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PRINCIPI COSTITUZIONALI RILEVANTI IN AMBITO PENALE

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Presentazione sul tema: "PRINCIPI COSTITUZIONALI RILEVANTI IN AMBITO PENALE"— Transcript della presentazione:

1 PRINCIPI COSTITUZIONALI RILEVANTI IN AMBITO PENALE

2 Diritto Penale Definisce i fatti che integrano i reati;
vieta determinati fatti mediante la minaccia della pena; si rivolge direttamente a tutti i cittadini; incide sulla libertà personale; parametro di valutazione di sistemi politici e sociali.

3 Processo penale Indice importante del grado di civiltà di un sistema politico e sociale: Ad esempio, valenza della custodia cautelare, vale a dire della limitazione della libertà personale adottata prima del processo, senza che quindi il soggetto sia stato ancora riconosciuto colpevole; Ovvero, valenza delle misure di prevenzione: misure limitative della libertà personale adottate sulla base della pericolosità sociale di un soggetto, al di fuori del processo e a prescindere dal processo. (Nazismo: il meccanismo di deportazione nei campi di concentramento non si fondava sulla condanna penale in esito a un processo, ma sulla custodia preventiva, senza processo)

4 FUNZIONE DEL PROCESSO PENALE
Proteggere la società contro il pericolo ed i danni collegati alla delinquenza; difendere l’accusato contro il pericolo di una condanna ingiusta. La protezione della società spesso si avvale di strumenti che impediscono o ostacolano la difesa dell’imputato. Es. segreto istruttorio: tende ad evitare che l’imputato inquini le prove, ma impedisce che lo stesso dimostri durante le indagini che le prove possono essere inattendibili. Il legislatore deve trovare il giusto coordinamento tra gli interessi in gioco entrambi di rilievo pubblicistico. Spesso occorre scegliere se sia più accettabile condannare un innocente o assolvere un colpevole. In genere, nei sistemi considerati più evoluti, si preferisce assolvere un colpevole che condannare un innocente.

5 Sistemi assoluti e totalitari
Sistemi assoluti e totalitari. (Prevalgono le esigenze di difesa della collettività) La scelta di punire determinate condotte è riservata al Sovrano; formulazione di norme penali generiche: consente ampio spazio discrezionale al Giudice. norme penali generiche o “di chiusura”; esempio: Diritto penale nazista: “chiunque offende il sano sentimento del popolo tedesco”. Se l’oggetto della tutela è il sano sentimento di un popolo, il Giudice è libero di condannare chi vuole. Formule simili si rinvenivano nel diritto penale dei Paesi socialisti (Unione Sovietica, Repubblica Democratica Tedesca etc.) Del resto, la certezza del diritto, unitamente alla distinzione dei poteri è uno dei cardini delle istanze politiche della borghesia, contrapposta all’assolutismo.

6 Sistemi democratici. (Prevalgono le esigenze di protezione dei singoli)
Scelta di punire determinate condotte è attribuita ai rappresentanti del popolo, quindi al Parlamento. Norme specifiche, in cui il fatto punito viene definito con riferimento a parametri puntuali: lo spazio discrezionale del giudice si riduce. Il sistema può essere caratterizzato da maggiore “certezza del diritto”.

7 MODELLO INQUISITORIO e MODELLO ACCUSATORIO
MODELLO INQUISITORIO e MODELLO ACCUSATORIO. (In concreto si è assistito a SISTEMI cd. MISTI ossia PREVALENTEMENTE ACCUSATORI E PREVALENTEMENTE INQUISITORI) TRATTI SALIENTI DEL MODELLO INQUISITORIO: Principio di autorità: si presume che la verità sia meglio accertata se l’organo inquirente dispone di maggior potere; cumulo delle funzioni processuali in un solo organo che opera quale giudice accusatore difensore dell’imputato; stretta connessione con il potere politico che si ritiene consenta meglio di accertare la verità.

8 Corollari: Iniziativa del processo penale in capo al giudice depositario del vero; Iniziativa probatoria d’ufficio; Segretezza: non è ammessa la contrapposizione dialettica delle parti che ostacolerebbe la ricerca del vero; Scrittura: raccolta delle deposizioni da parte dell’inquisitore che redige verbale in cui riporta la relativa interpretazione; Coincidenza tra la verità storica e quella processuale contenuta nel fascicolo processuale: “quod non est in actis, non est in hoc mundo”;

9 Nessun limite all’ammissibilità delle prove: conta esclusivamente il fine da raggiungere cioè la verità non il metodo con cui la si persegue. Piena ammissibilità della tortura dell’imputato finalizzata ad ottenere la confessione (regina delle prove) dello stesso e anche del teste se si ritenga abbia detto il falso; Presunzione di reità; Carcerazione preventiva proprio perché l’imputato si presume colpevole; Molteplicità delle impugnazioni perché il giudice nonostante gli ampi poteri è pur sempre un uomo dunque può fallire; In ultima istanza, si ritiene che il re possa concedere la grazia poiché in lui si cumulino tutti i poteri; La verità accertata è la verità di Stato.

10 TRATTI SALIENTI DEL MODELLO ACCUSATORIO:
Principio dialettico; prende atto dei limiti della natura umana e ritiene che nessun soggetto sia depositario del vero e del giusto; separazione delle funzioni processuali; necessità del bilanciamento dei diversi poteri ad opera di un giudice terzo ed imparziale;

11 Corollari Iniziativa di parte poiché se il giudice determinasse d’ufficio l’oggetto della controversia, si dimostrerebbe parziale; Iniziativa probatoria di parte; Contraddittorio: tutela i diritti di ciascuna parte e costituisce una tecnica di accertamento dei fatti; Oralità; Limiti di ammissibilità delle prove;

12 Presunzione di innocenza finché il giudice non abbia accertato la reità mediante un processo regolato dalla legge e rispettoso del diritto di difesa; Limiti alla custodia cautelare, Limiti alle impugnazioni: i controlli infatti funzionano nel momento stesso in cui si forma la prova davanti al giudice nell’esame incrociato, che sfrutta l’effetto sorpresa. Le impugnazioni hanno lo scopo do controllare se il giudice ha osservato i diritti delle parti e se la decisione è stata motivata in modo ragionevole.

13 Art. 25, comma 1, Cost. Garanzia del giudice naturale precostituito per legge
1. “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”. La disposizione riconosce al cittadino il “diritto alla certezza che a giudicare non sarà un giudice creato a posteriori in relazione ad un fatto già verificatosi”(C.Cost. 88/1962). Essa garantisce, quindi, che sulla causa si pronuncerà un giudice della cui imparzialità non si possa dubitare proprio per il modo in cui è stato designato ab origine (C. Cost. 117/1973; 502/1991).

14 Garantisce anche il singolo magistrato mettendolo al riparo, anche in periodi di forte contrapposizione politica all’interno della magistratura, da tentativi di sottrazione della “sua” causa. Rafforzamento dell’indipendenza interna del giudice; Attuazione del modello costituzionale di una magistratura quale potere diffuso e non gerarchicamente ordinato.

15 Art. 25, commi 2 e 3, Cost. Principio di legalità
2. Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. 3. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.

16 Enunciazione del tradizionale principio di legalità della pena: “Nullum crimen nulla poena, sine previa lege poenali”. Il principio di legalità ha una genesi non strettamente penalistica ma politica. La sua matrice risale al pensiero illuministico e si giustifica con l’esigenza di vincolare l’esercizio di ogni potere dello Stato alla legge, al fine di arginare e prevenire gli arbitri dello Stato assoluto. In ossequio al l principio della separazione dei poteri si ritiene che il giudice debba essere vincolato esclusivamente alla legge (“bouche de la loi”).

17 Riguardo al termine legge è possibile individuare diversi piani di lettura della norma: Il piano delle fonti; Il piano dell’interpretazione; Il piano della tecnica di costruzione delle fattispecie penali; Il piano temporale dell’entrata in vigore della legge prima del fatto commesso.

18 Corollari del principio di legalità: 1. La Riserva di legge art
Corollari del principio di legalità: 1.La Riserva di legge art. 25 Cost. e 1 c.p., 199 c.p.. Tale principio esprime il divieto categorico di punire un determinato fatto in assenza di una legge preesistente che lo configuri quale reato: Il monopolio in materia penale spetta al potere legislativo poiché : è l’unico in grado di salvaguardare la libertà personale dei singoli, di tutelare i diritti delle minoranze e delle forze politiche d’opposizione; Evita forme di arbitrio del potere esecutivo e giudiziario.

19 Cosa deve intendersi per legge?
Legge regionale Soluzione negativa: l’art. 117, co.2, lett. l) Cost. afferma che lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di ordinamento penale. Ne consegue che la legge regionale non può: emanare una norma penale incriminatrice; non può abrogare una norma penale statale; non può dichiarare l’estinzione di un reato previsto da una norma statale; non può depenalizzare il reato previsto dalla legge statale.

20 Normativa comunitaria
Non può considerarsi fonte del diritto penale poiché tale potestà non è prevista dai Trattati istitutivi dell’Unione Europea. L’art. 229 TCE sancisce che i regolamenti possono prevedere sanzioni applicabili dalla Corte di Giustizia ma si tratta di sanzioni amministrative non penali. Se tale potestà venisse attribuita agli organi comunitari anche mediante ratifica con legge e relativo ordine di esecuzione, onde sul piano formale non vi sarebbe la violazione dell’art. 25 Cost., sarebbe comunque incompatibile con l’ordinamento costituzionale dato che la norma penale non verrebbe emanata da un consesso rappresentativo eletto dai cittadini atteso il deficit di democraticità del Consiglio e della Commissione, organo politico il primo e burocratico il secondo, nominato dai Governi degli Stati membri.

21 Non si pone un problema di violazione delle norma comunitarie, in quanto, gli interessi tutelati dell’ordinamento europeo possono garantirsi con autonoma legge penale dello Stato, in piena ottemperanza degli obblighi comunitari, nell’ambito di un processo di armonizzazione ed assimilazione. Es. art. 316 bis e 640 bis.

22 Possibile conflittualità tra i due ordinamenti
Possibile conflittualità tra i due ordinamenti. Posto che la norma comunitaria non può avere natura incriminatrice, potrebbe creare delle zone di liceità nella stessa materia disciplinata dalle norme penali. Atteso il principio di primauté del diritto comunitario la norma nazionale con esso confliggente sarà oggetto di disapplicazione ad opera del singolo giudice: se la norma comunitaria è preesistente: assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato (art.1 c.p.) se è successiva: assoluzione perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato; se vi è stata condanna ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali (art.2, comma 2, c.p.).

23 Per Legge deve intendersi anche quella in senso sostanziale?
Legge in senso formale è quella approvata dal Parlamento e promulgata dal Presidente della Repubblica ai sensi degli artt. 70 e ss. Cost. Legge in senso sostanziale comprende gli atti normativi provenienti dall’esecutivo e che, tuttavia, si pongono sullo stesso piano nella gerarchia delle fonti: Decreti legislativi Decreti legge art. 76 Cost. art. 77 Cost.

24 DECRETI LEGISLATIVI compatibilità con l’art. 25, comma 2, Cost.
L’esigenza garantistica sottesa al principio della riserva di legge non può dirsi frustrata in virtù: dell’obbligo di ottemperare i principi contenuti nella legge delega; per la limitata durata di questa; per il fatto che il Parlamento non viene in questo modo a spogliarsi della sua potestà normativa, potendo non solo derogare esplicitamente la delega, ma anche legiferare direttamente in merito.

25 Decreti legge Anche in tal caso l’esigenza garantistica non viene meno in quanto il decreto deve essere convertito in legge nel termine di 60 giorni altrimenti decade ex tunc. Il D.L. rappresenta un utile strumento di salvaguardia di fronte al dilagare della criminalità. Il controllo della Corte Costituzionale garantisce l’effettiva sussistenza dei presupposti dell’urgenza e non ammette la reiterazione dei decreti legge non convertiti alla scadenza del termine di conversione.

26 Art. 78 Cost. “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”
Si ritiene che tra i poteri necessari possa ricondursi anche quello di emanare norme penali, con esclusione dei bandi militari come fonte di diritto penale. Incompatibilità costituzionale degli artt t.u.l.p.s r.d. del 1931 n. 773 che consentono al Ministro dell’Interno ed al Prefetto di dichiarare lo stato di guerra in ipotesi di disordini, emanando ordinanze anche in deroga alle leggi vigenti, la cui inosservanza viene penalmente sanzionata.

27 Natura della riserva di legge
ASSOLUTA non ammette alcuna ingerenza del potere esecutivo nell’individuazione del precetto penale RELATIVA anche le fonti secondarie possono intervenire sul precetto penale TENDENZIALMENTE ASSOLUTA (tesi prevalente) Principio della sufficiente determinatezza del precetto penale. la norma secondaria può contribuire a delineare il precetto penale solo se la legge dello Stato indichi con sufficiente specificazione i presupposti, i caratteri, i limiti dei provvedimenti dell’Autorità in trasgressione dei quali deve seguire la pena. (Corte Costituzionale 26/2006)

28 2. Il divieto di analogia delle norme penali
La ratio di garanzia sottesa al principio di legalità implica che i consociati debbano conoscere a priori le fattispecie penalmente rilevanti come individuate dal legislatore, conseguentemente, non è ammessa l’applicazione analogica da parte del giudice.

29 Art. 24 Cost 1. Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. 2. La difesa è diritto inviolabile in ogni grado e stato del procedimento. 3. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. 4. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.

30 Il diritto alla tutela giurisdizionale
Va annoverato “tra i principi supremi del nostro ordinamento costituzionale, in cui è intimamente connesso con lo stesso principio di democrazia l’assicurare a tutti e sempre per qualsiasi controversia un giudice ed un giudizio”. (cfr. C.Cost. 18/1982). Inoltre, rientra tra “i diritti inviolabili dell’uomo, che la Costituzione garantisce all’art. 2 Cost.” (cfr. C. Cost. 98/1965).

31 “Secondo il principio di assolutezza, inviolabilità e universalità del diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 e 113 Cost.), non vi è posizione giuridica tutelata di diritto sostanziale senza che vi sia un giudice davanti al quale essa possa farsi valere”. (C. Cost.212/1997; 26/1999)

32 La prima norma desumibile dalla disposizione dell’art. 24 Cost
La prima norma desumibile dalla disposizione dell’art. 24 Cost., riconosce a chiunque voglia far valere un proprio diritto o interesse sostanziale la possibilità concreta, attuale ed effettiva di accedere al giudice, ossia di proporre la domanda iniziale nei confronti del convenuto, dinanzi ad un organo giurisdizionale ritenuto competente

33 Il diritto di difesa e i suoi corollari
L’effettività della difesa tecnica; L’irrinunciabilità della difesa tecnica; La garanzia del contraddittorio; Il diritto alla prova o il diritto di difendersi provando; L’autodifesa; Il diritto a non autoincriminarsi (diritto al silenzio); Il diritto di difendersi negoziando; Il diritto di difendersi impugnando.

34 L’assistenza giudiziaria ai non abbienti
La norma del comma 3 dell’articolo 24 Cost. va letta come un’estrinsecazione dell’art. 3, comma 2, Cost. Essa infatti si preoccupa di garantire l’uguaglianza sostanziale sul piano della protezione giudiziaria dei diritti

35 La riparazione degli errori giudiziari
L’art 24, comma 4, Cost. riconosce un vero e proprio diritto alla riparazione pecuniaria per le conseguenze pregiudizievoli per l’ingiusta condanna contenuta in una sentenza penale irrevocabile. Secondo la stessa corte esso enuncia: “un principio di altissimo valore etico e sociale che rappresenta uno svolgimento coerente del più generale principio di tutela dei diritti inviolabili dell’uomo” (Corte Cost. 1/1969).

36 Tale norma “in attuazione del principio di solidarietà stabilisce che il rischio di errore connesso all’esercizio di tale funzione deve per quanto possibile essere accollato non al singolo colpito dal provvedimento viziato, ma all’intera collettività”. (Scaparone, il IV comma dell’art 24 in Comm. Branca, 127)

37 Art 27 Cost. La responsabilità penale è personale.
L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.

38 Divieto di responsabilità per fatto altrui
“Responsabilità” è un termine di relazione tra un fatto penalmente rilevante che viene imputato ad un soggetto e le sue conseguenze sanzionatorie. Per responsabilità personale deve innanzitutto intendersi responsabilità per fatto proprio e conseguente divieto di responsabilità collettiva e di quella per fatto altrui.

39 La responsabilità personale per fatto proprio colpevole: il divieto di responsabilità oggettiva.
Un fatto di reato di cui taluno possa ritenersi responsabile, non basta sia stato commesso dall’agente sulla base del mero nesso di causalità materiale intercorrente tra la sua condotta e l’evento (art. 40 c. p.) ma deve anche essere avvinto dal nesso psicologico (art. 43 c. p.).

40 Conseguentemente, tale principio così interpretato, porterebbe all’incostituzionalità di tutte le ipotesi di responsabilità oggettiva presenti nel codice Rocco, a partire dalla norma di parte generale che la prevede: l’art. 42, co. 3, c.p. allorché afferma che la legge determina i casi in cui l’evento è posto altrimenti (ossia prescindendo dal dolo e dalla colpa, di cui al precedente) a carico dell’ agente, come conseguenza della sua azione ed omissione.

41 Sentenza C. Cost. 364/1988 La Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 5 c.p. in forza del quale “Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale”, “nella parte in cui non esclude dall’ inescusabilità dell’ignoranza della legge penale l’ignoranza inevitabile”.

42 In relazione alla norma di legge sottoposta allo scrutinio di costituzionalità, la Corte rileva che il comma 1 dell’art. 27 Cost. interpretato in relazione al comma 3 dello stesso articolo ed agli artt. 2, 3, co. 1 e 2, 73, co. 3 e 25 co. 2 Cost. non soltanto richiede la colpevolezza dell’agente rispetto agli elementi più significativi della fattispecie tipica (e, cioè, una relazione psichica tra il soggetto e il fatto), ma anche l’effettività possibilità di conoscere la legge penale: possibilità che rappresenta ulteriore necessario presupposto della rimproverabilità dell’agente e, dunque, della responsabilità penale. Ne consegue che l’art. 5 c.p. disconoscendo ogni collegamento tra l’obbligo penalmente sanzionato e la sua riconoscibilità ed equiparando all’ignoranza non colpevole, e , pertanto, inevitabile, viola lo spirito dell’intera Costituzione ed i suoi essenziali principi ispiratori, che pongono la persona umana al vertice della scala dei valori.

43 Sentenza C. Cost. 1085/1988 La Corte dichiara costituzionalmente illegittimo l’art. 626 c.p., co.1, n. 1 c.p. nella parte in cui non estende la disciplina del furto d’uso ivi prevista alla mancata restituzione, ove dovuta a caso fortuito o forza maggiore della cosa sottratta.

44 La presunzione di non colpevolezza
Quaestio iuris valore da attribuire alla formulazione negativa del principio. 1. tesi. Secondo alcuni autori si sarebbe inteso attribuire rilevanza alla formulazione negativa dell’art. 27, co. 2, Cost. poiché nell’espressione adottata dal costituente si riflette una sorta di compromesso che sarebbe arbitrario ignorare in quanto la formulazione negativa avrebbe il pregio di evitare la contraddizione logica sussistente tra la carcerazione preventiva e la presunzione di innocenza.

45 Secondo tale opzione, insomma, l’art. 27, co
Secondo tale opzione, insomma, l’art. 27, co. 2, ponendo l’accento sulla qualificazione di non colpevolezza, garantirebbe un qualche spazio alla previsione di istituti limitativi della libertà personale dell’imputato primo tra tutti quello contemplato dall’art. 13, co. 5 Cost., vale a dire la carcerazione preventiva.

46 Tale tesi è stata ampiamente criticata da altra dottrina in quanto la contraddizione logica che si vorrebbe sussistente tra presunzione d’innocenza e custodia preventiva non diviene meno evidente solo perché si parla di non colpevolezza, ma il problema reale di coordinamento tra gli artt. 13 e 27 non può dirsi risolto mediante un escamotage che ha tutto l’aspetto di un mero espediente verbale. Le locuzioni non colpevole e innocente risultano infatti perfettamente equivalenti sul piano logico. La dottrina più recente tende a ritenere che la disposizione in esame ponga una vera e propria presunzione di innocenza.

47 Tale regola rappresenta non solo e non tanto uno dei mezzi escogitati per rafforzare la posizione del privato di fronte alla giurisdizione, quanto una vera e propria clausola di salvaguardia della giurisdizione.

48 La presunzione di innocenza come regola di trattamento
Nel nostro ordinamento, la presunzione di non colpevolezza viene concepita anzitutto come divieto di anticipare, nei confronti dell’imputato, un trattamento sanzionatorio.

49 Corollari 1. Sul piano processuale, dal principio deriva l’effetto sospensivo delle impugnazioni penali ordinarie contro le sentenze di condanna; 2. Divieto di attribuire alle misure cautelari, adottate nel corso del processo, finalità proprie della sanzione penale: sebbene la presunzione di innocenza non impedisca alla radice l’adozione di misure restrittive della libertà personale. (C. Cost. 15/1982); 3. La detenzione preventiva, non può avere la funzione di anticipare la pena da infliggersi solo dopo l’accertamento della colpevolezza (C. Cost. 64/1970)

50 Dubbi di compatibilità costituzionale con il principio in esame sono stati avanzati con riferimento all’applicazione provvisoria delle misure di sicurezza che pare difficilmente giustificabile, soprattutto a fronte della variegata gamma di misure cautelari previste dal nuovo codice. In tal senso in diverse sentenze la Corte ha sostenuto che “si può convenire che la intera disciplina potrebbe meritare una attenta revisione”(C. Cost. 324/1998; 228/1999; 367/2004)

51 La presunzione di innocenza opera come criterio fondamentale di orientamento culturale e come limite giuridico in relazione alla cronaca giudiziaria: essa vieta “qualsiasi forma di sentenza giornalistica di colpevolezza” e la stessa “divulgazione a mezzo della stampa di notizie frammentarie, ancora incerte perché non controllate, e per lo più lesive dell’onore” (Corte Cost. 18/1966; 457/1987

52 Nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo, si è valorizzato anche il divieto per il giudice e per altre pubbliche autorità di compiere affermazioni dalle quali emerga una valutazione di colpevolezza senza che vi sia stato un preventivo accertamento della stessa (C. Edu 2006, Pandy c. Belgio; C. Edu 2005, Capeau c. Belgio; C. Edu Lavents c. Lettonia; C.Edu 1983 Minelli c. Svizzera). La Corte europea ha, inoltre, esplicitato il divieto di alimentare dubbi sull’innocenza dopo l’assoluzione definitiva dell’imputato. (C. Edu 2007, Vassilios Stavropoulos c. Grecia; C. Edu 1993 Sekanina c. Austria).

53 La presunzione di innocenza come regola di giudizio
Da tale regola si desume che l’onere della prova grava sull’accusatore e che il dubbio giova quindi all’imputato. In attuazione di tale principio è stata codificata la regola dell’ in dubio pro reo di cui agli artt. 529, c. 2; 530, c.2 e 3, 531 c. 2 c.p.p.. Tale regola è stata ulteriormente specificata dal legislatore con l’introduzione nell’art. 533, co. 1 c.p.p. , come novellato dall’art. 5, l. 20 febbraio 2006 n. 46, della formula anglosassone dell’oltre ogni ragionevole dubbio. (cfr. Iacoviello, C. pen. 2006, 3876, secondo il quale il criterio in parola si salda con il canone di innocenza, nel senso che prescrive di valutare le prove come se l’imputato fosse innocente e cioè dubitando di esse e cercando di falsificarle)

54 Onus probandi e cause di giustificazione
530, c. 3, c.p.p. in caso di dubbio circa la sussistenza di una causa di giustificazione il codice impone l’assoluzione dell’imputato; Alcuna regola è prevista nell’ipotesi in cui non si raggiunga la prova sulla sussistenza di una causa di giustificazione. Posizioni contrastanti: 1. tesi. La pubblica accusa dovrebbe fornire la prova positiva della sussistenza degli elementi costitutivi e la prova dell’insussistenza delle cause di giustificazione e di non punibilità (Illuminati, la presunzione, p. 134). 2. tesi. In senso contrario Cordero Procedura penale, 2006, p.1002.

55 Dal principio in oggetto la consulta ha ricavato anche il diritto dell’imputato ad ottenere il proscioglimento nel merito. (cfr. Corte Cost. 151/1967; 175/1961; 69/1972; 5/1975; 224/1983; 200/1986).

56 Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità.
La disposizione è da intendere come volta ad escludere non solo l’utilizzo di pene corporali ma anche di quelle pene che pur orientate nel senso della rieducazione del reo consistono in tecniche di manipolazione della personalità del condannato ovvero “produttivi di una sofferenza di carattere non fisico ma psicologico - morale consistente nell’umiliazione patita dal soggetto toccato nel valore della sua più profonda dignità umana. Per tale via sono banditi tutti quei trattamentio suscettivi di essere strumentalizzati in termini di prevenzione speciale negativa come la lobotomia, la castrazione, la somministrazione forzata di farmaci, la neurochirurgia, l’elettronarcosi, ovvero le tecniche di condizionamento psicologico).

57 La polifunzionalità della pena:
Funzione rieducativa del condannato; Funzione afflittivo - retributiva e preventiva generale della pena nella fase della previsione legislativa e nella commisurazione giudiziale; Prevenzione speciale e satisfattoria o di reintegrazione dell’ordine giuridico violato come linea di tendenza nella fase esecutiva.

58 La Funzione rieducativa
Il secondo principio della norma in questione impone categoricamente le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. Tale assunto impedisce che la pena possa avere una durata indeterminata e protratta nel tempo finché la rieducazione non venga raggiunta, in netta violazione alla ratio di garanzia che regge le disposizioni costituzionali attinenti al giudizio penale e dall’altro impedisce un’imposizione coattiva dell’attività di rieducazione che, proprio nell’ottica della umanità delle pene, deve essere si proposta ma non forzatamente attuata.

59 Inoltre, proprio perché la pena deve tendere alla rieducazione del condannato si pongono in antitesi con tale principio quelle situazioni in cui il soggetto non potendo avvertire il senso del reato commesso o della pena inflitta, non comprende la necessità dell’opera di rieducazione da tale riflessione così evincendosi lo stretto legame con il principio di personalità della responsabilità penale.

60 Problema della compatibilità della pena dell’ergastolo con la funzione rieducativa della pena
Una pena che istituzionalmente termina solo con la vita del reo come può tendere alla rieducazione del condannato? La Corte Cost. con la sentenza 264/1974 ha respinto la relativa questione di costituzionalità poiché ha specificato che la pena dell’ergastolo non contrasta con il principio di cui all’art. 27, c. 3, Cost., posto che dissuasione, prevenzione, difesa sociale sono a fondamento delle pene, non meno della sperata emenda. Pertanto, non avendo la Costituzione prescritto la pena dell’ergastolo come avrebbe potuto fare essa è rimessa alla discrezionalità politica del legislatore ordinario che potrà ricorrervi qualora appaia indispensabile strumento di intimidazione per individui insensibili a comminatorie meno gravi, o mezzo per isolare criminali che abbiano dimostrato particolare pericolosità ed efferatezza. In ogni caso conclude la Corte, la prevista estensione della liberazione condizionale agli ergastolani (art. 176 c.p., come modificato dall’art.2 l.1634/1962), consente l’effettivo reinserimento del condannato all’ergastolo nel consorzio civile, quando abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento all’autorità giurisdizionale competente a concederla.


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