La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Retorica, linguaggi e stili del giornalismo e dell’informazione

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Retorica, linguaggi e stili del giornalismo e dell’informazione"— Transcript della presentazione:

1 Retorica, linguaggi e stili del giornalismo e dell’informazione 2010-11
A.M. Lorusso e P. Violi, Semiotica del testo giornalistico, Roma-Bari, Laterza, 2004 E. Calaresu, Testuali parole. La dimensione pragmatica e testuale del discorso riportato, FrancoAngeli, Milano 2004 (fino a p. 123) M. Sbisà, Detto non detto, Roma-Bari, Laterza  (Introduzione, capp. 2 e 4)

2 I mestieri della parola e le scienze del linguaggio
Stretto rapporto storico tra giornalismo e vicende della lingua italiana Difficile incontro tra la linguistica e la dimensione sociale e comunicativa del linguaggio

3 Sapere e conoscere Sapere = capacità pratica, saper fare
Non implica necessariamente conoscenze formalizzabili Conoscenza = sapere esplicito e proposizionale Implica la formalizzazione dei saperi

4 Quine (1970): la scienza è «senso comune autoconsapevole»
Continuità tra i processi del ragionamento scientifico e quelli utilizzati nella vita di tutti i giorni. I primi sono rallentati e pubblici (cioè analitici e articolati), i secondi sono per lo più rapidi e taciti. Fare scienza significa portare allo scoperto l’attività di giustificazione del senso comune, sottoporre a ingrandimento i nostri percorsi quotidiani di pensiero e conoscenza

5 Gorz, L’immateriale, Boringhieri, 2003
Il rapporto tra le conoscenze e i saperi, tra le scienze e le pratiche influisce in modo decisivo sulla vitalità della società e della cultura, che dipende dalle possibilità di integrare le conoscenze nei saperi. Al contrario una mancata integrazione tra scienze e cultura comune determina il progressivo deperimento di quest’ultima. Il pericolo riguarda a maggior ragione la sfera del linguaggio.

6 Sensibilità ecologica:
Resistenza al divorzio tra conoscenze e saperi vissuti Sul piano linguistico: opposizione alla alienazione linguistica (ripetizione irriflessa di schemi linguistici altrui, stereotipi linguistici) Terapia: pensare nella lingua e pensare la lingua, le sue strutture, i suoi usi e le sue variazioni

7 Epilinguistico e Metalinguistico
Sapere epilinguistico Coscienza epilinguistica Conoscenza metalinguistica Sapere linguistico pratico conoscenza implicita ed interna all’individuo Usi linguistici ordinari Sapere riflessivo-pratico rapporto cosciente con certi contenuti del sapere epilinguistico Arti della parola Sapere riflessivo-teorico conoscenza esplicitamente rappresentata ed esterna all’individuo Scienze del linguaggio

8 Arti della parola Ars o Téchne: indica originariamente una forma di conoscenza finalizzata alla produzione di fenomeni empirici. Retorica Dialettica Grammatica Il sapere riflessivo nasce dalle pratiche linguistiche, la cui elaborazione non può essere disgiunta da una qualche forma di speculazione: la tecnica procede congiuntamente alla scienza

9 Rastier, Arti e scienze del testo, Meltemi, 2003
Le arti sono discipline pratiche o comunque empiriche: possono essere comprese solo nell’orizzonte della prassi e hanno bisogno di un’etica. Il testo è la dimensione fondamentale della lingua.

10 Mestieri della parola Narrazione / poesia (accento sulla funzione espressiva) Attività giuridica / politica (accento sulla funzione argomentativa) Ricerca e narrazione storica / Giornalismo (accento sulla funzione rappresentativa/informativa) Problema della ibridità e della mescolanza dei generi (Fairclough)

11 Lavoro del linguista sottoporre alla riflessione metalinguistica (filosofica e scientifica) le potenzialità e le modalità linguistiche espressive (studio dei rapporti del parlante con la lingua) informative (studio della capacità semantica e referenziale) argomentative (analisi dei modi in cui linguisticamente riusciamo ad agire sugli altri e, mediatamente, sul mondo).

12 Linguistica e giornalismo
Critiche ricorrenti sullo stato della lingua nel giornalismo. Eco, in Gli italiani e la lingua, a cura di Lo Piparo e Ruffino, Sellerio, 2005 “Perché se esiste la critica televisiva e cinematografica non può esistere la critica dello stile e del linguaggio giornalistico? Bisogna lasciare che la gente parli come vuole ma non permettere questo lusso ai giornali e alla radiotelevisione, a cui bisognerà imporre attraverso un controllo serrato che parlino come si mangia, ovvero usando coltello e forchetta”.

13 Tranfaglia, La lingua dei giornali oggi, nello stesso volume:
“..la cosa preoccupante è che della formazione linguistica nessuno si occupa per cui noi avremo dei giornalisti che, usciti dall’università, spesso conosceranno quello che io insegno, la storia contemporanea, ma non sapranno esprimersi in italiano”. “mi sembra che proprio questi mezzi di comunicazione in generale tendano a portare a una lingua più povera, a una lingua semplificata e più povera anche di quella che si parla, oltre che di quella che si scrive, e questo ha una serie di effetti, soprattutto se poi viene mescolata al linguaggio pubblicitario”.

14 Che cos’è il linguaggio giornalistico?
Esiste una specificità della comunicazione verbale giornalistica, un codice linguistico a cui in qualche modo i giornalisti fanno riferimento quando scrivono i loro articoli? (Marrone, Corpi sociali, 2001) De Mauro, Giornalismo e storia linguistica dell’Italia unita, in Castronovo e Tranfaglia (a cura di), La stampa italiana del neocapitalismo, 1976, pp : Non si può parlare del linguaggio giornalistico come di una lingua speciale: il giornale è un coacervo di lingue speciali (finalizzati a raggiungere una tipologia eterogena di lettori e a trattare diversi argomenti nelle diverse sezioni). Beccaria, I linguaggi settoriali in Italia, 1973, p. 64 sg.: Più che un linguaggio settoriale, quello giornalistico è lo specchio di molteplici linguaggi settoriali che sono presenti nella società, la cui risultante è ovviamente la lingua come codice più o meno condiviso.

15 Anche dal punto di vista dell’analisi del discorso (vedi oltre) non è possibile pensare a un genere discorsivo compatto ma è opportuno pensare a una costellazione di generi (o sottogeneri) che comprendono forme e soprattutto situazioni molto diverse in cui si esplica l’attività giornalistica in senso lato: Importanza del concetto di fuzzy set, utilizzato da van Dijk per l’analisi del discorso politico: problema epistemologico del rapporto tra discreto e continuo. Vedi anche il concetto sociolinguistico di “testi misti”.

16 Possibili percorsi di analisi linguistica
La prospettiva sociolinguistica, fondamentale, può mettere in luce soprattutto questioni di stile, differenti da epoca a epoca ma anche da giornale a giornale. Ad esempio, sono stati evidenziati nei giornali degli anni Settanta fenomeni apparentemente eterogenei come la contemporanea presenza di forestierismi, regionalismi, gerghi giovanili, forme colloquiali, neologismi, eufemismi, formule burocratiche, forme letterarie desuete e ampollose, tendenza alla economia linguistica (nominalizzazioni, abbreviazioni, ellissi, parole macedonia, ecc.). Queste ricerche sono alla base di una delle direttrici dello studio linguistico dei giornali: rapporto che il linguaggio giornalistico intrattiene con la lingua comune.

17 Rilevanza in questo contesto degli studi di De Mauro, Giornalismo e storia linguistica dell’Italia unita, cit. Complicato intreccio tra vicende della società italiana e vicende linguistiche, tra conformazione della realtà linguistica italiana e modo di scrivere i giornali; contributo della scrittura giornalistica alla trasformazione della lingua nazionale.

18 Evidentemente questa varietà in diafasia, si interseca con le varietà diamesiche disponibili (ovvero con le numerose variazioni mediali entro cui il discorso giornalistico può avvenire, che polarizzano verso il basso o verso l’alto, a seconda dei casi, il registro di formalità) (vedi Cortelazzo e Paccagnella 1981). De Mauro, 1976: “L’attenzione sempre più diffusa agli aspetti linguistici della comunicazione di massa deve tradursi nel riconoscimento analitico della grande varietà di tendenze di stile e usi della lingua nel vario mondo della stampa italiana”.

19 Contributi della stampa alla lingua italiana
Allargamento del lessico attraverso l’adozione di parole straniere nella forma di esotismi, adattamenti o calchi De Mauro registrava nel 1976: Boom, gap, sputnik, coupè, golpe, kibbutz, fellah Sveltimento della sintassi (diffusione della frase nominale) (ma anche tendenza all’appesantimento: se -> nella misura in cui; su -> relativo a Tecnicismi (ma anche inutili pseudotecnicismi): fare una scelta -> operare una scelta; rimandare -> dilazionare; politico -> politicizzato

20 In questo contesto si collocano due linee di ricerca:
1. L’indagine storica intorno a quella parte del linguaggio giornalistico che coincide con la storia della lingua italiana (Bonomi, L'italiano giornalistico: dall'inizio del '900 ai quotidiani on line, Firenze, Cesati, 2002; Gualdo, L’italiano dei giornali, Carocci, 2007). 2. Una seconda linea di ricerca riguarda la comprensibilità del linguaggio giornalistico (Eco, De Mauro), a fronte di livelli di alfabetizzazione e scolarizzazione che tradizionalmente, nel caso italiano, sono stati tra i più bassi dell’Occidente. In questo caso lo spunto è stato dato da alcune pioneristiche indagini del Servizio Opinioni della Rai intorno alla reale comprensione, da parte di campioni di cittadini di svariata provenienza socio-culturale, di parole elementari dell’uso politico ed economico (dove compare la mitica casalinga di Voghera). Denuncia dell’oscurità del linguaggio giornalistico e interventi di semplificazione (es. Manuale di stile, 1997).

21 La questione della semplificazione
È uno dei grandi temi dell’analisi linguistica: il problema del giornalese. Nel 1971 Eco si chiedeva perché il giornale italiano fosse difficile da leggere: si trattava di una radicale incompetenza linguistica del pubblico o di una mancata attenzione delle redazioni alle esigenze dei loro lettori? Risposta di Eco: l’oscurità ha una funzione strategico-comunicativa molto precisa con esito ideologico-politico regressivo: “Il giornale è il bollettino di un gruppo di potere che fa un discorso ad altri gruppi di potere. E molte volte questo discorso deve passare sopra la testa del pubblico. Cioè il grosso pubblico non deve sapere quale sia il discorso che un quotidiano fa al governo o alla Fiat, o all’Iri, perché questo discorso lo turberebbe”(Eco, Guida all’interpretazione del linguaggio giornalistico, cit. in Marrone, 2001: 69) In tal modo la funzione informativa viene sostituita con una funzione fatica

22 Dalla oscurità alla semplificazione
Oggi l’oscurità della lingua dei giornali è stata sostituita da “un linguaggio alla portata di quella entità magmatica che si chiama ‘la gente’” (Eco, Cinque scritti morali, Bompiani, 1997, p. 54). Come nel linguaggio politico, anche in quello giornalistico si può parlare di approdo al “gentese” (Gualdo, La faconda repubblica, 2004): abuso di frasi fatte e luoghi comuni che non informano su nulla. Vedi anche Loporcaro, Cattive notizie, Feltrinelli 2005 per la critica alla semplificazione del linguaggio giornalistico

23 Questione delle formule e dei luoghi comuni
La formula è una frase breve, efficace, facile da ricordare, la cui funzione è condensare un pensiero complesso dandogli maggiore forza a partire da tale condensazione. Figura della chiusura. La parola non serve a fornire serie valutazioni dei fatti ma a riproporre proverbi e detti popolari (forza conservatrice, punto di vista dell’uomo qualunque)

24 Le formule più ricorrenti oggi
Es. (primi decenni del ‘900): Bastone nodoso, questione annosa, sentiero tortuoso Criticati da Mussolini giornalista, poi “insaziato violentatore semantico” (De Mauro, 1976): Figura maschia, sagoma romana, forgiato nel bronzo, dura vigilia, immancabili mete, democrazie agnostiche e imbecilli, invocazione incontenibile, grido oceanico Le formule più ricorrenti oggi Tirare per la giacchetta Mettere le mani nelle tasche del consumatore Anche le formiche nel loro piccolo.. La prima gallina a cantare ha fatto l’uovo Cantar vittoria Vedi anche le funzioni retoriche della ripetizione

25 Dalla lingua al discorso
Ogni considerazione sulla lingua dei giornali non può prescindere dalla loro forma testuale La notizia ha sempre un duplice riferimento al contesto (interno e esterno) di enunciazione, dunque è un discorso. Il discorso infatti (Adam 1999), diversamente dal testo, comprende anche le condizioni extralinguistiche della sua produzione (il contesto).

26 Che cos’è il discorso? Discorso è una unità minima significante superiore alla frase e che ha una sua riquadratura formale: un unizio, uno sviluppo e una conclusione. Discorso è anche ragionamento o modo di ragionare (logos). Un buon contributo alla comprensione del termine è dato da Maingueneau (1976), che individua sei significati del termine:

27 1. discorso come parole (linguistica strutturale): uso della lingua soggettivamente caratterizzato
2. discorso come enunciato, unità linguistica di dimensione superiore alla frase (dimensione transfrastica) 3. insieme di meccanismi di incatenamento della frase (simile al 2; utilizzato in particolare da Harris) 4. condizioni di produzione di un enunciato: riferimento alla ideologia e all’essere sociale di chi lo produce 5.discorso come enunciazione. L’enunciazione opera la conversione della lingua in discorso, attraverso questa conversione scatta l’interazione tra chi parla e chi ascolta. Ovviamente è di massimo rilievo l’intenzione del destinatore di fare del suo discorso uno strumento di influenza sul destinatario. Da questo punto di vista la teoria della enunciazione confina con quella degli atti linguistici 6. discorso come luogo della creatività linguistica, che conferisce al testo un effetto contestuale inprevedibile.

28 Guespin, Dictionnaire d’analyse du discours, 2002: “Uno sguardo al testo dal punto di vista della sua strutturazione ‘in lingua’ ne fa un enunciato; uno studio linguistico delle condizioni di produzione di questo testo ne fa un discorso”.

29 Discorso come enunciazione
Autori di riferimento sono Benveniste, Greimas (ma anche Austin e Searle). Per Benveniste l’enunciazione è la “messa in funzione della lingua per mezzo di un atto individuale di utilizzazione”, “l’atto stesso di produrre un enunciato, e non il testo dell’enunciato” (L’apparato formale dell’enunciazione, in Benveniste, Essere di parola, 2009, p. 120). L’enunciazione “presuppone un parlante e un enunciatore, e l’intenzione del primo di inflluenzare in qualche modo il secondo” (Le relazioni di tempo nel verbo francese”). L’enunciazione porta un messaggio e al tempo stesso è strumento di azione (Note sulla funzione del linguaggio nella scoperta freudiana, 1956). Per Bally l’enunciazione è interpretabile come la distanza più o meno grande, al limite nulla, tra il locutore e il suo enunciato (Bally, Linguistique générale e linguistique francaise, Paris, 1932):.

30 Distanza/vicinanza Tratto comune a tutti i significati di enunciazione è il rapporto di coinvolgimento che nel testo si stabilisce tra il locutore e ciò che dice. Può essere più o meno individuale, perché l’enunciatore può coinvolgersi con maggiore o minore intensità nelle proposizioni dell’enunciato (affermazioni, negazioni, descrizioni), può conferire ad esse una marca soggettiva e produrre un discorso in senso proprio, o più o meno oggettiva, fino alla completa oggettività del racconto o recit. Cfr. con quanto afferma J. B. Thompson (1995), The Media and Modernity: A social theory of the media, Cambridge, Polity Press: la distanza spazio-temporale tra emittente e ricevente è condizione preliminare nella definizione di notizia (news)

31 Teoria dell’enunciazione vs analisi sociologica
Diversamente dall’analisi sociologica, che si rivolge ai soggetti empirici, la teoria della enunciazione si occupa di come si costruiscono i soggetti nel discorso. Distinzione tra piano dell’enunciato (contenuti) e piano dell’enunciazione (struttura comunicativa)

32 Analisi del discorso A partire dagli anni Ottanta si assiste a una proliferazione del termine discorso nelle scienze del linguaggio, tanto al singolare (dominio del discorso, analisi del discorso) quanto al plurale (i discorsi), a seconda che ci si riferisca alla attività verbale in generale oppure a particolari eventi discorsivi. La diffusione di questo termine è il sintomo di una modificazione nel modo di concepire il linguaggio. Parlando di discorso si prende posizione a favore di una particolare concezione del linguaggio e della semantica, che dipende dalla influenza di diverse correnti pragmatiche che hanno sottolineato un certo numero di idee forza:

33 Il discorso assume una organizzazione transfrastica: mobilita strutture che appartengono a un ordine diverso da quello della frase. Il discorso è orientato, si costruisce in funzione di un fine: Ducrot radicalizza questa idea, iscrivendo un orientamento o una funzione argomentativa nelle unità stesse della lingua. Il discorso è una forma di azione (Austin). Ad un livello superiore gli atti linguistici si integrano nelle attività linguistiche di un genere determinato anche in relazione ad attività non verbali Il discorso è interattivo È contestualizzato È preso in carico: esiste solo se riferito a una istanza che al tempo stesso si pone come riferimento personale, temporale, spaziale e modalizzante: la riflessione sulle forme di soggettività che sottendono il discorso è uno dei grandi assi dell’analisi del discorso È regolato da norme È sempre preso in un interdiscorso.

34 Radici dell’analisi del discorso
Contesto della linguistica americana degli anni ‘50: Harris introduce il problema della transfrastica; 1976: Halliday-Hasan, Cohesion in English Linguistica tedesca: Lang, Weinrich, Schlieben-Lange Contesto francese: componenti filosofiche dell’analisi del discorso (Foucault) e linguistiche (Benveniste: teoria della enunciazione) Nuova retorica (Perelman) Sociolinguistica (Labov)

35 Matrice filosofica: Foucault
L’archeologia del sapere (1969) L’ordine del discorso (1971: 39) “Quale civiltà ha avuto più della nostra rispetto per il discorso? Dove lo si è meglio e più onorato? Dove lo si è, pare, più radicalmente liberato dalle sue costrizioni e più universalizzato? Ora mi sembra che dietro questa apparente venerazione del discorso, dietro questa apparente logofilia, si celi una sorta di timore […]. C’è sicuramente nella nostra società, e immagino in tutte le altre, per quanto con un profilo e scansioni diverse, una profonda logofobia, una sorta di sordo timore contro questi eventi, contro questa massa di cose dette, contro il sorgere di tutti questi enunciati, contro tutto ciò che ci può essere, in questo, di violento, di discontinuo, di battagliero, di disordinato e di periglioso, contro questo brusio incessante e confuso del discorso.”

36 Prospettiva post-strutturalista
Critica dell’idea denotativo-referenziale del linguaggio Critica dell’idea del soggetto parlante Il discorso è una costruzione della realtà (non è uno specchio di ideologie e conoscenze) Il linguaggio è l’insieme dei discorsi che vengono pronunciati e scritti in un determinato momento storico Importanza di un’analisi discorsiva che porta ad esistenza diversi oggetti Legame tra discorso e potere: l’ordine del discorso, in quanto delimita lo spazio del dicibile, non è solo espressione del potere ma generatore di potere.

37 Il potere del discorso “Come per la magia, le parole non hanno un senso, hanno un potere; un potere che è inversamente proporzionale al loro senso”. (Reboul, Langage et idéologie, 1980)

38 L’analisi critica del discorso
Adotta il termine nell’accezione di uso del linguaggio in quanto parte della vita sociale (Antelmi) Pone al centro della ricerca la relazione tra potere e discorso Si occupa del discorso pubblico e in particolare dei media: testi non letterari ma di rilevanza sociale Studia come i media costruiscono le espressioni, le argomentazioni, la gerarchia degli argomenti che vanno a costruire i giudizi diffusi sul mondo Analizza i rapporti tra le pratiche linguistiche (in particolare di categorizzazione) e le pratiche di esclusione all’opera nei Paesi occidentali: distribuzione non equa fra i diversi gruppi sociali delle opportunità di dare senso

39 Scuola di Londra approccio socioculturale
N. Fairclough. Ogni evento discorsivo è al tempo stesso testo (contenuto, struttura e significato), pratica discorsiva (forma di interazione discorsiva) e pratica sociale (contesto in cui l’evento discorsivo ha luogo) (rinvio al modello di Foucault). Le pratiche discorsive sono forme specifiche di pratica sociale, che si legano ad altre forme di attività sociali. Fairclough, Language and Power, London, 2001 Fairclough, Language and Globalization, London 2006

40 Scuola di Amsterdam approccio sociocognitivo
T. van Dijk. Centralità del concetto di intenzionalità (mente individuale) e della teoria degli atti linguistici. In ogni discorso si riflettono i modelli mentali dell’individuo e le rappresentazioni sociali (atteggiamenti e ideologie) del gruppo di riferimento. L’ideologia, intesa come struttura dei valori e degli interessi che danno forma alle nostre rappresentazioni della realtà, compenetra il discorso. T. A. van Dijk, Ideologie. Discorso e costruzione sociale del pregiudizio, Carocci, 2004.

41 Scuola di Vienna approccio storico-discorsivo
Ruth Wodak. Rifiuta esplicitamente “le teorie foucaultiane e postmoderne del discorso e del potere, in quanto reificano o personificano la lingua e il discorso come attori autonomi, collusivi, che guidano i parlanti e tengono le redini” (2003: 262). Rifiuta anche l’impostazione sociocognitivista di van Dijk, in quanto inconciliabile con l’impostazione ermeneutica. Il riferimento teorico è alla teoria critica della scuola di Francoforte e di Habermas. Altre matrici: tradizione della linguistica sistemica funzionale di Halliday, retorica classica e moderna, teoria dell’argomentazione (Toulmin e Perelman) -> sguardo illuminista sulle pratiche discorsive nelle società contemporanee

42 Discorso: “Fascio complesso di atti linguistici simultanei e sequenziali interrelati, che si manifestano all’interno e attraverso i campi d’azione sociali sotto forma di occorrenze semiotiche, scritte o orali, interrelate, molto spesso sotto forma di testi, che appartengono a tipi semiotici specifici, ad esempio i generi (Wodak e Reisigl, Semiotica del razzismo e dell’antisemitismo, in Giannini e Scaglione (a cura di), Introduzione alla sociolinguistica, Carocci, 2003: 268)

43 Livelli di interrogazione del discorso giornalistico
Livello Domanda Dell’espressione Com’è formulato? Della funzione Perché è così formulato? Del contenuto Cosa asserisce? Della destinazione A chi è diretto Del contratto Che cosa offre/chiede?

44 Livelli di analisi del modello storico-discorsivo
Campi d’azione Generi Discorsi/testi

45 Testo interpretato nel significato corrente della linguistica pragmatica come il prodotto materialmente durevole di un’azione linguistica (atto individuale in cui il discorso si manifesta) e ricondotto nel contempo alla accezione transduttiva della poetica semiotica (il testo è anche prodotto della ricezione che il pubblico esercita attivamente ogni volta che legge, ascolta (o osserva) un insieme di enunciati) Genere modo socialmente ratificato di utilizzare il linguaggio in connesione con un particolare tipo di attività sociale (livello immediatamente superiore a quello del testo, prima cornice testuale); governa i criteri di codificazione del testo, secondo criteri di adeguatezza pragmatica) Campi d’azione cornici di perimetro esterno e di contesto, segmenti della specifica realtà della società (es.formazione dell’opinione pubblica, emanazione delle leggi, macchina pubblicitaria, ecc.)

46 Genere I generi sono forme dell’enunciazione, legate a particolari pratiche sociali, che sono date all’individuo (anche se mutevoli, elastiche, storicamente e culturalmente formate). Corrispondono a situazioni tipiche della comunicazione verbale, a temi tipici e a contatti tipici tra i significati delle parole e la concreta realtà effettiva in circostanze tipiche Il genere accomuna un insieme di opere omogenee per contenuto, stile e struttura compositiva (Corti, La comunicazione letteraria, 1976: 156). È costituito da caratteristiche tematiche e retoriche (es. epico, lirico, drammatico, didascalico, ecc,) Secondo Halliday (Il linguaggio come semiotica sociale, p. 153) una caratterizzazione completa della testualità non può prescindere dal riferimento al genere Il genere determina fattori come la lunghezza, i partecipanti ecc. e soprattutto determina un orizzonte di attese nel destinatario.

47 Bachtin Tutti i molteplici campi dell’attività umana sono legati dall’uso del linguaggio […]. L’uso del linguaggio si effettua sotto forma di singole enunciazioni concrete (orali e scritte) ei partecipanti di un determinato campo di attività umana. Queste enunciazioni riflettono le specifiche condizioni e finalità di ognuno di questi campi non soltanto col loro contenuto (tematico) e col loro stile linguistico, cioè con la selezione dei mezzi lessicali, fraseologici e grammaticali del linguaggio, ma, prima di tutto con la loro struttura compositiva. Tutti questi tre momenti – contenuto tematico, stile e struttura compositiva – sono indissolubilmente legati nella totalità dell’enunciazione e sono del pari determinati dalla specificità della data sfera di comunicazione. Ogni singola enunciazione è naturalmente individuale, ma ogni sfera d’uso del linguaggio elabora propri tipi relativamente stabili di enunciazioni, tipi che chiameremo generi del discorso…il problema generale dei generi del discorso non è mai stato posto veramente... Di particolare importanza è qui rilevare la differenza essenziale tra i generi del discorso primari e secondari (complessi): questi ultimi comprendono oltre a drammi, romanzi, lavori scientifici anche generi pubblicistici di varie dimensioni, e sorgono all’interno di una più sofisticata e organizzata comunicazione culturale (soprattutto scritta). Nel corso della loro formazione, essi assorbono e rielaborano vari generi primari (semplici) formatisi all’interno della comunicazione verbale immediata (conversazione quotidiana, lettera, racconto). Questi generi primari, nel momento in cui entrano a far parte dei generi complessi, vi si trasformano e acquistano un particolare carattere. La differenza tra generi primari e secondari (ideologici) è di grande importanza. (L’autore e l’eroe (1929), 1977:245-48)

48 Genere e stile È proprio nell’enunciazione che prende forma il problema del rapporto tra ciò che è comune e ciò che è individuale nella lingua. Le enunciazioni e i loro tipi, cioè i generi del discorso, sono le cinghie di trasmissione dalla storia della società alla storia del linguaggio. Nessun fenomeno nuovo (fonetico, lessicale, grammaticale) può entrare nel sistema del linguaggio se non ha compiuto un lungo e complesso cammino di verifica sul piano dello stile e del genere. Quando ci si rivolge ai corrispondenti strati non letterari della lingua popolare, inevitabilmente ci si rivolge anche ai generi del discorso in cui questi strati si realizzano. Si tratta per lo più di vari tipi di generi dialogico-parlati; di qui la più o meno netta dialogizzazione dei generi secondari, l’attenuarsi della loro composizione monologica, il nuovo modo di sentire l’ascoltatore come interlocutore-partner, le nuove forme di compimento del tutto.

49 Generi e tipi Antelmi, Il discorso dei media, 2006:44
“una considerazione comprensiva dei generi non letterari deve dunque prendere in considerazione oltre alle caratteristiche tematico-formali che definiscono una categoria omogenea di testi, il contesto comunicativo e le funzioni, lo scopo comunicativo di un determinato testo. La nozione di genere sembra dunque confondersi con quella di tipo testuale, essenzialmente basata sul particolare atto linguistico che viene attualizzato e che identifica le caratteristiche di diversi procedimenti comunicativi in base agli scopi del mittente. In realtà le due nozioni non dovrebbero essere confuse, legata com’è la prima a fattori sociali e culturali, oltre che storici, che permettono, ad esempio, di seguire l’evoluzione dei generi stessi o le loro caratteristiche in culture diverse dalla nostra. Viceversa il tipo ha una minore contingenza e inoltre è un concetto astratto, non legato a testi particolari, ma semmai a “porzioni” di questi, classificate secondo i parametri descrittivo, narrativo, argomentativo, espositivo, regolativo (Werlich, 1976)

50 Tipologia di Werlich Basata sui seguenti criteri:
Modalità basilari di conoscenza Percezione dello spazio Percezione del tempo Comprensione mediante analisi e sintesi Valutazione di concetti messi in relazione Pianificazione di comportamenti Intenzione comunicativa Focalizzazione (sfondo e primo piano) Strumenti sintattici Distinzione tra realtà e finzione

51 Tipo narrativo Funzione: raccontare un fatto, una storia
Foreground: azioni, eventi, relativi a persone, oggetti, relazioni, concetti colti nel contesto temporale Matrice cognitiva: capacità di cogliere le differenze e interrelazioni tra le percezioni relative al tempo (schemi) Strumenti sintattici: subordinazione Struttura: tipo predicativo Generi e forme finzionali: racconti, romanzi, novelle, poesia epica, barzelletta Generi e forme non finzionali: biografie, articoli di cronaca, relazioni di viaggio, corrispondenze di inviati speciali Risponde alla domanda: Chi ha fatto cosa quando?

52 Tipo descrittivo Funzione: delineare le caratteristiche di una persona, un paesaggio, un oggetto Foreground: fenomeni (persone, cose, stati di cose, relazioni) colti nel contesto spaziale Matrice cognitiva: Capacità di cogliere le differenze e interrelazioni delle percezioni relative allo spazio. Schemi di rappresentazione mentale di oggetti o ambienti tipici colti nella loro staticità (frames e schemata). Generi e forme non finzionali: descrizione interna a testi che narrano eventi reali; descrizione interna a testi espositivi (enciclopedie, dizionari, ecc.); descrizione tecnico-scientifica, indovinello, carta di identità Generi e forme finzionali: descrizione interna a testi narrativi finzionali, poesia lirica. Risponde alla domanda: che cosa è dove rispetto a cosa?

53 Tipo argomentativo Funzione: sostenere una tesi su basi logiche
Foreground: relazione tra concetti (similarità, contrasti ecc.), argomento, valutazione Matrice cognitiva: giudizio, capacità di giudicare e di scegliere tra i concetti esaminati quelli più convincenti e probanti (Plans) Strumenti testuali: parallelismo, parafrasi Generi e forme non finzionali: arringa giudiziaria, saggi scientifici, discorsi politici e dibattiti in generale, articoli di fondo, recensioni Generi e forme finzionali: poesia celebrativa, dialogo filosofico. Risponde alla domanda: perché?

54 Tipo informativo Funzione: fornire notizie utili su personaggi, argomenti o fatti Foreground: analisi (scomposizione) e sintesi (composizione) degli elementi costitutivi dei concetti Matrice cognitiva: comprensione (capacità di capire) (schemata) Generi e forme non finzionali: lezione, manuale scolastico, saggio divulgativo, recensione informativa, abstract, orari dei treni, avvisi Generi e forme finzionali: poesia didascalica

55 Tipo regolativo Funzione: indicare norme da rispettare.
Foreground: comportamento futuro altrui (e/0 proprio Matrice cognitiva: capacità di pianificare il comportamento e di smembrarlo in una successione di azioni (Plans) Generi e forme non finzionali: enunciazione di norme da rispettare, obblighi e divieti, istruzioni, regole di giochi, ricette di cucina, regolamenti, statuti, leggi, testi pubblicitari (però anche argomentativi e informativi) Generi e forme finzionali: poesia (o canzone di lotta), di incitazione all’azione, di propaganda politica Tono perlocutivo, frequenza di forme imperative

56 Nella CdA Importanza del genere in quanto legato a una particolare pratica sociale. Marca caratterizzante diverse attività comunicative. Modo socialmente ratificato di utilizzare il linguaggio in connessione con un particolare tipo di attività sociale (Fairclough 1995:14) Il genere determina l’orizzonte di attese per il fruitore.

57 Antelmi: La nozione di genere occupa un posto speciale: in quanto legato a una specifica pratica sociale, il genere diventa una marca caratterizzante diverse attività comunicative umane. Si considerano generi anche la conversazione e la telefonata, le lettere agli azionisti e le conferenze stampa. Lo spostamento di attenzione verso le attività e gli scopi della interazione umana determina uno slittamento dei generi classici in funzione del raggiungimento di un determinato scopo. Ad esempio l’adozione del genere conversazione in trasmissioni televisive trasforma il rapporto istituzione-cittadino (asimmetrico e sbilanciato per autorità e potere) in un rapporto tra privati e pari, con l’effetto di naturalizzare la rappresentazione del reale

58 Esempio Campo d’azione: formazione della pubblica opinione e autopresentazione
Generi Comunicati stampa Conferenze stampa Interviste Talk show Tavole rotonde Articoli Libri Discorsi istituzionali Ecc.

59 Campo d’azione della propaganda politica
Generi: programmi elettorali, slogan, discorsi in campagna elettorale, manifesti, opuscoli, propaganda a mezzo posta, dibattiti televisivi, ecc.

60 Linguaggio come semiotica sociale
Duplice funzione del linguaggio Riflettere sulle cose Agire simbolicamente (sulle persone) L’individuo membro di una società è una persona che significa, esprime significati e attraverso questi atti di significazione la realtà sociale viene creata, mantenuta in buon ordine e continuamente rimodellata

61 Modello di Halliday Funzione ideativa Funzione interpersonale
Rappresentazione del mondo Sistema della transitività (forme attive e passive del verbo, nominalizzazioni) Funzione interpersonale Interazione verbale, relazioni di ruolo, di potere, obbedienza ecc. Sistema semantico del modo (affermazione, domanda, ipotesi, per convincere, minacciare, chiedere): valutazione della probabilità Funzione testuale Costruzione del messaggio in base a regole codificate Sistema semantico del tema (tema, rema)

62 Rappresentare la realtà
Una stessa realtà può essere rappresentata in modi differenti: nascondendo o evidenziando attori, specificando o meno le circostanze. Ogni rappresentazione è parziale e prospettica e dunque costruisce differentemente la percezione della realtà

63 Metafora grammaticale
Spostamento nella transitività: dalle forme attive alle forme passive o impersonali; da forme verbali a forme nominali Spostamento nel tipo di processo: da azioni, che implicano un agente attivo (responsabile) e un oggetto su cui si compie l’azione a evento, che rappresenta qualcosa che accade indipendentemente dall’agente responsabile

64 Effetti prodotti dalla componente verbale
Nominalizzazioni (frequenti nel discorso scientifico): effetto di astrazione Diatesi passiva del verbo: trasformazione degli attori in pazienti di azioni Entità astratte nel ruolo di agenti: mascheramento delle responsabilità di persone concrete e organizzazioni

65 Livelli di esercizio del controllo:
Controllo del contesto: Scelta del genere Controllo sul testo/discorso: scelta dell’argomento; posizione dell’argomento nella pagina; titolazione; piano semantico/sintattico: scelte lessicali, impliciti, figure

66 Il linguaggio giornalistico conserva una forte funzione di costruzione (e perciò di potenziale manipolazione della realtà). Questa dimensione può essere analizzata solo con gli strumenti dell’analisi semiotico-retorica.


Scaricare ppt "Retorica, linguaggi e stili del giornalismo e dell’informazione"

Presentazioni simili


Annunci Google