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USCIRE DALLA CRISI E’ POSSIBILE ?

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Presentazione sul tema: "USCIRE DALLA CRISI E’ POSSIBILE ?"— Transcript della presentazione:

1 USCIRE DALLA CRISI E’ POSSIBILE ?
Si, ma occorre prima capire alcuni aspetti che l’hanno provocata e cercare soluzioni indicate dagli economisti critici e dai movimenti di protesta di tutto il mondo.

2 Introduzione di Giuseppe Barabino
Quattro tomi per capire: La Finanza 3/37; La finanza pubblica 38/87; Possibili alternative 88/149. Conclusioni 150/164. Spunti liberamente tratti dal libro “ Finanza per indignati” edito nel mese di aprile 2012 di Andrea Baranes e successivi accadimenti

3 LA FINANZA

4 In questa prima parte viene analizzata come funziona la finanza secondo il neoliberismo, e come funzionano i mercati finanziari e le borse. Le differenze tra azioni e obbligazioni. Il concetto di speculazione finanziaria, come opera, e quello di bolla finanziaria. Le funzioni delle banche e la leva finanziaria. La cartolarizzazione dei crediti e i paradisi fiscali. La crisi del Il sistema bancario ombra.

5 COME FUNZIONA LA FINANZA SECONDO I PRINCIPI DEL NEOLIBERISMO
Dai paese anglosassoni la dottrina liberista si è rapidamente imposta fino a diventare un pensiero unico. In questa diffusione hanno giocato un ruolo fondamentale le istituzioni internazionali quali il FMI e la Banca mondiale, assieme al Dipartimento del Tesoro statunitense. Queste teorie postulano la capacità dei mercati di autoregolarsi, e di conseguenza la necessità che lo Stato si faccia da parte per lasciare gli stessi mercati liberi di agire, dato che i mercati tendono in ogni momento ad autoregolarsi, ed il prezzo è il miglior indicatore di questo equilibrio; quindi il libero mercato riesce a garantire l’allocazione ottimale delle risorse ( materie prime, capitale, lavoro ).

6 CRITICHE ALL’IMPANTO NEOLIBERISTA
Il modello parte da alcuni presupposti e semplificazioni, che non corrispondono alla realtà, come quelle che ogni partecipante al mercato ha le stesse informazioni su disponibilità e prezzi. Infatti non si può considerare l’economia come una scienza esatta, ne applicare dei modelli economici a una realtà estremamente complessa. La semplificazione maggiore si può riassumere affermando che la teoria dei mercati efficienti prescinde completamente dall’esistenza di esseri umani.

7 TUTTO E’ MERCE Il problema è che questo modello pretende di ricomprendere l’intero sistema di produzione, distribuzione e consumo, fondandosi su pochi assunti di partenza. L’efficienza dei mercati e soprattutto il prezzo, punto di incontro tra domanda ed offerta, come indicatore del valore di ogni bene o servizio, anche di quelli più essenziali alle nostre vite, ed ha portato all’assioma <<prezzo = valore>> all’estremo nel corso degli ultimi decenni. Tutto deve diventare merce, e chi non può permettersi di pagare il prezzo ( sanità, scuola i cui costi devono diminuire ) verrà escluso dal mercato. Lo slogan vincente diventa meno tasse per tutti, meno Stato, più mercato.

8 NEOLIBERISMO E CRESCITA
Il valore sociale, ambientale e relazionale dei beni e dei servizi non viene in nessun modo preso in considerazione dalle teorie liberiste. Tra due prodotti con caratteristiche simili l’unica discriminante è il prezzo. Se il primo è fatto inquinando , sfruttando i lavoratori, impedendo i diritti sindacali, eludendo il fisco, mentre il secondo è realizzato con criteri socialmente ed ambientalmente responsabili, questo non interessa alla dottrina neoliberista. Il primo avrà costi di produzione più bassi, e potrà essere venduto a prezzi inferiori, vincendo nei mercati.

9 Questa logica ha anche portato a considerare il PIL, come l’indicatore ultimo dello stato di salute dell’economia e, peggio ancora , della qualità della vita dei cittadini, anziché semplicemente un indicatore della ricchezza prodotta da un Paese in un anno, ovvero la somma di tutti i beni e di tutti i servizi prodotti e venduti durante l’anno. Già Robert Kennedy, negli anni sessanta, però affermava che il PIL <misura tutto, tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta> e non misura l’amicizia, le relazioni, gli affetti, la felicità.

10 LA FINANZA E IL FUNZIONAMENTO DEI MERCATI FINANZIARI
La Finanza. La crisi finanziaria globale, la speculazione finanziaria, la finanza casinò sono al centro dell’attenzione dei media, e sono disponibili molte definizioni tecniche, ma per provare a semplificare <la finanza è il mercato dei soldi>. La finanza nasce quindi al servizio dell’uomo. Permette agli Stati, al sistema produttivo ed ai cittadini di reperire i capitali necessari al proprio funzionamento, mettendo a disposizione i capitali necessari tramite i canali bancari ( prestiti ) o le borse ( azioni o obbligazioni ).

11 MONETE E DENARO Anche se vengono usati come sinonimi, denaro e moneta, non sono la stessa cosa. La moneta è il circolante emesso da uno Stato in un dato periodo. In una definizione elementare il denaro è il circolante accettato da un mercato, in un dato momento. Così, se gli euro sono la nostra moneta, possono esistere altre forme di denaro, complementari o alternativi alla moneta ufficiale . Progressivamente le banconote e il denaro sono sempre più slegati dal loro corrispondente valore in oro, ma oggi sempre più spesso anche il supporto cartaceo viene rimosso, e il denaro è rappresentato da una scrittura contabile nel computer di una banca,

12 AZIONI E OBBLIGAZIONI Le obbligazioni sono dei contratti che obbligano l’emittente a restituire un prestito con un certo interesse. Possono essere concesse dalle banche con capitale proprio , e allora la controparte sarà la banca, oppure emettendo obbligazioni a un dato interesse, e allora la controparte saranno l’insieme degli investitori che hanno deciso l’acquisto delle obbligazioni. Le azioni sono invece il capitale sociale di un’impresa. Se compro azioni, divento proprietario in parte dell’impresa e partecipo ai rischi conseguenti.

13 COSA SONO E COME FUNZIONANO LE BORSE
Le borse valori sono luoghi fisici ove si incontrano le imprese e gli Stati che emettono i loro titoli e gli investitori che vogliono acquistarli. La loro creazione ha permesso di aumentare la liquidità dei titoli finanziari, trovando in ogni istante una controparte disposta a comprare o vendere i titoli. Lo scambio dei titoli segue la legge della domanda e dell’offerta. Ogni giorno viene calcolata la media dei titoli e delle obbligazioni vendute, e il calcolo percentuale se sono stati venduti a un prezzo maggiore o minore del giorno precedente.

14 LA SPECULAZIONE FINANZIARIA
LA PROGRESSIVA LIBERALIZZAZIONE DEI MERCATI. L’approccio liberista si è tradotto nel progressivo smantellamento delle normative, e dei controlli riguardanti le attività economiche, il commercio internazionale e, in maniera preminente, la finanza. Poco alla volta è stato rimosso il sistema di regole messo in piedi dopo la crisi del 1929, che prosegue ancor oggi. Già negli anni settanta si assiste a una liberalizzazione del mercato delle valute e dei tassi di cambio. Dopo la seconda guerra mondiale con l’accordo di Bretton Woods fu deciso che tutte le valute fossero ancorate al dollaro, e che questo a sua volta fosse convertibile in oro.

15 Nel 1971 il Presidente Nixon decise in maniera unilaterale di cancellare la convertibilità oro-dollaro. A causa delle difficoltà economiche conseguenti alla guerra del Vietnam. Negli anni ottanta sono stati progressivamente eliminati prima i vincoli, e poi i controlli sui flussi di capitali in entrata ed uscita dai singoli Paesi. Nel decennio successivo vengono liberalizzati i servizi finanziari e il sistema bancario per poi arrivare, a cavallo tra il XX e XXI secolo , all’emergere di una vera e propria ingegneria finanziaria, a discapito della crisi globale e delle dichiarazioni sulla necessità di regolamentare la finanza.

16 IL CASO DELLE VALUTE. Con la liberalizzazione dei cambi, ogni valuta ha una quotazione che dipende dalla domanda e dall’offerta rispetto alle altre , come avviene per qualunque bene. La quotazione di una valuta rispetto alle altre ha impatti diretti e rilevanti sull’economia di un Paese, dato che una valuta forte rende più difficili le esportazioni, e più semplici le importazioni. Quindi , se un’economia va bene e aumenta l’export, tende a crescere il valore della corrispondente valuta, il che, a sua volta, rende più difficili le esportazioni, per cui in pratica la quotazione di ogni valuta dipende direttamente dalla forza economica, e dalla capacità di esportazione del singolo Paese.

17 COME OPERA LA SPECULAZIONE
COME OPERA LA SPECULAZIONE. Operatori sui mercati internazionali comprano e vendono valute, azioni, altri titoli per guadagnare unicamente dalle oscillazioni dei prezzi, senza nessun interesse nei Paese corrispondenti, e senza nessuna attività reale. Cercano di guadagnare dalle aspettative. Con i moderni sistemi informatici è possibile comprare e vendere qualunque prodotto finanziario anche migliaia di volte in un’ora. I computer delle grandi banche e delle altre imprese finanziarie lavorano 24 ore su 24, acquistando e vendendo azioni, valute, derivati e via discorrendo.

18 Queste operazioni ed il mercato delle valute correttamente dovrebbe essere legato all’import-export di beni e di servizi. ( se compro una automobile negli USA cambio gli euro in dollari, se vado in vacanza in Giappone cambio gli euro in yen, ecc). Questo commercio trasnazionale ha una dimensione intorno ai miliardi di dollari all’anno, e questa dovrebbe essere logicamente la dimensione del mercato valutario, se le attività fossero legate unicamente all’economia reale.

19 Il mercato delle valute ha invece superato i 4000 miliardi di dollari al giorno. In altre parole, in una sola settimana circolano più soldi sui mercati finanziari di quanti siano legati a un intero anno di economia reale. Oltre il 98% dei capitali che circolano nel mondo non ha nessuna finalità produttiva e non è legato all’economia reale, ma serve unicamente alla speculazione, ovvero a fare soldi dai soldi nel più breve tempo possibile. Questa è una delle manifestazioni della finanziarizzazione dell’economia. La finanza trasformata da mezzo in fine in se stesso. Un ribaltamento completo delle priorità, in cui la finanza non è più al servizio dell’economia reale, ma al contrario è l’economia influenzata e sempre più spesso guidata dalla decisioni prese dal mondo finanziario.

20 DALLA BOLLA DEI TULIPANI AI SUBPRIME
DALLA BOLLA DEI TULIPANI AI SUBPRIME. Uno dei pilastri su cui poggia il neoliberismo è la teoria dei mercati efficienti, in grado di determinare attraverso il prezzo il valore degli scambi, che però viene spesso contraddetta. All’inizio del del XVI secolo nelle corti dei nobili europei divennero di moda il tulipani. La domanda dei bulbi cresceva continuamente. Alcuni mercanti cominciarono a comprare bulbi non per coltivare tulipani, ma sperando che il prezzo continuasse a salire, per poi rivendere il bulbo stesso, ovvero per speculare, ma la cosa non avvenne. La bolla dei tulipani è considerata la prima grande crisi finanziaria moderna. Nulla è cambiato nei quattro cento anni successivi, fino alla bolla della new economy del 2001 e quella del settore immobiliare del Si compra a poco, vendi a tanto, sperando in una bolla, o ancor meglio contribuendo tu stesso a creare la bolla con i tuoi acquisti.

21 UN APPETITO INSAZIABILE
UN APPETITO INSAZIABILE. Il PIL ovvero la ricchezza legata alla produzione e vendita di beni e servizi, cresce mediamente del 3% ogni anno nel mondo. Gli speculatori cercano rendimenti anche dieci volte superiori. Nel lungo periodo, non è difficile capire che la situazione non è sostenibile. Le possibilità sono solamente due. O la finanza continua a risucchiare risorse e a vampirizzare l’economia reale, o crea ricchezza fittizia, gigantesche bolle sul nulla, che prima o poi scoppiano trascinando con se la vita delle persone, finché appunto la finanza cercherà di intervenire anche sul clima, affidando ai mercati beni comuni quali l’ambiente e la biosfera. Non più chi inquina paga, ma chi paga può inquinare, a seconda dei prezzi stabiliti dagli speculatori.

22 LE BANCHE COSA FANNO LE BANCHE. Oggi le banche oltre alla tradizionale funzione di raccolta e impiego del denaro, in misura sempre maggiore hanno spostato la loro attività verso attività meramente finanziarie e speculative, alla ricerca di maggiori profitti. Infatti le grandi banche commerciano in valuta, realizzano operazioni di compra vendita di titoli finanziari per conto della clientela, o in proprio, e realizzano altre operazioni finanziarie, e meno della metà dei ricavi proviene da prestiti alla clientela, mentre la parte più sostanziosa è realizzata grazie a operazioni finanziarie e commissioni su prodotti spesso rischiosi e speculativi.

23 BANCHE E LEVA FINANZIARIA
BANCHE E LEVA FINANZIARIA. Per leva finanziaria si intende il fatto che è possibile realizzare un investimento con una parte di capitali proprio, e un’altra presa a prestito. Così, una leva di 5 a 1, significa che se investo 100 sui mercati finanziari, solo 20 sono soldi miei, ma 80 li ho presi in prestito da qualche altro. Alcuni soggetti speculativi lavorano normalmente con leve finanziarie da 30 a 1 o anche superiori, vale a dire solo il 3% di ciò che investono è loro, il resto è preso in prestito dalle banche. Sperano poi di realizzare dall’investimento un profitto superiore agli interessi che devono alle banche per il prestito fatto.

24 TUTELE DEL SISTEMA BANCARIO
TUTELE DEL SISTEMA BANCARIO. La recente crisi finanziaria, così come quella del 1929, dimostra che delle regole sono necessarie per limitare il campo di azione, e per vigilare sull’operato delle banche. Queste regole servono prima di tutto a tutelare i risparmiatori e i clienti, che affidano il loro denaro e in un secondo luogo per assicurare la stabilità dell’intero sistema economico. In Italia, per assicurare la clientela , su tutti i conti correnti esiste una garanzia pubblica che, in caso di fallimento, viene rimborsata dallo Stato fino a un massimo di euro.

25 L’ACCORDO DI BASILEA. Tra i diversi accordi internazionali per regolamentare il sistema bancario, uno dei più importanti è quello di Basilea del 1988, seguito dall’accordo di Basilea II nel Tale accordo prevede che per ogni prestito erogato le banche debbono tenere a disposizione un certo patrimonio per tutelare la clientela. La quantità di capitale da tenere a disposizione varia a seconda del rischio del finanziamento e oscilla intorno all’8%. C’è però un modo per eludere l’accordo e continuare a prestare soldi, che spiega la crisi del 2.007: LA CARTOLARIZZAZIONE.

26 LA CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI
LA CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI. La cartolarizzazione è un processo finanziario che permette alle banche di trasformare un credito ( es. un mutuo ) in titoli finanziari, che possono essere rivenduti sui mercati ( es. obbligazioni ). Questo meccanismo è stato al centro della crisi finanziaria del Le banche concedevano prestiti anche a persone prive di qualunque garanzia ( il clienti subprime, al di sotto dei migliori ), perché rivendevano gli stessi mutui sui mercati dopo averli trasformati in obbligazioni, rientrando subito dei soldi erogati, liberando risorse che possono essere utilizzate per altri prestiti. Per capire la dimensione del fenomeno, negli Stati Uniti nell’anno della crisi (2007 ) il totale delle obbligazioni emesse dalle imprese ammontava a 5800 miliardi di $. I titoli del Tesoro degli Stati Uniti erano pari a 4500 miliardi. I titoli basati sulle cartolarizzazioni erano miliardi di $, ovvero erano superiori a tutte le altre obbligazioni circolanti negli USA.

27 FATTE LE REGOLE TROVATO L’INGANNO
FATTE LE REGOLE TROVATO L’INGANNO. Uno dei vantaggi della cartolarizzazione consiste nel poter eludere le regole e i controlli, in particolare quelli sul capitale proprio che le banche devono garantire per ogni prestito. Nel processo di cartolarizzazione avviene un passaggio in più. La banca che ha concesso il mutuo, non emette le obbligazioni, ma vende il muto a una società veicolo. La società veicolo versa alla banca il valore del mutuo e per finanziarsi emette obbligazioni che vende sul mercato. Questo significa che la banca si disfa del suo credito. Grazie alle (SPV) le banche possono portare fuori bilancio i mutui e gli altri crediti, scaricare il rischio ed erogare sempre più prestiti. Le società veicolo agiscono come le banche e costituiscono il cuore del sistema bancario ombra.

28 I PARADISI FISCALI. Le imprese finanziarie e produttive, e i grandi capitali possono liberamente muoversi in giro per il mondo alla ricerca del territorio più adatto per ogni loro esigenza, consigliate da stuoli di consulenti, avvocati e commercialisti, e per sfruttare ogni anfratto della gigantesca zona grigia nella legislazione internazionale, al confine tra operazioni legali e illegali. Una zona in cui troviamo senza soluzione di continuità il riciclaggio del denaro delle peggiori mafie internazionali e piccoli imprenditori vessati dal fisco che portano i loro profitti al sicuro all’estero, e con trucchi più disparati per pagare meno tasse.

29 CONCLUSIONI. Cartolarizzazioni, sistema ombra, attività speculative, leva finanziaria, paradisi fiscali non sono un elenco esaustivo dei problemi di buona parte del sistema bancario degli ultimi anni. L’attuale sistema bancario ha rotto e comunque seriamente compromesso il proprio << contratto sociale >> secondo il quale opera nell’interesse dell’economia e dell’insieme della società. Da strumento per le attività umane le banche si sono in gran parte trasformate in problema per la società e in fonte di instabilità e crisi.

30 Per salvarle dal baratro gli Stati hanno dovuto versare oltre 3500 miliardi di aiuti in quattro anni, una cifra che da sola basterebbe a pagare tutti i debiti di Italia, Spagna, Grecia e Portogallo e di questi aiuti ben oltre la metà sono stati versati dagli Stati Uniti e poi dall’Europa con il Regno unito (978 ), la Germania, ( 417 ), l’Irlanda ( 147), l’Olanda (143), il Belgio (137), e poi con cifre minori l’Austria, la Francia, il Portogallo, la Spagna e infine l’Italia con 4,1 miliardi, scaricando dette perdite sui cittadini. La finanza muove il mondo e nessuno può permettersi il fallimento di grandi banche. Peccato però che mentre ai cittadini si chiede di tirare sempre più la cinghia, ai big del credito sia ancora concesso tutto, compreso stipendi da favola e liquidazioni multimilionarie; a fine 2011 il valore dei derivati sulla roulette dei mercati era arrivato all’iperbolica cifra di 647 miliardi di $, nove volte il PIL mondiale.

31 LA CRISI DEL I MOTIVI SCATENANTI. Il sistema finanziario è al centro della formazione e del successivo scoppio della bolla dei mutui subprime e della conseguente crisi finanziaria. Le banche concedevano mutui anche alla clientela più rischiosa e priva di garanzie perché grazie al sistema delle cartolarizzazioni potevano rivendere gli stessi mutui sui mercati. Dopo l’insolvenza dei primi mutuatari l’intero sistema è andato rapidamente nel panico e si è bloccato. La perdita di valore dei crediti subprime rispetto al periodo pre crisi ad aprile 2008 è stata di 45 miliardi di dollari.

32 LA LEVA FINANZIARIA. Diversi soggetti a partire dalle stesse banche, lavoravano con una leva finanziaria pari o anche superiore a 40 o 50 a 1. Subito dopo la bolla dei subprime scoppia la bolla dei debiti, di dimensione enormemente maggiore, e le banche sono costrette a vendere parte dei titoli nel portafoglio, naturalmente non i titoli tossici, che non vuole più nessuno, ma azioni, obbligazioni e titoli di Stato che hanno ancora un mercato. Determinando il crollo dei prezzi aumentando notevolmente l’offerta. Come un’epidemia la crisi dei subprime contagia l’intera finanza globale, che si è rilevata un colosso dai piedi d’argilla, trascinando con sé l’insieme dell’economia.

33 IL SISTEMA BANCARIO OMBRA NELLA CRISI
IL SISTEMA BANCARIO OMBRA NELLA CRISI. Al centro del processo non troviamo però solo le banche, ma anche e soprattutto il sistema bancario ombra (SPV) a loro legate. Le società ombra hanno preso in prestito i soldi dei risparmiatori, dei fondi di investimento, dei fondi pensione e li hanno investiti in titoli sempre più incomprensibili e rischiosi. Finché cresceva la bolla finanziaria basata su quei titoli, i profitti salivano a dismisura, attirando sempre nuovi capitali. Con la flessione del sistema immobiliare statunitense la bolla è scoppiata e buona parte dei titoli che circolavano nel sistema bancario ombra si è rilevata per quello che era: spazzatura, iniziando una corsa sfrenata a disfarsene, con vendita a ribasso e lo scoppio del panico.

34 IL CONTAGIO ALL’ECONOMIA REALE E BILANCI CREATIVI PER NASCONDERE LA CRISI. Il blocco della finanza ha trasmesso la crisi all’economia reale. Le imprese si finanziano tramite prestiti bancari o emissione di azioni o obbligazioni. Senza accesso al credito verranno meno nuovi investimenti e quindi rallenterà l’occupazione, che significa meno capitali a disposizione di lavoratori e famiglie, meno consumi e meno vendite per le imprese, aggravando la crisi dell’economia reale e innescando una spirale recessiva. Gli Stati allora sono dovuti intervenire per tappare le perdite e salvare le banche, che mentre fino ad allora erano tenute a iscrivere nel portafoglio i titoli al valore di mercato, sono state invece autorizzate a iscrivere i titoli al prezzo a cui li avevano comprati. Questo accorgimento , di cambiare in corsa le regole, ha permesso a bilanci disastrati, di tornare di colpo in attivo o comunque a mascherare le perdite effettive.

35 LA FINANZA COME MEZZO, LA FINANZA COME FINE
LA FINANZA COME MEZZO, LA FINANZA COME FINE. Nel periodo del consumismo guidato unicamente dal dogma della continua crescita dei consumi, del PIL, come risolvere il paradosso? Come vendere sempre più automobili, più telefonini e più prodotti a persone sempre più povere? La soluzione è in apparenza molto semplice: indebitando le famiglie, le imprese e gli Stati per drogare i consumi e la crescita economica. Di fronte alle persone facoltose che spendono sempre meno del loro reddito, per riuscire a mantenere una elevata domanda , che potesse assorbire almeno in parte l’offerta, il declino del potere d’acquisto dei lavoratori è stato compensato con il debito, ovvero affidando alla finanza il compito di supplire agli squilibri di reddito che la stessa aveva causato.

36 Lo sviluppo della finanza è stato quindi funzionale alla creazione di una massa crescente di debiti, ovvero è stato il mezzo che ha permesso questa trasformazione economica e sociale. Il progressivo sviluppo della finanza e della tecnologia informatica fa si che il settore finanziario garantisca tassi di profitto più alti del resto dell’economia. Le imprese e i capitali cercano quindi una remunerazione dalla speculazione finanziaria, allontanandosi dalle attività produttive.

37 La finanza ha creato un sistema basato sui derivati non regolamentati, sulle cartolarizzazioni, e sul sistema ombra per espandere la massa di denaro, di scommesse e di debiti. I mutui subprime sono stati unicamente la scintilla che ha fatto scoppiare la crisi, costituita dalla gigantesca bolla fatta di debiti e speculazione. E la finanza neoliberista, che per decenni aveva postulato l’esistenza di mercati efficienti e la necessità che lo Stato si facesse da parte ha di colpo avuto bisogno di migliaia di miliardi di soldi pubblici per non collassare.

38 LA FINANZA PUBBLICA

39 In questa seconda parte vengono esaminati i comportamenti degli STATI, i loro indebitamenti, lo SPREAD, e i derivati. I piani di salvataggio. Gli squilibri su scala mondiale, compresi quelli monetari e la svalutazione. Le politiche fiscali e i paradisi fiscali. Il debito pubblico in Italia. L’evasione fiscale e l’economia sommersa. La recessione in atto in conseguenza della crisi. Le Banche Centrali e gli interventi in economia. Il salvataggio delle banche. Le soluzioni proposte dalla Comunità internazionale: una visione sbagliata e ingiusta. L’estremismo neoliberista.

40 GLI STATI Le questioni di finanza pubblica sono complesse. La cinghia di trasmissione della finanza privata del a quella degli Stati e delle finanze pubbliche del 2011 è diretta ed evidente. I governi sono dovuti intervenire con enormi iniezioni di capitali, prima per salvare il sistema finanziario dal completo collasso e subito dopo per cercare di fare ripartire l’economia, e si sono quindi dovuti indebitare

41 IL DEBITO: NON SOLO IN TITOLI DI STATO
Gli Stati hanno delle entrate e delle uscite. Le entrate sono principalmente quelle fiscali ( tasse e imposte ), mentre le uscite sono costituite dalle diverse spese investimenti pubblici, infrastrutture ( strade, scuole ), mantenimento della pubblica amministrazione, della giustizia e dell’ordine pubblico. Se in un anno le uscite superano le entrate lo Stato ha un deficit. In questa situazione lo Stato deve trovare risorse per finanziare la propria attività. Il debito pubblico è la somma di tutti i deficit accumulati. Una possibilità per far fronte a un deficit è aumentare il debito attraverso l’emissione di titoli di Stato, che per l’Italia sono rappresentati dai BOT, BTP e CCT che sono in pratica obbligazioni.

42 Il valore del debito totale dello Stato, in Italia, è composto dal valore della somma dei titoli di Stato circolanti, e dai debiti delle amministrazioni locali, i debiti della pubblica amministrazione verso i propri fornitori, e quindi di tutte le passività lorde dello Stato e di tutti i suoi enti. I titoli di Stato hanno una scadenza e vengono emessi dal Tesoro previa indizione di aste pubbliche alle quali partecipano le banche e le società di intermediazione abilitate. Il finanziamento del debito sui mercati, ove agiscono altri Stati, con economie più solide della nostra, ha quindi un costo legato al tasso di interesse al quale vengono emessi i titoli. Lo spread è la differenza tra il tasso di interesse offerto dalla Germania e quello dall’Italia.

43 SPREAD e CDS: misurare o determinare il rischio?
Al di la dei vincoli europei , maggiori sono gli interessi, maggiori sono le difficoltà a tener fede alle promesse fatte e rimborsare il debito. Oltre allo spread esistono anche altri indicatori della rischiosità di uno Stato, quali i CDS ( derivati ) che permettono di assicurarsi contro un fallimento. , e sono diventati un indicatore dello Stato di salute di un Paese. Il costo di un CDS è in qualche modo un indicatore della probabilità che il fallimento si verifichi davvero.

44 LA CRISI DAL PRIVATO AL PUBBLICO
I PIANI DI SALVATAGGIO. Alla fine del 2008 l’intero sistema finanziario era sull’orlo del collasso. A causa del crollo della fiducia le banche non prestavano più soldi, né tra di loro sul mercato interbancario, né alla clientela. Sono dovute intervenire le banche centrali come prestatori di ultima istanza, ovvero sostenendo le banche in difficoltà fornendo loro prestiti. Già dalla metà del 2007, sia la FED, il sistema bancario centrale degli USA, sia la BCE in Europa sono intervenute prestando decine di miliardi di dollari agli istituti in difficoltà. Per stimolare il sistema i governi sono arrivati fino ad acquistare i titoli tossici in cambio di denaro fresco, per dare iniezioni di liquidità alla finanza.

45 IL DEBITO DAL PRIVATO AL PUBBLICO
IL DEBITO DAL PRIVATO AL PUBBLICO. I debiti pubblici sono aumentati in maniera drammatica dopo il salvataggio del sistema bancario e finanziario. In soli due anni , tra il 2009 e il 2011, il debito pubblico USA è passato dall’84 al 99% del PIL, dal 2007 al 2010 in Francia dal 63 all’81%, in Germania dal 63 all’81%. Complessivamente il deficit europeo è passato dallo 0,6% del PIL al 7%. Il debito pubblico italiano è salito a 1900 miliardi di euro. Già all’inizio del 2009 diversi quotidiani segnalavano come i piani di salvataggio delle banche potrebbero portare l’Unione europea in crisi, dato che è evidente come lo sforzo gigantesco compiuto dai governi avrebbe portato conseguenze nei conti pubblici.

46 SQUILIBRI IN EUROPA E SU SCALA MONDIALE
L’Unione europea è frutto di un progetto di integrazione sovranazionale che ha prodotto una moneta unica, un mercato unico con libera circolazione delle merci, l’abbattimento dei controlli sui movimenti di capitali, la creazione di una banca centrale europea (BCE). Secondo gli accordi di Mastricht gli Stati si sono impegnati a rispettare alcuni parametri: un debito massimo pari al 60% del PIL e un deficit non superiore al 3% del PIL. Per le imprese è possibile sfruttare le differenze di legislazione per stabilire le sedi produttive e piano piano il sistema di solidarietà e di welfare è stato soppiantato in una corsa verso il fondo in materia di leggi e di tutele.

47 SQUILIBRI COMMERCIALI SU SCALA EUROPEA
SQUILIBRI COMMERCIALI SU SCALA EUROPEA. In concreto esistono squilibri tra i diversi Paesi: Germania e quelli del centro Europa da una parte e quelli della periferia più deboli Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna, chiamati spregiamente PIGS ( maiali ), sempre più spesso una seconda I, indica Italia. La moneta e il mercato unico hanno messo questi Paesi in competizione, e i Paesi della periferia hanno registrato deficit crescenti nei confronti del centro, e in particolare delle banche dei Paesi più forti, in primo luogo quelle tedesche, ma anche francesi e inglesi. E’ da sfatare il mito che i tedeschi sono più competitivi perché lavorano di più e che l’aumento della produttività in Germania sia maggiore rispetto alla periferia.

48 In verità la Germania ha addirittura mantenuti fermi i salari o li ha addirittura diminuiti e si è posta l’obiettivo di diventare un competitore globale , sfidando gli USA e persino la Cina sul piano dell’export, diventando uno dei maggiori esportatori nel mondo, non certamente su scala mondiale, ma europea. Nella visione neoliberisa e mercantile che si cerca di imporre a inizio 2012, l’intera UE deve comprimere i salari e il costo del lavoro per ingaggiare una corsa al ribasso con la Cina e le altre potenze emergenti, e invece di svalutare la moneta la Germania chiede di svalutare il costo del lavoro. La Germania partiva da una posizione di forza , dovuta a una molteplicità di fattori, dalle spese per la ricerca alla dimensione delle imprese, dalla produttività alla rete di infrastrutture, e salari pressoché invariati mentre crescevano quelli degli altri Paesi, ma per effetto dell’inflazione.

49 L’inflazione più alta soprattutto dopo l’entrata in vigore dell’euro è legata al credito facile per finanziare i consumi nei Paesi della periferia, che nel frattempo aumentavano le loro importazioni proprio dalla Germania, che ha accumulato un surplus di oltre 1000 miliardi di euro dal L’impossibilità dei Paesi della periferia di poter svalutare la propria moneta rispetto a quella tedesca ha peggiorato le cose producendo squilibri che ora si vogliono far rientrare con piani di austerità e diminuendo il costo del lavoro nei Paesi della periferia.

50 SQUILIBRI SU SCALA GLOBALE La Cina è diventata la fabbrica del mondo e presenta un gigantesco surplus commerciale, mentre gli USA sono i primi consumatori del pianeta e registrano deficit spaventosi. Gli Usa si indebitano per comprare prodotti cinesi e i cinesi acquistano titoli di stato statunitensi, in pratica consentendo a quest’ultimi di comprare a credito e mantenendo così il livello di vendite e produzione. Una situazione che sta esasperando gli squilibri su scala globale e le tensioni valutarie. In Europa la Grecia e gli altri Stati della periferia si sono indebitati per comprare prodotti tedeschi. Nel caso della Cina è lo Stato ad aver prestato soldi agli USA con l’acquisto di buoni del tesoro statunitensi, mentre in Europa sono le banche private a prestare i capitali necessari ai Paesi della periferia per mantenere alta la produzione e le esportazioni nei Paesi del centro. Diversi analisti segnalano come la prossima crisi potrebbe scoppiare per la condizione dell’economia cinese e la presenza di una colossale bolla immobiliare, a cui potrebbero sommarsi le difficoltà degli USA ove il debito ha superato il 100% del PIL, dato anche che è lecito domandarsi per quanto tempo gli americani potranno accumulare deficit per comprare a credito dalla Cina?

51 SQUILIBRI MONETARI E SVALUTAZIONE
SQUILIBRI MONETARI E SVALUTAZIONE. La differenza degli squilibri tra USA/Cina ed Europa è data dal fatto che gli americani hanno una loro moneta unica che tra l’altro è una moneta di riferimento per il commercio internazionale. In Europa invece la creazione di una moneta unica, di una Banca centrale e l’abbattimento dei controlli sui movimenti di capitali hanno tolto diversi strumenti a disposizione dei singoli Stati per rimediare a situazioni di difficoltà. Una per tutte la possibilità di stampare moneta, ma anche il controllo sul valore delle monete nazionali e la possibilità di svalutarle; e quello sui tassi di interesse applicati dalle banche centrali il cosiddetto costo del denaro. La quotazione dell’euro rispetto alle altre valute è una sorta di media delle quotazioni che avrebbero le valute dei diversi Paesi europei se non ci fosse la moneta unica, ed è una media sbilanciata ed ancorata all’andamento dell’economia tedesca, per cui gli altri Paesi si trovano una valuta estremamente più forte che penalizza le esportazioni e sono inondati di importazioni dalla Germania . Questo si traduce infine in un continuo peggioramento dei conti pubblici ed in un indebitamento crescente.

52 IL COSTO DEL DENARO. Un secondo strumento di politica economica degli Stati è la determinazione del tasso di interesse a cui le banche centrali prestano il denaro, cioè il costo del denaro. In pratica un alto tasso di interesse rende più costosi prestiti e investimenti, raffreddando l’economia e i consumi, mentre un basso tasso li rende più semplici, permettendo di rilanciare l’economia ma esponendo il Paese al rischio di inflazione. Anche questo secondo strumento è stato delegato a livello sovranazionale, e in particolare alla BCE, che per statuto, ha come unico obiettivo il controllo del tasso di inflazione, e non la lotta contro la disoccupazione o altri scopi. Le politiche sono decise nella sede della BCE di Francoforte , fuori dalla portata delle istituzioni democratiche della UE, rendendo la BCE completamente indipendente dal potere politico e dal controllo dei singoli Paesi membri.

53 POLITICHE FISCALI E PARADISI FISCALI
POLITICHE FISCALI E PARADISI FISCALI. Gli Stati si trovano di fronte a una profonda contraddizione tra il tentativo di mantenere la propria superiorità e la partecipazione alla competizione globale per cercare di avvantaggiare le proprie imprese, e limitare la tassazione dei capitali per evitarne la fuga. Ed in questo gli Stati si trovano davanti a due possibilità. Da una parte reperire le risorse necessarie al loro funzionamento e all’erosione dei servizi pubblici in particolare tassando il lavoro. Dall’altra tagliare questi servizi. In questi ultimi anni si è assistito a un progressivo spostamento della pressione fiscale dal capitale al lavoro , dalle imprese ai cittadini e più in generale da chi in posizione di forza, può usufruire di scappatoie quali paradisi fiscali e di chi non può farlo, aumentando il peso delle imposte indirette come l’IVA in Italia, creando enormi squilibri in tutta l’Unione europea.

54 IL DEBITO PUBBLICO IN ITALIA
LA COMPOSIZIONE DEL DEBITO PUBBLICO. Il debito pubblico in Italia ammontava a fine 2011 a circa 1900 miliardi di euro superiore a euro per ogni cittadino. Su questo debito abbiamo pagato nel 2011, 77 miliardi di euro di interessi. Poco più dell’80% è costituito da titoli di Stato, il resto da debiti delle amministrazioni locali, debiti verso fornitori della pubblica amministrazione e altri. Solo quelli del pubblico verso le imprese fornitrici supererebbero a inizio 2012 i 70 miliardi di euro. Il 57% del debito è detenuto da soggetti residenti in Italia, il 43% da soggetti esteri (in genere banche e investitori istituzionali )

55 CENNI STORICI SUL DEBITO ITALIANO
CENNI STORICI SUL DEBITO ITALIANO. Nel 1861 i primissimi governi decidono di riconoscere i debiti pregressi degli Stati che vanno a costituire il Regno d’Italia. Raramente l’Italia ha coperto le spese con le entrate. Lo strumento del debito pubblico è sempre stato di grande importanza ed è stato anche premiato con un’imposizione di tasse inferiore al resto degli investimenti finanziari, ed i mercati finanziari sono nati principalmente per collocare il debito pubblico. Oggi il debito supera il 120% del PIL, nel 1980 il rapporto era ancora pari al 59%, per l’intervento della Banca d’Italia. Già nel 1993 il debito aveva raggiunto il 120%, in quanto negli anni 80’ la Banca d’Italia acquistava tutti i titoli di Stato rimasti invenduti, tenendo relativamente bassi i tassi di interesse. Operazione che cessò alla fine degli anni 80’.

56 Nello stesso periodo a livello internazionale si afferma la dottrina neoliberista negli Usa e in altri Paesi e si assiste alla liberalizzazione dei capitali, per cui i risparmiatori possono indirizzare i propri soldi ovunque nel mondo, mentre prima era illegale per un cittadino italiano, circostanza che facilitava lo Stato a finanziare il debito con un tasso relativamente basso. In parallelo diminuiscono in Italia le tasse sui redditi più alti, sia per scelte politiche, sia per la difficoltà di tassare i grandi capitali che possono muoversi liberamente nel mondo. Detta in parole semplici lo Stato rinuncia a tassare i patrimoni, e chiede loro in prestito, con il dovuto tasso di interesse, i soldi che non chiede più come imposizione fiscale

57 Questo equivale a una continua redistribuzione della ricchezza dal basso verso l’alto attraverso il debito pubblico. Le tasse versate essenzialmente dai lavoratori dipendenti e dai pensionati (93%) vanno in misura sempre maggiore a pagare gli interessi sul debito, detenuto dai grandi patrimoni. Il debito pubblico da strumento di politica economica nell’interesse pubblico, si trasforma progressivamente in un meccanismo di welfare al contrario.

58 EVASIONE FISCALE E ECONOMIA SOMMERSA
EVASIONE FISCALE E ECONOMIA SOMMERSA. Una delle principali cause di squilibrio dei conti pubblici è dato dal un’evasione fiscale gigantesca, e nettamente superiore alla media europea. Alcune analisi stimano l’evasione in circa 120 miliardi di euro ovvero poco meno del 30% dell’incasso lordo. Considerando il lavoro nero , l’economia sommersa e le mafie, in totale qualcosa come 500, miliardi di euro l’anno sfuggono al fisco. Si tratta di una cifra dell’ordine del 30% del PIL , che non viene tassata in alcun modo. Senza questa gigantesca zavorra che strangola l’economia e scarica l’intero peso del fisco su cittadini e imprese onesti, l’Italia sarebbe con ogni probabilità uno del Paesi europei con i conti pubblici più sani, con il minor debito e comunque in una situazione radicalmente diversa da quella attuale.

59 In questa attività di evasione e di elusione fiscale sono direttamente coinvolte anche le banche e il sistema finanziario, in almeno due modi. Da un lato società finanziarie e banche compiacenti troppo spesso chiudono un occhio, quando non sono parte attiva, per facilitare lo spostamento illecito di capitali all’estero. Dall’altro le stesse banche sono direttamente coinvolte in attività elusive, o per lo meno da diversi contenziosi con il fisco. A dicembre Intesa San Paolo ha versato all’Agenzia dell’entrate 270 milioni di euro per chiudere un contenzioso, e in precedenza il Monte dei Paschi si era accordato per 260 milioni, CREDEM per 45, la Popolare di Milano per 186, UNICREDI per 99. Secondo uno studio del Tax Justice Networh, condotto su 145 Paesi, l’Italia perderebbe ogni anno a causa dell’evasione fiscale circa 183 miliardi di euro, il che significa che 10 anni di evasione fiscale a questi ritmi sono pari all’intero debito pubblico, che fino al 2011 ammontava a 1900 miliardi di euro.

60 PERCHE’ INDEBITARSI. Oltre alle mancate entrate fiscali legate ad attività illecite, occorre poi valutare quanta parte del debito pubblico sia stata utilizzata, e venga tutt’oggi utilizzata, non per il benessere dei cittadini ma per clientele, opere inutili e dannose, e più in generale per spese improduttive, quali il progetto di acquistare 131 cacciabombardieri, che non possono passare per strumenti per ripudiare la guerra, come prescritto dalla nostra Costituzione. Oppure per citare altro esempio la costruzione del tunnel per l’Alta velocità in Val di Susa, ove esiste già una linea ferroviaria sottoutilizzata. Tornando alle entrate l’evasione e l’economia sommersa non sono gli unici nostri problemi. Una caratteristica che ci accumuna a gran parte dell’Europa è una progressiva diminuzione del carico fiscale sulle classi più ricche e sul capitale, e uno spostamento della pressione fiscale sul lavoro e sulle imposte dirette e regressive, quali l’IVA. Si può quindi concludere che il debito pubblico in Italia non è dovuto a una eccessiva spesa per welfare o servizi sociali, ma per la globalizzazione dei mercati e dei capitali, la gigantesca evasione ed economia sommersa, ed infine per anni di mala gestione, corruzione, clientele e spese improduttive.

61 LA RECESSIONE CAUSATA DALLA CRISI
LA RECESSIONE CAUSATA DALLA CRISI. Anche in Italia il rapporto debito/PILè aumentato negli ultimi anni, passando dal 106% del 2008 al 119% del 2010, legato principalmente a due fattori. Da una parte la crisi che ha comportato una riduzione dei consumi e del PIL. Se diminuisce il denominatore il rapporto debito/PIL aumenta. Il secondo fattore è sempre legato alla recessione. La diminuzione dei consumi e della ricchezza si traduce in un calo delle entrate. CONCORRENZA SUI MERCATI DEI CAPITALI. L’aumento dei debiti pubblici dovuti ai piani di salvataggio effettuati dalla Francia, Spagna, Gran Bretagna ed USA ha aumentato l’offerta di questi titoli sui mercati, per finanziare deficit in rapida crescita.

62 Economie solide , come la Germania, possono permettersi di offrire tassi di interesse attorno al 2%. Oggi l’Italia no, perché con la gigantesca offerta di titoli di Paesi considerati più sicuri occorre aumentare il tasso offerto per attrarre gli investitori e non essere spinti fuori mercato. Ecco spiegato il progressivo e rapido aumento dello spread fra titoli italiani e tedeschi, che per ogni punto percentuale di differenza con i Bund tedeschi costa all’Italia 3,1 miliardi di euro il primo anno, 6,2 il secondo e 8 a regime. Gli interessi potrebbero passare dai 77 del 2011 ai 94 del 2012, poi a 101 nel 2013, sottraendo risorse ai servizi pubblici e alle spese sociali. L’Italia ha un avanzo primario, ovvero avrebbe i conti pubblici in attivo, e quindi se non fosse per gli interessi sul debito pubblico, i nostri conti non sarebbero in questa penosa situazione.

63 SPECULARE SUI DEBITI PUBBLICI
SPECULARE SUI DEBITI PUBBLICI. La finanza casinò approfitta delle difficoltà degli Stati per guadagnare scommettendo sul fallimento di interi Paesi. Gli speculatori cavalcano le oscillazioni dei mercati. Sempre più spesso gli investitori agiscono inseguendo le variazioni di prezzo dei titoli, non gli interessi. Se acquisto un titolo di Stato, devo attendere che maturino gli interessi per guadagnare. Se al contrario compro il titolo e dopo pochi giorni il suo valore è salito, posso realizzare un profitto in brevissimo tempo. Esistono poi tecniche speculative, in particolare la vendita allo scoperto, che permettono di scommettere nella direzione opposta, ovvero sulla perdita di valore di qualsiasi titolo. L’importante è che il prezzo sia variabile o che il titolo stesso sia volatile. L’arrivo di speculatori aumenta la quantità di titoli venduti e il giro di scommesse. Questo aumenta a sua volta l’instabilità, la quale attrae altri speculatori, alimentando la spirale.

64 IL DEBITO ITALIANO IN MANI ESTERE
IL DEBITO ITALIANO IN MANI ESTERE. Negli ultimi anni c’è stato una importante novità nel debito italiano, a parte l’eccessivo indebitamento. Nel 1991 il 94% del debito pubblico italiano era nelle mani di soggetti residenti in Italia, rendendo improbabile una speculazione da parte di banche e altri attori finanziari esteri. Nel 1998 questa percentuale era scesa a poco più del 70%. Dopo il 2005, circa la metà del debito è nelle mani di soggetti italiani, il resto è tenuto da soggetti esteri. Il Giappone ha un rapporto debito/PIL superiore al 230%, ma la quasi totalità del debito (96%) è in mano agli stessi cittadini e imprese giapponesi. In conclusione il nostro debito è diventato un problema per la recessione causata dalla crisi finanziaria del 2008, dai giganteschi piani di salvataggio della finanza privata, che hanno aumentato la concorrenza dei mercati sui titoli di Stato, e nella mancanza di regole

65 BANCHE CENTRALI E INTERVENTI DOPO LA CRISI
BANCHE CENTRALI E INTERVENTI A SOSTEGNO DELL’ECONOMIA. Le banche centrali sono istituti autorizzati a emettere moneta e in particolare a determinare le condizioni a cui avviene questa emissione. Più in generale intervengono nelle politiche monetarie fissando il cosiddetto costo del denaro, ovvero il tasso di interesse a cui una banca centrale presta denaro al sistema bancario. La gestione di questo strumento è stata duramente criticata negli ultimi anni. Se la crisi è dovuta all’eccesso di debiti del sistema bancario e finanziario, una responsabilità rilevante è dovuta alle politiche di bassi tassi di alcune banche centrali e in particolare della FED degli Stati Uniti.

66 POLITICHE MONETARIO E ALLEGGERIMENTO QUANTITATIVO
POLITICHE MONETARIO E ALLEGGERIMENTO QUANTITATIVO. Se le banche centrali possono intervenire per salvare delle banche a rischio di fallimento, persino accettando in cambio titoli tossici e obbligazioni strutturate frutto di cartolarizzazioni , sembrerebbe logico che possano a maggior ragione intervenire per sostenere lo Stato quando questo si dovesse trovare in difficoltà. Questo ruolo di prestatore di ultima istanza per gli Stati è stato svolto dalla FED degli USA, dalla Banca centrale d’Inghilterra o da altre banche centrali, ma è precluso alla BCE in Europa. Per statuto la BCE non può comprare titoli di Stato dei Paesi membri, per contrastare attacchi speculativi, potendo agire solo sporadicamente sul mercato secondario.

67 SOVRANITA’ MONETARIA ED EMISSIONE DI TITOLI DI STATO
SOVRANITA’ MONETARIA ED EMISSIONE DI TITOLI DI STATO. Un problema cruciale risiede nel fatto che 17 Paesi dell’UE non hanno più una loro valuta nazionale, ma avendo aderito all’euro hanno delegato alla BCE il compito di immettere moneta nel sistema. Con la creazione dell’euro a fine 2001 l’Italia non ha più la possibilità di emettere una moneta propria. Il conio è adesso di pertinenza della BCE, tranne per le monete che continuano ad essere stampate dalla Zecca italiana. Dall’altra parte, ogni Paese aderente all’euro continua ad avere un proprio debito pubblico e a doverlo finanziare tramite l’emissione di propri titoli di Stato

68 Ogni Paese è quindi esposto a un proprio rischio sovrano – da cui discendono tassi di interesse diversi e di conseguenza lo spread – non può applicare le politiche economiche proprie dei Paesi che hanno una loro sovranità monetaria, ovvero stampare soldi e svalutare per diminuire i deficit. Per gestire il debito le uniche soluzioni che rimangono sono allora l’aumento delle entrate o diminuire le spese. In più il valore forte dell’euro agganciato all’economia tedesca non rispecchia la forza dei Paesi della periferia europea. In maniera speculare la BCE è una Banca centrale senza uno Stato alle spalle.

69 E’ ANCORA UNA CRISI BANCARIA
E’ ANCORA UNA CRISI BANCARIA. Poste queste premesse la crisi delle finanze pubbliche è ancora in gran parte una crisi bancaria, per i seguenti motivi: La mole di titoli di Stato che le banche hanno nei loro bilanci. Se posso indebitarmi all’1% con la BCE e utilizzare tali risorse per comprare titoli della Grecia che offrono il 20% di interesse e di altri Stati in difficoltà, l’affare si presenta molto interessante, per cui la crisi dell’euro è essenzialmente un incontro di lotta libera per stabilire chi alla fine coprirà i debiti delle banche. Viene da domandarsi quanto i piani di austerità imposte alla Grecia e ad altri Paesi siano funzionali a salvare le banche che continuano a speculare sui debiti di tali Paesi.

70 Per ridurre la loro esposizione nei Paesi considerati a rischio , nel 2011 le banche hanno perseguito due strategie. Alcune hanno iniziato a vendere i titoli dei paesi della periferia, aggravando la situazione di difficoltà di quei Paesi. La maggior parte però non volendo rinunciare agli alti interessi garantiti da quei Paesi hanno invece pensato di tutelarsi contro un possibile default comprando i CDS, i derivati che permettono di assicurarsi contro il fallimento di un ente terzo. Un altro fattore dipende dalla quantità di titoli tossici che le banche hanno ancora nei loro bilanci dopo lo scoppio della bolla dei subprime del 2008, e da quella data all’inizio 2012 , il valore di borsa di UNICREDIT è passato da 69 a 8 miliardi, quello di INTESA SAN PAOLO da 65 a 18 , e quelli di Monte dei PASCHI di Siena e UBI banca entrambi da 12 a 2,5 e via discorrendo.

71 UNA NUOVA BOLLA SPECULATIVA CON SOLDI PUBBLICI
UNA NUOVA BOLLA SPECULATIVA CON SOLDI PUBBLICI. La liquidità a basso costo in assenza di vincoli o controlli equivale a un incentivo a perseguire le attività speculative e potrebbe innescare un’ennesima bolla sui mercati finanziari. In questo senso l’intervento della BCE potrebbe essere addirittura controproducente , continuando a dare eccessiva liquidità a un sistema che dovrebbe al contrario diminuire la propria leva. In ogni modo per le banche europee si pone il problema di un urgente aumento di capitale sociale e per quelle italiane di almeno 15,4 miliardi di nuovo capitale per far fronte ai rischi assunti in passato.

72 SALVARE LE BANCHE, NON I PAESI
SALVARE LE BANCHE, NON I PAESI. Per ottenere il prestito dell’1% dalla BCE le banche italiane hanno dato in cambio delle obbligazioni con una garanzia dello Stato italiano ( Ministero del tesoro e Banca d’Italia ) I soldi della BCE per le banche , arrivano senza condizioni. Gli Stati al contrario devono accettare pesanti ingerenze nella propria sovranità, piani di austerità, rientro dal debito per avere qualche prestito a tassi quattro o cinque volte superiori, mentre non sono nemmeno in discussione vincoli per le banche private inondate di soldi pubblici dopo aver causato la crisi. Tali vincoli agli occhi di chi ancora sostiene l’ideologia neoliberista rischierebbero di minare l’efficienza del libero mercato.

73 LE SOLUZIONI PROPOSTE DALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE
L’INTERPRETAZIONE DELLA CRISI DELLE FINANZE PUBBLICHE. La crisi delle finanze pubbliche è legata a diversi fattori, la maggior parte dei quali discende dall’assetto finanziario attuale. Il travaso sui conti pubblici dell’enorme eccesso di debiti e di rischi creato dalla finanza privata, principalmente tramite le cartolarizzazioni , il sistema bancario ombra e il moltiplicarsi dei derivati. In più l’assenza di regole nel settore finanziario, l’abbattimento dei controlli sui movimenti di capitali, il ruolo giocato dai paradisi fiscali e alcuni pesanti squilibri all’interno dell’UE e su scala globale.

74 L’obiettivo di tali politiche non sembra di rimettere in sesto i conti pubblici diminuendo le spese, ma anche e soprattutto puntare su una maggiore competitività , facendo dell’UE un competitore globale, inseguendo il modello neomercantile tedesco, diminuendo il costo del lavoro. C’è da chiedersi se la periferia dell’Europa voglia mettersi a competere con la Cina sul piano delle retribuzioni e dei redditi, mentre tutti i Paesi cercano di aumentare le esportazioni, o l’unica via di uscita è iniziare a indebitare altri pianeti per poter esportare li le nostre merci

75 LE SOLUZIONI PER L’ITALIA E LA RISPOSTA DEL GOVERNO
LE SOLUZIONI PER L’ITALIA E LA RISPOSTA DEL GOVERNO. Il ragionamento di tagli alla spesa pubblica e piani di austerità è stato applicato all’Italia. Il 5 agosto 2011 con una nota la BCE chiedeva la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali, attraverso privatizzazioni, ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende, e vista la gravità della situazione sui mercati finanziari, sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale. Nel merito dopo due mesi dal referendum nel quale 27 milioni di italiani si sono espressi contro le privatizzazioni la BCE chiede privatizzazioni su vasta scala. In più l’Italia deve rientrare , sforando il 60% del debito di rapporto debito/PIL a un ritmo del 5% annuo, e l’inserimento del pareggio del bilancio nella nostra Costituzione. A inizio 2011 il Governo sosteneva che non sarebbe stata necessaria alcuna manovra di aggiustamento dei conti pubblici. A fine anno

76 ne sono state approvate tre con interventi strutturali per 80 miliardi di euro. Le prime due dallo stesso Governo Berlusconi, l’ultima da quello guidato da Mario Monti, chiamato da Napolitano ad affrontare la difficile situazione. Una manovra <salva Italia> che contiene maggiori tasse anche sui ceti più deboli, tagli alle pensioni, tagli ai servizi pubblici in perfetto accordo con le richieste della UE e ancor prima con l’ideologia neoliberista, che non affronta i nodi strutturali che hanno portato all’aumento del debito, poi all’aumento dello spread e degli interessi da pagare e infine alla limitatezza di strumenti per farvi fronte

77 Dopo la prima fase <salva Italia> a inizio 2012 viene annunciata la seconda , per la <crescita>, fondata sulle liberalizzazioni e le privatizzazioni. In pratica seguendo due strade: tagli alle spese sociali e alle pensioni e valorizzazione del patrimonio pubblico, ovvero in dismissioni ai privati di immobili, imprese, terreni, spiagge, ma anche dei servizi pubblici e della loro gestione. In altre parole, scaricare il costo della crisi sui salari e spese sociali e aprire al privato nuovi settori economici, beni e servizi pubblici. E adesso una riflessione. Il sistema bancario fino agli anni ottanta era caratterizzato da un insieme di piccole banche e da alcune di maggiori dimensione sotto controllo pubblico.

78 E’ stato affermato che il pubblico era inefficiente, le piccole banche non potevano competere su larga scala ed era necessario un processo di ammodernamento, fatto di privatizzazioni e fusioni. Un processo che ha portato alla costituzione di due gruppi bancari di dimensione globale, UNICREDIT e INTESA SAN PAOLO. Questo processo ha portato un maggior benessere ai cittadini? I nostri costi sui c/c e le nostre spese bancarie sono tra i più alti d’Europa, buona parte del sistema di piccole imprese e di artigiani ha enorme difficoltà di accesso al credito, l’economia langue e le privatizzazioni non hanno permesso di far cassa e di ridurre il debito pubblico. E allora maggiore prudenza e analisi appropriate di costi e benefici pare opportuna.

79 UNA DIAGNOSI SBAGLIATA
UNA DIAGNOSI SBAGLIATA. Questa visione della crisi e di come uscirne è direttamente figlia della dottrina neoliberista: meno Stato, più mercato. Occorre diminuire le spese pubbliche e aumentare il ruolo del privato. Incredibilmente, la crisi dovuta agli eccessi della finanza privata dimostrerebbe l’inefficienza del settore pubblico, e diventa un alibi per insistere e accelerare nella stessa direzione. Se non ci sono le risorse per i servizi pubblici, questi possono, anzi devono, essere privatizzati. Un’interpretazione della crisi sbagliata, ingiusta, pericolosa e miope. Vediamo in dettaglio.

80 La finanza ha causato la crisi, il pubblico è intervenuto per salvarla, e sono peggiorati i conti pubblici. Ora bisogna tornare in soccorso degli Stati, altrimenti le grandi banche che hanno continuato a speculare all’indomani della crisi potrebbero continuare a essere a rischio. Per questo i cittadini devono coprire tutti i debiti , stringendo la cinghia. Se non lo fanno , la minaccia è che gli stessi attori finanziari porteranno nuovi attacchi speculativi contro le nazioni più deboli, e pretendono un risanamento immediato da Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia. IL debito pubblico della UE che era inferiore al 60% del PIL nel 2007, supera l’80% nel 2010.

81 O, di colpo, negli ultimi tre anni i Paesi membri dell’Europa hanno speso miliardi e miliardi di euro in servizi pubblici, welfare, pensioni o l’interpretazione che viene data della crisi dalle finanze pubbliche è semplicemente falsa. Al contrario , l’onda lunga delle riforme delle pensioni, dei tagli alle spese sociali e delle privatizzazioni sono sotto gli occhi di tutti. Più in generale gli Stati europei sono oggi in difficoltà perché hanno a che fare con un sistema bancario estremamente fragile e che necessita di enormi e continui apporti di capitali per puntellare e mascherare la sua insostenibilità.

82 UNA VISIONE INGIUSTA. Partendo da un assunto sbagliato, l’intero peso della crisi viene fatto ricadere sui cittadini e in particolare sulle fasce più deboli, contro qualsiasi principio di redistribuzione del reddito. La crisi ha colpito una prima volta i cittadini nel quando sono stati messi a rischio i loro risparmi ; una seconda volta con l’aumento della disoccupazione e della precarietà; una terza volta perché il sistema finanziario è stato salvato con i soldi pubblici, ovvero dei contribuenti; una quarta volta perché i responsabili della crisi hanno contribuito solo marginalmente al salvataggio eludendo le tasse grazie ai paradisi fiscali; una quinta volta per il peggioramento dei conti pubblici; una sesta volta per l’assenza di un regolamento che ha permesso alla finanza di ricominciare a speculare con impatti devastanti sulle nostre vite.

83 SCARICARE I DEBITI SUI CITTADINI
SCARICARE I DEBITI SUI CITTADINI. Notiamo che si da per scontato che sia necessario approvare queste misure , per quanto ingiuste e di <lacrime e sangue>, perché i Paesi non possono fallire. Nel 2008 c’è stato detto che le banche non possono fallire, e il costo del salvataggio è stato scaricato sugli Stati. Ora questi ultimi non possono fallire, e il costo viene trasferito sui cittadini. Il problema è che non c’è nessun altro su cui spostare questa massa di debiti per continuare a giocare a scaricabarile, senza regole. Sono allora i cittadini a dover fallire per i disastri combinati solo pochi anni prima dalla finanza speculativa? Se non fosse abbastanza assurdo che i cittadini sono chiamati a tappare i buchi di questo sistema finanziario, l’aspetto più incredibile è che è la stessa finanza a dettare le condizioni alle quali pretende, che i cittadini tappino le falle che ha provocato, imponendo condizioni agli Stati sui titoli, lacrime e sangue, piani di austerità, pena l’aumento di tassi sul debito.

84 PEGGIORARE LA CRISI. L’ingiustizia sociale contenuta nei piani proposti per uscire dalla crisi non è che una parte del problema. Le misure proposte non fanno che peggiorare la crisi stessa, affondando diversi Paesi nella recessione e in una possibile depressione. Tagli alle pensioni, al welfare significano diminuire il potere di acquisto, il reddito delle famiglie. Se lo Stato non assicura i servizi essenziali, che devo pagare da solo, questi soldi non potranno essere utilizzati per altro, diminuendo il reddito di famiglie , lavoratori e pensionati. Un sistema economico fondato sulla continua crescita del PIL e dei consumi è assolutamente insostenibile dal punto di vista ambientale, in un paese di dimensioni finite. In questo momento di crisi diminuire i redditi delle classi più povere non farà altro che accelerare la crisi stessa e condurre i Paesi un una pesante fase recessiva.

85 In altre parole le misure imposte dalla UE porteranno ad acuire la crisi che si pretende di contrastare e trascineranno i Paesi in una pesante recessione. Oltre agli enormi danni diretti, il peggioramento della situazione implica alimentare le incertezze sui titoli di Stato e quindi la speculazione contro gli stessi Paesi. In ultimo promuovere politiche di austerità in un momento di crisi significa ridurre ulteriormente la domanda. Meno ricchezza prodotta significa anche meno entrate fiscali e un ulteriore peggioramento dei conti pubblici. Un nuovo alibi per procedere a un ulteriore smantellamento dei servizi pubblici e dello Stato sociale.

86 INCOMPETENZA O SHOCK ECONOMY
INCOMPETENZA O SHOCK ECONOMY. Probabilmente non esiste nessuna sorta di <cupola globale> che indirizza i destini del mondo, una qualche leadership mondiale che coscientemente cerca di perseguire i propri interessi a danno del 99% dell’umanità. Non per questo la realtà è più tranquillizzante , al contrario. La realtà è che siamo immersi da un trentennio in un pensiero unico neoliberista. Le banche , le imprese, le istituzioni internazionali e nazionali, le università sono dirette da manager ed esperti che si sono formati in questo pensiero economico. L’interesse razionale del singolo attore finanziario è quello di massimizzare i profitti, anche se questo comporta un maggior impatto ambientale, ed esercitare ogni possibile influenza sui politici per evitare l’introduzione di regole e controlli , anche a costo di acuire la crisi.

87 L’ESTREMISMO NEOLIBERISTA
L’ESTREMISMO NEOLIBERISTA. Una finanza senza controllo ha aumentato a dismisura la quantità di debiti e di denaro circolante, tramite l’utilizzo di leve finanziarie spregiudicate per moltiplicare gli attivi e i profitti, derivati non regolamentati, cartolarizzazioni realizzate grazie a strutture registrate nei paradisi fiscali, e che hanno dato vita a un sistema bancario ombra di dimensione doppia rispetto a quello ufficiale. Il settore pubblico ha dovuto spendere migliaia di miliardi di dollari per salvare questo settore. Il pareggio di bilancio deve essere inserito nelle Costituzioni nazionali. Il pubblico non può indebitarsi, mentre vengono premiate e lasciate libere le banche e gli attori finanziari che hanno provocato la crisi.

88 POSSIBILI ALTERNATIVE

89 In questa terza parte vengono affrontati i problemi di come regolamentare la finanza: le cartolarizzazioni, il sistema bancario ombra, la leva finanziaria, le agenzie di rating, i derivati, le transazioni finanziarie, e la necessità di introdurre principi precauzionali. Fermare la lobby della finanza. La Governance internazionale. I paradisi fiscali. Controlli sui flussi di capitali. Una nuova Europa. Ruolo e funzioni della BCE. La spesa pubblica in Italia. Diverse politiche di spesa. Un diverso modello fiscale e delle entrate. Un nuovo modello di finanza pubblica. Pagare il debito? Un audit sul debito. Agire dal basso contro la finanza.

90 REGOLAMENTARE LA FINANZA
FINANZA COME MEZZO O COME FINE. La crisi che viviamo non è esplosa a seguito di scandali, non abbiamo assistito a situazioni contingenti per un Paese o Regione. Siamo di fronte a una crisi strutturale della finanza, che investe le stesse fondamenta. Questo sistema per anni ha assicurato profitti giganteschi a pochi ed enormi disuguaglianze e ingiustizie in tutto il pianeta. Come primo passo è necessario invertire la rotta, occorre cambiare il sistema finanziario. Qualsiasi intervento pubblico, piano di salvataggio o proposta politica sarà inefficace finché la finanza dominerà l’economia e l’intera società, finché le banche e gli attori finanziari potranno creare denaro e debiti dal nulla senza limiti, finché le poche regole esistenti potranno essere comunque eluse.

91 Con l’affermarsi del neoliberismo la finanza ha occupato gli spazi lasciati vuoti dal progressivo arretramento dello Stato. Oggi milioni di famiglie americane si ritrovano senza risparmi e senza casa, con buona pace dell’efficienza dei mercati incapaci di trasformare e agire nell’interesse generale. L’intero PIL della terra è stimato 62 trilioni di dollari. La JP Morgan Chase, una singola banca privata americana, detiene contratti derivati per un totale di 78 trilioni di dollari, seguita da Citigroup, BanK of America e Golmasn Sachs. Queste quattro banche detengono in totale 200 trilioni di dollari di derivati. Il debito dell’Italia, ottava economia del mondo, è circa l’1% di questa somma. Ciò è una follia. Occorre sottoporre la finanza a una drastica cura dimagrante, e diminuire il suo peso nell’economia e nella società, la sua complessità.

92 CARTOLARIZZAZZIONI E SISTEMA BANCARIO OMBRA
CARTOLARIZZAZZIONI E SISTEMA BANCARIO OMBRA. Il sistema bancario ombra va chiuso. Che senso ha chiedere alle banche di pubblicare un bilancio, se possono poi spostare la maggior parte delle proprie attività fuori da questo bilancio e nel sistema ombra? Attualmente si chiede agli Stati di introdurre nelle Costituzioni nazionali il pareggio del bilancio. Bene invece del pareggio si dichiari allora che gli Stati hanno si un bilancio, ma possono usare trucchi contabili per spostare oltre la metà dei debiti e delle spese al di fuori di questo bilancio e non farli comparire nell’analisi dei conti pubblici.

93 Al momento del fallimento la Lehaman Brothers rispettava non solo i parametri di Basilea II, ma anche quelli ben più stretti di Basilea III. Il problema di fondo riguardava la massiccia partecipazione al sistema ombra. Le banche sono state protagoniste di una doppia trasformazione. Dalla tradizionale attività creditizia all’intermediazione finanziaria e successivamente al sistema bancario ombra. Passaggi che non sono messi in discussione dall’accordo di Basilea o altre normative oggi allo studio, ma gli Stati e quindi i cittadini sono stati poi chiamati a ripianare le perdite.

94 NARROW BANKING. Con la legge statunitense Glass-Steagall Act approvata dopo la crisi del 1929 fu deciso di separare le banche commerciali e le banche di investimenti, per evitare che le banche potessero speculare con i soldi dei clienti. Questa legge smantellata nel corso degli anni novanta, è stata ora riproposta , in forma limitata dal Dodd-FranK Act emanato dagli Usa dopo la crisi dei subprime. Questa legge contiene la cosiddetta Volcker Rule, per cui le banche non possono fare operazioni in proprio con i soldi dei loro clienti. Impedire il trading proprietario è un primo passo, ma sicuramente insufficiente, eppure ha incontrato enormi resistenze da parte delle lobby finanziarie americane, tanto che a fine 2011 si attendono sempre i decreti attuativi.

95 Il modello deve essere però narrow banking, ovvero attività finanziaria ristretta, nel quale esistono diversi tipi di banche, ognuna delle quali specializzate in poche operazioni ben definite e inquadrate. Così le banche commerciali realizzano prestiti, le banche di investimento operano sui mercati finanziari. Un tale modello appare necessario per impedire che megastrutture composte di banche, fondi, gestori, assicurazioni, attività di consulenza continuino a tenere sotto ricatto i governi obbligandoli a qualunque legge e a qualunque salvataggio non solo in forza del loro potere di lobby, ma anche perché un loro fallimento trascinerebbe nel baratro l’intera economia.

96 DIMINUIRE LA LEVA FINANZIARIA
DIMINUIRE LA LEVA FINANZIARIA. Suddividere le operazioni che le banche possono compiere non è che uno dei passi per cambiare il sistema bancario. Un’altra misura altrettanto necessaria è la riduzione della leva finanziaria spropositata che queste hanno conseguito negli ultimi anni. La leva finanziaria, che non riguarda solo le banche, ma anche i soggetti finanziari e i fondi di gestione, aumenta l’instabilità, e il rischio sistemico legato alle interconnesioni tra i diversi soggetti. Una leva molto alta per le banche può persino essere controproducente nell’assicurare la fondamentale funzione di erogare credito a famiglie e imprese, ovvero per far si che le banche facciano le banche.

97 LE AGENZIE DI RATING. E’ necessario rivedere il mandato e il funzionamento delle agenzie di rating per risolvere i diversi conflitti di interesse e il potere che queste imprese private di fatto hanno sugli Stati. Tra le diverse riforme proposte una chiede la costituzione di un’agenzia di rating pubblica e sovranazionale, in modo da eliminare i conflitti degli emittenti privati ma anche per evitare che un’agenzia privata possa giudicare uno Stato sovrano e influenzare le politiche economiche. Andando oltre è necessario ridiscutere l’ambito di applicazione e l’importanza dei voti emessi. Più in generale l’intero sistema finanziario ruota intorno i giudizi delle agenzie di rating, il che tra l’altro esaspera la tendenza degli investitori e dei mercati a muoversi < in gregge>

98 REGOLAMENTARE I DERIVATI
REGOLAMENTARE I DERIVATI. I derivati sono nati come strumento di copertura dei rischi e possono avere un ruolo positivo per l’economia reale. Questo in linea teorica. Oggi la quasi totalità dei derivati è utilizzata come scommessa sui mercati e per sfruttare la leva finanziaria. Questi contratti hanno conosciuto una crescita ipertrofica e sono il principale strumento di speculazione , che colpisce le materie prime o il cibo come i conti pubblici per gli Stati, senza distinzioni. La dimensione speculativa ha talmente preso il sopravvento che oggi chi dovrebbe usarli come copertura di un qualche rischio è spesso tagliato fuori, perché sono diventati rischiosi a loro volta. E’ possibile quindi riportarli alla loro funzione originaria, ma è necessario:

99 Devono essere regolamentati e trattati su piattaforme elettroniche che ne assicurino la trasparenza a le informazioni. Serve un meccanismo centralizzato per regolare le posizioni ed evitare contratti fuori da ogni controllo e supervisione; L’utilizzo del derivato deve prevedere la consegna del sottostante. Non deve essere possibile acquistare un derivato sui titoli di stato, sulle valute o sul cibo , se non ho alcun interesse nel sottostante corrispondente. Devono essere aumentati i margini e ridotta la leva finanziaria. Un derivato non è un mezzo per scommettere forte con pochi soldi e per esasperare il brivido di una scommessa, ma un contratto pensato per diminuirli, i brividi e i rischi.

100 TASSARE LE TRANSAZIONI FINANZIARIE
TASSARE LE TRANSAZIONI FINANZIARIE. La tassa sulle transazioni finanziarie (TTF) è un’imposta estremamente ridotta- pari allo 0,01/0,1 su ogni acquisto di strumenti finanziari. Il tasso minimo non scoraggerebbe i normali investimenti sui mercati. La tassa è stata ideata da James Tobin, economista americano, premio Nobel 1981, e tende a porre un argine a chi specula a breve termine sulla variazione dei tassi di cambio della moneta, e sugli altri prodotti finanziari. Finalmente in data 9 ottobre 2012, è stata approvata da 11 Stati dell’UE, tra cui l’Italia, la Germania e la Francia e prevede un gettito stimato di 55 miliardi di euro. Adesso devono essere redatti i relativi atti e si spera che venga applicata dal Ben diversa è la situazione per chi specula comprando e vendendo titoli nell’arco di pochi secondi o addirittura di millesimi di secondo, come avviene direttamente dai computer. Simili operazioni dovrebbero pagare la tassa per ogni transazione. Il peso della tassa diventa progressivamente più alto quanto più gli obiettivi sono di breve periodo. Un freno alla speculazione e la generazione di un gettito sono i due effetti più immediati della TTF.

101 Accanto alla TTF e nella stessa direzione sono state proposte diverse altre forme di tassazione internazionale. Una carbon tax o altra tassa sulle emissioni CO2 potrebbe incentivare la ricerca e l’utilizzo di motori più efficienti o di forme di trasporto meno inquinanti, favorendo il trasporto via nave o su rotaia rispetto a quello aereo o su gomma, che, consumando più carburante , dovrebbero pagare delle tasse superiori. Analogamente una tassazione delle materie prime permetterebbe di favorire le produzioni a basso consumo di materiali, e ancor prima il riciclo e riuso dei beni oggi destinati a diventare rifiuti.

102 APPLICARE UN PRINCIPIO PRECAUZIONALE
APPLICARE UN PRINCIPIO PRECAUZIONALE. Un’azienda farmaceutica non può immettere sul mercato un nuovo medicinale se questo non ha superato una serie di controlli e così pure un’azienda di giocattoli se non riesce a dimostrare la non pericolosità nei confronti dei bambini. Perché questo non avviene in ambito finanziario? Perché banche a altri attori possono mettere in commercio qualsiasi derivato, prodotto strutturato o altro contratto per quanto complicato e incomprensibile senza praticamente limitazioni di sorta? Perché molto spesso è possibile venderlo anche a piccoli risparmiatori a digiuno di qualsiasi nozione finanziaria ?

103 Occorre spezzare un rapporto tra finanza e controllori che appare un gioco del gatto col topo. Un intermediario finanziario intende lanciare sul mercato un nuovo modello di derivato che consente di scommettere sul prezzo futuro del grano sui mercati asiatici? Bene, non può farlo finché non dimostra, primo, che questo strumento ha una qualche utilità sociale e, secondo, non ha controindicazioni e non crea distorsioni, speculazioni o altri problemi per i contadini, per i panettieri e i pastifici e per tutti gli attori interessati nel mondo reale del grano.

104 FERMARE LA LOBBY DELLA FINANZA
FERMARE LA LOBBY DELLA FINANZA. Per l’intero sistema finanziario non è unicamente il confine tra attività normale e speculazione a essere venuto meno, ma il confine tra legalità e illegalità. Semplicemente, la gran parte delle operazioni è oggi svolta in una gigantesca zona grigia in cui le legislazioni nazionali non arrivano e quelle internazionali non esistono. Tutto questo anche perché troppo spesso queste normative sono plasmate sulle richieste e le aspettative degli stessi attori finanziari. Anche le poche regole su cui sembra trovarsi un accordo globale sono nel mirino delle lobby e dei grandi attori della finanza. Il governo statunitense ha osato mettere in discussione la libertà della finanza di piazzare e vendere i propri derivati come e quando vuole, senza alcun limite di barriera, ed è stato citato da un privato presso una corte di giustizia.

105 Non solo. Specialisti e studi di consulenza sono costantemente al lavoro per inventare nuovi sistemi e prodotti per eludere le poche norme rimanenti. Uno degli aspetti più subdoli del processo di finanziarizzazione è legato alla quantità di tempo e risorse umane ed economiche che le banche oggi investono in attività finanziarie di scarso o nullo valore sociale. Le risorse si concentrano sull’elaborazione e lo studio di prodotti finanziari innovativi e complicatissimi e su attività speculative, mentre una parte sostanziale della popolazione è totalmente esclusa dal credito, quando con somme estremamente ridotte potrebbe avviare percorsi virtuosi di autosviluppo, tramite processi quali il microcredito, ed esclude due miliardi di esseri umani da qualsiasi servizio bancario e dall’accesso al credito.

106 L’AMBITO DI INTERVENTO DELLA FINANZA
L’AMBITO DI INTERVENTO DELLA FINANZA. La finanza ha invaso ogni settore della vita umana. Non solo il diritto alla casa con la conseguente bolla dei mutui subprime , ma dalle attività produttive ai servizi essenziali, dall’alimentazione alla previdenza, dalle finanze pubbliche all’ambiente non c’è attività nella quale la finanziarizzazione dell’economia e della società non sia imposta , con conseguenze devastanti per i cittadini e per i nostri diritti. Semplicemente non deve essere possibile speculare sul cibo, sulla terra o sui cambiamenti climatici. E’ oggi necessario intraprendere un processo di definanziarizzazione dell’economia attaccando la pervasività della finanza lungo due direttrici.

107 La prima è quella che potremmo definire verticale
La prima è quella che potremmo definire verticale. Bisogna ridurre la dimensione della finanza. La piramide che dovrebbe avere come base l’economia e come vertice la finanza è oggi ribaltata. Le attività finanziarie interessano volumi anche centinaia di volte superiori a quelli delle corrispondenti attività reali. Una piramide al contrario decisamente instabile che ha provocato il crollo dell’intero sistema quando si è verificato un problema, in se limitato, quale una flessione del mercato immobiliare statunitense. Accanto a un intervento verticale ne serve uno trasversale alle diverse attività economiche, e definire con cura il perimetro entro cui si può muovere la finanza per impedire la possibilità di speculazioni sui servizi pubblici essenziali, sul cibo, sulla terra, sull’ambiente e in diversi altri ambiti.

108 LA GOVERNANCE INTERNAZIONALE
LA GOVERNANCE INTERNAZIONALE. A seguito della crisi del 2008 le venti maggiori economie si sono riunite nel G20, autonominatosi primo forum per il coordinamento economico. A fine 2011 si erano svolte ben sei riunioni del G20 a livello dei Capi di Stato e di governo, costituendo uno strumento efficace per elaborare i piani di salvataggio della finanza casinò che aveva provocato la crisi. Da allora poco è stato fatto per regolamentare la finanza speculativa. Sono state salvate le banche, non gli esseri umani. Il G20 riconosce l’esistenza di rischi sistemici , riguardo i derivati o la leva finanziaria, ma ad oggi nessun intervento serio è stato messo in campo. Ancora l’iniziativa in materia di regolamentazione finanziaria è rimasta ai singoli Paesi.

109 Il G20 ha anche un problema di legittimità
Il G20 ha anche un problema di legittimità. I Paesi membri dell’ONU sono poco meno di 200. Le nazioni più povere del mondo, che hanno pagato il costo maggiore della crisi pur non avendone nessuna responsabilità, sono escluse da qualunque possibilità di dire la loro su cosa fare per uscirne. In direzione contraria anzi il G20 si sta trasformando in un G2, con i nodi tra USA e Cina a dominare l’agenda e le decisioni prese dalle due potenze a fissare i lavori. Lo stesso G20 ha affidato un ruolo centrale e ingenti risorse per aiutare le nazioni in difficoltà a quel FMI che per decenni ha promosso la necessità di lasciare liberi i mercati e la circolazione dei capitali, che hanno accelerato l’instabilità e la creazione di un sistema economico dove la speculazione ha preso il sopravvento sull’economia reale.

110 Il quadro internazionale appare estremamente frammentato, con molti organismi ed enti incaricati di promuovere varie iniziative. Oltre al G20 e al FMI, un ruolo di primo piano è quello del Financial Stability Board che riunisce i rappresentanti dei governi e delle banche centrali dei Paesi del G20. Qui pare che almeno a livello europeo si siano fatti passi avanti almeno per una supervisione unica delle banche europee affidata alla BCE, primo passo verso l’Unione bancaria, e la condizione necessaria per permettere al nuovo fondo salva stati, l’ESM, di finanziare le banche in difficoltà. Le relative norme sono state approvate nel Consiglio europeo del 19 ottobre 2012, e prevedono un iter normativo che dovrebbe consentire alla BCE di poter fare un controllo su tutte le banche dell’Eurozona a partire dal Esistono poi una molteplicità di organismi, il Comitato di Basilea, La Banca per i regolamenti internazionali, l’IASB, l’IOSCO e l’OCSE, con competenze che a volte si sovrappongono in assenza di un regolamento globale efficace. Tra le economie internazionali necessita una integrazione e un coordinamento che abbia come scopo la tutela della stabilità finanziaria intesa come bene pubblico globale, e che consentano un controllo democratico, che rispecchi l’attuale situazione geopolitica.

111 I PARADISI FISCALI. Finché la comunità internazionale e l’opinione pubblica continueranno ad identificare i paradisi fiscali con piccole isole tropicali costellate di palme, il fallimento di qualunque intervento di regolamentazione è pressoché assicurato. I paradisi fiscali rispondono a ben precise richieste di un gigantesco mercato che va, senza soluzione di continuità, dall’elusione fiscale alla criminalità organizzata. Tali territori sono interamente funzionali a un sistema di potere politico, economico e finanziario concentrato nelle nazioni più ricche. E’ necessario quindi, ancor prima di introdurre norme internazionali guardare in casa nostra, procedere a un cambiamento anche culturale per comprendere che non esiste nessuna discontinuità, tra il piccolo imprenditore, vessato dal fisco, che nasconde profitti

112 all’estero e i peggiori traffici della criminalità internazionale
all’estero e i peggiori traffici della criminalità internazionale. Sono gli stessi territori, gli stessi meccanismi finanziari e gli stessi intermediari a entrare in gioco. Un gioco in cui a vincere sono pochissimi soliti ignoti e in cui a perdere è la stragrande maggioranza della popolazione mondiale. Gli strumenti tecnici per fermare i paradisi fiscali ci sono. E’ solo questione di volontà politica. Una volontà che, a discapito delle roboanti dichiarazioni che chiudono ogni vertice internazionale, a oggi non si è ancora vista.

113 CONTROLLI SUI FLUSSI DI CAPITALE
CONTROLLI SUI FLUSSI DI CAPITALE. In accordo con le dottrine neoliberiste negli ultimi anni sono stati rimossi quasi tutti i vincoli sui movimenti di capitale in entrata ed in uscita dai Paesi. Questo ha tolto ai governi un’importante strumento di politica economica e soprattutto ha esasperato la speculazione internazionale con capitali che si muovono continuamente alla ricerca del massimo profitto nel minor tempo possibile. La possibilità di introdurre controlli sono diverse. Una come già ricordato è la TTF. Forme di controllo permetterebbero ai governi di frenare i flussi speculativi alla ricerca di profitti a breve

114 Qual’è l’utilità di capitali che entrano ed escono da un’economia nazionale in pochi secondi? Tali masse monetarie non contribuiscono alla realizzazione di infrastrutture, alla creazione di posti di lavoro o allo sviluppo, ma al contrario sono alla base della formazione di bolle e, nella direzione opposta, quando un Paese inizia a trovarsi in difficoltà e i capitali fuggono, esasperano i problemi.

115 ALTRE RIFORME SU SCALA INTERNAZIONALE
ALTRE RIFORME SU SCALA INTERNAZIONALE. La riforma della governance globale, la lotta ai paradisi fiscali e il controllo sui flussi di capitali, sono tre capitoli essenziali per riportare una finanza fuori controllo a operare nell’interesse della società, ma diverse altre profonde riforme sono necessarie, e successivamente verranno approfondite Un altro passo è la creazione di un nuovo sistema valutario mondiale che possa sostituirsi al dollaro quale moneta di riferimento per gli scambi internazionali e per la quotazione delle merci, a partire dal petrolio. L’ambito monetario e i conseguenti squilibri tra USA e Cina è quello che mostra più di tutti la necessità di un intervento.

116 UNA NUOVA EUROPA REGOLAMENTAZIONE FINANZIARIA IN EUROPA.
La maggior parte delle misure, adottate a seguito della crisi del 2008, è stata pensata per tentare di stabilizzare la finanza e riparare i danni da essa creati, non per cambiare le regole del gioco ed evitare che i danni possano ripetersi. Fino ad oggi la misura più rapida e sostanziale è stata la modifica delle regole contabili e di bilancio per le banche, permettendo loro di mascherare una parte delle perdite subite. Sono state create nuove autorità di vigilanza sui mercati, il cui potere pare troppo limitato. In questo senso è possibile affermare che le nuove regole approvate in discussione su scala europea sono del tutto insufficienti per l’auspicata inversione di rotta.

117 Rispetto all’indomani della crisi, in cui sembrava evidente la volontà di ridimensionare lo strapotere della finanza, queste direttive sono state progressivamente annacquate dall’intervento delle lobby del mondo finanziario, fino ad arrivare in diversi casi ad una vera e propria cattura del regolatore, dato che gli stessi rapresentanti del mondo finanziario scrivono le regole, come i gruppi di esperti creati dalla Commissione europea per ricevere consigli su come regolamentare la finanza. La quasi totalità di questi gruppi vede una maggioranza schiacciante di rappresentanti delle banche , mentre società civile, sindacati, università e altri gruppi interessati sono nettamente minoritari.

118 UN NUOVO MODELLO EUROPEO
UN NUOVO MODELLO EUROPEO. Gli squilibri tra centro e periferia dell’Europa sono la manifestazione più evidente di un sistema costruito con un peccato originale: un’Unione europea fondata su un mercato unico, una moneta unica e la libera circolazione dei capitali, senza in parallelo un’Europa sociale, dei diritti, con politiche ambientali, industriali e fiscali comuni. Occorre oggi pensare da subito a possibili rimedi, che la crisi ha certamente evidenziato. Uno dei primi passi deve consistere in una politica fiscale comune. Non è più tollerabile oggi la corsa verso il fondo tra gli Stati europei per attrarre capitali e imprese offrendo condizioni fiscali sempre più compiacenti. Occorre un sistema fiscale armonizzato, una tassazione minima delle imprese e politiche comuni conseguenti.

119 Considerazioni analoghe devono valere per i diritti dei lavoratori e in altri ambiti, provvedendo a un’armonizzazione verso l’alto dei diritti. Il problema dell’area euro dipende anche dal fatto che i singoli Stati continuano ad avere il proprio debito ed emettere i propri titoli di stato. Da qui discende l’idea di emettere delle obbligazioni europee, gli Eurobond garantiti da tutti gli Stati aderenti alla moneta unica, per calmierare gli attacchi speculativi contro i debiti dei singoli Paesi. Gli eurobond non devono essere pensati come strumenti per rilanciare i consumi, ma per una politica fondata sugli investimenti. Il punto centrale è poi quello di avere un tasso unico per il debito, azzerare lo spread e le relative speculazioni sui debiti sovrani anche per sfruttare la forza dell’insieme dei Paesi dell’euro ed avere un sistema di debiti consistente con l’esistenza di una moneta unica.

120 RUOLO E FUNZIONE DELLA BCE
RUOLO E FUNZIONE DELLA BCE. La discussione su eurobond e moneta unica porta direttamente a rimettere in causa il ruolo e le funzioni della BCE, attualmente indipendente dal potere politico. Autonomia ed indipendenza sono però due concetti ben diversi. Oggi la BCE non deve rispondere in nessun modo alle istituzioni democraticamente elette, sia a livello di Stati nazionali sia su scala europea. Ha inoltre un unico obiettivo di controllo dell’inflazione, e non deve quindi tenere in alcuna considerazione altri, dal tasso di disoccupazione al benessere dei cittadini. Questo non è l’unico problema da affrontare, per la BCE, ed è urgente rimettere in discussione la possibilità di acquistare titoli di Stato dei Paesi membri, sul mercato primario, agendo come prestatore in ultima istanza degli Stati.

121 Mentre le banche private ricevono direttamente prestiti dalla BCE a bassissimo interesse e danno in cambio obbligazioni con garanzia dello Stato, quest’ultimo deve lanciarsi in operazioni bizantine di garanzie e controgaranzie per sperare di poter accedere a un qualche piano di salvataggio. Tanto i fondi salva Stati quanto la BCE hanno quindi difficoltà oggettive a intervenire come prestatori di ultima istanza per gli Stati. In altre parole al di là degli eccessi evidenti di una BCE che fornisce liquidità a bassissimo costo alle banche private ma non agli Stati, è l’intera architettura europea che va rimessa in discussione.

122 USCIRE DALL’EURO? Data l’attuale situazione europea , il dibattito sulla moneta unica è tornato in discussione. Il problema centrale in particolare è legato agli squilibri di 17 Paesi con storie, modelli produttivi e sociali, forza economica e commerciale enormemente diversi tra loro, ma legati da un’unica moneta. Un sistema che penalizza enormemente i Paesi della periferia, costretti a inseguire la potenza dell’economia tedesca, e favorire quest’ultima , che utilizza una valuta più debole di quanto non sarebbe una moneta della sola Germania. A fronte di questo e di altri scenari, la strada obbligata passa oggi per riequilibrare il processo di costruzione europea, accelerando su un’unione fiscale, sociale e dei diritti per recuperare il terreno perso nei confronti dell’unione monetaria e dei capitali.

123 SALVARE L’EUROPA. La mancanza di sovranità dei Paesi dell’euro non è che uno dei problemi e comunque la soluzione di stampare soldi in quantità illimitata, darebbe luogo a una crescita senza controllo dell’inflazione o a bolle speculative sui mercati finanziari. La differenza tra i Paesi dell’euro e quelli che non lo sono è che in quest’ultimi la banca centrale può potenzialmente stampare i soldi e acquistare i titoli di stato. E’ quello che avveniva in Italia fino alla metà degli anni ottanta, quando la Banca d’Italia dava la propria disponibilità ad acquistare a un dato tasso tutti i BOT e i CCT rimasti invenduti.

124 Fino ad oggi l’Europa non ha voluto o saputo affrontare questa emergenza. Uno dei motivi è la riluttanza tedesca. Tutti i meccanismi citati prevedono in qualche modo un intervento o per lo meno una garanzia dei Paesi più forti o virtuosi a favore di quelli della periferia. E’ da notare che nei media la giustificazione principale al rifiuto tedesco, è il ricordo dell’iperinflazione della Repubblica di Weimar, da cui nacque il nazismo, per cui la Germania non accetterebbe che la Banca centrale stampi soldi per acquistare debiti, e insiste sui piani di austerità per la periferia europea.

125 DIVERSE POLITICHE E UNA DIVERSA SPESA PUBBLICA IN ITALIA
LA SITUAZIONE IN ITALIA ALL’INIZIO DEL Le cause principali del nostro debito pubblico sono da far risalire a decenni di evasione fiscale a livelli ineguagliabili, eccetto la Grecia, al peso delle economie illegali, dalle mafie al sommerso, alla corruzione; alle clientele, alle spese improduttive e ad altri sprechi; allo spostamento della pressione fiscale sul lavoro e alla globalizzazione del mercato dei capitali. In misura sempre maggiore il debito cresce per gli interessi da pagare sul debito stesso, che si accumulano anno dopo anno. Lo scoppio della crisi del debito e l’impennata dello spread sono invece legati alla crisi del 2008, e alla conseguente recessione, all’aumento della concorrenza sui mercati di capitali, al salvataggio delle banche e alla speculazione.

126 Le limitate possibilità di intervento sono da imputarsi alla fragilità e nello stesso tempo alla dimensione ipertrofica del sistema bancario e finanziario europeo, alla mancata sovranità monetaria, delegata alla BCE, a squilibri su scala europea e alla rigidità dei trattati UE. A fine 2011 in un’Italia in recessione si promuovono misure di austerità che deprimono la domanda e i consumi, si riparte per una nuova ondata di privatizzazioni e liberalizzazioni e si procede verso l’inserimento del pareggio del bilancio in Costituzione. In questo modo il costo della crisi viene scaricato su lavoratori, pensionati e le classi più deboli, ovvero chi non ha nessuna responsabilità, né delle cause di lungo periodo né in quelle congiunturali e nemmeno nelle difficoltà di intervento.

127 LA SPESA PUBBLICA IN ITALIA
LA SPESA PUBBLICA IN ITALIA. Per il 2012 le entrate tributarie sono di circa 450 miliardi di euro. Di queste 260 riguardano le imposte dirette e 191 quelle indirette ( IVA, monopoli di Stato e lotterie). Lo Stato ha poi entrate extratributarie per 50 miliardi, per cui complessivamente le entrate sono circa 500 miliardi che dovrebbero salire a 527 nel 2013 e 541 nel 2014 per l’aumento delle imposte dirette. Le principali spese sono: - trasferimenti agli enti locali miliardi - impegni in Europa miliardi - forze armate miliardi - infrastrutture pubbliche e logistica 4 miliardi - opere strategiche e pubbliche calamità 2 miliardi

128 - istruzione scolastica 41 miliardi
- università miliardi - diritti sociali, politiche sociali e famiglia 31 miliardi - politiche previdenziali miliardi - politiche per il lavoro 5,4 miliardi - tutela e valoriz. beni e attiv. cult. e paesag ,4 miliardi - oneri perr il servizio del debito pubblico 88 miliardi Rispetto ai Paesi europei l’Italia nel 2009 ha speso per interessi il 4,6% del proprio PIL, e l’8,9% della spesa complessiva di fronte a una media europea del 2,3% e 4,6%, per cui il nostro Paese spende più degli altri in interessi sul debito , e ci sono quindi meno risorse per gli altri settori.

129 DIVERSE POLITICHE DI SPESA
DIVERSE POLITICHE DI SPESA. Scelte diverse sarebbero e sono possibili dal lato delle entrate quanto da quelle delle spese. Riguardo al taglio delle spese , davvero l’unica possibilità consiste nel tagliare welfare e spese sociali, ovvero ridurre i redditi indiretti a famiglie e lavoratori, e fare pagare ancora una volta la crisi a chi non ha la responsabilità? Tutto questo per acquistare i cacciabombardieri F35 e per l’alta velocità in Val di Susa ( altri 120 milioni stanziati nel DDL di stabilità finanziaria per il 2012 ) contro il volere di una comunità intera? Occorre poi valutare se un sistema pensionistico equo sia un costo per la società o piuttosto un diritto e un sistema di redistribuzione della ricchezza e di coesione sociale. Senza poi valutare che sul bilancio dell’istituto pensionistico vengono caricate spese, quali il sussidio di disoccupazione, facenti parte del welfare, ma non proprio del sistema pensionistico.

130 UN DIVERSO MODELLO FISCALE E DELLE ENTRATE
UN DIVERSO MODELLO FISCALE E DELLE ENTRATE. Il secondo ambito di intervento riguarda le entrate. L’evasione fiscale, e l’economia sommersa sono il macigno più pesante per il nostro Paese. Occorre poi un sistema fiscale con una maggiore progressività come previsto dalla Costituzione. Oggi il 45% della ricchezza è nelle mani del 10% della popolazione, mentre il 50% più povero ne detiene meno del 10%. Un diverso sistema non si realizza aumentando l’IVA, che viene pagata in misura proporzionalmente maggiore dalle classi più povere, ed è quindi un’imposta regressiva, ma ad esempio con una tassazione dei grandi patrimoni e delle rendite finanziarie. La diminuzione delle entrate fiscali ha reso i governi sempre più dipendenti dai mercati e questo a partire dagli anni 80, è uno dei motivi fondamentali per l’aumento del debito.

131 Un diverso sistema fiscale, con una dura lotta all’evasione, significherebbe diminuire il carico fiscale sul lavoro, e nel medio periodo svincolare progressivamente l’Italia dall’emergenza del rifinanziamento del debito sui mercati. Una redistribuzione del reddito significherebbe un contrasto al motivo ultimo che ha portato alla crisi del , e che si può sintetizzare in una sempre maggiore polarizzazione del reddito e delle ricchezze, che vengono sottratte al lavoro per formare rendite finanziarie. In ultimo tassare il lavoro non la finanza è un incentivo a indirizzare i capitali verso attività speculative e non produttive.

132 Accanto a queste misure una TTF colpirebbe unicamente chi specula e permetterebbe un gettito di 5 miliardi di euro l’anno, ( finalmente si è fatto un passo avanti ) insieme ad altre tasse di scopo già esaminate. Analogamente una tassa patrimoniale permetterebbe di diminuire il peso fiscale sul lavoro. La patrimoniale oltre alle forti resistenze di chi sarebbe coinvolto, trova difficoltà nella attuale facilità di portare i capitali all’estero o nascondere i propri redditi, per cui occorre anche una lotta ai paradisi fiscali. Alcune misure per frenare l’abuso del <transfer princing> o l’utilizzo di società estero sono in discussione da anni, senza risultati concreti. Riguardo ai controlli sui movimenti di capitali, alcune nazioni li hanno adottati da diversi anni, e hanno mostrato sia la fattibilità tecnica, sia la loro efficacia. In tale ambito l’adozione di scudi fiscali sono segnali pessimi sulla reale volontà di far pagare le tasse a tutti.

133 LA CONTROMANOVRA DI SBILANCIAMOCI. Da anni la campagna Sbilanciamoci
LA CONTROMANOVRA DI SBILANCIAMOCI! Da anni la campagna Sbilanciamoci! presenta un proprio rapporto con misure alternative per la spesa pubblica , fondate sull’equità sociale, l’ambiente, i diritti. In Italia la spesa militare sfiora i 36 miliardi di dollari ( 1,7% del PIL), sarebbe immediatamente possibile tagliare 4 miliardi di euro, per finanziare in parte il servizio civile ridotto del 60% in pochi anni. Tagli superiori hanno riguardato la cooperazione internazionale allo sviluppo, il fondo nazionale per le politiche sociali ridotto da 1,6 a 1,1 miliardi. Altri tagli interessano l’università, la ricerca, le borse di studio e le politiche per i migranti. Inoltre si può risparmiare 700 milioni di sussidi alle scuole private, 750 milioni nella missione per l’Afghanistan, oltre 1,5 miliardi cancellando il ponte sullo Stretto ( 300 milioni di euro previsti nel DDL di stabilità finanziaria 2012 per penalità varie per uscire di scena ) e altre grandi opere, 2 miliardi di risparmi ottenibili con il passaggio informatico della P.A., un altro miliardo dal riordino delle convenzioni con la sanità privata.

134 A fronte di queste minori spese , entrate supplementari possono derivare dalla tassazione delle rendite, 2 miliardi, e da una tassa patrimoniale, 10 miliardi. Le minori spese e le maggiori entrate potrebbero essere destinate a diverse politiche pubbliche e sociali. Tra queste, 500 milioni per il fotovoltaico e le rinnovabili, 900 milioni per piccole opere, 1 miliardo per gli asili nido, 6 miliardi per la scuola, università e ricerca, 1 miliardo per i treni per i pendolari. Un dato interessante da questa contromanovra è che pur migliorando alcuni settori importanti, quasi 4 miliardi di euro potrebbero essere destinati alla diminuzione del debito pubblico. Non è molta cosa, ma rende l’idea in linea generale, a chi far pagare le tasse e come utilizzare i nostri soldi.

135 UN NUOVO MODELLO DI FINANZA PUBBLICA
UN NUOVO MODELLO DI FINANZA PUBBLICA. I diversi interventi menzionati possono permettere il risanamento dei conti. Nello stesso momento, è il pubblico che deve farsi carico di rilanciare l’economia su nuove strade. Investimenti di lungo periodo nei settori a maggior valore sociale e a maggior intensità di lavoro, come nell’istruzione, nella sanità e negli altri settori del welfare , per l’efficienza energetica e le rinnovabili e per abbandonare un sistema fondato sui combustibili fossili. In altre parole rilanciare l’economia in direzione di una maggiore giustizia sociale e ambientale e nel contempo sottrarre alla finanza gli spazi occupati nell’ultimo trentennio, spostando il motore economico verso investimenti di lungo periodo. Bisogna smettere di creare un eccesso di debiti per permettere un eccesso di consumi. Anche da un punto di vista teorico è non poco spaventoso il principio secondo cui non si produce ciò che serve per vivere e stare meglio, ma occorre consumare di più per poter produrre di più.

136 Più in generale l’intero sistema economico va ripensato dalle fondamenta. Trent’anni di dogma neoliberista hanno pervaso il modo di pensare e il linguaggio. Se l’ondata di privatizzazioni e poi di finanziarizzazione ha trascinato il pianeta nella crisi che stiamo vivendo, il problema non è unicamente nel settore privato. Troppo spesso anche il pubblico ha ricalcato gli stessi meccanismi e le stesse logiche. Ancora a monte è la dicotomia pubblico-privato che va superata, cercando di creare nuove strutture e modelli che garantiscano una reale partecipazione dei cittadini per nuove modalità di gestione dei beni e dei servizi essenziali.

137 PAGARE IL DEBITO? DEBITI ILLEGITTIMI ED ESPERIENZE INTERNAZIONALI. La situazione che investe oggi l’Europa e l’Italia ricorda per alcuni versi quella dei Paesi del sud colpiti nei decenni passati da una crisi del debito e successivamente dalle imposizioni del FMI e delle altre istituzioni internazionali. Negli ultimi anni è stata sollevata sempre più spesso la domanda riguardo la legittimità dei debiti contratti da queste nazioni a partire dagli anni settanta. Debiti legati a regimi dittatoriali, spesso per acquistare armi utilizzate per violare i diritti umani e reprimere le popolazioni o per corrompere funzionari pubblici svendendo il Paese a imprese estere e rafforzando il regime. Il pagamento di tali debiti non può essere richiesto ai cittadini dopo una transizione democratica, per motivi di illegittimità che possono essere diversi e andare oltre la definizione di debiti odiosi.

138 DEFAULT NELLA STORIA RECENTE
DEFAULT NELLA STORIA RECENTE. Oltre alla questione della legittimità, l’esperienza storica mostra in maniera inequivocabile che i default sui debiti sovrani sono eventi che ricorrono con regolarità nella storia. Pochi anni fa l’Argentina, nel novembre del 2008 l’Equador, decisioni che hanno dato un nuovo impulso alle economie dei due Paesi senza apprezzabili conseguenze sul piano internazionale, come dimostra il fatto che oggi l’Argentina fa parte del G20, e che l’economia è cresciuta a ritmi prossimi al 10% annuo.

139 DIVERSI TIPI DI DEFAULT
DIVERSI TIPI DI DEFAULT. Tecnicamente fare default significa non rispettare anche una sola clausola contrattuale che regola un debito. Però esistono diversi tipi. Si può parlare di congelamento del debito se viene bloccato per un certo tempo il pagamento, si possono allungare i tempo di restituzione, si può restituire il capitale senza interessi o restituire unicamente una parte come hanno fatto Argentina ed Equador.

140 COSA SUCCEDE SE L’ITALIA FA DEFAULT
COSA SUCCEDE SE L’ITALIA FA DEFAULT?. Per provare a capirlo occorre rispondere a diverse domande. Su chi ricadrebbero le perdite? Chi verrebbe pagato, quanto e come? L’Italia sarebbe ancora in grado di finanziarsi sui mercati internazionali dopo il default? Quali conseguenze ci sarebbero per il sistema bancario, per il mondo imprenditoriale, per i cittadini? Un default significherebbe anche automaticamente l’uscita dall’euro? Prima di tutto occorrerebbe decidere quale forma di default, che valore dare ai debiti ( Stato ed EE.LL) e le tipologie di creditori ( senior o Junior). Le conseguenze sono molto difficili a stabilire in quanto nei trattati europei non esistono ne le procedure da adottare per gli Stati sovrani, ne se questo comporta una uscita dall’euro. Le conseguenze maggiori e più dirette sarebbero sicuramente sul sistema bancario, che oggi detiene una parte rilevante dei titoli di Stato in circolazione.

141 NAZIONALIZZAZIONE DELLE BANCHE
NAZIONALIZZAZIONE DELLE BANCHE. Se le diverse conseguenze di un eventuale default potrebbero essere molto pesanti e da valutare, la nazionalizzazione delle banche non è certo uno scandalo, ne una novità. In Italia gran parte del sistema bancario era pubblico prima dell’ondata di privatizzazioni e fusioni del periodo recente. Così negli USA, in Belgio, in Francia, in Olanda, nel Regno unito e in tutti i grandi Paesi occidentali. La domanda però è un’altra. Quante risorse sono già state spese dal pubblico per salvare le più grandi banche del pianeta? E quanto dobbiamo continuare? La nazionalizzazione non significa l’acquisto del pacchetto azionario , per poi lasciarle agire come prima.

142 A febbraio il Governo Monti ha proposto di utilizzare la CDP per diminuire il debito pubblico tramite un’operazione di cartolarizzazione. In breve lo Stato dovrebbe vendere parte dei propri attivi ( caserme, spiagge, beni demaniali ) alla CDP che potrebbe utilizzare la propria liquidità per acquistarli. In questo modo sarebbe possibile diminuire il debito pubblico spostando il peso su un ente che in ogni caso è al 70% controllata dal Ministero del Tesoro

143 UN AUDIT SUL DEBITO ITALIANO
UN AUDIT SUL DEBITO ITALIANO. Oggi ci viene detto che dobbiamo tagliare , privatizzare e liberalizzare nei servizi pubblici, welfare, sanità perché abbiamo un debito di miliardi. La questione va completamente ribaltata. La domanda è: com’è possibile che abbiamo servizi pubblici in condizioni pessime, scuole non a norma, sanità in condizioni drammatiche, disastri ecologici continui, malgrado un debito così elevato? Cosa abbiamo fatto di 1900 miliardi? E necessario procedere subito a una valutazione democratica del debito per comprendere la sua provenienza, il suo utilizzo, i suoi creditori e prendere decisioni consapevoli sul pagamento o sulla sua ristrutturazione.

144 A inizio 2012 il ministero del Tesoro ha versato nelle casse di Morgan Stanley, una delle più grandi banche di investimento USA, oltre 2,5 miliardi di euro per estinguere una posizione di derivati. Perché lo Stato aveva tale debito? Era giusto rimborsarlo? L’audit del debito , ovvero un’indagine approfondita, non è un evento nuovo nel panorama internazionale. L’Equador l’ha fatto nel 2007, il Brasile, l’Irlanda e alcune organizzazioni della società civile in Grecia, Francia e Spagna.L’Audit è un processo complesso che richiede tempo, ma è necessario di fronte a piani di austerità. Serve quindi una commissione indipendente dal potere politico sia italiano che europeo, che porti avanti il lavoro in maniera approfondita, avendo libero accesso a tutti gli atti del debito, e si potrebbe dimostrare le responsabilità del sistema finanziario europeo e statunitense, e smascherare il dogma secondo il quale è necessario tagliare le spese sociali e far pagare la crisi ai soliti noti.

145 Il problema in Italia, come in altre nazioni europee, è che, a differenza di quanto avvenuto in Equador o in Brasile, non solo il potere politico non sostiene apertamente l’audit, ma con ogni probabilità si opporrà. Questa sembra al momento la posizione di tutti i governi europei, che non hanno mai nemmeno preso in considerazione l’ipotesi. Infatti il rischio è che una simile operazione possa portare a evidenziare le responsabilità dei nostri stessi governi e del nostro sistema bancario e finanziario. E allora necessario organizzarsi tanto a livello nazionale quanto locale, creare reti di persone e organizzazioni per raggiungere una massa critica sul territorio in grado di portare avanti un audit popolare del debito pubblico italiano.

146 AGIRE DAL BASSO CONTRO LA FINANZA CASINO’
IMPEGNARSI IN PRIMA PERSONA. Nel corso degli ultimi anni sono nati movimenti di denuncia, formazione e azione nei confronti dei comportamenti delle grandi imprese multinazionali, che producono enormi danni ambientali, sociali e sui diritti umani. A seguito di questa presa di coscienza si sta sviluppando un movimento di consumo critico, dove le persone decidono di indirizzare i propri consumi verso le produzioni che rispettano l’ambiente e i diritti umani e di esercitare scelte consapevoli. Questo movimento va dal lavoro di denuncia dei comportamenti irresponsabili delle grandi imprese, alle azioni di pressione sulle imprese stesse.

147 In alcuni casi alcuni soggetti decidono di diventare azionisti dell’impresa accusata per tentare dall’interno, come proprietari, di modificarne i comportamenti. Un altro esempio è il commercio equo e solidale, che stabilisce rapporti commerciali ed economici e duraturi con le popolazioni del Sud del mondo. Si pensi all’agricoltura biologica, ai gruppi di acquisto solidale, al consumo a < chilometro zero> ed a altre esperienze riguardo l’alimentazione, al turismo responsabile, che permette di viaggiare nel rispetto dell’ambiente e delle tradizioni dei Paesi ospitanti, al software libero in ambito informatico, , ai mercati del riuso e del riciclo per interrompere o limitare lo spreco di risorse, alle banche del tempo in cui le persone fanno a meno del denaro per scambiarsi servizi.

148 La prova migliore del successo di queste forme di altra economia risiede nella risposta dei settori tradizionali. Oggi grandi imprese, società petrolifere finanziano progetti per salvare monumenti, specie a rischio, automobili amiche dell’ambiente e banche, che da una parte commerciano in armi, ma sul loro sito promuovo a tutta pagina raccolte di fondi per beneficenza. E’ importante notare che per la maggior parte delle imprese è sufficiente vedere che una parte dei loro potenziali clienti è attenta a questi comportamenti per innescare un cambiamento. In una situazione di concorrenza esasperata per accaparrarsi quote di mercato, anche un 5% di clienti in più o meno rappresenta una differenza sostanziale.

149 PRINCIPI DELLA FINANZA ETICA
PRINCIPI DELLA FINANZA ETICA. Il movimento della finanza eticamente orientata si sviluppa per fornire una risposta ai problemi della finanza tradizionale e considera l’accesso al credito un diritto umano e pone particolare attenzione ai <non bancabili>. Non ha come obiettivo la massimazione del profitto, ma l’interesse dell’insieme della società. Lavora quindi in un’ottica di lungo periodo ed esclude i paradisi fiscali, facendo un punto di incontro tra risparmiatori e coloro che hanno bisogno di soldi , come volano per la loro economia. Le banche etiche non realizzano cartolarizzazioni o azioni speculative, combattono i paradisi fiscali, e finanziano solo progetti dell’economia reale. Operano con la massima trasparenza, in particolare rendendo pubblico, attraverso il proprio sito internet l’elenco completo dei finanziamenti e dei prestiti concessi ad associazioni, cooperative e imprese.

150 CONCLUSIONI

151 Ed ora senza alcuna anticipazione ai presenti esaminiamo insieme i possibili interventi.

152 Una montagna di debiti passati dal sistema finanziario privato a quello pubblico. Debiti creati per mantenere alti consumi e crescita del PIL, mentre la ricchezza veniva drenata dalla finanza. Una finanza fondata sui derivati, fuori borsa, cartolarizzazioni e dintorni. Un mondo senza controllo e sempre più scollegato dall’economia reale, a vantaggio di pochi, dove quasi tutto è permesso e quel poco che sarebbe vietato viene eluso e aggirato tramite il sistema bancario ombra e i paradisi fiscali. La soluzione unica finora è stata far pagare ogni costo ai cittadini tramite piani di austerità e riduzione del ruolo pubblico, che non farà che esasperare le diseguaglianze e la pessima distribuzione del reddito, senza nemmeno una regola per fermare la finanza casinò.

153 Meno Stato più mercato è la parola d’ordine ripetuta
Meno Stato più mercato è la parola d’ordine ripetuta. I mercati sono efficienti, il pubblico è inefficiente. E’ normale che le banche possano lavorare con leve finanziarie anche da 40 a 1, ovvero con debiti pari al 4000%, dei loro capitali, mentre se uno Stato europeo supera il 60% del rapporto debito/PIL va punito. Il problema di fondo è che siamo immersi in un sistema sociale interamente guidato dalla finanza, che ha contagiato ogni attività umana, il mondo politico, quello universitario, quello delle imprese, persino il nostro linguaggio. Mentre i paesi anglosassoni , storicamente liberisti, stanno di fatto attuando pesanti interventi pubblici nell’economia, è oggi l’Europa continentale ad applicare acriticamente e dogmaticamente questo pensiero.

154 Ancor prima che riforme della stessa finanza , ci serve un nuovo modo di pensare. Le leggi fondamentali che guidano la società e i nostri comportamenti non sono più le leggi di natura, ma quelle della finanza e dell’economia. La storia dell’economia è iniziata con il baratto, poi sono intervenuti i mercati e la moneta. Nei mercati attuali pochi soggetti riescono a estrarre enormi profitti, a discapito della maggioranza delle popolazioni. La speculazione si nutre di instabilità e oscillazioni dei prezzi. La creazione di bolle e il loro successivo scoppio sono funzionali alla realizzazione di immensi profitti inseguiti dalla speculazione. Allo scoppio della crisi del 2008, il totale delle transazioni finanziarie era pari a 3688 migliaia di miliardi di dollari, mentre il PIL valeva circa miliardi di dollari.

155 Un mercato che ha superato i 4000 miliardi di dollari al giorno, a fronte di un commercio trasfontaliero di beni di circa miliardi di dollari l’anno. Solo l’1,4% di scambi di valuta interessa operazioni nell’economia reale. Questo può significare solo due cose. O il 98,6 dei soldi che girano sul mercato finanziario sono pura speculazione o, ancora una volta, la finanza opera con uno dei rendimenti più bassi che si siano mai visti nella storia umana, vale a dire che è incredibilmente inefficiente, all’opposto di quanto sostenuto dalla dottrina dominante. Nessuno si sognerebbe di costruire un’automobile , una fabbrica o un prodotto con un rendimento tanto scadente. Se consideriamo poi l’impatto della crisi sull’economia, e il fatto che un essere umano su tre è completamente escluso dall’accesso al credito, la finanza non è solo inefficiente, ma anche inefficace.

156 All’inizio del secolo scorso la comunità internazionale si è impegnata a raggiungere entro il 2015 gli Obiettivi di sviluppo del millennio, tra i quali l’istruzione primaria per tutti i bambini del mondo, il dimezzamento della mortalità infantile e altri ancora. Attualmente si stima che per rispettare tali obiettivi servirebbero dai 36 ai 45 miliardi di dollari aggiuntivi rispetto ai versamenti in atto. Risorse che se non si trovano espongono le principali potenze a un fallimento di portata storica. A fronte di queste cifre il solo Governo USA ha sborsato miliardi di dollari per sostenere le banche. La sola Citigroup ha ricevuto circa 2500 miliardi di dollari, ovvero circa 60 volte la somma necessaria per garantire il futuro dignitoso a milioni di esseri umani.

157 Il problema centrale poi è quello che non rischiamo una catastrofe finanziaria per eccesso di debiti, ma che rischiamo una catastrofe per eccesso di consumi. Il debito che dovrebbe preoccupare di più non è quello economico, ma quello ecologico, basti pensare che in un pianeta di dimensioni finite centrare l’economia su una continua crescita dei consumi e della ricchezza non potrà che portare a un disastro. Il giorno 28 settembre 2011 è caduto l’Overshoot Day. E’ il giorno in cui sul pianeta Terra siamo arrivati a pescare tutti i pesci che si riproducono nell’intero anno, inquinare per quanto la pur enorme capacità di assorbimento e rigenerazione della biosfera è in grado di sopportare nell’intero anno.

158 Oggi consumiamo il 40% in più della capacità di rigenerazione del pianeta. Oggi un miliardo di esseri umani consuma oltre l’80% delle risorse disponibili. E già così siamo ben oltre il limite di sopportazione della terra. Le possibilità sono allora solamente due. O impediamo, o meglio continuiamo a impedire con ogni mezzo - finanziario, economico, politico, e militare – ai sei miliardi di esseri umani esclusi di raggiungere o anche avvicinare il nostro livello di consumi. Oppure cambiamo strada. Oggi stiamo distruggendo il pianeta, i cambiamenti climatici sono una realtà, oggi abbiamo milioni di sfollati e di esuli per motivi ambientali, e nel frattempo i consumi aumentano, insieme alle energie rinnovabili, ma aumenta anche l’energia da carbone e combustibili fossili. Il petrolio si va a cercare ai quattro angoli del pianeta, a sempre maggiori profondità, dalle rocce di scisto, dalle sabbie bituminose, dalle regioni polari e peggioriamo sempre di più l’ambiente esibendo la foglia di fico della < sostenibilità >.

159 La finanza ha estratto tutto il valore possibile dai mercati di consumo occidentali, ormai saturi e in crisi. Quando questa montagna di debiti è crollata, ha risucchiato le risorse pubbliche per continuare ancora qualche anno nella stessa direzione. Ora anche gli Stati sono svuotati. Pur di non riconoscere il fallimento di questo sistema, si passa adesso alla mercificazione e finanziarizzazione di quello che è rimasto: servizi pubblici, beni comuni, ambiente. I debiti sono nettamente superiori al PIL del mondo. Solo le obbligazioni ammontano ad 80 trilioni di dollari, a fronte di un PIL di 60 trilioni. Quest’ultimo cresce del 3% l’anno, le obbligazioni hanno un interesse circa doppio. I debiti del mondo sono semplicemente troppi e non verranno mai pagati.

160 Oggi siamo arrivati ai <bond della morte > scommettendo sull’aspettativa di vita di un gruppo di anziani pur di creare nuove speculazioni e attrarre altri capitali. Possiamo continuare per qualche anno a vampirizzare l’economia reale, a gonfiare la massa di debiti e a mantenere in vita un sistema parassitario finanziarizzando anche l’istruzione, la sanità e l’acqua, ma entro pochi anni o troviamo il modo di indebitare Marte e poi il sistema solare o saremo costretti a fare i conti con la realtà. La soluzione per uscire dalla crisi nata da un eccesso di debiti non può essere contrarre nuovi debiti per far ripartire i consumi e la crescita del PIL, è un assurdo ambientale.

161 Occorre invece rimettere in discussione gli indicatori su cui si basano le ricette di politica economica. Il PIL, misura la ricchezza materiale prodotta, non può essere assunto a indice del benessere delle popolazioni. Per questo sono stati elaborati indici e misurazioni ad hoc, che considerano fattori ben diversi rispetto alla ricchezza materiale. Occorre spezzare queste barriere culturali, prima ancora che economiche. Tecnologie per ridurre gli sprechi di materia ed energia potrebbero portare a nuova occupazione, a un maggior benessere , a un minor impatto ambientale, e a una diminuzione del PIL. La domanda non deve essere quanto produrre, ma cosa produrre, passando da un dogma della crescita quantitativa a uno sviluppo qualitativo, prendendo come base di riferimento la qualità della vita, e non la ricchezza.

162 E’ questo uno degli aspetti più evidenti del dogma neoliberista e dell’esplosione di una finanza fine a se stessa, che dopo il crollo del muro di Berlino si è imposto in gran parte del pianeta come soluzione unica , come sosteneva la Tharcher. Diverse proposte sono state avanzate per un drastico cambiamento di rotta. Un percorso radicalmente diverso da quello attuale. Le principali difficoltà non sono tecniche, è una questione di VOLONTA’ POLITICA. E in questo senso il nostro Partito, il VERO PARTITO DEMOCRATICO potrebbe svolgere un ruolo essenziale, come alfiere internazionale della lotta alle diseguaglianze sociali, per la difesa dell’ambiente, e per la salvaguardia dell’intera umanità. Il PIL, come già sostenuto lucidamente da un miliardario americano negli anni 60’, che non a caso è stato fatto uccidere, deve essere profondamente ridimensionato, come indicatore di sviluppo.

163 E allora di fronte a questa situazione, spetta ai milioni di donne e di uomini che in tutto il mondo sono già attivi su questi percorsi il compito di INFORMARSI, RESISTERE, ELABORARE e COSTRUIRE questa nuova strada, unendo le forze e portando avanti diversi percorsi in parallelo; cambiare modello economico e finanziario, riappropriarsi degli spazi di democrazia, modificare i nostri comportamenti quotidiani e i nostri stili di vita, decidere sull’uso che viene fatto dei nostri soldi, e costruire un futuro migliore per i nostri figli, e il mondo intero. E’ il percorso migliore per costringere la finanza a tornare ad essere non uno dei maggiori problemi che ci troviamo ad affrontare, ma uno strumento per risolvere, questi problemi.

164 C’è bisogno quindi di una grande rivoluzione democratica, che cerchi di fare in modo che tutti i ragazzi del mondo abbiano, indipendentemente dalle condizioni sociali di partenza, la stessa possibilità di mostrare il loro talento, che si sentano fratelli e non nemici. Quella rivoluzione che crede nel talento e nella onestà delle persone, che combatte l’egoismo finanziario che ci distrugge, e afferma il senso di una comunità aperta, senza distinzioni di razze, di religioni, e di condizioni economiche, l’unica nella quale valga la pena di vivere preservando l’ambiente per l’avvenire di tutto il genere umano. Solo i democratici sono in grado di promuovere questa rivoluzione, forti delle loro origini e della grande tradizione unitaria. Se tutti noi lo vorremo, e resteremo uniti , questo succederà.


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