crea duplicazioni nella ricerca e comporta spreco di risorse il brevetto può rallentare la diffusione delle conoscenze e l’innovazione i costi sociali dei brevetti in particolare sui medicinali nei paesi poveri sono molto alti

143 Possibili soluzioni ed estensioni dei TRIPs
licenze obbligatorie: in casi di emergenza permettono ad altre imprese di produrre senza pagare royalties (esempio la produzione di Cipro durante l’emergenza antrace negli USA qualche anno fa) fondi di garanzia: i governi si impegnano a spendere una cifra minima nell’acquisto di un nuovo medicinale fondi di innovazione: premiano le imprese che hanno fatto scoperte importanti, il premio sostituisce i profitti ottenibili dai brevetti riconoscimento e proibizione della bio-pirateria

144 TRIM (Trade Related Investment Measures)
L’Uruguay round impone ai paesi in via di sviluppo di eliminare i vincoli agli investimenti esteri entro 5 anni (contro i 10 previsti per l’eliminazione delle tariffe sul tessile) Perché controlli sugli investimenti esteri? favorire lo sviluppo di industrie indigene facilitare la trasmissione di tecnologie accrescere l’occupazione stimolare le esportazioni in particolare nei settori high-tec minimizzare gli squilibri della bilancia dei pagamenti Questi obiettivi non possono essere perseguiti in seguito agli accordi sui TRIM

145 Promesse non mantenute dell’Uruguay round
nonostante la generale riduzione delle tariffe rimangono tariffe molto alte sui beni esportati dai PVS sono aumentate le barriere non tariffarie (misure anti dumping) elevata protezione sui beni agricoli con tariffe e sussidi Vincoli imposti dall’Uruguay round liberalizzazione nell’industria servizi e agricoltura rimozione dei sussidi alle produzioni locali i TRIPs riducono le possibilità di assorbimento di tecnologie i TRIM impediscono di introdurre condizioni sugli investimenti esteri

146 Un esempio di promesse non mantenute
il protezionismo agricolo dell’Unione Europea tariffa media UE sui prodotti agricoli = 16% per carne, cereali e prodotti giornalieri fra il 30% e il 40%, fino ad oltre il 200% nel caso di alcuni prodotti giornalieri. nessuna tariffa sul caffè, che non compete con produzioni europee tariff escalation: le tariffe raddoppiano, in molti casi, per i prodotti lavorati la UE pratica il dumping agricolo con sussidi all’esportazione che spiazzano le produzioni agricole nei mercati interni dei PVS esempio eclatante lo zucchero di cui si producono nell’UE circa 5 milioni di tonnellate di eccedenze che vengono collocate sui mercati extraeuropei a prezzi fortemente sussidiati controllo degli standard: la World Bank stima che i requisiti relativi all'aflotossina richiesti dall’UE sui prodotti importati comportano una riduzione delle esportazioni africane di cereali e frutta secca pari al 64% rispetto ai valori prevalenti sotto i normali standard internazionali.

147 I costi del libero commercio e del protezionismo dei paesi ricchi
la World Bank ha stimato che un tipico paese in via di sviluppo sopporta un costo di 150 milioni di dollari per uniformarsi ai requisiti richiesti dagli accordi sulla valutazione delle tariffe doganali, misure sanitarie e fito sanitarie e TRIPs. Questa cifra equivale al budget annuale destinato alle politiche di sviluppo per molti dei paesi meno sviluppati D’altra parte secondo una stima molto cauta della World Bank il protezionismo causa ai paesi in via di sviluppo un danno quantificabile in più di 100 miliardi di dollari pari a circa il doppio del volume degli aiuti dei paesi del Nord a quelli del Sud del mondo


Scaricare ppt "alcuni fatti essenziali"

Presentazioni simili


Annunci Google