La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Antropologia - Lezione 22^

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Antropologia - Lezione 22^"— Transcript della presentazione:

1 Antropologia - Lezione 22^
Capitolo VIII Solidarietà in Cristo e complicità in Adamo: il Peccato Originale continua…

2 (Romano il Melode, Cantico della cortigiana).
Pianto, sospiri, gemiti mi renderanno degna del suo amore; l’amore del mio amato farà di me un'altra donna e poiché Lui mi ama, io lo amerò come Lui vuole essere amato. Piangerò e sarò stritolata dal dispiacere; manterrò il silenzio e mi nasconderò nella solitudine; fuggirò da tutti i miei amici per piacere a questo, l’ultimo, l’unico. Giro le spalle al mio passato, spazzo con un soffio tutto il fango dei miei peccati. Andrò dunque da lui e lui mi illuminerà. (...) Non mi rimprovererà. Non mi dirà: 'Fin qui tu camminavi brancolante nella notte e adesso vieni a vedere me, il Sole'. Prendiamo questo vaso di profumo e coraggio! Cambierò in battistero la casa del fariseo: lì i miei peccati saranno lavati, lì le mie colpe saranno purificate; scenderò in una piscina che avrò riempito delle mie lacrime, mescolate al crisma e ai profumi; mi bagnerò e mi purificherò e risorgerò pulita dal fango dei miei peccati" (Romano il Melode, Cantico della cortigiana).

3 Prospettiva biblica (giudeo-cristiana):
Il male è una realtà che non va negata, è presente e corrode la realtà non nominarlo è più dannoso nemmeno va affrontato superficialmente come gli “ottimismi” delle filosofie che vogliono cancellare il male (questo è il “migliore dei mondi possibili”: Leibniz) Una lezione di “verità” è già una prima forma di salvezza Il male è l’ingiustificabile: la bibbia lo denun-cia nel modo più radicale = è peccato afferma il suo non-senso assoluto e così si oppone alla sua giustificazione = Gn 3,14

4 2) Il male non è nella natura delle cose: il mondo non è come potrebbe/dovrebbe essere, come si vorrebbe che fosse 3) Il male denuncia una responsabilità del-l’uomo (ma non assoluta), di cui l’uomo ha il controllo

5 Per il lavoro teologico circa il PO:
è possibile distinguere il mistero (contenuto) dallo schema teologico (modo) che l’ha veicolato cioè il nucleo dogmatico dalla sua amalgama linguistica (K. Rahner) bisogna procedere alla verifica dei momenti essenziali della tradizione della fede: dal fondamento biblico all’attuale comprensione teologica

6 5. Il PO nella rivelazione
Che significato ha interrogare la Bibbia alla luce di un dogma? Evitare la “ricerca delle prove”: non ricadere in una lettura pregiudiziale del testo, alla ricerca apologetica di dicta pro-bantia o alla conferma di una tesi pre-costituita

7 infatti la categoria stessa di PO non compare neppure nella Scrittura
siamo di fronte ad un caso tipico di «sviluppo del dogma» però non ci si rivolge al testo biblico per avere la conferma di una verità già altrimenti rivelata. L’interrogativo, allora, non è «dove si parla del PO nella Bibbia?» bensì «cosa» dice la Scrittura sulla peccaminosità umana: qual è la rivelazione cristiana sul peccato dell’uomo?

8 Il compito ermeneutico sottopone al vaglio esegetico i testi tradizionalmente impostisi come “fondamenti” del dogma: Gen 3 e Rom 5  Il rapporto tra dogma e Scrittura = una circola-rità reciprocamente feconda: il dogma diviene un nuovo punto prospettico da cui interrogare il testo rivelato, in grado di dischiudervi una verità in esso celata la Scrittura (“anima della teologia”) arricchisce la portata del dogma, aprendolo a nuovi possibili approfondimenti

9 La nostra indagine biblica seguirà sinteticamente tre tappe:
l’analisi della peccaminosità nella Scrittura il racconto di Gen 3 il testo di Rom 5,12-21.

10 Peccaminosità nell’AT
A.-M. Dubarle (1958) il termine stesso, PO, non è un categoria biblica occorre uno studio analitico sulla peccaminosità alla luce della Scrittura la rivelazione biblica, annunciando l’altezza del mistero di Dio e dell’uomo, rivela la penombra della colpa, in tutta la sua drammaticità merito indiscusso di collocare la questione del PO all’interno del contesto più ampio e complesso del discorso biblico sul peccato “la concezione del PO non è un punto di partenza assoluto, ma un punto di arrivo di una lunga riflessione sul male”

11 la rivelazione nel suo insieme mostra due dati:
 una pluralità di esperienze del peccato (non univocità)  e la solidarietà nel peccato (complicità)

12  La pluralità dell’esperienza del peccato
Nella lingua italiana c’è un solo termine per dire “peccato” e viene compreso in una direzione “univoca”: l’azione colpevole volutamente e liberamente compiuta da un soggetto. Il discorso biblico è più articolato: mostra un linguaggio ricco con una pluralità di vocaboli:

13 Nell’AT peccato può esser descritto come:
hatta’: mancanza, mancare lo scopo awon: ingiustizia, azione contraria ad una norma pesa’: ribellione contro un superiore rasa: aver torto nebalah: cattiveria tum’ah, zonah: peccato come impurità

14 Nel NT Hamartía = una potenza maligna personificata che regna nel mondo (Rm 5,12ss). Paráptomata = caduta, passo falso (2Cor 5,19; Gal 6,1; Rm 4,25). Parábasis = trasgressione (Gal 3,19; Rm 2,23; Rm 4,15; Rm 5,14; 1Tm 2,14). Ofeílēma = “debito” (Col 2,14). Anomía = “ingiustizia”, ostilità contro Dio, di perversione religiosa (2Ts 2,7; 2Cor 6,14). Adíkia = uno stato di ingiustizia (Rm 1,18.29; 2,8; 3,5; 6,13; 9,14).

15 Osservazioni: la varietà di forme con cui la Scrittura parla del peccato, insinua che è un’esperienza com-plessa e variegata, tutt’altro che univoca non si tratta semplicemente di una pluralità di linguaggi o di vocabolario, bensì a tutti gli effetti, una diversità di esperienze: si danno situazio-ni differenti e variegate che, seppur in vario mo-do, vengono comunemente riconosciute dalla Scrittura come peccato. Ciò contrasta la comprensione moderna ed occidentale del peccato che lo intende in maniera univoca: peccato = peccato personale.

16 “Il peccato e il male si propagano.
 La solidarietà nel male Nella descrizione dell’esperienza della colpa, la Scrittura presenta una sorta di “contagio del peccato”: “Il peccato e il male si propagano. Questo pensiero forma un elemento essenziale di una dottrina del PO, familiare allo spirito d’Israele” (A.-M. Dubarle)

17 Coscienza del popolo ebraico di una profonda solidarietà umana: sia nel bene che nel male, ciascuno è coinvolto nella vicenda dell’altro Questo legame va riconosciuto: sia a livello diacronico, tra generazioni successive (padri e figli) 2) sia a livello sincronico  l’umanità come soggetto unico per quanto l’autore biblico non ne specifichi la modalità.

18 Dubarle ritiene che tale solidarietà va riconosciuta:
1) tra generazioni successive = Ger 31, 29-30, Ez 18, 2, Lam 5, 7 evidenziano che “i figli non solo subiscono le conseguenze delle colpe dei genitori, ma partecipano in certo modo ai loro peccati”. Questa convinzione non viene armonizzata con l’idea successiva della responsabilità personale espressa dalla letteratura sapienziale

19 Geremia 31,29-30 «In quei giorni non si dirà più: I padri han mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati! Ma ognuno morirà per la sua propria iniquità; a ogni persona che mangi l’uva acerba si allegheranno i denti». per cui “lascia una certa imprecisione sulla natura esatta di questa solidarietà coi padri”

20 2) coi contemporanei: “coi membri di una stessa comunità nazionale”
i peccati collettivi e anonimi, che creano “una solidarietà fatale tra responsabili e irresponsabili” Luca 13,4: “O quei diciotto sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise, pensate che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?

21 “anche il contatto materiale con certi corpi può propagare delle tare che incidono sul rap-porto con Dio”: l’impurità religiosa  anche se la spiegazione di questa resta oscura, tuttavia dà “un apporto alla dottrina del PO (sic!) nella misura in cui suppone che un soggetto può essere colpito da tare religiose prescin-dendo da atti peccaminosi da parte sua e persi-no dalla libertà delle decisioni”.

22 Valutazione dell’analisi di Dubarle
alcune suggestioni possono risultare esegeticamente discutibili il guadagno consiste nell’aver riscoperto come la Scrittura raccolga sotto la categoria di pec-cato una pluralità, un quadro ampio di significati insieme prepara un ambiente favorevole, uno sfondo su cui si inserirà la coscienza del PO.

23 In questo contesto analizziamo solo due dei numerosi testi:
Gen 3 e Rom 5 per l’importanza attribuitagli da tutta la tradizione la quale vi riconosceva il fondamento biblico della dottrina stessa.

24 Gen (2-) 3 genere letterario: eziologia metastorica
superata l’interpretazione letterale e storicizzante il testo non parla immediatamente del “PO” (nel senso del dogma) Ciò che Gen 3 non dice: che l’uomo nasce in una condizione peccaminosa (nel senso del PO originato) né parla di una trasmissione della colpa dal primo uomo (nel senso del PO originante) in tutti

25 Ciò che Gen 3 dice: La convinzione dell’originaria bontà della creazione: Dio non ci ha creati peccatori  Cosmogonie e schemi mitici delle origini: come spiegare l’ingresso del male nel mondo? Il dio creatore cattivo Il male è nella natura: creazione ontologicamente cattiva Il male non è un incidente, è una produzione

26  Bibbia: Il male non appartiene alla natura delle cose: è un accidente, una dis-grazia Non è l’ultima parola della sua storia o, peggio, l’origine della sua storia (Lifschitz); la prima e l’ultima parola spettano a Dio Sopraggiunge (come il serpente che funge da “figura di ingresso” esterna al rapporto Dio-uomo) Non appartiene al destino e dev’essere combattuto e distrutto (contro il fatalismo e contro la rassegnazione)

27 Kant nota in “La Religione nei limiti della pura ragione”:
La tradizione giudeo-cristiana divide il mondo in tre: cielo – terra – inferi. In questo terzo luogo essa pone il male Il male non solo non è in Dio (cielo), ma nemmeno nell’uomo (terra). La creazione, dunque, non è il luogo del male.

28 Analisi del testo di Gen 3
in base a una lettura esegetica tradizionale (di stampo patristico)

29  I tratti distintivi dell’azione peccaminosa originaria
versetti 1-6

30 1 Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?». 2 Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, 3 ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete».

31 4 Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto!
5 Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». 6 Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desidera-bile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.

32 La complessa origine del male (uomo-serpente), cui tuttavia riconosce una responsabilità essenziale al peccato dell’uomo Il serpente La bibbia non spiega o giustifica il male, lo raffigura: un male incomprensibile ma reale figura simbolica di un enigma fondato nella realtà: qualcosa è accaduto, il male è reperibile la sua portata disumanizzante rivela l’inganno fallace del serpente che ha indotto l’uomo su una via di morte: distruzione e rovina Dio lo maledice: non è suo complice; Dio non è la causa del male

33 Ma nemmeno l’uomo lo è: l’introduzione del terzo enigmatico (né dio né uomo) il serpente (“immagine dell’irruzione” esterna) indica la presenza precedente del male: l’uomo non deve portare tutta la responsabilità della colpevolezza: “Il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo” (Gn 4,7) un male ci precede, è già-qui, “iam malum erat” (Agostino) qui il senso della tentazione: l’uomo non è l’iniziatore assoluto (idea della ereditarietà) NB: importante per non cadere in una colpevolizzazione ossessiva.

34 Serpente: simbolo due provenienze: ambito mesopotamico
incantatore, chiacchierone seducente doppio: fa vedere una positività fasulla 2) cultura egiziana - Morte per il morso (veleno); salvezza perché il veleno è anche farmaco (cfr. il serpente di bronzo di Mosé: Nm 21; Gv 3)

35 bestia più astuta: Astuzia non è saper costruire ma “saper distruggere”: far perdere ciò che si ha Padri: Il maligno non ha una proposta creativa è un movimento – una forza distruttrice Bulgakov: il maligno è “il potere degli aggettivi negativi”

36 Chi è Satana? Ap 12,9: “il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli”. Angelo decaduto: Isaia 14,12 “Come mai sei caduto dal cielo, Luci-fero, figlio dell’aurora? Come mai sei stato steso a terra, signore di popoli?” 13 Eppure tu pensavi:…14 Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo. 15 E invece sei stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell'abisso!

37 È decaduto dal cospetto di Dio
Angelologia di Bulgakov: Struttura sociale della Mesopotamia Re (nessuno lo ha mai visto) Davanti a lui 7 uomini che guardano il volto del Re e lo nascondono Poi c’è il popolo che non ha mai visto il Re I sette sono intermediari: portano il messaggio del Re.

38 I sette sono gli Arcangeli: contemplativi e messaggeri di Dio
GERARCHIA DEGLI ESSERI da animali a uomo = tante specie sempre più perfette da uomo a Dio = angeli: esseri viventi, spirituali, personali, relazionali Dio è la vita  Più si è vicini alla Fonte della Vita e più c’è un pullulare di esseri viventi

39 Satana è angelo decaduto dalla relazione con-templativa rispetto a Dio
Non serviam! Decade dalla vicinanza Precipitato: ha infranto la gerarchia degli esseri e si trova in una relazione pervertita rispetto a Dio  Serpente “strisciante” = cioè decaduto dalla posizione verticale. insopportabile che ci sia un essere “ancora in piedi” (l’uomo) che gli ricorda che non avrà più quella posizione scopo della tentazione: abbassare l’uomo al suo livello

40 Sap 2,24: la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo
Angelo pervertito: non ha corpo, non ha sostanza è un aggettivo senza sostantivo Il sostantivo degli angeli è Dio, dopo la caduta satana è con un segno negativo (-) davanti è un aggettivo negativo che sta cercando un sostantivo È pervertito, dunque negativo e si attacca in modo parassitario al sostantivo

41 SOSTANTIVO ANGELO DECADUTO DIO È un potere di negatività UOMO DIO senza sostanza Se l’uomo si dis-trae da Dio – Satana si impadro-nisce della sua sostanza mettendole il segno - davanti

42 «Il segreto tremendo di Satana nasconde l’assenza di fondamento ontologico, e questa tremenda vacuità lo costringe a prendere a prestito, a usurpare l’essere fondato e radicato nell’atto creatore di Dio. Il male si attacca all’essere come un parassita, lo dissangua e lo divora. La Bibbia vede nel male una libertà fallita e divenuta volontà malvagia. Aggiungendo l’inesistente all’esistente, lo perverte in essere malefico.

43 (P. Evdokimov, Le età della vita spirituale, 90-92).
Dove non c’è Dio non c’è neppure l’uomo. La perdita dell’immagine di Dio implica la scomparsa dell’uomo intero, disumanizza il mondo, moltiplica gli indemoniati. All’assenza di Dio si sostituisce la pesante presenza dell’invasato di se stesso, dell’auto-idolatra e le sue tristi utopie rischiano alla lunga di modificare il tipo antropologico» (P. Evdokimov, Le età della vita spirituale, 90-92).

44 (P. Evdokimov. Le età della vita spirituale, 101)
«Il male non è una sostanza; è una volontà pervertita, cosciente e gelosa della sua autonomia, dinamica nella sua trasgressione della norma, moltiplica le distanze e le assenze. L’essere malvagio vive come un parassita, formando delle escrescenze, dei gonfiori maligni. Ciò che toglie all’essere, glielo aggiunge in malattie» (P. Evdokimov. Le età della vita spirituale, 101)

45 non-esistenti (ouk ontes)
Tutti quelli che partecipano a Colui che è (tou Ontos) — e i santi vi partecipano — sono chiamati con ragione degli esistenti (ontes). Ma coloro che hanno rigettato la loro partecipazione a Colui che è, per il fatto di esserne privati, sono divenuti dei non-esistenti (ouk ontes) Origene

46 Il peccato come DI-STRAZIONE dalla relazione con Dio
cessa la conversazione spontanea tra Dio e gli uomini  Prima Eva parlava con Dio ora ascolta un altro interlocutore, Dio diventa “secondo”  Dio diventa uno “di cui si parla” e non l’interlocutore “a cui si parla”  c’è un passaggio dal registro della relazione interpersonale (io-tu) alla relazione formale/ oggettuale (io-egli; io-esso)

47 La tentazione come FALSIFICAZIONE del reale: sospetto su Dio (“è vero che?”…) Si inizia a compromettere l’immagine autentica di Dio

48 con-fusione assiologica delle cose possibili/ non possibili
La proibizione non dice di astenersi dal “man-giare di nessun albero del giardino?” bensì di “non mangiare dell’albero della vita”? (Gn 2,16) Confusione anche nella risposta di Eva circa la proibizione relativa all’albero del bene e del male che amplifica l’interdetto e lo rende irragionevole: “Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare (?), altrimenti morirete”. Il “non toccare” non ha alcun senso!

49 e diventereste come Dio
 inganno circa il contenuto del divenire e diventereste come Dio in quanto l’uomo è già creato a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26) inganno anche circa il fatto del “divenire”, che comporta di perdere anche ciò che l’uomo già possedeva e trovarsi “nudo”

50 “Dio sa che se… diventereste come dèi”
L’IMMAGINE CONTRAFFATTA di un Dio “geloso” di ciò che è suo e di se stesso e che non vuole parteciparlo all’uomo un Dio, infantile, geloso delle sue cose (l’albero) e di se stesso (“diventare come lui”), rivale della felicità dell’uomo. Smentita in Fil 2,6: “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio…”

51 Inganno: l’uomo ha potuto accettare la proposta sedu-cente di essere “come Dio” a motivo della percezione distorta della sua immagine: un Dio meschino – non donatore a cui si deve rapinare un spazio di soprav-vivenza di cui liberarsi – per conquistare una autonomia assoluta negando questo Dio l’uomo diventerà un dio migliore per superare l’ostacolo a questo progetto di autodeificazione: dimenticanza dell’interdetto

52  la donna vide che l’albero era buono da mangiare (il buono)
L’azione peccaminosa consiste 1) nell’avida presa di possesso di un bene proveniente da Dio e contenente i suoi attributi:  la donna vide che l’albero era buono da mangiare (il buono) gradito agli occhi (il bello) e desiderabile per acquistare saggezza (il vero) 2) nell’appropriarsi della conoscenza bene/male (cioè della Sapienza = Gb 15,8)  un’appropriazione “per rapina” di ciò che invece andava ricevuto “per dono”

53 3) Rifiuto di seguire il comandamento divino
l’interdetto è l’avvertimento non di una “zona proibita”, ma di una “zona falsa”! L’albero è il custode della gerarchia relazio-nale: guardandolo l’uomo ricorda il comanda-mento e non confonde la gerarchia: Dio è Dio – l’uomo è l’uomo – la creazione è creazione Non era negata la conoscenza del bene-male, ma l’uomo può conoscere alla maniera della creatura a immagine di Dio: conoscere le cose insieme a Dio

54 conoscenza sapienziale-contemplativa:
tiene con del TU di Dio creatore Dio conosce le creature amandole la conoscenza oggettuale invece è: isolata, svincolata dalla relazione con Dio conoscenza non contemplativa: non vede le cose nella logica dell’amore, le cose non ricordano più la relazione (Dio) è aggressiva: conosce impossessandosi, conoscenza dell’uso, strumentale (per diventare come…) è un guardare “per prendere”

55 4) Affermazione assoluta della individ-ualità creata in autonomia da Dio, che perviene fino all’autodivinizzazione: “sarete come dèi” una vocazione (tesi della predestinazione = filiazione come divinizzazione) pervertita in tentazione: una “superumanizzazione” Il PO è consistito nel togliere la congiun-zione: l’uomo prima era CON Dio (G. Popovic)

56 5) Alterazione della gerarchia creaturale:
per il mancato rispetto per i limiti creaturali ora l’attenzione verso Dio è spostata verso il frutto è così che nasce “l’idolo” (lo J scrive nel tempo della crisi salomonica)

57 L’idolo è un potere di oggettivazione delle creature
Dio diventa qualcosa di cui si può disporre (cfr. la critica di Gesù al sistema religioso dei pre-cetti e dei riti); la tentazione religio-sa dei figli di Zebedeo: “vogliamo che tu ci faccia ciò che ti chiederemo” (Mc 10,35). Cfr. il verbo “prendere” usato frequente-mente nei racconti della passione di Gesù. relazioni strumentali tra le persone uso dispotico della creazione ridotta a materiale d’uso

58 L’esito effettivo…

59 7 Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. 8 Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. 9 Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». 10 Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardi-no: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto».

60 11 Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo
11 Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». 12 Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». 13 Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».

61 14 Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. 16 Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà». 17 All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita.

62 18 Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre.
19 Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!». 20 L’uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi. 21 Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì. 22 Il Signore Dio disse allora: «Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano... 23 Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto.

63 v. 7: essere nudi (non tanto una valenza sessuale)
vulnerabile – esposto alla minaccia – precario – spogliato della vita immortale la vita viene solo dalla relazione con Dio (Gv 4,1-30) v. 8: nasconde dietro i cespugli si aggrappa per proteggersi a ciò che è fragile l’uomo è immagine del Prototipo divino; distrat-to dal Prototipo divino fa dell’albero (oggetto) il suo prototipo: attendendosi la vita da ciò che è mortale diventa mortale v. 10: ho avuto paura… la vita trasformata in af-fanno (uomo ricurvo su di sé: adoratore dell’om-belico: memoria di una ferita)

64 Così Massimo il Confessore (Centuria V) spiega il comparire dei VIZI

65 reazione possessiva

66  pensieri da affermare
riempire il vuoto  pensieri da affermare  persone da possedere  oggetti possedere

67 reazione autoaffermativa

68 Evagrio (filosofia greca) tre ambiti nell’uomo: la parte del desiderio
la parte emozionale la parte spirituale Gola Avidità Lussuria Ira Invidia Accidia Superbia

69 Il “castigo” = mette un termine
Il rimprovero-castigo di Dio a uomo/donna ha un potere liberatorio: la fine dell’auto-accusa, della ritorsione, della auto-espiazione: avendo commesso una colpa non finisco più di accusare/punire l’altro (uomo -donna - serpente…)  “nascondersi da Dio” = sottrarsi dalla vita, darsi la morte è un atto eccessivo di autopu-nizione Il “castigo” = mette un termine la figura = dell’arcangelo all’uscita del paradiso

70 Il castigo è posto da altri-Altro: l’alterità del giudizio libera dalla deriva patologica di un autocastigo senza limiti La spada dell’arcangelo taglia il cerchio infernale di una giustizia fatta dal colpevole Dio vuole arginare le conseguenze del male: fa dei vestiti; mette il marchio su Caino perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato (Gn 4,15)

71 La perturbazione delle relazioni costitutive dell’uomo in seguito al peccato:
l’unità letteraria di Gen 2-3, che coglie i due capitoli secondo un metodo circolare che rinvia l’uno all’altro: Gen 2 = la creazione originaria dice il senso vero dell’umano Gen 3 costituisce il parallelo, ma di segno opposto: è la rottura delle relazioni di Gn 2 la natura del peccato: altera le relazioni costitutive della persona (perversione drammatica) la natura maligna del peccato: esso è divisione e solitudine, e in questo costituisce la radice di ogni altra colpa

72 un simile evento non può rimanere senza conseguenze reali sull’esistenza dell’uomo
sinteticamente si possono ricondurre alle tre seguenti: la relazione con Dio (dall’intimità al timore) la relazione con l’uomo (il simile) dall’esultante comunione con la donna (“osso delle mie ossa, carne della mia carne”) ad un rapporto segnato dal sospetto e dalla pos-sibilità di dominio, di prevaricazione (a imma-gine del primo peccato!), dunque la necessità di proteggere l’intimità personale. La sessuali-tà come via della salvezza…

73 3) il rapporto con il mondo (da signoria a lotta ed assoggettamento)
non è uno stato di vita completamente nuo-vo ad essere instaurato, ma una alterazione dell’armonia felice e dell’innocenza delle realtà anteriori al peccato vengono da esso alterate: la comunicabilità sociale è combattuta dal pudore; la maternità e il lavoro diventano dolorosi; l’aiuto dato all’uomo dalla donna diventa per essa la servitù l’autore tralascia la descrizione accurata della condizione perduta con il peccato e mo-stra ciò che nella nostra attuale esperienza sono le conseguenze della colpa dell’uomo

74  La causalità della colpa:
L’AT riconosce un concatenamento di peccati, come un dilatarsi dell’esperienza della colpa in Gen1-11. Non che il peccato di Adamo venga trasmesso per generazione. Gn 3 evoca più le conseguenze infelici del peccato degli inizi che la sua trasmissione Non ci si preoccupa di dire la relazione esatta tra il primo peccato ed i successivi, ma questa è affermata: Sir 40,1: “Una sorte penosa è disposta per ogni uomo, un giogo pesante grava sui figli di Adamo, dal giorno della loro nascita dal grembo materno” Anche in Sal 51,7 Gb 14,4; 15,14

75 Il dramma fratricida di CAINO E ABELE (4,1-16)
Gn 1-11: una peccaminosità diffusa: Il dramma fratricida di CAINO E ABELE (4,1-16) Caino non è più libero nella relazione (offre a Dio ma vuole che lui gradisca: gestire e controllare Dio); legge ciò che accade come una congiura contro di sé (perde la facoltà del discernimento); l’uomo diventa come il Dio falso che teme: geloso, dunque vuol “tirar giù” Abele dal cospetto di Dio (autodistruzione del vincolo umano più stretto) l’omicidio non è secondario, ma è secondo: non è il principio del male: la disobbedienza dei proge-nitori precede l’odio omicida dei due fratelli  Il teologale precede l’etico!

76 L’unione dei figli di Dio con le figlie degli uomini cui segue una moltiplicazione della malvagità sulla terra che corrompe l’umanità e procura il diluvio (Gn 6,1-7) Costruzione della torre di Babele: gesto di superbia nel campo delle possibilità tecniche nel tentativo di creare unità nazionale, culturale (lingua) e “farsi un nome” per innalzarsi fino al cielo, cioè pareggiarsi a Dio il cui nome si rivela nei prodigi che compie (Gn 11,1-9). Is 53,6: Noi tutti eravamo sperduti come un gregge ognuno di noi seguiva la sua strada

77 «Ubi peccata, ibi multitudo»
I PADRI hanno recepito la nozione biblica della solidarietà nel male: «Ubi peccata, ibi multitudo» (Origene, In Ezech. Homelia, 9,1) «Satana ci ha dispersi» (Cirillo di Alessandria, In Johannem, lib. 7: PG 74,69)

78 (P. Florenskij, Colonna, 228-229).
Il peccato (radicale) consiste nel non voler uscire dalla condizione dell’autoi­dentità, dell’identità «io = io»… Tutti i peccati particolari sono semplicemente varianti, manifestazioni della cocciutaggine dell’aseità. In altre parole, il peccato è quella forza di difesa della propria autosufficienza che rende la persona «idolo di se stessa», che «spiega» l’io con l’io e non con Dio, che fonda l’io sull’io e non su Dio. Il peccato è quella tendenza radicale dell’io per la quale l’io si conferma nel suo isolamento e fa di sé l’unico punto di appoggio della realtà. Il peccato è ciò che esclude dall’io tutta la realtà, perché vedere la realtà significa esattamente uscire da sé e trasportare il proprio io nel non-io, nell’altro, in ciò che contempliamo, significa cioè amare (P. Florenskij, Colonna, ).

79

80

81 Romani 5

82 Romani 5 12 Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. 13…14 la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. 15 Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini.

83 16 E non è accaduto per il dono di grazia come per il peccato di uno solo…17 Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. 18 Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita.

84 19 Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. 20 La legge poi sopraggiunse a dare piena coscienza della caduta, ma laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia, 21 perché come il peccato aveva regnato con la morte, così regni anche la grazia con la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.

85 Il contenuto della pericope è cristologico
giocato sul parallelismo Adamo-Cristo ma l’accento è sul ruolo di Cristo, non sul primo  la tecnica letteraria dello Satzparallelismus:  Paolo mette in evidenza la superiorità assoluta dall’azione di Cristo  mentre Adamo entra semplicemente come antitipo, come figura per rinforzare l’afferma-zione precedente, fornendo un elemento di contrasto

86  e l’argomentazione a fortiori (molto più) l’accento cade sul «tanto più (pollo mallon)»
 pone in evidenza il tipo di rapporto = la relatività del primo al secondo

87 La tesi dell’intero capitolo 5 riguarda la grazia e non il peccato: si afferma che la grazia supera in maniera sovrabbondante gli effetti del peccato nel mondo Paolo intende parlare di Cristo e della potenza della salvezza operata da Lui, non tanto rivelare qualcosa su Adamo l’impostazione cristocentrica: Cristo è il punto di partenza e chiave ermeneutica della storia dell’uomo la disobbedienza di Adamo è l’antitipo, com-pare in maniera funzionale e totalmente relativa per accentuare la sovrabbondanza di grazia.

88 Anche da questo brano non si può ricavare:
né la trasmissione del peccato dal primo Adamo; né l’affermazione della sua responsabilità individuale: Adamo è più un peccatore inaugurale che causale Nella controluce di Cristo universalmente salvatore è la figura della universalità dei peccatori

89 Adamo rappresenta l’umanità nella sua sorgente e nella sua libertà: figura inaugurale della storia, rappresentante simbolico dell’umanità conforme alle intenzioni di Dio Consente di parlare dell’unità peccatrice dell’uomo rispetto all’unità di salvezza e di grazia che ci è data in Cristo L’ampiezza che Adamo assume: il corrispondente negativo dell’ampiezza incomparabile di Cristo

90 Del peccato si afferma:
la sua tragica esistenza e l’effettiva universalità (“tutti sono peccatori”: già da Rom 1) Paolo dimostra di conoscere l’affermazione del “PdA”, ma la preoccupazione del suo discorso è maggiormente centrata sul “Regno del Peccato”, l’hamartía che domina la storia e spinge l’uomo a peccare regna a partire da Adamo (v. 21) c’è l’idea di una presenza complessa del peccato: peccati personali; il Peccato del Mondo; Peccato delle Origini.

91 Evitare due estremi, insostenibili dal punto di vista biblico:
da un lato l’affermazione che in Adamo abbiamo tutti peccato e che esistano solo i peccati personali Occorre tenerli insieme: il NT evidenzia l’universalità della colpa (tutti sono peccatori Rom1-3) riafferma la dimensione personale del peccato il cosiddetto PdM, ossia un regno del peccato ma anche il PdA, il fatto che le origini abbiamo un ruolo, o comunque il passato, sul presente.

92 Conclusione circa la Scrittura
non si trova il dogma del PO così come lo conosciamo e la tradizione lo ha formalizzato ma possiamo riconoscere gli elementi essenziali di quella dottrina ciò che manca è l’articolazione di questi elementi. Ma ciò è proprio della teologia.

93 Il PO NELLA TRADIZIONE  Prima di Agostino
 Cipriano = “colpa estranea” nei bambini superata col battesimo “Il male antico” (lex orandi) “Macchie della nascita” (Origene) Ambrogio = a partire dal principio giuridico romano  il comportamento del capostipite determina in modo permanente la condizione giuridica di tutta la famiglia  i discendenti hanno solidalmente partecipato in anticipo alla “commissione” del peccato di Adamo: Lapsus sum in Adam, mortus sum in Adam

94  Grande influsso: l’errata traduzione di Rm 5,12 (Volgata – fine sec
 Grande influsso: l’errata traduzione di Rm 5,12 (Volgata – fine sec. IV) Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. greco: Eph’hô pántes hémarton = perché tutti peccarono tr. attuale: Eph’hô = mediante il fatto o per il fatto che = la morte ha raggiunto tutti gli uomini, per il fatto che tutti hanno peccato latino: In quo omnes peccaverunt = nel quale (Adamo) tutti peccarono

95 Agostino Esegeti = errore di tr. dell’in quo omnes peccaverunt
Agostino lo interpreta come un relativo e che, erroneamente, riferiva ad Adamo La lettura risultava perfettamente funzionale alla sua prospettiva che considerava tutti peccatori perché “tutti avevamo peccato in Adamo” tendenze al traducianesimo o generazionismo (anima del bambino deriva dal processo generativo dei genitori), dal seme corporale (tradux = tralcio di vite) secondo Tertualliano, o da una particella dell’anima dei genitori entrata nel seme (t. spirituale) come sostiene Agostino Facilita spiegazione della trasmissione del PO Magistero lo rifiuta, a favore del creazionismo (DS 361)

96 Agostino non è l’«inventore» del dogma del PO
è inventore della «terminologia» peccato originale non della «dottrina» è colui che ha dato la prima “formulazione compiuta” ad una coscienza comune di fede (vedi Cipriano, Origene…)

97 Polemica antipelagiana
Posizione di Pelagio: accentua le capacità della libertà umana il peccato di Adamo (un cattivo esempio) influisce solo estrinsecamente, ossia si trasmette solo per “imitazione” la sua posizione è “contra traducem peccati”: riconosce solo un “cattivo esempio” da parte del peccato di Adamo Il battesimo dei neonati è per una santificazione, non in remissione dei peccati (? )

98 Agostino risponde affermando la convinzione di una eredità di peccato del primo uomo che si trasmette a tutti quanti i neonati non sono innocenti, la loro peccaminosità ereditaria si manifesta nella loro concupiscenza macchiati dalla “colpa paterna” fanno parte della “massa dannata” = l’unica salvezza sta nel battesimo  se fosse vera la tesi della esemplarità di Adamo, occorrerebbe dire anche che è il solo esempio di Cristo a salvarci, svuotando però dall’interno la consistenza della Redenzione.

99 Elementi sintetici della tesi agostiniana:
Con il proprio peccato Adamo (PdA) ha determinato la caduta da quella condizione “meravigliosa” in cui Dio lo aveva creato (SO) Il Peccato di Adamo ha reso tutti peccatori, poiché «a cominciare da Adamo tutti gli uomini ereditano il PO, trasmesso per generazione» Non c’è solo una imitazione del PdAdamo (noi pecchiamo come Adamo), bensì una vera e propria eredità.  «Questa situazione che abbiamo ricevuto da Adamo ha nella concupiscenza la sua espressione visibile»  è “figlia del peccato e madre dei peccati”

100 Questa eredità si trasmette «per generazione attraverso la concupiscenza, che è presente in ogni atto generativo, anche nei genitori cristiani» La concupiscenza diviene così la ragione della trasmissione del PO, poiché è intesa immediatamente in connessione con la sfera sessuale e con la generazione  attraverso il piacere collegato all’atto della procreazione = così tutti gli uomini diventano colpevoli e peccatori degni di dannazione

101 La conseguenza ultima è
che tutti gli uomini nascono già peccatori (POo) per cui ciascuno viene al mondo in una condizione peccaminosa facciamo parte di quella massa damnata da cui solo la grazia può trarci.

102 Gli elementi su cui Agostino poggia la sua argomentazione sono:
la prassi tradizionale del pedobattesimo = sin dall’epoca apostolica il testo di Rom 5,12 = pertransiit e l’in quo: in tutti gli uomini passa non solo la morte ma il peccato poiché tutti hanno peccato in Adamo  la testimonianza della tradizione (Ambrogio, san Cipriano) circa il male antico


Scaricare ppt "Antropologia - Lezione 22^"

Presentazioni simili


Annunci Google