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Linguistica della lingua e linguistica del discorso

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Presentazione sul tema: "Linguistica della lingua e linguistica del discorso"— Transcript della presentazione:

1 Linguistica della lingua e linguistica del discorso
Si tratta di due universi eterogenei, benchè attinenti alla stessa realtà e che danno luogo a due linguistiche diverse: “Da un lato c’è la lingua, insieme di segni formali, rilevati da procedure rigorose, dall’altro la manifestazione della lingua nella comunicazione vivente” (pp. 55-6). Con l’abitudine siamo diventati insensibili alla profonda differenza tra il linguaggio come sistema di segni e il linguaggio assunto come esercizio dall’individuo. Nell’appropriarsi del linguaggio l’individuo lo trasforma in istanze del discorso, caratterizzate da un sistema di referenza interne la cui chiave è l’io, e che definiscono l’individuo tramite la particolare costruzione linguistica adottata quando si enuncia come locutore (La natura dei pronomi, p. 141). È nel discorso che la lingua si forma e si configura: “nihil est in lingua quodo non prius fuerit in oratione”.

2 Pragmatica La natura dei pronomi, p. 139:
“L’enunciato contenente io appartiene a quel tipo o livello di linguaggio che Morris chiama pragmatico e che include con i sensi, coloro che se ne servono.” La “realtà” alla quale rinviano io e tu è unicamente una “realtà di discorso”, che è una cosa tutta particolare. Problema della sui-referenzialità.

3 Oltre la dicotomia langue-parole
Per Roland Barthes lo strumento con cui Benveniste rinnova l’eredità saussuriana è l’iscrizione della persona nel linguaggio attraverso l’istanza del discorso in grado di andare oltre la vecchia dicotomia langue-parole, oggettivo-soggettivo, individuo-società. La teoria dell’enunciazione è una teoria pragmatica che tematizza ciò che manca nella pragmatica di Austin: il posto del soggetto nel discorso.

4 L’apparato formale dell’enunciazione
Ci deve essere un soggetto che usa determinate forme linguistiche La loro referenza è variabile e viene fissata solo sulla base del soggetto locutore che li assume e li enuncia e della situazione in cui vengono enunciati Tali elementi sono: gli indici di persona: forme linguistiche che rimandano sempre a individui che fanno parte della situazione di enunciazione e non a concetti fissi Gli indici di ostensione: dimostrativi e avverbi di spazio e di tempo Forme della temporalità, a partire dal presente come espressione del tempo coestensivo alla situazione di enunciazione (il presente linguistico è sui-referenziale): l’unico tempo inerente al linguaggio e per natura implicito (Il linguaggio e l’esperienza umana, 1965) Forme della illocutività: verbi performativi, la cui forza specifica si realizza solo se un determinato soggetto li pronuncia alla prima persona singolare (cfr. Della soggettività nel linguaggio, 1958) La modalità, la cui problematica emerge dalla considerazione che il soggetto ha la possibiltà di marcare il proprio enunciato in vari modi per indicare il proprio atteggiamento nei confronti del contenuto.

5 Origine deittica dell’enunciazione
L’origine deittica dell’enunciazione (Bühler, Sprachtheorie, 1934), il punto zero delle coordinate deittiche, è il parlante. Benveniste lo chiama “istanza enunciativa”. L’origine deittica è composta da “io, qui, ora” L’indessicalità è una dimensione fondamentale per la pragmatica, in quanto “ricopre tutti gli aspetti che vincolano le strutture linguistiche a dei contesti di proferimento” (Caffi 2009:122)

6 Il pronome io non ha una referenza fissa, oggettiva e costante, ma ne assume una ogni volta differente in ciascuna delle situazioni di discorso in cui un individuo si designa come io: “Io significa ‘la persona che enuncia l’attuale istanza di discorso contenente io’” (p. 139) L’unica realtà alla quale i pronomi personali di prima e seconda persona fanno riferimento è la realtà del discorso: essi appartengono alla situazione del discorso o al “processo di enunciazione linguistica”. La deissi è contemporanea alla situazione di discorso.

7 Interno/esterno mutevole/costante
I pronomi innestano un processo di riferimenti interni al linguaggio (sui-referenzialità), mentre nel caso dei nomi il riferimento che viene innescato è esterno I nomi si riferiscono a nozioni costanti e in un certo senso oggettive, che nel passaggio dallo stato virtuale della lingua a quello attuale del discorso non mutano, hanno una referenza fissa (es. la parola albero) Cfr. La distinzione di Bühler (1934) tra campo simbolico e campo di indicazione L’opposizione nomi/pronomi riecheggia la teoria dei due campi di Bühler: i segni prendono significato in relazione a due grandi campi, quello simbolico (in cui si collocano i nomi) e quello d’indicazione (che si costituisce tutte le volte che un essere umano prende la parola per rivolgersi a un altro essere umano). Così Rigotti (1997) stabilisce una dicotomia tra semiosi categoriale e semiosi deittica.

8 Pronomi e comunicazione
L’importanza della loro funzione è direttamente proporzionale alla natura del problema che aiutano a risolvere, quello cioè della comunicazione intersoggettiva. Il linguaggio lo ha risolto creando una serie di “segni vuoti”, non referenziali rispetto alla realtà, sempre disponibili e che diventano “pieni” non appena il parlante li assume in una istanza qualsiasi del discorso […] il loro compito è quello di fornire lo strumento di quella che potremmo chiamare conversione del linguaggio in discorso (p. 141).

9 Carattere universale dei pronomi
“I pronomi risultano consegnati e insegnati nelle grammatiche, offerti alla stessa stregua degli altri segni e ugualmente disponibili. Ma dal momento in cui una persona li pronuncia, li assume, ecco che il pronome io, da elemento di un paradigma, si trasforma in una designazione unica, e produce, ogni volta, una nuova persona. Si tratta dell’attualizzazione di un’esperienza essenziale; è inconcepibile che una lingua manchi di uno strumento del genere.” (p. 37) L’universalità di queste forme induce a pensare che il problema dei pronomi sia insieme un problema di linguaggio e un problema di lingua, o meglio, che sia un problema di lingua solo in quanto è innanzitutto un problema di linguaggio (p. 138)

10 La soggettività nel linguaggio
“È nel linguaggio e mediante il linguaggio che l’uomo si costituisce in quanto soggetto, perché solo il linguaggio fonda nella realtà […] il concetto di “ego”” (Della soggettività nel linguaggio, p. 112) “Per soggettività si intende qui “la capacità del parlante di porsi come “soggetto”, “unità psichica trascendente rispetto alla totalità delle esperienze vissute che riunisce e assicura il permanere della coscienza” (ibid.). (cfr. l’io penso di Kant) Questa soggettività “è ego che dice “ego””. Ecco il fondamento della soggettività che si determina attraverso lo status linguistico della persona.

11 Costitutiva dialogicità del linguaggio
Ma “la coscienza di sé è possibile solo per contrasto. Io non uso io se non rivolgendomi a qualcuno, che nella mia allocuzione è un tu (Della soggettività nel linguaggio, p. 113) “Ogni uomo si pone nella sua individualità in quanto io che si rapporta a un tu e a un egli”. Ciò che può apparire come un comportamento istintivo, riflette invece una struttura di opposizioni linguistiche inerenti al discorso. “Io” realizza l’inserzione del locutore in un momento nuovo del tempo e in un tessuto diverso di circostanze e di discorso (Il linguaggio e l’esperienza umana, 1965, p. 36)

12 Tempo Il linguaggio e l’esperienza umana (1965)
“Tra le forme linguistiche rivelatrici dell’esperienza soggettiva le più ricche sono quelle che formano il tempo, difficili da esplorare per le trappole dello psicologismo”.

13 Tre accezione del tempo
1. Tempo fisico: continuo uniforme e infinito, caratterizzato da linearità e irreversibilità, che può essere segmentato a piacere; durata infinitamente variabile e relativa al sentire di ciascun individuo 2. Tempo cronico: tempo degli avvenimenti e degli orologi; tempo oggettivato e socializzato; irrigidito nella storia, può essere percorso in avanti e indietro. Tratti ordinatori del tempo cronico: Condizione stativa (fissazione di un punto zero, momento assiale) Condizione direttiva: opposizione prima/dopo Condizione misurativa: repertorio di unità (giorni, mesi, anni) per misurare l’intervallo tra gli eventi

14 3. Tempo linguistico: “forma di organizzazione dell’esperienza, punto di vista proiettato sul tempo non linguistico” (Manetti, 2008:36), legato all’uso della parola. Si definisce in funzione del discorso: il presente è il tempo in cui si parla (cfr. La soggettività nel linguaggio, 1958). E’ attraverso la lingua che si manifesta l’esperienza umana del tempo. La temporalità non è dunque una condizione innata del pensiero (vs Kant), ma è “prodotta all’interno e per mezzo della enunciazione”.

15 Tempo linguistico Presente: asse della istanza del discorso
Non più presente Non ancora presente Il presente è per sua natura implicito I tempi non-presenti (passato e futuro) sono sempre esplicitati

16 Caratteri del presente linguistico
Il presente è il tempo assiale Il suo ancoramento è il linguaggio: espressione del tempo coestensivo alla situazione di enunciazione Il presente linguistico non ha alcuna realtà oggettiva esterna, ma è sui-referenziale

17 Le relazioni di tempo nel verbo francese (1959)
L’enunciazione discorsiva è quella in cui i fatti sono temporalmente individuati in riferimento al presente dell’atto di enunciazione L’enunciazione storica è quella in cui i fatti sono individuati temporalmente senza riferimento al presente dell’atto enunciativo. I due tipi di enunciazione costituiscono due modalità attraverso le quali la lingua dà forma all’esperienza; la lingua non è un calco della realtà, ma una forma di organizzazione della realtà.

18 Enunciazione discorsiva
“Ogni volta che un parlante impiega la forma grammaticale del “presente” (o un suo equivalente) situa l’avvenimento come contemporaneo all’istanza del discorso che lo menziona. È evidente che questo presente, in quanto funzione del discorso, non può essere collocato in una particolare divisione del tempo cronico, perché le ammette tutte e non ne richiede nessuna. Il parlante situa come “presente” tutto ciò che considera tale in virtù della forma linguistica impiegata” (Il linguaggio e l’esperienza umana, p. 41)

19 Enunciazione storica “Perché i fatti sopravvenuti in un certo tempo possano essere registrati come fatti avvenuti, devono appartenere al passato. Senza dubbio sarebbe meglio dire: dal momento che sono registrati ed enunciati in un’espressione temporale storica, essi si trovano caratterizzati come passati. L’intenzione storica costituisce certo una delle grandi funzioni della lingua: vi imprime la sua temporalità specifica” (PLG: 285). Il tempo della storia è il tempo dell’avvenimento al di fuori della persona di un narratore (p. 287), fatto che dà l’impressione che non vi sia neanche un narratore. “Nessuno parla, gli avvenimenti sembrano raccontarsi da soli”

20 Due forme di enunciazione (Benveniste)
Io-Tu Discorso deittici Futuro semplice Tempo Presente Passato prossimo Egli (non-persona) Storia Forme anaforiche Prospettivo Aoristo (tempo indefinito) trapassato

21 Storia Discorso Esclusione di ogni forma linguistica autobiografica
Tutto in III persona Discorso Ogni enunciazione che presuppone un parlante e un ascoltatore e l’intenzione nel primo di influenzare il secondo I e II persona, ma anche la non persona (III) Storia e discorso sono due sistemi temporali linguistici Benveniste, Le relations de temps dans le verbe francais (1959); in Problemi di linguistica generale, Milano, 1990, pp

22 Il tempo della storia aoristo (passato remoto)
imperfetto (compresa la forma condizionale) piuccheperfetto (trapassato prossimo). Il presente è escluso, ammesso solo nella forma del presente atemporale, il “presente di definizione”. Effetti di senso: Nella storia gli avvenimenti sembrano raccontarsi da sé. Strategia della distanza

23 Il tempo del discorso Presente Futuro
Perfetto (legame tra l’evento passato e il presente; il riferimento temporale è il momento presente) Imperfetto Escluso l’aoristo Effetti di senso Il discorso coincide con l’atto di enunciazione: strategia della complicità

24 Weinrich, Tempus, 1964 Le forme temporali sono segni linguistici a disposizione del parlante perché questi possa manovrare in una molteplicità di sfumature l’atteggiamento ricettivo dell’ascoltatore la funzione dei tempi non è soltanto quella di fornire informazioni cronologiche, ma di indicare l’atteggiamento comunicativo che si intende adottare in una particolare situazione Due diverse modalità di enunciazione di un fatto: narrazione e commento; chi racconta istituisce per ciò stesso un proprio tempo, il tempo narrato, qualitativamente distinto dal tempo commentato.

25 Strategie di cancellazione dell’origine deittica
Eliminazione della prima persona: distinzione tra enunciatore e locutore (Goffman, 1979: footing) Narrativizzazione Effetti: oggettivizzazione del discorso (rafforzamento) Indebolimento del soggetto narrante

26 Due macro-strategie enunciative
oggettiva soggettiva Stile soggettivante: l’enunciatore si manifesta in modo più marcato ed esplicito, orientando l’informazione da uno specifico punto di vista. Stile oggettivante: tende a presentare l’informazione senza, almeno apparentemente, intermediazioni soggettive

27 Possibili applicazioni

28 L’enunciazione nel giornale
Ogni giornale, in quanto discorso, istituisce dei soggetti della comunicazione: enunciatore ed enunciatario Distinzione tra i soggetti empirici (giornalisti e lettori) e i loro simulacri nel testo L’assunzione di un certo stile del discorso fa parte del patto di fiducia tra il giornale e i suoi lettori; strategia di autorappresentazione della propria immagine e come voce che indica al lettore come interpretare la pluralità delle notizie Varietà interna: messa in scena di varie voci (enunciatori delegati: inviati, opinionisti ecc.): andamento polifonico Ogni testata costruisce, insieme alla sua immagine, una immagine complementare dei suoi lettori

29 Enunciazione e tipologie di testate
Stile soggettivante Accentuazione della congruenza delle voci Quotidiano agenda (es. “La Repubblica”): linea politica e di più ampia opinione e comportamenti Identificazione forte con i lettori Quotidiano-attivista; tra il foglio di partito e il quotidiano-agenda (es. “Il Foglio”, “Libero”, “Il manifesto”) Forte identificazione con il lettore Stile oggettivante Strategia di neutralizzazione: accoglimento di più voci, talvolta distanti e in contrasto tra loro (es. “Il Corriere della Sera” oppure “La Stampa”) Quotidiano-istituzione Identificazione più debole con il lettore Incroci: scrittura soggettiva in una testata caratterizzata da stile oggettivante; scrittura oggettiva (assenza di firma in un editoriale) in una testata caratterizzata da stile soggettivante.

30 Scrittura soggettiva e oggettiva
Un inviato può scrivere il proprio rapporto in prima persona, mettendo in evidenza le proprie reazioni emotive e le difficoltà incontrate: narrazione soggettiva (forma discorso, per Benveniste) Oppure presentare i fatti in modo più neutrale e in terza persona, come se il racconto degli avvenimenti si facesse da sé, orientandolo in una prospettiva più oggettiva (forma storia, per Benveniste). Qui però l’oggettività è solo apparente, conseguenza del nascondimento del soggetto dell’enunciazione all’interno del proprio enunciato. Effetto di discorso realistico dato dall’assenza delle marche di prima persona.

31 Riduzione della distanza sociale
Sul piano della testualità: preferenza per la funzione ludica e fatica (brillantezza) Sul piano comunicativo: scelta di forme dialogiche e informali Sul piano linguistico: ricorso all’italiano medio, con elementi marcati verso il basso e verso l’alto, e alle sue varietà giovanili (vivacizzazione)

32 Pronomi nel giornalismo
Fairclough (1989:127-8) segnala la frequenza della forma inclusiva del noi negli editoriali politici. Implicazioni: il giornalista ha l’autorità di dar voce ai cittadini; rafforzamento dell’ideologia collettiva che enfatizza l’unità anziché la rappresentazione di prospettive specifiche. Loporcaro (2005): Il noi nel Tg è indicatore di complicità tra giornalista e spettatatore; il notiziario mira a presentarsi come voce della comunità, costruzione di un soggetto collettivo (noi inclusivo), manifestazione di un patto di reciproca appartenenza tra emittente e destinatario. Strategia che serve a ribadire vincoli affettivi e ideologici.

33 Identificazione del giornalista con il pubblico
Il Noi inclusivo: voce della comunità; costruzione di un soggetto collettivo (fallacia nazionalistica: es. “noi italiani”). Fusione fra l’istanza narrante e il pubblico in un tutto indistinto che è l’opposto di quanto si richiederebbe per una informazione referenziale (Loporcaro 2005:126). Discorso complice e non critico (Calabrese e Volli, I telegiornali:istruzioni per l’uso, 1995: ) Obiettivo: ribadire vincoli affettivi e ideologici

34 Nella comunicazione aziendale
Nella comunicazione aziendale il ricorso al noi può servire a enfatizzare gli sforzi degli amministratori e la positività dei risultati ottenuti, mentre i risultati meno positivi vengono presentati in modo impersonale (declinazione della responsabilità). L’uso della II pers. può servire invece a stimolare un senso di appartenenza nel destinatario. L’uso del passivo crea un’impressione di oggettività e di non responsabilità degli agenti (frequente nelle cronache sportive) oppure segnala un maggior distacco del narratore (giornalista) (cfr. Santulli, 2005: 110)

35 Nel discorso politico Il discorso politico non è (o almeno è solo in parte) discorso rappresentativo. Non è un insieme di enunciati in rapporto cognitivo-referenziale con il reale. Anziché mirare ad una rappresentazione fedele degli eventi, il discorso politico costruisce il suo soggetto in forma attanziale (Greimas 1966), cioè come un sistema di ruoli in correlazione al suo antisoggetto (la figura del rivale, dell’antagonista). (Desideri 1999:394)

36 Embrayage attanziale: identificazione dell’enunciatario con il soggetto enunciatore (adesione del parlante al contenuto dell’enunciazione): ricorso alle citazioni, repliche, negazioni, confutazioni Discorso polemico, e in generale propagandistico Ma anche ricerca di coesione e di identificazione

37 (prevalenza della III persona e della forma impersonale o passiva)
Débrayage attanziale: cancellazione dell’enunciatore attraverso i tratti formali del discorso descrittivo e oggettivo (prevalenza della III persona e della forma impersonale o passiva) Discorso didattico Effetto di distanziamento che si raggiunge anche quando in un discorso politico il parlante fa riferimento a se stesso in quanto ruolo istituzionale (descrizioni definite / non-io). Risultato: enfatizzazione dell’importanza e della sacralità del ruolo e deresponsabilizzazione del soggetto

38 Il noi nel modello del contatto:
Mussolini, Il primo anniversario della marcia su Roma, 28 ottobre 1923: Camicie Nere! Noi ci conosciamo; fra me e voi non si perderà mai il contatto uso pletorico del noi inclusivo e aggregante Mussolini, Al popolo di Mantova, 25 ottobre 1925: I miei non sono discorsi, nel senso tradizionale della parola: sono allocuzioni, prese di contatto tra la mia anima e la vostra, tra il mio cuore e i vostri cuori. I miei discorsi non hanno quindi nulla di comune con i discorsi ufficiali e compassati pronunciati in altri tempi da uomini in troppo funeree uniformi, uomini che non potevano parlare direttamente al popolo perché il popolo non li comprendeva e non li amava Ricorso privilegiato al campo semantico del sentimento (anima, cuore, spirito, fede)

39 Esaltazione del rapporto immediato e quasi corporeo tra il capo del governo e la comunità (processo di rispecchiamento). La comunità preesiste all’individuo che le appartiene in modo necessario (evocazione dell’identità collettiva). Questo è il principio organizzatore dello stile di Mussolini: espressione di una identificazione sentimentalizzata (non argomentata) tra oratore e uditorio Svilimento della parola come strumento di mediazione e di rappresentazione e esaltazione di una immediatezza irriflessa, istintiva e emozionale che trascina all’azione Molteplicità di atti linguistici esercitivi

40 Fedel: elementi del discorso agitatorio di Mussolini
Andamento paratattico della retorica mussoliniana: stimolo all’azione espressione di una appartenenza naturale Perentorietà, sottrazione al dialogo (Mussolini si presenta come l’unico portatore della verità e dei valori) Assenza di problematicità, certezza, che intensifica l’adesione dell’uditorio e l’orientamento all’azione Componente ritmica (asemantica) Obiettivo: far sentire l’esistenza della comunità Spinta emotiva Drammatizzazione: rappresentazione scenica dell’azione, del gesto, della parola Presenza abbondante di tropi: Metafore religiose Metafore belliche Metafore medico-chirurgiche

41 Insistenza sull’atto commissivo (tipico della propaganda politica)
Modello del contratto Campagne socialiste dal 1979 in poi (Craxi): manifesta enunciazione di contratti programmatici ed esplicita richiesta di mandati fiduciari: abbiamo proposto agli elettori un contratto. Se ci daranno forza, promettiamo in cambio di lavorare per garantire al paese cinque anni di stabilità e governabilità (Craxi, intervista al Messaggero, 13 maggio 1979) Noi esclusivo Insistenza sull’atto commissivo (tipico della propaganda politica) Desideri, La comunicazione politica: dinamiche linguistiche e processi discorsivi, in Gensini 1999

42 Discorsi didattici Sequenze referenziali e veridittive: trasmissione del sapere e del far-credere Uso della terza persona e della forma impersonale: il soggetto dell’enunciazione è occultato all’interno del proprio enunciato: debrayage attanziale Forme discorsive descrittive, scientifiche, storiche Assenza di confronti con altri enunciati Il fine è spingere il ricevente a identificarsi con i contenuti dei messaggi L’adesione dell’uditorio è presupposta Gli oggetti di accordo restano impliciti Un discorso oggettivo con stile neutro in terza persona può essere altrettanto manipolativo di un discorso soggettivo

43 Esempi di discorso didattico
Enrico Berlinguer: prosa austera di tono quasi scientifico, sequenze argomentative centrate sui rapporti di causa-effetto, mezzo-scopo Discorso del 20 settembre 1981: struttura di tipo elencativo, forma della enumerazione: I guasti profondi che tensione e guerra fredda producono nel mondo di oggi: limitano e soffocano l’autonomia, l’indipendenza e la sovranità di un numero grande di popoli e stati; Portano, nelle forme più varie, a restringere e a coartare in tutti i sistemi sociali la libertà e i diritti democratici Complicano la soluzione dei problemi economici e sociali all’interno di tutti i paesi, da quelli più poveri a quelli più ricchi Avvelenano gli animi, generano paura e odi tra gli uomini e fra i popoli, alimentano sfiducia, spengono la ragione e sfibrano le energie; ………. Pace e sviluppo, dunque: due obiettivi che possono e debbono essere comuni a tutte le forze, le istituzioni, le organizzazioni che hanno a cuore le sorti dell’uomo.(cit. in Desideri, p.181)

44 Discorso polemico Molto frequente, in linea con la natura competitiva della politica Esplicitazione degli oggetti di accordo Confronto con la parola degli avversari (spesso manipolata): Strategie della citazione: allusione, replica, negazione, confutazione, obiezione Strategie di embrayage attanziale finalizzati alla identificazione dell’enunciatario con il soggetto enunciatore

45 Esempi del discorso polemico
Alcide De Gasperi (discorso al Senato, 22 luglio 1948, polemico con il socialista Giua): polemica garbata con l’avversario politico, tono interlocutorio: L’onorevole Giua ha accennato alla concezione originaria cristiana, che renderebbe facile la collaborazione con i comunisti, paragonati da lui ai cristiani e specialmente a quella frazione di cristiani del tempo di Tertulliano. Egli ha detto che il Cristo storico è un liberatore di schiavi. No! È una concezione errata…. (cit. in Desideri, La comunicazione politica: dinamiche linguistiche e processi discorsivi, in Gensini (a cura di), Fare comunicazione, Carocci 2006, p. 174) Più aspro il tono del discorso alla Camera del 28 luglio 1953 (presentazione del suo VIII e ultimo governo) …ma voi opposizioni, siete forse d’accordo tra voi? Voi vi unite in un atto negativo; ma siete capaci di unirvi in un atto positivo?

46 Aldo Moro; forti accenti polemici nei confronti degli avversari interni alla Dc (dorotei); uso frequente del paradosso, dell’antitesi e dell’ossimoro Discorso del 18 gennaio 1969 Non credo che occorra aggiungere altro, per dire che significato io intendo dare alla sollecitazione al Congresso, all’invito pressante ad aprire finalmente le finestre di questo castello nel quale siamo arroccati, per farvi entrare il vento che soffia nella vita, intorno a noi. Non è un fatto di politica interna di partito, di distribuzione o redistribuzione del potere. Io non so che fare di queste cose (cit. in Desideri, p. 178) Discorso del 29 giugno 1969, XI Congresso della Dc Sarebbe un grave errore, un errore fatale, restare in superficie e non andare nel profondo; pensare in contingenza, invece che in sviluppo storico. Tocca alle forze politiche e allo Stato creare in modo intelligente e rispettoso i canali attraverso i quali la domanda sociale e anche la protesta possano giungere a uno sbocco positivo, ad una società rinnovata, ad un più alto equilibrio sociale e politico (cit. in Desideri, p. 177)

47 Altri esempi Prodi 1996 Sento, parlando oggi in quest’aula, nella veste di presidente del consiglio, tutto il peso della mia personale responsabilità. È il grande peso della nostra storia, di cui questo parlamento conserva la memoria più preziosa e di cui è l’espressione più alta. Di fronte a questo parlamento, che è il punto di riferimento di tutte le nostre istituzioni, il governo sente forte l’esigenza di rinnovamento espressa dal popolo italiano. Esso, per la prima volta nella storia unitaria, ha indicato in una grande inedita coalizione popolare lo strumento per dare avvio a una nuova fase della vita della repubblica.

48 Berlusconi 2001 Sette anni fa presentammo in quest’aula il programma del nostro primo governo. Da allora molte cose sono cambiate e ciascuno di noi ha imparato molto dai dati della vita e della politica. Ma consentitemi di cominciare con una frase schietta, diretta, semplice: noi siamo qui per lo stesso motivo di allora, vogliamo cambiare l’Italia. Lo faremo pacificamente, nell’ordine, nel libero dibattito democratico, guardando ai valori fondamentali della persona scolpiti nella costituzione della nostra repubblica, nel rispetto intransigente dei diritti civili di tutti e di ciascuno, ma lo faremo. Lo faremo nella legalità, in piena integrazione nel sistema istituzionale vigente e nel rispetto di tutti i poteri costituzionali dello stato, ma lo faremo. Lo faremo nell’ottimismo, che non c’è mai mancato, nello spirito di fiducia e di cooperazione con tutti coloro che mostrano buona volontà, e anche in un clima sereno, ma lo faremo. Perché il paese che noi tutti amiamo ha il diritto di compiere e completare al meglio la lunga e difficile transizione che ha investito il suo sistema politico e costituzionale. C’è un capitolo da chiudere definitivamente: ed è quello della vecchia politica. E c’è un capitolo tutto da scrivere: quello di un nuovo modo di far politica.

49 Due paradigmi a confronto (cfr. Caffi, 2009:22)
Paradigma formale Una lingua è un insieme di frasi La funzione primaria della lingua è l’espressione del pensiero Il correlato psicologico di una lingua è la competenza La sintassi è autonoma rispetto alla semantica e entrambe sono autonome rispetto alla pragmatica Paradigma funzionale Una lingua è uno strumento della interazione sociale La funzione primaria della lingua è la comunicazione Il correlato psicologico di una lingua è la competenza comunicativa La pragmatica è la cornice al cui interno si collocano sintassi e semantica: la semantica è subordinata alla pragmatica e la sintassi alla semantica

50 Forme della illocutività
Forme di tipo verbale che realizzano un atto attraverso l’uso del linguaggio. Dal momento che si serve della lingua per influenzare il comportamento dell’enunciatario (pragmaticità generale: capacità del linguaggio di agire sull’interlocutore), l’enunciatore dispone, a tal fine, di un apparato di funzioni: Interrogazione: enunciazione costruita per suscitare una “risposta” Intimazione: ordini, rchieste, realizzati da categorie come l’imperativo e il vocativo Asserzione: comunicazione di certezza Testi di riferimento: Della soggettività nel linguaggio, 1958 L’apparato formale della enunciazione, 1970 La filosofia analitica del linguaggio, 1963

51 Della soggettività del linguaggio, p. 116:
“In generale, quando uso il presente di un verbo nelle tre persone […], la differenza di persona non sembra comportare alcun mutamento di significato nella forma verbale coniugata. “Io mangio, tu mangi, egli mangia hanno in comune il fatto che la forma verbale presenta la descrizione di un’azione, attribuita rispettivamente, e nello stesso identico modo, a io, tu, egli.[…]. Quando dico “io soffro” descrivo il mio stato presente. Quando dico “sento (che il tempo sta per cambiare)”, descrivo una sensazione che mi coglie. Ma un gran numero di verbi sfugge a questo permanere del significato nel mutare delle persone. Ma cosa succederebbe se al posto di “sento” dicessi “credo che il tempo sta per cambiare”?…Posso considerare “credo” come una descrizione di me stesso allo stesso titolo di sento? (Sequenza parzialmente modificata) Credo: verbo modale o epistemico

52 Verbi di atteggiamento proposizionale
Consideriamo ancora i seguenti enunciati: “Siete, suppongo, il signor X”; “presumo che Giovanni abbia ricevuto la mia lettera”; “ha lasciato l’ospedale, ne deduco che è guarito”. Queste frasi contengono verbi operazionali: “supporre, presumere, dedurre” sono altrettante operazioni logiche. Ma “suppongo, presumo, deduco”, alla prima persona, non si comportano allo stesso modo di “ragionare, riflettere”, che però sembrano molto simili. Le forme “io ragiono, io rifletto” mi descrivono nell’atto di ragionare, di riflettere. “suppongo,presumo, deduco” sono tutt’altra cosa” sono indicazioni di un atteggiamento non la descrizione di una operazione, implicano che assumo un certo atteggiamento nei confronti dell’enunciato che segue. Questi verbi sono infatti tutti seguiti da che e da una proposizione: è quest’ultima il vero enunciato, non la forma verbale che la regge. Questa forma personale è un indicatore di soggettività. Dà alla asserzione che segue il contesto soggettivo – dubbio, supposizione, inferenza – che caratterizzano l’atteggiamento del parlante rispetto all’enunciato che proferisce (ibid.) Supporre, presumere, dedurre sono verbi modali o epistemici (come credere), detti anche predicati di atteggiamento proposizionale (come essere orgoglioso di, cfr. Caffi, pp ): espressione dell’atteggiamento del parlante rispetto alla proposizione retta da che o da di (anche: essere contento, deluso, ecc.)

53 Modulazione Mitigazione dell’asserzione attraverso l’uso di verbi che convertono l’asserzione in una enunciazione soggettiva. Verbi di operazione: credere, supporre, presumere, dedurre credo, suppongo, deduco non descrivono una mia attività ma implicano l’assunzione di un atteggiamento nei confronti dell’enunciato che segue. Questi verbi sono sempre seguiti da che e una proposizione: “è quest’ultima il vero enunciato, non la forma personale che la regge…questa forma personale è….l’indicatore di soggettività. Essa dà all’asserzione che segue il contesto soggettivo – dubbio, supposizione, inferenza – che caratterizza l’atteggiamento del parlante di fronte all’enunciato che proferisce.

54 Altre forme della modalità o modulazione
Modi verbali: condizionale, congiuntivo, esprimono l’atteggiamento dell’enunciatore rispetto a ciò che enuncia (ad esempio augurio, desiderio) Forme fraseologiche: forse, senza dubbio, probabilmente, che indicano incertezza, possibilità, indecisione ecc. (L’apparato formale dell’enunciazione, p. 123)

55 La modalità è una forma di impegno o hedging
Atteggiamento assunto dal parlante nei confronti dell’enunciato; L’impegno sul contenuto dell’enunciato può essere espresso con diversi gradi di forza e certezza, che vanno dalla 1) fattualità (l’affermazione è data come reale), alla 2) non fattualità (il parlante sospende il giudizio) alla 3) controfattualità: Mario è laureato Mario probabilmente (forse) è laureato Mario sarebbe laureato (se avesse fatto l’università, sarebbe laureato)

56 Indicatori di mitigazione
Risorse linguistiche che attenuano la certezza o la perentorietà di determinati concetti o asserzioni e collocano il parlante in una posizione di apertura rispetto all’interlocutore o al contesto, segnalano cioè la disponibilità a negoziare le proprie affermazioni con l’uditorio: forme avverbiali (forse), Elementi frasali (una sorta di, in un certo senso, una specie, per modo di dire, per così dire) Elementi verbali (sembra che, si dice che) Forme sintattiche interrogative (e uso del no? nella chiusura di una frase o di un discorso).

57 Altre strategie di mitigazione
Orientate all’interlocutore Se non ho capito male Se non le dispiace Orientate al parlante Non sono un esperto, ma.. Verbi di atteggiamento: penso, suppongo, deduco... Legate alla rilevanza di certe parti del testo Ho ancora soltanto alcune osservazioni vorrei dire una cosa Appare piuttosto chiaro che...

58 Indicatori di assertività
Forme avverbiali: certamente, assolutamente Elementi verbali: è facile constatare che, è evidente che, tutti sanno che Forme sintattiche dichiarative Effetto di senso: perentorietà e chiusura

59 Esempi: credere e pensare (modalità epistemica)
Rutelli a Cernobbio (2001) Credo che possiamo trovare una sintesi Credo che qui noi dobbiamo ammettere Credo che questo non fosse mai accaduto Effetto di incertezza e di autovalutazione critica Le affermazioni introdotte da credere sono attenuate dalla presenza di modali o congiuntivi nella dipendente Berlusconi a Gallipoli (2001) Credevamo che bastasse Contesto narrativo; implicazione: ci siamo sbagliati Credo che sia logico attribuire la responsabilità Contesto apparentemente negoziabile che di fatto presenta un’asserzione caratterizzata da certezza (rinvio alla logica, dunque alla necessità) Credo che dovrete Il futuro orienta in senso didattico e imperativo

60 Pensare (Berlusconi) Passato remoto: pensai/pensammo Imperativo: pensate Con riferimento semantico al futuro: penso che sia giunto il momento/ penso che questa volta ci siamo Risultato: formulazione di certezze Pensare: Rutelli se ne serve per esprimere opinioni soggettive sull’operato del suo partito

61 Forme allocutive, tono didattico
Sapere (Berlusconi) Sapete come è andata / lo sapete anche voi / dovete sapere che Forme allocutive, tono didattico Sappiamo che i vecchi bolscevichi non ci apprezzeranno mai interpretazione dei fatti attraverso l’espressione di un giudizio Sapere (Rutelli) Sappiamo che sono cose che si dicono in campagna elettorale / sappiamo che la concertazione non è tabù Complicità con l’uditorio e tono polemico nei confronti dell’avversario So di potere / so di non potere Prospettiva dialogica, valutazione di alternative

62 Hedging (to hedge = mettersi a riparo da rischi)
Pressoché assente nel discorso di Berlusconi centrato sulla modalità epistemica della certezza Stile monologico Prevalenza di toni didattici Frequente nel discorso di Rutelli: Avverbi: effettivamente, largamente, forse, ecc. Incisi metadiscorsivi: vi debbo dire, ci tengo a dirvi, non faccio polemiche Modulazione della forza illocutiva, negoziazione dei significati Stile dialogico Prevalenza di toni polemici

63 Verbi dichiarativi Verbi il cui significato denota un atto individuale di portata sociale: giurare, promettere, garantire, certificare, dichiarare. Gli atti denotati da questi verbi sono considerati costrittivi La forma “io giuro” è la realizzazione dell’atto di giurare, è l’atto stesso che mi impegna, non la descrizione di quest’atto Così nel dire prometto e garantisco, prometto e garantisco davvero. Le conseguenze sociali e giuridiche del mio giuramento, della mia promessa, si sviluppano a partire dall’istanza del discorso che contiene “io giuro”, “io prometto”. L’enunciazione si identifica con l’atto stesso, ma questa condizione non sta nel senso del verbo, è la soggettività del discorso a renderla possibile. Che le due cose siano diverse lo si capisce sostituendo “io giuro” con “egli giura”. Mentre “io giuro” è un impegno, “egli giura” è solo una descrizione, sullo stesso piano di “egli corre”, egli fuma”. Ne risulta che il medesimo verbo acquisisce un valore diverso a seconda che sia assunto da un soggetto o sia esterno alla persona (Della soggettività nel linguaggio, pp )

64 Atti di autorità Esempi Vi incarico di questa missione Lei è promosso
Dichiaro aperta la seduta Si decreta che

65 Performativo / constatativo
La filosofia analitica e il linguaggio, 1963 “Nel descrivere qualche anno fa le forme soggettive della enunciazione linguistica indicavamo sommariamente la differenza tra io giuro, che è un atto, ed egli giura,, che è solo una informazione. Non venivano ancora usati i termini “performativo” “constatativo”, la sostanza della definizione era tuttavia la stessa. Si presenta ora l’occasione di ampliare e confrontare il nostro punto di vista, confrontandolo con quello di Austin”.

66 Cosa sono gli enunciati performativi?
Sono enunciati in cui un verbo dichiarativo-ingiuntivo alla prima persona del presente è costruito come un dictum. Così: ordino (o comando, decreto, ecc.) che la popolazione sia mobilitata. È effettivamente un dictum, poiché ne è indispensabile l’enunciazione espressa perché il testo abbia valore esecutivo (PLG:325). Un’altra varietà di questi enunciati è data dalla costruzione del verbo con un complemento diretto e un termine predicativo: Lo proclamo eletto; Vi dichiariamo colpevole; Nomino X direttore; Vi designo mio successore; Vi incarico di questa missione; Vi delego come mio rappresentante; ecc. Ciò esclude enunciati nella forma della prima persona, indicativo presente, ma di verbi non performativi, come vedo, sento ecc.

67 Sono performativi gli atti di autorità, anche se formulati in forma implicita, come quelli in uso nelle formule ufficiali: Il signor X è stato nominato ministro; la cattedra di Botanica è stata dichiarata vacante; che non contengono un verbo dichiarativo e si riducono al dictum, spesso accompagnato dalla formula Con la presente..Oppure la decisione è riferita impersonalmente alla terza persona: Il Presidente della Repubblica decreta che; è stato deciso che; dove l’enunciato alla terza persona può essere sempre convertito alla prima persona e riprendere la sua forma caratteristica. Accanto a questi atti di autorità che pubblicano decisioni aventi forza di legge B. colloca “enunciati di obbligazione relativi alla persona del parlante: giuro, prometto, faccio voto di, mi impegno a, rinuncio ecc. (PLG:326).

68 A questo punto B. introduce un ulteriore criterio di definizione (PLG:327), l’unicità dell’atto performativo: “dato che un enunciato performativo è un atto, ha la proprietà di essere unico. Non può essere effettuato che in circostanze particolari, una volta e una sola, in un tempo e in luogo definiti. […]. È questo il motivo per cui è spesso accompagnato da indicazioni di tempo, di luogo, di nomi di persone, testimoni ecc., in breve è un evento perché crea l’evento. In quanto atto individuale e storico un enunciato performativo non può essere ripetuto. La ripetizione infatti trasforma l’atto performativo in atto constativo”. Cfr. Della soggettività, p. 114: “quello che altrove abbiamo chiamato istanza del discorso e che ha una referenza unicamente attuale”

69 Ne deriva un’altra proprietà peculiare: la sui-referenzialità
Ne deriva un’altra proprietà peculiare: la sui-referenzialità. Tale proprietà viene da B. spiegata come capacità di riferirsi a una realtà costituita dall’atto stesso, per il fatto di essere effettivamente enunciato in condizioni che lo fanno atto. Ne deriva che tale atto è al tempo stesso manifestazione linguistica, in quanto deve essere pronunciato, e fatto di realtà, in quanto compimento di un atto. “L’atto si identifica dunque con l’enunciato dell’atto. Il significato è identico al referente. E ne fa fede la clausola: “Con la presente”. L’enunciato che prende se stesso come referenza è appunto sui referenziale. Da questa ultima caratteristica deriva per B. un restringimento del performativo, che porta ad escludere da questa classe di espressioni gli imperativi, che per Austin sono la forma per eccellenza dell’ordine, dunque enunciati performativi. Non bisogna farsi ingannare dal fatto che l’imperativo produce un risultato; non è questo risultato empirico che conta. Un enunciato performativo non è tale in quanto può modificare la situazione di un individuo, ma in quanto è di per sé un atto. Ed è di per sé un atto in quanto è riferito a sé stesso.

70 “Un enunciato è performativo in quanto denomina l’atto eseguito per il fatto che l’Ego pronuncia una formula contenente il verbo alla prima persona del presente: Dichiaro chiusa la sessione; Giuro di dire la verità. Così un enunciato performativo deve nominare la dichiarazione performativa e il suo esecutore”. In questo enunciato la forma linguistica è soggetta a un modello preciso, quello del verbo al presente e alla prima persona. Il criterio non è dunque il comportamento che ci si aspetta dall’interlocutore ma la forma dei rispettivi enunciati: l’imperativo produce un comportamento ma l’atto performativo è l’atto stesso che esso nomina e che nomina il suo esecutore. Il performativo è inseparabile dalle istituzioni della società, moderna quanto antica. L’analisi del performativo porta ad emersione la parte della società che parla nella nozione di enunciazione (Aya Ono, 2007)

71 B. respinge le conclusioni cui arrivava Austin a proposito della necessità di superare la distinzione tra Performativo ed Constativo, distinzione che egli invece ritiene giustificata e necessaria, a patto di mantenere le precise condizioni d’uso, “senza far intervenire la considerazione del “risultato ottenuto”, che è fonte di confusione.” (PLG:330). Il criterio del performativo non è il fare e l’equivalenza tra dire e fare (come per Austin), ma quello di essere in sé un atto; e un enunciato è un atto in quanto è riferito a sé stesso (sui-referenzialità). È necessario dunque mantenere la distinzione tra constatativo e performativo perché si tratta della distinzione tra etero-referenzialità e sui-referenzialità che sono due modi della significazione. Questa doppia possibilità di significazione costituisce lo specifico del linguaggio umano


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