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L’etica personalista Andrea Virdis

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Presentazione sul tema: "L’etica personalista Andrea Virdis"— Transcript della presentazione:

1 L’etica personalista Andrea Virdis
Corso di Aggiornamento in Bioetica ed Etica medica La Medicina nel rispetto della dignità della persona umana L’etica personalista Andrea Virdis Istituto di Bioetica Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” Università Cattolica del Sacro Cuore - Roma Repubblica di San Marino – 3 aprile 2009

2 Cosa è bene fare? I grandi passi della medicina (Rianimazione; Trapianti; Fecondazione artificiale; Diagnosi prenatale; Genetica…) pongono l’uomo di fronte a nuove possibilità e nuovi dilemmi. La scienza sperimentale amplia lo spettro di possibilità nell’ambito della cura e della manipolazione dell’uomo, divenendo sempre più “arte del possibile”. Le nuove possibilità portano dei rischi, sollevano degli interrogativi, richiedono responsabilità… Non tutto ciò che è tecnicamente possibile è di per sé moralmente accettabile

3 Una domanda fondamentale
Che cosa è bene fare?

4 Cosa è bene fare?... alla ricerca di un criterio per l’agire morale…
Unanime riconoscimento della necessità di porre la questione etica riguardo alle scienze della vita Panorama diversificato di modelli etici di riferimento e di teorie sulla fondazione del giudizio etico (“politeismo etico”) L’esigenza di una vera fondazione meta-etica della bioetica “Tolleranza etica” non equivale a “indifferenza etica” È necessario promuovere un confronto sulle motivazioni razionali di ogni posizione etica, alla ricerca di basi comuni

5 Cosa è bene fare?... alla ricerca di un criterio per l’agire morale…
Pluralismo etico: antropologia di riferimento Chi è persona? Che cosa è la dignità? fondazione del giudizio etico Giustificazione Gerarchia di valori A quali valori occorre riferirsi per fondare il giudizio etico su ciò che è lecito e ciò che lecito non è? Non-cognitivismo Cognitivismo

6 Le radici del non-cognitivismo
David Hume ( ) In ogni sistema di morale in cui finora mi sono imbattuto, ho sempre trovato che l'autore per un po' ragiona nel modo più consueto e afferma l'esistenza di Dio, o fa delle osservazioni sulle cose umane; poi, tutto a un tratto, scopro con sorpresa che al posto delle abituali copule ‘è’ e ‘non è’ [is or is not] incontro solo delle proposizioni che sono collegate con un ‘deve’ o un ‘non deve’ [ought, or an ought not]; si tratta di un cambiamento impercettibile, ma che ha, tuttavia, la più grande importanza. Infatti, dato che questi ‘deve’ e ‘non deve’ esprimono una nuova relazione o una nuova affermazione, è necessario che siano osservati e spiegati... ma poiché gli Autori non seguono abitualmente questa precauzione, mi permetto di raccomandarla ai lettori, e sono convinto che un minimo di attenzione a questo riguardo rovescerà tutti i comuni sistemi di morale e ci farà capire che la distinzione tra il vizio e la virtù non si fonda semplicemente sulle relazioni tra gli oggetti e non viene percepita mediante la ragione D. HUME, Trattato sulla natura umana (1739), Laterza, Bari 1971, parte III, sezione I, I.

7 Le radici del non-cognitivismo
George Edward Moore ( ) “Se mi si chiede “Che cos’è il bene?”, la mia risposta è che il bene è bene, e null’altro. O se mi si domanda “Come si può definire il bene?”, la mia risposta è che esso non si può definire [...] Ciò che io sostengo è che “buono” è una nozione semplice, proprio com’è una nozione semplice “giallo”; e che, come non c’è alcun mezzo di spiegare a qualcuno che già non lo sappia che cosa sia il giallo, così non c'è modo di spiegargli che cosa sia il bene. […] Si può dare la definizione di un cavallo, perché un cavallo ha molte diverse proprietà e qualità, che, tutte, si possono enumerare. Ma quando si siano enumerate tutte, e quando si sia ridotto il cavallo ai suoi termini più semplici, questi ultimi a loro volta non potranno essere ulteriormente definiti” Moore G.E., Principia Ethica (1903), Milano: Bompiani, 1964, Cap. V, § 99.

8 Non-cognitivismo Negazione della metafisica
La “legge di Hume” e la fallacia naturalistica: non è legittimo ricavare una norma (e quindi un imperativo, un dover essere) da un fatto Empirismo e neoempirismo: soltanto gli enunciati descrittivi (e non quelli prescrittivi) possono essere veri o falsi. I fatti sono conoscibili, descrivibili con il verbo all’indicativo (is) e sono dimostrabili scientificamente (verificazione – falsificazione); i valori e le norme morali sono semplicemente presupposti e danno luogo a giudizi prescrittivi (ought) indimostrabili non è possibile dedurre direttamente dalla descrizione dei fatti empirici delle norme morali indebito il passaggio dal “IS” al “OUGHT”, dal ”essere” al “dover essere”) Negazione della metafisica

9 Cosa è bene fare?... alla ricerca di un criterio per l’agire morale…
Non-cognitivismo I valori non possono essere oggetto di conoscenza (fatti naturali ≠ valori morali) Cognitivismo È possibile fondare razionalmente e oggettivamente i valori e le norme morali Come superare questa “grande divisione”? Dare il corretto significato della parola “essere”: essere come fattualità empirica essere come “natura”, in senso metafisico

10 Cognitivismo Il passaggio dall’essere al dover essere è illegittimo se l’essere è concepito come un ente statico, analogo a quello matematico e si ha una concezione meccanicistica e riduttiva dell’universo, ma se fuoriusciamo da queste strettoie, con sguardo metafisico possiamo cogliere le essenze e la natura della realtà, cioè il suo orientamento teleologico. La conoscenza e i livelli di astrazione (“dalla quantità alla qualità”). La prospettiva metafisica. Si delinea, pertanto, un’altra via, il finalismo di derivazione aristotelico-tomista, che cerca di uscire dallo schematismo della “grande divisione”. Per realizzare la nostra identità personale dobbiamo sapere qual è il nostro bene, il nostro fine. Questo fine (dover essere) è individuato dalla ragione come Fondamento, il quale non è semplicemente all’origine degli enti, ma ne è anche l’attuale condizione necessaria di esistenza, ovvero di conservazione nell’essere.

11 Quale etica per la bioetica?
Modello liberal-radicale (non-cognitivista) Modello utilitarista (non-cognitivista) Modello sociobiologista (cognitivista) Modello personalista (cognitivista)

12 Modello liberal-radicale (non cognitivista)
Soggettivismo morale: neoilluminismo, liberalismo etico, esistenzialismo nichilista, scientismo neopositivista, emotivismo, decisionismo La morale non si può fondare né sui fatti né sui valori oggettivi e trascendenti, ma solo sulla scelta “autonoma” del soggetto Principio di autonomia inteso nel suo senso forte La libertà come punto di riferimento supremo e decisivo è lecito ciò che è liberamente voluto, accettato e che non lede la libertà altrui (quando è rivendicabile)

13 John Stuart Mill ( ) “Il principio è che l'umanità è giustificata, individualmente o collettivamente, a interferire sulla libertà d'azione di chiunque soltanto al fine di proteggersi: il solo scopo per cui si può legittimamente esercitare un potere su qualunque membro di una comunità civilizzata, contro la sua volontà, è per evitare danno agli altri. Il bene dell'individuo, sia esso fisico o morale, non è una giustificazione sufficiente. Non lo si può costringere a fare o non fare qualcosa perché è meglio per lui, perché lo renderà più felice, perché, nell'opinione altrui, è opportuno o perfino giusto. Questi sono buoni motivi per discutere, protestare, persuaderlo o supplicarlo, ma non per costringerlo o per punirlo in alcun modo nel caso si comporti diversamente. Perché la costrizione o la punizione siano giustificate, l'azione da cui si desidera distoglierlo deve essere intesa a causare danno a qualcun altro. Il solo aspetto della propria condotta di cui ciascuno deve rendere conto alla società è quello riguardante gli altri: per l'aspetto che riguarda soltanto lui, la sua indipendenza è, di diritto, assoluta. Su se stesso, sulla sua mente e sul suo corpo, l'individuo è sovrano” J. Stuart Mill, On liberty, (1859)

14 Modello liberal-radicale (non cognitivista)
Il giudizio sul bene e sul male dipende dalla coscienza o dalle preferenza del soggetto (opinioni, sentimenti, esperienze vissute, ecc.) L’etica soggettivista è, quindi: Relativa; Individuale; Privata. La conseguenze in ambito bioetico sono ad esempio: La legittimazione dell’eutanasia come scelta buona perché autodeterminata del soggetto Aborto… Antiproibizionismo “Libertà” di ricerca

15 Etica “ senza verità”… Uberto Scarpelli (1924-1993)
Egli, partendo dalla netta distinzione tra l’essere e il dover essere, afferma: “Nell’etica non c’è verità (…): la stessa varietà storica dei principi morali convince che essi son frutto di processi culturali, sociali e personali, e non sono riconducibili ad un’astratta e metastorica zona della verità immediatamente intuibile da ogni intelletto” U. SCARPELLI, L’etica senza verità, Il Mulino 1982.

16 …etica “della libertà”
Ogni uomo, però, sviluppa (a partire dal suo condizionamento organico e culturale) la capacità di scegliere tra bene e male e, soprattutto, di scegliere il criterio stesso della scelta, cioè di scegliere un’etica e il fondamento per quest’etica. “Un’etica è dunque sempre e radicalmente individuale (…). Non c’è ragione definitiva per cui la mia risposta debba valere per altri: posso soltanto presentare argomentando la mia risposta perché ciascuno giudichi se e fino a che punto possa diventare risposta sua. Ognuno segue nell’etica la sua strada, ognuno può offrire persuasione, ognuno deve infine decidere per sé stesso” Scarpelli assegna così un ruolo decisivo al principio della tolleranza

17 Max Charlesworth ( ) “Noi abbiamo, in quanto agenti morali, il diritto di controllare e determinare il corso della nostra vita e decidere come vivremo (impegnandoci, naturalmente, a non infrangere il diritto degli altri a fare lo stesso). Questo è ciò che si intende per autonomia individuale. Il diritto all’autonomia o autodeterminazione è infatti il fondamento di tutti gli altri diritti umani, poiché non avrebbe senso parlare di “diritti” a meno che non si sia capaci di decidere per noi stessi e di essere responsabili delle nostre vite (…). Questo diritto all’autonomia morale porta con sé un diritto ulteriore, relativo al controllo della durata della propria vita e della modalità della morte” Bioethics in a Liberal Society (1993), L'etica della vita. I dilemmi della bioetica in una società liberale, Donzelli, Roma, 1996

18 Il modello liberale nella forma del contrattualismo
Nasce dalla necessità di conciliare la fondazione individualistica della norma morale con una “etica pubblica” (soggettivismo della maggioranza) Diffuso soprattutto nei Paesi anglosassoni Partendo dal rifiuto della metafisica (è impossibile giungere a verità universali e a norme etiche valide per tutti) propone una forma di accordo intersoggettivo (contrattualismo) ampliare la sfera delle libertà personali per il maggior numero di persone

19 Il contrattualismo di H.T. Engelhardt
L’incipit del suo “Manuale di Bioetica” inizia con questa premessa: “Il pluralismo morale è una realtà di fatto e di principio” Egli prende atto, cioè, delle profonde controversie che esistono in campo morale. Ritiene che esse possono essere risolte in 4 modi: “1) con la forza, 2) con la conversione di una parte alla concezione dell’altra, 3) con una corretta argomentazione razionale, 4) mediante un accordo...”

20 Il contrattualismo di H.T. Engelhardt
Non è possibile una morale sostanziale, l’assenso su ciò che è bene e male, ma è possibile la condivisione all’interno di “comunità morali” nelle quali si instaurano rapporti tra “amici morali”: nella consapevolezza che le comunità morali, amicali solo all’interno, sono estranee le une alle altre. Gli amici morali di una comunità sono gli stranieri morali per un’altra comunità. Tra le comunità morali è possibile solo concordare procedure formali ed estrinseche di negoziazione per la risoluzione di controversie bioetiche: stipulazione di contratti o accordi. Il proceduralismo appare come l’unico mezzo affinché gli stranieri morali possano collaborare.

21 Il contrattualismo di H.T. Engelhardt
Secondo questa visione, è persona solo l’“agente morale”, ossia colui che è in grado di stipulare un contratto, di esprimere un consenso e un permesso, di partecipare in modo attivo alla vita morale, dunque un soggetto autocosciente, capace di razionalità e di autodeterminazione. Gli individui che non sono in grado di dare il proprio consenso diventerebbero “oggetti” della beneficenza degli “agenti morali”, che potrebbero decidere di proteggerli, ma potrebbero anche decidere di sacrificarli in vista della realizzazione di altri beni.

22 Modello liberal-radicale (non cognitivista)
Critica Elementi di parziale verità, ma non tutta la verità sull’uomo: Libertà solo per alcuni: chi può farla valere ed esprimerla Persona è chi è capace di accordi intersoggettivi Persone, non-persone (es. l’embrione), non più persone (es. il paziente in SVP). Libertà “da” vincoli e costrizioni, ma non libertà “per” un progetto di vita e di società Libertà senza responsabilità

23 Modello liberal-radicale (non cognitivista)
… critica Libertà ideologica I comportamenti non sarebbero scelti perché buoni, ma buoni perché scelti; Le azioni non sarebbero veramente buone o cattive, migliori o peggiori, ma solo diverse; Si rinuncia a giustificare le proprie scelte in maniera razionale (comunicabile). È un etica contraddittoria È un etica “del potere”

24 Modello utilitarista (non cognitivista)
La bioetica utilitarista è una teoria morale consequenzialistica in quanto giustifica gli enunciati morali sulla base della valutazione delle conseguenze che produce un’azione e non sulla base dell’agente o dell’atto in sé Il calcolo dell’utile come benessere (unico movente dell’atto) deve tenere in considerazione in modo eguale gli interessi di ogni individuo (egualitarismo) e massimizzare gli interessi di tutti gli individui coinvolti considerati nel loro insieme. La centralità ed esclusività dell’utile quale categoria etica è considerata un postulato auto-evidente Il principio base è: Valutare le conseguenze di un’azione in base al rapporto costi/benefici Massimizzare il piacere – minimizzare il dolore

25 Massimizzare il piacere – minimizzare il dolore:
La persona è un essere senziente. La bioetica utilitarista delinea diversi livelli di soggettività e statuto personale in base ai diversi livelli di coscienza: dal livello minimale (possesso della capacità di avere sensazioni piacevoli e spiacevoli nell’immediatezza del presente, dunque possesso del sistema nervoso centrale quale condizione neurofisiologica necessaria), al livello intermedio (possesso della capacità di elaborazione complessa delle sensazioni, mediante confronto, comparazione e scelta preferenziale, nel presente e nel futuro) o al livello massimo (o decisione autonoma dell’individuo). La soggettività personale si esprime e scompare (improvvisamente o gradatamente), cresce o decresce in base al livello di coscienza: è persona chi percepisce, chi elabora percezioni, chi decide autonomamente.

26 L’utilitarismo di Peter Singer
P. Singer ritiene che il principale criterio-guida nella valutazione dell'eticità delle nostre azioni è quello dell'accrescimento del piacere, in opposizione al dolore o alla sofferenza, nell'uomo come negli animali non-umani “… chiunque sappia riflettere con lucidità si renderà conto che la pratica medica moderna è diventata incompatibile con la credenza nell’uguale valore di ogni vita umana” “… è giunto il momento per un’altra rivoluzione copernicana … e poiché bandirà la tendenza a vedere negli esseri umani il centro dell’universo morale, andrà incontro alla fiera opposizione di coloro che non intendono accettare questo schiaffo al nostro orgoglio umano … ma alla fine la svolta ci sarà” (P. Singer, Ripensare la vita – la vecchia morale non serve più, 1994)

27 L’utilitarismo di Peter Singer
Nella prospettiva singeriana, la bioetica utilitaristica si identifica con la “bioetica della qualità della vita” in contrapposizione alla “bioetica della sacralità/santità della vita”. In questo senso, gli utilitaristi intendono proporre una morale “nuova” che, subordinando il valore della vita alla presenza di qualità misurabili, si contrappone alla morale tradizionale che ritiene la vita un valore assoluto a prescindere dalle qualità, ossia vietando qualsiasi atto di uccisione diretta e intenzionale di una vita innocente.

28 Sovrapponibilità fra esseri umani e persone?
non umani persone esseri umani

29 Modello utilitarista (non cognitivista)
Critica Il rapporto costi/benefici è valido quando è riferito ad uno stesso valore e a beni omogenei e “gerarchizzabili” La persona umana e i suoi valori non sono mai “negoziabili” in base a calcoli quantitativi È difficile (impossibile?) prevedere tutte le conseguenze di un atto, per poi effettuarne un bilanciamento Persone e non-persone. Il problema degli “esseri senzienti” e l’accusa di specismo

30 Modello utilitarista (non cognitivista)
Critica Nella logica del calcolo della massimizzazione del piacere e della minimizzazione del dolore la vita ha valore solo subordinatamente alla presenza di condizioni di piacevolezza, ossia di un certo livello di “qualità della vita”, misurata in funzione del benessere. La vita umana e non umana nella quale la sofferenza prevale si ritiene “non valga la pena di essere vissuta”. Il “diritto a non soffrire inutilmente” finisce con il coincidere con un “dovere” di sopprimere la vita sofferente o che può soffrire, o che causa o può causare troppa sofferenza agli altri, nel presente e nel futuro.

31 Modello sociobiologista (cognitivista)
Etica puramente descrittiva la società evolve producendo valori e norme, che sono mutevoli e funzionali al suo sviluppo analogia con l’evoluzione degli esseri viventi evoluzionismo di C. Darwin + sociologismo di M. Weber + sociobiologismo di Heinsenk e Wilson l’uomo non sarebbe sostanzialmente diverso dalle altre forme di vita diritto e morale sono l’espressione culturale dell’adattamento della spinta evolutiva l’etica avrebbe il ruolo di mantenere l’equilibrio evolutivo

32 Il darwinismo sociale Charles Darwin, L’Origine dell’uomo (1871),
“L’uomo ricerca con cura il carattere, la genealogia dei suoi cavalli, del suo bestiame e dei suoi cani, prima di accoppiarli; ma quando si tratta del suo proprio matrimonio, di rado o meglio mai, si prende tutta questa briga. Eppure l’uomo potrebbe mediante la selezione fare qualcosa non solo per la costituzione somatica dei suoi figli, ma anche per le loro qualità intellettuali e morali. I due sessi dovrebbero star lontani dal matrimonio, quando sono deboli di mente e di corpo; ma queste speranze sono utopie, e non si realizzeranno mai, neppure in parte finché le leggi dell’ereditarietà non saranno completamente conosciute. Chiunque coopererà in questo intento renderà un buon servigio all’umanità. Il progresso del benessere del genere umano è un problema difficile da risolvere; quelli che possono evitare una grande povertà per i loro figli dovrebbero astenersi dal matrimonio, perché la povertà non è soltanto un gran male, ma tende ad aumentare poiché provoca l’avventatezza del matrimonio. D’altra parte come ha notato Galton ( ), se i prudenti si astengono dal matrimonio, mentre gli avventati si sposano, i membri inferiori della società tenderanno a soppiantare i migliori”. Charles Darwin, L’Origine dell’uomo (1871),

33 Il sociobiologismo di Edward O. Wilson
E. Wilson ritiene di poter trattare le questioni morali alla stregua di un argomento di biologia: evoluzionismo, determinismo e meccanicismo sono alla base della sua proposta. “Gli scienziati e i cultori di discipline umanistiche dovrebbero considerare insieme la possibilità che sia giunto il momento di togliere temporaneamente l’etica dalle mani dei filosofi e di biologizzarla.”

34 Modello sociobiologista (cognitivista)
Critica Evoluzionismo e “riduzionismo” antropologico dati per scontati Non è possibile alcuna unità stabile o universalità di valori (essi sono provvisori) 2 meccanismi ritenuti necessari: adattamento e selezione è giustificato l’eugenismo, sia attivo che passivo Errata interpretazione del rapporto natura-cultura

35 Ritorniamo alla nostra domanda: Cosa è bene fare?
“Cosa è bene fare?” significa sempre “Cosa è bene per l’uomo?”… ovvero… “Cosa è in linea con il rispetto della sua dignità?” È la persona umana al centro della valutazione etica, “punto di riferimento e di misura tra il lecito e il non lecito”, nel senso che nell’esperienza morale l’uomo “è chiamato” ad essere quello che è, a realizzarsi in quanto persona umana (in questo consiste la vita etica) È nell’uomo, pertanto, che dovrà ricercarsi il fondamento etico delle azioni La risposta del personalismo

36 Modello personalista (cognitivista)
La centralità del concetto di persona nel pensiero filosofico… e in bioetica L’elaborazione di questo concetto è il tentativo dell’uomo di comprendere e rappresentare se stesso e i propri simili, stabilendo – al contempo – il significato e il valore delle relazioni interpersonali. Il concetto di persona presuppone un convincimento: che l’uomo “sporge” (emerge) dalla natura-ambiente, si percepisce come soggetto autonomo e trova in se stesso (nel suo essere) la fonte della propria dignità

37 Il concetto di persona Prósopon Il dogma trinitario Angeli … uomo (uso analogico del termine persona-umana)

38 Modello personalista (cognitivista)
La persona Significati in uso del termine “persona”: Psicologico (avente personalità) Giuridico (soggetto di diritti) Morale (titolare di dignità) Ontologico (possessore di un particolare modo d’essere)

39 Modello personalista (cognitivista)
Una premessa Di “personalismo”, storicamente, si parla in una triplice accezione: personalismo “relazionale-comunicativo” (Apel, Habermas) valore della soggettività e della relazione intersoggettiva personalismo “ermeneutico” (Gadamer) ruolo chiave della coscienza soggettiva nell’interpretazione della realtà personalismo “ontologico” (Tommaso d’Aquino) non si nega il precedente, ma si pone a fondamento della soggettività un’esistenza ed un’essenza costituita nell’unità corpo-spirito La persona è sostanza individua di natura razionale (Boezio)

40 Personalismo ontologico
esso vuole affermare uno statuto oggettivo (ontologico) ed esistenziale della persona La razionalità, la libertà, ecc. sono caratteristiche che dipendono dall’essere stesso della persona (e la persona può manifestarle o non-manifestarle) Lo statuto ontologico della persona umana si riconosce (non si attribuisce) ad ogni essere umano, in quanto sostanziale. Affermando lo statuto ontologico della persona se ne riconosce la rilevanza assiologica (il valore).

41 Sovrapponibilità fra esseri umani e persone umane
= persone

42 Personalismo ontologico
L’uomo è persona perché è l’unico essere in cui la vita diviene capace di auto-riflessione (=ragione); di autodeterminazione (=libertà); di cogliere il senso delle cose (=coscienza). Ragione, libertà e coscienza non sono riducibili alle “leggi dell’evoluzione”, ma derivano dall’anima razionale (spirituale) che informa e dà vita al corpo. Differenza sostanziale uomo/animale; Irriducibilità dell’uomo a “parte della società” (egli ne è origine e fine). La persona è un corpo spiritualizzato, una unitotatiltà corporeo-spirituale il cui valore è dato da ciò che è e non solo dalla possibilità delle le scelte che fa. In ogni scelta la persona impegna ciò che è, la sua esistenza e la sua essenza, il suo corpo e il suo spirito Consapevolezza razionale che ogni essere umano possiede un eguale e intrinseco valore, che chiamiamo dignità.

43 Personalismo ontologico: conseguenze etiche
Persona significat id quod est perfectissimum in tota natura, scilicet subsistens in rationali natura (Tommaso d’Aquino, S. Th. I, q.29, a.3) Chi è massimamente perfetto non può non essere riconosciuto e rispettato semper et pro semper, in ogni circostanza di tempo e di luogo, cioè in modo assoluto. Nessun valore arbitrario - neanche il superamento di tutte le malattie - può sostituire il valore di ogni singola persona. La persona impone l’imperativo categorico di agire in modo da trattare l’umanità, in sè e negli altri, sempre come fine e mai soltanto come mezzo (Kant, Fondamenti della metafisica dei costumi) l’essere perfettissimum in tota natura resiste a qualsiasi tentativo di abbassarlo alla condizione di semplice strumento. l’uomo è “la sola creatura in terra che Iddio abbia voluto per se stessa” (Gaudium et spes, n. 24). Anche la prospettiva teologica afferma il primato dell’essere e della dignità della persona, e per tanto il valore assoluto della norma personalista.

44 Personalismo ontologico: conseguenze etiche
Il bonum, il valore ultimo che misura l’agire morale, viene inteso come promozione dell’essere e della preziosità (o dignità) della persona in quanto persona. L’essere e la dignità della persona sono, quindi, valori assoluti. Di conseguenza, la bioetica personalista pone come primum principium il rispetto incondizionato dell’inviolabilità della persona (e quindi della vita umana) e la tutela della sua libera espressione, in primis sul versante dei diritti umani. Riassumendo, possiamo affermare che la persona, dal suo concepimento fino alla sua morte naturale, deve essere sempre: punto di riferimento ultimo in ogni decisione sempre fine, mai mezzo metro di misura per giudicare ciò che moralmente è lecito o illecito

45 Personalismo ontologico: conseguenze etiche
Non è mai consentita: La discriminazione (trattare un qualsiasi essere umano come una cosa sprovvista di valore, o come un esemplare irrilevante della specie umana, o come un oggetto che ancora deve conquistarsi il diritto ad essere riconosciuto come persona); La strumentalizzazione (usare un qualsiasi essere umano per fini diversi dal bene proprio dello stesso individuo); L’oppressione (agire nei confronti di un qualsiasi essere umano mortificando o non tenendo conto della sua irrinunciabile autonomia e libertà).

46 La “natura” dell’uomo 1. corpo-anima / materia–forma
anima = forma sostanziale del corpo il corpo è “umano” perché animato da un’anima spirituale unità dell’attività umana (fisico-spirituale) contro ogni dualismo 2. “io sono il mio corpo” (non in senso esaustivo) - G. Marcel 3. “ogni elemento del corpo umano è umano ed esiste come tale, in virtù dell’esistenza immateriale dell’anima umana. Il nostro corpo, le nostre mani, i nostri occhi esistono in virtù dell’esistenza della nostra anima” - J. Maritain 4. La persona è un corpo spiritualizzato, una unitotatiltà corporeo-spirituale che vale per quello che è e non soltanto per le scelte che fa 5. In ogni scelta la persona impegna ciò che è, la sua esistenza e la sua essenza, il suo corpo e il suo spirito

47 La corporeità umana Conseguenze etiche
la vita fisica è un bene primario o fondamentale non è un bene assoluto (lo è, ad es. in prospettiva trascendente, la vita eterna) precede tutti gli altri beni relativi solo il raggiungimento del bene spirituale e trascendentale della persona può rendere accettabile il rischio della vita fisica (es. martirio) il primo bene che la segue gerarchicamente è la sua integrità i beni della vita relazionale (affettivi e sociali) sono subordinati ai due precedenti ogni “mercificazione” del corpo è un’offesa alla dignità della persona

48 la giusta nozione di “bene comune”
Alcuni corollari (1) persona e società la persona non è una “parte” della società la società non è un “organismo vivente” (concezione organicistica) la persona sta all’origine della società e prevale sugli interessi della collettività l’individuo non esaurisce mai tutto se stesso nelle relazioni con la società la giusta nozione di “bene comune” non: la media statistica dei beni dei singoli individui (concezione quantitativa) ma: il bene che si realizza in ciascun componente della società in maniera sufficiente e giusta

49 Alcuni corollari (2) persona, salute e malattia insufficienza di concetti puramente “organicistici” di salute Problematicità dei concetti “ideologici” di salute SALUTE (OMS) “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste soltanto in un’assenza di malattie e di infermità” pregi e limiti di questa definizione 4 dimensioni della salute/malattia: dimensione organica dimensione psichica e mentale dimensione ecologico-sociale dimensione etica

50 I principi della bioetica personalista
Il principio di difesa della vita fisica Il principio terapeutico Il principio di libertà e responsabilità Il principio di socialità e sussidiarietà

51 1 - Il principio della difesa della vita fisica
La tutela della vita umana: la vita umana fisica è valore fondamentale su cui si fondano e si sviluppano tutti gli altri valori della persona D’altra parte, la vita umana fisica non esaurisce tutto il valore della persona, non è il bene supremo, assoluto che invece rinvia al trascendente Un intervento sulla vita fisica è un intervento sulla persona, un danno è un danno alla persona La promozione della salute “diritto alla salute” Educazione all’accettazione del limite (dolore, morte)

52 2 - Il principio terapeutico: criteri per una corretta applicazione
Un intervento sul corpo umano è giustificato quando è il suo scopo è quello di salvaguardare il tutto o la vita del soggetto Un intervento sul corpo umano è consentito alle seguenti condizioni: Intervento sulla parte malata o causa attiva di malattia Assenza di alternative Ragionevole possibilità di successo (R/B) Il consenso dell’interessato o dell’avente diritto

53 3 - Il principio di libertà e responsabilità
Libertà da e libertà per Rem ponderare Res-pondere Responsabilità individuale (verso se stessi) Responsabilità sociale (verso gli altri) Responsabilità professionale (verso particolari categorie di persone) Responsabilità nei confronti della vita

54 4 - Il principio di socialità/sussidiarietà. 1
Impegna di ogni singola persona a realizzare se stessa nella partecipazione alla realizzazione del bene dei propri simili. La propria vita e quella altrui come un bene non soltanto personale, ma anche sociale, dunque impegno della comunità a promuovere il bene comune promuovendo il bene di ciascuno. La vita e la salute di ognuno dipendono anche dall'aiuto degli altri. Per la sussidiarietà, la comunità deve da un lato aiutare di più dove più grave è la necessità (curare di più chi è più bisognoso di cure e spendere di più per chi è più malato), dall'altro non deve soppiantare o sostituire le iniziative libere dei singoli e dei gruppi, ma garantirne il funzionamento.

55 Il principio di socialità/sussidiarietà. 2
Esempi di implicazioni per la bioetica: Giustificazione del dono di organi e tessuti, che pur comporta una certa mutilazione nel donatore. Sperimentazione non-terapeutica. Le opere assistenziali (ospedali, case di cura, lebbrosari) frutto del senso del servizio fraterno dei sani verso i malati. In termini di giustizia sociale, obbligo della comunità a garantire a tutti i mezzi per accedere alle cure necessarie, anche a costo di chiedere sacrifici maggiori a chi meglio può sostenerli. In nome del principio di sussidiarietà, non si dovrà mai sottrarre la cura di assistenza al malato più sofferente o più grave.

56 Fine


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