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Tesi di laurea di Costanza Brevini

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Presentazione sul tema: "Tesi di laurea di Costanza Brevini"— Transcript della presentazione:

1 Tesi di laurea di Costanza Brevini
SELP Seminario di logica permanente 30 settembre 2011 Università degli Studi di Milano Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi Tesi di laurea di Costanza Brevini

2 Alcune questioni preliminari
Qualunque indagine sul mondo che pretenda di essere coerente, dall’etica alla sociologia, dalla matematica all’arte, si trova necessariamente ad assumere un iniziale impegno ontologico relativo ai tipi di enti che sceglie di assegnare agli individui coinvolti nella teoria.

3 Questioni preliminari alle questioni preliminari
L’ontologia è quella parte della filosofia che isola gli elementi ultimi dell’essere. Ciò non significa semplicemente risalire nella classificazione di tutto ciò che c’è fino a raggiungere gli enti non ulteriormente divisibili. Vuol dire anche assicurarsi che questi individui, oltre a essere ultimi, siano in grado di descrivere esaustivamente l’intera pluralità dell’essere. Definiamo invece metafisica la disciplina che classifica gli enti ultimi, assegnando ciascuno a uno dei tipi ammessi da ogni diversa teoria. Questa concezione del rapporto tra metafisica e ontologia è presente in letteratura, in particolare si veda Valore, Paolo, L’inventario del mondo. Guida allo studio dell’ontologia, Utet, Torino 2008.

4 Ancora questioni preliminari
Il sistema metafisico platonico-aristotelico ha permeato a lungo tutti i campi del sapere, con maggiore o minore consapevolezza da parte degli scienziati. Segue che necessariamente molti degli strumenti e dei paradigmi culturali e sociali di cui ci serviamo si fondano su questo modello metafisico. L’analisi filosofica del secolo scorso ha però rivelato i limiti del sistema metafisico tradizionale e proposto modelli più coerenti e completi. Soprattutto, ciò che alcuni dei più recenti modelli metafisici offrono in più è un’elegante traduzione del paradigma fisico contemporaneo.

5 Nuove prospettive per la metafisica
Nel corso del Novecento l’indagine filosofica ha evidenziato i limiti della metafisica platonico-aristotelica. Attraverso i tentativi di superamento di questi limiti e spinti dalla ricerca di una risposta al problema dei fondamenti posto dalla matematica, alle domande che provenivano dagli studi di filosofia analitica circa i fondamenti dell’essere, alle questioni relative la validità del linguaggio e, conseguentemente, della logica, i filosofi hanno formulato nuovi sistemi metafisici.

6 Domanda: Cosa dire della traduzione dei paradigmi e strumenti formulati in una metafisica platonico-aristotelica? È coerente abitare in un mondo popolato da enti creati fondamentalmente basandosi sull’idea di una sostanza materiale informata da proprietà che esemplificano enti universali, rifiutando però questa metafisica e adottandone un’altra?

7 Ipotesi di risposta: Provo a superare la valutazione formale e squisitamente filosofica delle nuove teorie metafisiche, per provare la loro efficacia nel ruolo di supporto ontologico e nel sostegno di quei metodi conoscitivi di cui tradizionalmente si servono il filosofo e lo scienziato.

8 C’è sempre un ma… Per quanto una metafisica possa esporsi a limiti e contraddizioni, è evidente che se essa si rivelasse l’unica metafisica che permette di avvalersi dei nostri modelli matematici e scientifici, allora difetti e incoerenza si rivelerebbero niente più che un male necessario allo scopo di continuare a usufruire degli strumenti e dei paradigmi di cui fino ad oggi si è servita l’impresa conoscitiva.

9 La mia tesi In questo lavoro ho scelto di mettere alla prova la teoria dei tropi e verificare se sia coerente con l’utilizzo di uno strumento matematico, ma soprattutto concettuale, che vanta grande applicabilità e impatto: la teoria degli insiemi.

10 Perché tropi e perché insiemi
Le ragioni che rendono la teoria degli insiemi la più adatta, tra tutte le teorie matematiche, sono diverse. Innanzitutto, benché vi siano a oggi punti non cristallini, la teoria può godere di una generale solidità. Inoltre, la teoria degli insiemi è un modello che ha saputo rappresentare buona parte dei concetti della matematica e che senza dubbio offre una base di partenza privilegiata per l’analisi della matematica in generale. Se si riuscisse quindi a dimostrare che la teoria degli insiemi è compatibile con un’ontologia dei tropi, si potrebbe ampliare il risultato a tutta la matematica. Infine, la teoria degli insiemi si costruisce tradizionalmente proprio sugli universali. Di conseguenza, formulare una versione della teoria degli insiemi basata sui tropi costituisce una vera sfida. Si tratta infatti di provare se è possibile creare insiemi con una teoria metafisica che non prevede universali come costituenti di base, ma solo enti universali costruiti per composizione. Gli universali nella teoria dei tropi possono quindi essere costruiti, ma solo a partire dagli elementi di base che l’ontologia mette a disposizione.

11 Cos’è la teoria dei tropi?
La teoria dei tropi è un tipo di metafisica proposta sia per gli enti materiali, sia per la realtà in generale. Tra i principali filosofi che si occuparono di questo tipo di metafisica, il più famoso e influente fu certamente Donald Cary Williams, professore e direttore del dipartimento di Filosofia di Harvard. Egli sostenne che l’intera struttura del mondo consiste esclusivamente ed esaustivamente di tropi. Si tratta di una vera e propria ontologia a una categoria. La formulazione della teoria dei tropi nasce come un tentativo di trovare risposta al problema dell’unità di entità particolari differenti. Nello specifico, la soluzione a cui mira la teoria dei tropi impone che non vi sia la necessità di postulare l’esistenza di enti universali. Tradizionalmente, le proprietà sono considerate universali astratti, mentre gli oggetti materiali sono concreti e particolari. La principale caratteristica del concetto di tropo va ritrovata proprio nella giustapposizione tra particolare e universale, tra astratto e concreto. La riflessione filosofica si è soffermata a lungo sulla distinzione tra entità astratte ed entità concrete, enti universali ed enti particolari. L’opposizione tra particolare e universale è strettamente ontologica, in quanto afferma l’esistenza di un universale e di un particolare, il quale partecipa più o meno perfettamente alla natura dell’universale. L’opposizione tra concreto e astratto invece si può considerare più metafisica, in quanto definisce a che tipo appartengono gli enti che esistono. Il modo in cui ogni filosofo decide di articolare il quadrato 2x2 formato dai rapporti tra questi quattro concetti è di fondamentale importanza. Il motivo è che il problema degli universali si articola proprio entro questa doppia contrapposizione. Williams ritiene che siano proprio le componenti astratte a svolgere il ruolo di elementi primari nella costituzione della realtà

12 Tropi astratti… Un filosofo dei tropi costruisce la propria teoria basandosi sui concetti di astrattezza e di particolarità. Con «astrattezza» si intende la caratteristica di un ente che si trova a essere ontologicamente dipendente dal concreto in senso fisico, ma indipendente in senso concettuale. Un tropo dunque è un oggetto assolutamente astratto, la cui esistenza può dipendere in qualche modo da un oggetto concreto. In altre parole, un oggetto è astratto se inerisce in un altro oggetto diverso da se stesso. Per fare un esempio, si può notare che un oggetto è più concreto di una sua proprietà, perché questa proprietà non potrebbe esistere senza che esistesse proprio quell’oggetto a possederla.

13 …e tropi particolari. Con «particolarità» invece ci si riferisce a entità di qualsiasi tipo in possesso della caratteristica di essere ancorate a un solo oggetto concreto. Un tropo è un ente particolare perché è legato a un solo ente concreto attraverso una relazione di inerenza. Questa relazione di inerenza sussiste anche tra il tropo e tutti gli oggetti concreti che a loro volta contengono l’oggetto con il quale il tropo è in relazione di inerenza. Questo tipo di ente è evidentemente contrapposto agli universali, i quali sono ancorati a molti oggetti concreti.

14 Tropi o particolari astratti (a)
Un tropo è l’istanza di una proprietà o di una relazione. Un oggetto concreto nasce quindi quando un certo numero di tropi o particolari astratti vanno a comporre un fascio e a condividere una porzione determinata di spazio-tempo. Il processo è messo in atto grazie alla relazione di compresenza. Questa relazione permette l’individuazione di un oggetto concreto, in quanto fascio dei tropi compresenti che determinano le qualità e le relazioni di cui è in possesso l’oggetto concreto. In questo modo, si crea un oggetto concreto individuale e irripetibile, formato semplicemente dalle proprietà individuali e irripetibili che costituzionalmente gli appartengono. Questa relazione infatti permette l’individuazione di un oggetto concreto, in quanto esso si costituisce di un fascio di tropi compresenti, che determinano le qualità e le relazioni di cui è in possesso l’oggetto concreto.

15 Tropi o particolari astratti (b)
Accanto alla relazione di compresenza, si trova la relazione di somiglianza. Una qualsiasi coppia di tropi, logicamente, intreccia o non intreccia una relazione di somiglianza. Le relazioni di somiglianza possono essere di diversi tipi, in quanto necessariamente con «somiglianza» si intende «gradi di somiglianza», da più a meno perfetta. Le relazioni di somiglianza compongono fasci di tropi che corrispondono agli universali della tradizione. È bene precisare che per la teoria dei tropi non è esatto parlare di somiglianza perfetta, poiché ogni tropo si costituisce come essenzialmente diverso da ogni altro tropo. Essi possono però essere percepiti come simili. ESPERIMENTO MENTALE DELLA PARETE

16 Un mondo di tropi Un mondo di tropi risulta popolato da particolari concreti, i cui costituenti sono di tipo particolare astratto: la rosa del mio giardino è un particolare concreto, mentre il suo colore è un particolare astratto. Questo particolare astratto concorre alla costituzione dell’oggetto concreto «rosa del mio giardino», insieme agli altri particolari astratti con cui è in relazione di compresenza. Inoltre, insieme alla totalità dei tropi che sono in una relazione di somiglianza col tropo del colore della rosa del mio giardino, il particolare astratto forma l’universale astratto, mentre la totalità degli oggetti concreti «rosa» va a formare l’universale concreto corrispondente alla rosa. Si può quindi sostenere che ogni tropo intrattiene relazioni privilegiate con l’insieme o la somma dei tropi con cui è concorrente, cioè localizzato esattamente nello stesso punto, e con cui ha somiglianza esatta. L’insieme di tropi concorrenti definisce il particolare concreto a cui i tropi si riferiscono. L’insieme di tropi simili delineano l’universale di quel tropo, seguendo il criterio che predica che meno esatta è la somiglianza, meno definito sarà l’universale. Il concetto di universale per i teorici dei tropi è ridotto a fenomeno puramente mentale, la cui esistenza va necessariamente ricondotta alla manifestazione del particolare. Sono proprio le proprietà fenomeniche degli oggetti concreti dunque a essere indicate come elementi ultimi dell’essere. Le qualità e le relazioni che riguardano oggetti particolari sono esse stesse particolari, ma non derivano questa particolarità dalla contrapposizione con qualche misteriosa sostanza. Attraverso tali processi, la realtà si costituisce di tropi, indipendentemente dall’esistenza di esseri che pensino i tropi o che pensino la realtà in termini di tropi.

17 Semplice, semplice, semplice
Williams e i successivi teorici dei tropi arricchiscono la teoria dei tropi con una triplice richiesta di semplicità. Infatti, i tropi sono: strutturalmente semplici categorialmente semplici qualitativamente semplici in quanto non richiedono sostrati materiali; poiché non sono costituiti dall’unione di enti appartenenti a categorie differenti, come un particolare, un universale e una sostanza; in quanto una sola proprietà può costituire l’intero ente in modo esaustivo.

18 Tirando le somme sui tropi
La teoria dei tropi tratta ogni oggetto, evento, stato di cose come un fascio di tropi compresenti. L’utilizzo di un’ontologia a una sola categoria permette comunque di fornire un interessante descrizione del fenomeno metafisicamente complesso del divenire. Inoltre, la teoria dei tropi fornisce una trattazione delle entità tradizionalmente universali senza presupporre l’esistenza di sostanze diverse.

19 Tropi per gli enti matematici
La teoria dei tropi è in primis un’ontologia per gli enti concreti, e in secundis un’ontologia generale. Com’è possibile utilizzarla per gli enti matematici? Ecco alcune proposte. La teoria dei tropi è sicuramente in accordo con una concezione formalista della matematica, grazie alla condivisione dello sforzo riduzionista in direzione delle entità astratte. Tuttavia, si noti che un’ontologia che preveda un solo tipo di entità, come la teoria dei tropi, più che trovarsi di fronte al compito di individuare un tipo di essenza per gli enti matematici, deve cercare la strada attraverso la quale mostrare come questi enti siano tropi.

20 Cosa intendo con “enti matematici”
Innanzitutto, gli enti matematici sono le entità di cui si occupa la matematica, ovvero oggetti numerici, geometrici, e proprietà e rapporti tra questi due tipi di enti. Se infatti gli enti numerici e quelli geometrici sono per così dire i «mattoncini» della matematica, teoremi, assiomi e dimostrazioni sono la vera e propria essenza del sapere matematico.

21 Differenze tra enti numerici ed enti geometrici
Un numero è una proprietà astratta, associata a un gruppo di oggetti determinato e numerabile con la quale il numero intrattiene una relazione di corrispondenza biunivoca. Gli enti geometrici invece possono essere sia astratti sia concreti. Un oggetto triangolare è un ente geometrico concreto, mentre l’ente che perfettamente soddisfa i requisiti perché vi si possa dimostrare il teorema di Pitagora è un ente astratto. Un certo numero di oggetti forma un insieme numerabile se e solo se esiste una corrispondenza biunivoca tra i suoi elementi e l’insieme dei numeri naturali. Dalla definizione fornita dunque si deduce che quest’analisi si impegna a fornire una descrizione esclusivamente dei numeri naturali e reali. A ben vedere, ogni oggetto concreto corrisponde, più o meno perfettamente, a un ente geometrico. Questo perché, necessariamente, ogni ente concreto ha un’estensione nello spazio. Il modo in cui ogni oggetto ha un’estensione, determina una figura geometrica ed è quindi oggetto di indagine della geometria.

22 Enti geometrici come tropi
Circolarità e triangolarità sono universali astratti, in quanto proprietà possedute da più particolari concreti. Un oggetto triangolare o circolare è un particolare concreto, un semplice oggetto che annovera, tra i tropi che lo compongono, il tropo della triangolarità. Un cerchio o un triangolo sono particolari astratti, cioè tropi. Essi sono una proprietà semplice e solo in quanto tali vengono considerati. Questa trattazione degli enti geometrici si deve a Donald Williams, nel suo On the Elements of Being Al contrario delle ontologie di stampo platonico, la teoria dei tropi non richiede di postulare un ente universale che esemplifichi perfettamente le proprietà degli enti geometrici, come il triangolo perfetto, o il cerchio perfetto. Non è necessario prevedere una relazione di esemplificazione, decisamente misteriosa, tra figura perfetta e oggetto che la esemplifica. Riassumendo: la triangolarità è un universale astratto costituito, come ogni universale, da fasci di tropi compresenti. Questi tropi provengono da due tipi di oggetti. Di primo tipo sono i tropi che contribuiscono alla formazione di un oggetto concreto. Ad esempio, il fascio di tropi compresenti che costituisce un segnale stradale di precedenza, comprende un tropo che ne indica la particolare forma, la particolare triangolarità. Questo tropo contribuisce alla creazione dell’universale della triangolarità. Di secondo tipo invece sono i tropi che provengono dall’oggetto astratto con tre linee e tre angoli, quell’oggetto che, se ha uno dei tre angoli retto, allora l'area del quadrato costruito sull' ipotenusa è pari alla somma dell'area dei quadrati costruiti sui cateti, ovvero la figura geometrica del triangolo. Per cui, se dalla combinazione tra astratto e universale si costruisce la triangolarità, e da quella tra concreto e particolare otteniamo oggetti triangolari, allora dalla combinazione tra astratto e particolare si ricava l’ente puramente geometrico del triangolo.

23 Come fare con gli enti numerici?
Nonostante i teorici dei tropi non abbiano a oggi fornito una trattazione ufficiale per gli enti numerici, la spiegazione degli enti geometrici fornita da Williams può essere applicata agli enti numerici con lievi modifiche.

24 Ente numerico universale astratto
Corrisponde all’universale e si riferisce alla proprietà comune a più enti di essere composti da diverse parti o avere aspetti con caratteristiche numerabili. Intendendo con unicità la proprietà condivisa dagli elementi che sono in numero di uno, si isola la proprietà di avere un unico elemento o un unico aspetto di un certo tipo. Si tratta quindi di una proprietà secondaria e vincolata a proprietà indipendenti. FARE UN ESEMPIO

25 Ente numerico particolare concreto
Corrisponde all’oggetto concreto o a quantità numerabili di oggetti concreti. In conseguenza all’esistenza di un universale astratto per la numerazione, esistono oggetti concreti che possiedono quei tropi che vanno a costituire l’universale corrispondente. Così come a ogni oggetto concreto corrisponde una forma, a ogni tropo appartenente a un oggetto concreto corrisponde anche una proprietà numerica.

26 Ente numerico particolare astratto
Corrisponde all’ente numerico astratto e manipolato dalla matematica. Esso è un semplice tropo, cioè un particolare astratto. Infatti, l’ente numerico è particolare perché è l’evenienza di un simbolo. Inoltre, è astratto perché non occupa regioni di spazio-tempo, non ha forma ed è frutto della creazione di un sistema formale da parte dell’uomo. L’ente matematico è un dunque un simbolo il cui significato va rintracciato nelle relazioni che intrattiene con gli altri simboli previsti dal sistema entro cui opera. Ciò rende esplicito il parallelismo tra enti algebrici ed enti numerici e fa della matematica un insieme di sistemi formali e deduttivi, lo sviluppo dei quali è compito del matematico.

27 Proprietà e relazioni degli enti matematici
«Il concetto di numero è solo ciò che è comune a tutti i numeri, la forma generale del numero. Il concetto di numero è il numero variabile. E il concetto d’eguaglianza numerica è la forma generale di tutte le eguaglianze numeriche speciali.» Asserzione 6.022 Wittegenstein, Ludwig, Tractatus Logico-philosophicus, Einaudi, Torino 1964.

28 Proprietà e relazioni degli enti matematici
Assegnare uno statuto ontologico al numero quindi è una questione che necessariamente riguarda il concetto di numero, cioè, nelle parole di Wittgenstein, una questione che riguarda ciò che è comune a tutti i numeri e che generalmente si può predicare di ognuno di essi. Se il concetto è ciò che è comune a tutti gli enti di un tipo, cioè ciò che li accomuna in quanto enti di un tipo, allora è evidente la coincidenza tra concetto ed essenza.

29 Numeri in serie Se si considera un ente numerico isolato e indipendentemente dalla serie di cui fa parte, allora questo numero è un tropo semplice, privo di proprietà o relazioni. Quando però si inserisce questo ente nel posto che occupa nella successione di numeri, esso intreccia immediatamente un certo numero di relazioni. I rapporti con gli altri numeri e con le operazioni algebriche definiscono le proprietà di un numero in quanto semplice membro della serie. Ogni numero è seguito e/o preceduto da una serie finita o infinita di altri numeri. I rapporti con gli altri numeri e con le operazioni algebriche definiscono le proprietà di un numero in quanto semplice membro della serie. Gli enti di cui si occupa la matematica non possono essere considerati singolarmente dall’ontologia, ma devono essere calati nel sistema di cui fanno parte.

30 Serie di numeri Possiamo definire ontologicamente la successione numerica N come il fascio costituito dai tropi corrispondenti ai particolari astratti ai quali ci riferiamo quando compiamo operazioni di tipo matematico o quando osserviamo le relazioni che intercorrono tra i numeri. Un numero infatti rende possibile l'operazione di contare solo se intreccia la relazione di successore con il numero che lo precede e la relazione di predecessore con il numero che lo segue. Per assegnare uno statuto ontologico agli enti matematici, è necessario scegliere che tipo di ente assegnare alla successione dei numeri naturali considerata nella sua interezza e complessità.

31 Tropi e insiemi, ma quali insiemi?
Com’è noto sono disponibili diverse versioni della teoria degli insiemi, a partire dalla teoria ingenua di Cantor. Siccome ciò che fa confluire queste diverse teorie matematiche sotto il nome di teoria degli insiemi è la fedeltà ai principi formulati da Cantor all’atto di nascita di tale sistema e al dominio richiesto dalle teorie, ritengo sia sufficiente provare la conciliabilità di tali principi all’interno della teoria dei tropi, per verificare se la teoria possa essere utilizzata coerentemente con l’adozione di una metafisica dei tropi. VEDIAMO DUNQUE QUALI SONO TALI PRINCIPI.

32 Cos’è un insieme Per Cantor l’insieme è la riunione di un tutto di oggetti che appartengono all’intuizione o al pensiero. Zermelo definisce l’insieme come quell’oggetto astratto che possiede almeno un elemento e gli assegna il ruolo di elemento primitivo della teoria. Russell presuppone un’infinita quantità di oggetti individuali, a partire dai quali è possibile costruire gli insiemi. Weyl postula un dato numero di categorie fondamentali di enti in possesso di proprietà e relazioni primitive.

33 Elementi come tropi La teoria dei tropi ammette l’esistenza di infiniti enti astratti e particolari. A tali enti viene assegnato un tipo ontologico assolutamente conciliabile con quello assegnato dalla teoria degli insiemi agli elementi. Gli elementi infatti, oltre che infiniti e particolari, devono essere anche semplici, ovvero non ulteriormente scomponibili. Anche i tropi sono infiniti, particolari e non ulteriormente scomponibili. A prima vista quindi sembra accettabile assegnare agli elementi lo statuto ontologico dei tropi semplici.

34 1: principio di comprensione
Data una qualunque proprietà, esiste sempre l’insieme di tutti e soli gli oggetti che godono di quella proprietà. Per il principio di comprensione, un insieme esiste in corrispondenza a ogni agglomerato di elementi. Tale agglomerato si forma grazie a una condizione. Poiché ogni agglomerato di tropi, o meglio, ogni fascio di tropi, è un oggetto, si può ipotizzare che gli elementi-tropi, aggregandosi, formino un insieme. È proprio questo principio a causare l’antinomia scoperta da Russell. Infatti, nonostante l’atteggiamento fondazionale di tale affermazione, essa è incompleta e ambigua. La ragione è che un concetto siffatto non fornisce un criterio che discrimini le proprietà e definisca quali siano adatte a formare un insieme e quali non lo siano. Molti degli sforzi dei successivi pensatori che si sono occupati di teoria degli insiemi infatti sono stati volti proprio a fornire una limitazione per tale principio.

35 Anche qui c’è un ma… La teoria degli insiemi afferma che gli elementi possono essere astratti o concreti, ma l’insieme che essi formano è sempre un oggetto astratto. I tropi invece sono assolutamente ed esclusivamente oggetti astratti, ma sono in grado di costituire sia entità concrete, come gli oggetti materiali, sia entità astratte, come gli universali. Una soluzione possibile è quella di definire gli elementi astratti come tropi e gli elementi concreti come aggregati di tropi, cioè enti astratti che, organizzatisi in fasci, compongono oggetti concreti. Gli insiemi invece saranno solo oggetti astratti, i cui elementi potranno essere o tropi oppure oggetti concreti, costituiti a loro volta da tropi. A supporto di questa strategia si possono portare alcuni esempi. Vediamone due. Consideriamo gli insiemi che si creano dall’astrazione di una proprietà, come la proprietà di essere di colore rosso o trovarsi nella porzione di spazio-tempo che corrisponde alla mia stanza. È possibile creare dunque l’insieme di tutte le cose rosse nella mia stanza, per il principio di comprensione. Tale insieme è chiaramente un oggetto astratto ed è composto da elementi astratti: i tropi di rosso che appartengono ai fasci degli oggetti concreti nella mia stanza. Un insieme di questo tipo è definibile come un sottoinsieme dell’entità astratta universale «rosso», cioè l’oggetto astratto costituito da tutti i tropi del rosso. Sono astratti anche gli insiemi che si formano definendo una coordinata spazio-temporale. Ad esempio, è astratto l’insieme di tutti gli oggetti che occupano la porzione di spazio-tempo coincidente con la mia scrivania alle 16:32 del 29 aprile Tale insieme infatti non occupa nessuna coordinata spazio-temporale, è un oggetto astratto costruito dalla mente e si articola in un fascio che comprende i singoli oggetti concreti sulla mia scrivania, oltre ai singoli oggetti astratti che compongono i fasci a cui corrispondono tali oggetti concreti.

36 2: principio di estensionalità
Se due insiemi contengono gli stessi elementi, allora sono lo stesso insieme. Non sono dunque rilevanti né l’ordine in cui si presentano gli elementi, né il modo attraverso cui gli elementi caratterizzano gli insiemi. Per la teoria dei tropi, un oggetto è determinato esclusivamente dai tropi che lo compongono, invariabilmente dall’ordine.

37 Punti di accordo… Per la teoria dei tropi due oggetti distinti non possono essere costituiti dagli stessi tropi, ma un tropo può appartenere a due oggetti distinti. Per la teoria degli insiemi, due insiemi distinti non possono essere costituiti dagli stessi elementi, ma un elemento può appartenere a due insiemi distinti. Un elemento che appartiene a due insiemi è, ad esempio, come un tropo che appartiene al fascio astratto del suo universale e al fascio concreto dell’oggetto che costituisce.

38 ...e di disaccordo Per il principio di estensionalità, gli elementi determinano l’insieme ma non lo caratterizzano. Sembra invece che i tropi caratterizzino l’oggetto concreto che costituiscono. In realtà, credo che sia solo una caratterizzazione apparente. I tropi infatti non compiono nessuna azione di caratterizzazione dell’oggetto a cui appartengono. L’oggetto è caratterizzato dalla proprietà che i tropi manifestano, ma solo «inconsapevolmente». Non c’è infatti nessun oggetto che i tropi possono caratterizzare, non c’è una dicotomia tra sostanza da informare e proprietà che la informa. Le proprietà dell’oggetto si percepiscono grazie al fatto che i tropi corrispondenti alle proprietà costituiscono il fascio che costituisce quell’oggetto.

39 3: sostanzialità come individualità e assolutezza
Il concetto di insieme può godere di proprietà ed è indipendente da ogni caratterizzazione e comprensione dell’uomo. Ciò significa che insiemi e elementi esistono, godono di determinate proprietà e intrecciano relazioni particolari indipendentemente dall’attività del matematico o del filosofo. Tale caratteristica è di importanza fondamentale, poiché definisce proprio quali proprietà ontologiche devono essere assegnate all’insieme.

40 Ogni insieme può godere di proprietà.
Individualità: Ogni insieme può godere di proprietà. Assegnare all’insieme lo statuto ontologico di oggetto astratto nel senso precisato, non solo permette all’insieme di godere di proprietà, ma lo determina come sostanzialmente costituito da esse. Ricordiamo che una proprietà è un tropo

41 Assolutezza: Il concetto di insieme è indipendente dal linguaggio e da ogni caratterizzazione dell’insieme, delle sue proprietà e dei suoi elementi. La realtà si costituisce di tropi indipendentemente dall’esistenza di esseri che pensino i tropi o che pensino la realtà in termini di tropi.

42 Si può fare? Sembra di sì. La realtà che i teorici dei tropi propongono è costituita da individui ultimi, semplici e senza limitazioni quantitative. Tali elementi dell’essere si aggregano e costituiscono entità diverse da essi stessi non problematicamente. Anzi, proprio da tale aggregazione si originano gli oggetti materiali e gli enti astratti che abitano il mondo. Mi sembra che la ragione principale sia da ritrovarsi nel fatto che la teoria dei tropi non prevede gerarchie tra le sostanze. Si tratta infatti di un paradigma ontologico riduzionista, in quanto richiede che l’essere sia di un solo tipo. La sostanza si costituisce di elementi semplici in grado di costruire oggetti proprio come i mattoni costituiscono le mura. Ecco allora che l’atteggiamento riduzionista e semplificatore della teoria dei tropi mostra la propria forza ed efficacia, nella forma della stupefacente adattabilità di tale teoria a un paradigma essenziale per l’analisi delle entità matematiche come quello della teoria degli insiemi.

43 Ma l’insieme vuoto? Tra gli assiomi formulati dalle teorie assiomatiche degli insiemi, è sempre annoverato l’assioma dell’insieme vuoto. L’insieme vuoto è unico, non ha sottoinsiemi diversi da esso stesso ed è sempre presente come sottoinsieme in ogni qualunque altro insieme. L’insieme vuoto viene dunque utilizzato nello sviluppo della teoria degli insiemi per definire gli altri insiemi finiti e per il calcolo.

44 I soliti sospetti Per quanto ormai tale insieme sia stato accettato dalla comunità matematica, esso desta ancora alcuni sospetti. Già intuitivamente risulta difficile capire come sia possibile costruire un insieme, cioè una collezione, senza contare elementi. L’insieme vuoto infatti, secondo i teorici degli insiemi, pur non avendo elementi, è assolutamente un insieme e non va dunque considerato come «nulla» o «non essere». Esso si costituisce secondo i dettami del principio di comprensione, con l’applicazione di una condizione che non viene soddisfatta da nessun elemento, in quanto generalmente definisce caratteri impossibili per definizione.

45 Insieme… vuoto? L’insieme vuoto non rispetta le definizioni basilari del concetto di insieme. Nella formulazione di Cantor, l’insieme è la riunione di un tutto di oggetti. L’insieme vuoto pretende di essere un tutto privo di oggetti. Zermelo definisce l’insieme come quell’oggetto astratto che possiede almeno un elemento. L’insieme vuoto però per definizione non ha elementi. Com’è possibile dunque che l’insieme vuoto sia un insieme? Sarà pure un entità, ma non possiede elementi e dunque non è un insieme.

46 Soluzioni L’insieme vuoto, nonostante le precedenti osservazioni e nonostante complichi orrendamente le cose dal punto di vista ontologico, è estremamente utile. Vi sono alcune soluzioni, l’adozione di ciascuna delle quali deve essere ponderata alla luce della sua validità, della sua coerenza e dell’uso che si intende fare della teoria degli insiemi.

47 Prima proposta Invalidare l’assunzione dell’insieme vuoto, in quanto in contraddizione con la definizione di insieme, ed eliminare senza indugi tale entità dall’assiomatizzazione.

48 Pro: La teoria degli insiemi acquisterebbe coerenza e assegnarle un’ontologia si rivelerebbe forse un compito più semplice ed economico. Da un punto di vista ontologico infatti l’insieme vuoto è assolutamente sospetto per l’indefinitezza della sua natura, causata dalla peculiarità di essere un insieme ma non avere elementi. Uno degli assiomi del sistema, da una parte, definisce indubbiamente l’insieme vuoto come appunto un insieme. Dall’altra parte, l’assioma afferma che tale insieme non possiede elementi. Non è chiaro dunque che tipo di entità gli vada assegnata, se quella dell’insieme, rispettando quindi l’assioma dell’insieme vuoto, o quella dell’elemento, in accordo invece con la definizione del concetto di insieme.

49 Contra: La teoria degli insiemi perderebbe una delle sue più potenti armi di calcolo e molti risultati non potrebbero essere dimostrati. Inoltre, non sarebbe più possibile costruire alcuni insiemi finiti e non varrebbero più le rappresentazioni dei numeri naturali che prendono spunto proprio dall’insieme vuoto per generare la serie infinita dei numeri naturali. Si tratta delle rappresentazioni proposte da Gottlob Frege e Bertrand Russell, ma anche da John Von Neumann. Frege e Russell sostenevano che ciascun numero naturale n dovesse essere identificato con l’insieme degli insiemi contenenti n elementi. Von Neumann suggeriva invece di identificare n con un particolare insieme contenente n elementi e precisamente con l’insieme dei numeri naturali minori di n, cioè i numeri da 0 a n-1. Tale insieme perciò ha n elementi.

50 Seconda proposta Accettare l’assioma dell’insieme vuoto come oggetto fittizio, senza che un qualche oggetto della teoria corrisponda all’entità «insieme vuoto».

51 Pro: Questa soluzione è piuttosto semplice dal punto di vista matematico, perché permette di ignorare il problema dell’insieme vuoto e continuare a servirsi di tutte le armi di calcolo che offre. Può quindi essere adottata da una ricerca sulla teoria degli insiemi che si disinteressi della sua componente ontologica. Alla luce del fatto che questa tesi mira proprio a fornire una spiegazione ontologica della teoria degli insiemi, è evidente che una soluzione di questo tipo non è adatta allo scopo.

52 Contra: Affermare che l’insieme vuoto non esiste e non ha significato, ma è un concetto utile e perciò viene introdotto, è espressione di confusione. Così argomentando infatti non si prende una vera posizione sull’argomento. Sembra piuttosto che l’insieme vuoto sia assunto ma non del tutto. Dal punto di vista dell’analisi ontologica, cedere a una simile ammissione parziale è una grave complicanza, in quanto comporta l’assunzione di diversi modi di esistenza per gli enti, i quali quindi parteciperebbero all’essere in gradazioni diverse. Le due soluzioni proposte fino a questo punto sono di carattere principalmente matematico. In esse, l’analisi ontologica interviene a posteriori, cercando di adeguarsi alle strategie adottate dalla matematica. Poiché però stabilire se un certo ente è esistente o meno è una questione squisitamente ontologica, proprio l’ontologia è in grado di offrire delle soluzioni interessanti per il problema dell’insieme vuoto.

53 Terza proposta L’insieme vuoto si costituisce secondo i dettami del principio di comprensione, con l’applicazione di una condizione che non viene soddisfatta da nessun elemento, in quanto generalmente definisce caratteri impossibili per definizione.

54 Pro: Le proprietà autocontraddittorie si possono pensare ma non si possono predicare di alcun ente. Simili proprietà sono ad esempio la proprietà «essere diverso da se stesso», oppure «essere un numero primo pari diverso da 2». Tali proprietà possono, in accordo con il principio di comprensione, generare insiemi. Ovviamente però non possono possedere elementi perché, per soddisfare la condizione definente l’insieme, essi dovrebbero essere enti autocontraddittori. , o ancora «essere un numero dispari divisibile per 4»

55 Contra: Le proprietà autocontraddittorie sono viste con molto sospetto dagli ontologi. Anche se potessero esistere, la loro introduzione sarebbe un ulteriore complicazione ontologica e dunque sconsigliabile nella prospettiva di una metafisica riduzionista. si è discusso a lungo riguardo l’opportunità di servirsi delle proprietà autocontraddittorie, sia in tempi antichi, con Gorgia, Platone e Aristotele, sia in tempi moderni, come testimonia il dibattito capeggiato dai filosofi Bertrand Russell, da una parte, e Alexius Von Meinong, dall’altra. Un’interessante raccolta di tali obiezioni, nonché uno stimolante testo critico sull’argomento, è rappresentato da Berto, Francesco, L’esistenza non è logica. Dal quadrato rotondo ai mondi possibili, Laterza, Roma-Bari 2010. Per la teoria dei tropi, come è ormai chiaro, le proprietà sono particolari astratti, che aggregandosi si concretizzano negli oggetti materiali, da un lato, e formano gli oggetti astratti, dall’altro lato. Ciò che compone l’essere a livello elementare dunque sono solo le proprietà. Mi sembra allora che non sia possibile riferirsi a proprietà autocontraddittorie, perché siffatte proprietà necessariamente non esistono e non esistendo non possono aggregarsi e costituire un insieme. Può essere tentata allora un’altra strada, cioè quella di assumere oggetti auto contraddittori. Siffatti oggetti potrebbero annoverare tra i fasci che ipoteticamente li compongono proprietà in contraddizione tra loro. Ad esempio, posso immaginare un oggetto concreto costituito da due tropi: il primo è un tropo come «questo rosso qui», mentre il secondo è un tropo come «questo verde qui». Ovviamente, per quanto esistano oggetti colorati con sfumature diverse, una determinata porzione di spazio-tempo non può contemporaneamente essere denotata da due differenti proprietà percepite dallo stesso senso. Quindi, un fascio così costituito sarebbe contraddittorio e non potrebbe portare a compimento il processo di aggregazione e di costituzione dell’ente. L’insieme vuoto infatti, in quanto insieme improprio, si costituisce attraverso un processo che si sviluppa fino a un certo punto, per poi bloccarsi a causa dell’inconciliabilità dei principi che fondano il sistema a cui tale ente appartiene. Esattamente nello stesso modo quindi, il procedimento di costituzione di un oggetto concreto che si basi su un fascio di tropi in contraddizione tra loro, subisce a un certo punto un arresto, che non gli permette di concludersi. Un insieme vuoto dunque può essere chiamato improprio perché, pur iniziando a costituirsi da un fascio di oggetti, tale fascio non riesce a creare l’oggetto-insieme a causa della contraddittorietà dei tropi che lo compongono. L’insieme vuoto non si determinerebbe quindi a partire da elementi autocontradditori, ma a partire da insiemi autocontraddittori. Ritengo però che tale soluzione non possa funzionare innanzitutto perché è in aperta contraddizione con l’assioma di estensionalità. Tale assioma infatti precisa che l’insieme non è caratterizzato dal modo in cui i suoi elementi lo compongono. Per queste ragioni, definire un insieme autocontraddittorio in virtù della contraddittorietà dei suoi elementi non ha assolutamente senso per la teoria degli insiemi. La soluzione dunque non convince. Oltre alla confutazione del tentativo di utilizzare insieme autocontraddittori, va ricordato che la prima proposta ontologica in origine prevedeva l’assunzione di proprietà autocontraddittorie. Simili proprietà non possono essere ammesse all’interno di un’ontologia dei tropi, dunque questa soluzione deve essere rigettata senza indugio.

56 Oppure… Oppure si può provare a spiegare l’insieme vuoto come la porzione di spazio-tempo “svuotata” dai principi logici. Ponendo condizioni in violazione dei principi logici, si può definire un insieme. Tale insieme però è vuoto, in quanto nessun elemento può soddisfare la condizione definente. Per chiarire tale idea, è utile un breve esperimento mentale. Immagino di voler costruire l’insieme il cui unico elemento è il numero naturale compreso tra 23 e 24. Percorro allora la successione dei numeri naturali fino a incontrare il numero 23. Questo numero è separato dal numero 24 da un intervallo vuoto. Posso immaginare dunque che l’insieme, ovviamente vuoto, che contiene il numero naturale compreso tra 23 e 24 stia proprio in quell’intervallo, «svuotato» dai criteri che determinano i numeri naturali. L’inconciliabilità di tali criteri con la condizione definente prerequisito dell’insieme dei numeri naturali tra 23 e 24, è la ragione della non esistenza di elementi che soddisfino la condizione. Credo comunque che esso appartenga a un tipo ontologico diverso da quello a cui appartiene l’insieme dei numeri naturali tra 22 e 24.

57 Riformulare l’insieme vuoto
Questa proposta in corollario richiede una riformulazione dell’assioma dell’insieme vuoto: Esiste un tipo di insieme la cui condizione definente è autocontraddittoria e perciò tale insieme non contiene elementi. Una soluzione di questo tipo sembra riesca a conservare lo statuto ontologico dell’insieme vuoto, complicando leggermente la teoria degli insiemi con l’introduzione di un concetto debole di insieme, accanto al concetto forte della tradizione. In realtà, mi sembra che tale concetto debole di insieme sia già presente, seppur in forma latente, nei sistemi assiomatici. È curioso infatti che Zermelo, nella formulazione dell’assioma dell’insieme vuoto, scelga di definire tale insieme con la parola improprio. L’inconciliabilità degli elementi distintivi dell’insieme vuoto con i criteri che definiscono il concetto di insieme. Per quanto questa soluzione sembri soddisfacente, ritengo siano necessari ulteriori studi volti a verificare se l’ammissione di predicati autocontraddittori non generi molteplicità che a loro volta possano produrre antinomie.

58 Quarta (e ultima) proposta
Attraverso l’introduzione dei mondi possibili, l’insieme vuoto si costituisce secondo i dettami del principio di comprensione, con l’applicazione di una condizione possibile, ma non attuale. Volendo dunque escludere l’introduzione delle proprietà autocontraddittorie, con tutte le penose conseguenze, si può provare a percorrere la strada dei mondi possibili. Tale prospettiva risale almeno a Leibniz, ma vede la sua formulazione moderna nel lavoro del filosofo David Lewis. Con «mondo possibile» si intendono quindi tradizionalmente tutte le collezioni di stati di cose che non sono necessari, ma nemmeno impossibili. Della nozione di mondo possibile si danno due interpretazioni. L’interpretazione attualista attribuisce alla nozione di mondo possibile l’unico compito di costituire un utile strumento per immaginare come avrebbero potuto ipoteticamente presentarsi gli stati di cose attuali del mondo. L’interpretazione che invece corrisponde al realismo modale prevede un serio impegno ontologico nei confronti dei mondi possibili e introduce dunque, accanto agli enti che popolano il mondo attuale, anche enti che potrebbero popolare mondi possibili, accanto al mondo attuale, un numero infinito di mondi possibili. Il mondo attuale infatti, secondo tale prospettiva, è il modo in cui le cose stanno, mentre i mondi possibili sono i modi in cui le cose avrebbero potuto stare. Invece, le leggi logiche della necessità e dell’impossibilità sono condivise dal mondo attuale e da tutti i mondi possibili. In particolare, Leibniz, Gottfried Wilhelm, Saggi di teodicea, disponibili nella traduzione italiana in Mugnai, Massimo, Pasini, Enrico, Scritti filosofici, a cura di, UTET, Torino 2000. Si vedano Lewis, David, Teoria delle controparti e logica modale quantificata, in Silvestrini, Daniela, Individui e mondi possibili, a cura di, Feltrinelli, Milano 1976, Lewis, David, Counterfactuals, Blackwell, Oxford 1973 e Lewis, David, On the Plurality of Worlds, Blackwell, Oxford 1986.

59 Pro: Attraverso l’utilizzo di siffatta strategia, l’insieme vuoto avrebbe caratteristiche ontologiche del tutto identiche a quelle degli insiemi con elementi. Sia il primo sia i secondi sarebbero definiti da una condizione, ma per un caso, ovvero l’attualità o meno della condizione in questione, alcuni insiemi rimarrebbero vuoti.

60 Contra: L’adozione di questa strategia complica non poco l’impegno ontologico preso dalla teoria degli insiemi. Una possibile semplificazione è considerare i mondi possibili solo in funzione euristica, senza veramente impegnarsi sulla loro esistenza. Anche in questo caso, ritengo che siano necessari studi successivi per accertarsi che l’introduzione di proprietà soddisfatte da enti dei mondi possibili non generi antinomie.

61 In conclusione: Le prime due soluzioni non intervengono sull’ontologia dell’insieme vuoto, in quanto la prima lo nega mentre la seconda lo assume esclusivamente in quanto ente fittizio. La terza soluzione non convince, perché richiede il riferimento a proprietà sospette, oltre a generare un infinità di problemi solo per risolvere il problema dell’insieme vuoto. La quarta soluzione infine sembra realizzabile, per quanto preveda una complicazione ontologica e potrebbe portare a un indebolimento della teoria dei tropi. Alla luce del fatto che lo scopo di questo lavoro è proprio quello di verificare la conciliabilità della teoria degli insiemi con un’ontologia dei tropi, è utile vedere quali delle soluzioni offerte possa essere adottata dalla teoria dei tropi. Tali soluzioni mi sembrano conciliabili con l’ontologia proposta dai tropi. Il motivo è che ritengo che tale ontologia non venga in nessun modo intaccata o modificata dall’adozione di una delle due soluzioni, indiscriminatamente. John Bacon in Universals and Property Istances, ha ammesso i mondi possibili nell’ontologia dei tropi: il mondo attuale è costituito dai tropi che esistono e, allo stesso modo, i mondi possibili sono costituiti da tropi la cui esistenza, se pur non realizzata, è però possibile. È interessante a questo punto ricordare che una delle ragioni che hanno spinto John Bacon ha includere tropi possibili è proprio quella di fornire un’adeguata trattazione delle proprietà non esemplificate. Il filosofo infatti assegna a tali proprietà un tipo di esistenza non realizzata nel mondo attuale, ma realizzabile in mondi possibili. Poiché, come è ormai chiaro, i tropi si aggregano in oggetti, allora gli oggetti possibili ma non realizzati esistono nei mondi possibili.

62 Osservazioni: Questa analisi ha evidenziato chiaramente che una metafisica che voglia candidarsi al ruolo di supporto ontologico per la teoria degli insiemi deve: prevedere una trattazione degli universali in senso concettualista o nominalista. ridurre l’essere a entità di un solo tipo. Armonizzare un sistema metafisico che rifiuti gli universali, come la teoria dei tropi, con un sistema matematico che se ne serve, poteva inizialmente sembrare un’ardua impresa. L’analisi che ho condotto ha invece rivelato che, per quanto di sicuro la teoria degli insiemi utilizzi gli universali, ciò che conta dal punto di vista metafisico è che a tali universali non sia riconosciuto alcun tipo di statuto ontologico. Il dominio da cui parte la fondazione della teoria degli insiemi infatti non assume nessun tipo di impegno ontologico nei confronti degli universali. Nient’altro è ammesso all’interno del dominio se non enti semplici e individuali, a partire dai quali si possono costruire insiemi. Appare chiaro che gli universali di cui si serve la teoria degli insiemi non sono universali in senso forte, ma hanno un’esistenza esclusivamente concettuale o nominale. Sono cioè enti che l’ontologia ammette solo all’interno della mente come utili concetti, oppure sono semplicemente nomi di cui la mente si serve per riferirsi a gruppi di elementi individuali.

63 Grazie dell’attenzione.


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