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Il principale strumento di integrazione: il Piano di Zona

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Presentazione sul tema: "Il principale strumento di integrazione: il Piano di Zona"— Transcript della presentazione:

1 Il principale strumento di integrazione: il Piano di Zona
Assistente Sociale Dott.ssa Laura Nichele

2 Che cosa si intende per integrazione?
Il Dizionario Zanichelli definisce il termine “integrare”, rendere completo, aggiungere ciò che manca. Ciò vale specialmente nel lavoro con le persone, le famiglie e i gruppi sociali, tenuto conto della complessità dei bisogni, dei valori, degli interessi in gioco. Sempre più è necessario intervenire in modo integrato, coinvolgendo più discipline e saperi, più punti di vista, più professioni per rispondere ai bisogni e ai problemi rispettando la globalità e l’unitarietà della persona e perseguendo il benessere bio-psico-sociale.

3 Riferimenti normativi
A livello nazionale : DPR 23 Luglio 1998 “Approvazione del Piano Sanitario Nazionale per il triennio 1998 – 2000”; D.Lgs. 229 del 19 Giugno 1999 “Norme per la razionalizzazione del Servizio Sanitario nazionale” (riforma sanitaria ter) dà una prima definizione delle prestazioni socio-sanitarie (art. 3 quater, quinquies, septies);

4 Tali prestazioni comprendono:
Nel D.Lgs. 229/99 vengono definite “prestazioni socio-sanitarie” “tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche bel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione”. Tali prestazioni comprendono: PRESTAZIONI SANITARIE A RILEVANZA SOCIALE PRESTAZIONI SOCIALI A RILEVANZA SANITARIA PRESTAZIONI SOCIOSANITARIE AD ELEVATA INTEGRAZIONE SANITARIA

5 Riferimenti normativi
A livello nazionale : L. 328/00 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” (art. 22 co.4); DPCM 14 Febbraio 2001 “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni sociosanitarie” è il principale riferimento normativo in termini di integrazione socio-sanitaria; DPCM 29 Novembre 2001 “Definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza”.

6 Riferimenti normativi
A livello regionale : Già negli anni ‘70 la Regione del Veneto introduce i Consorzi sociosanitari, al fine di favorire l’integrazione sociosanitaria; ma è nel 1982 che si consolida la volontà di integrare il sociale con il sanitario. Il Consiglio Regionale del Veneto approva una legge di riordino della materia socioassistenziale la L. R. 55/82 “Norme per l’esercizio delle funzioni in materia di assistenza sociale” grande capacità di anticipo dei tempi del legislatore veneto rappresenta la pietra miliare del modello veneto di integrazione sociosanitaria

7 Una scelta strategica della Regione Veneto al fine di garantire la realizzazione concreta dell’integrazione è stata la creazione della figura del DIRETTORE DEI SERVIZI SOCIALI nell’ambito della direzione strategica dell’Azienda ULSS. La figura del Direttore dei Servizi Sociali è stata introdotta del legislatore regionale nel 1995, in continuità con la precedente figura del “Coordinatore Sociale”, presente in Veneto fin dal 1982, con la specifica funzione di assicurare, nell’ambito dell’A.ULSS il coordinamento e l’integrazione tra politiche e attività sociali, sanitarie e sociosanitarie.

8 Riferimenti normativi
A livello regionale : In tre momenti legislativi successivi, la Regione del Veneto sostiene e conferma la scelta di realizzare un sistema di interventi e servizi ad elevata integrazione sociosanitaria L.R. 55/94 “Norme e principi per il riordino del Servizio Sanitario Regionale in attuazione del D.Lgs. 502/92 come modificato dal D.Lgs. 517/93” art. 8 co. 1; L.R. 5/96 “Piano socio-sanitario regionale per il triennio ” art. 4 co. 1; L.R. 11/01 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del D.Lgs. 112/ art. 130

9 Quale integrazione? Si auspica l’integrazione a più livelli:
istituzionale (tra istituzioni diverse con comuni obiettivi di salute); pubblico – privato; socio-sanitaria (tra politiche diverse); operativa/ gestionale (tra servizi diversi al fine di incrementare approcci multidimensionali e metodologie di lavoro per progetti); professionale (con l’adozione di linee guida che orientino il lavoro multiprofessionale, la costituzione di unità valutative integrate, …).

10 Nei provvedimenti nazionali e regionali richiamati viene posta grande enfasi sulla PIANIFICAZIONE, caldeggiando una pianificazione congiunta sul piano sanitario e sociale, che valorizzi e qualifichi l’integrazione. A tal fine, a livello locale viene istituito il PIANO DI ZONA (L. 328/00 art. 19), per quel che riguarda gli interventi sociali e sociosanitari e il PROGRAMMA DELLE ATTIVITA’ TERRITORIALI (D.Lgs. 229/99 art. 3 quater), per quel che concerne la pianificazione sanitaria.

11 Perché si pianifica a livello locale?
per governare la complessità; perché si moltiplicano i livelli di governo (si enfatizza sempre più il livello locale in quanto livello più vicino al cittadino e ai suoi bisogni); Perché, a livello locale, gli attori sociali che operano all’interno del sistema di welfare sono molteplici e c’è necessità di coordinarsi e definire delle regole in base alle quali orientare la propria azione affinché sia integrata con quella degli altri e tenda d un fine comune BENESSERE SOCIALE Lo slogan diventa: “PENSA GLOBALMENTE, AGISCI LOCALMENTE”

12 Cos’è il Piano di Zona? è il principale strumento di programmazione locale delle politiche, degli interventi e dei servizi sociali e socio-sanitari da garantire alle persone e alla comunità (viene definito anche “Piano regolatore dei servizi alla persona” ); è uno strumento concreto per la costruzione a livello locale del sistema integrato di interventi e servizi sociali; è luogo e strumento conoscitivo e di individuazione delle linee di sviluppo sociale di un territorio; è uno strumento di autoregolazione e un atto di responsabilità di un territorio; è un percorso, un processo continuo che genera cambiamento.

13 Riferimenti normativi
A livello nazionale : L. 328/00 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” (art. 19); Individua il Piano di Zona come il principale strumento di programmazione locale per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, definito dai Comuni associati d’intesa con le Aziende ULSS e da adottarsi, di norma, attraverso Accordo di Programma.

14 indica contenuti; esprime volontà; definisce modalità.
L’ACCORDO DI PROGRAMMA è una convenzione tra Enti territoriali e altre Amministrazioni Pubbliche mediante la quale le parti coordinano la loro attività per la realizzazione di interventi condivisi. E’ un atto che formalizza la compartecipazione e la corresponsabilità di chi lo sottoscrive e dà attuazione al Piano. E’ disciplinato dall’art. 34 del D.Lgs. 267/00. indica contenuti; esprime volontà; definisce modalità.

15 Riferimenti normativi
A livello nazionale : D.P.R. 3 Maggio 2001 “Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001 – 2003” definisce il PdZ lo “strumento fondamentale attraverso il quale i Comuni, con il concorso di tutti i soggetti attivi nella progettazione, possono disegnare il sistema integrato di interventi e servizi sociali con riferimento agli obiettivi strategici, agli strumenti realizzativi e alle risorse da attivare”.

16 Riferimenti normativi
A livello regionale : L.R. n. 56 del 14 settembre 1994 (art. 8); L.R. n. 5 del 3 febbraio 1996 (art. 5); L.R. n. 11 del 13 aprile 2001 (art. 128); Deliberazioni della Giunta Regionale DGR n del 5 agosto 1997 DGR n del 18 giugno 2004 DGR n del 23 maggio 2006 DGR n del 28 novembre 2006 DGR n del 16 Giugno 2009 DGR n. 157 del 26 Gennaio 2010 DGR n del 3 Agosto 2010

17 La L.R. 56/94 “Norme e principi per il riordino del Servizio sanitario regionale in attuazione del D.lgs. n. 502/92”, all’articolo 8 comma 2 stabilisce che “il principale strumento di integrazione è rappresentato dai Piani di Zona dei servizi sociali, che vengono elaborati ed approvati dal Sindaco (qualora l’ambito territoriale dell’ULSS coincida con quello del Comune) o dalla Conferenza dei Sindaci, con le modalità previste dal Piano Socio-Sanitario Regionale ”. ancora una volta c’è grande capacità di anticipo dei tempi del legislatore Veneto: la nostra Regione, per prima in Italia, ha introdotto il concetto e la pratica della programmazione locale, finalizzata a coordinare gli interventi e i servizi sociali e socio-sanitari, ottimizzando le risorse a disposizione e garantendo livelli uniformi di assistenza per la realizzazione nel territorio di un sistema integrato di servizi socio-sanitari.

18 La L.R. 5/96 “Piano Socio-Sanitario per il triennio 1996/1998” precisa che “l’integrazione viene attuata dal Direttore Generale attraverso il Direttore dei Servizi Sociali, che fornisce il supporto per l’elaborazione del Piano di Zona e ne segue l’attuazione avvalendosi dei referenti di programma di area specifica” e identifica il Piano di Zona come strumento per: l’analisi dell’evoluzione qualitativa e quantitativa dei bisogni; lo sviluppo di forme di gestione dei servizi adeguate, flessibili e creative; l’integrazione delle risorse pubbliche e private; la creazione di nuove opportunità e la produzione di risorse aggiuntive; la definizione delle prestazioni da erogare, rapportate alle responsabilità dei diversi soggetti e al quadro delle risorse rilevate.

19 La L.R. 11/2001 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del D.Lgs. 112/98” all’articolo 128, comma 5, definisce il Piano di Zona “lo strumento primario di attuazione della rete dei servizi sociali e dell’integrazione socio-sanitaria”. Con la L.C. 3/2001 “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione” e la conseguente autonomia gestionale degli Enti Locali sia sul piano della autodeterminazione delle scelte per la propria comunità che nell’utilizzo delle risorse finanziarie, il Piano di Zona assume ancor più importanza.

20 Al fine di recepire quanto introdotto dalla normativa statale e regionale citata, con le deliberazioni la Giunta regionale individua le linee-guida per l’attività di pianificazione in materia sociale, gli obiettivi del PdZ, i contenuti e le priorità Regionali cui dovranno ispirarsi i futuri piani. Va sottolineata la DGR 3702/06 in quanto introduce specifiche indicazioni per la valutazione (locale e regionale) dei Piani di Zona e definisce una metodologia di programmazione continua. attenzione alla VALUTAZIONE nella convinzione che ogni fase progettuale richiede una riflessione attenta in merito alle azioni intraprese e ai processi avviati precedentemente accompagna costantemente i processi di sviluppo locale dei servizi e le linee di indirizzo prodotte a livello regionale

21 livelli di partecipazione
Anche la DGR 157/2010 ha introdotto alcuni aspetti innovativi: Vengono stabiliti differenti livelli di partecipazione Viene introdotto il visto di congruità Il ciclo di vita del Piano di Zona viene prolungato da 3 a 5 anni CONSULTAZIONE CONCERTAZIONE

22 Finalità del Piano di Zona
per realizzare nel territorio un sistema integrato di servizi socio-sanitari coordinare gli interventi e i servizi sociali e socio-sanitari; ottimizzare le risorse a disposizione; garantire i livelli uniformi di assistenza. per sostenere e promuovere il benessere della persona, della famiglia, della comunità

23 Gli Attori Ai Comuni e alle Aziende ULSS vengono affidate dalla Regione Veneto le competenze istituzionali di GUIDA/REGIA della programmazione locale. Il Piano di Zona, però, sollecita e attiva diversi soggetti, chiamati a pensare insieme, a condividere delle scelte e ad agire in modo integrato e responsabile per la costruzione e la realizzazione di politiche sociali e sociosanitarie per il territorio, sulla base dell’analisi dei bisogni delle persone e della comunità e delle risorse disponibili. Province IPAB Associazioni Cooperative Sociali Fondazioni Istituzioni scolastiche Istituzioni religiose Organizzazioni sindacali Associazioni delle categorie produttive Rappresentanze del volontariato e della società civile

24 Il Piano, dunque, coordina le azioni di attori diversi che agiscono in un preciso ambito territoriale (corrispondente con il territorio dell’Azienda ULSS) La programmazione partecipata e condivisa da una moltitudine di attori, adotta un’ottica di governance e di rete. si passa da una programmazione nella prospettiva di government (funzione di governo esclusiva del soggetto pubblico) ad una prospettiva di governance (funzione di governo svolta attraverso la mobilitazione di più soggetti), coinvolgendo altri soggetti istituzionali e il terzo settore.

25 Quale tipo di partecipazione
I diversi attori sociali sono invitati a portare competenze e risorse al processo di programmazione perchè, attraverso il dialogo, si raggiunga un con-senso che diventi senso condiviso e miglioramento per tutti. si adotta il metodo della PROGRAMMAZIONE PARTECIPATA Al fine di rendere trasparente ed efficace il processo partecipativo, è compito dei soggetti titolari del Piano di Zona definire chiaramente i diversi livelli di partecipazione promossi nei confronti degli attori della comunità locale.

26 Quale tipo di partecipazione
CONSULTAZIONE finalizzata ad informare i soggetti coinvolti sui contenuti della programmazione per raccogliere indicazioni, proposte e consigli utili a migliorare i contenuti programmatori rispetto alle politiche, alle priorità, alle azioni, alle risorse e/o alle strategie di intervento; CONCERTAZIONE finalizzata a coinvolgere i soggetti selezionati in un processo di confronto e di partecipazione attiva alle decisioni che saranno formalmente individuate dai soggetti titolari del Piano di Zona nel processo programmatorio, in merito alle politiche, alle priorità, alle azioni, alle risorse e/o alle strategie di intervento. Tale coinvolgimento si configura come instaurazione di un rapporto di partenariato tra il soggetto pubblico e gli attori della comunità locale, che costituiscono la rete sociale nella quale si realizzano le azioni del piano di zona.

27 I contenuti del Piano di Zona
L’AMBITO territoriale di riferimento: Il Piano di Zona è unico e coincide con il territorio dell’Azienda ULSS; può, eventualmente, essere articolata a livello di distretto. Le AREE di intervento: Famiglia e minori, Adolescenti e Giovani Disabili Anziani Dipendenze Salute Mentale Immigrazione Marginalità sociale

28 I contenuti del Piano di Zona
La DURATA del Piano di Zona: Il ciclo di vita del Piano di Zona è stato prolungato da 3 a 5 anni. Il Piano deve essere uno strumento dinamico, e va aggiornato annualmente sulla base del monitoraggio delle azioni intraprese e della valutazione dei bisogni della comunità. La PROGRAMMAZIONE deve essere vista come processo continuo che accompagna lo sviluppo locale e si avvale della VALUTAZIONE per divenire “programmazione strategica”

29 Le fasi del percorso di costruzione del Piano
1. AVVIO del PROCEDIMENTO: spetta alla Conferenza dei Sindaci di concerto con il Direttore Generale dell’A.ULSS, che affida il coordinamento della costruzione del Piano al Direttore dei Servizi Sociali. 2. COSTITUZIONE del GRUPPO DI COORDINAMENTO TECNICO 3. DEFINIZIONE della STRUTTURA ORGANIZZATIVA e delle RESPONSABILITA’: individuazione dei Tavoli Tematici e nomina dei rispettivi referenti 4. AVVIO delle PROCEDURE di CONSULTAZIONE e CONCERTAZIONE

30 Le fasi del percorso di costruzione del Piano
5. ANALISI dei BISOGNI e del SISTEMA di OFFERTA: è una ricostruzione fondamentale per conoscere il territorio e intravedere linee di sviluppo futuro. 6. STESURA del PIANO DI ZONA con l’individuazione delle PRIORITA’, delle POLITICHE e delle AZIONI per ciascuna area di intervento ed invio in Regione per il VISTO DI CONGRUITA’ . 7. ADOZIONE DEL PIANO DI ZONA da parte della Conferenza dei Sindaci e del Direttore Generale dell’A.ULSS, attraverso l’ACCORDO DI PROGRAMMA che dà attuazione al Piano di Zona. 8. ATTIVAZIONE DELLE AZIONI DEL PIANO DI ZONA mediante la stipulazione di contratti di programma, protocolli di intesa, accordi di collaborazione e convenzioni con i soggetti che partecipano, con proprie risorse finanziarie, alla attuazione delle azioni previste nel Piano di Zona.

31 Il Piano di Zona è … Promosso dal Presidente e dall’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci, di concerto con il Direttore Generale dell’A.ULSS; Coordinato dal Direttore dei Servizi Sociali dell’A.ULSS; Elaborato dai referenti tecnici dei Comuni e dell’A.ULSS: tavoli tecnici di area tematica (minori-famiglia, disabili, adulti-anziani,dipendenze, salute mentale, immigrazione, ecc.) con il supporto dell’ Ufficio Piano di Zona e il coinvolgimento attivo di vari soggetti (rappresentanze del volontariato, dell’associazionismo, della cooperazione sociale, delle IPAB, …); Approvato dalla Conferenza di Sindaci; Recepito dall’A.ULSS; Trasmesso alla Regione Veneto per il VISTO di CONGRUITA’

32 L’analisi dei bisogni e dell’esistente
L'Analisi dei Bisogni è una fase fondamentale per la programmazione e consiste in una attività di raccolta e analisi di dati e informazioni utili ed attendibili, ma anche di osservazione e di interpretazione di: bisogni risorse mutamenti sociali ai fini di un'efficace programmazione e valutazione delle politiche sociali e degli interventi attuati o da attuare nel nostro territorio. “Capire richiede non un singolo momento di percezione, ma una continua consapevolezza, un continuo stato di ricerca che non ha fine”

33 Il Piano viene periodicamente monitorato ed è valutato annualmente.
Relazione Valutativo-Previsionale

34 La struttura organizzativa del Piano di Zona
L’ORGANO DI GOVERNO POLITICO ha una visione complessiva del piano di zona, è costituito dall’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci del territorio e dalla Direzione Generale dell’Azienda ULSS che si avvale a questo fine del Direttore dei Servizi Sociali. Tale organismo nomina Il GRUPPO DI COORDINAMENTO TECNICO presieduto dal Direttore dei Servizi Sociali, costituito dai referenti dei tavoli tematici e dai componenti dell’Ufficio di Piano, che si occupa di seguire dal punto di vista tecnico e metodologico le attività necessarie alla costruzione e gestione del Piano di Zona.

35 La struttura organizzativa del Piano di Zona
I TAVOLI TEMATICI rappresentano l’articolazione organizzativa attraverso la quale si realizza il coinvolgimento degli attori del territorio e si concretizza il processo di confronto territoriale; tali tavoli sono definiti (tipologie, numerosità, composizione, ecc.) a livello territoriale.

36 L’Ufficio Piano di Zona
Si configura quale organismo tecnico di staff che facilita e supporta operativamente il processo di programmazione, con riferimento alle attività di costruzione, monitoraggio e valutazione del Piano di Zona Ha il compito di introdurre strumenti di valutazione, monitoraggio e verifica delle politiche sociali, degli interventi e servizi realizzati, per promuoverne il miglioramento continuo

37 L’Assistente Sociale nell’Ufficio Piano di Zona
La figura dell’Assistente Sociale ben si inserisce nell’Ufficio di Piano in quanto tale professionista è chiamato a mettere al centro del suo agire la persona, la famiglia, i gruppi, la comunità per contribuire al loro pieno sviluppo, promuovere il benessere e il pieno utilizzo delle risorse a disposizione. Si vedano in particolare i punti 33, 34, 35, 36, 38 del Titolo IV del CODICE DEONTOLOGICO DELL’ASSISTENTE SOCIALE

38 Capo I - Partecipazione e promozione del benessere sociale
Titolo IV Responsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della Società Capo I - Partecipazione e promozione del benessere sociale 33. L’assistente sociale deve contribuire a promuovere una cultura della solidarietà e della sussidiarietà, favorendo o promuovendo iniziative di partecipazione volte a costruire un tessuto sociale accogliente e rispettoso dei diritti di tutti; in particolare riconosce la famiglia nelle sue diverse forme ed espressioni come luogo privilegiato di relazioni stabili e significative per la persona e la sostiene quale risorsa primaria. 34. L’assistente sociale deve contribuire a sviluppare negli utenti e nei clienti la conoscenza e l’esercizio dei propri diritti-doveri nell’ambito della collettività e favorire percorsi di crescita anche collettivi che sviluppino sinergie e aiutino singoli e gruppi, soprattutto in situazione di svantaggio.

39 Capo I - Partecipazione e promozione del benessere sociale
Titolo IV Responsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della Società Capo I - Partecipazione e promozione del benessere sociale 35. Nelle diverse forme dell’esercizio della professione l’assistente sociale non può prescindere da una precisa conoscenza della realtà socio-territoriale in cui opera e da una adeguata considerazione del contesto culturale e di valori, identificando le diversità e la molteplicità come una ricchezza da salvaguardare e da difendere, contrastando ogni tipo di discriminazione. 36. L’assistente sociale deve contribuire alla promozione, allo sviluppo e al sostegno di politiche sociali integrate favorevoli alla maturazione, emancipazione e responsabilizzazione sociale e civica di comunità e gruppi marginali e di programmi finalizzati al miglioramento della loro qualità di vita favorendo, ove necessario, pratiche di mediazione e di integrazione.

40 Capo I - Partecipazione e promozione del benessere sociale
Titolo IV Responsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della Società Capo I - Partecipazione e promozione del benessere sociale 38. L’assistente sociale deve conoscere i soggetti attivi in campo sociale, sia privati che pubblici, e ricercarne la collaborazione per obiettivi e azioni comuni che rispondano in maniera articolata e differenziata a bisogni espressi, superando la logica della risposta assistenzialistica e contribuendo alla promozione di un sistema di rete integrato.

41 Grazie per l’attenzione,
buono studio e… IN BOCCA AL LUPO!


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