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Equity Line Solutions – Londra

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Presentazione sul tema: "Equity Line Solutions – Londra"— Transcript della presentazione:

1 Equity Line Solutions – Londra
Corso di Introduzione alla Finanza Quantitativa (matematica computazionale) Desenzano 10/11 Settembre 2011 17/18 Settembre 2011 A cura di: Luigi Piva Equity Line Solutions – Londra

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3 MODULO 1 - Sabato 10 settembre h10.00-13.00 e 14.30-18.00
PROGRAMMA DEL CORSO MODULO 1  -  Sabato 10 settembre   h e   INTRODUZIONE ALLA MATEMATICA FINANZIARIA 1.      Logica matematica, numeri, sistemi e funzioni. 2.      Le operazioni finanziarie, terminologie, l’uso dell’asse dei tempi, simboli e loro significato; 3.      Lo spazio euclideo e altri spazi nella rappresentazione economico-finanziaria. 4.      Il regime di interesse e sconto semplice:  la capitalizzazione semplice, lo sconto semplice o razionale; particolari operazioni di prestito: prestiti obbligazionari. 5.      Il regime di interesse e sconto composto: la capitalizzazione composta annua (durata intera e frazionaria, convenzione lineare e convenzione esponenziale), fattore di capitalizzazione semplice e fattore di capitalizzazione composta. 6.      Tassi equivalenti: relazione tra tassi equivalenti nel regime ad interesse semplice, relazione tra tassi equivalenti nel regime ad interesse composto, operazioni a tassi variabili, tasso medio. 7.      Serie e sequenze e loro applicazione. 8.      Trasferimento di un capitale nel tempo e sua valutazione. 9.       Applicazione modelli di pricing di azioni ordinarie. 10.   Applicazione modelli di approssimazione di prezzo

4 1.Analisi Quantitativa Definizione
Una tecnica di analisi finanziaria che cerca di capire il comportamento dei mercati utilizzando modelli matematici e statistici complessi . Assegnando un valore numerico alle variabili, gli analisti quantitativi cercare di replicare matematicamente la realtà . L'analisi quantitativa può essere fatto per una serie di motivi, quali la misurazione, valutazione delle performance di attivita’, fondi, ecc.. o la valutazione di uno strumento finanziario. Può anche essere usato per prevedere gli eventi nel mondo reale come le modifiche in un prezzo delle azioni. In altre parole , l'analisi quantitativa è semplicemente un modo di misurare le cose. Esempi di analisi quantitativa comprendono dai semplici ratios finanziari come gli utili per azione, a qualcosa di così complicato come flussi di cassa scontati, o di valutazione delle opzioni. Anche se l'analisi quantitativa è un potente strumento di valutazione degli investimenti, racconta raramente una storia completa senza l'aiuto del suo opposto – l 'analisi qualitativa.

5 Analisi Quantitativa    Secondo alcune stime, il trading quantitativo o algoritmico rappresenta ormai piu’ della meta’ del volume degli scambi negli Stati Uniti. Ci sono, naturalmente, innumerevoli libri sulle avanzate strategie matematiche utilizzate dai trader istituzionali in questo campo. Il trading quantitativo, noto anche come trading algoritmico, è la negoziazione sull’ acquisto / vendita di titoli basata rigorosamente su decisioni computerizzate tramite l’uso algoritmi. (con il termine algoritmo si intende un metodo per ottenere un certo risultato, risolvere un certo tipo di problema, attraverso un numero finito di passi) Gli algoritmi sono spesso progettati e programmati dagli stessi traders, basandosi su dati storici.

6 Analisi Quantitativa    Il trading quantitativo e l'analisi tecnica sono dunque sinonimi? Una strategia basata sull'analisi tecnica può essere parte di un sistema di trading quantitativo se può essere pienamente codificato come computer software. Tuttavia, le tecniche chartiste come la formazione di un testa e spalle potrebbe non essere incluse nell’ arsenale di un trader quantitativo perché sono molto soggettive e non possono essere quantificabili. Il trading quantitativo comprende molto più della soloa analisi tecnica. Molti sistemi di trading quantitativo incorporano dati fondamentali : i numeri come i ricavi, cash flow, il debit-to equity ratio , e altri.

7 Analisi Quantitativa    Quando si tratta di giudicare la performance finanziaria di una società rispetto ai suoi concorrenti o rispetto alla sua performance storica, il computer è spesso altrettanto valido degli analisti finanziari e il computer può guardare migliaia di aziende contemporaneamente. Alcuni sistemi quantitativi avanzati possono incorporare anche news come input: Oggi, è possibile usare un computer per analizzare e comprendere la notizia. IBM ha lavorato e sta lavorando su sistemi computerizzati in grado di capire quello che un documento contiene. Finché è possibile convertire le informazioni in bit e byte che il computer può capire, può essere considerato come parte del trading quantitativo.

8 1.Logica Matematica, numeri, sistemi e funzioni Logica
Quasi tutti pensano di sapere che cos’e’ la logica, ma il problema inizia quando e’ necessario darne una definizione formale. Una causa legale, per esempio, puo’ essere incentrata sul tentativo di trarre conclusioni logiche. L’accusa tenta di dimostrare la colpevolezza basandosi sui “fatti”. In questo caso c’e’ pero’ un’asimmetria nei confronti delle prove. La difesa non deve provare l’innocenza. Ne consegue che spesso la tattica difensiva consiste nel dimostrare la scarsita’ delle prove portate dall’accusa o nel sostenere che, anche in presenza di fatti, la colpevolezza non arriva da una conclusione logica. Quello che appare chiaro e’ che il soggetto della logica si applica al trarre delle conclusioni . E’, in un certo senso, la scienza del ragionare correttamente. Al suo livello piu’ semplice la logica porta a concludere che “B deriva da A” o che “A implica B” o che “se A, allora B”.

9  Logica  Se un matematico annuncia la validità di un risultato ha l’onere della prova, di dimostrare, cioè, che tale risultato e’ vero. Per esempio, se asserisco che:  per ogni coppia di interi N e M , e’ vero che M+N=N+M Ho l’onere della dimostrazione che tale conclusione deriva da una serie di fatti. Una giuria di matematici valuterà la validità dei fatti. In contrasto con asserzione di validità di un risultato, se io dichiaro la falsità ho bisogno solo di fornire un singolo esempio. Per esempio: Per ogni intero A, c’e’ un intero B tale che A=2B Puo’ essere provato falso con un solo esempio A=3

10  Teoria Assiomatica C’e’ una struttura che viene ritenuta necessaria in ogni teoria matematica: I Fatti usati devono essere identificati esplicitamente e ognuno di essi si assume sia vero o che sia stato dimostrato vero da altri fatti Le Regole di inferenza, le logiche applicate per provare i fatti, devono essere “corrette” e la definizione di correttezza deve essere oggettiva e immutabile nel tempo. L’insieme di conclusioni provate dai fatti di cui al punto 1 , usando le logiche di cui al punto 2, definito Teorema, deve essere Consistente. Per nessuna proposizione P , l’insieme dei teoremi puo’ includere sia “P e’ vera” che “ P e’ falsa”. L’insieme di tutti i teoremi deve essere Completo. Per ogni preposizione P, “la proposizione P e’ un teorema” o “la negazione della proposizione P e’ un teorema”.

11  Teoria Assiomatica Puo’ sembrare sorprendente che, al punto 1, la “verita’” dei fatti assunti non sia il requisito principale,ma che il requisito sia che tali fatti siano esplicitamente identificati. Il punto e’ che non ci sono fatti in matematica che siano, allo stesso tempo, “veri” e indipendenti da altri fatti o enunciazioni. Di conseguenza, determinati insiemi di fatti devono essere assunti veri e questi saranno gli Assiomi della teoria. In altre parole, tutte le teorie matematiche sono assiomatiche poiche’ assumono vero un determinato insieme di fatti e, basandosi su questo, altri fatti vengono provati . Differenti teorie matematiche richiederanno insiemi di assiomi differenti. Gli assiomi assunti per dimostrare teorie sui numeri interi saranno differenti dagli assiomi usati per sviluppare una teoria di geometria piana.

12  Teoria Assiomatica I requisiti fondamentali , gli assiomi devono essere: Adeguati a sviluppare una teoria interessante ed utile Consistenti in modo che non possano essere usati per provare sia che “la proposizione P e’ vare” che per provare che “la proposizione P e’ falsa”. Minimali e’ auspicabile avere assiomi semplici e poco numerosi per sviluppare una teoria snella e chiara La fondazione del metodo assiomatico viene generalmente attribuita ad Euclide di Alessandria ( AC) che per primo, nel suo “Elementi” ha introdotto un approccio assiomatico alla geometria a due e tre dimensioni.

13  Inferenza Lo sviluppo logico negli “Elementi” di Euclide dipende dalle “regole di inferenza”, ma non include formalmente la logica come una teoria in se’. Uno sviluppo formale della teoria della logica non e’ stato ottenuto per circa due millenni, dato che i matematici, seguendo Euclide, erano certi che la “logica” da loro applicata fosse inconfutabile. Per esempio, se tentiamo di provare che una certa soluzione di un’equazione soddisfa x<100 e il calcolo rivela che x<50, senza altri passaggi noi abbiamo svolto il nostro compito. “x<50 implica che x<100” e’ una proposizione vera “x<50 e’ una proposizione vera secondo i calcoli “x<100 e’ una proposizione vera per deduzione”

14  Inferenza In maniera astratta, Se P=>Q e P (e’ vera/falsa), allora Q (e’ vera/falsa). Questo e’ un esempio di metodo di prova diretto applicato alla proposizione condizionale P=>Q, che viene anche chiamata implicazione (P implica Q). Sempre in maniera astratta, se P=>Q e ˜Q, allora ˜P . Qui viene usato il simbolo ˜ che significa “la negazione di Q e’ vera” che equivale nel linguaggio logico a “Q e’ falsa”. Questo metodo di prova, simile al precedente, viene chiamato contrappositivo derivante dalla proposizione condizionale P=>Q e di conseguenza puo’ essere considerato un metodo di prova indiretto.

15  Paradossi Ci si potrebbe chiedere quando e perche’ i matematici sono diventati cosi’ formali nello sviluppo delle teorie e nella logica, ritenendo necessaria una teoria assiomatica e una formalizzazione delle regole di inferenza. Un motivo importante e’ da ricercarsi nel riconoscimento che, nonostante i primi sforzi, come gli “Elementi” di Euclide, la matematica non fosse abbastanza formale e il risultato e’ stato la scoperta di numerosi paradossi. Un paradosso, per definizione, e’ una proposizione o un insieme di enunciazioni che sembra vero ma, allo stesso tempo produce una contraddizione o un conflitto con l’intuito.

16 “questa proposizione e’ falsa”
 Paradossi L’esempio piu’semplice e’ il paradosso del bugiardo: “questa proposizione e’ falsa” La proposizione e’ paradossale perche’ se e’ vera. Allora deve essere falsa e, al contrario, se e’ falsa deve essere vera. Tornando alla matematica, prendiamo ad esempio la “prova” che 1=0, sviluppata attraverso la seguente serie di passaggi: a=1 a²=1 a²-a=0 a(a-1)=0 a=0 1=0 Il trucco qui e’ abbastanza facile da identificare. Abbiamo diviso per a-1 prima del quinto passaggio., ma dal primo passaggio abbiamo che a-1=0. In un certo senso, questa derivazione puo’ essere usata come conferma dell’illegittimita’ della divisione per zero, siccome ci porta a concludere che 1=0.

17 Paradossi Un esempio di un paradosso piu’ vecchio e piu’ complesso e’ in matematica e’ il Paradosso di Zeno che prende spunto da una mitologica corsa tra Achille e una tartaruga. Zeno di Elea ( AC) notava che se entrambi si muovono nella stessa direzione, con Achille che e’ inizialmente dietro, Achille non potra’ mai superare la tartaruga . Egli argomentava che ad ogni movimento di Achille che raggiunge un ceto punto della strada, la tartaruga sara’ gia’ arrivata a quel punto e quindi la tartaruga rimarra’ sempre avanti, non importa quanto veloce sia Achille. Questo e’ un paradosso per l’ovvio motivo che osserviamo corridori piu’ veloci superare quelli piu’ lenti continuamente. Ma come e’ possibile risolvere quest’argomento?

18 Paradossi La risoluzione deriva dalla dimostrazione che l’infinito insieme di osservazioni che Zeno descrive tra Achille e la tartaruga si verifica in un periodo finito di tempo. La conclusione di Zeno riflette implicitamente l’assunzione che se in ognuno degli infiniti numeri di osservazioni in cui la tartaruga e’ avanti ad Achille, dev’essere che la tartaruga e’ avanti sempre. Una risoluzione formale richiede lo sviluppo di una teoria nel quale la somma di un’infinito insieme di numeri puo’ essere indirizzato, mentre in questo caso ogni numero rappresenta la lunghezza dell’intervallo di tempo tra le osservazioni.

19 Paradossi Un altro famoso paradosso e’ conosciuto come il Paradosso del Barbiere. Secondo la storia, in una citta’ c’e’ un barbiere che rade tutti gli uomini che non si radono da soli e solo questi uomini. La domanda e’: il barbiere si rade? In maniera simile al paradosso del bugiardo, concludiamo che il barbiere si rade da solo solo se non si rade da solo. Il problema qui viene dal cuore stesso del set di teorie, dove abbiamo precedentemente assunto che un set possa essere definito come ogni insieme che soddisfa un dato criterio e una volta definito, si puo’ definire in modo inequivocabile se un dato elemento e’ un membro del set. Qui il set e’ definito come l’insieme degli individui che soddisfano la condizione “non si radono da soli” e non possiamo derivare nessuna conclusione logica se il barbiere sia o meno membro di questo insieme.

20 Logica Proposizionale Tabelle della Verita’
Tabelle della Verita’ Molta della logica matematica puo’ essere capita piu’ facilmente con l’introduzione delle tabelle della verita’. Il punto di partenza consiste nel definire una proposizione in una teoria matematica come una proposizione dichiarativa che sia o vera o falsa, ma non entrambe le cose. Per esempio “oggi il cielo e’ blu” o “5<7” sono enunciazioni o proposizioni. Un espressione come “x<7” non e’ una proposizione perche’ non possiamo assegnare V (vero) o F (falso) senza sapere quale valore assume la variabile x. Tale espressione viene chiamata formula, come vedremo in seguito.

21 Logica Proposizionale
Una formula non e’ una proposizione poiche’ la variabile x e’ una variabile libera, puo’ essere trasformata in una proposizione trasformando x in una variabile vincolata. Il modo piu’ diffuso per fare questo e’ usare il qualificatore (o connettivo ) universale ∀ , e il qualificatore (o connettivo ) esistenziale, ∃, definiti come: ∀ x denota “per ogni x” ∃x denota “ esiste una x tale che” Per esempio, ∀x(x<7) e ∃x(x<7) ora sono enunciazioni. La prima, “per ogni x, x e’ minore di 7” e’ assegnata e F, la seconda “ esiste una x tale che x sia minore di 7” e’ V.

22 Logica Proposizionale
Una tabella delle verita’ e’ un ausilio meccanico per dicifrare la verita’ o falsita’ di una proposizione complicata basato sulla verita’ o falsita’ delle sue proposizioni. Enunciazioni complesse sono costruite usando i Connettivi in varie combinazioni. Se P e Q sono proposizioni, definiamo i seguenti connettivi e presentiamo la tabella della verita’ associata. La negazione e’ un connettivo unico o singolare mentre gli altri sono connettivi binari. In ogni caso la tabella di verita’ identifica tutte le combinazioni possibili di V o F per ogni data proposizione.

23 Tabelle di Verita’ Negazione
Congiunzione: P ∧ Q denota la proposizione “P e Q”

24 Tabelle di Verita’ Disgiunzione: P ∨ Q denota la proposizione “P or Q” inteso come “P e/o Q” Condizionale: P ⇒ Q denota la proposizione “P implica Q” Bi-condizionale: P ⇔ Q denota la proposizione “P se e solo se Q”

25 Logica Proposizionale
In generale quindi abbiamo le seguenti enunciazioni di verita’: ˜P ha il valore di verita’ opposto a P (not) P ∧ Q e’ vero solo quando sia P che Q sono veri (and) P ∨ Q e’ vero se almeno uno di P e Q e’ vero (or) P ⇒ Q e’ vero a meno che P e’ vero e Q e’ falso (implica) P ⇔ Q e’ vero se P e Q hanno gli stessi valori di verita’ (doppia implicazione) E’ quindi un gioco sintattico, simbolico. L’obiettivo e’ costruire formule ben formate. Per esempio: ˜ ∧ P Non e’ una formula ben formata perche’ non si deriva da una combinazione logica delle formule elementari, mentre ˜ P ∧ Q ⇒ S e’ una formula ben formata

26 Logica Proposizionale
Prendiamo un semplice e sempio dell’uso della tabella di verita’. Supponiamo che un nostro amico arrivi dicendo , facendo la proposizione : “ho preso la patente quindi so guidare”, con “prendere la patente=Q” e “sapere guidare=P”, in pratica: P ⇒ Q arriva poi un secondo amico che dice “so guidare quindi ho preso la patente” ”, con “prendere la patente=Q” e “sapere guidare=P”, in pratica: Q ⇒ P Come facciamo a valutare la verita’ delle proposizioni dei due amici? Confrontando le due tabelle di verita’

27 Logica Proposizionale
P ⇒ Q Q ⇒ P P Q P ⇒ Q V F P Q Q ⇒ P V F

28 Logica Proposizionale
In pratica, chiedendomi se sono vere entrambe mi chiedo se le due propodizioni P ⇒ Q “ho preso la patente quindi so guidare” e Q ⇒ P “so guidare quindi ho preso la patente” sono equivalenti. Abbiamo ricostruito le tabelle di verita’ delle due proposizioni. Sono Simmetriche, ma le due proposizioni hanno tabelle di verita’ diverse. Quindi se la prima proposizione e’ vera (la ssumiamo vera per ipotesi) , la seconda non puo’ essere vera.

29 Metodi di Prova Praticamente l’essenza di ogni prova matematica e’ una dimostrazione della verita’ dell’implicazione P⇒Q. A questo fine, la prima scelta che abbiamo e’ quella di provare la proposizione diretta condizionale P⇒Q o il suo contrario ˜P⇒˜Q . Queste enunciazioni sono logicamente equivalenti, in altre parole: (P ⇒ Q) ⇔(˜Q ⇒˜P) E’ una tautologia, infatti per ogni assegnazione dei valori di verita’ per P e Q, questa proposizione ha sempre il valore di verita’ “vero”.

30 Metodi di Prova In alcune prove, la proposizione diretta comporta una maggiore facilita’ di prova mentre in altri il metodo contrario funziona meglio, per alcune proposizioni poi entrambi funzionano bene e in altre entrambi falliscono miseramente. L’unica regola generale e’: se il metodo che stai usando fallisce, prova con l’altro. L’esperienza fatta di successi e fallimenti aumenta le possibilita’ di riconoscere il metodo migliore. Per esempio, supponiamo di volere provare P⇒Q dove: P:a=b Q: a²=b²

31 Metodi di Prova Il metodo diretto di prova potrebbe procedere cosi’ :
 a = b ⇒ [a² = ab ..e.. ab = b²] ⇒ a² = b² il metodo di prova contrario procede identificando prima la negazione della proposizione ˜P: a ≠ b ˜Q: a² ≠ b² Costruendo la prova come ˜Q⇒a² - b² ≠ 0 ⇒(a + b)(a - b) ≠ 0 ⇒[(a + b) ≠ 0 ..e.. (a - b) ≠ 0] ⇒ a ≠ b

32 Logica Matematica La logica matematica, in senso stretto, è il settore della matematica che studia i sistemi formali dal punto di vista del metodo di codifica dei concetti intuitivi della dimostrazione e del calcolo. Logica matematica è il nome assegnato da Giuseppe Peano a quella che era nota anche come logica simbolica o formale. In buona sostanza è ancora la logica di Aristotele, ma si pone da un punto di vista che considera l’insieme delle proprie regole e metodologie con la quale viene costruita come branca dell'algebra. Alcuni tentativi di trattare le operazioni delle logica formale con modalità simboliche o algebriche furono effettuati da alcuni dei matematici con attitudini filosofiche più spiccate, come Leibniz e Lambert; i loro sforzi però rimasero isolati e quasi sconosciuti. Furono George Boole e il suo continuatore De Morgan che, intorno alla metà del XIX secolo, proposero modalità matematiche sistematiche per il trattamento della logica. In tal modo la dottrina tradizionale, aristotelica, della logica veniva completata; inoltre veniva cosi’ sviluppato uno strumento adeguato per l'indagine dei concetti fondamentali della matematica.

33 Logica Matematica Sebbene molti siano indotti a pensare che la logica matematica sia la matematica della logica, è più giustificato affermare che essa è la logica applicata alla matematica. Essa si occupa delle parti della logica che possono essere modellate matematicamente. Come evidente dagli esempi precedenti, l’obiettivo della logica matematica e’ quello di definire e sviluppare le proprieta’ di sistemi deduttivi che sono svincolati dal contesto. Lo scopo e’ eliminare ogni legame col contesto e tutto quello che e’ familiare in una data teoria per esaminarne la struttura logica di una teoria matematica generale e non specifica. Le aree principali della logica matematica includono la teoria dei modelli e la teoria della dimostrazione. A queste viene aggiunta anche la teoria degli insiemi che ha molte sovrapposizioni con l’informatica Lo studio della semantica dei linguaggi di programmazione è derivato dalla teoria dei modelli.

34 Applicazioni in Finanza
Le applicazioni alla finanza della logica matematica discusse in questa parte sono sia specifiche che generali. Ci sono molti casi specifici in finanza in cui si deve produrre la prova di un risultato . Spesso il contesto per questa prova non e’ un teorema enunciato formalmente . La prova e’, piu’ o meno, un’applicazione o un adattamento di una certa teoria a situazione non anticipate specificatamente dalla teoria o interamente fuori dal contesto anticipato. In alternativa si puo’ sviluppare e testare la validita’ di una varieta’ di implicazioni ipotetiche che sembrano ragionevoli nel contesto dato. L’investigazione qui cercata richiede un processo molto formale di derivazione, deduzione logica, e prova e gli esempi forniti in precedenza possono essere utili per questo scopo.

35 Applicazioni in Finanza
La proposizione Q e’ “io diventero’ ricco in modo imbarazzante poiche’ i profitti inizieranno ad arrivare immediatamente e in misura sostanziosa” Ovviamente il “quant” inesperto commette un errore nella prova della proposizione P⇒Q usando un insieme sbagliato di strumenti o non identificando i rischi che esistono. La domanda che spesso smonta il castello spesso e’: “che grado di sicurezza hai che i titoli siano scambiabili ai prezzi ipotizzati?” In altre parole : “quanto sei sicuro che P sia vera?” La risposta deriva da un’analisi logica dei seguenti argomenti usando sillogismi: se l’arbitraggio dei quants inesperti funzionasse… ci sarebbero numerosi quants inesperti enormemente ricchi … se potessero tradare ai prezzi ipotizzati… i loro arbitraggi funzionerebbero. Non ci sono quants inesperti enormemente ricchi.

36 Applicazioni in Finanza
Una tabella della verita’ puo’ spesso essere usata per investigare la validita’ di una sottile derivazione logica che coinvolge una serie di implicazioni e fornire un approccio alternativo al risultato desiderato.  Un semplice esempio e’ il principio di arbitraggio che tende ad affascinare chi si avvicina alla finanza quantitativa. In un arbitraggio, si puo’ impostare un’operazione che e’ senza rischio per un certo periodo di tempo e con aspettative positive di produrre un profitto alla fine del periodo e nessuna possibilita’ di perdita. Inevitabilmente, avvicinandosi al trading quantitativo si sviluppano calcoli dettagliati, complessi che identificano arbitraggi nei mercati finanziari. In altre parole questi modelli sono articolate derivazioni della verita’ dell’enunciato P⇒Q , dove, in questa particolare applicazione P e’ l’enunciato “ io vado al rialzo e al ribasso su diversi strumenti ai prezzi di mercato che vedo sui giornali o online”

37 Numeri e Funzioni I numeri naturali
I numeri naturali sono i primi numeri che impariamo. Quando contiamo, partiamo dal numero uno e recitiamo i nomi dei numeri in successione. Questa semplice descrizione ci indica quali siano le proprieta cruciali dei naturali numeri : c'e un primo numero naturale,

38 I numeri naturali I numeri naturali sono i primi numeri che impariamo.
Quando contiamo, partiamo dal numero uno e recitiamo i nomi dei numeri in successione. Questa semplice descrizione ci indica quali siano le proprieta cruciali dei naturali numeri : c'e un primo numero naturale per ogni numero naturale, c'e il numero naturale successivo, o in altre parole, un successore.

39 I numeri naturali I numeri naturali sono i primi numeri che impariamo.
Quando contiamo, partiamo dal numero uno e recitiamo i nomi dei numeri in successione. Questa semplice descrizione ci indica quali siano le proprieta cruciali dei naturali numeri : c'e un primo numero naturale per ogni numero naturale, c'e il numero naturale successivo, o in altre parole, un successore nessun numero naturale e il suo successore.

40 I numeri naturali I numeri naturali sono i primi numeri che impariamo.
Quando contiamo, partiamo dal numero uno e recitiamo i nomi dei numeri in successione. Questa semplice descrizione ci indica quali siano le proprieta cruciali dei naturali numeri : c'e un primo numero naturale per ogni numero naturale, c'e il numero naturale successivo, o in altre parole, un successore nessun numero naturale e il suo successore.

41 I numeri naturali I numeri naturali sono i primi numeri che impariamo.
Quando contiamo, partiamo dal numero uno e recitiamo i nomi dei numeri in successione. Questa semplice descrizione ci indica quali siano le proprieta cruciali dei naturali numeri : c'e un primo numero naturale per ogni numero naturale, c'e il numero naturale successivo, o in altre parole, un successore nessun numero naturale e il suo successore. nessun numero naturale ha piu di un successore.

42 I numeri naturali I numeri naturali sono i primi numeri che impariamo.
Quando contiamo, partiamo dal numero uno e recitiamo i nomi dei numeri in successione. Questa semplice descrizione ci indica quali siano le proprieta cruciali dei naturali numeri : c'e un primo numero naturale per ogni numero naturale, c'e il numero naturale successivo, o in altre parole, un successore nessun numero naturale e il suo successore. nessun numero naturale ha piu di un successore. nessun numero naturale e il successore di piu di un numero naturale

43 I numeri naturali I numeri naturali sono i primi numeri che impariamo.
Quando contiamo, partiamo dal numero uno e recitiamo i nomi dei numeri in successione. Questa semplice descrizione ci indica quali siano le proprieta cruciali dei naturali numeri : c'e un primo numero naturale per ogni numero naturale, c'e il numero naturale successivo, o in altre parole, un successore nessun numero naturale e il suo successore. nessun numero naturale ha piu di un successore. nessun numero naturale e il successore di piu di un numero naturale solamente il numero 1 non e il successore di alcun numero

44 I numeri naturali I numeri naturali sono come una scala.
Se si sa come salire sul primo gradino della scala e come passare da un gradino al successivo, allora si puo raggiungere ogni gradino. Questo e la idea base del principio di induzione, che permette di studiaremolte proprieta dei numeri naturali. L'insieme dei numeri naturali viene indicato con :

45 Operazioni tra numeri naturali
Possiamo addizionare due naturali numeri e otteniamo sempre un altro numero naturale. La sottrazione, invece, non e sempre possibile tra numeri naturali. Per esempio, non posso sottrarre 20 da 15 e ottenere un numero naturale. Possiamo sempre moltiplicare due numeri naturali e ottenere altro numero naturale. Per la divisione, questo non e sempre vero. Per esempio non posso dividere 3 per 10 e ottenere altro numero naturale. Quindi, per quanto riguarda la sottrazione e la divisione, i numeri naturali non sono adeguati.

46 I numeri interi Primo rimedio
Per poter effettuare sempre la sottrazione, sono stati aggiunti ai numeri naturali, lo zero e i numeri negativi. Si ottengono in questo modo i numeri interi. L'addizione, la sottrazione, la moltiplicazione, e la divisione si estendono facilmente ai numeri interi. Ogni numero ha ancora un successore, ma non c'e piu un primo numero, l'insieme degli interi non ha minimo. Sicuramente pero si puo sottrarre ogni intero da ogni altro intero e ottenere ancora come risultato un intero.

47 I numeri razionali Secondo rimedio
Per poter effettuare sempre la divisione, sono stati introdotti i numeri razionali, cioe frazioni (i numeri decimali periodici) Di nuovo l'addizione, la sottrazione, la moltiplicazione, e la divisione si estendono facilmente a questo sistema espanso. Dobbiamo pero abbandonare l'idea che ogni numero abbia un successore. Ma in compenso, possiamo dividere ogni razionale per ogni altro razionale (tranne zero) e ottenere come risultato un razionale . L'insieme dei numeri razionali viene indicato con il simbolo

48 Proprieta’ d’ordine Come per le quattro operazioni, la relazione di ordine (essere maggiore di o minore di ) tra numeri naturali (ad esempio 8 > 5 o 5 < 8) si estende facilmente agli interi e ai razionali. Si puo’ quindi dire quando un numero e compreso tra altri due. Se consideriamo due numeri interi, uno dei quali e un successore dell'altro, ad esempio la coppia 5 , 6 o la coppia -4, -3, non esiste alcun numero intero tra di essi. Ma nei razionali c'e un numero tra ogni due numeri razionali distinti, ad esempio la loro media aritmetica. Di piu, ce ne sono infiniti. Questa proprieta’ e chiamata densita’ di Questo significa che si possono scegliere due razionali distinti tanto vicini quanto si vuole.

49 I numeri razionali non bastano
Con i numeri razionali abbiamo ottenuto un sistema di numeri abbastanza utili. Si puo’ operare su due razionali con tutte e quattro le operazioni, e con l'eccezione di dividere per zero, si ottiene un altro razionale. Se si vuole operare con funzioni quali radice quadrata o se si vuole semplicemente calcolare la lunghezza di una circonferenza o l'area di un cerchio, i razionali non sono piu’ sufficienti.

50 I decimali finiti Se si scrive una cifra dopo la virgola al primo posto signica che si considerano i decimali: 1,4 = 1+ 4/10 Se si scrive una cifra dopo la virgola al secondo posto signica che si considerano i centesimi: 1,41 = 1+ 41/100 Analogamente si ha per il terzo posto dopo la virgola: 1,414 = /1000 e cosi’ via. In generale se un decimale occupa sino all'n-esimo posto dopo la virgola, dobbiamo fare una divisione usando le cifre a destra della virgola poste al numeratore e 10 alla n come denominatore. Cosi’ si capisce immediatamente che i numeri decimali finiti sono tutti numeri razionali.

51 I decimali periodici Non tutti i razionali possono essere espressi come decimali niti. Il numero 1/3 e chiaramente un razionale, ma non puo essere espresso mediante un decimale nito; si puo scrivere come un decimale innito le cui cifre si ripetono: 1,33333….. (1,3 periodico). Qua entra il concetto di limite. Si puo troncate la successione di 3 ad ogni punto e ottenere: E non e la sola successione di razionali che converge a 1/3.Ecco due altre successioni che convergono ad 1/3 Ogni numero razionale puo essere scritto o come un decimale finito, o come decimale infinito periodico.

52 I decimali non periodici e i numeri reali
I decimali infiniti non periodici rappresentano i numeri irrazionali I numeri che ammettono una rappresentazione decimale finita oppure infinita e periodica sono i numeri razionali, quelli con forma decimale infinita non periodica sono i numeri irrazionali. I numeri reali sono tutti i numeri che ammettono una qualunque rappresentazione decimale. L'insieme dei numeri reali viene indicato con il simbolo

53 I numeri irrazionali Tra i numeri irrazionali ve ne sono alcuni molto famosi ed importanti: I primi due sono ben noti dalle scuole superiori, il numero e e’ anche chiamato numero di Nepero ed e il limite della successione: Calcoliamo qualche termine di questa successione:

54 Valore assoluto di un numero reale
Se a e un numero reale, il modulo (o valore assoluto) di a e un numero reale non negativo, che indichiamo con |a|. Avremo spesso a che fare con il modulo di una espressione, ad esempio 3-x. Si avra’: Notiamo che |3-x| = |x-3|, visto che l'unica differenza nella defnizione si ha per x = 3, ma in questo caso x-3 = 3-x = 0

55 Sistema di ascisse sulla retta reale
Su una retta si fissa un sistema di riferimento considerando: Il segmento OU e la unita di misura del sistema fissato. In questo modo viene denita una corrispondenza biunivoca fra tutti i punti della retta ed i numeri reali, nel senso che ad ogni punto di tale retta corrisponde uno e un solo numero reale. Tale numero(detto detto ascissa del punto) in valore assoluto individua la distanza dall'origine nell'unita di misura scelta,inoltre e positivo se il punto si trova a destra di O e negativa altrimenti. Viceversa, ad ogni numero reale corrisponde uno e un solo punto della retta euclidea.

56 Intervalli reali Si chiamano intervalli i seguenti sottoinsiemi di :

57 Le coordinate cartesiane sul piano
è l'insieme delle coppie ordinate di numeri reali e la sua rappresentazione geometrica è il piano. Il sistema più ampiamente usato nel piano e quello delle coordinate cartesiane, basato su un insieme di assi perpendicolari tra loro. Queste coordinate prendono il nome da Descartes (Cartesio), un filosofo e scienziato francese che nel '600 ideo un modo di "etichettare" ogni Punto di un piano con una coppia di numeri. Il sistema e basato su 2 linee rette ("assi"), perpendicolari tra loro, su ciascuna delle quali e fissato un sistema di ascisse, con origine nel punto in cui esse si incontrano e con la stessa unita di misura.

58 L'ascissa sull'asse orizzontale e indicata con la lettera x, e sull'altro asse con y. Dato quindi un punto P, si tracciano da esso le parallele agli assi, e i valori x e y sulle intersezioni definiscono completamente il punto. In onore di Cartesio, questo modo di etichettare i punti e noto come sistema cartesiano e i due numeri (x;y) che definiscono la posizionedi ogni punto sono le sue coordinate cartesiane. Nei grafici e spesso usato questo sistema.

59 Numeri complessi Con l'espressione numero complesso si intende un numero formato da una parte immaginaria e da una parte reale. Può essere perciò rappresentato dalla somma di un numero reale e di un numero immaginario (cioè un multiplo dell'unita’ immaginaria, indicata con la lettera i). I numeri complessi sono usati in tutti i campi della matematica, in molti campi della fisica In matematica, i numeri complessi formano un campo e sono generalmente visualizzati come punti del piano, detto piano complesso. La proprietà più importante che caratterizza i numeri complessi è il teorema fondamentale dell’algebra, che asserisce che qualunque equazione polinomiale di grado n ha esattamente n soluzioni complesse, non necessariamente distinte L'insieme dei numeri complessi viene indicato con il simbolo

60 Numeri complessi L’insieme dei numeri complessi puo’ essere definito come: il termine a e’ la parte reale di z, indicato con (z) e il termine b e’ chiamato la parte immaginaria di z e viene indicato come Im(z) Il valore assoluto di z ,rappresentato come |z|, viene definito come: dove la radice quadrata e’ assunta positiva per convenzione.

61 Rappresentazione dei Numeri Complessi
La rappresentazione piu’ comune dei numeri complessi e’ in uno spazio reale bidimensionale , su un piano cartesiano , gia’ indicato con Cosi’ Re(z) e’ rappresentato sull’asse delle ascisse x e Im(z) sulle ordinate y. Il valore assoluto di z puo’ essere visto come una generalizzazione del valore assoluto di x, |x|, per x reale: Dove, ancora, la radice e’ positiva per convenzione. Questo valore assoluto puo’ essere interpretato come la distanza tra x e l’origine. Similmente |z| e’ la distanza del punto z=(a,b) dall’origine., (0,0) applicando il teorema di Pitagora (In un triangolo rettangolo, l'area del quadrato costruito sull'ipotenusa è equivalente alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui due cateti) col triangolo rettangolo che ha lati |a| e |b|. Nella figura viene preso il caso in cui a>0 e b>0

62 Rappresentazione dei Numeri Complessi
Nella figura viene preso il caso in cui a>0 e b>0 Dal teorema di Pitagora :

63 Applicazioni in Finanza Sistemi numerici
Sembrera’ ovvio, ma alla fine, la finanza si occupa di denaro, in una o piu’ divise, e il denaro e’ una questione di numeri. In effetti, la finanza allora sembrerebbe riguardare solo I numeri razionali, dopo tutto, chi ha mai realizzato , in un’operazione un profitto pari alla radice quadrata di 200 euro? D’altra parte, quando si ha a che fare con tassi di rendimento o quando si devono risolvere problemi in finanza e le relative equazioni, il solo insimee dei numeri razionali non e’ sufficiente. Per esempio, se un investimento e’ raddoppiato in n anni, il tasso implicito di rendimento e’ irrazionale per ogni numero naturale n>1. Con n=5 e un investimento iniziale di 1000 euro, risolviamo la seguente equazione :

64 Applicazioni in Finanza
Questa e’ teoria, ma nessuno vuole un tasso di rendimento cosi’ espresso. Si puo’ approssimare ad un numero razionale pari a 14.87% o se dobbiamo fare colpo %. La maggior parte di noi sarebbe soddisfatta con tale livello di approssimazione, ma quando l’investimento, per ammontare, e’ sufficientemente grande, cominciamo a vedere differenze. Per esempio, usando un tasso di rendimento r= avremo un errore positivo di euro, investendo un milione di euro. Quando gli investimenti riguardano milioni o miliardi di euro, questi errori di approssimazione creano ambiguita’ ed e’ necessaria una convenzione. In altre parole, se se risolviamo un equazione e usiamo un’approssimazione razionale, la soluzione nor produrra’ l’effetto deisderato se non nel caso di importi piccoli in cui l’arrotondamento riguarda un’unita’ (un euro, un dollaro)

65 Applicazioni in Finanza
Quindi, I numeri reali non sono sufficienti? Probabilmente no e c’e’ una Diffidenza verso i numeri complessi che e’ certamente rafforzato dalla mancanza di familiarita’ con questi e aggravato dall’ambigua definizione “numeri immaginari” contro I numeri reali. Consideriamo ora alcune strategie d’investimento che possono produrre un saldo negativo finale dei fondi investiti. Per esempio, un hedge fund manager con 100 milioni di euro di capitale e’ a leva 10:1 sta investendo 1.1 miliardi in varie strategie, una delle quali perde 20 milioni in un investimento iniziale di 10. Qual’e’ il rendimento del fondo su questa strategia? Il broker chiedera’ margini per quella strategia, quindi il saldo negativo finale del fondo si riflettera’ nella riduzione del margine e del capitale del fondo. Si possono definire strategie d’investimento in derivati andando long e short su commodities o altri sottostanti o sviluppare altre strategie long/short in opzioni.

66 Applicazioni in Finanza
Investendo 100 euro con un un saldo finale a delivery o alla data di esercizio pari a -100, di nuovo osserviamo una riduzione del margine di 100 euro. Potremmo semplicemente dire che il rendimento e’ pari a -200% o un rendimento periodico r=2 D’altra parte se si desidera esprimere il =rendimento su una base annuale ci sono difficolta’. Per esempio, sel’investimento e’ durato un mese il rendimento annuale sara’: che non ha soluzioni in ma ha 12 soluzioni distinte in Da notare come elevando a potenza abbiamo una illusoria via d’uscita da

67 Applicazioni in Finanza
Tuttavia mentre r=0 risolve l’equazione trasformata algebricamente, non risolve l’equazione originale. Se invece il rendimento e’ stato realizzato in un anno e abbiamo cercato di determinare il rendimento di questo investimento su una base mensile otteniamo: Un rendimento decisamente complesso e di nuovo, avra’ 12 soluzioni distinte in Quindi qual’e’ la risposta corretta? Ognuno dei 12 valori di e’ il rendimento complesso su una base mensile e ci sono 12 possibili rendimenti complessi che possono essere articolati su una base annuale. Per stare sul sicuro, la notazione corrente sara’ che il rendimento e’ stato pari a r=-200% “nel periodo”

68 Le Funzioni Dati gli insiemi X e Y non vuoti, si chiama funzione (o applicazione,o trasformazione) da X in Y un sottoinsieme f del prodotto cartesiano (il prodotto cartesiano di due insiemi A e B è l'insieme delle coppie ordinate (a,b) con a in A e b in B) X x Y tale che per ogni x ∈ X , esiste uno ed un solo Elemento y ∈ Y tale che (x,y) ∈ f . Tale elemento tradizionalmente si denota con f(x). Invece di (x,y) ∈ f , possiamo scrivere y = f(x) una funzione o applicazione è definita da: Un insieme X detto dominio della funzione f un insieme Y detto codominio della funzione f una legge che ad ogni elemento x in X associa uno ed un solo elemento y in Y. Tale unico elemento è indicato con f(x).

69 Le Funzioni x è l'argomento della funzione, oppure un valore della variabile indipendente, mentre y o f(x) è un valore della variabile dipendente della funzione. In ambito geometrico si usano i sinonimi "trasformazione" e "mappa"; quando si trattano spazi vettoriali si usa talvolta il sinonimo "operatore". Le funzioni hanno un ruolo molto importante in tutte le scienze esatte. Il concetto di dipendenza funzionale tra due grandezze sostituisce infatti, all'interno delle teorie fisiche e matematiche, quello di causa-effetto, che al contrario del precedente non riguarda gli enti teorici ma direttamente gli elementi della realtà concreta.

70 Le Funzioni Da un punto di vista insiemistico, la definizione appare piu’ semplice: “una relazione tra due insiemi A e B e’ una funzione se ad ogni elemento di A associa uno e un solo elemento di B”

71 Le Funzioni Quindi: Una relazione  f  fra due insiemi  A  e  B  si dice che è una funzione se soddisfa le seguenti due condizioni :         - 1 -    D(f) = A                    cioè il dominio della relazione deve essere uguale al primo insieme  A         - 2 -    ogni elemento del dominio deve avere un solo elemento corrispondente (detto anche immagine) nel codominio Le funzioni sono quindi dei particolari tipi di relazione, cioè una funzione è una relazione mentre una relazione non è in generale una funzione. Per esserlo, una relazione, deve soddisfare le due  condizioni precedenti.

72 Le Funzioni Le funzioni sono quindi dei particolari tipi di relazione, cioè una funzione è una relazione mentre una relazione non è in generale una funzione. Per esserlo, una relazione, deve soddisfare le due condizioni precedenti.                    la relazione  f  indicata nel grafico non è una funzione perché il dominio di  f  non è  uguale ad  A .

73 Le Funzioni anche in questo caso la relazione  f   non è una funzione perché l'elemento  c  di  A   ha due immagini.                    la relazione  f  è in questo caso una funzione.

74 Le Funzioni Le funzioni possono avere anche due variabili indipendenti. In questo caso vengono simbolicamente indicate dall'espressione :          z = f(x, y) dove le variabili  x  ed  y  , le variabili indipendenti appunto, possono assumere valori qualunque mentre  la variabile dipendente  z  è ottenuta di conseguenza calcolando l'espressione matematica che caratterizza  la funzione. individuato un insieme di coppie ordinate  (x, y), per ciascuna di queste coppie calcoliamo il valore  z = f(x, y) . Otteniamo quindi, per ogni coppia  (x, y)  un numero  z  . Immaginiamo allora che questo numero  z  sia la "quota" di ciascuna coppia  (x, y) . Otterremo allora una superficie dello spazio. 

75 Le Funzioni Classificazione nell’ambito dell’analisi matematica
Funzioni Continue L'idea intuitiva che sta dietro alla nozione matematica di funzione continua è quella di una funzione f(x) per cui a variazioni sempre più piccole di un punto x del dominio corrispondono variazioni sempre più piccole dell’immagine f(x). Se ne può tracciare il grafico senza mai staccare “la matita dal foglio”, il grafico di una funzione continua è “connesso” e non presenta salti , tuttavia in generale il grafico può avere una struttura talmente complessa che è umanamente impossibile disegnarlo, come nel caso dellafunzione di Cantor o di sen(1 / x). Nel caso di funzioni con dominio e codominio nell'insieme dei numeri reali si può dare una definizione di funzione continua a partire dal concetto di limite di una funzione . Dato un punto reale x0 nell'insieme di definizione di una funzione f, essa si definisce continua in x0 se il suo limite per x tendente a x0 coincide con il suo valore in x0, ovvero con f(x0). In simboli:

76 Le Funzioni Funzioni Monotone
Le funzioni sono dette monotòne se mantengono l'ordinamento. In analisi spesso si parla di funzioni monotone crescenti e monotone decrescenti. Sia f:P ⇒ Q una funzione tra due insimei P e Q . La funzione f si dice monotona se , per ogni X1 ≤ X2 , allora f(X1) ≤ f(X2 ) Detto in altri termini, una funzione monotona conserva l'ordinamento. In analisi di solito non è necessario utilizzare i metodi astratti della teoria degli ordini. Prendendo spunto dalla forma che ha il grafico di una funzione monotona sui numeri reali, le funzioni che possiedono la proprietà sopra enunciata vengono anche chiamate monotone crescenti (o monotone non decrescenti). Analogamente, una funzione viene detta monotona decrescente (o monotona non crescente) se, per ogni X1 ≤ X2 , allora f(X1) ≥ f(X2 ) ,cioè se inverte l'ordinamento. Se la relazione d'ordine ≤ nella definizione di monotonia è sostituita dalla relazione d'ordine stretto <, allora si richiede una proprietà più forte. Una funzione che gode di questa proprietà viene detta strettamente crescente. Anche in questo caso, invertendo il simbolo di ordinamento, si può ottenere il concetto di funzione strettamente decrescente.

77 Le Funzioni Funzioni Concave
Sia f una funzione reale, diciamo che f `e convessa se per ogni coppia di punti (x0, f(x0)) e (x1, f(x1)) del suo grafico si ha che il segmento congiungente i due punti sta tutto sopra la porzione di grafico compresa tra (x0, f(x0)) e (x1, f(x1)). Questo pu`o essere espresso dalla formula :

78 Le Funzioni Funzioni Concave
Definizione Sia f una funzione reale, diciamo che f è concava se per ogni coppia di punti (x0, f(x0)) e (x1, f(x1)) del suo grafico si ha che il segmento congiungente i due punti sta tutto sotto la porzione di grafico compresa tra (x0, f(x0)) e (x1, f(x1)). Questo pu`o essere espresso dalla formula

79 Le Funzioni Funzioni Polinomiali
Un polinomio è una espressione con costanti e variabili combinate usando soltanto somma, sottrazione e moltiplicazione . Un polinomio tipico, cioè ridotto in forma normale, è la somma algebrica di alcuni monomi non simili tra loro, cioè con parti letterali diverse. Ad esempio: è la somma di tre monomi. Ciascun monomio è chiamato termine del polinomio. Le costanti sono anche chiamate "coefficienti" . Quando valutati in un opportuno dominio , i polinomi possono essere interpretati come funzioni . Ad esempio, il polinomio: definisce una funzione reale di variabile reale.

80 Le Funzioni Funzioni Esponenziali
La funzione esponenziale è una delle più importanti funzioni in matematica , definita per ogni x appartenente all'insieme dei numeri reali.La sua proprietà fondamentale è che la derivata della funzione esponenziale f(x) = ex è se stessa. Si indicano, a volte, come funzioni esponenziali tutte quelle della forma kax, dove a, chiamato base, è un numero reale positivo. Questa voce si concentrerà inizialmente sulla funzione esponenziale di base e (costante,numero neperiano, numero irrazionale approssimato 2,71828 ….) La funzione esponenziale ex può essere definita in due modi equivalenti, come limite della successione : o come somma della serie:

81 Le Funzioni Funzioni di Probabilita’
Nella teoria della probabilita’ , la funzione di probabilità pX(x), o funzione di massa di probabilità, o densità discreta di una variabile casuale discreta X è una funzione di variabile reale che assegna ad ogni valore possibile di X la probabilità dell’evento elementare (uno dei possibili esiti di un esperimento) (X = x). Data una variabile casuale discreta , la funzione di probabilità è la funzione Nel caso in cui la variabile casuale X sia continua si utilizza la funzione di densita’ di probabilita’

82 Le Funzioni Funzioni di Densita’ di Probabilita’
Una funzione di densità di probabilità ( dall'inglese probability density function) è la funzione di probabilita’ di una variabile casuale nel caso in cui la variabile casuale X sia continua. Essa descrive la "densità" di probabilità in ogni punto nello spazio Campionario . La funzione densità di probabilità di una variabile casuale X è l'applicazione pX(x) non negativa integrabile e reale tale che la probabilità dell'insieme A sia data da: per tutti i sottinsiemi A dello spazio campionario . Questo implica che l'integrale su tutto lo spazio di pX(x) deve essere 1. Di conseguenza ogni funzione non negativa, integrabile, con integrale su tutto lo spazio uguale a 1, è la funzione densità di probabilità di una ben definita distribuzione di probabilità.

83 Proprieta’ L'associatività (o proprietà associativa) è una proprietà che può avere una operazione binaria . Significa che l'ordine di valutazione è irrilevante se l'operazione appare più di una volta in una espressione. Detta in altro modo, non sono richieste parentesi per un'operazione associativa. Si consideri ad esempio l'uguaglianza (5+2)+1 = 5+(2+1) Sommando 5 e 2 si ottiene 7, e sommando 1 si ottiene il risultato 8 per il membro a sinistra. Per valutare il membro a destra, si inizia a sommare 2 e 1 ottenendo 3, e quindi si somma 3 e 5 per ottenere 8 ancora. Quindi l'uguaglianza è verificata. Di fatto è verificata per tutti i numeri reali, non solo per 5, 2, e 1. Diciamo che "l'addizione nell'insieme dei numeri reali è un'operazione associativa".

84 Proprieta’ Un ‘operazione binaria (è una funzione che richiede due argomenti dello stesso insieme X ) definita su un insieme S è commutativa se per ogni coppia di elementi x e y in S. Se questa proprietà non è valida per ogni coppia di elementi, l'operazione è quindi detta non commutativa. Due elementi x e y commutano se x * y = y * x. Quindi l'operazione * è commutativa se e solo se due elementi di S commutano sempre. l'elemento neutro è una proprietà che può avere una operazione binaria: è l'elemento componendo il quale "non si modifica nulla". È sinonimo di elemento neutro il termine unita’ .Formalmente, un'operazione binaria * su Un insieme X è detta possedere l'elemento neutro e se soddisfa la relazione: a * e = e * a = a

85 binarie che generalizza la legge distributiva valida per la somma e la
Proprieta’ la distributività (o proprietà distributiva) è una proprietà delle operazioni binarie che generalizza la legge distributiva valida per la somma e la moltiplicazione tra i numeri dell’algebra elementare. Dato un insieme S e due operazioni binarie e + su S, diciamo che: l'operazione * è distributiva a destra rispetto all'operazione + se, dati gli elementi x, y, e z di S, l'operazione * è distributiva a sinistra rispetto all'operazione + se, dati gli elementi x, y, e z di S: l'operazione * è distributiva rispetto all'operazione + se è sia distributiva a destra che distributiva a sinistra.

86 Applicazioni in Finanza Funzioni
Le funzioni sono ovunque! Non solo in finanza, ma in ogni branca delle scienze naturali e sociali. Questo perche’ praticamente tutti I settori della ricerca contengono formule che descrivono le relazioni fra le quantita’ provabili in teoria o basate sull’osservazione e considerate in grado di approssimare modelli di una teoria sottostante. Dietro ogni formula e’ nascosta una funzione. La differenza tra una formula e una funzione dipende solo dall’obbiettivo di chi la usa. Per esempio, se cerchiamo l’area di cerchio con raggio r=2, noi richiamiamo la formula che: e’ area uguale a pgreco volte il raggio al quadrato, arrivando a calcolare un area uguale a circa Se invece cerchiamo di capire la relazone tra il raggio e l’area , la prospettiva e’ rivola ad una funzione:

87 Funzioni del Valore Attuale
Se e’ dovuto un pagamento di 100 euro in cinque anni , il valore ad oggi o valore attuale puo’ essere rappresentato come una funzione del tasso di interesse annuale r: Che puo’ essere generalizzo al pagamento di F dovuto in n anni come: In termini generali, se la serie dei pagamenti di ammontare F e’ dovuta alla fine di ognuno dei prossimi n anni, il valore attuale puo’ essere rappresentato come una funzione di un tasso annuale :

88 Funzioni del Valore Accumulato
Se un investimento di F al tempo 0 e’ accumulato per n anni ad un tasso di interesse annuale r, il valore accumulato al tempo n e’ dato da: Il valore accumulato al tempo n di una serie di investimenti di ammontare F alla fine di ognuno dei prossimi n anni, puo’ essere rappresentato come:

89 Funzioni di conversione del tasso di interesse nominale
I mercati finanziari richiedono spesso l'uso di basi di tasso di interesse per i quali la frequenza di capitalizzazione è diversa da quella annuale. Il sistema convenzionale è quello di tassi di interesse nominali tassi, per cui i tassi sono indicati su base annuale, ma i calcoli sono eseguita nel modo che ora vedremo, generalizzando l'esempio mensile tasso nominale di cui sopra. Un tasso di interesse del 6% su base mensile, o semplicemente del 6% mensile,non significa che il 6% è pagato ogni mese, ma è la convenzione di mercato per esprimere che lo 0,5% viene pagato o ha guadagnato in un mese. Allo stesso modo l'8% Semestrali significa 4% per semestre, e così via. Di conseguenza si può introdurre la nozione di tasso r, su base nominale mensile

90 Funzioni di conversione del tasso di interesse nominale
Tassi di interesse nominali semplifica l'espressione e il calcolo dei valori presenti e accumulato nel caso di pagamento diversi da quelli annuali. Ad esempio, i pagamenti delle cedole su un bond, negli Stati Uniti, sono fatti tipicamente semestralmente. Se i pagamenti di F (cash Flow) sono semestrali per n anni , il valore attuale è esprimibile in termini di tasso annuale come: o piu’ semplicemente in termini di tasso semiannuale come: rendendo piu’ flessibile l’applicazione delle funzioni del valore attuale e del valore accumulato

91 Equivalenza di tassi nominali
Ora si può introdurre la nozione di equivalenza dei tassi nominali, il che significa che l’accumulazione o il pagamento alla valutazione attuale utilizzando tassi equivalenti producono lo stesso risultato . Se rm è su base mensile nominale, e rn è su base n- esima nominale, affinché il valore attuale di F pagato al momento N (in anni) sia equivalente con lo stesso tasso occorre che: e possiamo quindi concludere che il concetto di equivalenza è indipendente dal flusso F di cassa e dal periodo di tempo N. L'identità risultante tra rn e rm pari a quella prodotta usando valori accumulati piuttosto che valori attuali. Questa identità tra rn e rm può essere convertito in una funzione come rm (rn). Per ogni rn nominale ,su base n-esima , il rm nominale equivalente in una base mrnsile è dato da:

92 I Bond In finanza con il termine obbligazione (in inglese bond) si indica un titolo di debito emesso da societa’ o enti pubblici che attribuisce al suo possessore il diritto al rimborso del capitale prestato all'emittente più un interesse su tale somma. Lo scopo di un'emissione obbligazionaria (o prestito obbligazionario) è il reperimento di liquidita’ da parte dell'emittente. Di solito il rimborso del capitale al possessore del titolo di debito da parte dell'emittente avviene alla scadenza al valore nominale e in un'unica soluzione, mentre gli interessi sono liquidati periodicamente (trimestralmente, semestralmente o annualmente). L’interesse corrisposto periodicamente è detto cedola perché in passato per riscuoterlo si doveva staccare il tagliando numerato unito al certificato che rappresentava l'obbligazione.

93 I Bond Tipologie di Bond:
Obbligazioni a tasso fisso: sono obbligazioni che remunerano l'investimento ad un tasso di interesse fisso stabilito prima dell'emissione. All'interno della categoria delle obbligazioni a tasso fisso è tuttavia possibile distinguere due diverse tipologie di obbligazioni, che prevedono che il tasso fisso prestabilito cresca o diminuisca durante la vita del titolo. Obbligazioni a tasso variabile: sono obbligazioni che remunerano l'investimento ad un tasso di rendimento che varia in base ad un parametro di riferimento, che può essere di natura monetaria, finanziaria o in base all'andamento del prezzo di materie prime. Il tasso varia a determinate scadenze temporali seguendo i tassi di mercato. Obbligazioni Zero Coupon:(o Zero-Coupon Bonds, abbreviato ZCB): sono obbligazioni senza cedola (coupon) che quindi non liquidano periodicamente gli interessi ma li corrispondono unitamente al capitale alla scadenza del titolo.

94 I Bond Duration: La duration è un indicatore della durata finanziaria del titolo, ovvero la vita residua del titolo ponderata con il flusso di cedole che il titolo pagherà in futuro. È dunque un numero che è funzione di 3 variabili: tassi di mercato , vita residua, valore delle cedole. Il suo valore, espresso in anni, è compreso tra 0 e la vita residua del titolo. Per i titoli senza cedola (Zero Coupon Bond) la durata media finanziaria o duratio è esattamente pari alla durata residua dello stesso. La duration è bassa per quei titoli con refixing a breve (tipo le obbligazioni a tasso variabile che, indicizzate a prefissati tassi, adeguano l'importo della cedola alle variazioni del parametro). La duration viene anche usata per determinare la sensibilità del titolo ad una variazione dei tassi al quale è strettamente correlata: all'aumentare (diminuire) della duration la sensibilità di prezzo del titolo aumenta (si riduce).

95 I Bond Prezzi dei Bond: Il prezzo di un'obbligazione è determinato da 4 parametri fondamentali: Tasso d'interesse di mercato Cedola (tasso d'interesse pagato dall'emittente) Scadenza dell'obbligazione (maturità) Rating.

96 I Bond Prezzi dei Bond: Il prezzo di un'obbligazione è detto prezzo tel-quel (pronuncia /tel kel/) e si calcola come sommatoria dei flussi finanziari attualizzati all'istante presente t = 0. I flussi finanziari futuri sono il rimborso del valore nominale (uguale o superiore al prezzo pagato per l'obbligazione) alla scadenza (maturity ) del titolo e le cedole intermedie che vengono staccate. Valore nominale e cedole sono note all'acquisto dell'obbligazione e ne rendono noto il prezzo; Per prezzare un'obbligazione che si intende vendere prima della scadenza, è necessario calcolare la quota di cedola maturata che spetta al venditore dall'ultimo stacco cedola sino ad oggi che andrà stornata perché l'acquirente la incasserà poi per intero. Questa quota (viene chiamata anche "dietimo") è un rateo che viene stornato dal prezzo tel-quel dell'obbligazione per ottenere il corso secco.

97 Funzioni per prezzare I Bond
Approccio tradizionale Diversamente da un’azione , un'obbligazione ha un prezzo univoco in ogni istante. Il termine (1 + rt) − t è detto fattore di attualizzazione Il valore di un'obbligazione attualizzato e senza rateo maturato è detto corso secco e rappresenta il valore del capitale in quel preciso momento.Vale che: Corso secco = Prezzo tel quel - Rateo maturato dove: Rateo maturato = (Valore della cedola netta) * [ (Δt dalla data dell' ultimo distacco) / (Δt fra il pagamento di due cedole) ]

98 Funzioni per prezzare I Bond
L'applicazione delle formule e delle funzioni usate prima a strumenti a reddito fisso quali obbligazioni e mutui ipotecari è relativamente semplice. Per esempio, usando la convenzione di prassi in USA di cedole semestrali e quotazione ad un tasso semestrale r, la cedola pagato è F r/2 per ogni semestre, dove F denota valore nominale dell'obbligazione. Se invece il titolo ha una scadenza degli anni n, il prezzo del bond a rendimento semestrale i è dato da: Con v i/2 denota ancora una volta il fattore di scontoper un periodo, A volte questo rendimento è espresso come in per sottolineare che questo è il rendimento di un bond a n anni.

99 Funzioni per prezzare I Bond
Questa formula permette una semplice analisi del rapporto tra P(i) e F. Dalla formula applicata a a2n; i/2 si ricava che: Quando sostituiamo nella formula precedente , questa funzione di prezzo diventa: da questa espressione possiamo dedurre che: Se P(i) > F allora il bond tratta a premio Se P(i) = F allora il bond tratta alla pari Se P(i) < F allora il bond tratta a sconto

100 Funzioni per prezzare I Bond
Si noti che entrambe le funzioni di prezzo delle obbligazioni possono essere pensato Come funzione del tempo. Identifichiamo le formule come il prezzo di oggi quando al Bond mancano n anni alla scadenza, e indichiamo con P0(i), il prezzo nel momento j/2 Immediatamen:te dopo la j-esima cedola, indicata Pj/2(i), è data da: Questa formula è corretta al tempo 0, così come al tempo n, dove si riduce a F. In altre parole, subito dopo la cedola, il titolo ha un valore pari al valore nominale rimanente, quindi pagabile. Il prezzo di questo bond tra le cedole, per esempio, al tempo t, 0 <t <1/2, può essere derivato ​​in prospettiva, come il valore attuale dei pagamenti rimanenti in quel tempo, o retrospettivamente, in termini di valore richiesto dall'investitore per avere la garanzia che un rendimento i sia raggiunto.

101 Funzioni per prezzare I Bond
In entrambi i casi si ricava Che si puo’ generalizzare come : il che dimostra che per tasso di rendimento fisso i, il prezzo di un'obbligazione varia in maniera moderata tra le date cedola e bruscamente al momento del pagamento di una cedola. Questa funzione prezzo è continua tra i pagamenti delle cedole e discontinua nelle date di pagamento cedole. Più in generale, potremmo volere esprimere P in funzione di 2n rendimento variabili ,consentendo ad ogni flusso di cassa da scontare dal tasso appropriato punto semestrale, nel qual caso si ottiene

102 Funzioni per prezzare I Bond
Più in generale, potremmo volere esprimere P con una funzione che ha come variabili 2n rendimenti, consentendo ad ogni flusso di cassa da scontare dal tasso appropriato punto semestrale, nel qual caso si ottiene : Il dominio di tutti queste funzioni per prezzare i bond dovrebbe logicamente essere quello dei essere numeri reali con 0≤ i <1 o 0≤ ij < 1 per la maggior parte delle applicazioni, anche se le funzioni sono matematicamente ben definite per 1 + i/m> 0, dove i è un rendimento nominale mensile.

103 I Mutui Il mutuo è un contratto mediante il quale una parte, detta mutuante, consegna all'altra, detta mutuataria, una somma di denaro o una quantità di beni , che l'altra si obbliga a restituire successivamente con altrettante cose della stessa specie e qualità. Si tratta di un contratto reale e può essere sia a titolo gratuito che a titolo oneroso (detto anche mutuo feneratizio), che si perfeziona con la consegna al mutuatario. Una tra le figure più diffuse nella prassi è il mutuo immobiliare, concesso per soddisfare esigenze di denaro in qualche modo collegate all'acquisto di un bene immobile per compravendita (o, nel caso di fabbricati, anche per costruzione).

104 I Prestiti Il prestito è la cessione di una somma di denaro con il vincolo della restituzione di capitali di pari valore o maggiori. Il termine prestito indica essenzialmente un finanziamento di denaro che un istituto o società di credito autorizzata (detta mediatore o dealer) o un privato cittadino concede ad un soggetto. Gli elementi costitutivi di un prestito sono: il capitale finanziato , il tasso annuo nominale d’interesse (TAN), il tasso globale annuo effettivo (TAEG), la durata del finanziamento, l’importo e la frequenza dei rimborsi o rate , le condizioni.

105 Funzioni per prezzare Mutui e Prestiti
Cosi’ come le obbligazioni hanno spesso un flusso di cassa semestrale, i mutui e i prestiti al consumo sono spesso ripagato con rate mensili, e di conseguenza le quotazioni dei tassi sono generalmente fatte su base mensile nominale. Dato un prestito L ,da restituire con rate mensili di P nel corso di n anni , il rapporto tra L e P dipende dal valore del tasso di prestito, r. In particolare, il valore del prestito deve essere uguale al valore attuale dei pagamenti al tasso richiesto. Utilizzando gli strumenti di cui sopra, l’espressione diventa:

106 Funzioni per prezzare Mutui e Prestiti
Che produce la seguente funzione dei pagamenti mensili: Qui rata mensile è espressa in funzione sia di r che di n. in alcune applicazioni, dove n è fisso, la notazione è semplificata a P(r). Si noti che l'identità tra il valore del prestito e le rate restanti può anche essere utilizzata per monitorare l'avanzamento del saldo del prestito nel corso del tempo, sia subito dopo che viene effettuato un pagamento, come in , o in tra le date di pagamento, come visto in precendenza per bonds.

107 Tipi di Azioni nell’ordinamento italiano
Azioni ordinarie Assegnano diritti patrimoniali quali il diritto al dividendo, diritto al rimborso del capitale in caso di scioglimento della società e il diritto di opzione in caso di aumento di capitale; assegnano anche diritti amministrativi tipicamente quello di voto nell'assemblea ordinaria e straordinaria della società. Azioni Privilegiate Le azioni privilegiate sono azioni nominative che assicurano all'azionista la precedenza nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale all'atto dello scioglimento della società. Dati questi privilegi i portatori di azioni privilegiate subiscono delle limitazioni nel diritto di voto, che è precluso nelle assemblee ordinarie, mentre è concesso in quelle straordinarie. Attribuiscono inoltre ai loro possessori diritti patrimoniali correlati ai risultati dell'attività sociale. Azioni di Risparmio Sono azioni prive del diritto di voto nell'assemblea ma privilegiate nella distribuzione del dividendo poiché la società emittente deve distribuire utili ai titolari di queste azioni fino ad almeno il 5% del valore nominale delle azioni stesse. Sono, solitamente, destinate ai piccoli risparmiatori che cercano più il rendimento dell'investimento che l'esercizio del diritto di voto.

108 Funzioni per prezzare Azioni di Risparmio
Un’azione di risparmio è, di fatto, simile ad un bond con scadenza n = ∞. Secondo questa premessa, c'è un valore nominale, F, un tasso cedolare, r , che è tipicamente quotati su una base annuale e indicato come il preferito del tasso di dividendo, ma lo strumento finanziario è senza scadenza e quindi non rimborso del par. Ad un rendimento annuale pari a i, il prezzo di questo strumento può essere dedotto dalla considerando ciò che accade a ciascuna delle funzioni di valore attuale come se la durata del bond, n, crescesse senza limite. Vedremo Il concetto di limite nei prossimi giorni

109 Funzioni per prezzare Azioni di Risparmio
Poiché è naturale pensare che il tasso di rendimento di mercato i > 0, è evidente che 1+ i/2> 1, e quindi si riduce a 0 quando n aumenta e tende a ∞ . Utilizzando un rendimento semestrale, è altrettanto evidente, come riduce a 0, il fattore di rendita annuale a2n;i/2 aumenta a 1/i/2 , che puo’ essere espresso come a ∞; i / Combinando e eliminando il termin 1/2 termini, si ha che la funzione dei prezzi di un titolo perpetuo preferito, è data da: Un titolo privilegiato avrà un prezzo alla pari, a premio, o a sconto esattamente come è stato osservato in precedenza per un dato bond, rispettivamente se r> i, r = i, o r <i.

110 Funzioni per prezzare Azioni Ordinarie Dividen discount model
Il cosiddetto modello di attualizzazione dei dividendi per valutare il prezzo di un'azione ordinaria, spesso abbreviato in DDM, è un'altra funzione di diverse variabili. L'idea di base di questo modello è che il prezzo del titolo è uguale al valore attuale dei dividendi previsti. Dal momento che un’azione ordinaria non ha''valore nominale'', i dividendi sono quotate e modellati valuta locale, anche se è comune a utilizzare il calcolo “per azione”.

111 Funzioni per prezzare Azioni Ordinarie
Se D indica il dividendo annuale appena pagato (per azione), e si presume che Il dividendo annuale crescerà in futuro al tasso annuo di g, e gli investitori vogliono ottenere un rendimento annuo di r, allora nella sua forma più generale , il prezzo del titolo può essere modellato in funzione di tutte queste variabili: Si deriva ,da questa formula, una simile a quella usata per la azioni privilegiate, ma con un piccolo trucco. Cioè, il valore attuale dei dividendi può essere scritta:

112 Funzioni per prezzare Azioni Ordinarie
Il valore attuale diventa un’azione privilegiata con D dividendo, valutato con un rendimento pari a In molte applicazioni si pensa a questa funzione di prezzo come funzione di una singola variabile. Per esempio, se pensiamo di D e R come fissi, possiamo esprimere il valore delle azioni in funzione del tasso di crescita previsto V(g) . La rappresentazione funzionale di una quantità di solito non è definita in modo univoco, ma è tipicamente definita meglio sulla base degli obiettivi dell'utente.

113 Diversificazione e Portafoglio
In finanza, la diversificazione di un portafoglio di titoli consiste in una riduzione della rischiosità e un sensibile aumento del suo rendimento, legata alla presenza di più attività finanziarie, i cui rendimenti non sono particolarmente correlati,all'interno del portafoglio stesso. Dai benefici della diversificazione in termini di riduzione del rischio di portafoglio assume un grande valore l'esistenza di istituzioni quali i fondi comuni e gli exchange traded funds (ETF). Entrambi consentono infatti a un investitore di acquisire direttamente un portafoglio altamente diversificato, senza incorrere negli elevati costi di raccolta di informazioni che comporterebbe investire in una serie di attività finanziarie individuali.

114 Diversificazione e Portafoglio
Naturalmente una diversificazione efficace è difficile da realizzare e i titoli comunque non possono essere in antitesi tra loro. Se al tavolo della roulette puntiamo un gettone sul rosso e uno contemporaneamente sul nero ad ogni lancio una delle due risulterebbe vincente ma in realtà non guadagneremmo nulla perché il "guadagno" della puntata vincente sarebbe bilanciato dalla perdita in quella opposta e a lungo andare perderemmo costantemente perché ogni volta che la pallina si ferma sullo zero entrambe le puntate sarebbero perdenti: e in borsa lo "zero" che fa vincere il banco sono le commissioni di intermediazione che paghiamo sui titoli in ogni caso.

115 Diversificazione e Portafoglio
In questo momento esistono società di gestione specializzate che diversificano costantemente il portafoglio offrendo pacchetti contenenti azioni di moltissimi tipi diversi ma divide in settoria, i fondi e più ancora le sicav e gli ETF. Attraverso questi pacchetti l'investitore può disporre di portafogli già diversificati e costantemente seguiti e manipolati con compravendite mirate da personale specializzato nel settore specifico che costantemente acquisiscono informazioni e operano sul mercato per massimizzare i rendimenti per un dato livello di rischio. Il risparmiatore quindi potrà avvantaggiarsi notevolmente e potrà predisporre un portafoglio selezionando alcuni di questi macro portafogli in base al settore merceologico, ai servizi, all'area geografica, alla valuta di riferimento e naturalmente alla valentia del gestore nel settore specifico.

116 Diversificazione e Portafoglio
Mantenendosi informati e osservando gli andamenti del mercato globale e le circostanze nazionali non è impossibile selezionare settori specifici di maggiore interesse per l'investitore, verificando gli andamenti e i risultati ottenuti negli anni passati e negli ultimi periodi si possono acquisire importanti informazioni sull'abilità dei singoli gestori e sull'andamento dei settori stessi. Naturalmente il passato non dà garanzie assolute sul futuro ma se la società XXX nel comparto YYY ha sempre offerto rendimenti migliori rispetto agli altri esistono fondati motivi per pensare che abbia personale più valido e che continui a fornire in quel settore specifico maggiori garanzie anche in futuro. Detto questo, ad una base di analisi qualitativa dobbiamo accompagnare un serio e rigoroso lavoro basato sull’analisi quantitativa.

117 Funzioni del Rendimento di Portafoglio
Se il rendimento sugli asset A1 ci attendiamo sia r1, e quella di A2 ci aspettiamo che sia r2, possiamo definire una funzione f (w) per rappresentare il ritorno atteso su un portafoglio di entrambi gli assets, con 100w% assegnato a A1, e 100 ( 1- w)% ad A2. Abbiamo che: Inizialmente nel modello assumiamo che 0<w<1, è assolutamente sensato assumere, fuori da questo dominio, che esiste la possibilita’ di un investimento''negativo'‘ rappresentato da una vendita short.

118 Funzioni del Rendimento di Portafoglio
In una vendita short l'investitore prende in prestito denaro e vende un’ attività , con l'obbligo di riacquistare l'attività sul mercato, in futuro, per coprire lo short, vale a dire, il ritorno del bene al proprietario originale. Tale vendita short richiede a volte la garanzia in un collaterale su un conto di deposito titoli. Questo modello è facilmente generalizzato al caso di n assets.. Si puo’ notare che il rendimento atteso del portafoglio è un funzione dei pesi dei vari asset nell’allocazione del portafoglio:

119 Geometria Euclidea La geometria euclidea è la geometria che si basa sui cinque postulati di Euclide.Gli elementi fondamentali della geometria euclidea sono il punto, la retta, ed il piano . I postulati di Euclide: Tra due punti qualsiasi è possibile tracciare una ed una sola retta. Si può prolungare un segmento oltre i due punti indefinitamente. Dato un punto e una lunghezza, è possibile descrivere un cerchio. Tutti gli angoli retti sono uguali. Se una retta taglia altre due rette determinando dallo stesso lato angoli interni la cui somma è minore di quella di due angoli retti, prolungando le due rette, esse si incontreranno dalla parte dove la somma dei due angoli è minore di due retti. Sulla violazione di questi postulati, e soprattutto sull'ultimo, si fondano le geometrie non-euclidee .

120 Geometria Euclidea Dagli assiomi si possono dedurre delle relazioni di incidenza fra punti, rette e piani. Ad esempio: Per un punto passano infinite rette Per due punti distinti passa una ed una sola retta Per una retta nello spazio passano infiniti piani Per tre punti non allineati nello spazio passa un solo piano Si definiscono quindi altre nozioni, quali ad esempio: Due rette nello spazio si dicono complanari quando giacciono sullo stesso piano. Se un punto divide la retta a metà, ciascuna delle due parti si dice semiretta : questa sarà dotata di un'origine, ma non di una fine. La parte di retta delimitata da due punti è detta segmento .

121 Spazio Euclideo Struttura e aritmetica
La nozione di spazio euclideo di dimensione n è una generalizzazione dello spazio bidimensionale e tridimensionale studiato da Euclide negli Elementi. Quando parliamo di Spazio Euclideo parliamo sostanzialmente di insiemi e distanze. Definizione : denotiamo con n , talvolta con E n, lo spazio n-dimensionale euclideo definito come la raccolta di n-uple di numeri reali, indicato come punti:

122 Spazio Euclideo Siccome i punti in n hanno n componenti e sono intesi come una generalizzazione della nozione familiare corrispondente allo spazio a due e tre dimensioni, sono tipicamente punti, talvolta vettori. (vedremo tra poco la definizione di vettori e di matrici) Le componenti di questi punti, { Xj } , sono chiamate coordinate, e un dato Xj si intende come la j-esima coordinata. La terminologia n-tupla può sembrare un po 'strana in un primo momento. Non è che una generalizzazione del linguaggio tipico per cui, seguendo le definizioni “doppia”e “tripla” , si dice quadrupla, quintupla, sestupla, e così via. Per i valori specifici di n, la definizione sarebbe 2-tuple, 3-tupla, e così via.

123 Spazio Euclideo la nozione di spazio euclideo, quindi, fornisce una generalizzazione degli spazi a due e a tre dimensioni studiati dalla geometria euclidea . Per ogni intero naturale n si dispone di uno spazio euclideo ad n dimensioni: questo si ottiene dallo spazio vettoriale ad n dimensioni arricchendolo con le nozioni che consentono di trattare le nozioni di distanza, lunghezza e angolo. Nella geometria euclidea si deve poter parlare di distanze e angoli, iniziando con la distanza fra due punti e l'angolo formato da due rette o da due vettori. Il modo intuitivo per fare questo è l'introduzione di quello che viene chiamato prodotto scalare standard . Questo prodotto, se i vettori x e y sono riferiti alla base canonica definita sopra, è definito da :

124 Spazio Euclideo Per descrivere la zona di intorno ad un punto, adotteremo gli intorni “sferici”. si definisce intorno (o palla) di centro x0 e di raggio r>0 l’insieme B(x0,r)={x: |x-x0|<r} La forma degli intorni varia a seconda della dimensione dello spazio Sfera per p= Disco per p= Intervallo per p=1 La famiglia degli intorni di un punto x0 e’ denotata con B(x0) Gli insiemi della famiglia B(x0) sono palle concentriche Br=B(x0,r) r>0 Che si prestano bene per descrivere la zone di intrno al punto x0, operando come uno zoom fotografico

125 Spazio Euclideo Punti Interni e Punti di frontiera
Sia X0 un punto fissato. X0 e’ un punto interno ad E se esiste un intorno Br di X0 contenuti nell’insieme Br ⊂ E ( inclusione) X0 e’ un punto di frontiera per E se ogni intorno Br di X0 ha intersezione non vuota sia con l’insieme che con il suo complementare (Dato l’insieme U ed un insieme A da esso tratto, si definisce insieme complementare di A rispetto all’universo U l’insieme degli elementi di U che non appartengono ad A) . Br ∩ E ≠ 0 e Br ∩ CE ≠ 0

126 Spazio Euclideo i punti interni di un insieme sono necessariamente elementi dell’inisieme I punti di frontiera di un insieme possono anche essere elementi del complementare La frontiera di un insieme coincide con quella del suo complementare Nella tabella vediamo l’interno e la frontiera di alcuni insiemi di particolare interesse:

127 Limiti In matematica il concetto di limite serve a descrivere l'andamento di una funzione all'avvicinarsi del suo argomento a un dato valore, oppure al crescere illimitato di tale argomento (per esempio una successione ). I limiti si utilizzano in tutti i rami dell’analisi matematica, in quanto sono usati per definire la continuità, la derivazione e l’integrazione. Lo scopo della nozione di limite è descrivere rigorosamente il comportamento di una funzione "vicino" ad un punto di accumulazione del suo dominio X.

128 Limiti Nel definire i concetti di limite e di continuità , siamo condotti a considerare numeri reali 'vicini' ad un certo numero reale fissato, o , con linguaggio geometrico equivalente , punti della retta 'vicini' ad un punto fissato. Pertanto, iniziamo col precisare il concetto matematico di intorno di un punto. Definizione: Sia x0 ∈ un punio della rettai reale, e sia r > 0 un numero reale. Chiameremo intorno d i x0 di raggio r l'intervallo aperto e limitato:

129 Limiti Ad esempio, l'intorno di 2 di raggio 10 alla- 1, che indichiamo con la notazione I10-1(2), è I'insieme dei numeri reali strettamente compre si tra 1.9 e 2.1. Interpretando la quantità I x – x0 l come la distanza euclidea tra il punto x0 e il punto x , possiamo dire che Ir(x0) è formato dai punti della retta reale che distano meno di r da x0. Interpretando invece la quantità I x – x0 l come lo scarto, o errore (assoluto), con cui il numero x approssima x0, possiamo dire che Ir(x0) e formato da tutti i numeri reali che approssimano x0 con un errore assoluto inferiore a r .

130 Limiti Se, fissato x0 in , facciamo variare r nell'insieme dei numeri reali strettamente positivi, otteniamo la famiglia degli intorni di x0 . Ogni intorno e contenuto strettamente in tutti gli intorni aventi raggio più grande, mentre contiene tutti gli intorni di raggio più piccolo. E’ conveniente introdurre anche il concetto di intorno di uno dei punti all' infinito + ∞ e - ∞ . Per ogni numero reale a > 0 , chiamiamo intorno d i + ∞ di estremo inferiore a l'intervallo aperto superiormenie illimitato:

131 Limiti Analogamente, l‘intorno di - ∞ di estremo superiore -a sarà definito come: La seguente notazione sarà utile nel seguito: una proprietà matematica P( x ) vale in un intorno ,o nell'intorno, di un punto c (dove c indica tanto un numero reale x0 quanto + ∞ - ∞ ) , se esiste un intorno di c tale che in ogni suo punto x, P (x ) e vera.

132 Limiti Limiti di una funzione
Sia f un a funzione reale di variabile reale. Vogliamo descrivere il Comportamento della variabile dipendente y = f (x ), allorchè la variabile indipendente x si avvicina ad un punto X0 ∈ , oppure ad uno dei punti all' infinito - ∞ o + ∞ . Cominciamo da quest’ultimo caso. Limiti all’infinito: Supponiamo che f sia definita nell’intorno di + ∞, diamo Ie seguenti Definizioni : Si dice che f tende al limite finito l ∈ per x tendente a + ∞, e si scrive

133 Limiti Se per ogni numero reale ε >0, esiste un numero reale B ≥ 0 tale che: ∀ x ∈ dom f, x > B ⇒ | f(x)-l | < ε La definizione di funzione f tendente a - ∞ si ottiene dalla precedente sostituendo la condizione f( x) > A con la condizione f( x) < -A. Invece , la notazione significa:

134 Limiti Ci occupiamo ora di studiare il comportamento dei valori y = f(x) di una funzione f, quando x si avvicina' ad un punto X0 ∈ Supponiamo che f sia definita in tutto un intorno di x0 , tranne eventualmente nel punta X0 stesso. Iniziamo con alcuni esempi, che ci permettono di cogliere gli aspetti essenziali dei concetti di continuità e di limite finito. Fissiamo X0 = 0 e consideriamo le tre funzioni reali di variabile reale: Per quanto riguarda la funzione g, osserviamo che se I x l < 1, allora 0 < ≤ 1 ed il valore 1 è assunto solo per x = 0;

135 Limiti pertanto, nell'intorno dell'origine di raggio 1, si ha:

136 Limiti Per ciascuna delle funzioni f e g, confrontiamo i valori assunti in punti x vicini all' origine, con il valore assunto nell'origine. Le due funzioni mostrano comportamenti diversi . Il valore f(0) = 1 può essere approssimato tanto bene quanta vogliamo da tutti i valori f(x) con x abbastanza vicino a 0. Precisamente, fissato uno Scarto ε > 0 (arbitrariamente piccolo), possiamo fare in modo che | f(x)-f(0) | sia minore di ε per tutte le x tali che | x-0 |= Ixl sia minore di un opportuno numero reale δ > O. Diremo allora che la funzione j e continua nell'origine.

137 Limiti Situazione 1: Siano x0, l ∈ Allora un intorno V di l sarà del tipo ( l -ε , l+ε ) con ε > O e un intorno U di x0 sarà ( x0- δ , x0+δ ) con δ > O. La definizione prende la forma seguente: se, per ogni numero positivo ε , si può in corrispondenza trovare un numero positivo δ in modo tale che:

138 Limiti Situazione 1:

139 Limiti Situazione 2: Sia x0 = - ∞, l ∈ Allora V sarà ancora del tipo ( l -ε , l+ε ) con ε > 0, mentre un intorno U di - ∞ sarà del tipo [- ∞, -k) con k > 0 (non è resirittivo considerare solo intorni con estremo destro negativo).Allora: Se per ogni ε>0 . Si può in corrispondenza trovare un numero k>0 (K=k(ε) tale che:

140 Limiti Situazione 2:

141 Limiti Limite destro e sinistro
introduciamo il concetto di limite destro e limite sinistro. Non è una definizione di limite diversa da quella sopra introdotta, ma sono diversi gli intorni (cioè la topologia) utilizzati. Dato x ∈ definiamo intorno destro di x qualsiasi intervallo (x, x + τ) con τ > 0 e intorno sinistro qualsiasi intervallo (x - τ., x]. Gli intorni di + ∞ sono già intorni sinistri, mentre quelli di - ∞ sono già intorni destri

142 Calcolo differenziale
Il problema geometrico della determinazione della tangente ad una curva Piana condusse verso la fine del 17' secolo ai concetti di derivata e di differenziale. Furono Leibniz e Newton, principalmente, a sviluppare il calcolo differenziale che ne deriva. Le idee di Leibniz (basate sui concetti di infinitesimo ed infinito attuali) e quelle di Newton (basate sul concetto di “flussione") pur ottime sul piano dell'intuizione, rivelavano gravi carenze su quello del rigore; per tale ragione il calcolo differenziale si sviluppa oggi lungo linee completamente Diverse.

143 Calcolo differenziale
Ci si basa ora sulla nozione di limite introdotta da D'Alembert e poi ripresa sistematicamente da Cauchy agli inizi del secolo scorso per arrivare alla versione definitiva di Weierstrass intorno al 1870. Costituiscono oggetto del calcolo differenziale la definizione rigorosa del concetto di derivata, lo studio della derivabilità di una funzione ed il calcolo esplicito delle sue derivate successive, l'uso delle derivate nell’analisi del comportamento locale e globale di una funzione.

144 Derivata e Differenziale
Sia data f: (a, b) → e sia x ∈ (a, b). Consideriamo il quoziente, detto rapporto incrementale : con h # 0 e |h| abbastanza piccolo, in modo che x + h ∈ ( a , b). Il significato del rapporto incrementale è quello di velocità media o tasso Medio di variazione di f rispetto ad x.

145 Derivata e Differenziale
Sia f: (a, b) → , si definisce derivata di f nel punto x il numero: Purchè il limite esista e sia finito Se f’(x) è definito diremo che f è derivabile in x Se f’(x) è definito per ogni x ∈ E (a, b) , diremo che f è derivabile in E. In questo caso risulta definita la funzione: f’ : x → f’(x): E → Che si chiama derivata o derivata prima di f

146 Derivata Il significato di f' b quello di velocità o tasso di variazione istantaneo di f rispetto ad x. Ecco alcune interpretazioni concrete:

147 Derivata Dal punto di vista geometrico, il rapporto incrementale tra x0 e un punto x1 nell’intorno di x0 è il coefficiente angolare della retta s che passa per i Punti P0 = (x0,f(x0)) e P1 = (x1,f(x1)) appartenenti al grafico della funzione; essa è detta retta secante il grafico di f in P0 e P1 (si veda la figura). Infatti , posto: , Δx=x1-x0 e Δf=f(x1)-f(x0) I'equazione della retta secante è: Dal punto di vista fisico , una classica interpretazione del rapporto Incrementale è la seguente. Sia M un a particella materiale che si muove lungo una linea retta al variare del tempo;

148 Derivata Indichiamo con s = s(t) l'ascissa del punto sulla retta occupato da M al tempo t. , rispetto ad un a posizione di riferimento O. Nell' intervallo di tempo tra gli istanti t0 e t1 = t + Δ t , la particella subisce uno spostamento Δs = s(t1) - s(t0). II rapporto incrementale Δs/ Δt rappresenta allora la velocità media della particella nell'intervallo temporale considerato.

149 Derivata

150 Funzioni di più variabili
Derivata Parziale Funzioni di più variabili Nei capitoli precedenti , abbiamo studiato funzioni reali di una variabile reale, ossia funzioni definite su un sottoinsieme della retta reale (ad esempio un intervallo) a valori in Vogliamo ora estendere alcuni dei concetti visti in precedenza, ed Introdurne di nuovi, relativamente alle funzioni reali di due o tre variabili reali, vale a dire Ie funzioni definite su un sottoinsieme del piano o dello spazio a valori in Le funzioni che considereremo si scriveranno dunque come :

151 Funzioni di più variabili
Derivata Parziale Funzioni di più variabili Nei capitoli precedenti , abbiamo studiato funzioni reali di una variabile reale, ossia funzioni definite su un sottoinsieme della retta reale (ad esempio un intervallo) a valori in Vogliamo ora estendere alcuni dei concetti visti in precedenza, ed Introdurne di nuovi, relativamente alle funzioni reali di due o tre variabili reali, vale a dire Ie funzioni definite su un sottoinsieme del piano o dello spazio a valori in Le funzioni che considereremo si scriveranno dunque come :

152 Derivata Parziale Funzioni di più variabili Qui x indica il generico elemento di , vale a dire la coppia x = (x1,x2) se d = 2 oppure la terna x = (x1,x2,x3) se d = 3; talvolta per semplicita scriveremo (x1,x2) = (x,y) e (x1,x2,x3) = (x,y,z) ; indicheremo inoltre le coordinate di x con (x1, .. . , .xd) quando non e necessario precisare se d = 2 oppure 3. Ricordiamo che ogni x ∈ è univocamente associato a un punto P nel piano o nello spazio, le cu i coordinate rispetto a un sistema di riferimento Cartesiano ortogonale sono le componenti di x. A sua volta, P individua un vettore applicato nell'origine, di compone nt i x1, …xn; pertanto, l'elemento x ∈ può essere pensato come tale vettore.

153 Derivate Parziali e Gradiente
Sia f : dom f ⊆ una funzione di due variabili , definita nell'intorno di un punto x0 = (x0 , y0). La funzione x ⇒ f( x0, y0) , ottenuta fissando il valore della seconda variabile indipendente, è una funzione reale di variabile reale, definita nell’intorno del punta X0 ∈ Se essa e derivabile in x0, diciamo che f ammette derivata parziale rispetto a x in x0 e poniamo : Similmente, se la funzione x ⇒ f( x0, y) è derivabile in y0, diciamo che f ammette derivata parziale rispetto a y in x0, e poniamo

154 Derivate Parziali e Gradiente
Nel caso in cu i entrambe Ie condizioni di derivabilità siano soddisfatte, diciamo che f ammette derivate parziali (prime) in x0 e pertanto risulta definito il vettore gradiente di f in x0 , indicato con ∇f (x0), ponendo (x0):

155 Derivata Parziale Come per la derivata ordinaria la derivata parziale è definita come limite.

156 Derivata Parziale Consideriamo una funzione di n variabili
Si definisce derivata parziale di f , rispetto alla variabile k-esima xk, il limite, se esiste finito: tale limite è a volte chiamato limite del rapporto incrementale di f nel punto x rispetto alla variabile xk.

157 Equity Line Solutions – Londra
Corso di Introduzione alla Finanza Quantitativa (matematica computazionale) Desenzano 10/11 Settembre 2011 17/18 Settembre 2011 A cura di: Luigi Piva Equity Line Solutions – Londra

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159 DINAMICHE DI PREZZO E RENDIMENTI IN AMBIENTE RAZIONALE
PROGRAMMA DEL CORSO MODULO 2  -  Domenica 11 settembre  h e         DINAMICHE  DI PREZZO E RENDIMENTI IN AMBIENTE RAZIONALE Serie numeriche e Sequenze numeriche e di funzioni 2-       Limiti, Derivate, Integrali 3-       Le rendite annuali e frazionate temporanee a tasso fisso: valore attuale e montante, valore in un tempo qualsiasi, immediate anticipate, immediate posticipate, differite, temporanee, perpetue.; 4-       Le rendite annuali e frazionarie nel caso di tasso variabile  e nel caso di variazione della rata; Le rendite perpetue. 5-       Decisioni razionali in un ambiente rischioso. Dinamica dei prezzi e dei rendimenti. 6-       Applicazione nel rimborso di prestiti, mutui, leasing. Piano di ammortamento americano, graduale, uniforme o progressivo.

160 Finanza quantitativa Il cuore dell’analisi quantitativa risiede nello studio delle microstrutture di mercato, cioè come avvengono gli scambi nei mercati e come tali mercati sono organizzati. I modelli sono progettati per descrivere gli aspetti di queste microstrutture e vengono presi set di strumenti flessibili per la descrizione di tali modelli e per l’analisi delle prestazioni. La fase attuale della mia ricerca è l'implementazione di una batteria di sistemi quantitativi di trading . Questo non è solo un impegnativo progetto di ingegneria dei sistemi, ma anche un potente meccanismo per l'analisi dei dati

161 Finanza quantitativa Un modello di trading è definito, in estrema sintesi, come uno strumento di investimento costituito da segnali di acquisto e vendita. Queste raccomandazioni si basano su fattori molto più complessi delle semplici previsioni delle variazione di prezzo. I modelli di trading devono essere ritagliati su misura dell'investitore in termini della sua propensione al rischio, la storia del suo trading , e la microstruttura del mercato con i propri vincoli sulla esecuzione delle operazioni. Un modello di trading quantitativo ha tre componenti principali: • Generazione dei segnali di trading. • Contabilità delle operazioni simulate e il loro impatto sui prezzi. • Generazione delle statistiche sul modello .

162 Finanza quantitativa Un Trading System è, a sua volta, un ambiente in cui spetta agli utenti definire e adeguare i propri modelli di trading attraverso il feedback esecuzione. Un elemento essenziale del sistema è l'interfaccia utente, deve essere : abbastanza diretta da permette una certa facilità d'uso potente per supportare anche algoritmi di trading sofisticati. I modelli di trading dipendono in maniera sostanziale sulla qualità dei dati finanziari. Questa necessita’ dei Trading System, una fornitura precisa di dati, è solo un esempio della moltitudine dei requisiti di un ambiente reale di trading funzionale nel tempo

163 Finanza quantitativa I traders quantitativi che lavorano presso gli istituzionali sono hanno una preparazione universitaria come fisici, matematici, ingegneri o informatici. Questo tipo di formazione nel campo delle scienze è spesso necessaria quando si desidera analizzare o tradare strumenti derivati ​​complessi, ma tali strumenti non sono al centro di questo corso. Non c'è una legge che stabilisce che si può diventare ricchi solo lavorando con complessi strumenti finanziari complessi. In realtà, si possono perdere cifre colossali col trading su complessi titoli garantiti da ipoteca, come hanno dimostrato la crisi del e il fallimento Lehman Brothers.

164 Finanza quantitativa Ok, potreste dite, non c’e’ bisogno di un master in finanza quantitativa, ma sicuramente ti dà un vantaggio nel trading quantitativo? Non necessariamente. Come ricercatore e trader in diverse istituzioni , ho sempre cercato di utilizzare alcune delle tecniche avanzate di matematica e che ho studiato e li ho applicati ai trading systems. Poi ho applicato un approccio piu’ semplificato, mantenendo un approccio matematico , con strategie che ogni trader disciplinato e appassionato può facilmente costruire ed eseguire. Le mie strategie di trading sono diventate redditizie , ed è stato così che ho imparato la lezione: "Fate tutto il più semplice possibile. “

165 Operazioni in condizioni di Certezza Operazioni Finanziarie Elementari
Consideriamo un contratto finanziario in base al quale venga effettuato il prestito della somma S al tempo t=0, da restituirsi integralmente dopo un anno insieme acon una somma di importo I prefissata. Dal punto di vista della parte che riceve inizialmente la somma S e che restituisce successivamente la somma S+I si tratta di un’operazione di indebitamento, o di provvista, che rappresenteremo con le coppie (di importi a scadenza) {S,-(S+I)}/{0,1} In termini generali, il contratto descrive un’operazione di scambio, in base alla quale la somma S disponibile al tempo t=0, viene barattata con la somma S+I , disponibile al tempo t=1.

166 Operazioni Finanziarie Elementari
Con la stipula del contratto le due parti convengono quindi su una legge di equivalenza intertemporale per la quale S euro in t=0 sono equivalenti a S+I euro in t=1. Per convenzione, quindi, l’importo S+I rappresenta il valore in t= 1, W(1), di S euro disponibili in t=0 e S e’ il valore in t=0, W(0), di S+I euro disponibili in t=1. (legge dell’equivalenza intertemporale) Nel linguaggio corrente la maggiorazione I, cioe’ la differenza tra somma nell’istante finale e quella nell’istante iniziale, e’ l’interesse, ed il rapporto i=I/S e’ il tasso di interesse dell’operazione. Esempio: sia S=100 euro e I =10 euro. Il tasso di interesse dell’operazione consistente nello scambiare 100 euro in zero con 100 euro tra un anno e’ i=100/100=0.1(10%).

167 Operazioni Finanziarie Composte
Supponiamo che lo stesso contratto preveda anche che, in alternativa, il debito S possa venire rimborsato dopo due anni, con il pagamento aggiuntivo dell’importo I+ I‘. Dal punto di vista dalla parte debitrice, ad esempio, si ha facolta’ di decidere, alla fine del primo anno, di prolungare l’operazione di provvista di un altro anno, differendo il pagamento della somma S=I al tempo t=2 anni e pagando l’interesse aggiuntivo I‘ . L’operazione di provvista puo’ quindi assumere la forma: {S,-(S+I)}/{0,1} Oppure {S,-(S+I+ I‘ )+}/{0,2}

168 Operazioni Finanziarie Composte
Naturalmente cio’ equivale a prevedere contrattualmente, sempre in t = 0, la possibilita’ aggiuntiva di indebitarsi in t = 1 per l’importo S + I, da restltuirsi alla fine dell’anno successivo maggiorato della sommaI‘ . L’0perazione prolungata di provvista puo’ quindi essere considerata come il risultato della composizione delle due operazioni : {S,-(S+I)}/{0,1} e {S,-(S+I+ I‘ )+}/{0,2} Il contratto caratterizza quindi una operazione di scambio "complessa”, composta da due operazioni elementari. La prima e l’operazione con decorrenza immediata (“a pronti") consistente nello lo scambiare S in t = 0 con S+I in t = 1. la seconda é un`operazione differita (“a termine”) in base alla quale si pattuisce in t=0 di potere scambiare S+I euro in t=1 con S+I+ I‘ euro in t=2.

169 Operazioni Finanziarie Composte
La legge di equivalenza Intertemporale implicita nel contatto coinvolge ora tre differenti istanti di tempo ed é descritta da una funzione valore W(t) definita per t = 0,1,2. Esempio . Sia S=100 euro, I=10 euro e I‘=12.1 euro. Per contratto, 100 euro pagabili al tempo zero sono equivalenti a 110 euro dopo un anno ed a 122.1 euro dopo due anni. Implicitamente, é anche stabilita (al tempo zero) l’equivalenza tra 110 euro disponibili in t=1 anno e euor disponibili in t=2 anni (operazione a termine). ll tasso a pronti é i = 10/100 :=0.1 (10%); il tasso di interesse a termine i‘=12.1/110=0.11(11%)

170 Operazioni Finanziarie Composte
La legge degli interessi semplici Consideriamo un contratto complesso ottenuto componendo n operazioni elementari del tipo descritto in precedenza (una operazione a pronti e n - 1 operazioni a termine) tutte caratterizzate dallo stesso interesse I . Piu’ precisamente supponiamo che il debito S, contratto in t=0, possa venire rimborsato dopo uno, oppure due ,……., oppure n anni con un pagamento di interessi calcolato per ogni anno con una maggiorazione costante La legge di equivalenza intertemporale stabilita in t = 0 dal contratto é quindi descritta da una funziona valore W(k) definita per k= 0, 1, ,n dalle seguenti relazioni

171 Operazioni Finanziarie Composte
Gli n = 1 termini W risultano quindi in progressione essendo :

172 Operazioni Finanziarie Composte
Dopo k anni, l’ammontare passivo (per la parte debitrice), ovvero il valore dell’investimento (per il creditore) , e’ dato da: La legge di equivalenza intertemporale descritta in precedenza e’ nota come legge degli interessi semplici. La maggiorazione per interesse I relativa al differimento dell’operazione per k-esimo anno non contribuisce a formare gli interessi per gli anni successsivi, che vengono calcolati sempre in proporzione al valore iniziale di W.

173 Operazioni Finanziarie Composte
Il tasso di interesse ik relativo alla k-esima operazione elementare, e’ dato da ik+I/W(k-1), cioe’ Naturalmente , per k>1 si tratta di tassi a termine, mentre i1 e’ il tasso dell’operazione a pronti.

174 Operazioni Finanziarie Composte
Esempio: sia S=100 euro, n=4 e i=0.1 (cioe’ I=10 euro), si ha: I tassi a termine risultano:

175 Operazioni Finanziarie Composte
La legge degli interessi composti Consideriamo ancora un contratto strutturato, come il precedente, su n periodi elementari, ma supponiamo ora che le n operazioni componenti siano tutte caratterizzate dallo stesso tasso di interesse. Consideriamo il caso, cioe’, che il debito S possa venire rimborsato dopo uno, oppure dopo due,…, oppure dopo n anni, con un interesse calcolato aggiungendo per ogni anno una maggiorazione uguale ad una percentuale costante del debito accumulato all’inizio dell’anno precedente. In questo caso la funzione valore che descrive la legge di equivalenza intertemporale stabilita in t=0. e’ definita, per k=0,1,..,n …

176 Operazioni Finanziarie Composte
La legge degli interessi composti In questo caso la funzione valore che descrive la legge di equivalenza intertemporale stabilita in t=0. e’ definita, per k=0,1,..,n dalle Gli n+1 termini w risultano quindi in progressione geometrica con il primo termine W(0)=S e ragione q=1+I

177 Operazioni Finanziarie Composte
La legge degli interessi composti Avremo: La legge di equivalenza intertemporale stabilita da questo contratto finanziario va sotto il nome di Iegge (o regime) degli interessi composti. Come evidenziato nello schema ricorrente , la maggiorazione per interesse I(k)=iW(k— 1) relativa al differimento dell’operazione per il k-esimo anno viene sommata al valore W(k-1) all’inizio dell’anno e contribuisce alla formazione dell’interesse qualora l’operazione venga prolungata per l’anno successivo.

178 Operazioni Finanziarie Composte
La legge degli interessi composti Esempio: sia S=100 euro, n=4 e i=0.1, si ha che :

179 Operazioni Finanziarie Composte
La legge degli interessi composti Avremo: La legge di equivalenza intertemporale stabilita da questo contratto finanziario va sotto il nome di Iegge (o regime) degli interessi composti. Come evidenziato nello schema ricorrente , la maggiorazione per interesse I(k)=iW(k— 1) relativa al differimento dell’operazione per il k-esimo anno viene sommata al valore W(k-1) all’inizio dell’anno e contribuisce alla formazione dell’interesse qualora l’operazione venga prolungata per l’anno successivo.

180 Operazioni Finanziarie Composte
La legge esponenziale E possibile dcilnire un contratto finanziario che prevede il rimborso della somma S, anziché ad istanti di tempo discreti (ad ogni fine anno), in un qualsiasi istante t ≥0, estendendo la definizione della funzione valore su tutto l’asse reale positivo ponendo Come si vedra’ in seguito, a questa definizione, per ora introdotta solo in modo formale, puo’ essere data una interpretazione finanziaria tramite una opportuna operazione di passaggio al limite, immaginando l’operazone come il risultato della composizione di una Infinita’ di operazioni elementari di durata infinitesimale effettuate tutte allo stesso tasso di interesse

181 Operazioni Finanziarie Composte
La legge esponenziale Gran parte della terminologia usata in questo contesto é connessa con questa interpretazione. Mi limito a segnalare che la formula precedente e’ nota come capitalizzazione continua a tasso costante, ma ci riferiremo ad essa come legge esponenziale. Naturalmente anche un contratto finanziario basato sul regime degli interessi semplici puo’ essere definito nel tempo continuo, semplicemente estendendo t ad un qualsiasi istante t>0, avendo: Che caratterizza la cosiddetta legge lineare

182 Operazioni Finanziarie Composte
Con riferimento ad una generica funzione valore W(t), che senza perdita di generalita’, possiamo pensare a valori reali positivi e definita per t ≥ 0 e’ possibile definire I principali tipi di grandezze solitamente usati nella matematica finanziaria. Al fine di rendere piu’ naturale l’interpretazione delle definizioni, supporremo che W(t) sia una funzione monotona crescente nel tempo. Essa rappresenta la legge di equivalenza intertemporale, che possiamo pensare fissata contrattualmente in t=0, che regola le operazioni di scambio tra importi monetari disponibili in due diverse date comunque scelte.

183 Tassi e Intensita’ Siano dunque t e t=t‘ +τ , con τ> 0 , due arbitrari istanti di tempo. Si definisce interesse nel periodo da t a t+τ l’incremento: Subito dalla funzione valore nello stesso periodo

184 Tassi e Intensita’ Si tratta di una quantita’ positiva misurata in unita’ monetarie, avente cioe’ dimensione euro. Il fattore di capitalizzazione , o fattore montante relativo al periodo da t a t+ τ, e’ la quantita’: Cioe’ il rapporto tra il valore nell’istante finale e quello nell’istante iniziale del periodo. In altri termini, m e’ il fattore per cui va moltiplicato W(t) per ottenere il valore finale del periodo, detto anche valore capitalizzato o montante.

185 Tassi e Intensita’ Si Essendo il rapporto tra due quantita’ monetarie, cioe’ tra due grandezze aventi stesse dimensioni (euro), m e’ una grandezza adimensionale. Per l’ipotesi di crescenza e’ sempre m(I, t+ τ)>1 Il fattore di sconto v(t, t+ τ) sul periodo da t a t+ τ e’ il reciproco del fattore di capitlaizzazione, cioe’ il rapporto tra il valore iniziale e il valore finale: Moltiplicando quindi il valore W( t+ τ ) per il fattore di sconto si ottiene il valore di inzio periodo o valore scontato.

186 Tassi e Intensita’ Se e’ possibile intendere t come l’istante di tempo attualmente corrente si usa anche dire che W(t) e’ il valore attuale , in t, di W(t+ τ ) secondo il fattore di sconto v( t, t+ τ ) . Naturalmente anche il fattore di sconto e’ una grandezza adimensionale e sara’ sempre v(t, t+ τ ) < 1. Sempre con riferimento all’intervallo di tempo (t, t+ τ ) si definisce tasso di interesse, o tasso di rendimento, il rapporto tra l’interesse maturato nel periodo e il valore nell’istante iniziale:

187 Tassi e Intensita’ Sutilizzando le definizioni di fattore montante e di fattore di sconto, si ha anche: Se si divide invece l’interesse per il valore di fine periodo si ottiene il tasso di sconto o tasso di interesse anticipato relativo al periodo da t a t+ τ . In questo caso valgono le relazioni :

188 Tassi e Intensita’ Sia il tasso di interesse che il tasso di sconto rappresentano degli incrementi parcentuali e quiandi, come rapporto tra grandezze aventi stesse dimensioni, sono grandezze adimensionali. Evidentemente sono sempre positivi e nel linguaggio corrente vengono espressi in termini percentuali, cioe’ prendendone il valore moltiplicato per 100. Se si rapporta un tasso alla lnghezza del periodo di riferimento dividendolo quindi per τ , si ottiene un intensita’, che e’ una grandezza positiva che ha per dimensioni il reciproco di un tempo (ad esempio : anni alla -1) L’intensita’ di interesse relativa al periodo da t a t+ τ sara’ definita da:

189 Tassi e Intensita’ Analogamente, l’intensita’ di sconto sullo stesso periodo sara’ data da: Esempio: la funzione valore, fissata al tempo zero, sia tale che W(1)=96 e W(1.5)=100. Sie ad esempio, l’unita’ di tempo e’ uguale ad 1 anno, cio’ significa cha al tempo zero e’ stabilita, contrattualmente, ;’equivalenza di 96 lire disponibili dopo un anno con 100 lire disponibili dopo un anno e mezzo. L’interesse nel periodo da t=1 a t’=1.5 e’ ΔW(1)=100-96=4 euro. Conformemente a questa legge di equivalenza intertemporale, w(1.5)=100 euro e’ il valore capitalizzato, o montante, dopo 6 mesi, di 96 euro disponibili un anno dopo la data di stipula del contratto;

190 Tassi e Intensita’ Simmetricamente W(1)=96 euro e’ il valore scontato, per un periodo di 6 mesi, di 100 lire pagabili un anno e mezzo dopo la data contrattuale. Il fattore di capitalizzazione e il fattore di sconto, relativi al periodo da t=1 a t’=1.5, sono dati, rispettivamente, da v(1, 1,5)=0.96 e m(1,1,5)=100/96= Il tasso di interesse, sempre riferito allo stesso periodo, e’ j(1,1,5)=4/96 = (4,17%) ed il corrispondente tasso di sconto e’ dato da 4/100=0.04 (4%). L’intensita’ di interesse risulta γ (1,1,5)/0.5= anni alla meno 1 e l’intensita’ di sconto e’ 4/(0,5*100)= 0.08 anni alla meno 1.

191 I Vettori In matematica un vettore è un elemento di uno spazio vettoriale. I vettori sono quindi oggetti che possono essere sommati fra loro e moltiplicati per dei numeri, detti scalari. lo spazio vettoriale (o spazio lineare) è una struttura algebrica consistente in una generalizzazione dell’insieme formato dai vettori del piano cartesiano ordinario (o dello spazio tridimensionale) dotati delle operazioni di somma di vettori e di moltiplicazione di un vettore per un numero reale

192 I Vettori La definizione di uno spazio vettoriale richiede di servirsi di un campo : sono interessanti soprattutto il campo dei numeri reali e quello dei numeri complessi . In molte applicazioni dell’algebra lineare però si possono sviluppare servendosi del semplice campo dei numeri razionali. Si dice che l'insieme V è sostegno di uno spazio vettoriale sul campo K se in V è definita un’operazione binaria interna per la quale (V,+) è un gruppo commutativo ed è altresì definita una legge di composizione esterna K×V→V detta prodotto esterno o moltiplicazione per uno scalare

193 I Vettori valgono le seguenti proprietà:
La struttura algebrica così definità si simboleggia con (V, K) o semplicemente con V. Per uno spazio V sopra un campo K gli elementi di K sono detti scalari o numeri, mentre gli oggetti di V si dicono vettori. I vettori si simboleggiano con caratteri in grassetto, sottolineati o sormontati da una freccia.

194 Vettori nello Spazio Euclideo
Il piano cartesiano è un esempio di spazio vettoriale: un vettore è un punto del piano, determinato da una coppia di numeri reali (x, y). Disegnando una freccia che parte nell'origine (0, 0) e arriva in (x, y), si ottiene il significato fisico di vettore applicato nell'origine. La nozione matematica di vettore corrisponde totalmente alla nozione fisica di vettore applicato nell'origine.

195 I Vettori Nello spazio tridimensionale un vettore è una terna di numeri reali (x, y, z). Questa nozione si estende naturalmente in dimensione n arbitraria, tramite la definizione dello spazio euclideo. Questo è uno spazio vettoriale di dimensione n, i cui elementi sono ennuple di numeri reali: ogni ennupla: v = (v1,……, vn) è quindi un vettore in questo contesto

196 Operazioni tra Vettori
I vettori possono essere sommati e moltiplicati per uno scalare usando le operazioni che definiscono lo spazio vettoriale a cui appartengono. Utilizzando strutture diverse dallo spazio vettoriale, è possibile inoltre definire il prodotto vettoriale (o prodotto esterno) tra due vettori non per forza appartenenti allo stesso spazio vettoriale. I vettori in spazi unidimensionali sono scalari e quindi su di essi è possibile applicare le operazioni del campo K (come la divisione o la radice, quando hanno senso).

197 Operazioni tra Vettori
La somma di due vettori è definita nel modo seguente: La somma è associativa , commutativa e possiede l’elemento neutro che è il vettore nullo. Se V è uno spazio vettoriale di dimensione n, dopo aver fissato Una base ogni vettore è descrivibile tramite le sue coordinate e la somma fra due vettori si comporta allo stesso modo.

198 Operazioni tra Vettori
Il prodotto di uno scalare λ in K per un vettore in Kn è definito nel modo seguente: Il prodotto è associativo, gode di proprieta’ distributive e inoltre vale 1v=v. Se V è uno spazio vettoriale di dimensione n, dopo aver fissato una base ogni vettore è descrivibile tramite le sue coordinate , ed il prodotto per scalare si comporta allo stesso modo.

199 Operazioni tra Vettori
Il prodotto tensoriale fra due vettori v e w rispettivamente in Kn e Km è la matrice n × m. Il prodotto tensoriale V ⊗ W di due spazi vettoriali V, W, è uno spazio vettoriale che contiene i prodotti di vettori di V e W in senso universale. Se V e W sono spazi vettoriali di dimensione n e m, il prodotto tensoriale è descrivibile come uno spazio di matrici

200 Gradiente Il gradiente è una funzione a valori vettoriali di più variabili reali, quindi definita in una regione di uno spazio a due, tre o più dimensioni. Il gradiente di una funzione è definito come il vettore che ha per componenti cartesiane Le derivate della funzione. Il gradiente rappresenta quindi la direzione di massimo incremento di una funzione di variabili . Il gradiente è quindi una grandezza vettoriale che indica come una grandezza fisica vari in funzione dei suoi diversi parametri. Ad esempio, si parla di gradiente termico per esprimere la variazione della temperatura lungo una direzione scelta, o di gradiente di pressione, analogamente, per esprimere la variazione della pressione lungo una particolare direzione.

201 Matrici In matematica , una matrice è una tabella rettangolare di oggetti; ad esempio, la seguente è una matrice di numeri interi : Le matrici sono ampiamente usate in matematica e in tutte le scienze per la loro capacità di rappresentare in maniera utile e concisa diversi oggetti matematici, come valori che dipendono da due parametri o anche sistemi lineari , cosa, quest'ultima, che le rende uno strumento centrale dell‘algebra lineare.

202 Matrici Le righe orizzontali di una matrice sono chiamate righe, mentre quelle verticali sono le colonne . Ad esempio, la matrice mostrata sopra ha due righe e tre colonne. In generale, una matrice è una matrice con m righe e n colonne, dove m e n sono interi positivi fissati. Una matrice generica è descritta solitamente nel modo seguente: indicando con aij l'elemento posizionato alla riga i-esima e alla colonna j-esima.

203 Matrici I vettori possono essere considerati matrici molto semplici, aventi una sola riga o una sola colonna. Più precisamente, una matrice con una sola riga, di Dimensione 1 x n , è detta matrice riga, mentre una matrice con una sola colonna, di dimensione , è detta matrice colonna. Qui sotto sono mostrati in ordine una matrice 4 x 3 , una matrice colonna ed una matrice riga

204 Matrici Generalmente una matrice è indicata con una lettera dell'alfabeto (spesso maiuscola): L'elemento posizionato nella riga j e nella colonna può essere indicato in vari modi: ad esempio come Aij , o tramite parentesi quadre è [Aij] . Si usa talvolta la notazione A = (aij) per indicare che è una matrice A e che i suoi elementi sono denotati con aij. Aii costituiscono la diagonale principale della matrice.

205 Algebra delle Matrici Due matrici A e B, entrambe di tipo m x n , possono essere sommate. La loro somma A + B è definita come la matrice m x n i cui elementi sono ottenuti sommando i corrispettivi elementi di A e B. Formalmente: ad esempio:

206 Algebra delle Matrici Moltiplicazione per uno scalare
La moltiplicazione per uno scalare è un'operazione che, data una matrice A ed un numero c (detto scalare), costruisce una nuova matrice c x A , il cui elemento è ottenuto moltiplicando l'elemento corrispondente di A per c; la matrice e lo scalare scelti devono appartenere allo stesso campo . Ad esempio:

207 Algebra delle Matrici Prodotto
La moltiplicazione tra due matrici A e B è un'operazione più complicata delle precedenti. A differenza della somma, non è definita moltiplicando semplicemente gli elementi aventi lo stesso posto. La moltiplicazione è definita soltanto se le matrici A e B sono rispettivamente di tipo m x p e p x n : in altre parole, il numero p di colonne di A deve coincidere con il numero p di righe di B. Il risultato è una matrice C di tipo m x n.

208 Algebra delle Matrici Siano A e B due matrici rispettivamente 3 x 4 e 4 x 2 : tra queste si può effettuare la moltiplicazione A x B ed ottenere una matrice 3 x 2 . Le stesse matrici, però, non possono essere moltiplicate nel modo B x A , poiché le colonne di B non sono tante quante le righe di A. Il prodotto di Amxp e Bpxn è la matrice C = AB di dimensione m x n , il cui elemento di posizione (i,j) è dato dalla somma: Questo è il prodotto scalare tra la riga i di A e la colonna j di B, che hanno lo stesso numero p di elementi. Per questo motivo il prodotto è chiamato prodotto riga per colonna.

209 Algebra delle Matrici Per esempio:
Moltiplicando una matrice 2 x 3 per una 3 x 3 si ottiene una matrice 2 x 3

210 Algebra delle Matrici Risultato 2 x 3
A differenza dell'usuale moltiplicazione fra numeri, questa non è un'operazione commutativa , cioè AB è in generale diverso da BA, quando si possono effettuare entrambi questi prodotti. Un caso particolare, ampiamente usato in algebra lineare per rappresentare Le trasformazioni lineari (come rotazioni e riflessioni ) è il prodotto tra una matrice ed un vettore colonna , che viene chiamato anche prodotto-matrice- vettore.

211 Algebra delle Matrici Le operazioni di somma e prodotto di matrici soddisfano tutte le proprietà usuali della somma e del prodotto di numeri, ad eccezione, nel caso del prodotto di matrici, della proprietà commutativa Sia 0 la matrice nulla , fatta di soli zeri (e della stessa taglia di A). Sia inoltre A = ( − 1)A la matrice ottenuta moltiplicando A per lo scalare − 1. Valgono le relazioni seguenti, per ogni A,B,C matrici e, per ogni a,b numeri reali. Proprietà del prodotto fra matrici (AB)C = A(BC) (proprietà associativa del prodotto) (A + B)C = AC + BC; C(A + B) = CA + CB (proprietà distributiva della somma rispetto al prodotto)

212 Integrazione Dopo aver introdotto l'operazione di limite e successivamente quella di Derivazione , che ne è uno sviluppo diretto, considereremo ora la terza fondamentale operazione del calcolo infinitesimale: l'integrazione. Va osservato che, dal punto di vista storico, i tre concetti si sono susseguiti Esattamente nel verso opposto: gli studi sulla "quadratura delle figure piane" (legati al concetto di integrale) si possono far risalire all'antichità, ad esempio ad Archimede ed al suo metodo detto di "esaustione"; il problema di determinare la tangente ad una curva (e la conseguente invenzione delle derivate ad opera di Leibniz e Newton) comincia solo nella prima metà del seicento (con Fermat e Descartes); l'operazione di limite poi, come abbiamo già avuto modo di accennare, introdotta da D'Alembert (ma siamo già nel 700). venne poi sviluppata potentemente da Cauchy e da Weierstrass

213 Integrazione II calcolo integrale affronta due classi di problemi ben distinti: i)Trovare tutte le funzioni che , su un certo intervallo della retta reale, hanno come derivata una funzione ivi assegnata. Si tratta cioè di compiere l'operazione inversa della derivazione; tale operazione viene indicata con il termine integrazione indefinita ii) Definire e calcolare l'area di un a regione piana delimitata superiormente e inferiormente dai grafici di funzioni assegnate su un intervallo chiuso e limitato della retta reale; in tal caso, si dice che si esegue una integrazione definita

214 Integrazione A prima vista, queste due problematiche sembrano avere ben poco in comune. II risultato di una integrazione indefinita e, come vedremo tra poco, un insieme di infinite funzioni; invece, il risultato di una integrazione definita è un numero , che rappresenta l'area della regione piana considerata. In realtà, esiste un risultato profondo e importante, noto appunto come Teorema fondamentale del Calcolo integrale, che afferma che le due problematiche sono tra loro perfettamente equivalenti: se sappiamo ricostruire un a funzione dalla conoscenza della sua derivata ,sappiamo anche calcolare le aree delle regioni piane delimitate dal grafico della derivata e da rette parallele agli assi coordinati, e viceversa.

215 Integrazione Primitive e integrali indefiniti
Sia f una funzione definita in un intervallo I . Ogni funzione F derivabile in I e tale che: Non tutte le funzioni definite su un intervallo della retta reale ammettono primitive. Il problema di individuare tutte le funzioni che ammettono primitive su un certo intervallo, funzioni che chiameremo integrabili (in senso indefinito) sull ‘intervallo, e al di fuori del nostro scopo. Segnalo una classe importante di funzioni integrabili , le funzioni continue su un intervallo reale; tale risultato sarà una conseguenza del Teorema fondamentale del Calcolo integrale

216 Integrazione Integrali definiti
Consideriarno una funzione f definita su un intervallo chiuso e limitato I = [a, b] ∈ ] e ivi limitata. Definiamo il trapezoide di f sull'intervallo [a, b], che indichiamo con T (f;a,b), come la regione piana delimitata dall'intervallo [a , b], dalle parallele all'asse delle ordinate passanti per gli estremi dell’intervallo, e dal grafico di f (si veda la figura)

217 Integrazione Integrali definiti
Sotto opportune ipotesi su f , e possibile associare al trapezoide di f su [a ,b] un numero detto integrale definito di f su [a , b] . Nel caso in cui f sia positiva tale numero rappresenta l'area del trapezoide. In particolare, qualora il trapezoide di f sia una figura elementare (ad esempio un rettangolo, un triangolo, un trapezio , etc .) esso fornisce la classica espressione dell’ area di tale figura. Esistono vari modi per costruire l'integrale definito di una funzione; essi richiedono ipotesi diverse sulla funzione da integrare. Illustriamo nel seguito due diverse costruzioni: la prima, comunemente associata al nome di Cauchy, opera su funzioni continue o continue a tratti su [a,b]; la seconda, associata al nome di Riemann, porta alla definizione di un a classe più ampia di funzioni Integrabili

218 Integrazione Integrale secondo Cauchy
Supponiamo dapprima che f sia continua su [a , b] ; successivamente, Prenderemo in considerazione una situazione appena più generale. Per arrivare alla definizione del numero che ci interessa, costruiamo una successione di approssimazioni sempre pili accurat del trapezoide di f e poi facciamo ricorso a un procedimento di limite. Vediamo i dettagli Sia n un qualunque intero > 0. Suddividiamo l'intervallo [a ,b] in n parti uguali, di ampiezza Δx = (b-a)/n ; mediante i punti di suddivisione xk = a + kΔx per k = 0,1, , n . Si noti che tali punti sono ordinati in modo crescente, avendosi precisamente a = x0 < x1 < < x n-1 < xn = b.

219 Integrazione Poichè la funzione f e per ipotesi continua su [a,b], 10 sarà in particolare su ogni Ik dunque, per il Teorema di Weierstrass, f assumera valore minimo e valore massimo su Ik . Poniamo quindi Definiamo ora le quantità che chiameremo rispettivamente somma inferiore e somma superiore di f su [a , b], relative alla suddivisione dell’intervallo in n parti.

220 Integrazione Notiamo che, essendo per definizione mk<Mk e Δx > 0, si ha sempre sn ≤Sn . L'interpretazione geometrica di tali somme e immediata nel caso in cui f sia positiva su [a , b] (si veda la figura ) . La quantità mk Δx rappresenta l'area del rettangolo rk = Ik x [0, mk], che e contenuto nel trapezoide di f relativo all' intervallo Ik. Pertanto, sn., rappresenta l'area della regione piana unione dei rettangoli Rk= Ik x [0, mk] , tale regione approssima per difetto il trapezoide di f su [a, b] . In modo del tutto simile, Sn rappresenta l’area della regione piana unione dei rettangoli Rk= Ik x [0, Mk] che costituisce una approssimazione per eccesso del trapezoide di f su [a ,b] .

221 Integrazione Usando proprietà delle funzioni continue su un intervallo chiuso e limitato, e possibile dimostrare (Integrale di Cauchy ) il seguente risultato: Le successioni n sn e n Sn sono entrambe convergenti e convengono allo stesso limite. Per questo, chiamiamo integrale definito di f su [a,b] il numero:

222 Integrazione Inoltre, date due suddivisioni qualsiasi D1 e D2 possiamo sempre considerarne una terza, D3, più fine di entrambe: per esempio: D3 = D1 ∪ D2 Consideriamo ora una funzione f : [a, b] → limitata: Sia D = D (x0,….., xn) una suddivisione di [a,b]. Poniamo, per i = 1,2,….,n

223 Integrazione Poniamo anche, scrivendo: che :
Chiameremo s(D,f) e S(D,f) rispettivamente somma inferiore e somma superiore di f relativa alla suddivisione D

224 Integrazione La figura sottostante mostra il significato geometrico di s e S nel caso della parabola y = x quadro , per l’intervallo [0,1]:

225 Integrazione Una funzione f : [a,b] → l limitata si dice integrabile secondo Riemann se succede che sup s= inf S; il valor comune di questi due estremi si chiama integrale di Riemann di f in [a,b] e si denota con uno dei seguenti simboli Dove I = [a,b] è il dominio di integrazione e f = f(x) è la funzione integranda. L’insieme delle funzioni limitate integrabili secondo Riemann su un intervallo I = [a,b] si denoterà con R(I) o R(a,b).

226 Operazioni Finanziarie
Oltre alle grandezze finanziarie definite a partire dalla funzione valore, e’ utile caratterizzare in modo formalmente rigoroso il concetto di operazione finanziaria. In via del tutto generale, deiniremo operazione finanziaria un qualunque insieme di pagamenti (in entrata o in uscita) caratterizzati dalle rispettive date di esigibilita’. Il caso di gran lunga piu’ importante, cui faremo usualmente riferimento, e’ quello di operazioni finanziarie finite, costituite da un insieme di importi x1, x2, …, xm rispettivamente disponibili (col loro segno) ai tempi t1, t2, …, tm con la convenzione t1 ≤ t2 ≤ … ≤ tm . Si tratta quindi di operazioni rappresentate da una coppia di vettori, ad m componenti reali x/t, Con

227 Operazioni Finanziarie
Il vettore dei pagamenti e’: Il vettore delle corrispondenti scadenze, ordinate in senso crescente. Si potra’ anche dire che l’operazione finanziaria e’ costituita dal flusso di importi x sullo scadenziario t. Per brevita’ di notazione, una volta specificato lo scadenziariot, si potra’ indicare l’operazione finanziaria x/t sempicemente col simbolo x. E’ naturale definire equivalenti due operazioi finanziarie che differiscono tra loro unicamente per importi di entita’ uguale a zero.

228 Operazioni Finanziarie
Di conseguenza, comunque assegnate due operazioni finanziarie x’/ t’ e x’’/t’’, e’ sempre possibile ridefinirle su uno stesso scadenziario t, scegliendo t come il vettore dei tempi che si ottiene effettuando l’unione insiemistica t ∪ t’ dei due scadenziari di partenza e completando i vettori x’ e x’’ con dei pagamenti nulli sullo scadenziario unione. Date due operazioni finanziarie x’/ t’ e x’/ t’ si definisce operazione finanziaria somma l’operazione x/t ottenuta ridefinendo le due operazioni componenti sullo scadenziario unione t e sommando algebricamente I pagamenti esigibili alle stesse date.

229 Operazioni Finanziarie
Esempio: siano date l’operazione finanziaria x’/t’, con : x’=-{10,1,10,-2} t’={0,0.5,1,1.5} E l’operazione finanziaria x’’/t’’ , con x’={5,5,5} t’’={1,2,3} Lo scadenziario unione e’ : t’ ∪ t’’ = {0,0.5,1,1.5,2,3} L’operazione: {-10,1,10,-2,0,0}/{0,0.5,1,1.5,2,3 E’ equivalente alla x’}’/t’’ . L’operazione finanziaria somma di x’/t’ e x’’/t’’ e’: {-10,1,15,-2,5,5} / {0,0.5,1,1.5,2,3

230 Obbligazioni Un prestito obbligazionario e’ un operazione di scambio monetario con la quale aziende o istituzioni pubbliche si finanziano indebitandosi nei confronti di un grande numero di investitori, L’ammontare complessivo dell’obbligazione di prestito e’ generalmente di ingenti dimensioni, se paragonato al patrimonio tipico del singolo individuo e viene ripartiro tra un numero molto grande di contratti elemntari di scambio tutti uguali tra loro, detti obbligazioni, che vengono emessi sul mercato, cioe’ pubblicamente offerti ai potenziali creditori. Ogni investitore potre’ sottoscrivere un numero di obbligazioni versando all’emittente l’importo corrispondente e restando creditore nei suoi confronti di un flusso di pagamenti futuri specificato dal contratto.

231 Obbligazioni Con terminologia equivalente si dice anche che l’investitore effettua un acquisto di titoli obbligazionari, con riferimento al fatto che acquisisce il diritto a ricevere in futuro un flusso programmato di versamenti a fronte del pagamento, nell’istante corrente, di un importo coincidente col prezzo del titolo. Molti titoli obbligazionari possono essere trattati in un mercato secondario, possono cioe’ essere rivenduti all’acquirente originario o ad altri investitori che diventano creditori dell’emittente per il flusso di pagamenti residuo. Nella grande varieta’ fi emissioni obbligazionarie attualmente esistenti, conviene soffermarsi su due semplici tipologie di titoli che risultano di importanza fondamentale sia per il loro ruolo teorico, sia per la grande diffusione sui mercati finanziari.

232 Obbligazioni Titoli a cedola nulla (zero coupon)
Sono titoli che garantiscono al portatore il pagamento, da parte dell’emittente, di una somma di importo fissato C ad una stabilita data futura s. Per acquisire questo diritto l’investitore deve pagare nell’istante corrente t un prezzo P, che va versato all’emittente se t e’ anche la data di emissione dell’obbligazione, oppure al detentore del titolo se l’emissione e’ avvenuta prima di t. Si puo’ dire che l’emittente garantisce al detentore di questa obbligazione il flusso di pagamenti x costituito dall’unico importo C, definito sullo scadenziario t formato dall’unica data s, detta appunto scadenza (o maturity) del titolo.

233 Obbligazioni Piu’ significativamente, l’acquisto di un titolo a cedola nulla configura un operazione finanziaria di scambio che, vista dalla parte dell’investitore, puo’ essere formalizzata dalla coppia di vettori: y / s ={-P,C} / {t,s} Essendo P,C>0 e t<s Un titolo di questo tipo viene alternativamente indicato come “titolo di puro sconto” o “titolo a capitalizzazione integrale” e’ anche molto usata la denominazione zero coupon. L’importo C e’ noto come valore facciale ( o nominale o di rimborso) del titolo. La somma P rappresenta il prezzo di emissione se l’obbligazione viene comprata direttamente dall’emittente, oppure semplicemente il prezzo di acquisto (o piu’ precisamente il corso o quotazione) nel caso in cui la transazione avvenga sul mercato secondario.

234 Obbligazioni La durata s-t rappresenta la vita residua , o vita alla scadenza, del titolo; questa quantita’ viene spesso confusa con la scadenza s, perche’ nella pratica, quando e’ possibile, si scieglie l’origine dei tempi concidente con la data di acquisto (t=0). L’operazione di scambio monetario costituita dall’acquisto di un titolo a cedola nula puo’ essere rappresentata tramite una funzione valore che, per contratto e’ definita da: W(t) = P, W(t, t+τ ) = C Essendo τ =s-t la vita residua (in t) del titolo.

235 Obbligazioni Esempio: consideriamo un titolo a cedola nulla con valore facciale C = 100 euro e scadenza s=3 mesi, emesso in t=0 al prezzo P=98 euro. L’operazione finanziaria consistente nell’acquisto del titolo in t ha la forma: y/s= {-98,100}/ {0,3} Avendo misurato il tempo in mesi. La vita a scadenza, coincidente con la maturity) e’ τ = 3-0=3 mesi; la funzione valore e’ tale che W(0)=98 e W(3)=100. L’interesse relativo al periodo [0,3] e’ ΔW =100-98=2 euro e I; tasso di interesse sullo stesso periodo risulta j(0,3)=2/98=2.0408%. Il tasso di sconto e’ uguale a 2/100=2% e l’intensita’ di interesse e’ j(0,3)/3= mesi alla meno uno.

236 Obbligazioni I Buoni Ordinari del Tesoro sono un importante esempio di titoli zero coupon emessi dallo Stato italiano . Alle aste di emissione, che avvengono con scadenza circa quindicinale (di norma a meta’ e alla fine di ogni mese) vengono offerti BOT con vita e scadenza di circa 3,6 e 12 mesi. Una caratteristica comune a tutti I titoli di Stato italiani e’ quella di essere tassati o al momento dell’acquisto oppure alle date dei futuri pagamenti garantiti dall’obbligazione, secondo una aliquota fissa, cioe’ indipendente dalla situazione patrimoniale dell’acquirente. Quindi oltre ai flussi di importi che caratterizzano l’operazione di acquisto del titolo in un ideali mercato esente da tassazione, e’ sempre possibile ricavare anche I corrispondenti flussi after tax.

237 Obbligazioni Nel caso dei BOT, la tassa imposta all’investitore, che e’ fissata al 12,50% degli interessi pagati dal titolo, va corrisposta al momento dell’acquisto direttamente all’ente emittente. Consiste quindi semplicemente in una maggiorazione del prezzo di emissione data da: ΔP=0.125 ΔW=0.125(C-P) Naturalmente accade sempre che P<C. Una volta pagato l’importo ΔP il BOT puo’ essere scambiato sul mercato secondario come se fosse esente da qualsiasi gravame fiscale.

238 Obbligazioni Ponendo uguale a zero la data dell’asta t ed esprimendo il tempo in giorni, il tasso di rendimento, che possiamo denominare lordo, relativo al periodo [0.93] risulta : j(0,93)= ( ) / = 2.891% Per calcolare il corrispondente tasso di interesse netto bisogna fare riferimento al prezzo effettivamente pagato, ottenuto cioe’ aggiungendo a P l’imposta ΔP :

239 Obbligazioni Titoli a Cedola Fissa
Questo tipo di titoli garnatisce al portatore il pagamento di un flusso di m pagamenti periodici I primi m-1 tutti uguali ad un importo fissato I>0, cedola o coupon, l’ultimo espresso da C+I essendo C>0 il capitale, o valore facciale. Se si indica con τ il periodo che intercorre tra un pagamento e il successivo, il flusso dovuto dall’emittente al detentore del titolo è espresso dal vettore di importi: x= {I, I,….., C+I } Sullo scadenziario t= { t1, t1+ τ , …., t1+(m-1) τ } L’istante finale t1+(m-1) τ rappresenta la scadenza del titolo

240 Obbligazioni Se il titolo viene acquistato alla data t<t1 al prezzo P>0 l’operazione finanziaria di scambio effettuata dall’investitore è rappresentata dal vettore di importi : y= {P, I, I,….., C+I } Alle date s= { t, t1, t1+ τ , …., t1+(m-1) τ } La vita a scadenza dell’obbligazione è data da (m-1) τ

241 Obbligazioni Prescindendo da alcuni dettagli specifici dei diversi mercati promari, possiamo assumere che I titoli con cedola garantiscano il pagamento del primo coupon esattamente dopo un periodo τ dalla data di emissione. Quindi se t coincide con l’istante di emissione si ha t1=t+ τ e lo scadenziario s assume la forma: s= { t, t+ τ , t+2τ , …., t + mτ } In particolare, se si pone t=0 e si scegle il periodo τ come unità di tempo, l’operazione finanziaria che caratterizza l’acquisto del titolo all’emissione è: y/s= { -P,I,I , ….,C+I } / { 0,1,2,…,m }

242 Obbligazioni Per le obbligazioni a cedola fissa viene spesso usata la terminologia anglosassone, che li qualifica come coupon bond o, in modo più colorito, come bullet bond o straight bond. Il valore facciale C, che convenzionalmente conviene porre uguale a 100, identifica anche il cosiddetto “valore di parità” del titolo. Se il prezzo di acquisto P è uguale a C si dice che il titolo è quotato (o emesso) alla pari. Se invece P<C, il titolo è quotato sotto la pari, o sopra la pari, rispettivamente. Il rapporto I/C è il tasso cedolare del titolo (quindi, se è C0100, il valore di I fornisce proprio il tasso cedolare espresso in punti percentuali). Se invece si sommano le cedole pagate in un anno e si divide il risultato per C si ottiene il cosiddetto tasso nominale annuo) dell’obbligazione.

243 Obbligazioni Quindi il tasso nominale si ottiene moltiplicando il tasso cedolare per il numero annuo di coupon o, che è lo stesso, dividendo per il periodo τ espresso in anni. Ad esempio, se il titolo ha una periodicità semestrale, cioè se, misurando il tempo in anni, è τ =1/2, il tasso nominale è dato da 2I/C. Queste definizioni giustificano la denominazione di “titoli a tasso fisso”, spesso attribuita alle obbligazioni con cedola costante. In certi casi si fa riferimento al cosiddetto “premio di emissione” definito come la differenza C-P tra il valore di rimborso del titoloo ed il suo prezzo al momento dell’emissione. Consideriamo un coupon bond di cui sia trattato l’acquisto in un istante t successivo alla data di emissione.

244 Obbligazioni La prossima cedola che sraà esigibile nell’istante t1, viene spesso chiamata “cedola in corso” e l’intervallo di tempo che va dalla data t0=t1- τ alla data t1 costituisce il “periodo di godimento” della cedola in corso. Si definisce allora rateo di interesse, o solo rateo, al tempo t l’importo A ottenuto moltiplicando il valore della cedola I per la frazione del periodo di godimento cedola già trascorso alla data t; cioè Che si può anche scrivere

245 Obbligazioni Per come è stato definito il rateo è uguale a zero se la quotazione è effettuata nell’istante immediatamente successivo al pagamento di una cedola, cioè se t=t0, è uguale a I se ci si situa nell’istante immediatamente precedente, t=t1, e cresce lineramente muovendosi all’interno del periodo intercedola. Nel mercato obbligazionario secondario invece che fare riferimento al prezzo effettivamente dovuto P denominato corso tel quel”, si usa effettuare le contrattazioni al cosiddetto “corso secco” Q, che è un prezzo fittizio ottenuto sottraendo il rateo dal corso tel quel; quindi la quotazione effettivamente riportata nei listini non è il corso P, ma il corso : Q=P-A

246 Obbligazioni Questa cnvenzione ha l’effetto di rendere più facilmente confrontabili tra loro, a volte a colpo d’occhio, I prezzi di titoli che richiedono tempi d’attesa diversi per l’incasso della prossima cedola. Evidentement il corso secco coincide col corso tel quel all’emissione e immediatamente dopo lo stacco di ogni cedola. Esempio: consideriamo un titolo con cedola fissa I=3 euro, valore facciale C=100 euro e periodicità trimestrale. Se il titolo, acquistato in t=0 al prezzo P=98 euro, garantisce un flusso con m=5 pagamenti e stacca la prima cedola dopo un mese, abbiamo: y= { -98,3,3,3,3,103 } e s= { 0,1,4,7,10,13 } Avendo misurato il tempo in mesi

247 Obbligazioni Evidentemente l’obbligazione è stata acquistata dopo la data di emissione, perchè t1 – t < τ =3 mesi, ed è quotata sotto la pari. La vita residua del titolo è di 13 mesi, il tasso cedolare è 3/100=3% ed il tasso nominale è pari a 4*3/100=12% dato che vengono pagate 4 cedole l’anno. Per calcolare il premio di emissione non si può utilizzare il valore P=98, che rappresenta una quotazione del mercato secondario, ed è necessario conoscere il prezzo a cui il titolo è stato emesso. Il rateo è dato da: A = 3* 2/3 = 2 euro Dato che sono passati 2 dei tre mesi di godimento cedola dall’acquisto. Il corso secco è Q = 98-2 = 96 euro

248 Obbligazioni I Buoni del Tesoro Poliennali sono emessi dallo Stato italiano, hanno cedola fissa, tipicamente con scadenza 3,5,7,10 e 30 anni. La cedola viene fissata dall’emittente in modo che il prezzo di aggiudicazione risulti sotto la pari. Anche I BTP sono tassati al 12.50%. Ogni cedola viene decurtata del 12.50% mentre il valore facciale C è soggetto alla ritenuta fiscale solamente per la parte costituita dal premio di emissione. Come tutti I titoli a cedola fissa , I BTP sono trattati sul secondario al corso secco. La convenzione adottata per il calcolo del rateo richiede di misurare I tempi in numero intero di giorni sulla base dell’anno “commerciale”, cioè considerando tutti I mesi di 30 giorni e l’anno di 360 giorni, e di esprimere la lunghezza del periodo di godimento cedola già maturato conteggiando sia il primo che l’ultimo giorno del periodo. La cedola va espressa al neto delle tasse.

249 Le Rendite Nell’accezione più comune una rendita è un’operazione finanziaria r costituita da una successione, limitata o illimitata, di pagamenti positivi periodici, detti rate o termini della rendita. Con “operazione di rendita” si intende tuttavia, una qualsiasi operazione di scambio di una rendita r con un pagamento unico, effettuato in una data precedente; ci si riferisce cioè all’operazione consistente nel flusso r delle rate completato con un importo di segno opposto, esigibile in un istante non successivo al pagamento della prima rata. In seguito faremo riferimento a rendite definite contrattualmente al tempo zero. Per fissare le idee, conviene per ora prendere in considerazione rendite annue, in cui la periodicità dei pagamenti è uguale ad un anno, che, come d’uso, sceglieremo come unità di tempo.

250 Le Rendite L’estensione ai casi con periodicità diversa verrà presa in considerazione più avanti. Indicheremo con t1≥0 la data di pagamento della prima rata e con t0≥0 la data di inizio della rendita . Come si vedrà, t0 rappresenta un istante di tempo di significato puramente convenzionale, che di solito o coincide con t1 o precede t1 di un anno; si ha comunque 0≤t0≤t1. Nel caso in cui r è considerata iniziare con il pagamento della prima rata=t1, si parla di rendita anticipata ; se invece è t0=t1-1 la rendita è detta posticipata. In una rendita immediata la data di inizio coincide con l’istante attuale: t0=0. Se invece t0=n siamo nel caso di una rendita differita di n anni. Un ulteriore distinzione è quella tra le rendite temporanee e rendite perpetue. Una rendita temporanea è formata da un numero finito m di rate xk

251 Le Rendite Tali rate sono pagabili agli istanti:
tk= t1 + k-1, k=1,2,….., m La durata della rendita coincide, per definizione, col numero delle rate, o se si preferisce, con la differenza tra la data dell’ultima rata e la data della prima rata più un anno: m = tm-t1+1 Una rendita perpetua è una rendita di durata infinita, costituita cioè da una successione illimitata di prestazioni.

252 Le Rendite Valore attuale di rendite a rate costanti
Ci occupiamo della valutazione di una rendita r in base au una assegnata legge esponenziale. Si tratta di una semplice applicazione dei concetti e delle proprietà introdotte in precedenza che merita però una trattazione dettagliata per la sua importanza pratica. La situazione più semplice è quella delle rendite a rata costante, nelle quali tutte le rate sono uguali ad un importo R assegnato. Si usa, tradizionalmente , distinguere vari casi.

253 Le Rendite Rendita (immediata) posticipata di durata m
Si tratta di una rendita , composta da m rate, con data di iniio in zero, t0=0 e prima rata pagabile alla fine del primo anno, t1=t0+1. Si ha cioè : xk=R, tk=k, k=1,2,…,m Conformemente ad una legge esponenziale con tasso annuo di interesse I, il valore attuale di r è dato da: E’ ottenuto come la somma di m termini, I valori attuali delle singole rate, in progressione geometrica, con ragione v, fattore annuale di sconto, e primo termine Rv.

254 Le Rendite Si ha quindi: Si usa spesso il simbolo
Che si legge “a figurato m al tasso I” per indicare il valore attuale di una rendita immediata posticipata di durata m con rate unitarie.

255 Le Rendite Se si esprime il valore attuale della rendita unitaria nella forma Si ottiene la relazione In base alla quale la somma del valore attuale di una rendita con m rate di importo I e del valore attuale di un euro pagabile dopo m anni ha valore unitario. Se si ricorda che I fornisce il valore numerico degli interessi forniti dall’investimento di un euro per un anno, si può dare un’interessante interpretazione dell’espressione precedente: risulta infatti equo versare un euro al tempo zero e ritirare l’importo, interesse, i per m anni, alla fine di ogni anno, e l’importo I alla fine dell’anno m.

256 Le Rendite Più generalmente, risulta evidenziato dall’ultima espressione un concetto finanziario comune a tutte le operazionidi rendita: è equivalente , rispetto alla fissata legge esponenziale, pagare un importo ad una data oppure ad un’altra, purchè nel frattempo si corrispondano I relativi interessi, in questo caso posticipati. Esempio: sia data una rendita immediata posticipata di durata 4 anni e rate costanti di 10 euro. Se si calcola il valore attuale ad un tasso del 10% si ha: Ad un tasso del 12% si ha invece:

257 Le Rendite Rendita perpetua posticipata
Dato che I valori attuali di una rendita a rate costanti costituiscono I termini di una progressione geometrica di ragione v, ha senso calcolare anche il valore attuale di una rendita di durata indefinita, definito come: La convergenza della serie geometrica è infatti garantita dall’essere il fattore di sconto v un numero positivo minore di 1. Si ha:

258 Le Rendite Rendita (immediata) anticipata di durata m
Si tratta di nuovo di una rendita r con un numero finito m di rate e con data di inizio al tempo zero, t0=0, ma in questo caso la prima rata viene pagata immediatamente, cioè in t1=t0. Si ha quindi : xk= R , tk=k-1 , k=1,2,…,m Conformemente ad una legge esponenziale con tasso annuo di interesse I, il valore attuale di r, calcolato al tasso I, è dato da: E quindi

259 Le Rendite Valgono le considerazione fatte per le rendite temporanee posticipate, con l’unica differenza che in questo caso tutte le rate vanno scontate per un anno in meno, o se si preferisce vanno ricapitalizzate per un anno. Rendita perpetua anticipata Il valore attuale di una rendita a rate costanti perpetua anticipata si può ottenere direttamente capitalizzando per un anno il valore della corrispondente rendita posticipata

260 Le Rendite Rendita differite di n anni
Nel caso di rendite con data di inizio differita di n anni rispetto al tempo zero t0=n, il calcolo del valore attuale secondo una legge esponenziale assegnata si effettua semplicemente scontando per la lunghezza del periodo di differimento il valore attuale della corrispondente rendita immediata, cioè moltiplicando per vn il corrispondente valore W(0,r). Formalmente si possono considerare le rendite immediate come un caso particolare, con n=0, di rendite differite. Avremo I seguenti casi: Rendita temporanea differita posticipata. In questo caso è: t1= t0 + 1 = n + 1 cioè xk = R, tk = k + n , k= 1,2,…m

261 Le Rendite Tenendo conto che:
Il valore attuale della rendita r differita è dato da: Intuitivamente, una rendita di durata m differita di n anni equivale ad una rendita immediata di durata n+m privata delle prime n rate, equivalenti ad una rendita immediata di durata n.

262 Le Rendite b) Rendita perpetua differita posticipata.
Nel caso di durata infinita, dall’epressione del valore di una rendita perpetua si ricava: Può essere utile sottolineare la stretta analogia con la relazione che esprime una serie numerica, la rendita perpetua immediata, in termini di somma parziale di ordine n, la rendita immediata di durata n, e di serie resto di ordine n, la rendita perpetua differita di n anni.

263 Il Piano di Ammortamento
I risultati e le proprietà relativi all’equivalenza finanziaria tra un importo S ed una rendita r visti in precendenza possono essere ricavati ed illustrati costruendo una tabella, detta piano di ammortamento, in cui siano riportati, anno per anno, I dati che caratterizzano lo svolgimento dell’operazione di scambio. Si può ad esempio decidere di riportare, nelle successive colonne: 1) l’anno (k=0,1,2,…m) 2)La rata Rk ( sopratutto quando non è costante) 3)La quota capitale Ck 4) La quota interesse Ik 5)Il debito residuo Mk

264 Il Piano di Ammortamento
La tabella va costruita, di solito, a partire dal valore del debito iniziale, prima riga dell’ultima colonna, e riempiendo via via le altre colonne e le righe successive utilizzando le specifiche contrattuali e le relazioni ricorrenti precedentemente illustrate. Nell’ultima riga dell’ultima colonna dovrà risultare soddisfatta la condizione di chiusura Mm=0. Il metodo del piano di ammortamento risulta comodo sia per effettuare l’analisi dinamica dell’operazione di rendita, nello stesso spirito degli esempi illustrati in precedenza, sia per costruire operazioni finanziarie eque, in base ad un tasso stabilito, che soddisfino a certe richieste sulla struttura delle rate.

265 Il Piano di Ammortamento
Ammortamento a rate costanti posticipate (francese) Sostanzialmente si tratta di una riscrittura dei risultati ricavati nel paragrafo precedente. Omettendo la colonna della rata, che si può riportare direttamente nella testata insieme al tasso di valutazione I, la tabella assumerà la forma:

266 Il Piano di Ammortamento
Anzichè calcolare direttamente I singoli termini del prospetto è spesso più comodo sviluppare il piano secondo la semplice procedura ricorsiva suggerita dalla relazione: Mk= (1+i)Mk-1 Dopo avere calcolato il valore della rata d’ammortamento e dopo avere riportato I successivi valori di k nella prima colonna, si riporta il valore di S in alto a destra, prima riga, quarta colonna, e si completa la pirma riga con degli zeri, dato che, essendo la rendita psoticipata, nessuna rata viene pagata all’inizio del primo anno, caratteristica fondamentale del piano francese. Quindi si calcola la prima quota interesse, dovuta alla fine del primo anno, seconda riga terza colonna, moltplicando per i il debito residuo dell’anno, che in questo caso è uguale al debito inizale S.

267 Il Piano di Ammortamento
Sottraendo il valore ottenuto I1=iS dalla rata costante R si ottiene il valore della prima quota capitale C1 che viene riportata nella seconda riga della seconda colonna. La seconda riga viene completata riportando nell’ultima il valore del debito residuo all’inizio del primo anno, calcolato sottraendo da S la quota capitale appena ricavata. Il procedimento viene iterato calcolando, a partire dal debito residuo Mk all’inizio dell’anno k , la quota interesse Ik+1=iMk dovuta alla fine dello stesso anno, moltiplicando per i, ricavando per la differenza da R la corrispondente quota capitale Ck+1=R-Ik+1 e calcolando il debito residuo all’inizio dell’anno k+1 detrendo la quota capitale del debito dovuto nell’anno precedente: Mk+1=Mk-Ck

268 Il Piano di Ammortamento
Esempio 1: il rimborso di un debito di 100 euro, effettuato in 4 anni al tasso di interesse del 10% annuo, con rate annue costanti pagate posticipatamente, è descritto dal piano di ammortamento riportato nella tabella sottostante:

269 Il Piano di Ammortamento
Esempio 2: il piano di ammortamento al 12%, in 5 rate annue costanti posticipate, di un debito di 5 milioni di Euro è sviluppato nalla tabella 2

270 Il Piano di Ammortamento
Esempio 3: accade spesso che un piano di ammortamento di tipo prefissato, vada costruito in modo che le rate rispettino certe limitazioni assegnate. Si supponga ad esempio di voler determinare il numero minimo m di annualità costanti con le quali si può amortizzare, al tasso annuo i=9%, un debito S=1 milione di euro, se si è in grado di pagare in futuro non più di X= Euro alla fine di ogni anno. Il numero m di rate è il più piccolo numero intero tale he la rata di ammortamento non supera il livello X, cioè tale che sia soddispfatta la diseguaglianza:

271 Il Piano di Ammortamento
Indicando con x il più piccolo intero maggiore o uguale al numero reale x, si ha : Il valore di ciascuna rata è: Con il quale si può costruire il relativo piano di ammortamento francese, al 9% in 17 anni, del debito di 10 milioni.

272 Il Piano di Ammortamento
Ammortamento a rate costanti anticipate (o tedesco) Si tratta di ricavare un prospetto che ricalchi esattamente le relazioni ricorrenti ricavate per le rendite anticipate a rata costante. Una volta calcolata la rata d’ammortamento R=vS/am!i , il metodo di sviluppo si può basare sulla proprietà : Mk=(Mk-1-R) (1+i) che permette di calcolare I successivi valori del debito residuo. La differenza sostanziale, rispetto al caso di rate posticipate è che ora la quota interesse verrà convenzionalmente riportata sulla stessa riga del debito residuo della quale è ottenuta , moltiplicando per il tasso di sconto d), per indicare che in questo caso è pagata all’inizio dell’anno di competenza. La colonna delle quote interesse apparirà quindi spostata verso l’alto di un posto.

273 Il Piano di Ammortamento
Esempio : nella tabella 3 è sviluppato il piano di ammortamento relativo al rimborso di un debito di 100 euro, effettuato in 4 anni al tasso di interesse del 10% annuo, con rate annue costanti pagate anticipatamente.

274 Il Piano di Ammortamento
Ammortamento a quote capitale costanti Se ci si riferisce a rate pagate posticipatamente, è il caso già analizzato in precedenza. Lo schema di sviluppo non differisce dall’ammortamento francese, se non per il fatto che ora tutte le quote capitale sono fissate uguali a S/m e le rate Rk vengono ottenute sommando tale valore a quello delle quote interesse via via calcolate. Esempio: nella tabella 4 è sviluppato il piano di ammortamento relativo ad un debito di 100 euro, rimborsato in 4 anni a quote capitale costanti, al tasso di interesse del 10% annuo.

275 Il Piano di Ammortamento
Piani con preammortamento All’interno dell’operazione di ammortamento si può prevedere un periodo di preammortamento, stabilendo di differeire in n anni la data di inizio del rimborso del debito. Più precisamente, si può convenire che le prime n rate, corrisposte di solito posticipatamente siano costituite solo dalla quota interesse : Ik=iS

276 Il Piano di Ammortamento
Piani con preammortamento Dall’anno n+1, fino alla scadenza, si effettuerà l’ammortamento dell’importo S attraverso il pagamento delle quote capitale, che potranno essere calcolate secondo varie modalità. Un periodo di preammortamento di lunghezza n non fa che prolungare di n anni il corrispondente piano senza preammortamento, aggiungendovi n righe iniziali nelle quali le quote capitale sono costantemente nulle e il debito residuo, quindi, si mantiene uguale al debito iniziale S.

277 Il Piano di Ammortamento
Piani con preammortamento Esempio: il rimborso in 8 anni di un debito di 5 milioni, effettuato con rate annue a quote capitale costanti al tasso del 12% con 3 anni di preammortamento è descritto dal piano di ammortamento in tabella 5

278 Il Piano di Ammortamento
Ammortamento a rimborso unico E’ il caso delle operazioni in cui l’importo iniziale S viene restituito in un’unica soluzione col versamento dell’ultima rata, mentre le rate precedenti, posticipate, vengono corrisposte solo a titolo di interesse. Evidentemente si tratta di un piano con m-1 rate di preammortamento, Rk = iS, k=1,2,…,m ed una sola rata di ammortamento Rm = S + iS Rientrano in questo schema I titoli a cedola fissa emessi alla pari, nei quali cioè il prezzo d’acquisto, che corrisponde al debito iniziale, è uguale al valore nominale.

279 Il Piano di Ammortamento
Ammortamento a rimborso unico Esempio: nella tabella 6 il piano di ammortamento al tasso del 10% per un titolo a cedola fissa quadriennale con valore nominale di 100 euro, cedole annuali uguali a 10 euro, acquistato alla pari.

280 Calcolo combinatorio Il calcolo combinatorio è il termine che denota tradizionalmente la branca Della matematica che studia i modi per raggruppare e/o ordinare secondo date regole gli elementi di un insieme finito di oggetti. Il calcolo combinatorio si interessa soprattutto di contare tali modi, ovvero le configurazioni e solitamente risponde a domande quali "Quanti sono...", "In quanti modi...", "Quante possibili combinazioni..." eccetera. Più formalmente, dato un insieme S di n oggetti si vuole contare le configurazioni che possono assumere k oggetti tratti da questo insieme.

281 Calcolo combinatorio Prima di affrontare un problema combinatorio bisogna precisare due punti importanti Se l'ordinamento è importante, ovvero se due configurazioni sono le stesse a meno di un riordinamento ({x,y,z} è uguale a {z,x,y}?) Se si possono avere più ripetizioni di uno stesso oggetto, ovvero se uno stesso oggetto dell'insieme può o meno essere riusato più volte all'interno di una stessa configurazione.

282 Calcolo combinatorio Una permutazione di un insieme di oggetti è una presentazione ordinata, cioè una sequenza, dei suoi elementi nella quale ogni oggetto viene presentato una ed una sola volta. Per contare quante siano le permutazioni di un insieme con n oggetti, si osservi che il primo elemento della configurazione può essere scelto in n modi diversi, il secondo in (n-1), il terzo in (n-2) e così via sino all'ultimo che potrà essere preso in un solo modo essendo l'ultimo rimasto. Dunque, indicando con Pn il numero delle possibili permutazioni di un insieme di n elementi, si ottiene che esse sono esattamente n! (n fattoriale):

283 Calcolo combinatorio Ad esempio le permutazioni degli elementi dell'insieme {a,b,c} sono 3! = 6: abc, bac ,bca, cab, cba, acb. Un altro esempio può essere il seguente: In quanti modi possibili possiamo anagrammare la parola -ATRIO-, contando anche le parole prive di significato: ATRIO n=5; P5= 5 * 4 * 3 * 2 * 1 = 120 modi di anagrammare la parola ATRIO. N.B: nella parola ATRIO nessuna lettera si ripete. Per completare meglio la definizione di fattoriale fissiamo anche i valori seguenti: 1! = 1 e 0! = 1.

284 Calcolo combinatorio Permutazioni con ripetizioni
In alcuni casi un insieme può contenere elementi che si ripetono. In questo caso alcune permutazioni di tali elementi saranno uguali tra loro. Indicando con k1, k2 fino a kr il numero di volte che si ripetono rispettivamente gli Elementi 1, 2 fino a r, le permutazioni uniche (non ripetute) divengono: Si tratta, infatti, di dividere il numero delle distinte permutazioni di n oggetti per il numero delle permutazioni di k1! presenze di uno stesso elemento, tutte uguali tra loro, poi per il numero delle permutazioni di k2! presenze di uno stesso elemento, ecc.

285 Calcolo combinatorio Disposizioni Semplici
Una disposizione semplice di lunghezza k di elementi di un insieme S di n oggetti, con k ≤ n, è una presentazione ordinata di k elementi di S nella quale non si possono avere ripetizioni di uno stesso oggetto. Per avere il numero di queste configurazioni si considera che il primo componente di una tale sequenza può essere scelto in n modi diversi, il secondo in (n-1) e così via, sino al k-esimo che può essere scelto in (n-k+1) modi diversi. Pertanto il numero Dn,k di disposizioni semplici di k oggetti estratti da un insieme di n oggetti è dato da:

286 Calcolo combinatorio Disposizioni Semplici (senza ripetizioni)
Ad esempio le disposizioni semplici di lunghezza 2 degli elementi dell'insieme {1,2,3,4,5} sono 5!/(5-2)! = 5!/3! = 120/6 = 20: 12, 13, 14, 15, 21, 23, 24, 25, 31, 32, 34, 35, 41, 42, 43, 45, 51, 52, 53, 54. Si osserva che le permutazioni sono casi particolari delle disposizioni semplici: le permutazioni di un insieme di n oggetti sono le disposizioni semplici di tali oggetti di lunghezza n. In effetti per il loro numero:

287 Calcolo combinatorio Disposizioni con ripetizioni
Una presentazione ordinata di elementi di un insieme nella quale si possono avere ripetizioni di uno stesso elemento si dice disposizione con ripetizioni. Cerchiamo il numero delle possibili sequenze di k oggetti estratti dagli elementi di un insieme di n oggetti, ognuno dei quali può essere preso più volte. Si hanno n possibilità per scegliere il primo componente, n per il secondo, altrettante per il terzo e così via, sino al k-esimo che completa la configurazione. Il numero cercato è pertanto:

288 Calcolo combinatorio Combinazioni semplici (senza ripetizioni)
Si chiama combinazione semplice una presentazione di elementi di un insieme nella quale non ha importanza l'ordine dei componenti e non si può ripetere lo stesso elemento più volte. La collezione delle combinazioni di k elementi estratti da un insieme S di n oggetti distinti si può considerare ottenuta dalla collezione delle disposizioni semplici di lunghezza k degli elementi di S ripartendo tali sequenze nelle classi delle sequenze che presentano lo stesso sottoinsieme di S e scegliendo una sola sequenza da ciascuna di queste classi. Ciascuna delle suddette classi di sequenza di lunghezza k contiene k! sequenze, in quanto accanto a una sequenza σ si hanno tutte e sole quelle ottenibili permutando i componenti della σ.

289 Calcolo combinatorio Quindi il numero delle combinazioni semplici di n elementi di lunghezza k si ottiene dividendo per k! il numero delle disposizioni semplici di n elementi di lunghezza k: Di solito tra le diverse disposizioni semplici di una classe si sceglie come combinazione rappresentativa la sequenza nella quale i componenti compaiono in ordine crescente (tutti gli insiemi finiti possono avere gli elementi ordinati totalmente, ovvero associati biunivocamente ai primi interi positivi). Ad esempio le combinazioni semplici di lunghezza 4 degli elementi di {1,2,3,4,5,6} sono 6!/(4!2!) = 15: 1234, 1235, 1236, 1245, 1246, 1256, 1345, 1346, 1356, 1456, 2345, 2346, 2356, 2456, 3456.

290 Calcolo combinatorio Combinazioni con ripetizioni
Quando l'ordine non è importante ma è possibile avere componenti ripetute si parla di combinazioni con ripetizione. Il numero di combinazioni con ripetizione di n oggetti di classe k è uguale a quello delle combinazioni senza ripetizione di n+k-1 oggetti di classe k ed è quindi uguale a: Per se., vi sono modi di distribuire a 2 bambini distinguibili 4 caramelle indistinguibili, contando anche i casi in cui uno dei bambini non riceve nessuna caramella: 0-4, 1-3, 2-2, 3-1, 4-0. Le combinazioni con ripetizioni informano sul numero di possibili n-ple di addendi non negativi la cui somma sia k (considerando diverse n-ple in cui eguali addendi compaiano in ordine differente); nel suddetto esempio, sono mostrate le cinque diverse duple di somma 4.


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