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Alimentazione ed igiene nella fase avanzata della demenza

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Presentazione sul tema: "Alimentazione ed igiene nella fase avanzata della demenza"— Transcript della presentazione:

1 Alimentazione ed igiene nella fase avanzata della demenza
Alessandra Mazzoli Dirigente Assistenza Infermieristica Centro Demenze Italian Hospital Group Docente a contratto Università Tor Vergata Laurea Scienze Infermieristiche Roma 4 dicembre 2012

2 tutto ciò che è compreso tra moderato e grave
Stadi della demenza Demenza lieve (durata media 2-4 anni) Demenza moderata (durata media 2-10 anni) Demenza grave (durata media 3 anni) Fase avanzata tutto ciò che è compreso tra moderato e grave

3 Fase avanzata disorientamento temporo-spaziale
difficoltà o impossibilità di riconoscere volti e luoghi familiari disturbi comportamentali (aggressività, fughe, apatia) sintomi e segni neurologici (epilessia) impoverimento o assenza di comunicazione verbale perdita dell’autonomia nelle attività di base della vita quotidiana (ADL): incontinenza sfinterica incapacità ad alimentarsi incapacità di provvedere all’igiene e all’abbigliamento incapacità motoria

4 Alimentazione In questa fase interviene una serie di fattori a compromettere la capacità di alimentarsi in modo equilibrato e corretto: i disturbi della memoria: il pz. può non ricordare di dovere mangiare o di avere già mangiato e quindi gli accade di volersi rimettere a tavola a breve distanza dal pasto precedente; sono presenti difficoltà nell’eseguire gesti abituali come utilizzare le posate o portare nella giusta misura e con la velocità appropriata il cibo dal piatto alla bocca. disturbi cognitivi e affettivi (come la depressione) possono rendere la situazione ancora più confusa e incerta: il pz. vive il presente in uno stato di disorientamento e percepisce in modo distaccato il passato; ha difficoltà nel riconoscere i cibi e persino nell’individuarne la commestibilità. deficit spaziali e di coordinazione (es. il pz. non riesce a versare acqua nel bicchiere). possono subentrarle alterazioni del gusto e dell’olfatto e la compromissione del centro della fame e della sazietà: il pz. può rifiutare il cibo a denti serrati o accettare esclusivamente dolci.

5 Alimentazione Il bisogno di assistenza aumenta man mano che si aggrava la perdita di autonomia alimentare. Partiamo dal presupposto che una alimentazione corretta concorre a dare dignità alla persona demente, migliorandone il benessere. Il mangiare, secondo come viene gestito, può essere uno dei momenti di “routine” o uno “squarcio di luce” nel grigio della quotidianità della vita del pz. demente. Se si riesce a creare una relazione positiva con i pz. anche attraverso il cibo si può ridurre la loro aggressività e la loro rabbia.

6 Disturbi alimentari mangiare molto più del necessario (iperfagia)
alimentarsi in modo insufficiente fino a rifiutare il cibo Incapacità di alimentarsi per perdita di autonomia incapacità ad alimentarsi per difficoltà nella deglutizione

7 Iperfagia mangia troppo, con voracità, senza rispettare l’ordine dei piatti (primo, secondo,…) a volte ingurgita cibo tagliato o cotto in modo incompleto, rischiando anche di soffocare può assumere sostanze non commestibili correndo il rischio dell’intossicazione se non addirittura dell’avvelenamento La conseguenza più frequente è un aumento eccessivo di peso, fino all’obesità.

8 Che fare? Può essere utile:
ricorrere a spuntini non troppo calorici (come verdure crude, frutta, yogurt, grissini, cracker, succhi di frutta) limitare le porzioni di cibo nel piatto non tenere cibo in vista

9 Rifiuto del cibo relativo (solo verso particolari alimenti)
assoluto (verso qualsiasi alimento e/o bevanda) secondario (grave stipsi, nausea, squilibrio elettrolitico, insufficienza renale, infezioni, etc.) primitivo (non correlato ad altra patologia/disturbo) transitorio (alterna periodi di rifiuto a periodi di alimentazione pressoché normale) definitivo (il soggetto non riprende più ad alimentarsi)

10 Che fare? rispettare i gusti alimentari del pz. (non sempre possibile, ma attraverso una buona raccolta dati si può sapere se il paziente non gradisce alcuni alimenti) tenendo presente oltre al valore nutrizionale, il gusto, il sapore, l’odore, il colore e gli aromi analizzare tutte le possibili cause (es. non mangia perché distratta da altre persone? Il cibo non gli piace? Ha dolore? Ha difficoltà di masticazione? Ha un delirio? Ha un afta? E’ un effetto collaterale da farmaci?) risolvere le cause in caso di disturbo secondario (stipsi, nausea ecc.) non forzare mai il pz. che tiene la bocca chiusa: a volte basta aspettare cinque minuti e riproporre l’attività perché la persona acconsenta volentieri sorvegliare con attenzione per verificare la quantità di cibo che il pz. ha effettivamente consumato introdurre cibi con molte calorie (come formaggio grana, burro, olio, miele) utilizzare integratori nutrizionali se il pz. rifiuta di mangiare cibi essenziali (tipo Meritene, Fortimel, Ensure, ecc.)

11 Incapacità di alimentarsi per perdita di autonomia
Il pz. demente può non essere in grado di eseguire un certo compito perché “non sa più come farlo” oppure lo esegue in “maniera sbagliata” o semplicemente può “ non comprendere” quale sia il compito da eseguire. Data la progressività della malattia è fondamentale cercare di mantenere il più a lungo possibile tutte le abilità che la persona ha ancora intatte ed allenare quelle che sono in perdita. E’ importante per l’infermiere pensare in termini riabilitativi, ossia tenendo presente che non è un beneficio per il soggetto che qualcuno si sostituisca a lui e, pertanto, nel caso specifico dell’alimentazione, è un errore imboccare il malato che ancora può mangiare da solo, anche se con le mani, anche se in tempi lunghi, anche se si sporca tutto. L’intervento specifico avviene semplificando l’attività da eseguire ed eliminando tutti quegli elementi che possono rendere difficile l’esecuzione dell’attività .

12 Tener conto delle alterazioni neurologiche della demenza
Cosa fare? Tener conto delle alterazioni neurologiche della demenza cambia il visus in senso laterale e verticale con conseguente difficoltà di esplorazione delle spazio circostante cambia la percezione dei colori, si riconoscono meglio tonalità calde e contrastanti: es. non riescono a distinguere un pezzo di stracchino o di purè su un piatto bianco; occorre perciò presentare pietanze colorate o utilizzare piatti colorati cambia la percezione della distanza quindi può non riuscire a prendere il cibo dal piatto cambia la percezione della luminosità: hanno bisogno di più luce (tre volte di più delle persone normali all’interno dello stesso ambiente) e il colore scuro dà loro un senso di buco o precipizio cambia la percezione dei suoni che diventano opprimenti e terrorizzanti

13 Cosa fare? preparare un’atmosfera adeguata, silenziosa e ben illuminata per non creare distrazioni durante i pasti non mettere fretta (dare la possibilità di mangiare senza paura di sporcare, rovesciare, rompere) servire una pietanza alla volta (evita la confusione e l’ansia) tagliare il cibo a dadi e consentirei, se necessario, l’uso delle mani diversificare i piatti, i bicchieri e la tovaglia utilizzando colori con contrasti semplici e netti (evitare tovaglie con disegni)

14 Cosa fare? utilizzare stoviglie speciali, piatti infrangibili e sottobicchieri antiscivolo utilizzare bicchiere o tazza con una buona presa (no manici) far usare la sola posata necessaria impiegare ausili specifici, per compensare le difficoltà nel succhiare, nel chiudere le labbra, nella prensione e nel gesto di portare il cibo alla bocca assicurarsi che denti e/o protesi siano in buono stato

15 L’importanza dell’acqua
Le persone dementi rischiano di andare incontro a fenomeni di disidratazione perché con il passare degli anni la sensazione della sete tende a diminuire. Si consiglia di fare bere almeno un litro e mezzo di liquidi al giorno (significa organizzarsi per dar da bere ai pz. più volte durante la giornata!). L’acqua è la migliore bevanda, ma possono essere assunti altri liquidi come tè lungo, caffè d’orzo, succhi di frutta, spremute, brodi.

16 Incapacità ad alimentarsi per difficoltà nella deglutizione
Nel 50% dei casi, i pz. dementi perdono la capacità di alimentarsi 8 anni dopo la diagnosi e la disfagia orofaringea ne rappresenta una della cause più frequenti. La deglutizione è una concatenazione di atti volontari e riflessi che iniziano dalla bocca e si concludono al passaggio esofago-gastrico. La fase iniziale, quella bucco-faringea, è particolarmente delicata per la serie di azioni neuromuscolari che devono agire in precisa sequenza allo scopo di trasferire il bolo dalla bocca all’esofago senza inconvenienti. Nel pz. demente accade che la perdita dei normali riflessi deglutitori faciliti il passaggio di frammenti di cibo, o addirittura dell’intero bolo, nella laringe e di qui nella trachea e nei bronchi: ne possono conseguire broncopolmoniti “ab ingestis” o grave soffocamento e morte. La disfagia è un problema grave, pericoloso e complicato sia nei suoi meccanismi che nella sua gestione.

17 Che fare? Verificare se:
i tempi per alimentarsi si allungano progressivamente (lungo tempo di permanenza del boccone in bocca con solidi/semisolidi/ liquidi) cambiano le abitudini alimentari (diminuzione dell'assunzione di liquidi) compare le tosse durante i pasti compaiono episodi febbrili presenza di voce gorgogliante a seguito della somministrazione di liquidi / cibi presenza di scialorrea perdita di liquidi / cibi semisolidi / cibi solidi ai lati della bocca durante il pasto fuoriuscita di cibi / liquidi dal naso

18 Cosa fare? Evitare invece:
Esistono diversi modi per far fronte alla disfagia. La strategia più frequentemente adottata è quella di preparare cibi di consistenza cremosa, tipo “purée” (quindi “passati” o frullati) e liquidi “addensati” (cioè trasformati in una specie di gelatina), che sono più facili da deglutire. Evitare invece: cibi che si possono sbriciolare o che si presentano in piccole particelle, per la difficoltà a preparare un bolo omogeneo (riso, crackers, fette biscottate, pane e dolci secchi) alimenti che presentano una fase liquida ed una solida (minestrina in brodo, zuppa di verdura), poiché i liquidi vengono aspirati più facilmente e possono così facilitare il passaggio di particelle capaci di ostruire le vie aeree distali, favorendo lo sviluppo di infezioni broncopolmonari cibi come gelati e gelatine naturali che possono sciogliersi in bocca a causa della temperatura del cavo orale e vanno pertanto considerati alla stregua delle bevande, così come il latte, i succhi i frutta, i brodi liquidi non addensati, gli addensanti in commercio conferiscono alla bevanda una consistenza sufficientemente solida, così da poter comunque idratare il pz.

19 Cosa fare? Quando non esistono le condizioni di ricorrere ad un alimentazione naturale, si può intervenire con una alimentazione enterale tramite: SNG (sondino naso gastrico) PEG (gastrostomia percutanea endoscopica) Quando non vi sono nemmeno le condizioni per ricorrere ad una alimentazione enterale, si può ricorrere all’alimentazione parenterale. La decisione di sostenere la nutrizione in paziente in fase avanzata di malattia, tramite alimentazione enterale o parenterale, presenta non solo risvolti di tipo clinico ma anche di tipo etico. L’atteggiamento prevalente è quello di privilegiare la qualità della vita evitando semplicemente il prolungare l’esistenza a tutti i costi, mantenendo nei pazienti in fase avanzata solo le “cure palliative” ed evitando interventi “straordinari”, anche se grande rispetto viene dato ai desideri manifestati dai familiari. Generalmente si considerano “straordinari” gli interventi sproporzionati rispetto al rapporto sofferenze (anche psicologiche) causate dalle terapie e risultati attesi, tra disagi provocati ed esigenze di autonomia e dignità nei momenti terminali. In questo contesto si considerano come interventi “ordinari” il sostegno alla nutrizione e all’idratazione.

20 Nutrizione enterale Nonostante il vasto impiego della nutrizione enterale, prevalentemente per motivi etici (“non far morire di fame e di sete il malato”), a tutt’oggi è ancora debole l’evidenza clinica in merito ai suoi benefici nei soggetti con grado avanzato di demenza. I più recenti studi presenti ad oggi in letteratura non forniscono prove sicure sull’ efficacia della NE in termini di aumento della sopravvivenza, miglioramento della qualità di vita, prevenzione di malnutrizione, riduzione del rischio di lesioni da decubito, miglioramento dei sintomi psichiatrici; mancano inoltre dati relativi agli effetti collaterali di tale intervento invasivo. [The Cochrane Collaboration 2009; Candy et al. 2009]

21 Nutrizione enterale Non dimentichiamo, tuttavia, che per garantire l’alimentazione naturale, soprattutto se i pazienti vanno imboccati, occorre una disponibilità di personale infermieristico molto maggiore rispetto all’inserimento di una sonda, e di questi tempi sappiamo tutti quanto sia difficile reperire operatori qualificati, e quanto tutte le strutture cerchino di ridurre le spese di gestione. Proprio alla luce di queste considerazioni, quindi, ricorrere all’alimentazione artificiale per carenza di personale o per ridurre le spese dell’assistenza – come da alcuni anni addirittura impongono alcuni istituti come condizione per accogliere i malati non autosufficienti – va considerata una chiara violazione della dignità umana dei pazienti. Il criterio di riferimento, infatti, non deve essere la possibilità di nutrire artificialmente i pazienti, ma, al contrario, quello di garantire loro un’alimentazione naturale.

22 Prima di SNG e PEG!

23 Igiene Curare l’igiene quotidiana e fare il bagno/doccia sono due attività che spesso comportano un pesante carico assistenziale; durante l’ espletamento di tali attività non è difficile incappare in atteggiamenti aggressivi, oppositori e reazioni catastrofiche da parte del pz. demente che può: dimenticare di lavarsi dimenticare le azioni da compiere non rendersi conto di tale necessità perdere la capacità di riconoscere il bisogno di andare alla toilette e dimenticare dove questa si trova o che cosa fare una volta che vi è giunto (es. confusione tra wc e bidet).

24 Cosa fare? tentare di rendere il “bagno” una situazione rilassante e piacevole preparate il pz spiegandogli quello che si sta facendo mantenere per quanto possibile, le precedenti abitudini; la doccia può essere più facile rispetto al bagno, ma se il pz. non l’ha mai utilizzata in precedenza, potrebbe allarmarsi se il pz. rifiuta di farsi la doccia, capire il perché (ha freddo? si vergogna?) e rinviarla ad un secondo momento, quando l’umore del pz. (non il vostro!) può essere mutato. Eventualmente provare a convincerlo, spostando l’attenzione su qualcos’altro (es. “ti sei macchiato”, “vengono a farci visita”, “andiamo fuori a passeggiare e a mangiare un gelato appena pronti”, cantiamo una canzone ecc.)

25 Cosa fare? permettere al pz. di fare da solo (per quanto possibile)
se il pz. si mostra imbarazzato, tenere coperte alcune parti del corpo, mentre lo si aiuta. Invitatelo sempre a lavarsi da solo le zone genitali fare attenzione alle norme di sicurezza: controllare attentamente la temperatura dell’acqua, tenerlo seduto su uno sgabello, utilizzare tappeti antisdrucciolo e maniglioni di sostegno, non lasciatelo mai solo se la proposta di lavarsi crea regolarmente un conflitto, può essere vantaggioso farsi sostituire da un’altra persona

26 Cosa fare? invitare il pz. a collaborare con sollecitazioni o comandi semplici, uno alla volta (apri rubinetto, prendi la spugna ecc.) identificare strategie per rinforzare la memoria procedurale (es. porre gli oggetti personali da toilette ad un livello accessibile, preparare i vestiti semplificati in sequenza, collocare maniglie o altri ausili); tutto ciò rende possibile una migliore pratica assistenziale e il mantenimento dell’autonomia porre attenzione per le zone “difficili” del corpo, come la regione sottomammaria e le pieghe dell’inguine

27 Cosa fare? garantire l’ igiene della bocca, compresa l’eventuale protesi curare piedi e unghie se necessario applicare dispositivi esterni per incontinenza e utilizzare pigiami interi con chiusura posteriore Anche nel caso dell’igiene è importante che l’infermiere pensi e agisca in termini riabilitativi, stimolando cioè le capacità e le abilità residue del pz per preservarne, quanto più è possibile, l’autosufficienza.

28 Grazie per l’attenzione


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