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Il “fondatore riluttante” della psicologia moderna

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Presentazione sul tema: "Il “fondatore riluttante” della psicologia moderna"— Transcript della presentazione:

1 Il “fondatore riluttante” della psicologia moderna
What is an emotion? Mind, 1884 Teoria periferica dell’emozione “La letteratura descrittiva delle emozioni è una delle parti più tediose della psicologia…le emozioni ci interessano come ci vengono presentate nei romanzi e negli aforismi di Leopardi, Schopenauer e Nietzsche” (W. James, 1890) William James ( ) fratello del romanziere Henry

2 La psicologia secondo Dostoevskji
“Maledetto psicologo!” (I demoni, 1872) (Stavroghin al vescovo Tichon che gli ha letto nell’animo) “La psicologia, signori, pur essendo una cosa profonda, assomiglia tuttavia a un coltello a due tagli. ... Tutto dipende da chi la maneggia. La psicologia invita anche le persone più serie a fabbricare romanzi, e ciò nel modo più involontario.” (Fratelli Karamazov, 1880) (Il difensore di Mitja in risposta all’arringa dell’accusatore, che ha ricostruito plausibilmente...il desiderio di uccidere il padre odiato, mentre il vero colpevole è il fratello illegittimo, Smerdjakòv) In Dostoevskji e il parricidio S. Freud (1927) ricostruisce la vicenda dell’autore e l’importanza di temi edipici (odio ambivalente e senso di colpa) nella sua biografia

3 Ad Aleksej Alexandrovic la gara non interessava, per cui, invece di guardare i fantini, passava i suoi stanchi occhi sul panorama degli spettatori. Il suo sguardo si era fermato su Anna. Il volto di lei era pallido e teso, chiaramente non vedeva niente e nessuno, eccetto una sola cosa. Non respirava e la sua mano contratta stringeva il ventaglio. Lui l’aveva guardata e aveva subito allontanato lo sguardo posandolo su altri volti. “Guarda, anche quella signora e anche gli altri sono tutti agitati; è molto naturale” si diceva Aleksej Alexandrovic. Non voleva guardare verso di lei, ma senza volerlo il suo sguardo continuava a cadere lì. Ancora una volta aveva penetrato quel viso sforzandosi di non leggervi ciò che così chiaramente vi era scritto e, contro la propria volontà, aveva letto con orrore ciò che non voleva sapere. La prima caduta …...tutti percepivano l’orrore della corsa; così, quando Vronskij era caduto e Anna aveva lanciato un forte grido, la cosa non era parsa affatto insolita. Ma subito dopo il viso di Anna aveva registrato un mutamento che era parso decisamente sconveniente. Aveva perso completamente la testa, aveva cominciato a dimenarsi come un pesce all’amo: ora cercava di alzarsi per andare chissà dove, ora parlava con Betsy. -andiamo, andiamo via!- diceva……. L’ufficiale aveva portato la notizia che il fantino non era ferito, ma che il cavallo si era spezzato la spina dorsale. Sentite queste parole, Anna si era rapidamente seduta coprendosi il viso con il ventaglio. Aleksej Alexandrovic aveva visto che piangeva e che non riusciva a trattenere non solo le lacrime, ma neppure i singhiozzi che le scuotevano il petto….. (L.Tolstoj, Anna Karenina)

4 attivazione fisiologica e reazione emotiva (FUGA)
La TEORIA PERIFERICA dell’emozione di James-Lange capovolge la l’impostazione del senso comune, secondo la quale tremiano perché abbiamo paura, sostenendo che abbiamo paura perché tremiamo Stimolo pericoloso (TIGRE) attivazione fisiologica e reazione emotiva (FUGA) emozione (PAURA)

5 1. W. James (1884) “What is an emotion” , Mind
“Esistono nel cervello dei centri specifici e separati per le emozioni oppure queste corrispondono a dei processi che avvengono all’interno dei centri motori e sensoriali, già individuati o ancora da scoprire?” James sceglie di occuparsi delle emozioni che “presentano una chiara espressione corporea” e non dei semplici “sentimenti di piacere e di dispiacere, di interesse e di eccitamento connessi con delle operazioni mentali” Ipotesi che “i cambiamenti corporei seguano direttamente la percezione degli eventi attivanti e che il nostro sentire questi stessi cambiamenti nel momento in cui essi si verificano è l’emozione” “Ogni essere vivente è come una specie di serratura” che risponde a “specifiche forme di chiave”. Le cosiddette “manifestazioni corporee di accompagnamento” sono centrali nell’emozione che consiste proprio nel “sentire questi effetti corporei”. 1.

6 2. W. James (1884) “What is an emotion”, Mind
Togliendo all’emozione i sintomi corporei rimane ”un freddo e neutro stato di percezione intellettuale” “una sorta di freddo e calmo giudizio”; l’ “ideale degli antichi saggi” non è più desiderabile dopo “il risveglio del culto della sensibilità” (Romanticismo). Obiezione: l’emozione è sentire gli effetti corporei “legati all’innato adattamento del sistema nervoso all’oggetto dell’emozione” ma l’emozione “legata per educazione e per associazione a …. oggetti convenzionali” come in certe forme di vergogna sociale, segue l’idea anziché precederla. Problema: E’ vero che certe “percezioni producono effetti corporei estesi per mezzo di un’inferenza fisiologica immediata antecedente l’attivazione di un’emozione o di un’idea emotiva?” -Esempio autobiografico di malessere alla vista del sangue: una persona alla quale è già accaduto di svenire anticiperebbe la reazione per “paura della paura” -“Insensato effetto corporeo” nell’udire il rumore di due lame che s’incrociano….. 2.

7 3. W. James (1884) “What is an emotion” , Mind
PROBLEMA DELL’EDUCAZIONE MORALE: IL CONTROLLO bisogna abituarsi a vincere le tendenze emotive indesiderabili esercitandosi “a sangue freddo” a comportarsi nel modo opposto; ma, allora, fingere un’emozione, mimarne le espressioni, dovrebbe produrla. Nel corso dello sviluppo, insegnare ai bambini a reprimere l’emozione non determina un’intensificazione del sentimento, bensì un aumento del pensiero. PROBLEMA degli effetti dell’ESPRESSIONE EMOZIONALE: “La normale espressione di un’emozione si esaurirà in fretta…ma se il percorso normale viene in qualche modo impedito, l’energia nervosa può…compiere dei percorsi alternativi, causando effetti diversi e peggiori”. Eccezioni apparenti: persone espressive instabili emotivamente, che portano a dire “proverebbero più emozioni se parlassero di meno”, il bilioso “vulcano addormentato” che sbotta raramente e rischia di controllarsi troppo. Quindi la formazione delle abitudini del carattere guadagna da una certa repressione delle manifestazioni emozionali, che da adulti può essere dannosa. 3.

8 4. L’emozione estetica W. James (1884) “What is an emotion” , Mind
In deroga alla derivazione dall’espressione corporea delle emozioni standard, i “sentimenti estetici, morali e intellettuali” sembrano emozioni meramente cerebrali, in cui il sentimento è immediato e la valutazione (a judicial state of mind) puramente cognitiva. “Nella mente di un critico molto esperto” la “prolungata familiarità” con le opere d’arte attenua la sensibilità mentre affina il gusto e il sentire intellettuale non trova più la sua cassa di risonanza nel corpo. Chopin esprimeva il suo apprezzamento musicale dicendo “non mi urta” e ciò farebbe inorridire il profano sentimentale. Esempio della coppia di inglesi in contemplazione dell’Assunzione di Tiziano: “cuori semplici”, anime religiose che preferiscono quadri brutti e si fanno riscaldare dal falso sentimento. Nell’arte e nella scienza “l’acuta percezione che certe relazioni siano esatte o meno” precede per l’esperto il fremito emotivo ed inibisce ogni commozione corporea. W. James (1884) “What is an emotion” , Mind 4.

9 5. W. James (1884) “What is an emotion” , Mind
La fisiologia cerebrale: SCHEMA ESPLICATIVO “un oggetto stimola un organo di senso e viene appercepito dal centro corticale appropriato; oppure quest’ultimo, stimolato in qualche modo, produce l’idea del medesimo oggetto. Veloce come un lampo….altera le condizioni dei muscoli, della pelle, dei visceri; queste alterazioni, anch’esse appercepite come l’oggetto in un numero corrispondente di aree corticali, si combinano con esso nella coscienza e lo trasformano da un oggetto-semplicemente-percepito a un oggetto-emotivamente-sentito” James sembra qui considerare l’emozione una funzione delle aree sensoriali e motorie della corteccia, ma in un passo precedente parla di “riverbero proveniente dalle aree sottocorticali del cervello”

10 2) l’attore non prova niente (paradosso di Diderot)?
W.James 1890, Capp. XXIV e XXV Istinto ed Emozioni “Gli oggetti eccitano modificazioni organiche mediante un meccanismo preorganizzato (preorganized)”, “la semplice memoria e o la semplice rappresentazione dell’oggetto può bastare a dare il via all’eccitamento” e oggetto di un’emozione è quello fisicamente presente o soltanto pensato. Problemi: 1) ci sono evidenze che la percezione dell’oggetto abbia effetti somatici per influenza immediata antecedente l’idea? 2) l’attore non prova niente (paradosso di Diderot)? 3) manifestare un’emozione la fa cessare anziché accrescerla? Ipotesi che ogni emozione abbia una propria peculiare configurazione di attivazione del Sistema Nervoso W. James (1894) Psychological Review: risposta alle critiche di Wundt, rivolte alla versione della teoria periferica pubblicata quasi contemporaneamente dal danese C.G. Lange ( ), sul ruolo degli effetti vaso-motori nella rabbia, dove il volto si congestiona, ma diventa anche pallido, ecc.

11 Le critiche di Cannon (1927)
1) James accentua il ruolo della retroazione delle sensazioni viscerali, provenienti dalla muscolatura liscia critica di Cannon: la conduzione nervosa sarebbe troppo lenta 2) Sherrington ha dimostrato che la sconnessione delle afferenze viscerali dai centri corticali non impedisce l’insorgenza di comportamenti emotivi 3) i medesimi cambiamenti viscerali sono sottesi a stati emotivi molto diversi fra loro 4) l’esperimento di Maranon mostra che l’induzione artificiale delle modificazioni viscerali non suscita alcuna emozione corrispondente

12 WILLIAM JAMES E I PRINCIPLES OF PSYCHOLOGY (1890)
La “vera” fondazione della psicologia coniuga i risultati sperimentali ottenuti nei laboratori europei con l’esperienza fenomenica del soggetto psicologico, in continuità con Brentano DEFINIZIONE DI PSICOLOGIA nel cap. I come: “the science of mental life, its phenomena and their conditions” “la scienza della vita mentale, dei suoi fenomeni e delle loro condizioni” Le condizioni sono quelle fisiche dell’esperimento, oltre che quelle materiali del funzionamento cerebrale, e si dà spazio alla psicologia sperimentale e alla neuropsicologia, ma la psicologia studia i fenomeni mentali e non esclude affatto l’immediatezza fenomenica del vissuto individuale. Infatti nei capp. IX e X James teorizza la stream of consciousness e il concetto di self

13 Cap. II Le funzioni del cervello
James assume una prospettiva evoluzionistica, citando L’origine dell’uomo di Darwin In neurologia adotta lo schema di T. Meynert, secondo il quale gli emisferi cerebrali funzionano come un commutatore telefonico, assicurando gli scambi tra stimoli e riflessi associati (periferici e corticali), e l’organizzazione gerarchica del SN teorizzata da J.H. Jackson Localizzazioni cerebrali (aree del linguaggio) Emozioni e istinti innati Cap. III Alcune condizioni generali dell’attività cerebrale Scoperta del neurone, colorazione di Golgi, ipotesi della sinapsi di Sherrington (1897) Legge di sommazione degli stimoli insufficienti da soli a produrre una scarica nervosa, per cui le tensioni submassimali avebbero una qualche influenza nel determinare lo stato attuale di coscienza, fornendogli l’alone, la frangia delle relazioni… Tempi di reazione Sanguificazione (blood-supply) del cervello, che aumenta durante l’attività mentale (esperimenti di Mosso)

14 Il bambino e la fiamma della candela
W. James (1890) cap II Le funzioni del cervello e cap IV L’abitudine Esempio di AUTOMATISMO RIFLESSO (quando vede per la prima volta una candela, il bambino avvicina la mano alla fiamma) che va soggetto a “educazione degli emisferi cerebrali”: il bambino si brucia il dito e il dolore gli fa ritrarre la mano (seconda azione riflessa). La sequenza non si ripete più perché i processi cerebrali lasciano tracce, il primo stimolo riattiva tutta la catena nella memoria e se l’idea dell’esito della bruciatura è più forte dell’impulso immediato si ha INIBIZIONE corticale : “il bambino scottato ha paura del fuoco”. Gli atti volontari sono preceduti dalla coscienza di un fine. L’abitudine è acquisita grazie a processi associativi. Ci sono tendenze o riflessi che compaiono la prima volta ma sono educabili e aprono a possibilità di azione molteplici John Dewey (1896) The reflex arc concept in psychology Propone di sostituire all’arco riflesso, come concetto unificante e ipotesi di lavoro in psicologia, l’idea del CIRCUITO SENSO-MOTORIO, dove l’atto è teleologico (sceglie i mezzi per i fini) e funzionale (serve all’adattamento) e modifica il significato dell’esperienza: “seeing for reaching purposes” che in seguito a “the heat pain quale” diventa “seeing-of-a-light-that-means-pain-when-contact-occurs”

15 L’intellettualismo volontaristico di James
Bisogna automatizzare le abitudini desiderabili prima dei trent’anni, quando il carattere si irrigidisce (cfr. cap.IV sull’abitudine) Al ritorno dalla spedizione in Brasile con Louis Agassiz, tra i 24 e i 30 anni James attraversò un lungo periodo di depressione, durante il quale fece esperienza personale delle emozioni negative, probabilmente ascoltando in modo ipocondriaco i messaggi del corpo. Acquisì una certa consapevolezza degli stati emotivi negativi, che è solitamente carente nei cardiopatici? Soffrì a lungo di angina pectoris e morì a 68 anni. Freud (1924) ricorda il suo incontro del 1909 con W. James, eroico di fronte alla malattia che doveva portarlo alla morte l’anno dopo, scrivendo che vorrebbe “dimostrare….una forza d’animo simile alla sua”.

16 Il problema MENTE-CORPO
Cap V La teoria dell’automatismo James scarta l’EPIFENOMENISMO proposto da S. Hodgson (1870) a favore del PARALLELISMO PSICO-FISICO, corrispondenza fra processi mentali e processi cerebrali singoli. La coscienza rinforza o inibisce i processi nervosi instabili, quando ci sono più possibilità, in funzione dei suoi fini individuali. Cap VI la teoria del mind-stuff DUALISMO METODOLOGICO DELLA PSICOLOGIA (parallellismo psicofisico empirico e antiriduzionismo, irriducibilità dello psichico, efficacia del mentale della psicologia del senso comune, ingenua) e “monismo filosofico di riserva”, teorico (un MONISMO INDIFFERENTISTA, spinoziano, pluralistico, che non è né materialistico né idealistico). Rifiuto dell’inconscio sul piano filosofico.

17 Cap. VII I metodi e le trappole della psicologia
Lo psicologo assume il punto di vista naturalistico del geometra, del chimico (teorico-operativo) e del botanico (descrittivo), ma è esposto a illusioni a causa del “particolare punto di vista per cui tratta nello stesso tempo di fatti oggettivi e di fatti soggettivi”. Il METODO SPERIMENTALE “richiede una pazienza estrema” da tedeschi, con l’uso della statistica, e manca la sintesi. Il METODO COMPARATIVO confronta bambini, primitivi e animali (attenzione all’equazione personale” a p.156), con i questionari e “le inchieste psicologiche tra le piaghe della vita”. Sorgenti d’errore, “l’influenza deviatrice delle parole” per “mancanza di un vocabolario speciale per i fatti soggettivi” (è “difficile focalizzare l’attenzione su di una cosa senza nome”). Il linguaggio comune chiama i pensieri con il nome del loro oggetto (sono una risorsa i verbi modali di tipo cognitivo: “mi sento stanco” sta per “dico che mi sento stanco”) e li ritiene conformi al modo di esistere degli oggetti stessi (“il pensiero dell’identità dell’oggetto che si ripresenta è considerato come l’identità del pensiero che gli corrisponde”, così gli associazionisti parlano della stessa sensazione che si ripresenta).

18 Questioni teoriche: l’unità sincronica della coscienza e il rifiuto dell’inconscio
BINDING PROBLEM: per quanto complesso sia il contenuto di uno stato mentale, per James si tratta di un processo unitario, non scomponibile in elementi. Contro la teoria associazionistica della mind-stuff (chimica mentale degli associazionisti inglesi, elementismo wundtiano) che rischia la disgregazione del soggetto in una mind-dust (espressione ripresa dalla descrizione janetiana di alcuni stati patologici), James rivendica la semplicità della mente anche quando pensa oggetti complessi e colloca la molteplicità nel mondo esterno e nel tempo, cioè nella rapida successione di momenti presenti della coscienza, difficili da cogliere introspettivamente. Questione dell’INCONSCIO: rifiuto sul piano filosofico di un concetto di inconscio poco chiaro che raddoppia gli stati mentali (dire che una stessa idea può essere inconscia e conscia apre al riduzionismo biologico, meglio ammettere subito che dove non c’è un’idea cosciente c’è un’altra idea o ci sono processi nervosi al suo posto), mentre dal punto di vista psicologico James è osservatore attento e senza pregiudizi di tutti i fenomeni psicopatologici e persino parapsicologici che a ipotetici processi di cui la mente non è consapevole rimandano. Inoltre sul piano descrittivo fenomenologico riammette ”il vago e l’indeterminato” che arricchisce il vissuto e ristabilisce la continuità dell’esperienza psichica, con il concetto di stati transitivi, che costituiscono una sorta di preconscio accessibile.

19 cap. VIII Le relazioni tra menti e altre cose
Nella temporalità dell’esistere, siamo mai incoscienti? Esempio dell’anestesia, la cui durata non è esistita per la coscienza vigile. Argomenti classici a favore del mantenimento di un'attività mentale negli stati di incoscienza: sonno della nutrice e capacità di svegliarsi a una certa ora come prova del perdurare di attività mentale durante il sonno. Incoscienza dei soggetti isterici studiati da P. Janet e A. Binet e affetti da “idee fisse subconscie”: suscettibilità all’ ipnosi, anestesie, restringimento (rétrecissement) della coscienza e coscienza secondaria, scrittura automatica. Relazione mente-cervello e relazioni della mente con gli oggetti: conoscitive e emozionali. Sembra che la mente agisca sugli oggetti, ma lo fa sempre e solo con l’intermediario del corpo e del cervello.

20 Cap. IX The stream of thought
Il pensiero (thinking) “goes on” e ha cinque caratteristiche: Il pensiero fa parte di una coscienza (consciousness) personale (personalità secondarie e fenomeni isterici dissociativi, Janet 1889) 2) Il pensiero è in costante mutamento: nessuno stato, una volta passato, può ripetersi ed essere identico a come era prima (critica antiassociazionistica: si può avere la sensazione dello stesso oggetto in un contesto diverso e in un cervello modificato dalla storia individuale) 3) Il pensiero è continuo perché gli intervalli temporali non vengono sentiti o sono colmati dal riferimento a “un tutto comune” “me stesso, io o me” e la coscienza non ha giunture, scorre come una “corrente (stream) di pensiero, di coscienza o di vita soggettiva” 4) Il pensiero è in rapporto con oggetti indipendenti (realtà extramentale degli oggetti), è cognitivo, possiede la funzione di conoscere (ovvero è intenzionale, nel senso brentaniano di essere rivolto a…..). 5) La coscienza è interessata ad alcune parti degli oggetti che sceglie. (fenomeni dell'attenzione selettiva e della volontà deliberativa).

21 1889 L'automatisme psychologique
Pierre Janet ( ) 1889 L'automatisme psychologique A Le Havre come professore di liceo, riscopre i magnetisti del secolo precedente, all’origine dell’ipnosi, interpretata come suggestione nella relazione interpersonale da Bernheim a Nancy. H. Ellenberger (1968) nel suo La scoperta dell'inconscio, trattando delle origini della psichiatria dinamica, paragona l'opera janetiana a Pompei: essa è stata riscoperta, con una rivalutazione dell'idea di dissociazione, soprattutto dopo la pubblicazione del libro di E. Hilgard (1977) sulla coscienza divisa. Classificazione delle personalità alternanti e multiple in termini di memoria. Ipotesi della suggestionabilità e pressione sociale all’origine di questi fenomeni, interpretabili in termini di acquiescenza compiacente di chi è senza potere (N. Spanos, 1996). J. Hacking (1995) descrive questi casi e collega le fughe isteriche maschili alla coscrizione obbligatoria. W. James utilizza i casi estremi delle psicopatologie isteriche dissociative, che contraddicono il carattere di unità della personalità individuale, ma non l'appartenenza dei pensieri ad un sé.

22 Chi ascolta le domande (e risponde) se non è Lucie?
Cap. IX 1) Isolamento e pluralismo dei pensieri in quanto la coscienza dell’io personale è il dato primario in psicologia. Dalla metà dell’Ottocento in Francia revival dell’interesse per l’ipnosi nel trattamento dell’isteria e dei fenomeni di personalità multipla (in America alla fine del secolo per lo spiritismo e i fenomeni di trance e scrittura automatica, per i quali James aveva una curiosità senza pregiudizi, aderiva alla Società per le ricerche psichiche). P. Janet (1899) formula il concetto di désagrégation, che James traduce con dissociation, mentre qui dice che le personalità secondarie si formano per scissione (splitting). Esperimento di distrazione: una paziente di Janet, Lucie, che aveva subito un trauma infantile e lo ricordava solo sotto ipnosi, viene impegnata in una conversazione da una terza persona e l'ipnotista-psicoterapeuta le chiede di rispondere con la scrittura automatica della mano sinistra anestetica a una serie di domande, in un dialogo serrato che la mette di fronte all’esigenza di dare un nome a chi scrive. Chi ascolta le domande (e risponde) se non è Lucie? Chi è il proprietario dei pensieri che la scrittura automatica esprime? Sembra ragionevole, paradossalmente, battezzare come Adrienne questo secondo sé personale, dotato di memoria e coscienza. Tesi: ogni pensiero deve avere un proprietario Corollario: se c'è un pensiero che ne è privo allora si inventa un alter, una personalità secondaria.

23 Cap IX 2) Il pensiero è in costante mutamento: nessuno stato, una volta passato, può ripetersi ed essere identico a come era prima (FC, p.39), ogni esperienza vissuta è irripetibile perché ogni stato cerebrale olistico (cioè del cervello come un tutto) è unico. James trae esempi dall'esperienza quotidiana dei cambiamenti psicologici che avvengono nell'arco della vita, come "la differenza della nostra emozione di fronte alle cose da un'età all'altra della vita…o in condizioni fisiche differenti”. Si tratta di un'impercettibile transizione ma "l'esperienza ci plasma in ogni istante e la nostra reazione mentale ad ogni particolare cosa è in realtà il risultato della nostra intera esperienza del mondo fino a quel punto”. “Del fiume della sensazione elementare sarebbe certamente corretto dire con Eraclito che non ci si bagna due volte nella stessa corrente”. Ogni pensiero è unico e quando un fatto si ripete noi lo pensiamo in modo nuovo, perché cambia il contesto indistinto (dim context) delle sue relazioni e il pensiero è soffuso dalla coscienza di ciò. "Ogni stato cerebrale è parzialmente determinato dalla natura della sua intera storia passata" e "nei sensi un'impressione viene percepita in modo molto diverso a seconda di ciò che l'ha preceduta”. “Un'idea o Vorstellung che esiste permanentemente e che fa a intervalli periodici la sua apparizione sul palcoscenico della coscienza è un'entità mitologica quanto il Fante di picche” (idolo polemico J.F. Herbart). ANTIASSOCIAZIONISMO jamesiano nella teoria della percezione (non in quella della memoria)

24 Il flusso del pensiero e il funzionamento neurobiologico
Come sosteneva James, lo stesso stato cerebrale non può ripetersi, perché il sistema nervoso si è nel frattempo trasformato in base all’esperienza intercorsa. Anche se si attivasse esattamente il medesimo GRUPPO o MAPPA NEURONALE, e il ricercatore fosse in grado di isolarne il funzionamento, ciò costituirebbe la figura sullo sfondo di milioni di altre cellule neuronali in condizioni differenti da quelle precedenti (ambiente interno), a maggior ragione a causa dei processi percettivi in atto, in corrispondenza con l’ambiente esterno come contesto del recupero mnestico. Il neurobiologo G. Edelman esprime con il concetto di RIENTRO l’idea di una continua riorganizzazione del funzionamento neuronale del cervello come un tutto (già implicita nell’idea della ristrutturazione spontanea del ricordo dei gestaltisti). A questo punto, diventa neurobiologicamente plausibile affermare che la corrispondenza fra stato cerebrale e stato mentale dipende dal contesto spazio-temporale esterno e da quello bio-psichico interno in cui l’evento nervoso e la singola prestazione psicologica corrispondente avviene. Si comprende come sia possibile che l’esperienza percettiva dello stesso oggetto esterno cambi nel tempo e perché sia rappresentata mentalmente in modi sempre diversi e assuma significati sempre nuovi per il medesimo individuo, che può così offrire un contributo creativo alla cultura del suo tempo.

25 Cap. IX 3) continuità Pietro, svegliandosi nello stesso letto di Paolo, ricorda i propri stati mentali precedenti con un feeling di calore e intimità (warmth and intimacy), con la stessa immediatezza del pensiero in atto e con il “sentimento dello stesso vecchio corpo sempre presente”. A proposito delle “Rotture prodotte da bruschi contrasti” (il silenzio viene rotto da un tuono improvviso) cita Brentano (cap. IV sull’unità della coscienza) e dice che all’introspezione superficiale sfuggono la transizione fra le sensazioni e l’affinità dei pensieri. Distinzione tra MOMENTI SOSTANTIVI (di riposo, occupati da immagini sensoriali definite e contemplabili) e MOMENTI TRANSITIVI (di volo, ad alta velocità di cambiamento) o pensieri-sentimenti di relazione (relation), statici o dinamici, difficili da cogliere introspettivamente (v. romanzieri del flusso di coscienza: V. Woolf e J. Joyce). Riguardano relazioni tra gli oggetti del pensiero e del linguaggio: sentimento dell’e, del ma, del se, del con. Altri stati transitivi: sensazioni-sentimenti di tendenza (feelings of tendency) che sono attesa, mancanza, familiarità, anticipazione, interesse, intenzione di dire un cosa prima di averla detta. Riprende la distinzione fra knowledge about (suscettibile di descrizione, conoscenza delle relazioni di una cosa) e knowledge by acquaintance (per contatto, dei qualia, vissuto soggettivo incomunicabile) che coglie le relazioni in modo vago attraverso gli "ipertoni psichici", costituiti dai processi cerebrali deboli, che non raggiungono la coscienza, soffusioni o frange di affinità inarticolate.

26 Emozioni e impressioni/concezioni e giudizi
Una distinzione importante La mente, in modo diretto, può solo conoscere, in due modi: knowledge by acquaintance (conoscenza immediata per contatto, presenza alla mente dei qualia, vissuto soggettivo incomunicabile); “il colore azzurro quando lo vediamo, il sapore di una pera quando l’assaggiamo….non possiamo far comprendere a un cieco cosa sia il colore azzurro…” 2. knowledge about (conoscenza circa una cosa, che può essere classificata, prevedendo il momento della sua apparizione, conoscenza delle sue relazioni, suscettibile di descrizione e di operazioni del pensiero che producono il sapere razionale della scienza). Emozioni e impressioni/concezioni e giudizi “dei nostri stati mentali passati prendiamo conoscenza in un modo particolare. Essi ci appaiono come rivestiti di una specie di ‘calore’ e di ‘intimità’ (warmth and intimacy) che fa sì che la percezione di essi assomigli piuttosto ad una sensazione (feeling) che ad un pensiero (thought)”

27 Linguaggio e significato
Della maggior parte delle relazioni della cosa che conosciamo siamo consapevoli “solo attraverso la penombra nascente della frangia di affinità inarticolate che la circonda”. Il linguaggio può cercare di esprimere anche queste parti transitive della corrente del pensiero, l’ “acqua libera della coscienza” in cui sono immersi gli stati sostantivi, l’ORIZZONTE DEL SENSO. L'importante in una concatenazione di idee è la conclusione, il significato o tema del pensiero, non i mezzi per arrivarci. Il contenuto di un libro letto ci resta in mente anche se non ricordiamo nessuna frase (concetto di rappresentazione semantica, sottesa al formato della rappresentazione e indipendente dal codice). Il “tipo di materia mentale fa poca differenza” (p.85) e il pensiero senza linguaggio è un esempio dell' "irrilevanza dei mezzi mentali dove il fine è lo stesso" (p.86) (secondarietà dei mezzi di rappresentazione della conoscenza). Il linguaggio, con la sua struttura e le frequenze d’uso delle parole, fa passare inosservato il nonsenso e basta il vago senso di appartenenza delle parole a una lingua a produrre “assenso sonnolento”: “soggettivamente, qualunque disposizione di parole può produrre un senso – perfino le parole assolutamente disordinate di un sogno, purché non si dubiti della loro concordanza”. Distinzione fra SIGNIFICATO STATICO, che è l'immagine sensoriale o la definizione di una parola e SIGNIFICATO DINAMICO che dipende dal contesto

28 Pensiero, immagine e linguaggio
I membri della Royal Society, studiati da Galton (ricerca sul ricordo della tavola della colazione), avevano un'immaginazione visiva carente ma un pensiero discorsivo del tutto adeguato alla vita pratica, oltre che ad elevate prestazioni intellettuali: le parole, sia pronunciate sia inespresse (linguaggio interiore) sono "gli elementi mentali più maneggevoli e richiamabili assai rapidamente” (cfr. Kosslyn). Molti percorsi mentali diversi possono portare alla stessa conclusione diversi individui che condividono lo stesso pensiero. Il pensiero, come diceva il vescovo Berkeley, è una specie di algebra che opera su relazioni, però, come il matematico deve assegnare un valore reale al termine finale che ottiene, “chi pensa con le parole deve fare in modo che la sua parola o frase conclusiva venga tradotta nel suo pieno valore sensoriale-immaginativo, sotto pena di lasciare il pensiero incompiuto o scialbo” (espediente comunicativo). La “coscienza transitiva” sembra quindi avere una funzione prevalentemente espressiva, di coloritura dell’esperienza e della comunicazione, quindi in un certo senso una funzione estetica. Costituisce però anche il serbatoio delle relazioni che la mente elabora, nei momenti aurorali della creatività, anche se poi il pensiero fa a meno delle immagini nel processo di calcolo mentale. Il dibattito inconcludente tra Lipsia, Würzburg e scuola di Binet sul pensiero senza immagini sarà un fattore della crisi della psicologia degli anni Venti.

29 Lo psicologo interno e la condizione reflective
Cap. IX 4) “Il punto di vista psicologico, il punto di vista relativamente acritico e non idealistico di tutte le scienze della natura” consiste nella “credenza in realtà esterne al pensiero” in base a constatazioni empiriche: molti pensieri umani hanno lo stesso oggetto, il mio e quello di un altro, come pure il mio pensiero passato e il mio pensiero presente, e ciò “mi fa collocare l’oggetto fuori da entrambi per proiettarlo con una specie di triangolazione in una posizione indipendente”. Esempi: l’acidità di stomaco, la prima volta e dopo averne parlato con il dottore; ripetute esperienze della stessa cosa in seguito alle quali il bambino “corrobora dentro di sé la nozione di realtà…che tutti possono contemplare e conoscere”. “Una mente divenuta consapevole della propria funzione cognitiva si comporta nei riguardi di se stessa come ciò che abbiamo chiamato ‘lo psicologo’. Essa non soltanto conosce le cose che le stanno davanti, ma sa di conoscerle. Questo stadio di condizione riflessiva è , più o meno esplicitamente, il nostro stato abituale di menti adulte.” (p.92) L’acquisizione di tale atteggiamento metacognitivo non esclude, ma anzi costituisce il versante complementare, che può essere mantenuto tra parentesi, dell’accesso immediato alla realtà psichica, come dato dell’esperienza fenomenica soggettiva.

30 La “fallacia dello psicologo” (cap.VII)
è “la confusione che egli fa tra il proprio modo di vedere e quello del fatto mentale di cui parla” , perché si pone fuori del fatto mentale di cui parla e prende come oggetto di osservazione sia il fatto mentale sia il suo oggetto (circa il quale ha le sue conoscenze e opinioni). Se si tratta di uno stato cognitivo, non può che chiamarlo “percezione”, “pensiero” ecc. Manca la terminologia specifica per distinguere tra processo e prodotto, il thinking e il thought , che richiedono linguaggio metacognitivo: ”penso che io penso”. Nel frattempo il soggetto conosce direttamente e “in his way” l’oggetto e crede che “allo stato mentale che è oggetto del suo studio la cosa in questione si presenti nella stessa guisa come si presenta a lui”. Un’altra varietà della fallacia dello psicologo è la “supposizione che lo stato mentale che si studia debba essere cosciente di sé stesso come di esso ha coscienza il psicologo”. Dobbiamo evitare di “sostituire a ciò che uno stato di coscienza è, ciò di cui esso è stato di coscienza e di annoverare le sue (dell’oggetto) relazioni esterne, fisiche, coi rimanenti fatti del mondo fra i fatti di cui lo affermiamo consapevole” (A crede che x, B sa che y, B attribuisce a A la credenza y). Lo psicologo “può ma non deve” sovrapporre la propria conoscenza about alla conoscenza by acquaintance, potenzialmente sdoppiabili.

31 ERRORE DELLO STIMOLO Secondo W. James (1890) è FALLACIA DELLO PSICOLOGO introdurre la conoscenza della differenza fra oggetto e pensiero nel resoconto del pensiero: “il pensiero nell’atto di conoscere può ma non deve discriminare fra il suo oggetto e se stesso” Definizione di E. Titchener Commette ERRORE DELLO STIMOLO il soggetto che, nell’analizzare la propria esperienza diretta, scambia gli elementi sensoriali primari con la loro associazione dovuta all’esperienza, descrivendo gli oggetti anziché gli elementi che li costituiscono Versione di W. Köhler (1929) ERRORE DELLO STIMOLO è confondere la nostra conoscenza delle condizioni fisiche dell'esperienza sensoriale con questa esperienza come tale, descrivendo ciò che si sa anziché ciò che si vede. ERRORE DELL’ESPERIENZA è attribuire agli stimoli, distali o prossimali, qualità dei percetti (p.es. proprietà fenomeniche come freddo-caldo, che sono qualità secondarie)

32 Quindi la potenziale riflessione che sdoppia il soggetto e ne fa l’ osservatore di se stesso non deve soppiantare la diretta e originaria esperienza del vissuto soggettivo… La coscienza degli oggetti senza distinzione tra me e non-me è condizione originaria, primordiale, che si ritrova quando ci si riprende da uno svenimento (coscienza primaria dello stato di veglia, awareness). Diversamente da quanto sostengono “molti filosofi”, secondo James la coscienza riflessiva (consciousness), secondaria, non è essenziale alla funzione cognitiva del pensiero, che può svolgerla senza dover espressamente fare la distinzione kantiana fra la cosa e il proprio sé. “Non posso conoscere senza conoscere che conosco” è un’assunzione arbitraria perché posso conoscere un oggetto “senza minimamente pensare a me stesso” e se ci penso, che esisto e che sto pensando all’oggetto, conosco una cosa in più. Secondo W. James (1890) è FALLACIA DELLO PSICOLOGO introdurre la conoscenza about della differenza fra oggetto e pensiero nel resoconto del pensiero by acquaintance: “il pensiero nell’atto di conoscere può ma non deve discriminare fra il suo oggetto e se stesso” (p. 94) Lo psicologo distingue il suo oggetto in tre componenti: il pensiero, l’oggetto del pensiero e la realtà psicologica.

33 L’oggetto dello psicologo
Lo psicologo distingue il suo oggetto in tre componenti: il pensiero, l’oggetto del pensiero e la realtà psicologica. Lo psicologo (ovvero il soggetto dotato di funzione riflessiva), che prende se stesso come oggetto del pensiero nell’autocoscienza, ha a che fare con: -Il pensiero su di sé, come si presenta nella corrente del pensiero e come è formulato (stato transitivo o sostantivo, immagine, significato più o meno verbalizzabile o verbalizzato ecc.); -Il sé conosciuto about, come oggetto del pensiero con una sua ipotetica realtà esterna ad esso (più o meno stabile in due momenti successivi, condivisibile con altri nella triangolazione della conferma sociale); -il sé come oggetto di conoscenza per acquaintance, dotato di realtà psicologica per me (a prescindere dalle illusioni su me stesso, come mi vivo è vero per me qui ed ora, non può essere invalidato da altri). Nella relazione interpersonale, allora, ciascuno è fonte diretta privilegiata di dati su di sé e osservatore-testimone del sé dell’altro (e di sé come un altro). Esempi da disambiguare: “vedo un fantasma”, “mi sento trasparente”, “sei così trasparente!”, “stai parlando da solo”, “stai parlando come se fossi solo”, “mi sento come se tu stessi parlando da solo e non con me”……..

34 TEORIA DELLA MENTE In psicologia è L’ATTRIBUZIONE DI STATI MENTALI (INTENZIONI, CREDENZE E DESIDERI) AGLI ALTRI E A SE STESSI, in modo intuitivo, mediante inferenze dal comportamento che rimangono spesso inconsapevoli. Le diverse culture hanno differenti TEORIE DELLA MOTIVAZIONE, cioè del perché le persone si comportano in certi modi, e teorie della mente in accordo con queste. Una teoria della mente richiede capacità di METARAPPRESENTAZIONE, cioè rappresentazione di una rappresentazione nella mente dell’altro. La RAPPRESENTAZIONE PRIMARIA: “nel cielo brillano le stelle”, con il suo valore di verità rispetto allo stato delle cose, va distinta dalla RAPPRESENTAZIONE SECONDARIA: “Giovanni pensa che nel cielo BRILLINO le stelle”, dove è sospeso il riferimento semantico alla realtà, e l’espressione è al congiuntivo. L’ultima asserzione può essere vera anche se non è vero il suo contenuto, perché dipende dal VERBO MODALE che la regge e dalla CORRISPONDENZA CON L’ESPERIENZA INTERNA, vissuta dal soggetto.

35 5) Abitudini di ATTENZIONE
5) Abitudini di ATTENZIONE. Tutti vediamo ripetutamente insetti ma solo l'entomologo li nota, mentre "una cosa incontrata una volta sola nel corso della vita può lasciare nella memoria un'esperienza indelebile" (FC, p.106). Esempio dei quattro americani che visitano l’Europa: ognuno vede e ricorda ciò che gli interessa (cfr. Bartlett 1932). "La mente è a ogni livello teatro di possibilità simultanee. La coscienza consiste nel confrontarle l'una con l'altra, nella selezione di alcune e nella soppressione di tutto il resto mediante l'azione rafforzante o inibente dell'attenzione”. Le concezioni attuali della coscienza devono molto a questa sintetica analisi: gran parte dei processi paralleli di elaborazione cognitiva vengono filtrati e eliminati. La mente lavora sui dati che riceve, l'input sensoriale, "come lo scultore lavora nel blocco di pietra" e fa la statua che era lì da sempre (ma ce n'erano altre potenziali!); così "il mondo di ciascuno di noi: per quanto siano differenti le nostre molteplici visioni di esso, tutte erano incastrate nel caos primordiale di sensazioni che ha dato al pensiero di ognuno di noi la pura materia (matter), senza differenze." (ib.). Il nostro mondo è "quello che i nostri antenati e noi, attraverso un lento accumularsi di scelte, abbiamo pari a scultori estratto" il che richiama la teoria della pertinenza (relevance) e James si chiede come debba essere diverso il mondo di una formica, di una seppia o di un granchio. Si sono posti poi questa domanda gli zoologi e gli etologi ma anche, di recente, filosofi della mente come T. Nagel (1974 What is it like to be a bat) per il pipistrello. Ciascuno di noi effettua una diversa scissione tra Io e non-io, e ciò introduce al fatto dell'autocoscienza.

36 Lo psicologo interno (W. James, 1890)
“Una mente divenuta consapevole della propria funzione cognitiva si comporta nei riguardi di se stessa come ciò che abbiamo chiamato‘lo psicologo’. Essa non soltanto conosce le cose che le stanno davanti, ma sa di conoscerle. Questo stadio di condizione riflessiva è , più o meno esplicitamente, il nostro stato abituale di menti adulte.”

37 Cap.X The consciousness of self
La concezione del self di James è una teoria del SÉ COME OGGETTO: Il SÉ EMPIRICO , ciò che posso chiamare me stesso (by the name of me), comprende tutto ciò che posso chiamare mio (mine) (concezione del SÉ ESTESO o proprio) “a man’s Self is the sum total of all that he CAN call his” 1. Costituenti della storia di sé: a. sé materiale (corpo ecc.) b. sé sociale (lo sguardo dell’altro?) c. sé spirituale e d. Io puro (2. Sentimenti ed emozioni che essi suscitano: self-feelings parti non tradotte 3. Azioni alle quali spingono: self-seeking e self-preservation)

38 1.Costituenti del sé conosciuto:
a. SÉ MATERIALE (corpo, indumenti, famiglia, casa, proprietà e averi la cui perdita causa depressione) b. SÉ SOCIALE (il RICONOSCIMENTO che un uomo riceve da chi gli sta intorno, perché siamo animali gregari che vogliono essere notati, e "un uomo ha tanti sé sociali quanti sono i diversi gruppi di persone la cui opinione gli sta a cuore. Egli generalmente mostra un diverso lato di se stesso a ciascuno”, e importa l’ “opinione del club” ma soprattutto quella della persona di cui si è innamorati) c. SÉ SPIRITUALE “la realtà interna e soggettiva di un uomo, le sue facoltà e disposizioni psichiche prese in concreto” “la parte più durevole e intima…più autenticamente nostra” -conoscibile indirettamente, in astratto, mediante un processo riflessivo about (concetto di sé) o -conoscibile direttamente, by acquaintance, in concreto (James sostiene di trovare come nucleo centrale un vissuto corporeo di sensazioni e non il cogito cartesiano). Comunque non si può dubitare della conoscenza diretta di sé che ciascun individuo sperimenta in interiore homine!

39 Rivolgersi al sé spirituale è un processo riflessivo: abbandonare il punto di vista dell’osservazione esterna e “pensare alla soggettività come tale… noi stessi come pensanti” In modo astratto: una certa porzione della corrente del pensiero separata dal resto viene identificata come “il centro di irradiazione della sfera…il santuario nella cittadella”, il “sé di tutti gli altri sé”. E’ l’elemento attivo, ciò che accoglie o respinge, presiede alla percezione e dà l’assenso ai movimenti, la sede dell’interesse e la sorgente dello sforzo, una specie di raccordo dove le immagini sensoriali sono riflesse in azioni, qualcosa di permanente intorno a cui gli altri elementi sembrano aggregarsi. Se poi sia l’anima o “nothing but a fiction, the imaginary being denoted by the pronoun I” è lasciato all’opinione di ciascuno. In modo concreto: come viene sentito il nucleo centrale del sé quando diventiamo consapevoli della sua esistenza? Passaggio al discorso in prima persona: James sente “una palpitante vita interiore ” che quando lascia afferrare qualcosa di distinto è “qualche processo corporeo, che ha luogo per lo più dentro la testa”, “movimenti tra la testa e la gola” “il sentimento di attività corporee” (in accordo con la teoria dell’origine sensibile della coscienza di sé di Wundt). Aggiustamenti con la “funzione di favorire o inibire la presenza…davanti alla coscienza”, reazioni primarie “simili all’aprirsi o al chiudersi di una porta”, il sottoporsi dei contenuti della mente a “un esame di ammissione”. Esperienza diretta di un oggetto ripartito in sé e non-sé; la condizione dell’esperienza stessa non è conosciuta immediatamente, ma solo nella successiva riflessione

40 Discussione sulla natura del principio di unità della coscienza (diacronica)
d. IO PURO (il sé conoscente, il soggetto trascendentale dei filosofi) “the bare principle of personal unity”, il principio, il senso, la coscienza dell’IDENTITÀ PERSONALE (personal sameness) -come sintesi oggettiva (corrispondente all’appercezione analitica kantiana) o verità è unità conosciuta tra le cose e non è in questione qui, ma solo in quanto “lo psicologo, osservando e operando criticamente, potrebbe accertare che il pensiero è in errore, dimostrando che non c’è alcuna reale identità – potrebbe non esserci stato nessun ieri o, comunque, nessun sé di ieri…l’identità predicata potrebbe non essere effettiva o potrebbe essere predicata su basi insufficienti” e “l’identità non sussisterebbe come un fatto, ma continuerebbe a esistere come un sentimento; la coscienza di essa da parte del pensiero sussisterebbe”; -come sintesi soggettiva (appercezione sintetica) o feeling è un giudizio di identità in prima persona : I am the same self that I was yesterday, che potrebbe anche essere illusorio, ma l’identità è implicita nella semplice esistenza del pensiero in quanto tale, attraverso l’unione temporale delle sue parti nella coscienza, e tuttavia il senso d’identità “non è questa mera forma sintetica essenziale a tutto il pensiero”. Da notare che il pronome “ I “ compare due volte nella frase, in una sorta di raddoppiamento del soggetto.

41 Il senso d’identità personale secondo James
è qualcosa di più semplice, è identità predicata dal pensiero su un sé presente e un sé passato, nel tempo. Accomuna i vari sé, anche i più remoti, “vivi e caldi” come il sentimento del pensiero in atto e dell’esistenza concreta e attuale del corpo, “il calore animale…il segno distintivo, il marchio” che “li trapassa, simile al filo di un rosario, formando un intero”. Inoltre sono stati continui gli uni con gli altri, sfumando gradatamente nel sé presente. Quindi il giudizio d’identità (sameness) “è una conclusione basata o sulla somiglianza dei fenomeni messi a confronto o sulla loro continuità davanti alla mente” che viene meno quando non sono più sentite (narrazioni da parte dei genitori di aneddoti sull’infanzia che non ricordiamo come episodi vissuti). In un certo senso ciascuno ha molti sé, una pluralità, tenuta insieme dalla memoria dei ricordi sentiti come propri (legame fragile: ci sono patologie mentali, come le fughe isteriche o i casi di doppia personalità, in cui la persona si sveglia, non si sente più se stessa e si dà un nome nuovo, come Ansel Bourne). Il senso comune ritiene che l’unità di tutti i sé non sia una mera apparenza, ma una reale appartenenza a un proprietario, il centro di coesione è il presente pensiero giudicante che osserva e ricorda, la sezione identificante della corrente del Pensiero, che funge da rappresentante (legale) dei pensieri passati e li adotta. Non c’è una sostanza o un io trascendentale, ma solo un “fuoco di coesione, il gancio da cui pende la catena dei sé passati, saldamente piantato nel presente”: “il momento presente della coscienza”, oscuro perché conoscibile about solo dopo che è passato, ma conoscibile by acquaintance, come vissuto, dalla percezione interna (che in psicologia è base solida per assunzione).

42 La metafora della mandria di bestiame
Nella traduzione italiana 1901 si trova “similitudine del gregge” e “pastore del gregge”. Poco prima James ha scritto, a proposito dell’amore di sé, che soltanto “un animale non gregario” potrebbe essere completamente privo di ogni tribunale interiore e dovuto all’ “io sociale potenziale” come spettatore ideale: la coscienza morale sembra trovare la sua origine sociale nella dipendenza dell'uomo dai suoi simili. Il collegamento associativo con gli animali gregari, che vivono in gruppi e che saranno poco dopo chiamati in causa, è d'obbligo e fa trasparire una sottile ironia. Il calore animale richiama l’immagine di una “mandria lasciata libera in inverno in una sconfinata prateria del west” dove “il proprietario seleziona e mette insieme, quando in primavera viene il momento di radunare il bestiame, tutti i capi sui quali trova il proprio particolare marchio”. L’associazionismo empirista descrive il sé come un aggregato di parti separate, una cosa empirica e verificabile. Nell’esempio il proprietario (sezione attuale della coscienza), è il veicolo del giudizio d’identità, ratio existendi del marchio (calore e continuità), che ne è la base, la ratio cognoscendi. Gli animali sono marchiati perché appartengono al proprietario, lo stato mentale presente, che collega in un’unità compiuta e ben salda i sé e i pensieri passati, che “non sono mai stati bestiame selvaggio…non li cattura ma li trova già di sua proprietà” perché “si può immaginare una lunga serie di mandriani che si succedono rapidamente nel possesso di una stessa mandria grazie alla trasmissione per lascito di un originario diritto di proprietà”. Parole chiave legal representative e title, che evocano il contesto giudiziario. In un certo senso ciascuno è l’erede legittimo dei propri pensieri passati! Questo stratagemma (trick) sta al nocciolo (kernel) dell’identità personale.

43 Il soggetto trascendentale nei Principles
L’identità personale non è una “mera forma sintetica” né un “Maxi-Io” (Arch-ego) “che domina l’intera corrente di pensiero e tutti i sé rappresentati al suo interno, alla stregua di un principio identico e immutabile implicito nella loro unione”. E’ piuttosto come se “il mandriano”, invece di prendere al lazo i singoli pensieri, “invece di essere identico in modo sostanziale o trascendentale al precedente proprietario del sé passato, si limitasse ad ereditarne il diritto di proprietà (title), fungendo ora da suo rappresentante legale...Non potrebbe il diritto di proprietà di un sé collettivo essere trasmesso in modo analogo da un pensiero a un altro?” “Come dice Kant è come se delle palle elastiche avessero non soltanto il movimento ma anche la coscienza di esso…finché l’ultima palla possiede tutto quello che le precedenti hanno posseduto, diventando cosciente in proprio”. (cfr. Critica al terzo paralogismo della ragion pura Della personalità) Altri riferimenti: I.Kant ( ) Critica della ragion pura, teoria dell’ “io penso” o del soggetto trascendentale come base dell’unità sintetica dell’appercezione (Analitica, Deduzione trascendentale par 16 Dell’unità sintetica originaria dell’appercezione e par 25 senza titolo) critica della dottrina cartesiana dell’anima come sostanza immateriale (Dialettica).

44 D. Stern Il momento presente
Distinzione tra TEMPO SOGGETTIVO o Kairos (il momento propizio in cui qualcosa viene in essere) e TEMPO OGGETTIVO e lineare o Kronos (in cui niente può accadere se non come passato). Dalla collaborazione con il Boston Change Process Study Group, Stern ha focalizzato il problema del CAMBIAMENTO IN PSICOTERAPIA, collocandolo nel momento dell’incontro vissuto fenomenologicamente dalla coscienza intersoggettiva: l’unico momento in cui siamo soggettivamente vivi e possiamo cambiare perché la conoscenza diretta delle persone reali ha effetto su di noi. Metodo di ricerca l’intervista microanalitica sugli eventi impliciti a grana fine (dove la narrazione coglie il passato come la coda di una cometa, ed è distinta dall’ esperienza vissuta, che ricostruisce a posteriori). Un’esperienza soggettiva dev’essere sufficientemente nuova o problematica per emergere alla coscienza come momento presente significativo: Stern li chiama “momenti-ora (now-moments)”, caldi, di urgenza, carichi di energia, che non si possono prevedere né gestire applicando le regole tecniche di una scuola psicoterapeutica, ma solo facendo qualcosa di spontaneo, tratto dall’esperienza personale, con la propria “firma”. Aspetto non specifico di tutte le terapie diventa quindi la capacità di offrire un buon ambiente di contenimento (un setting protetto), in cui accadono cose insieme, in un viaggio emotivo breve e denso che dura almeno un momento presente di condivisione.

45 L’IDENTITÀ DEBOLE Secondo W. James, dall’infanzia alla vecchiaia si conserva “a relative identity, that of a slow shifting, in which there is always some common ingredient retained. The commonest element of all, the most uniform, is the possession of the same memories. However different the man may be from the youth, both look back to the same childhood, and call it their own”. "The identity found by the I in its me is only a loosely construed thing" Riprende da H. Taine (1870) l’esempio della larva che diviene farfalla, conservando tutte le idee e le sensazioni di prima: fra i due sé ci sarebbe tuttavia"a deep scission, a complete rupture". L’identità debole jamesiana, questa “costruzione lassa”, si concilia con la responsabilità della persona ma dipende dalla memoria fallibile; ammette cambiamento e crisi esistenziale come momenti costitutivi, complementari alla somiglianza e continuità su cui si fonda.

46 Erik Homburger Erikson (1902-1994)
Emigrato negli Stati Uniti, lavora con i veterani di guerra che manifestavano sintomi di perdita della sensazione di essere se stessi, si cambia cognome e diventa famoso ad Harvard con il concetto di CRISI D’IDENTITÀ ADOLESCENZIALE: “una svolta necessaria, un momento cruciale in cui lo sviluppo deve procedere in un senso o nell’altro…”. In Introspezione e responsabilità (1964) definisce la MUTUALITÀ come “quel rapporto in cui i singoli individui in esso coinvolti vengono a dipendere l’uno dall’altro per quanto concerne lo sviluppo delle loro rispettive forze” (p.228), attivandosi reciprocamente e condividendo attività che fanno sentire profondamente vivi nella spontaneità non difensiva.

47 Gli stadi dello sviluppo psicosociale secondo Erikson
FASE crisi normativa virtù psicologica ORALE fiducia/sfiducia speranza ANALE autonomia/vergogna-dubbio volontà FALLICA iniziativa/colpa finalità LATENZA industriosità/inferiorità competenza ADOLESCENZA identità/dispersione fedeltà GIOVINEZZA intimità/isolamento amore ETA’ ADULTA generatività/stagnazione cura VECCHIAIA integrità/disperazione saggezza

48 le zone erogene della teoria freudiana dello sviluppo psicosessuale
Erik Erikson è considerato L’ “architetto dell’identità” (Friedman e Cole, 1999) Modalità psicosociali le zone erogene della teoria freudiana dello sviluppo psicosessuale diventano modalità del rapporto sociale tipico di ogni fase Epigenesi degli stadi ogni stadio implica una crisi psicosociale, un compito di sviluppo il cui superamento mette in grado di affrontare lo stadio successivo


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