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IIa PARTE Università degli Studi di Milano

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Presentazione sul tema: "IIa PARTE Università degli Studi di Milano"— Transcript della presentazione:

1 IIa PARTE Università degli Studi di Milano
Anno Accademico 2008/2009 prof. Giuseppe Facchetti Corso di RELAZIONI PUBBLICHE IIa PARTE Università degli Studi di Milano Facoltà di Scienze Politiche Corso di laurea magistrale in comunicazione pubblica e d’impresa / curriculum Comunicazione politica e sociale

2 PARTE SECONDA Le relazioni pubbliche nella pianificazione degli strumenti della comunicazione

3 La matrice della comunicazione d’impresa (secondo Invernizzi)

4 Il dover essere dell’organizzazione
Un elemento è comune a qualunque soggetto/impresa/organizzazione che agisce sul mercato globale, e cioè l’equazione: SAPER FARE + FAR SAPERE = ESSERE

5 Da J.McCarthy a P. Kotler: 4 P + 2 R
Nel marketing, la comunicazione è vista sostanzialmente come “promozione”, ma la grande intuizione di Philip Kotler, padre del marketing moderno, è stata quella di affiancare alle 4 P del venditore, già individuate da MacCarthy, le 2 R che marcano il ruolo essenziale delle relazioni pubbliche nell’integrazione tra la funzione “vendere” e la funzione “vendersi” Le 4 P di Jerome McCarthy: PRODOTTO, PREZZO, “PLACE”, PROMOZIONE + Le 2 R di Philip Kotler RELAZIONI ISTITUZIONALI e RELAZIONI PUBBLICHE

6 Pubblicità e Relazioni Pubbliche … ma non solo
Le attività di comunicazione che hanno un maggior contenuto strategico sono la pubblicità (o advertising) – nell’above - e le relazioni pubbliche – nel below - ma il conseguimento degli obiettivi aziendali in genere dipende da un buon mix di queste tecniche, tra loro e con altre, volta a volta giudicate più adatte al raggiungimento di un determinato goal, e combinate/alternate con le principali, per ottimizzare i risultati. N.B: A livello mondo, un terzo degli investimenti va alla pubblicità classica e il resto alle iniziative di relazione e a quelle di incentivazione della domanda. Anche in Italia da tempo il below sorpassa l’above

7 Gli strumenti di comunicazione sono molti...
Promozioni Iniziative di comunicazione che puntano a migliorare le performance ed i risultati incidendo sul comportamento dei clienti attraverso l’offerta di vantaggi concreti e misurabili Direct Iniziative di comunicazione a risposta diretta, attraverso un contatto individuale col referente finale, di cui sia poi misurabile la risposta Sponsorizzazione Investimenti in ideazione / realizzazione di eventi di diversa natura (sport, cultura, sociali) finalizzati alla maggiore notorietà e miglioramentoimmagine utente Advertising Iniziative di comunicazione che consentono all’impresa di entrare esplicitamente in contatto con il mercato per incidere sull’atteggiamento, la motivazione e il comportamento d’acquisto dei clienti Relazioni Pubbliche Iniziative di comunicazione il cui scopo è creare clima di consenso e favore nei confronti del soggetto che comunica e delle sue proposte presso quei pubblici che possono incidere direttamente / indirettamente sul suo business Propone un’offerta e chiede na risposta Propone una associazione positiva per l’immagine Propone una prova e premia Propone un acquisto, un valore MERCATO Creano consenso e favore presso pubblici influenti

8 Strumenti strategici e strumenti tattici
Nell’ampia gamma degli strumenti di comunicazione disponibili, può essere utile distinguere anche tra: Strumenti strategici (che appartengono e possono influire sul destino stesso dell’organizzazione e vanno utilizzati per conseguire gli obiettivi di fondo): soprattutto pubblicità e relazioni pubbliche Strumenti tattici (che possono svolgere un’importante, spesso determinante, funzione di appoggio a quelli strategici, ovvero raggiungere specifici obiettivi di carattere particolare): tutto il resto: direct marketing, promozioni, sponsorizzazioni ecc.

9 L’orchestrazione e i costi
Sta sempre più affermandosi un utilizzo plurimo degli strumenti disponibili, a discapito dello strumento più above, lo spot tv, un tempo dominante, anche se l’audience tv può essere straordinaria ( finale mondiali calcio 2006, da 22,5 milioni di contatti per Gillette a 20,8 per Renault). Ma il costo è molto elevato, e gli obiettivi sono sempre più sofisticati (non basta più il semplice “contatto” con il target). Passando sopra e sotto la linea della visibilità immediata, si possono però ottimizzare investimenti, risultati, risorse e può esserci un miglior rapporto costi-benefici al di là del risultato immediato. Per questo, è necessaria una efficacia “orchestrazione” dei diversi strumenti disponibili, attenta a costi/ricavi.

10 La comunicazione integrata
La comunicazione integrata è la gestione complessiva, coerente e soprattutto completa, di un’unica strategia, utilizzando le diverse discipline, below e non, ricavando da ciascuna un valore aggiunto che possa poi riflettersi positivamente sull’effetto risultante. Per capire meglio cosa significa “integrata” occorre utilizzare non il significato di “aggiunta”, ma quello di “completata” A seconda dell’obiettivo specifico, ogni disciplina (le RP, la pubblicità, le altre specializzazioni) può diventare la disciplina-guida per coordinare le altre. Fondamentale, in termini di metodo, che vi sia comunque la figura di un “coordinatore”, nel senso di regista responsabile delle scelte finali.

11 L’immagine corporate Trovando una convergenza tra obiettivi immediati e consolidamento del ruolo strategico dell’organizzazione, si forma quella che si definisce L’IMMAGINE CORPORATE frutto di un risultato non transitorio, ma consolidato, riguardante la percezione razionale permanente dell’organizzazione da parte dei suoi pubblici. L’immagine corporate consiste in sostanza in una progressiva relazione unitaria, di percezione identitaria e di reputazione, con tutti i pubblici di riferimento, in modo coerente e coordinato con quanto l’organizzazione stessa ritiene di essere (mission), e vuole essere (vision), proponendo i propri valori guida. E questo, ben prima della stessa percezione dei suoi prodotti o servizi.

12 La coerenza è un valore

13 Necessità di pianificare le attività di RP
Per raggiungere in modo efficace e professionale i pubblici di interesse (stakeholders e influenti) che costituiscono il target dell’organizzazione, l’attività di relazioni pubbliche deve essere organizzata in modo coordinato sulla base di una precisa programmazione degli interventi da svolgere, che tenga conto degli elementi, strategici e di fatto, che condizionano qualunque piano: obiettivi, pubblici, tempi, costi. IN ALTRI TERMINI: OCCORRE SEMPRE UN PIANO DI COMUNICAZIONE

14 definizione Il piano di comunicazione consiste nella razionale organizzazione gerarchica e nell’ottimizzazione dei fattori economici, contenutistici, creativi, tecnici e professionali che complessivamente possono meglio garantire il raggiungimento dei risultati attesi, utilizzando in modo armonico ed equilibrato i numerosi strumenti disponibili, in un’ottica di comunicazione integrata.

15 Comunicare: non “se”, ma “come, quando, quanto”
La comunicazione è un elemento dell’azione imprenditoriale, e un vero imprenditore non si chiede “se”, ma “come, quando, quanto” comunicare. Spetta inoltre solo all’imprenditore (ovvero alla “coalizione dominante” all’interno dell’impresa- organizzazione) stabilire gli obiettivi, che appartengono alle sue strategie, ma occorre poi un supporto specialistico qualificato per definire, con l’apporto appunto del comunicatore professionale, il percorso da seguire in termini di creatività, strumenti, budget, pianificazione temporale delle risorse.

16 Necessità di una forte integrazione tra chi decide “dove” andare e chi è competente sul “come” andare L’organizzazione (cioè la sua coalizione dominante) deve fornire alla comunicazione elementi chiari per identificare gli obiettivi che vuol raggiungere, e deve rappresentare in tutte le sue implicazioni il progetto che intende realizzare; Tra il responsabile dell’organizzazione e quello della comunicazione deve realizzarsi, in totale trasparenza, una forte intesa relativamente alla condivisione dei fini da raggiungere.

17 Questioni metodologiche da tener presenti per una buona ed efficace pianificazione

18 Scopi generali e scopi particolari del piano di comunicazione
Tutte le organizzazioni debbono dotarsi di un piano di comunicazione, piccolo o grande, sia per raggiungere scopi strategicamente rilevanti, sia per finalità più tattiche e limitate, talvolta anche minime. Ma, indipendentemente dal rilievo intrinseco di ciascun piano, due aspetti essenziali debbono essere strettamente correlati: gli scopi generali e strategici dell’organizzazione stessa, il raggiungimento di specifici obiettivi tattici più circoscritti. Gli uni e gli altri debbono manifestarsi in modo sempre coerente e coordinato.

19 Coniugare sistematicità e creatività
“Per il professionista della strategia di comunicazione, sistematicità e creatività sono inseparabili” (S. Windahl, B. Signitzer, 1998)

20 Mai fissare obiettivi generici
Gli obiettivi non debbono essere mai generici, ma sempre ben definiti, e soprattutto S.M.A.R.T. (specific, measurable, agreed, reasonable and trackable): specifici, misurabili, concordati, ragionevoli controllabili nel tempo.

21 Due regole: flessibilità e circolarità
Un piano di comunicazione non è uno strumento statico, ma dinamico: si evolve, si corregge, si verifica ogni giorno, perché ha a che fare con un’infinita serie di variabili esterne (dalla moda, alle tendenze sociali e politiche, alla concorrenza, alla nascita-morte di stakeholders ed influenti). La circolarità è un requisito indispensabile in quanto “la pianificazione è corretta solo se è stata disegnata in modo da registrare in ogni momento la qualità delle reazioni dei pubblici di riferimento, ottimizzando le qualità dei sistemi di relazione attivati”(Consonni). In particolare, la circolarità deve voler dire continuità, ovvero ripresa dei cicli di comunicazione nel tempo, per consolidare e rinnovare costantemente i risultati man mano raggiunti. La circolarità consiste anche nel fatto che il piano registra e interpreta le attese esistenti nel sistema dei destinatari individuati, rende consapevoli quelle attese e infine gestisce/ottimizza gli effetti che la comunicazione ha suscitato.

22 Lavorare in progressione
Le attività di RP, in quanto finalizzate ad un consenso razionale e profondo, devono puntare a risultati di crescita progressiva, in sequenza: Informare (trasmettere conoscenza,consapevolezza, comprensione attorno agli obiettivi) Persuadere (agire su opinioni/convinzioni/tendenze) Motivare ad agire (intervenire sui comportamenti)

23 GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEL PIANO DI COMUNICAZIONE
Cosa “deve” esserci

24 Le più diffuse metodologie di pianificazione
L’A.P.I.C.E. di Emanuele Invernizzi (2000) Il GO.REL di Toni Muzi Falconi (2004) I “dieci passi” di G.Pietro Vecchiato (2008)

25 Il metodo A.P.I.C.E (Invernizzi, 2000) (audit e monitoraggio per pianificare le iniziative e gli interventi di comunicazione e quelli di sviluppo gestionale e organizzativo) Il metodo si propone di evidenziare la necessità, quando si voglia attivare anche un solo strumento o una sola iniziativa di comunicazione, di inserire tale iniziativa all’interno di un processo di cui vanno attuate tutte le fasi. Questo consente di evitare le incongruenze connesse all’attivazione di un singolo strumento di comunicazione, per sviluppare invece opportune sinergie tra gli strumenti e le iniziative progettate e/o già attive.

26 Le 5 fasi del metodo A.P.I.C.E.
1) Attivazione della committenza e definizione degli obiettivi (sviluppando tutti gli approfondimenti sugli obiettivi e coinvolgendo con autorevolezza i soggetti interni) 2) Audit delle attività già esistenti (misurandone efficacia ed efficienza) e dei bisogni di comunicazione, con coinvolgimento dei settori interni. Strumenti: intervista, analisi del contenuto, osservazione partecipante, survey su un campione 3) Progettazione e pianificazione delle iniziative (usando lo schema di Gantt) 4) Attuazione delle iniziative 5) Monitoraggio dei risultati

27 Il GO.REL (Governo delle Relazioni), matrice di riferimento per la realizzazione di un piano di relazioni pubbliche (o comunque guidato da esigenze di RP)

28 Il GOREL, matrice riassuntiva delle relazioni (secondo Toni Muzi Falconi)
Il GOREL è una “matrice di riferimento” da utilizzare per il “coordinamento dell’insieme dei sistemi di relazione di un’organizzazione”, da adattare caso per caso, applicando il modello più adatto: in genere una sintesi di quelli di Bernays, se l’obiettivo è più orientato alla vendita, e di Grunig, in sè più adatto a problematiche corporate o istituzionali. Il tutto, utilizzando i metodi professionali individuati dal “Manifesto di Bled” (manageriale, operativo e soprattutto: riflettivo ed educativo)

29 Le 10 fasi del GOREL FASI DI ASCOLTO
Identificazione precisa delle finalità (VISIONING): a) missione b) visione c) strategia, d) valori guida. Identificazione e ascolto degli stakeholders (quelli che hanno in mano la “licenza ad operare”). Obiettivo è conoscere, per tener conto con continuità del loro atteggiamento (e se necessario modificare le proprie posizioni). Identificazione dell’obiettivo specifico di rp, con stesura di un documento scritto di definizione, che tenga conto di quanto emerso nella fase 2, e venga conosciuto e condiviso. Individuazione e analisi di variabili sociali, politiche, economiche, tecnologiche, psicologiche ecc. che possono influenzare gli obiettivi, e intervento là dove effettivamente possibile. Selezione, obiettivo per obiettivo, variabile per variabile, dei soggetti, stakeholders e influenti, con un ruolo determinante per la riuscita del piano.

30 Segue Le 10 fasi del GOREL FASE DELL’INDIVIDUAZIONE E TRASFERIMENTO DEL MESSAGGIO Definizione dei messaggi chiave, per sintetizzare con chiarezza ed efficacia il concetto che si intende traferire ai destinatari, per influenzarne il consenso. Pre-test dei messaggi chiave (utilizzando normali metodologie di ricerca). E’ questa la fase decisiva di definizione, collaudo, modifica degli obiettivi quali-quantitativi. Scopo è arrivare a capire il livello di familiarità, notorietà e credibilità di ciascun messaggio/fonte. E poi stabilire gli obiettivi finali. 8. Definizione della strategia operativa: risorse, modalità, canali, tempi e strumenti. Scelta delle altre discipline da utilizzare in modo sinergico. Trasferimento dei messaggi agli influenti e (diversi) agli stakeholders. Infinita possibilità di azione (creatività) per tematizzare il messaggio, attirare l’attenzione, incidere su opinioni e comportamenti. FASE DI RIAVVIO DEL CICLO 10. Nuova fase di ascolto e misurazione dei risultati e sintesi delle indicazioni utili per far ripartire la comunicazione.

31 I dieci passi (Vecchiato)
analisi dell’ambiente, del contesto e dello scenario individuazione dei pubblici ascolto dei pubblici definizione degli obiettivi definizione dei contenuti e dei messaggi-chiave; valutazione degli input scelta della strategia di comunicazione scelta degli strumenti di comunicazione pianificazione delle azioni gestione operativa del trasferimento dei messaggi monitoraggio, misurazione e valutazione degli effetti della comunicazione.

32 Riassuntivamente (passaggi comuni): Le 5 macrofasi essenziali
LA FOCALIZZAZIONE DEL PIANO: Studio del brief e del contesto di avvio, definizione dello scenario, individuazione e ascolto iniziale delle aspettative di stakeholders e influenti (e realizzazione pertanto anche dell’audit suggerita da Invernizzi); INDIVIDUAZIONE DEL MESSAGGIO-CHIAVE PROGETTAZIONE DETTAGLIATA della strategia relazionale ATTUAZIONE DEL PIANO, (dinamica, flessibile, creativamente efficace, ed efficiente in termini di costi/benefici) ASCOLTO FINALE E RIAVVIO DEL CICLO + DUE ALLEGATI

33 Prima macrofase: la focalizzazione (essere ben certi di cosa si vuole comunicare)

34 Tutto comincia dal brief
La fase di trasmissione dall’organizzazione alla comunicazione dei dati fondamentali riguardanti gli obiettivi che essa vuole conseguire – fase che si concretizza in riunioni, incontri, distribuzione di materiali cartacei e informazioni (specie nelle gare pubbliche e private) - si chiama BRIEF o BRIEFING Il brief rappresenta pertanto la descrizione completa da parte dell’organizzazione – ivi compresi gli obiettivi finali e intermedi - del risultato che essa vuole conseguire con il piano. Deve anche contenere una precisa indicazione di tempi di realizzazione e risorse economiche disponibili. La comunicazione deve essere ben certa della corretta interpretazione del brief. Prima di procedere, occorre verificare più volte se obiettivi e finalità vere sono stati ben compresi. Se necessario, la comunicazione suggerisce riformulazioni e focalizzazioni maggiori, purchè condivise.

35 Dopo il brief Esame dei punti di partenza/ascolto del contesto:
fare una verifica (communication auditing) dello stato delle capacità effettive attuali e potenziali di comunicazione dell’organizzazione stessa; Sviluppare strumenti di ascolto per svolgere una verifica di convergenza sulle distanze tra l’effettiva capacità di comunicazione dell’organizzazione e il livello di conoscenza da parte del contesto, valutando in particolare i vincoli oggettivi esistenti e gli elementi soggettivi di potenziale distorsione, nonchè pregiudizi, disinformazione, influenza della concorrenza; Descrizione accurata dello scenario in cui la comunicazione dovrà muoversi. Simulazione delle dinamiche indotte dagli effetti della comunicazione. Individuazione di stakeholder e influenti - riconoscimento dettagliato degli stakeholders da raggiungere, e degli influenti da trasformare in stakeholders. - fare una verifica approfondita delle aspettative dei destinatari, del loro grado di conoscenza-base dell’organizzazione e dei suoi progetti.

36 Seconda macrofase: il messaggio-chiave (rispondere alla domanda che può sbloccare tutto)

37 L’importanza decisiva del messaggio-chiave
Il messaggio chiave è il cuore del piano: dalla sua chiarezza e focalizzazione dipende il successo della comunicazione (corrisponde nel marketing al posizionamento) E’ quello che risponde alla domanda “quale può essere il concetto che, se fosse saldamente ancorato nella mente del pubblico-influente, ci potrebbe facilitare nel raggiungimento dei nostri obiettivi?” Caratteristiche: E’ bene che sia già familiare, cioè comprensibile e soprattutto credibile Non va confuso con gli obiettivi: è uno strumento non un fine E’ sempre bene misurarlo in un pre-test, per poterlo modificare&adattare.

38 Terza macrofase: progettazione (la scelta creativa degli strumenti e del mix di comunicazione)

39 Scegliere il mix ottimale di comunicazione integrata
In questa fase occorre far bene i passi 6 e 7 della griglia di Vecchiato, e in particolare: scelta della strategia di comunicazione scelta degli strumenti di comunicazione Il tutto alla luce di due fattori/vincoli decisivi: I tempi Il budget Un piano di comunicazione può prevedere l’uso di uno o più strumenti (con gestione possibilmente da affidare a specialisti dei vari settori), tra i tanti disponibili, below e above, ma ognuno di essi deve essere ben chiaro nelle sue caratteristiche di costo, efficacia, specializzazione, fruibilità. Soprattutto devono essere chiare e ben valutate le interazioni e gli effetti derivanti dal loro uso coordinato, per gli obiettivi di Comunicazione integrata che si vogliono conseguire. Occorrerà qui lavorare bene sulla Work breakdown structure (vedi Vecchiato): Priorità, sequenze interdipendenze delle varie azioni di comunicazione scelte.

40 Efficacia del piano La pianificazione di un progetto è un processo che consente di raggiungere gli obiettivi attraverso la selezione giusta ed efficace di “cose da fare” che siano utili, coerenti, funzionali. Occorre innanzitutto ordine e chiarezza nelle procedure (consigliabile valersi delle griglie di Gantt) e capacità di lavoro di gruppo. Fondamentale la creatività, purchè controllata dalla managerialità. Occorrono “idee” (da descrivere nei dettagli) ma anche attenzione massima all’efficacia/efficienza, mettendo sotto controllo le principali variabili/vincoli: tempi e investimenti. Che devono essere indicati voce per voce.

41 Il “miracolo” della creatività
La creatività è lo strumento più essenziale della pubblicità, ma anche un piano di Relazioni Pubbliche richiede l’applicazione di grande creatività. Anche nelle RP, creatività significa anche applicare regole per creare valore. Nelle RP, creatività vuol dire uso innovativo degli strumenti a disposizione: l’evento ad hoc, le media relations ben finalizzate, l’uso vivace del web, la messa in campo degli strumenti specialistici più adatti… “Creatività è istituire tra elementi preesistenti combinazioni nuove, che siano utili” (Henry Poincarè, 1929) “ Creatività è rimescolamento, reinterpretazione, ricombinazione in forme nuove, di tutti i tradizionali attrezzi del mestiere, con piccole ma costanti immissioni di gesti e contenuti nuovi e creativi” (Vecchiato – 2002)

42 Creatività, scintilla per far scoppiare gli “incendi” della pubblicità

43 Segue pubblicità. Ricordarsi la “regola”: accostare due elementi apparentemente lontani e far scaturire un effetto utile

44 Cercare di indurre una riflessione razionale dettata da una suggestione emotiva

45 Creatività diverse: non sempre è necessario emozionare con l’immagine

46 Nelle relazioni pubbliche: creatività come “sale” della comunicazione integrata

47 Una campagna che valorizza la responsabilità sociale

48 Un prodotto ampiamente pubblicizzato può aver bisogno di comunicazione integrata RP

49 La creatività come strumento per attirare l’attenzione sul prodotto Lanciare un rasoio inventando lo “sciopero della barba” (utilizzo di eventi, media relations, viral marketing, direct)

50 Un piano si può fare anche con poche risorse Sintesi di un piano di comunicazione per valorizzare nelle scuole della provincia di Nuoro le bellezze ambientali e storiche della Provincia. Committente: Provincia. Obiettivo: coinvolgere i residenti e diffondere amore e rispetto per la propria terra. Stakeholders:500 insegnanti, 34 mila studenti. Azioni di accompagnamento: media relations, relazioni istituzionali (Sindaci e autorità locali). Alleanze. Legambiente. Budget: 65 mila euro.

51 L’importanza dell’applicazione di tecniche di lavoro di gruppo
Anche nelle RP, come nella pubblicità, è importante il brainstorming, come metodo per individuare le soluzioni, (non per prendere decisioni *) Il ruolo fondamentale del conduttore, e la “cross fertilization” derivante dall’interazione guidata. L’ideale: partecipazione di gruppo (max 5-7 persone), con esperienze diverse, agendo anche per analogie e metafore, per almeno 3-4 ore L’esito atteso: stabilire tattiche e definire una chiara strategia Implementare il piano di ‘idee’ *Le decisioni saranno prese dopo aver decodificato i risultati Raggiunti e scelte le soluzioni migliori.

52 Il brainstorming, questione di metodo
Tutte le idee hanno diritto di accesso E’ importante che vi siano molte idee: la selezione qualitativa viene dopo Ogni idea può collegarsi alle altre Individuare gli ostacoli e i vincoli (tecnica infantile del “perché-perché”) per trovare meglio le soluzioni di opportunità creativa

53 Quarta macrofase: l’attuazione pratica

54 Relazioni tra pubblici di riferimento e strumenti (nello schema di Gantt)
Opinione pubblica Pop. Scolastica Area obbligo Altra Popolaz. giovanile Mondo femminile Pubblici Sport e natura Int. e Istituz. STRUMENTI Produzioni Media relation Ufficio stampa Newsletter Att. Stampa specializzata Immagine coordinata Prodotti com. istituzionale Prodotti com. pubblicitaria Oggettistica Campagna AIB Comunicazione Scuola Sicurezza AIB montagna

55 Cronogramma delle attività (nello schema di Gantt)
MESE Giugno 2003 Luglio Agosto Settem. Ottobre Nov2003 Dicembre Genn 2004 Febbraio Marzo Aprile Maggio AZIONE Progettazione esecutiva Generale Produzioni Scuola Mont. Media relation Supporto Ufficio stampa AIB Newsletter prep. Rassegna stampa Indagini, orientativo (Timing con CFS) Focus tel. a Camp. att. Stampa specializzata Lancio Concorso Premi. Immagine coordinata Prodotti com. istituzionale Prodotti com. pubblicitaria Oggettistica Campagna AIB Comunicazione Scuola Sicurezza AIB montagna Convegno Legenda Picchi attività Continuità

56 L’importanza delle alleanze e il third part endorsement
Nell’analisi di scenario, un elemento talvolta decisivo può essere l’individuazione delle possibili forze terze da “alleare” nel raggiungimento dei risultati; E’ infatti di estrema importanza utilizzare/ottimizzare convergenze, spontanee o appositamente sensibilizzate, attorno ad obiettivi comuni, L’alleato rafforza e qualifica la credibilità dell’azione e soprattutto diventa garante di neutralità e obiettività, a patto naturalmente che non sia strumentalizzato, ma convintamente convergente con i fini del piano La sovrapposizione tra interesse generale e interesse dell’organizzazione (spesso decisivo per il successo del piano) può in definitiva trovare una conferma nel sistema di alleanze e nella sua efficacia.

57 Quinta macrofase: ascolto finale e riavvio del ciclo (la comunicazione non si ferma mai…)

58 La misurazione accompagna l’intero piano (metodo di Cultlip, applicato da Ketchum world wide)
La misurazione dei risultati dipende molto dall’accuratezza della preparazione del Piano fin dalle sue fasi preliminari, e quindi: Dalla definizione chiara degli obiettivi per i quali l'intervento viene avviato Dalla precisione della preparazione, e quindi innanzitutto dalla precisa identificazione degli stakeholder&influenti e dall’esatta formulazione dei messaggi Solo con queste premesse, si può pensare alla misurazione efficace delle fasi operative analisi, delle forme e dei contenuti con cui il messaggio è stato trasmesso all'esterno e dei contatti che ha generato e tipo di reazione e di legame instaurato con influenti e stakeholders. Valutazione del tipo di attenzione, ricordo e rielaborazione che gli intermediari scelti hanno riservato al messaggio Infine: verifica/misurazione, calcolo concreto dell’impatto rispetto all'obiettivo finale prestabilito. Metodi di misurazione utilizzati: interviste e analisi dei dati relativi ad aree del sociale tra loro affini, per osservare gli intervenuti cambiamenti di opinione, di atteggiamento e di comportamento.

59 Cosa misurare? Misurazione dell’output (il prodotto), cioè valutazione del risultato immediato o a breve termine ottenuto dal piano. Esempio: numero degli articoli usciti sulla stampa. E’ una misurazione tipicamente di carattere quantitativo. Misurazione degli outtake (i riscontri), ovvero misurazione della platea dei destinatari effettivamente raggiunta (non si pretende di sapere “come” hanno recepito, ed è dunque una misurazione ancora quantitativa, ma è molto utile). Misurazione degli outcome (le conseguenze). Qui si entra nella fase più qualitativa, perché si debbono misurare i cambiamenti effettivamente generati. Se abbiamo fatto conoscere un numero verde come strumento per informarsi su come gestire un certo comportamento, e abbiamo riscontrato un aumento delle chiamate, questo è certo un outcome interessante da verificare. Misurazione dell’out growth (il valore). Qui siamo evidentemente in un campo totalmente qualitativo, e occorrerà mettere infatti in campo misurazioni di contenuto. Si tratterà in particolare di valutare quanto sarà migliorata la qualità delle “relazioni” con gli stakeholders, ovvero – meglio ancora – quanto sarà cresciuta, soprattutto presso gli influenti, la reputazione dell’emittente.

60 In pubblicità prevale il dato quantitativo
“la pubblicità nasce tra i numeri, diventa immagine, torna ad essere numero” (Emanuele Pirella) Il vero metro di giudizio della riuscita di una campagna è l’aumento di vendite di un prodotto, verificato tenendo fissi gli altri elementi del marketing. La misurazione è basata sul confronto con gli obiettivi stabiliti (introducendo il criterio del benchmarking , cioè un riferimento preventivo per la misurazione) E’ effettuata con tecniche di ricerca ormai consolidate di riscontro tra il “prima” e il “dopo”.

61 Le RP incidono su valori intangibili, ma misurabili
Dal 2005 è vigente anche in Italia una nuova normativa di bilancio per le società quotate in Borsa, stabilita a livello internazionale, e riassunta nella sigla IAS (International Accounting Standars), con l’obiettivo di assicurare maggiore trasparenza e migliore comparabilità delle informazioni finanziarie, a vantaggio dell’investitore-risparmiatore. Con lo IAS, si può meglio calcolare il valore aziendale, che comprende nella moderna società industriale anche i cosidetti valori intangibili (cultura d’impresa, leadership, ricerca e innovazione, immagine e reputazione, brand ecc.) Tra i valori calcolati, c’è appunto il CAPITALE RELAZIONALE, che coglie fondamentalmente la sostanza dell’apporto delle RP alla ricchezza dell’organizzazione.

62 (sempre nella quinta macrofase) L’importanza del “riavvio del ciclo”
L’analisi del grado di comunicazione/relazione raggiunto, è fondamentale; si tratta di una nuova fase di ascolto, da sviluppare con le stesse tecniche della prima fase, per meglio garantire la comparabilità; La verifica non è fine a se stessa, ma è la premessa per stabilire tempi e modi di una nuova fase di comunicazione. Non si tratta di un obbligo in sé; è obbligatorio porsi il problema e prendere le decisioni in un’ottica strategica. I cicli possono anche essere distanziati; conta saperli inserire in una programmazione complessiva. Ricordando che l’efficacia del riavvio è in diretta connessione con i tempi dello stesso.

63 Dopo le 5 macrofasi: Due allegati da non dimenticare
Un piano di comunicazione completo, prevede infine due allegati-chiave: La descrizione dettagliata del budget, diviso per macrovoci, leggibile in percentuale, per comprenderne le logiche di fondo, con evidenziate le spese vive e separatamente il costo (fee) della consulenza e della gestione complessiva. La composizione delle professionalità interne ed esterne messe in campo, con curricula dettagliati e motivati.

64 Strumenti e modalità operative e pratiche delle RP (da utilizzare nell’attuazione del piano: terza e quarta macrofase)

65 Un piano è sempre frutto di orchestrazione e integrazione….
Ogni piano è diverso dall’altro, e non esiste una regola uguale per tutti. Ma in linea di massima, per conseguire la comunicazione integrata che è necessaria, in un’ottica di orchestrazione dei mezzi disponibili, si sceglie di utilizzare, nelle “dosi” opportune: Strumenti di base Strumenti specialistici (eventualmente) altre tecniche di comunicazione non RP

66 Pencils: gli strumenti delle RP (secondo Kotler)
P=Pubblications (la comunicazione scritta) E=Events (gli eventi organizzati) N=News (le informazioni sull’impresa) C=Community (relazioni con i decisori locali) I=Identity (tutto ciò che focalizza l’identita’ aziendale) L=Lobbying (relazioni con i decisori pubblici) S=Social (responsabilità sociale dell’impresa) …Ma Kotler non poteva cogliere l’importanza della comunicazione on line, che va aggiunta oggi a questi 7 strumenti

67 Strumenti: la grande distinzione
Le altre specializzazioni: Comunicazione con le istituzioni; Comunicazione ambientale e sociale Comunicazione economica e finanziaria Comunicazione di crisi Comunicazione associativa Comunicazione pubblica Comunicazione politica Eccetera…. Strumenti di base: Relazioni con i media Eventi Comunicazione on line + Ruolo della Comunicazione interna

68 Ruolo chiave della comunicazione interna: è una delle tre grandi ripartizioni della comunicazione d’impresa, da utilizzare in un’ottica di RP e a sostegno/implementazione del piano di comunicazione, di cui costituisce un importante fattore trasversale

69 Consiste nell’insieme degli strumenti atti a
DEFINIZIONE Consiste nell’insieme degli strumenti atti a costruire un sistema di relazioni, costante e articolato, tra una organizzazione e il suo pubblico interno: quello costituito da tutti i soggetti strettamente in relazione, diretta e permanente, con l’impresa e interessati al suo successo e al suo sviluppo. L’argomento verrà più diffusamente trattato nel Corso di comunicazione d’impresa – prof. Guzzi – 2° anno

70 Le relazioni interne come parte delle relazioni esterne
Occorre coerenza e correlazione tra le due discipline Il pubblico interno deve essere visto come soggetto e come oggetto della comunicazione dell’organizzazione. Da un lato, influisce fortemente sulla percezione dell’immagine-reputazione dell’organizzazione. Dall’altro, è il primo test di efficacia per valutare le reazioni del pubblico esterno Il pubblico interno (anche per la sua diversificazione) è insomma un terminale, ma anche un filtro attraverso il quale prevedere, monitorare e valutare le reazioni di quello esterno. La fiducia e l’identificazione del pubblico interno con i fini dell’organizzazione è parte del posizionamento e della percezione dell’organizzazione nel suo contesto.

71 Tre diversi livelli di relazione
Primo livello: Dipendenti e collaboratori I rispettivi nuclei famigliari Consulenti e collaboratori esterni Fornitori di ogni genere Secondo livello: Azionisti Istituti bancari Fondi di investimento Terzo livello: Agenti, Intermediari, Depositari Trasportatori Promotori

72 Gli strumenti delle relazioni interne
Gli strumenti possono essere distinti in due categorie, la prima delle quali non riguarda la comunicazione: Politiche del personale (fondamentalmente: partecipazione e coinvolgimento anche tramite le organizzazioni sindacali, al limite anche in termini di presenza nella fase decisionale e nella ripartizione degli utili) Politiche di comunicazione interna: Per il primo livello: Pubblicazioni e tv aziendali, bollettini, manuali, opuscoli, inserti nelle buste paga, bacheche, indagini, concorsi, manifestazioni, convention, incentivazioni - Per il secondo e in parte il terzo livello: pubblicazioni, opuscoli, seminari, convention, omaggistica ecc.

73 House organ e newsletter
House organ (o giornale aziendale) è un periodico edito da un’organizzazione per descrivere le proprie attività. Può trattarsi di un organo interno, ovvero rivolto ai dipendenti, oppure di un organo esterno. Nel primo caso i temi trattati sono relativi alle attività dell’azienda o ad eventi che possono interessare i dipendenti; lo scopo è di avvicinare lo staff […] al management […] tenendo alte le motivazioni aziendali. Newsletter è un “documento in formato snello (tre, quattro fogli), con una propria testata, una propria impaginazione e un proprio lettering che riporta notizie brevi, informazioni, fatti che l’impresa desidera comunicare di sé. E’ sempre più utilizzato in versione digitale, con vantaggi di facilità e velocità di trasmissione a costi decisamente contenuti. Le newsletter sono strumenti versatili, in quanto possono segmentare bene il proprio pubblico di riferimento.

74 I principi base della comunicazione interna
La migliore comunicazione interna d’impresa deve essere (*): Simbolica (“ciò che consente alle persone di sentirsi appartenenti ad una medesima comunità e di riconoscere gli altri co-appartenenti”) Utilizzabile (l’organizzazione deve dare strumenti per capire ma anche per fare. Vedi l’utilità di intranet) Plurale (non solo dialogica, a due vie, ma polifonica, plurale, in grado di coinvolgere tutti) Etica (ma non moralistica. Si tratta solo di riconoscersi in diritti-doveri comuni che consentano di migliorare le relazioni con gli stakeholders) Riflessiva (consapevolezza di sè e dei valori-guida comuni) (*) Giampaolo Azzoni –Uni Pavia da “Making a difference” Guerini, 2006

75 I bisogni sociali e psicologici da considerare nelle relazioni interne
Bisogno di appartenere Bisogno di raggiungere dei risultati Bisogno di aver fiducia in se stesso Bisogno di accettazione Bisogno di sicurezza Bisogno di fare qualcosa di creativo In altri termini: bisogno di posizione, di funzione e di opportunità.


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