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LINGUISTICA e COMUNICAZIONE (prof

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Presentazione sul tema: "LINGUISTICA e COMUNICAZIONE (prof"— Transcript della presentazione:

1 LINGUISTICA e COMUNICAZIONE (prof
LINGUISTICA e COMUNICAZIONE (prof.ssa Iride Valenti) a.a Morfologia e struttura delle parole

2 Bibliografia di riferimento
Sergio Scalise, La formazione delle parole, in Lorenzo Renzi, Giampaolo Salvi, Anna Cardinaletti (a c. di), Grande grammatica di consultazione, III, il Mulino, 1995, pp Elisabetta Jezek, Lessico. Classi di parole, strutture, combinazioni, Il Mulino, 2005. Giorgio Graffi, Sergio Scalise, Le lingue e il linguaggio, Il Mulino, 2006. Salvatore Claudio Sgroi, Qu’est-ce qu’un prefixe?, in Morphologie à Toulouse, Actes du colloque international de morphologie 4èmes Décembrettes, a c. di Nabil Hathout e Fabio Montermini, 2007, pp Tiziana Emmi, La formazione delle parole nel siciliano, Centro di Studi Filologici e Linguistici siciliani, Palermo, 2011. Salvatore C. Trovato, Toponomastica e toponimia in Sicilia, in G. Ruffino (a cura di), Lingue e cultura in Sicilia, Centro di Studi filologici e linguistici siciliani, Palermo, 2012.

3 Morfologia È lo studio delle parole e delle varie forme che le parole possono assumere dà conto di tutte le conoscenze che un parlante ha delle parole della propria lingua (competenza morfologica): se una parola è ben formata o meno se una parola è possibile o non possibile a quale categoria lessicale appartiene come si può combinare con prefissi e suffissi o con altre parole

4 La morfologia tra i “moduli” della grammatica
La MORFOLOGIA è parte di un componente più ampio: il COMPONENTE LESSICALE, composto da: Un LESSICO vero e proprio costituito da “lessemi” Un insieme di REGOLE morfologiche che si applicano alle unità del lessico. Quali sono le “unità del lessico”? Le “PAROLE”

5 La nozione di “PAROLA” Un parlante nativo ha intuizioni corrette su cosa siano le “parole”, i lessemi, e le sa identificare in un discorso.

6 La “parola” Parola fonologica Parola morfologica Parola sintagmatica Unità lessicale o lessema (in astratto) Lemma o forma di citazione o entrata (nel dizionario)

7 Parola fonologica gruppo di sillabe raccolte intorno a una sillaba preminente accentata: ess. dammelo per questo il cane di là ex marito

8 Parola morfologica Parola sintagmatica
Combinazione di lessemi che funziona come entità autonoma, idiomatica o no (tavola rotonda, sala d’attesa, carta di credito, coltello da cucina): L’ordine dei lessemi è fisso; I lessemi non sono separabili inserendo altri elementi linguistici Eccezione: alcune sequenze verbali come buttare via, vuotare il sacco, chiedere scusa che possono essere modificate parzialmente da avverbi semplici (subito, spesso, rapidamente, ogni giorno) Combinazione minima di morfemi che funziona come entità autonoma (tavolata, sala, rotondeggiante, attesa, incartare, coltello, cucinare): L’ordine dei morfemi è fisso; La parola è di solito separata/separabile nella scrittura; I confini di parola sono punti di “pausa potenziale nel discorso”; Foneticamente la pronuncia è ininterrotta ed caratterizzata da un unico accento primario.

9 lessicalizzazione l’associazione di un determinato CONCETTO (o, come specifica Ježek, “segmento concettuale”, sia esso costituito da un’entità atomica o da un FASCIO DI CONCETTI) a UNA FORMA LESSICALE (cognata lessicalizza in italiano il concetto di ‘sorella del marito’; madre = donna che ha generato e partorito un figlio’; padre = ‘uomo che ha generato un figlio’; ciambella = ‘dolce rotondo spesso con un buco in mezzo’, ecc.). l’associazione di un determinato CONCETTO a UNA SEQUENZA DI ELEMENTI LESSICALI che acquistano progressivamente valore di unità lessicale con significato autonomo e quindi di parola (orologio da polso, orologio da parete [fr. montre e horloge, ingl. watch e clock], per lo più, per lo meno, meno male, cadere dalle nuvole, sedia a sdraio, cintura di sicurezza, davanti a).

10 Tipi di morfologia Morfologia flessiva: la morfologia è stata intesa principalmente come studio delle “parti del discorso” (le categorie lessicali e flessionali della parola). Morfologia lessicale: la morfologia va intesa pure come studio dei processi di formazione di parola, in una prospettiva dinamica, e analisi delle parole stesse, con: riconoscimento degli elementi morfologici costitutivi ricostruzione delle loro possibili combinazioni

11 Classi di parole Le parole di una lingua sono tradizionalmente raggruppate in classi o parti del discorso, dette anche categorie lessicali Secondo le grammatiche tradizionali dell’italiano, le parti del discorso sono: aperte variabili Nome (Simona, tavolo) Verbo (camminare) Aggettivo (rosso, rapido) Pronome (io, lui, lo, ci) Articolo (il, la, un) Avverbio (già, lentamente) Preposizione (di, a, con) Congiunzione (e, ma, o) Interiezione (ahi!, ehi!, oplà!) chiuse invariabili

12 Le parti del discorso o classi di parole
L’inventario delle parti del discorso non è lo stesso per tutte le lingue del mondo per esempio, il latino non aveva articoli Alcune classi di parole, però, sembrano essere presenti in tutte le lingue (universali): Nome e Verbo

13 L’informazione lessicale
La parola può essere vista come un “pacchetto” di informazioni: Proprietà foniche (struttura sillabica, accento, insieme di fonemi); Proprietà grafiche (insieme dei caratteri attraverso i quali il suono della parola è reso nella tradizione scritta); L’informazione principale o più evidente è il significato, ma i soli criteri di tipo semantico sono insufficienti per riconoscere le parti del discorso; Appartenenza a una classe lessicale: verbo, nome, aggettivo, avverbio ecc.: tale proprietà si evidenzia: nel comportamento sintattico: una parola ammette intorno a sé certi contesti e ne esclude altri: es. pasto n.: può essere preceduta da un articolo, accompagnata da un aggettivo,: un pasto sostanzioso Esclude di essere modificata da un avverbio: *un pasto bene nel comportamento morfologico: in base alla classe lessicale di appartenenza una parola si presta a certi tipi di modificazione morfologica: il verbo, non il nome, può essere coniugato (è flesso per il tempo ecc.); dai nomi possono derivare aggettivi in -oso; ecc. Proprietà morfologiche, relative a: Struttura morfologica: riguarda solo le parole costituite da più morfemi (lavoratore, sottosopra, mangiata, amabile ecc.) ed è importante per raggruppare le parole in famiglie o classi morfologiche Comportamento morfologico nelle lingue dotate di flessione, l’appartenenza a una classe flessiva ne condiziona il comportamento : (v. oltre →) Per questo si parla di classe sintattica o categoria morfologica.

14 Le parole e le classi lessicali
Tutte le parole hanno una classe lessicale Molte parole possono avere più di una classe lessicale: dubbio, veloce, perché. Tre ipotesi: è possibile supporre che nel lessico ci sia una diversa entrata lessicale per ogni diverso uso; è possibile che la parola abbia una classe di default che rientra nelle sue informazioni lessicali e che tuttavia possa per conversione acquisire nel contesto altri usi, derivati e secondari; la parola non contiene alcuna informazione relativa alla classe lessicale e acquista proprietà solo dal contesto sintattico (ipotesi contestuale)

15 Come faccio a riconoscere le parti del discorso (cioè le classi di parole)?
Le parti del discorso possono essere riconosciute in base a criteri distribuzionali (i contesti in cui possono o non possono ricorrere). Le informazioni di categoria (e sottocategoria) lessicale regolano il funzionamento delle parole in sintassi e in morfologia: si parla in questo caso di “proprietà di selezionabilità e di selezione” iscritte negli elementi lessicali e che guidano le regole (cfr. slide sulla Sintassi): Sintassi: Il ragazzo (*cane / *virtù/ *sporcizia) legge il libro Morfologia: a. conigliera, uccelliera b. cappelliera, saliera c. *Gianniera, *Franchiera d. *virtuiera, *pazienziera

16 Proprietà di selezione e selezionabilità
Ogni parola porta con sé un proprio inventario di regole sintattiche o “regole di montaggio”: un libretto di istruzioni che indica con quali altre parole essa può o deve combinarsi: es. l’agg. privo: privo+di: nessun costrutto contenente privo risulta ben formato senza un sintagma introdotto da di (*sono privo non funziona senza di) Uomo+privo: dipende da un sostantivo

17 LA STRUTTURA MORFOLOGICA: INDIVIDUARE LE “UNITÀ MINIME”
Come già la fonologia, anche la morfologia basa il proprio funzionamento sulla scomposizione e sostituzione delle unità. Data una parola, possiamo sezionarla fino a ottenere delle unità minime di prima articolazione, dotate cioè di significato autonomo.

18 L’analisi strutturale
Riconoscimento dei costituenti morfologici = descrizione di un processo La morfologia cerca di capire e spiegare: le vie attraverso cui le parole sono state formate i principi ai quali le parole sottostanno

19 LA PAROLA O “LESSEMA” In generale, il LESSEMA (o unità lessicale) coincide con il LEMMA di un dizionario, che può essere una base tematica radicale non ulteriormente analizzabile (così per es. in lat. ego, septem, tu, in it. io, sette, tu) una base accompagnata dalle sole desinenze (in lat. lux, vox, in it. luce, voce) una base tematica in cui è riconoscibile una base tematica radicale con formanti, prefissi, infissi e suffissi (in lat. video, visus, visio, visibilis, evidens, evidentia, in it. vedo, veduto, casa, caso, pizza, pizzo, rivedibile, avveduto, chiaramente) nei composti, la composizione di più basi tematiche (in lat. longilineus, agricultura, in it. capostazione, cassaforte, portachiavi, cassapanca) nei lessemi complessi, l'unione di più lessemi (in lat. res publica "stato", in it. testa di cuoio, vedere rosso).

20 “FORMA DI CITAZIONE” O “LEMMA”
forma convenzionale che nei dizionari rappresenta tutte le forme flesse che una parola può avere. In italiano: Verbi  infinito Nomi  maschile/femminile singolare Aggettivi  maschile singolare (agg. a 4 uscite) maschile/femminile singolare (agg. a 2 uscite) = v. amare; n. libro, casa; agg. bello, felice

21 Tipi di lessemi Lessemi patrimoniali: Lessemi endogeni:
appartengono alla lingua sin dalla sua prima origine, derivano cioè dal latino parlato — il latino spontaneo, corrente, parlato da tutte le fasce della popolazione grosso modo dal I al VII sec. d. C. — ma anche da altre lingue dalle quali passarono moltissime voci all’italiano nel periodo della sua formazione (pensiamo alle lingue germaniche parlate dai longobardi o al galloromanzo portato dai franchi). Lessemi endogeni: neoformazioni nate da meccanismi di derivazione, composizione, conversione, parasintesi interne all’italiano e innovazioni meno regolate e regolari come onomatopee, acronimi, ecc. Sono endogeni anche i lessemi polirematici e lessemi nuovi nati da processi di ampliamento semantico Lessemi esogeni: sono quelli di origine straniera, provenienti da lingue diverse dai dialetti italoromanzi.

22 La “struttura” morfologica delle parole
Le parole intese come “combinazioni minime di morfemi” hanno una struttura: al loro interno: si possono cioè riconoscere unità minime di significato lessicale e grammaticale. possono essere: SEMPLICI (senza struttura interna) [capo] , [dente], [polso] COMPLESSE (con struttura interna) Parole derivate: [ex-capo] [capetto], [dentale], [dentista] Parole composte: [capostazione], [tridente], [labiodentale] Sia le parole semplici che le parole complesse devono essere flesse quando sono usate in una frase: [capi], [ex-capi], [capetti], [capistazione]

23 Parola e morfema Occorre postulare un LESSICO COSTITUITO DA PAROLE e non da morfemi. Dentro le parole si riconoscono ELEMENTI PIÙ PICCOLI dotati di significato, i MORFEMI: in italiano, nomi e aggettivi semplici sono bimorfemici (casa+a, bello+o), mentre in inglese le parole semplici sono monomorfemiche (book) in italiano, i verbi regolari sono trimorfemici (am+a+re, legg+e+re) le parole complesse italiane possono essere trimorfemiche e oltre (in+util+ità, dis+organizza+zione, ex+foto+modella)

24 Morfema Definizione: Classificazione:
la più piccola parte di una lingua dotata di significato Ogni morfema è un segno linguistico Ingl. boys boy = ‘umano, non adulto, maschile’ -s = 'plurale It. libri libr(o) = 'insieme di fogli stampati’ -i = 'plurale’ Classificazione: morfemi lessicali: liberi it. ieri, io, libro, casa legati (cioè semiliberi = i confissi): it. cardio- (cardiologo), paleo- (paleolitico), -gastro/gastro- (selenogastro, gastroenterite), entero- (enterite) morfemi grammaticali: liberi: it. di, ma, con, e, che legati: it. -o/-i (cas/o, top/i); -bile (ama/bile), -oso (fam/oso), -ità (seren/ità), in- (in/sano), s- (s/barbato)

25 Qual è la base dei processi morfologici?
La BASE dei processi morfologici è la parola senza flessione, l’unità lessicale inarticolata Tale base, nel caso dei verbi, dei nomi e degli aggettivi coincide con il tema e, di fatto, per nomi e aggettivi coincide con la forma di citazione, ma è una parola astratta: libro, dente, banca corto, bello, veloce amare, tollerare, arrivare Tema = l’unione di radice + vocale tematica Radice = Nei lessemi (semplici) con significato lessicale è possibile individuare una radice + una vocale tematica + desinenza: es. am/a/re, cas/o, nott/e, rumor/e, ros/a, cald/o Nel caso dei nomi, le vocali tematiche sono a (rosa), o (raso), e (cane, notte, neve) Nel caso dei verbi, le vocali tematiche sono -a- (cont-a-re) -e- (tem-e-re), -i- (sent-i-re) Nel caso degli aggettivi, le vocali tematiche sono o (vero, chiaro), e (dolce, legale, celere)

26 Flessione, derivazione e composizione
Le parole possono subire diversi tipi di modificazione, cioè processi morfologici: Flessione: aggiunge alla parola di base informazioni relative a genere, numero, caso, tempo, modo, diatesi ecc. bello  bella, libro  libri, amare  amava Derivazione: crea parole nuove aggiungendo una forma legata (affisso) a una base data: Prefissazione: marito  ex+marito Suffissazione: dolce  dolce+mente Infissazione: cantare  cant +-icchi-+are, busta  bust-+-ar-+ella Composizione: forma parole nuove a partire da due parole esistenti (due forme libere) capo + stazione  capostazione dolce + amaro  dolceamaro

27 Altri processi di formazione di parole (morfologia minore)
Parasintesi (prefissazione parasintetica) Conversione (o suffissazione zero) e ricategorizzazione Reduplicazione Acronimia Incrocio Sottrazione Univerbazione

28 DERIVAZIONE La DERIVAZIONE unisce una forma libera (un morfema-base di natura lessicale) a una legata chiamata affisso (che poi è il morfema derivazionale): una parola derivata può essere prefissata se l’affisso precede la base, suffissata se la segue. SCHEMA DI PAROLA SUFFISSATA= [[base]N/Agg/V/altro + suff.]N/Agg/V/altro (a seconda della testa) SCHEMA DI PAROLA PREFISSATA= [pref. + [base]N/Agg/V/altro ] N/Agg/V/altro (a seconda della testa)

29 Derivazione: suffissazione
Un suffisso cambia la categoria/sottocategoria della base: N  V -izzare (atomo  atomizzare) N  A -oso (fama  famoso) N [concr]  N -aio (giornale  giornalaio) V  N -zione (amministra(re)  amministrazione) V [trans] A -bile (giustifica(re)  giustificabile) A  N -ezza (bello  bellezza) A  V -ificare (beato  beatificare) A  Avv -mente (geloso  gelosamente) Un suffisso sceglie: la categoria della base altre specificazioni grammaticali (di tipo semantico) vino+aio *pazienza+aio *scommette(re)+aio ?matita+aio Alcuni suffissi, i suffissi valutativi, non cambiano la categoria della base : -ino/-ina: libro  librino, bello  bellino -accia/accio: casa  casaccia, grasso  grassoccio

30 Base unica e deverbali Nel caso dei derivati suffissati da basi verbali, si verificano i seguenti casi: Il suffisso sceglie una forma di base ( e una soltanto): apprendimento vs *appresimento. sommovimento vs *sommossimento Il suffisso sceglie più di una forma di base: il tema verbale (dicibile, amabile), più produttivo il participio passato (risibile, flessibile), anche di forma latina (perfettibile) Il suffisso ha due (o più) varianti (allomorfia: -tore, -zione, -tivo, -torio). In alcuni casi, una si aggiunge al tema e l’altra al participio passato. Es., qual è il suffisso in lavoratore, cucitore, correttore, bevitore, venditore, percussore, aggressore?: V (tema) + tore V (p.p.) + ore

31 Restrizioni sulla derivazione
-mente si aggiunge produttivamente ad aggettivi e forma avverbi sceglie sempre il significato traslato Arido ‘Secco’ e ‘insensibile’ > aridamente Acido ‘di sapore acre’ e ‘maligno’ > acidamente Teatrale ‘relativo al teatro’ e ‘esagerato’ > teatralmente non si aggiunge: ad aggettivi che terminano in -mente (fremente, demente) Ad aggettivi di colore: *giallamente Ad aggettivi che designano origine o provenienza: *romanamente, *catanesamente necessita di due regole di riaggiustamento: Chiaramente < [[chiar(o)a] + -mente] Dolcemente < [[dolce] + -mente] non si aggiunge ad aggettivi composti: Doceamaro *dolceamaramente

32 Grammaticalizzazione
Si parla di grammaticalizzazione quando un lessema (morfema libero) si desemantizza (perde cioè il suo significato) e diventa un morfema grammaticale legato. Si prenda ad es. in it. il suffisso avverbiale -mente derivato etimologicamente dall’ablativo di lat. mens ‘mente’ it. sinceramente < lat sincera mente ‘con sincera disposizione di spirito’ È anche il caso di parole come nonostante prep. e cong. dalla loc. non ostante; durante prep. dal p.pres. di durare. Graffi, Scalise - Le lingue e il linguaggio - Il Mulino, 2006

33 Derivazione: prefissazione
In italiano, la prefissazione, a differenza della suffissazione, non cambia la categoria della base non cambia la posizione dell’accento tonico della base Generalmente, in italiano, i prefissi si aggiungono più facilmente a Nomi e Aggettivi che non a Verbi Contrariamente a quanto si è pensato fino a poco tempo fa (e ancora oggi alcuni grammatici pensano), in italiano la prefissazione gioca un ruolo molto modesto. Lo dimostrano i seguenti criteri di identificazione dei prefissi:

34 Prefissazione: criteri con cui identificare e riconoscere i prefissi
Selezione di una sola base: extra, super, ultra : non possono essere prefissi perché selezionano basi diverse. significato non referenziale: neo-, auto-, mono-, multi-, onni-, pluri-, poli-, semi-, tri-; paleo-, pan-, pseudo- : non possono essere prefissi perché hanno significato (sono confissi). non autonomia del formante: contro, oltre, sopra, sotto: non possono essere prefissi, perché possono stare da soli (sono preposizioni). costruzione endocentrica e esocentrica: sottoscala, antiuomo: sono composti e, quindi, sotto e anti non possono essere prefissi (uno è preposizione, l’altro confisso). non-transcategorizzazione: in antiuomo agg., anticarro agg., antidroga agg., anteguerra sost., l’elemento posto a sinistra della base cambia la categoria e, quindi, non è un prefisso: le parole così formate sono composti.

35 Parasintesi (prefissazione parasintetica)
La maggior parte dei processi morfologici in italiano è di tipo concatenativo, cioè la struttura si modifica aggiungendo un affisso per volta, secondo un procedimento di tipo binario. Secondo teorie ormai superate, costituirebbero un’eccezione i verbi cosiddetti parasintetici, tradizionalmente analizzati in STRUTTURE TERNARIE, che prevedono cioè la simultanea aggiunta ad una base (in genere un aggettivo) di un prefisso e di un suffisso (non esistendo né la forma costituita dalla base + il suffisso, né quella costituita dal prefisso + la base). Seguendo le più recenti teorie, invece, dal punto di vista formale, si considera la PARASINTESI un procedimento con STRUTTURA BINARIA e non ternaria: la prefissazione verbale parasintetica è un processo morfologico che consiste nella combinazione di un prefisso con un verbo suffissato denominale o deaggettivale possibile ma non attestato come forma libera. I parasintetici indicano l’acquisizione di uno stato (addolcire, ingrandire) o presuppongono uno stato precedente che rappresenta l’azione opposta (decaffeinare, snocciolare). La loro mancata attestazione è dovuta a motivi extralinguistici, ad es. al fatto che sono pragmaticamente non necessari. Graffi, Scalise - Le lingue e il linguaggio - Il Mulino, 2006

36 Parasintesi (prefissazione parasintetica)
1) PRIMA FASE = formazione tramite conversione di un verbo denominale o deaggettivale non attestato (burro > °burrare , lento> °lentare); 2) SECONDA FASE = prefissazione di tale verbo (im + °burrare ; al- + °lentare) SCHEMA = [pref. + [[]N/Agg + Ø]°V]V Si parla di conversione perché le desinenze affisse a destra (-are, -ere, -ire) sono suffisssi flessivi e non possono essere considerate veri e propri suffissi derivazionali. I parasintetici si formerebbero, allora, da parole possibili, anche se non esistenti (ad es. imbruttire si potrebbe segmentare [in + º[bruttire]V]V). I prefissi generalmente coinvolti nella formazione dei parasintetici sono s- (svecchiare, sfrontato, spietato, sgraziato), ad- (addentare, abbellire), in- (incenerire, inabissare). Le desinenze flessive sono le terminazioni dell’infinito di I o III coniugazione (-are/-ire). Si formano per conversione anche gli aggettivi departicipiali parasintetici (assatanato, deteinato, sbarbato ecc.) Graffi, Scalise - Le lingue e il linguaggio - Il Mulino, 2006

37 Descrizione del processo di derivazione
L’ordine del processo è il seguente: si applicano le Rfp Si procede all’inserzione lessicale Si applicano le regole fonologiche Esempio: Inutilità 1) [utile]Agg: si applica la Rfp, cioè si unisce la forma libera alla forma legata→ [in- + [utile]Agg] Agg: si procede all’inserzione lessicale→ [[in- + [util(e)]Agg ]Agg + -ità]N: si applicano le regole fonologiche di riaggiustamento (in questo caso, la desinenza -e si cancella).

38 Composizione La COMPOSIZIONE può unire:
due forme libere e il risultato può anche essere una parola etichettata con una categoria lessicale diversa da quella dei costituenti (senzatetto, camposanto, apribottiglie, pescecane, saliscendi) SCHEMA = [[base]N/Agg/V/altro + [base]N/Agg/V/altro ]N/Agg/V/altro Oppure (e in questi casi si parla di “COMPOSIZIONE NEOCLASSICA”): due confissi: agronomo, radiologo, logopedista una forma libera e un confisso: automobile, televisione, paleoguerra SCHEMA = [[base-]conf. + [-base]conf. ]N/Agg/V SCHEMA = [[base] conf.+ [-base] N/Agg/V ]N/Agg/V

39 Composizione neoclassica
unisce due semiparole (chiamate anche affissoidi o confissi), o una forma libera e una semiparola. I confissi sono forme legate, per lo più di origine greca o latina e comunque di origine straniera, che però hanno valore lessicale proprio e che possono, appunto, entrare in composizione tra loro o unite a forme libere. I confissi possono apparire sia nella prima che nella seconda posizione di un composto o essere base di derivati. I neologismi che indicano nomi di professioni o attività socialmente premianti contengono molto spesso elementi neoclassici (agronomo, radiologo, logopedista, ecc.) oppure sono forestierismi (manager, executive, tour operator). I composti neoclassici sono spesso preferiti per i registri linguistici più prestigiosi, ad es. per evitare le sfumature negative di alcune denominazioni (audioleso, peripatetica, operatore ecologico). Lo sono anche perché consentono di formare parole con determinante + determinato, evitando giri di parole anche molto articolati: glottologia ‘scienza del linguaggio’, pterodattilo ‘animale che ha le dita a forma di ala’, ecc. Il tipo prevalente è quello formato da confisso + elemento libero.

40 Composizione e derivazione insieme
I composti possono essere a loro volta derivati: automobilista, glottologia, radiotelefonista I derivati possono entrare in composizione con altre parole: contocorrentista, antiparassitismo, aracnofobico

41 Nelle parole derivate dell’italiano la testa è sempre a destra:
TESTA DEI DERIVATI La “testa” è quell’elemento che attribuisce la categoria sintattica a tutta la costruzione. Nelle parole derivate dell’italiano la testa è sempre a destra: Nei suffissati = è il suffisso Nei prefissati = è la base

42 Testa dei composti Il costituente che determina la categoria lessicale e i tratti di sottocategoria del composto. In italiano: la testa dei composti è tendenzialmente a sinistra (capostazione, pescecane, camposanto) Test «È UN»: camposanto «È UN» Nome perché campo è Nome (categoria) camposanto «È UN» tipo di campo, non un tipo di santo (semantica) se la testa di un composto è a destra avremo: un “ordine marcato”: gentiluomo (come nell’uso retorico di alcuni aggettivi preposti ai nomi con funzione accessoria o descrittiva: rosso vino, semplice deduzione, buona riuscita ecc.) composti di origine latina: terremoto calchi dall’inglese (che ha la testa a destra): scuolabus

43 Composti endocentrici, composti esocentrici e composti «dvandva»
I composti che hanno una testa sono endocentrici: [[capo]N+[sala]N]N [[campo]N+[santo]N]N [[verde]Agg+[bottiglia]N]N I composti che non hanno una testa sono esocentrici: [[dormi]V+[veglia]V]N [[porta]V+[lettere]N]N [[senza]P+[tetto]N]N [[pelle]N+[rossa]A]N Alcuni composti sono detti «dvandva» o di coordinazione perché formati da due costituenti possibili teste, sia categorialmente sia semanticamente [[cassa]N+[panca]N]N [[agro]A+[dolce]A]A

44 Parole complesse possono essere analizzate morfologicamente in costituenti (morfemi). Sono costruite tramite regole parola suffissata vin(o)+aio, bar+ista parola prefissata dis+adatto, in+elegante parola composta capo+stazione, alto+piano parola suffissata più volte industri(a)+al(e)+izza(re)+zione prefissata più volte ex+pro+console composta più volte tergi(re)+lava(re)+lunotto suffissata e prefissata in+desider(a)+bile composta e suffissata croce+ross(a)+ina, ferro+vi(a)+ario composta e prefissata in+vero+simile composta, prefissata e suffissata in+vero+simil(e)+mente

45 Allomorfia e suppletivismo
si ha quando nello stesso paradigma morfologico si trovano radicali formalmente diversi (non-relazionati): vad-o va-i va-nno vs. and-iamo anda-te anda-i and-rei acqua vs. idr-ico cavallo vs. equ-estre vs. ipp-ico Allomorfia: si ha quando nello stesso paradigma morfologico si trovano alternative formali dello stesso radicale (alternanza motivata fonologicamente) o dello stesso formante: Fidenza vs. Fidentino Piacenza vs. piacentino ([ts]  [t]) -zione/-sione/-ione; -tura/-ura/-atura ecc. I fenomeni di suppletivismo non sono prevedibili e devono essere esplicitamente rappresentati nel Lessico I fenomeni di allomorfia sono prevedibili (applicazione di regole) e non devono essere «scritti» nel Lessico

46 Il mutamento morfologico: l’analogia
Uno dei meccanismi fondamentali di mutamento morfologico per quanto riguarda la nascita di forme e di parole nuove è L’ANALOGIA: Meccanismo che crea forme nuove sul modello di forme esistenti, per la tendenza a regolarizzare le forme linguistiche uniformandole al modello più frequente. Si tratta di un fenomeno morfologico i cui effetti sono tali da produrre apparenti eccezioni alle leggi fonetiche (cioè, i mutamenti fonetici regolari intervenuti nella storia di una lingua o di una famiglia linguistica). In generale, si rappresenta l’analogia come risultato dell’applicazione di una proporzione aritmetica ( a:b = c:d ) Italiano: tendenza a sostituire il superlativo di aspro ereditato dal latino, "asperrimo", con la forma asprissimo, dotata della desinenza più comune in italiano. Coniugazione di mietere < mĕtere, suonare < sŏnare e di negare < nĕgare Dasse per desse Venghino per vengano Romputo per rotto Nel passaggio dal lat. all’it.: Pecus pecoris, da cui il pl. pecora, rianalizzato morfologicamente come pecor-a e non come pec-ora (cfr. il cognome catanese Scannapieco) Tempus -oris inserito nella serie dei maschili in -o (ma nei dialetti anche tempora e cfr. It. pettoruto, nerboruto, ramoruto). Graffi, Scalise - Le lingue e il linguaggio - Il Mulino, 2006

47 Conversione o suffissazione zero o ricategorizzazione
In sincronia, si osserva quel processo che genera parole nuove senza l’aggiunta di un suffisso, ma per “conversione” e “suffissazione zero”, appunto, da una categoria lessicale ad un’altra: bere / il bere, vecchio /il vecchio, cantante, il cantante. Nel caso di nomi formati per conversione da verbi, si parla di retroformazione: it. arrivo derivata da arrivare it. rinvio derivata da rinviare In diacronia si parla anche di ricategorizzazione: passaggio da un genere a un altro: il latino aveva tre generi (maschile, femminile e neutro) l’italiano ne ha solo due (maschile e femminile) Il neutro latino si è ricategorizzato nel maschile italiano (somnium > sogno, venenum > veleno, folium > foglio) A volte, il neutro plurale ha generato nomi femminili in italiano (folia > foglia), per analogia. Graffi, Scalise - Le lingue e il linguaggio - Il Mulino, 2006

48 Reduplicazione Ripetizione della stessa parola in un sintagma (in alcune lingue, ripetizione di parte di una parola: es. gr. luo ‘sciolgo’ - leluka ‘ho sciolto’; lat. tango ‘tocco’ – tetigi ‘toccai’ ecc.). In italiano, il fenomeno, spesso marcato regionalmente, interessa le seguenti categorie: AGGETTIVI e AVVERBI per esprimerne il valore superlativo (facile facile, presto presto, forte forte, ecc.); alcuni SOSTANTIVI, in nomi di valore intensivo o interativo del tipo leccalecca, fuggifuggi, pigia-pigia, volavola o in espressioni nominali o locuzioni avverbiali come strada strada, muro muro, casa casa, pietre pietre rispettivamente col significato di ‘per strada’, ‘a stento’, ‘per casa’, ‘fra (molte) difficoltà’; il GERUNDIO (scherzando scherzando, parlando parlando, ecc.) e le FORME VERBALI precedute da CHI, COME, DOVE (chi, dove, come viene viene).

49 Acronimia, sottrazione, incrocio, univerbazione
Acronimi: parole formate a partire dalle lettere iniziali di ogni parola di un sintagma di partenza: ad es. CGIL, INPS, FAO, UE ecc. Parole formate per sottrazione di una parte della parola iniziale: ad es. prof, raga, tele, moto, auto, metro, foto, polio, cinema / cine ecc. Incroci o parole macedonia: composti troncati da abbreviazioni di parti di parole: ad es. polfer, internauta, globopolizia, motel, socioeconomico, confindustria ecc. Univerbazioni (composti di origine sintagmatica) cioè assemblaggi di parole senza modifiche strutturali e senza adattamenti: nontiscordardime, diocenescampi, facciotuttoio ecc.

50 Paretimologia o etimologia popolare
Si parla di creazioni analogiche soprattutto in relazione ai casi di PARETIMOLOGIA o etimologia popolare, risultato della “collisione” tra due famiglie di parole sul piano della forma dell’espressione. Non esiste alcuna relazione di necessità fra significante e significato [arbitratrietà], tuttavia i parlanti manifestano un bisogno latente di attribuire una motivazione al segno linguistico. La tensione fra arbitrarietà e “rimotivazione secondaria” dà origine alla paretimologia. Ess.: ingl. crayfish ‘gambero’ = collegato erroneamente a fish ‘pesce’, ma dal fr. ecrevisse (dial. crevisse) 'gambero' ; e, in italiano: manometro = collegato a mano, ma composto dal gr. manós "poco denso" e –metro ‘misura’, cfr. fr. manomètre. ballatoio = collegato a ballare, ma dal lat. bellatōrĭu(m) ‘galleria di combattimento (nelle navi)’, der. di bellāre "combattere". stravizio = collegato a stra+vizio, ma da ricondurre al serbo-croato zdravica ‘sfida al bere’ aguzzino = collegato ad aguzzo, ma riconducibile all’ar. al-wazīr ‘ministro, luogotenente’. Graffi, Scalise - Le lingue e il linguaggio - Il Mulino, 2006

51 Altre modificazioni inattese della base
Le paronimie o malapropismi: Liquirizia = “Liquore di Gorizia” Democrazia = demonocrazia Cambio a cloche = cambio “a coscia” Spina dorsale = spina “del sale” capelli corposi =“polposi” l’ulcera = lucciola Cerebrale = celebrale Addiaccio = agghiaccio Stato brado = stato bravo…

52 Altre modificazioni inattese della base
Tabù: ci sono parole modificate intenzionalmente per ragioni tabuistiche: Dio = zio, perdinci, perdiana, perdindirindina Madonna = marosca o madosca ostia = osteria Diavolo = diamine, diascolo Il nome volgare della donnola, un piccolo e grazioso mammifero carnivoro (nome scientifico Mustela nivalis) a cui gli antichi attribuivano qualità misteriose e malefiche, chiamato così per renderselo amico (donnola infatti deriva dal latino dominula ‘signorina, donzella’). Turpiloquio: trasformazioni di tipo eufemistico: cavolo, capperi, mizzica, caspita, didietro, scatole, cosiddetti

53 Antroponomastica e toponomastica
Parole “morte” non motivate: tendenza conservatrice: I toponimi sono quegli elementi della lingua che, proprio perché privi per lo più di significato lessicale, attraversano intatti (o quasi) i secoli e spesso anche i millenni. E ciò succede perché sono forme isolate, pure etichette. Nessuno sa più cosa significano ad es.: Ferraro, Labisi, Vadalà ecc. Aci nei nomi di città come Acireale, Aci Catena, Aci Bonaccorsi, Aci Sant’Antonio ecc., casualmente omofono col greco akis ‘appuntito’, ma risalente forse al sicano; A(b)ba in toponimi del tipo àbano Terme, Abbasanta, da ricondurre alla base indeuropea *ap ‘acqua’. Fara, Posìa, Aspromonte

54 Toponomastica e paretimologia
Rometta – piccolo centro a ovest di Messina e in passato imprendibile roccaforte bizantina – trae il suo nome dal gr. ta erýmata ‘le fortezze’ come mostra il nome dialettale tuttora in uso Rrimetta accanto a Rrametta, (che per la -a- presuppone la mediazione araba; in questa lingua, infatti, il nome della cittadina è documentato nella forma ramtah). Rometta è forma recente che presuppone una interpretazione nuova della forma etimologica Rimetta/Ra-: la parte terminale del toponimo (-etta) viene reinterpretata come un suffisso diminutivo e la -a-/-i- della prima sillaba diventa -o- per incrocio con Roma. Ne segue che le antiche “fortezze” diventano ora la “piccola Roma”. La documentazione con Ro- è fondamentalmente recente (XVIII sec.). Allo stesso modo l’antica Traina – forma ancora dell’uso, ma certo assai oscura, per la quale si postula una base non indoeuropea del tipo *Tragena/Dra- – cambiando la -a- con -o- viene agganciata all’antica Troia e rimotivata come “piccola Troia”. [per ulteriori approfondimenti v. Trovato 2012]

55 Antroponomastica e toponomastica
Sul piano morfologico, non sono passibili di altro tipo di analisi, al di là dell’analisi etimologica : nomi di città come Catania, Siracusa, Palermo, Pachino, di montagne come Etna, Nebrodi, Madonie o di fiumi come Simeto, Oreto, Bèlice e tanti altri non appartengono, nel siciliano, ad alcuna famiglia lessicale. È invece possibile analizzare morfologicamente: i toponimi di formazione recente, dei quali si possono agevolmente individuare i modi della formazione e la motivazione stessa: si pensi anche a (Monti) Peloritani, toponimo che, intuitivamente, ci rimanda a Peloro (il capo nordorientale della Sicilia, detto anche Punta Faro o semplicemente Faro, in quel di Messina), di cui è derivato (Peloro + -itani). Una spiegazione, semmai, va data di Peloro (dal gr. pelōr ‘mostro’ [?]) , ma non certo del suo derivato. toponimi che sono dei nomi formati con regole – composti, ad esempio, o anche derivati – e perciò strutturalmente trasparenti: Villadoro, Valledolmo, Montedoro, Serradifalco e Gagliano (< Gallius + suffisso derivativo -anum o -ana, neutro pl. per indicare il “complesso dei beni appartenuti a…”). [per ulteriori approfondimenti v. Trovato 2012]

56 Onomatopee Parole che traggono origine da suoni indicanti in origine rumori, voci, grida, movimenti rapidi o lenti ripetuti, azioni ripetute a lungo, cose che accadono all’improvviso, operazioni o atti violenti, movimenti di va e vieni, fenomeni atmosferici ecc.: crepitio, miagolio, sfarfallio, scroscio, brivido, belare, ronzio, tintinnio, tonfo, borbottio, sbruffo ecc.

57 Creatività e morfologia
«E poi si figurava i pellisquadre che a prima vista avevano l’aria di tirare la sciabica senza sciabicara, perché erano divisi in due file e le due file tiravano strappo su strappo la rete come alla sciabica, ma non tiravano per sciabachello, perché dal mare di sale, anzi dalla carcassa di mare di sale, tiravano invece a riva l’orcaferone. L’animalone orcinuso però, aveva seguito la sorte del duemari, o il duemari aveva seguito la sua sorte, la sua sorte o morte, e si era incarcassato. Quella perciò che i pellisquadre tiravano con la sciabicara, non era più, non era più cioè orca o carogna, ma orca a carcassa, incarcassata e tuttuno con lo stesso mare di sale, con la stessa carcassa di mare di sale. I pellisquadre tiravano, tiravano, ma strabilio a dirsi, manmano che tiravano, pareva che l’orcagna perdesse quel fantastico biancheggiare che dava il sale alla sua scheletratura a bombé, come rimettesse carne attorno alle ossa: ripigliava a vista d’occhio forma e colore da vivo, cioè di quando aveva ancora la coda, aveva ancora il suo potentissimo timone e di quando non aveva ancora quella piagona incancrenita sul fianco. Più tiravano, più restringevano i due capi della sciabicara e più l’animalone, restando carcassa, carcassa di sale, tornava vivo, gigantescamente vivo e vero nella sua nera, chiusa, attubolata sagomatura a funeraglia, e in quest’apparenza, quando era ormai a riva e s’affacciava con la sua gran testa incorporata al pettorale, tutt’all’improvviso s’animava spiritandosi tutto e prorompendo nella sua tremenda forza micidiatrice: allora infuriava come tentasse di pigliare mare salesale, sbattendo sulla sponda le pinne, battendo la coda con terribile squasso e sconquasso come di maremoto. I pellisquadre tiravano, lo tiravano ancora ma ormai tiravano veramente per figura, faceva persino pena vederli tirare quelle tonnellate di carne nere fetenti di quel misterioso diocenescampi.» Stefano D’Arrigo, Horcynus Orca (p. 1109) [19751]


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