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Antropologia - Lezione 10^

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Presentazione sul tema: "Antropologia - Lezione 10^"— Transcript della presentazione:

1 Antropologia - Lezione 10^
Capitolo I Storia di una ricerca: l’antropologia nella Bibbia e nella Tradizione Gaudium et Spes e oltre…

2 Gesù è al vertice delle aspirazioni umane, è il termine delle nostre speranze e delle nostre preghiere, è il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, è cioè il Messia, il centro dell'umanità, Colui che dà un senso agli avvenimenti umani, Colui che dà un valore alle azioni umane, Colui che forma la gioia e la pienezza dei desideri di tutti i cuori, il vero uomo, il tipo di perfezione, di bellezza, di santità, posto da Dio per impersonare il vero modello, il vero concetto di uomo, il fratello di tutti, l’amico insostituibile, l’uomo degno d’ogni fiducia e d’ogni amore: è il Cristo-uomo.

3 E nello stesso tempo Gesù è la sorgente d’ogni nostra vera fortuna, è la luce per cui la stanza del mondo prende proporzioni, forma, bellezza ed ombra; è la parola che tutto definisce, tutto spiega, tutto classifica, tutto redime; è il principio della nostra vita spirituale e morale, dice che cosa si deve fare e dà la forza, la grazia, per farlo; riverbera la sua immagine, anzi la sua presenza in ogni anima che si fa specchio per accogliere il suo raggio di verità e di vita, che cioè crede in Lui e accoglie il suo contatto sacramentale; è il Cristo-Dio, il Maestro, il Salvatore, la Vita... «Cristo è necessario»; «Cristo è sufficiente»; «Cristo è la vera e sola religione, Cristo è la sicura rivelazione di Dio, Cristo è il solo ponte fra noi e l’oceano di vita che è la Divinità, la Trinità santissima, per cui, volere o no, siamo stati creati e a cui siamo destinati» (Papa Paolo VI)

4 Conclusioni su Gaudium et Spes

5 È indicato, in linea di principio, il criterio ermeneutico su cui impostare una antropologia cristiana: il punto di partenza cristologico = Cristo chiave di lettura dell’umano si impone come il riferimento imprescindibile per la teologia postconciliare: l’antropologia qui presentata ha il suo fondamento e il suo culmine nella cristologia il contributo del concilio non è nei vari brevi sviluppi tematici, ma dal principio base enunciato in GS 22 con la definizione del nesso antropologia-cristologia si ha ormai l’architrave su cui strutturare armonicamente e in forma sistematica il discorso cristiano sull’uomo

6 Per F.G. Brambilla è l’esito del rinnovamento biblico e dello sviluppo filosofico del sec. XX che hanno condotto alla «dissoluzione del trattato» e perciò al ripensamento col punto di partenza scritturistico = non si poteva trattare solo di ripensare alcuni temi alla luce della Parola di Dio, bensì di riscoprire il senso stesso della rivelazione: non è prima di tutto un deposito di verità, definizioni, dogmi, ma l’autocomunicazione di Dio nella storia impone di chiarire i due poli entro cui si svolge il dialogo salvifico: Gesù Cristo è vertice dell’autocomunicazione divina e l’uomo è il suo destinatario = Gesù Cristo diventa il senso dell’uomo, la rivelazione dell’uomo.  conclusione di questa revisione radicale = fare l’antropologia secondo la rivelazione (e non a partire da un concetto previo di natura) significa elaborare l’antropologia secondo la cristologia

7  Risultato di questa scelta è l’affermazione chiara dell’unica vocazione divina di ogni uomo.
 ma l’ambiguità del mancato riferimento cristologico sin dalla creazione comporta una non del tutto chiara interpretazione di tale vocazione alla figliolanza in Lui. Giustamente Ladaria ha messo in luce la dinamica della rivelazione attraverso la quale si giunge alla verità dell’uomo: Gesù è il rivelatore del Padre, dunque, di se stesso come il Figlio. Coerentemente rivela anche la verità dell’uomo quale figlio. Tuttavia, tale logica emerge, forse, più a posteriori. Il testo oscilla ancora tra questa formulazione – più insinuata che esplicitata – e una definizione “generica”, di vocazione “divina”…non è ancora detta “vocazione filiale”! Cristo ci fa conoscere che noi stessi siamo fatti per Dio. Ma ciò non definisce ancora la “forma filiale” del rapporto a cui siamo chiamati. Prova ne è il fatto che normalmente si definisca l’uomo quale imago Dei, ma senza alcuna relazione a Cristo.

8 Il limite di GS è l’impressione di compromesso insita nel testo
Il limite di GS è l’impressione di compromesso insita nel testo. Si vedono, infatti, incongruenze ed accostamenti tra le dichiarazioni di principio e le declinazioni contenutistiche: si parla dell’unica vocazione divina, ma solo in alcuni accenni si esplicita il suo contenuto “cristologico” (?) si ribadisce il riferimento dell’uomo a Cristo, ma raramente se ne esplicita il legame sin dalla creazione (perché si è incarnata proprio la Seconda Persona e non…?) Il dato si può comprendere alla luce della vivacità del dibattito conciliare preoccupato di non entrare in dispute di scuola perciò, si elabora una linea di mediazione, in cui si ritrova ancora molto delle posizioni precedenti proprio per la sua natura di testo “di compromesso” fra posizioni diverse e, all’opposto, per la lucida chiarezza con cui ha dichiarato il principio ermeneutico nel cristocentrismo, si comprende la pluralità di posizioni su cui si svilupperà l’antropologia teologica postconciliare.

9  Ladaria fa notare che rimane aperto il problema del rapporto natura/grazia
Alcuni Padri chiedevano un approfondimento di questo tema e domandavano che si superasse chiaramente la distinzione tra ordine naturale e ordine soprannaturale, passando alla creazione dell’uomo in Cristo, con un passaggio forse troppo repentino. Altri volevano ribadire la doppia visione dell’uomo nei termini di natura e nei termini di grazia. Il Concilio evita di entrare direttamente in questa discussione, forse per evitare di perdersi nelle secche della discussione sul motivo dell’incarnazione. Si doveva inoltre evitare un cristocentrismo radicale, per non chiudersi al dialogo col mondo contemporaneo. Inoltre c’era il desiderio ben chiaro che l’ordine della creazione mantenesse la propria autonomia.

10 Esistono negli atti conciliari le tracce di proposte di formulazioni interessanti che non sono poi confluite nel testo, ma che indicano la tendenza di alcuni padri conciliari: “l’ordine della creazione include l’ordine della redenzione” (Atti, vol. IV/I 461). Questo testo rischiava però di offuscare l’idea di autonomia dell’ordine della creazione. Oppure: “Dire uomo è già evocare Cristo”. O ancora: “Cristo perfetta immagine del Dio invisibile a immagine del quale noi siamo stati creati” (Atti vol. IV/II - cfr. Ireneo e Tertulliano).

11 Tra i limiti più rilevanti, va sottolineato:
il recupero del riferimento cristologico sino alla protologia non viene attuato. Nonostante Ladaria cerca di ritrovarne i possibili agganci (persino nelle note), occorre constatare che non appare una tesi chiara e convinta in quel momento. Tutt’al più si potrà riconoscerla come insinuata.  In ogni caso, il concilio non la pregiudica, anzi, semmai, la linea di riflessione che ha prospettato – ossia il primato cristologico – la suggerisce come feconda.

12 Un’accusa che è stata mossa a questo numero della GS riguarda la pneumatologia:
sarebbe stato necessario un ricorso più abbondante alle testimonianze dell’azione dello Spirito. Ci sembra che quest’accusa sia ingiusta poiché lo Spirito Santo ha in questo numero tutta la centralità che merita. Anzi, qui si apre la riflessione sulla grazia.

13 Se questi sono gli esiti a cui conduce lo studio della GS, rimane ampiamente giustificata la sua importanza per l’antropologia teologica. Ladaria cerca poi di allargare il discorso anche agli altri documenti conciliari: AG 8 che richiama la tesi di fondo, dell’unica vocazione rivelata in Cristo e NA 5 che parla della filiazione e della fraternità. La constatazione, però, rimane che anche in questi «non si va al di là della GS»  si può trarre la conclusione che, con il Concilio Vaticano II, l’antropologia teologica ha trovato un punto di non ritorno: il principio cristocentrico. Al di là, però, dell’indicazione di principio, rimane un compito da attuare, ancora nuovo.

14 In definitiva, il dato che dobbiamo raccogliere è la coscienza che il Concilio Vaticano II
ha effettivamente posto le condizioni necessarie per impostare cristianamente un’antropologia teologica.  Il contributo si pone non tanto a livello dei contenuti, quanto piuttosto per la novità del metodo.

15 Guardare un po’ “oltre” GS:
un suggerimento di Brambilla: Guardare un po’ “oltre” GS: l’Antropologia Cristiana nel “complesso” del Concilio Vaticano II

16 Ladaria ci ha permesso di raccogliere analiticamente la ricchezza di GS per l’antropologia teologica
Brambilla all’opposto, insiste per un’attenzione più ampia alla dottrina conciliare. a livello generale condivide con G. Colombo una sorta di compromesso nell’antropologia emergente dal testo, poiché «nonostante la positiva esclusione della teologia dei due ordini, ripropone, senza superarla, l’antropologia dei manuali» = creazione e incarnazione ??? con G. Alberigo, condivide che la GS ha deboli legami con il resto dei documenti conciliari e, soprattutto, con la Scrittura Queste due paiono essere le ragioni radicali dell’insufficienza antropologica cui si è rimasti.

17  Di qui la conclusione di F. G
 Di qui la conclusione di F.G. Brambilla, che ne ricava pure un’indicazione positiva: «A mio avviso, proprio nel carattere irrelato della teologia della GS rispetto ai poli principali del concilio si trova la ragione prossima della insufficiente maturazione a cui è arrivata l’antropologia teologica della costituzione. Ma da ciò deriva anche una indicazione metodica per il rinnovamento della stessa antropologia teologica, la quale non può ripensarsi se non raccogliendo la lezione globale dell’insegnamento conciliare, in particolare quello della DV circa il carattere salvifico della rivelazione, la sua forma cristologica, la sua declinazione storica».

18 Brambilla non si ferma all’analisi di un documento.
Gli esiti emersi confermano la bontà di questa scelta: per quanto sia vero che GS costituisce il testo con maggior riferimento alla tematica antropologica, tuttavia, ha fornito un contributo solo parziale invece, un documento quale DV non è preoccupato direttamente di tematiche antropologiche, ma fornisce il fondamento al rinnovamento generale della teologia stessa e, conseguentemente, costituisce l’apporto fondamentale per un ripensamento unitario anche dell’antropologia teologica.

19  DV, infatti, mettendo nuovamente a tema il concetto di Rivelazione postula e fonda il rinnovamento del metodo teologico stesso. Il discorso teologico, infatti, si deve ripensare continuamente come «intelligenza critica della rivelazione» dunque, un nuovo modo di concepire la rivelazione provoca coerentemente un rinnovamento della teologia stessa. Questo è l’esito del processo di «superamento dell’antropologia manualistica preconciliare».

20 Più precisamente  la metodologia della teologia postconciliare si pensa a partire dalla rivelazione e non primariamente a partire dal magistero = la rivelazione diventa così il principio istitutivo della comprensione della realtà dal punto di vista cristiano = il dogma sotto la PdD Poiché, però, la Rivelazione non è altro che Cristo stesso, si impone come prioritario e centrale il riferimento a Gesù Cristo: la cristologia, in quanto “principio” e “centro” della rivelazione cristiana, costituisce la forma e il criterio ermeneutico per la comprensione cristiana di tutta la realtà:

21 Cristo è Dio è il Padre di Gesù = De Deo capo del Corpo = De Ecclesia
immagine dell’uomo = Antropologia Cristo è dona la vita divina = De Gratia futuro dell’uomo = escatologia norma dell’umano = morale  il complesso movimento di rinnovamento della teologia in se stessa pone le basi per l’impostazione della moderna antropologia teologica 

22 La tesi della strutturazione cristocentrica dell’antropologia teologica
l’antropologia deve essere ricostruita assumendo la cristologia come “principio” e “forma” del discorso cristiano sull’uomo, perché l’antropologia teologica è l’antropologia della rivelazione (e non della natura) e la rivelazione propriamente detta è Gesù Cristo nel preciso senso che l’umano cristologico (in quanto è l’umanità singolare dell’evento di Gesù) è la forma e il principio e, dunque, il criterio ermeneutico dell’umano antropologico.

23 Brambilla propone di declinare la tesi in quattro tappe:
 identificare il senso cristiano dell’uomo nel rapporto costitutivo all’evento singolare di Gesù di Nazareth, così che i due termini del rapporto non siano dati e compresi previamente al rapporto medesimo semplicemente detto: si parte da Cristo per comprendere l’uomo attenzione critica a possibili visioni antropologiche pre-costituite a prescindere da Cristo

24  porre in relazione costitutiva i singoli temi antropologici con il riferimento cristologico
 gli argomenti trattati (grazia, creazione, peccato, giustificazione, compimento escatologico…) non devono essere in qualche modo presupposti e non determinati dalla forma cristologica si intende evitare il rischio di assumere acriticamente una trattazione “filosofica”, anziché teologica infatti, se Gesù Cristo dice la verità piena e definitiva dell’uomo, occorre che si dia un recupero integrale del riflesso di Cristo sulla comprensione di tutto l’uomo.

25 Il riferimento cristologico dovrà in-formare lo stesso progetto generale:
 questo dovrà porsi come criterio sintetico ed unitario  dallo sviluppo di questa convinzione dipende l’esito e – prima ancora – la ristrutturazione dell’antropologia teologica.

26  Evitare una duplice riduzione del riferimento cristologico:
anzitutto, nella tendenziale riduzione alla redenzione dall’altro, la riduzione critico-negativa (amartiocentrica), come se la cristologia non fosse in grado di dire nulla di positivo sull’uomo.  Tale strutturazione dell’antropologia teologica attorno al principio cristocentrico è stata esplicitata da F.G. Brambilla e costituisce l’indice del nostro Corso.

27 Il dopo Concilio Vaticano II

28 GS 22 ha indicato il nodo fondamentale dell’antropologia teologica: il nesso cristologia-antropologia ma non lo ha svolto, consegnandolo come compito da attuare alla teologia del dopoconcilio questo ha dato origine ad una pluralità di sviluppi che, in vario modo, hanno cercato di realizzare questa esigenza uno sguardo all’indice di alcuni trattati metterà in luce i differenti schemi utilizzati per trattare l’antropologia teologica.

29 Alcuni ricalcano il tradizionale De Gratia, come ad es.
E. Schillebeeckx, Il Cristo. La storia di una nuova prassi, Brescia Queriniana 1977. Altri riconducono il discorso sull’uomo interamente alla protologia: G. Gozzelino, Il mistero dell’uomo in Cristo. Saggio di protologia, Leumann, LDC, 1991, che riprende tutti gli argomenti del De Deo creante et elevante, anche la questione degli angeli.

30 I più, però, ricalcano il modello di Flick ed Alszeghy che – forse per primi – raccolgono il materiale tradizionale sparso nei vari trattati, cercando di dare una visione unitaria e armonica dell’antropologia e recuperando il riferimento cristologico.

31 p. 4: in Cristo (incorporazione salvifica)
Flick e Alszeghy  La materia resta così suddivisa in due sezioni: L’uomo sotto il segno di Adamo parte 1: l’uomo creatura di Dio p. 2: l’uomo immagine di Dio p. 3: l’uomo alienato per il peccato e poi L’uomo sotto il segno di Cristo p. 4: in Cristo (incorporazione salvifica) p. 5: per Cristo (azione della grazia) p. 6: verso Cristo (escatologia).

32 Parte Prima. Ogni uomo è Adamo: - creazione del mondo - dell’uomo
A questo modello, si ispirano ad es.:  I. Sanna Parte Prima. Ogni uomo è Adamo: - creazione del mondo - dell’uomo l’uomo immagine di Dio l’uomo nella condizione di peccato. Parte Seconda: Ogni uomo è Cristo: la Grazia parte storica: estensione e modalità della chiamata alla grazia (predestinazione) effetti della grazia dinamismo della chiamata l’uomo destinato alla vita eterna.

33 Tre i capitoli del suo volume:
 e lo stesso L. Ladaria Tre i capitoli del suo volume: L’uomo e il mondo come creature di Dio L’uomo chiamato all’amicizia con Dio e peccatore L’uomo nella grazia di Dio.

34 I meriti di queste impostazioni:
 trovano unità i contenuti sinora dispersi in vari trattati  continuità con la tradizione col rinnovamento conciliare recuperano il riferimento a Cristo si segue l’ordine cronologico della storia della salvezza, così come si dà a conoscere all’esperienza umana e come la Scrittura la presenta (l’ordo historiae) il concilio ha stimolato il recupero della storicità, contro ogni descrizione “astratta” dell’umano sempre in riferimento al Vaticano II, il cristocentrismo appare già nella prima creazione, ma emerge soprattutto nella nuova creazione.

35 I limiti di queste impostazioni:
l’effettiva centralità di Cristo pare più dichiarata che non effettiva più che per una “revisione tematica”, il cristocentrismo dovrebbe funzionare come architrave dell’impianto teologico il riferimento a Cristo non intende essere un “contenuto in più”, un’informazione aggiuntiva ad argomenti previamente dati, ma come criterio ermeneutico dell’antropologia questa è l’indicazione del concilio, che non si è impegnato tanto a rivedere i “temi” dell’antropologia, quanto piuttosto ad indicarne il metodo ed il criterio.

36 E la nostra impostazione?

37 Di fronte al lento travaglio che ha visto nascere l’antropologia teologica optiamo per il modello proposto ed elaborato da alcuni teologi della facoltà di Milano: G. Colombo, L. Serenthà, F.G. Brambilla e G. Colzani questo schema si caratterizza per la scelta del punto di partenza: occorre iniziare con il piano di Dio sull’uomo, ossia parlando dell’uomo come elevato alla vita di grazia, e non tanto dalla sua creazione la creazione non è che la conseguenza di questo progetto originario, di cui è il primo passo d’attuazione.

38 Si ottiene, in sostanza, un’inversione dell’ordine tradizionale, poiché:
si muove dal piano di Dio sull’uomo, ossia della sua elevazione all’ordine soprannaturale (la Grazia) per arrivare poi alla creazione ed al senso della storia. Con chiarezza di L. Serenthà sintetizza il criterio fondamentale: «il nesso logico dovrebbe predominare su quello cronologico e, in questo senso, iniziare pertanto dalla teologia della grazia».

39 Esemplificando, potremmo dire che se “storicamente” si è rivelata così la verità sull’uomo – ossia nel distendersi del tempo: prima la creazione, poi il peccato, quindi la redenzione di Cristo -, ciò non può esser elevato ad affermazione di principio: “è così”. Non è corretto sovradeterminare l’ordine storico a criterio interpretativo della realtà. Anzi, una volta conosciuto Cristo quale compimento pieno e definitivo della rivelazione, non si vede perché si debba ripercorrere ancora tutto l’itinerario precedente per arrivare a Lui (?!)

40 l’ordine cronologico della storia della salvezza
protologia redenzione escatologia 1° Adamo incarnazione (Adamo definitivo) (creazione)

41 protologia redenzione escatologia
l’ordine logico (il punto di partenza cristologico) deve predominare sull’ordine cronologico. Cristo protologia redenzione escatologia creazione incarnazione ricapitolazione del 1° Adamo del 2° Adamo Adamo definitivo

42 Un’occhiata all’Indice del nostro corso…

43 Nell’ottica di questa proposta, strettamente cristocentrica, lo schema essenziale del trattato di antropologia può esser ricondotto a tre tappe:  La predestinazione La tesi fondante e fondamentale della antropologia teologica è identificata in questa cifra biblica e teologica, in quanto ritenuta capace di raccogliere la ricchezza dei significati che definiscono il piano originario di Dio: l’uomo si comprende nella chiamata / predestinazione ad essere e vivere in Gesù Cristo: “predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio” (Rm 8,28)

44 Il secondo momento intende declinare le strutture della libertà creata:
 Dio attua il suo piano creando una libertà corporea nel mondo  nella differenza per la comunione di uomo-donna  nella chiamata all’incorporazione (= la grazia)

45  La terza tappa, invece, indagherà la vicenda storica della libertà creata, ossia il concreto sviluppo storico del progetto di Dio: il dono originario della grazia (lo Stato Originario dell’uomo) e il peccato come sua perdita (il Peccato Originale e la sua continua efflorescenza in una storia di peccato) il cammino della giustificazione del peccatore (il dinamismo della grazia).

46 Si intuisce coerentemente il motivo per cui l’antropologia teologica è strettamente legata anche all’escatologia, che costituisce il momento finale di questo sviluppo storico: il compimento definitivo dell’uomo in Cristo, ossia la realizzazione piena del piano divino dall’eschaton agli eschata la figura di Maria, poi, non è che l’attuazione esemplare dell’umano cristiano (connessione con la marialogia)

47 Tesi fondamentale della Predestinazione:
Momento sistematico I (= strutture della libertà creata)  L’uomo: libertà creata  La relazione uomo-creazione  La libertà sessuata: differenza nella/per la comunione  La grazia. L’incorporazione a Cristo: realizzazione della comunione Ri-fare il discorso a partire da: Tesi fondamentale della Predestinazione: Figli nel Figlio per grazia Momento sistematico II (= vicenda storica della libertà creata)  Lo Stato Originale  La complicità in Adamo: il Peccato Originale

48 Capitolo II La verità dell’Antropologia cristiana: la partecipazione degli uomini alla Predestinazione di Cristo

49  La predestinazione nella storia della fede
Lo svolgimento di questo capitolo fondamentale si articolerà in tre tappe:  La Predestinazione come mistero del destino soprannaturale dell’uomo: è la tesi fondamentale  La predestinazione nella storia della fede due capitoli che riteniamo significativi:  la testimonianza biblica: di cui approfondiamo due momenti: l’elezione nell’AT e la predestinazione in Paolo le controversie storiche: Agostino e la scia di discussioni che ha suscitato  Ripresa sintetica della ricchezza e dei problemi che la tradizione cristiana consegna, alla luce delle nuove istanze teologiche e culturali.

50 enunciazione della tesi:
 La Predestinazione come mistero del destino soprannaturale dell’uomo enunciazione della tesi: Dio Padre ha predestinato, con volontà gratuita e infallibilmente efficace, tutti gli uomini a divenire figli nel Figlio suo Gesù Cristo, per opera dello Spirito Santo (G. Colzani) L’uomo è chiamato per grazia, per favore divino, alla filiazione divina, a partecipare nello Spirito Santo di quella relazione filiale che è propria di Gesù (L. Ladaria)

51 Attenzione: È la “tesi fondativa” dell’ATh e lo sfondo per tutte le singole questioni non è né la “prima” del trattato né una questione meramente introduttiva per passare ad altri concetti più importanti è il vero centro dove è raccolto e anticipato tutto il discorso cristiano sull’uomo.  Questo “è il fondamento al quale dobbiamo stare perennemente attaccati e sul quale soltanto il carattere cristiano della persona è posto al sicuro” (G.Colzani)  la verità dell’umano: l’uomo è voluto da Dio come figlio adottivo, in Gesù, tramite il Suo Spirito.

52 I nodi fondamentali contenuti nella tesi sintetica:
 Il nesso cristologia-antropologia: originario e costitutivo L’unità della storia della salvezza  La verità dell’uomo: figlio!  La dimensione trinitaria

53 Il nesso cristologia-antropologia: originario e costitutivo
l’uomo si comprende pienamente solo in Cristo poiché è stato creato a sua immagine, a immagine di Cristo. trascurato - o talora “dimenticato” - dalla tradizione teologica, soprattutto moderna, questo era un dato pacifico per la Bibbia e la tradizione patristica. Prima viene il Figlio, poi l’uomo. Prima viene il Figlio, l’Imago Dei, poi la creatura, imago Christi. L’uomo è l’immagine dell’Immagine di Dio

54 L’unità della storia della salvezza
Se Cristo è l’origine del piano di Dio e questo piano si attua nella storia, si ricava l’unitarietà della storia della salvezza attorno a Cristo: Egli ne è il Redentore e, più ancora, il compimento escatologico, proprio perché è il fondamento della storia. protologia escatologia Cristo Il cristocentrismo fornisce unità e coerenza interna alla visione della storia, escludendo a priori il dualismo del modello amartiocentrico (creazione e redenzione).

55 C’è un solo ordine storico realmente esistente, quello “cristologico”
ossia quello fondato su Gesù Cristo che ne è il principio di coesione interno

56 Melitone di Sardi - II sec.
Cristo è colui che molto ebbe a sopportare nella persona di molti. Egli è colui che fu ucciso nella persona di Abele, legato in Isacco, esiliato in Giacobbe, venduto in Giuseppe, esposto in Mosè, immolato nell’agnello, perseguitato in Davide, vilipeso nei profeti. Questi è colui che ha fatto il cielo e la terra, che all’inizio plasmò l’uomo, che nella Legge e nei profeti fu annunciato, nella Vergine incarnato, sopra un legno fu appeso, nella terra seppellito, e dai morti risuscitato, ascese nell’alto dei cieli, siede alla destra del Padre e ha il potere di giudicare e salvare tutte le cose; lui, mediante il quale il Padre ha sempre operato dall’origine e per tutti i secoli.

57 Per questo egli venne a noi; per questo da incorporeo che era si tessé un corpo della nostra natura. Apparso come agnello, rimase pastore; tenuto in conto di servo, non perse la sua dignità di Figlio; era portato da Maria, mentre era rivestito del Padre suo; calpestava la terra e riempiva il cielo; si mostrava bambino, ma non abbandonò l’eternità; apparve povero, ma non si spogliò delle sue ricchezze; bisognoso di cibo, non smise di nutrire il mondo; rivestì la forma di servo, ma non mutò la forma del Padre. Egli era tutto. Stava innanzi a Pilato, mentre era assiso con il Padre; era fissato al legno e sosteneva l’universo.

58 Questa visione unitaria conferma la volontà salvifica universale di Dio: poiché non esiste né un altro ordine, né un’altra volontà! Cristo è il filo che cuce insieme le diverse parti della creazione e della storia, ed è la realtà (veritas) di cui la Natura e l’Antico Testamento sono figure (anticipatrici). È la lettura tipologica della storia: Dall’Albero di vita alla croce: dal legno al legno e da Eden a Sion, da Sion alla santa Chiesa e dalla Chiesa al Regno (Efrem Siro)

59 In ultima analisi, l’ordine del mondo è l’ordine cristiano e viceversa l’ordine cristiano è l’ordine del mondo. Ogni ordine diverso dall’ordine cristiano non riflette l’ordine autentico del mondo… è da rilevare che nell’espressione “ordine cristiano” l’aggettivo prevale sul sostantivo. “Cristiano”, che deriva ovviamente da Gesù Cristo, non è quindi da intendere come la modifica di un ordine sostanzialmente precostituito: non preesiste un ordine che poi il cristianesimo sopraggiunge a modificare e vivacizzare come tinteggiatura in azzurro o in rosa; ma l’ordine si costituisce precisamente in quanto cristiano, cioè nel riferimento diretto a Gesù Cristo; è Gesù Cristo a fondare l’ordine cristiano, perché Gesù Cristo è il “principio” del mondo (G. Colombo)

60 La verità dell’uomo: figlio!
la Predestinazione precisa già cristologicamente la natura del rapporto fondante ed originario dell’uomo con Dio il punto di partenza cristologico impone di vedere l’uomo, sin dall’inizio, dentro il piano divino, in rapporto a Gesù Cristo, non considerato “genericamente” nella sua “natura”. Non ha consistenza, pertanto, la possibilità stessa di un “duplice ordine” di realtà (naturale e soprannaturale) né una visione “astratta” dell’uomo si recupera in questo modo il «soprannaturale concreto» (F.G. Brambilla), che è l’unico ordine voluto da Dio, quello incentrato su Gesù Cristo, cioè l’ordine della predestinazione

61 Il rapporto dell’uomo con Dio è plasmato secondo la forma Christi:
non si tratta di una semplice relazione da creatura a Creatore neppure quella di un qualsiasi partner all’interno di un patto di amicizia: l’uomo non è creato e, poi (in un ipotetico “secondo” momento), chiamato, “elevato” ad un rapporto di amicizia particolare con Dio neppure è sufficiente dire che è genericamente chiamato alla divinizzazione, a “diventare come dio” bensì alla cristificazione, ad essere “figlio adottivo” più precisamente Dio vuole stabilire la relazione di Paternità con tutti nel Figlio per lo Spirito Santo: questo è il piano di Dio.

62 Qui si dischiude sinteticamente il contenuto della tesi: la predestinazione non è genericamente la chiamata dell’uomo alla comunione con Dio, ma questa si rivela cristianamente come relazione filiale. La filiazione, dunque, è il carattere proprio, specifico del rapporto cristiano con Dio, il Padre di Gesù: «Il tema della filiazione... esprime la modalità cristiana della divinizzazione: il cristiano partecipa della vita divina a modo di figlio, poiché riceve in sé la presenza dello Spirito di Cristo, che è il Figlio di Dio» (L. Serenthà).

63 La figura storica della filiazione Predestinati secondo
l’Immagine del Figlio Piano dell’eternità Per diventare con-formi all’Immagine del Figlio Piano della attuazione storica

64  La dimensione trinitaria
È evidente, in tutto questo, anche l’originaria dimensione trinitaria del piano salvifico: precisare il contenuto filiale (e non «gene-rico») del rapporto di comunione con Dio, signi-fica affermare la relazione con ciascuna persona trinitaria: una relazione di paternità-filialità con l’Abbà una relazione di fraternità-imitazione con Gesù primogenito di molti fratelli una relazione di inabitazione-docilità con lo Spirito che è l’artefice della comunicazione di questa relazione filiale.

65 Momento biblico: Elezione Predestinazione
 La predestinazione nella storia della fede Momento biblico: Elezione Predestinazione

66 Perché iniziare dalla Sacra Scrittura?
impossibile dare all’uomo una risposta al di fuori della storia della salvezza non cadere in teorizzazioni o formulazioni “astratte” sulla volontà divina, fermandosi invece alla storia, all’evento Cristo Per esprimere il progetto di Dio e la sua volontà: la teologia usa il termine tecnico di predestinazione la Bibbia usa una terminologia varia: eleggere, predestinare, riconoscere, chiamare. Quattro linee di studio possibili: il tema dell’elezione nell’Antico Testamento, del regno nei sinottici, del mistero in Paolo e della verità in Giovanni. Noi? La categoria di Alleanza/Elezione per l’AT e quella di Predestinazione per il NT, in particolare per Paolo

67 L’AT. L’elezione del popolo
il libro del Deuteronomio da forma compiuta al tema dell’elezione; in particolare il passo di Dt 7,6-16 l’elezione diviene l’elemento costitutivo stesso del popolo di Israele. 6 Tu infatti sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo popolo privilegiato fra tutti i popoli che sono sulla terra. 7 Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli - siete infatti il più piccolo di tutti i popoli -,

68 8 ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri, il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha riscattati liberandovi dalla condizione servile, dalla mano del faraone, re di Egitto. 9 Riconoscete dunque che il Signore vostro Dio è Dio, il Dio fedele, che mantiene la sua alleanza e benevolenza per mille generazioni, con coloro che l’amano e osservano i suoi comandamenti… 16 non servire i loro dei, perché ciò è una trappola per te”.

69 Sottolineiamo i seguenti elementi:
La terminologia: bachar = eleggere (NT = ekleghestai)  Vuol dire separare: per il Dt Jahvè separa Israele dagli altri popoli, affinché sia un popolo santo, che appartiene a Jahvé.  Dio ha destinato Israele a ciò, e senza ragione. L’elezione è dovuta soltanto all’amore e alla fedeltà di Dio ...  Nell’uso religioso di bachar l’accento viene posto sulla grazia come motivo dell’elezione.

70 b) Il soggetto dell’elezione: il Signore tuo Dio (v. 6
b) Il soggetto dell’elezione: il Signore tuo Dio (v.6.7): Dio è sempre il soggetto di tutte le azioni. c) Il destinatario: il popolo (v.6). Aspetto fondamentale e costitutivo dell’elezione è la dimensione comunitaria dell’elezione: il destinatario (sia nell’AT che nel NT) è il popolo, non un singolo. Anche nel caso delle vocazioni dei singoli (patriarchi - profeti) va ricompresa nell’insieme dell’elezione del popolo; sono personalità corporative

71 d) Lo scopo: l’elezione è relazione personale
d) Lo scopo: l’elezione è relazione personale. Il contenuto di tale chiamata è un patto di Alleanza tra Dio e Israele: è una scelta che genera un legame interpersonale, al punto da poter essere definito come un rapporto di “appartenenza”. “Il Signore si è legato a noi per essere il suo popolo privilegiato” (v. 6); similmente si ricordi la formula sintetica dell’Alleanza dell’AT: “Io sono il Signore tuo Dio e tu sei il mio popolo”.

72 La chiamata ha un fine ben preciso: creare un legame di speciale appartenenza tra Dio e questo popolo, al punto tale che questo tratto lo separi, lo distingua da tutti gli altri popoli. L’elezione (bachar) consiste nel fatto che Dio separa il popolo affinché sia santo (riservato per Lui) come Lui è Santo: lo rende simile a sé, e crea un legame con il popolo (cf Dt 14,2).  Non si tratta ancora dell’intimità filiale dischiusa da Gesù, ma si entra già in una relazione personale, amorosa, e non puramente in un legame giuridico.

73 e) Il motivo: l’elezione è amore gratuito
v. 7 in negativo = “non perché siete più numerosi”: non per motivi di merito o di qualità morali/soggettive v. 8 in positivo = “ma perché il Signore vi ama”. Il motivo, il fondamento e la ragione ultima di questa elezione: l’amore libero e gratuito di Dio. Immotivato e preveniente: tutto ciò che qualifica la Grazia. Il carattere principale di tale rapporto è la gratuità: dunque, l’Amore.

74 Si insiste sulla convinzione che non esiste alcuna ragione per l’elezione. Solo la benevolenza divina, in se stessa e non qualche prerogativa particolare di Israele. Nell’uso religioso di bachar, l’accento viene posto sulla grazia come motivo dell’elezione: il popolo d’Israele non ha nei confronti di Dio alcun valore proprio, per amore del quale Dio lo avrebbe eletto. Per questo l’elezione parla di Dio, è rivelazione del Volto di Dio.

75 f) Elezione e prova nella conclusione emerge un avvertimento: ciò è una trappola per te (v. 16) la possibilità della defezione rimane “reale” anche per il popolo dell’Alleanza il richiamo costante alla fedeltà indica la possibilità tragica di perdere il dono (v. 16): l’elezione avviene in mezzo alla tentazione, ha il carattere della lotta sia per le minacce esterne sia per la possibilità reale della propria infedeltà. Ciò richiama costantemente la comunità da ogni falsa securitas, in quanto la tentazione è costante e impone la lotta per rimanere fedeli.

76 g) Universalismo? Va denunciato un limite significativo nella presentazione dell’elezione nel Dt: è una visione ancora particolaristica, ristretta al solo Israele, mentre dovrà aprirsi ad un orizzonte universale! Anche se una risposta definitiva si avrà solo nel NT, già nell’AT si trovano ampliamenti significativi, in cui si riconosce il ruolo di Israele per la salvezza del mondo intero: Is 42, : 49,7s; Mal 1,11 Sof 2,11; 3,9.

77 Conclusione su Deut e AT
Si chiarisce che la via per comprendere l’uomo quale oggetto dell’agire salvifico di Dio occorre muovere dal progetto di Alleanza da parte di Dio, di cui l’Elezione sottolinea in particolare il carattere «gratuito»

78 La predestinazione in Paolo: il mysterion divino
in Gesù Cristo

79 Passaggio: dall’AT al NT
Dall’esperienza storica del popolo d’Israele, il NT risale al disegno precedente la creazione del mondo (Ef 1,4), il piano eterno (Ef 3,11; 2Tm 1,9). Si assiste, così, alla presa di coscienza dell’universalizzazione del progetto di Dio e al riconoscimento che l’esperienza storica vissuta dal popolo di Israele è segno della volontà eterna di Dio. C’è una duplice “estensione” nella visione del piano divino: un’estensione nello spazio - poiché è “per tutti”, è universale - e nel tempo - in quanto è “da sempre”.

80 il NT opera la piena rivelazione di tale progetto manifestandone il carattere cristologico: il piano di Alleanza/elezione di Dio ha il suo centro nell’opera e nella persona stessa di Gesù Cristo la dottrina dell’elezione, infatti, pur iniziata e fondata nell’AT ha il suo pieno svolgimento in Gesù: Lui ne è la rivelazione definitiva e, conseguentemente, il criterio interpretativo: la scelta della grazia di Dio è elezione della comunità del nuovo Israele solo in quanto essa è elezione in Gesù Cristo per questo, per comprendere l’uomo quale oggetto dell’agire salvifico di Dio è necessario muovere dalla comprensione del progetto eterno di Dio in Cristo.

81 I Sinottici approfondiscono il progetto di Dio nella predicazione di Gesù sul Regno, mentre Giovanni lo esprime con la categoria di verità Ma è Paolo ad aver condotto ampiamente questa riflessione (Rom e Ef) e, soprattutto, ad essere stato il punto di riferimento del dibattito storico (Agostino - Calvino) relativo alla predestinazione. Per questo s’impone come oggetto privilegiato di studio.

82 della predestinazione
La teologia paolina della predestinazione  Il Mysterion divino: il piano di Dio  Romani 8,28-30: la catena aurea  Ef 1,3-14: la figliolanza adottiva  Colossesi 1,26-28: la creazione in Cristo

83  Il Mysterion = il piano divino
Paolo approfondisce il disegno salvifico di Dio nelle riflessioni sul mysterion, ossia il mistero eterno della Sua volontà (Ef 1,9), che si è rivelato in Cristo.  Testi di riferimento sono: Rom 16,25; 1Cor 2,7; Ef 1,9. 3,3; 4,9; 6,19; Col 1,26. Qui Paolo ritrova la verità dell’uomo ed il suo legame con Cristo.  Testi di riferimento per l’antropologia paolina: Rom 8,28-30, Ef 1,9-10 (v.9); 3,3-6 (3 e 5); Col 1,26-28 che declinano progressivamente la teologia della predestinazione per Paolo.

84 Ef 3 presenta il mysterion divino in questa dialettica di nascondimento-rivelazione:
A me…è concesso di mettere in luce qual è il disegno contenuto nel mistero, nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo. In tal modo, per mezzo della Chiesa, è manifestata ora ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore (3,8-13)

85 il mistero della volontà divina (Ef 1,9) non è più qualcosa di segreto e nascosto
Il termine mistero, biblicamente inteso, non equivale minimamente a qualcosa di “misterioso”, oscuro o incomprensibile. Non ha affatto un’accezione “intellettualistica” indica il disegno eterno di Dio, ormai dis-velato e conosciuto: in Gesù Cristo. Anzi, pare identificarsi con Cristo stesso - secondo l’accezione di Col. In Lui la volontà salvifica di Dio si è manifestata, si è fatta conoscere e dunque, non è più né “oscura” né manipolabile/equivocabile. Per questo, alla luce del mysterion possiamo cogliere definitivamente chi sia l’uomo.

86 Il contenuto del piano divino: la predestinazione
Il contenuto di tale mistero – il progetto di salvezza - è declinato da Paolo nella tesi della predestinazione, la quale, a sua volta si specifica nella filiazione in Cristo. I testi di Ef 1,3-14 e 2,1-10, Rm 8,28-30 presentano il mistero divino come elezione in Cristo di tutta l’umanità prima ancora della creazione del mondo, come predestinazione in Cristo di tutta l’umanità ad essere figlia di Dio, come offerta abbondante della grazia meritata dal sangue di Cristo per la nostra redenzione. Non solo in questa comunione sono vinte le dinamiche di divisione ma, in essa, è preannunciato e anticipato il compimento della storia umana: la riconciliazione, l’assunzione in Dio (G. Colzani)

87  Romani 8,28-30: la catena aurea
28 Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno [prothesis]. 29 Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati [proorisen] a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli. 30 Quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati”.


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