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La famiglia nella Bibbia 2

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Presentazione sul tema: "La famiglia nella Bibbia 2"— Transcript della presentazione:

1 La famiglia nella Bibbia 2

2 La situazione della moglie
La moglie chiamava il marito ‘adôn, «signore»: Sara rise dentro di sé e disse: Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio! (Gen 18,12) Il marito era anche il ba’al, «padrone»: Quella donna sul far del mattino venne a cadere all'ingresso della casa dell'uomo, presso il quale stava il suo padrone … Il suo padrone si alzò alla mattina, aprì la porta della casa e uscì per continuare il suo viaggio… Le disse: Alzati, dobbiamo partire! Ma non ebbe risposta. Allora il marito la caricò sull'asino e partì per tornare alla sua abitazione (Giud 19, 26-28) La donna dava al marito i titoli che uno schiavo attribuiva al padrone e un suddito al re. Il Decalogo enumera la moglie tra i possedimenti del marito, con la casa e il campo, il servo e la serva, il bue e l’asino, (Es 20, 17; Dt 5, 21). Il marito può ripudiarla, ma ella non può chiedere il divorzio. La donna resta una perpetua minorenne

3 Il voto di una ragazza o quello d’una donna sposata non è valido se non ha il consenso del padre o del marito, e può venire annullato da loro (Num 30, 4-17). Tuttavia la situazione della moglie israelitica è completamente diversa da quella di una schiava. Un uomo può vendere il suo schiavo e perfino sua figlia (Es 21, 7), ma non può vendere la sposa, anche se l’avesse acquistata come prigioniera di guerra (Deut 21, 14). Il marito può ripudiare la moglie, ma essa è protetta dall’atto di ripudio, che le rende la libertà. La donna sposata conservava, se non l’usufrutto, almeno la proprietà d’una parte del mohar e di quanto aveva ricevuto dai genitori (Gios 15, 19; Giud 1, 15). Senza dubbio le erano riservati i duri lavori della casa, custodiva i greggi e lavorava i campi, cuoceva il pane, filava ecc. Ma questa attività esteriore non era umiliante, anzi la poneva in considerazione.

4 Nella famiglia la stima per la donna aumentava quando era diventata madre, soprattutto se madre d’un figlio. Sarai, moglie di Abram, non gli aveva dato figli. Avendo però una schiava egiziana chiamata Agar, Sarai disse ad Abram: «Ecco, il Signore mi ha impedito di aver prole; unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò avere figli». Abram ascoltò la voce di Sarai. Così, al termine di dieci anni da quando Abram abitava nel paese di Canaan, Sarai, moglie di Abram, prese Agar l'egiziana, sua schiava e la diede in moglie ad Abram, suo marito. Egli si unì ad Agar, che restò incinta. Ma, quando essa si accorse di essere incinta, la sua padrona non contò più nulla per lei (Gn 16, 1-4) Giacobbe terminò la settimana nuziale e allora Làbano gli diede in moglie la figlia Rachele. Egli si unì anche a Rachele e amò Rachele più di Lia. Ora il Signore, vedendo che Lia veniva trascurata, la rese feconda, mentre Rachele rimaneva sterile. Così Lia concepì e partorì un figlio e lo chiamò Ruben, perché disse: «Il Signore ha visto la mia umiliazione; certo, ora mio marito mi amerà». Poi concepì ancora un figlio e disse: «Il Signore ha udito che io ero trascurata e mi ha dato anche questo». E lo chiamò Simeone. Poi concepì ancora e partorì un figlio e disse: «Questa volta mio marito mi si affezionerà, perché gli ho partorito tre figli». Per questo lo chiamò Levi (Gn 29, 28-35)

5 Il Decalogo comandava:
Onora il padre e la madre Così la legge condannava le mancanze dei figli contro la madre tanto quanto quelle contro il padre Chi maledice suo padre o sua madre sarà messo a morte (Es 21,17) Chiunque maltratta suo padre o sua madre dovrà essere messo a morte; ha maltrattato suo padre o sua madre: il suo sangue ricadrà su di lui (Lev 20,9)

6 I libri sapienziali insistono sul rispetto dovuto ai genitori:
Chi rovina il padre e fa fuggire la madre è un figlio disonorato e infame (Prov 19,26). Chi maledice il padre e la madre vedrà spegnersi la sua lucerna nel cuore delle tenebre (Prov 20,20). Ascolta tuo padre che ti ha generato, non disprezzare tua madre quando è vecchia (Prov 23, 22). C’è gente che maledice suo padre e non benedice sua madre (Prov 30, 11).

7 Figli, ascoltatemi, sono vostro padre; agite in modo da essere salvati.
Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli, ha stabilito il diritto della madre sulla prole. Chi onora il padre espia i peccati; chi riverisce la madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi riverisce il padre vivrà a lungo; chi obbedisce al Signore da’ consolazione alla madre. Chi teme il Signore rispetta il padre e serve come padroni i genitori. Onora tuo padre a fatti e a parole, perché scenda su di te la sua benedizione. La benedizione del padre consolida le case dei figli, la maledizione della madre ne scalza le fondamenta. Non vantarti del disonore di tuo padre, perché il disonore del padre non è gloria per te; la gloria di un uomo dipende dall’onore del padre, vergogna per i figli è una madre nel disonore. Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Anche se perdesse il senno, compatiscilo e non disprezzarlo, mentre sei nel pieno vigore. Poiché la pietà verso il padre non sarà dimenticata, ti sarà computata a sconto dei peccati. Nel giorno della tua tribolazione Dio si ricorderà di te; come fa il calore sulla brina, si scioglieranno i tuoi peccati. Chi abbandona il padre è come un bestemmiatore, chi insulta la madre è maledetto dal Signore (Sir 3,1-16).

8 Come Gesù onorò sua madre?
San Bonaventura nel 3° sermone sull’Assunzione commenta: Si levò il re incontro alla madre e l’adorò [adoravit - si prostrò davanti a lei], e fu posto un trono per la madre del re, che sedette alla sua destra (1Re 2,19). Nelle parole premesse vengono descritti 4 onori con i quali la Madre di Dio, Maria, oggi è stata solennemente onorata; e sono: un magnifico incontro, perché si levò il re incontro alla madre… L’espressione adorò dimostra il grande onore che è dovuto alla madre dal Figlio… Tutta la beata Trinità, o Maria, ti ha riconosciuta come sposa del casto amore, come dimora della santa abitazione, come officina di mirabile lavoro: il Padre conobbe la beata Maria come dimora della sua maestà; il figlio ne riconobbe il principio della sua umanità ossia della sua umiltà; e lo Spirito Santo il sacrario della sua bontà…

9 Padre Madre Gesù onora il Padre e la madre

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11 la donna è protagonista nella vita privata
Tra uomo e donna non c’era parità. Gli ambiti di azione attribuiti all’uno o all’altro membro della coppia sono diversi: l’azione dell’uomo è pubblica e politica la donna è protagonista nella vita privata Al tempo di Gesù:  La donna deve uscire di casa con il capo sempre coperto.  Scoprire il capo a una donna significa disonorarla.  Al tempio, uomini e donne erano accuratamente separati e si riunivano in cortili ben distinti.  Alla sinagoga la donna non legge e non guida la preghiera. Nella diaspora quest’ultima disposizione non è però sempre così rigorosa.

12 Ricevere questi servizi suscita nello sposo riconoscenza e affetto.
La donna si preoccupa di piacere al marito e di tenere vivo il suo affetto per lei. Quando appartiene a un ceto agiato, la moglie dispone di schiavi; tuttavia, le si raccomanda di eseguire lei stessa certi compiti: - riempire la coppa del marito, - preparargli il letto, - lavargli il viso, le mani, i piedi. Ricevere questi servizi suscita nello sposo riconoscenza e affetto. Il Siracide mette in guardia contro la donna leggera (Sir 26,5-12), mentre il Libro dei Proverbi loda la “donna di carattere” (Pr 31, 10-31): tutto però è visto secondo la prospettiva maschile.

13 “senso di gelosia” Colto da un “senso di gelosia” e dubitando della fedeltà della moglie, l’uomo può sottoporla alla prova detta dell’“acqua amara” (Nm 5, 11-31): Il Signore aggiunse a Mosè: «Parla agli Israeliti e riferisci loro: Se una donna si sarà traviata e avrà commesso una infedeltà verso il marito e un uomo avrà avuto rapporti con lei, ma la cosa è rimasta nascosta agli occhi del marito; se essa si è contaminata in segreto e non vi siano testimoni contro di lei perché non è stata colta sul fatto, qualora lo spirito di gelosia si impadronisca del marito e questi diventi geloso della moglie, quell’uomo condurrà la moglie al sacerdote e porterà una offerta per lei. Il sacerdote farà avvicinare la donna e la farà stare davanti al Signore. Poi il sacerdote prenderà acqua santa in un vaso di terra; prenderà anche polvere che è sul pavimento della Dimora e la metterà nell’acqua. Il sacerdote farà quindi stare la donna davanti al Signore, le scoprirà il capo e porrà nelle mani di lei l’oblazione commemorativa, che è l’oblazione di gelosia, mentre il sacerdote avrà in mano l’acqua amara che porta maledizione. Il sacerdote farà giurare quella donna e le dirà: Se nessun uomo ha avuto rapporti disonesti con te e se non ti sei traviata per contaminarti ricevendo un altro invece di tuo marito, quest’acqua amara, che porta maledizione, non ti faccia danno!

14 Ma se ti sei traviata ricevendo un altro invece di tuo marito e ti sei contaminata e un uomo che non è tuo marito ha avuto rapporti disonesti con te... Allora il sacerdote farà giurare alla donna con un’imprecazione; poi dirà alla donna: Il Signore faccia di te un oggetto di maledizione e di imprecazione in mezzo al tuo popolo, facendoti avvizzire i fianchi e gonfiare il ventre; quest’acqua che porta maledizione ti entri nelle viscere per farti gonfiare il ventre e avvizzire i fianchi! E la donna dirà: Amen, Amen! Poi il sacerdote scriverà queste imprecazioni su un rotolo e le cancellerà con l’acqua amara. Farà bere alla donna quell’acqua amara che porta maledizione e l’acqua che porta maledizione entrerà in lei per produrle amarezza; il sacerdote prenderà dalle mani della donna l’oblazione di gelosia, agiterà l’oblazione davanti al Signore e l’offrirà sull’altare; il sacerdote prenderà una manciata di quell’oblazione come memoriale di lei e la brucerà sull’altare; poi farà bere l’acqua alla donna. Quando le avrà fatto bere l’acqua, se essa si è contaminata e ha commesso un’infedeltà contro il marito, l’acqua che porta maledizione entrerà in lei per produrre amarezza; il ventre le si gonfierà e i suoi fianchi avvizziranno e quella donna diventerà un oggetto di maledizione in mezzo al suo popolo. Ma se la donna non si è contaminata ed è pura, sarà riconosciuta innocente e avrà figli. Questa è la legge della gelosia, nel caso in cui la moglie di uno si sia traviata ricevendo un altro invece del marito e si contamini e per il caso in cui lo spirito di gelosia si impadronisca del marito e questi diventi geloso della moglie; egli farà comparire sua moglie davanti al Signore e il sacerdote le applicherà questa legge integralmente. Il marito sarà immune da colpa, ma la donna porterà la pena della sua iniquità»

15 Protovangelo di Giacomo
Lo scriba Anna venne da Giuseppe e vide Maria incinta. Allora se n’andò di corsa dal sacerdote e gli disse: “Giuseppe, in favore del quale tu testimoni, ha trasgredito gravemente!”. Il sacerdote rispose: “Che dunque?”. Quegli disse: “Ha violato la vergine, che ha presa dal tempio del Signore. Ha carpito le nozze di lei, senza render nota la cosa ai figli d’Israele”. Il sacerdote rispose: “Giuseppe ha commesso questo?”. Lo scriba Anna a lui: “Manda pure degli ufficiali e troverai la vergine incinta”. Gli ufficiali andarono e trovarono come quegli aveva detto. La portarono perciò insieme a Giuseppe in tribunale. Il sacerdote domandò: “Maria, perché hai fatto questo? E perché ti sei resa vile, scordandoti del Signore Dio tuo: tu che crescesti nel Santo dei Santi, ricevesti il cibo dalla mano di un angelo, udisti gli inni e danzasti innanzi a lui? Perché hai fatto questo?”. Ella scoppiò in pianto amaro ed esclamò: “Vive il Signore, mio Dio: io sono pura innanzi a lui e non conosco uomo!”.

16 Il sacerdote chiese a Giuseppe: “Perché hai compiuto tale cosa. ”
Il sacerdote chiese a Giuseppe: “Perché hai compiuto tale cosa?”. Giuseppe rispose: “Vive il Signore, mio Dio, e vive il suo Cristo e il testimone della sua verità: io sono puro a suo riguardo!”. Ma il sacerdote replicò: “Non mentire, ma di’ il vero. Tu hai carpito le nozze di lei, senza far nota la cosa ai figli d’Israele, e non hai piegato il tuo capo sotto la potente mano di Dio, perché la tua discendenza sia benedetta”. Giuseppe tacque. Il sacerdote disse: “Rendi la vergine, che prendesti dal tempio del Signore!”. Giuseppe si profuse in lacrime. Il sacerdote quindi disse: “Vi farò bere l’acqua della prova del Signore ed egli manifesterà i vostri peccati ai vostri occhi”. Poi il sacerdote, presa quell’acqua, ne diede da bere a Giuseppe e lo inviò alla regione montuosa. Ma quegli se ne ritornò sano e salvo. Ne diede pure da bere a Maria e la mandò alla regione montuosa; ma tornò sana e salva. E tutto il popolo si meravigliò che in loro non era apparso peccato. Il sacerdote disse: “Se il Signore non ha manifestato i vostri peccati, neppure io vi giudico”. E li rimandò. Giuseppe, presa Maria, tornava a casa, lieto e glorificando il Dio d’Israele.

17 Numero dei figli Nell’antico Israele l’avere molti figli era l’augurio e il desiderio più grande. Rebecca, mentre lascia la famiglia, è benedetta così: O tu, nostra sorella, diventa migliaia di miriadi (Gen 24, 60). A Booz, che sposa Rut, si augura che la giovane moglie sia simile a Rachele e a Lia, che, da sole, hanno edificato la casa d’Israele (Rut 4, 11-12). Abramo e poi Isacco ricevono la promessa che la loro posterità sarà numerosa come le stelle del cielo (Gen 15, 5; 22,17; 26, 4). Dio promette ad Agar che avrà una discendenza innumerevole (Gen 16, 10).

18 I figli sono la corona dei vecchi (Prov 17, 6),
i tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa (Sal 127, 3), dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo. Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza. Beato l'uomo che ne ha piena la faretra: non resterà confuso quando verrà a trattare alla porta con i propri nemici (Sal 126,3-5). Si desiderano i figli perché perpetueranno la razza e il nome e conserveranno il patrimonio. Le figlie erano meno stimate: con il matrimonio lasciano la famiglia e non era secondo il numero di esse che si valutava la potenza d’una casa. Tra i figli il primogenito godeva di alcune prerogative: durante la vita del padre aveva la precedenza sui fratelli (Gen 43, 33); alla morte del padre riceveva una doppia parte di eredità (Dt 21,17) e diventava il capofamiglia.

19 La nascita La madre era assistita da una levatrice:
quando Rachele partorì ed ebbe un parto difficile. Mentre penava a partorire, la levatrice le disse: «Non temere: anche questo è un figlio!» (Gen 35, 17; cf. 38, 28, e Es 1, 15) Questo significa che vi erano levatrici di professione. Secondo Ger 20, 15 (cf. Gb 3,3) il padre non assisteva alla nascita.

20 Protovangelo di Giacomo
Giunti a metà percorso. Maria gli disse: “Fammi scendere dall’asina, perché ciò ch’è in me mi preme per venire alla luce”. L’aiutò a scendere dall’asina e le disse: “Dove posso condurti per mettere al riparo il tuo pudore? Il luogo è deserto”. Giuseppe trovò là una spelonca e la condusse dentro. Le lasciò vicino i suoi figli e, uscito, cercava una levatrice ebrea nel territorio di Betlem. Ora io, Giuseppe, camminavo e non camminavo. Guardai l’aere e lo vidi colpito da stupore. Guardai la volta del cielo e la vidi immobile; gli uccelli del cielo, fermi... Chi masticava non masticava più; chi prendeva su qualcosa non sollevava più; chi portava alla bocca non portava più: i volti di tutti guardavano in alto. Ed ecco pecore spinte avanti; non andavano avanti, ma stavano ferme. Il pastore sollevò la mano per percuoterle con il bastone; la mano restò in alto. Guardai giù alla corrente del fiume e vidi le bocche dei capretti poste sopra, ma non bevevano. Quindi tutto, in un istante, riprendeva il suo corso.

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22 Ed ecco una donna scendere dalla regione montuosa
Ed ecco una donna scendere dalla regione montuosa. Mi disse: “Uomo, dove vai?”. Le risposi: “Cerco una levatrice ebrea”. Quella mi chiese: “chi è colei che da alla luce nella spelonca?”. Le risposi: “La mia fidanzata”. E quella a me: “Non è tua moglie?”. Le risposi: “Ella è Maria, colei che crebbe nel tempio del Signore ed io l’ebbi in sorte come sposa: ella non è però (ancora) mia sposa, ma ha concepito da Spirito santo”. La levatrice disse: “È vero questo?”. Giuseppe le rispose: “Vieni e vedi”. La levatrice si mise in cammino con lui. Si fermarono all’ingresso della spelonca. Ed ecco che una nube luminosa copriva la spelonca. La levatrice disse: “Oggi l’anima mia è stata glorificata, perché i miei occhi hanno visto cose meravigliose: è nata la salvezza per Israele!”. Improvvisamente la nube si ritraeva dalla grotta e luce apparve là tanto forte che gli occhi non la sopportavano. Poco dopo quella luce cominciò a dileguarsi finché apparve il bambino, il quale si volse per prendere il seno di sua madre, Maria. Allora la levatrice esclamò: “Oggi per me è gran giorno: ho contemplato questo nuovo spettacolo!”. Poi la levatrice uscì dalla spelonca e Salome s’imbattè con lei. Ella disse: “Salome, Salome, devo raccontarti uno spettacolo nuovo: una vergine ha dato alla luce, cosa che la sua natura non permette”. Salome rispose: Vive il Signore, mio Dio: se non pongo il mio dito e non scruto la sua natura, non crederò che una vergine abbia dato alla luce!”. La levatrice entrò e disse a Maria: “Mettiti in posizione!”. Salome mise il suo dito nella natura di lei. Allora gettò un grido: “Guai al mio peccato e alla mia incredulità! Ho tentato il Dio vivo; perciò la mia mano mi si stacca, consumata dal fuoco”. Allora piegò le sue ginocchia innanzi all’Onnipotente e pregò, ed ecco, un angelo del Signore le si presentò e le disse: “Salome, Salome: il Signore t’ha esaudita. Accosta la tua mano al bambino; prendilo su e sarà per te salvezza e gioia”.

23 Lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia (Lc 2, 7)
Rimane il grande mistero: come nel concepire, così anche nel partorire Maria conserva la sua integrità verginale. Il modo in cui partorì ebbe quindi un carattere straordinario. Dai testi evangelici risulta che Maria, nel partorire Gesù, si comportò in modo del tutto attivo, con la mancanza anche del dolore fisico: Lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia (Lc 2, 7) Il neonato era lavato, strofinato con sale (perché si pensava che il sale lo fortificasse) e avvolto in fasce: Dirai loro: Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato l'ombelico e non fosti lavata con l'acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale, né fosti avvolta in fasce. (Ez 16,4; cf. Gb 38, 8-9).

24 Dov’è nato Gesù? Le fonti letterarie sembrano contraddirsi: 1°
la corrente matteana (il Vangelo e l'Ascensione di Isaia) pensa a una casa: Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono (Mt 2,11). quella lucana (seguita da testi tardivi latini e armeni) parla di una greppia di animali e perciò di una stalla: lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo (Lc 2, 7). la tradizione sacerdotale (Protovangelo di Giacomo, Pseudo Matteo, Historia losephi) pensa a una grotta.

25 casa - grotta - stalla Una casa di Nazareth 4 stanze (2,3,5,6)
Stanza per gli ospiti, stranieri (3) detta: katalyma stalla diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo (καταλύματι) (Lc 2, 7) ospiti Per dire albergo Luca usa il termine tecnico pandochéion (Lc 10,34)

26 Per Matteo e Luca, Gesù sarebbe nato a Betlemme di Giuda.
Secondo il Protovangelo di Giacomo, Gesù sarebbe nato al 5° miglio da Gerusalemme, fuori della città di Betlemme, nei pressi della tomba di Rachele, nella regione di Efrata, nei confini delle tribù di Beniamino e di Giuda. Giunti a metà percorso. Maria gli disse: “Fammi scendere dall’asina, perché ciò ch’è in me mi preme per venire alla luce”. L’aiutò a scendere dall’asina e le disse: “Dove posso condurti per mettere al riparo il tuo pudore? Il luogo è deserto”. Giuseppe trovò là una spelonca e la condusse dentro. È in questa casa/grotta/stalla la chiesa giudeo-cristiana di Betlemme cominciò a celebrare la divina maternità della Vergine Maria.

27 La prima teofania Dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?». E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui (Gv 7, 41-43) Di Gesù non si sapeva da dove veniva! L’ascensione di Isaia (I sec.) racconta: E io vidi una donna, della famiglia del profeta David, dal nome Maria: ella era vergine e fidanzata a un uomo di nome Giuseppe - un artigiano, anche lui della stessa discendenza  (...) Quando furono fidanzati ella si trovò incinta e Giuseppe, l'artigiano, voleva rimandarla . Ma l'angelo dello Spirito apparve in questo mondo, e allora Giuseppe non la rimandò più, ma la tenne presso di sé. Egli tuttavia non rivelò a nessuno questo fatto.  Egli non si accostò a Maria e la custodì come una santa vergine, anche se era incinta. Egli non abitò con lei per  due mesi. E dopo due mesi, Giuseppe era a casa, come pure Maria sua sposa, ma tutti e due soli. E accadde che mentre erano soli, Maria volse lo sguardo ed ecco vide un bambino, e lei ne fu turbata. E dopo che fu turbata, il suo ventre si trovò come prima del concepimento. Quando suo marito Giuseppe le chiese: "Che cosa ti ha spaventato?", i suoi occhi si aprirono e vide il bambino e glorificò il Signore perché il Signore era venuto nella sua casa. E una voce si fece udire a loro: "Non dite a nessuno di questa visione" ... Ed essi lo presero con sé, si recarono a Nazaret di Galilea. ( ...) Ed ecco, io vidi che a Nazaret egli poppava come un bimbo, come fanno tutti, per non essere riconosciuto.

28 Maria, pur nel timore, contempla il mistero (Asc. Is., 11,8);
Giuseppe vede il Bambino e loda il Signore, perché era venuto nella sua eredità" (Asc.Is., 11,10); i magi, guidati da una stella grandissima che offuscava le altre e si fermò in capo alla grotta, videro il Bambino con la Madre sua, adorarono e offrirono i loro doni (Protovang. 21,lb-4); I pastori di notte vengono avvolti dalla luce e l’angelo li guida a vedere il bambino (Lc 2, 8-9). adorarono anche tutti coloro ai quali (Dio) volle manifestare la sua gloria (De Partu Virginis, 91). Non adorarono invece i Betlemmiti che rimasero nelle loro tenebre e non credettero (Asc. Is., 11,14).

29 Che cosa videro e trovarono?
Lc 2, 10-18: l'angelo disse ai pastori: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia… i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. Trovarono una famiglia

30 Il bambino veniva ordinariamente allattato dalla madre (Gn 21, 7; 1Sam 1, 21-23; 1Re 3, 21; 2Mac 7, 27) ma talvolta veniva affidato a una nutrice (Gn 24, 59; 35, 8; Es 2,7-9; Num 11,12; 2 Sam 4, 4; 2 Re 11, 2) come si faceva anche in Mesopotamia e in Egitto. Il bambino veniva svezzato verso i 3 anni (1Sam 1, 20-23): Figlio, abbi pietà di me che ti ho portato in seno nove mesi, che ti ho allattato per tre anni, ti ho allevato, ti ho condotto a questa età e ti ho dato il nutrimento (2Mac 7, 27). Alla fine dell’allattamento vi era una festa Il bambino [Isacco] crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchetto quando Isacco fu svezzato (Gen 21, 8).

31 Ora i mesi della bimba aumentavano
Ora i mesi della bimba aumentavano. Quando giunse all’età di due anni, Gioacchino disse ad Anna: “Portiamola al tempio del Signore per compiere la promessa che abbiamo fatta, perché l’Onnipotente non mandi a chiedercela ed il nostro dono divenga così sgradito”. Ma Anna rispose: “Aspettiamo fino al terzo anno; così la bimba non cercherà più il padre o la madre”. Gioacchino rispose: “Aspettiamo!”. Quando la bimba ebbe tre anni, Gioacchino disse: “Chiamate le figlie senza macchia degli ebrei; prendano ognuna una lampada, la quale deve rimanere accesa, perché la bambina non si volti indietro ed il suo cuore non rimanga prigioniero fuori del tempio del Signore”. E fecero così, finché furono salite al tempio del Signore. Il sacerdote la ricevette e, baciandola, la benedisse, dicendo: “Il Signore ha reso grande il tuo nome in tutte le generazioni. Per mezzo tuo, alla fine dei giorni il Signore manifesterà la sua redenzione ai figli d’Israele.

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33 Il nome Il bambino riceveva un nome subito dopo la nascita.
Ordinariamente esso era scelto dalla madre: Così Lia concepì e partorì un figlio e lo chiamò Ruben… (Gn 29,32-35). Poi Dio si ricordò anche di Rachele… Essa concepì e partorì un figlio e lo chiamò Giuseppe (Gn 30,22-24). Talvolta il nome era dato dal padre Agar partorì ad Abram un figlio e Abram chiamò Ismaele il figlio che Agar gli aveva partorito (Gen 16,15). E Dio disse a Abramo: Sara, tua moglie, ti partorirà un figlio e tu lo chiamerai Isacco (Gn 17,19). Mentre [Rachele] esalava l'ultimo respiro, perché stava morendo, essa lo chiamò Ben-Oni, ma suo padre [Giacobbe] lo chiamò Beniamino (Gn 35,18).

34 Nei Vangeli abbiamo 2 racconti diversi:
concepirai un figlio, lo darai alla luce e tu lo chiamerai Gesù (Lc 1,31) L’angelo a Maria Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù (Mt 1,21) L’angelo a Giuseppe

35 L’usanza di aspettare l’imposizione del nome fino alla circoncisione, all’ottavo giorno, non è attestata prima del Nuovo Testamento: All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni» (Lc 1, 59) Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre (Lc 2, 21).

36  Come presso i popoli primitivi, in tutto l’antico Oriente il nome definisce l’essenza d’una cosa: nominarla significa conoscerla e avere di conseguenza potere su di essa. Se, nel Paradiso Terrestre, Dio concede al primo uomo di nominare gli animali è perché li pone sotto il suo potere (Gn 2,19-20). Se si tratta di una persona, conoscere il suo nome significa poter farle del male, per questo vi erano nomi tabù presso i primitivi, e nomi segreti presso gli Egiziani farle del bene, Es.: Mosè è conosciuto da Dio per nome (Es 33,12. 17) Di qui viene anche l’importanza per il fedele di conoscere il vero nome del suo Dio (Es 3,13-15; cfr. Gn 32, 30), particolare che si riscontra in tutte le religioni orientali.

37 Il nome definisce l’essenza, rivela il carattere e il destino di colui che lo porta. Diventa l’espressione d’una speranza o un simbolo. Certi nomi sono ispirati da una circostanza particolare della nascita. Questa circostanza può concernere la madre che partorisce: Eva chiama il suo primogenito Caino (Qain), perché essa ha «acquistato» (qanah) un uomo (Gn 4, 1). Lo stesso è per i nomi dei figli di Giacobbe (Gn 29, 31-30, 24). Rachele, prima di morire, chiama il figlio Ben-Oni, «figlio del mio dolore», ma Giacobbe cambia questo nome in Beniamin, «figlio della destra» (Gn 35, 18). Più raramente la circostanza riguarda il padre: Mosè chiama suo figlio Gershom, perché l’ha avuto quando era ghér, residente in terra straniera (Es 2, 22).

38 mai la circoncisione è stata operata nel santuario
La circoncisione doveva farsi l’ottavo giorno dopo la nascita secondo la legge di Lev 12, 3 e il racconto sacerdotale dell’alleanza con Abramo (Gn 17, 12). L’operazione era eseguita dal padre (Gn 21, 4), dalla madre nel caso del tutto particolare di Es 4, 25, più tardi da un medico o da uno specialista (1Mac 1, 61). Il luogo era indifferente; mai la circoncisione è stata operata nel santuario o dai sacerdoti Gli Israeliti non solo dovevano far circoncidere i loro figli, ma anche i servitori, israeliti o stranieri (Gn 17, 12-13). Era una condizione richiesta perché gli stranieri, servi o residenti, potessero partecipare alla Pasqua, festa della comunità israelitica (Es 12,43-49).

39 Secondo i racconti biblici, la circoncisione cominciò a venir praticata dal clan di Abramo dopo il suo ingresso in Canaan e fu prescritta da Dio come un segno dell’alleanza che egli concludeva con Abramo (Gen 17, ). L’usanza continuò ad essere osservata dai Patriarchi e lo fu anche in Egitto. Sembra tuttavia che Mosè sia rimasto incirconciso (Es 4, 24-26). La circoncisione, trascurata nel deserto, fu ripresa con l’entrata nella Terra Promessa (Gs 5, 4-9). È difficile precisare l’estensione di questa pratica nell’Oriente antico a causa dell’incertezza e della contraddizione delle testimonianze. In Egitto i basso-rilievi l’attestano sin dal III millennio a.C. Vari popoli erano circoncisi. Sembra proprio che gli Ebrei abbiano adottato questa usanza quando si sono installati in Canaan (Gn 17, ; Gios 5,2-9). Ma questa pratica prese presso di loro un significato religioso particolare.

40 L’educazione Nel mondo biblico l’educazione non è né elitaria, né intellettualistica, ma diffusa e concreta. Il verbo lmd sottolinea l'aspetto anti-intellettualistico della educazione. Esso è solitamente tradotto con «imparare», ma vuol dire più precisamente e profondamente abituarsi a vivere una varietà interiorizzata, apprendere concretamente a fare una cosa Il verbo al piel significa insegnare a fare, allenare ed esercitare, abituare a fare, far esercitare. L’educazione è per la vita, per imparare a vivere fondandosi sulla Parola di Dio

41 Si deve notare nella Tradizione ebraica l’importanza di essere figlio o figlia di “madre ebrea”.
Ciò è spiegabile da 2 punti di vista: 1. dal punto di vista sociologico, l’ebreo dice che mentre si è sempre certi della maternità, non lo si può essere sempre della paternità, pertanto è la madre che garantisce l’ebraicità della discendenza. 2. Dal punto di vista teologico si riflette sul significato della relazione che si stabilisce tra madre e figlio fin dal concepimento: la madre è infatti colei che può instaurare un rapporto significativo con il nascituro fin dalla gravidanza, - è colei che lo allatta e lo svezza, - è colei che per prima gli può testimoniare attraverso gesti e parole la fede e la prassi religiosa del popolo di Israele. Il bimbo dentro la madre prega con lei, canta con lei, ecc. Ecco allora che essere ebrei in quanto “nati da madre ebrea” non esprime solo una semplice consanguineità biologica, ma attesta la particolare relazione materno-filiale nel contesto della quale affonda le radici la coscienza del proprio senso di appartenenza.

42 Questo non svaluta il ruolo paterno:
se, da una parte, la madre è la prima ad essere chiamata in causa, dall’altra la sua testimonianza deve associarsi a quella del padre, in quanto entrambi sono responsabili dell’educazione religiosa dei figli anche se in maniera diversa e complementare. La Tradizione rabbinica individua un richiamo a questo comune dovere dei genitori nelle parole che il Signore rivolge agli israeliti attraverso Mosé prima della rivelazione sul monte Sinai: Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: “Questo dirai (tomar) alla casa di Giacobbe e racconterai (tagged) ai figli d’Israele” (Es 19,3). Perché il Signore ribadisce lo stesso concetto (dire/raccontare) con due verbi apparentemente sinonimi?

43 I rabbini precisano che qui non siamo di fronte ad una inutile ripetizione poiché nella Scrittura ogni espressione ha un particolare senso: - il verbo dirai si riferisce alla donna e al suo particolare ruolo nella trasmissione della vita e della tradizione di fede. In effetti la radice del verbo dirai (tomar) ‘-m-r comprende anche il significato di “progettare”, rimandando pertanto, in questo contesto, al fatto che la donna e chiamata in maniera particolare a collaborare alla creazione di Dio trasmettendo la vita - il secondo verbo racconterai, che nella radice verbale n-g-d comprende anche il significato di “instillare”, si riferisce all’uomo che, assieme alla donna, è chiamato a testimoniare la fede dei Padri educando le nuove generazioni ad una vita alla luce della Torà, cioè dell’insegnamento rivelato.

44 In questo orizzonte di reciprocità, la Tradizione riconosce comunque alla madre una peculiarità che è strettamente connessa al suo “essere donna”, e che si manifesta in maniera significativa nel suo garantire i diversi aspetti della liturgia famigliare come centro e cuore della medesima. In effetti, all’interno della vita famigliare, la donna aveva un ruolo insostituibile nella liturgia domestica. La Tradizione dei Maestri di Israele vedeva nella donna una particolare e insostituibile custode e testimone dei valori ebraici, e ciò spiega il suo ruolo fondamentale nella liturgia domestica che costituisce uno dei momenti catechetici più importanti per i bambini. Dalla madre i bambini ricevevano la trasmissione della tradizione religiosa interiorizzandola progressivamente.

45 Il ruolo della madre emergeva in maniera significativa durante la celebrazione delle feste e, in modo particolare, durante la celebrazione annuale della Pasqua: alle domande di uno dei figli più piccoli segue il racconto dell’Esodo accompagnato da gesti, da cibi rituali (come il pane azzimo e le erbe amare) e da spiegazioni secondo la Tradizione, che permettono ad ogni membro della famiglia di vivere la dimensione del “far memoria” per poter “uscire nuovamente dall’Egitto”. Il momento culminante di quasi tutte le festività non avveniva nella Sinagoga, ma nella famiglia attorno alla mensa, dove il segno della presenza divina è quello delle candele che solo la donna può accendere sottolineando così l’incedere del “tempo di Dio” nel tempo della storia: la casa diventa uno “spazio sacro” nel quale la tavola comune diventa “l’altare domestico”.

46 Ma non si tratta solo della liturgia delle grandi feste o della celebrazione settimanale del Sabato:
ogni pasto per un ebreo e un “momento sacro”, e non solo perché si benedice la tavola e si ringrazia Dio per i suoi doni, ma perché al pasto sono connesse due fondamentali osservanze ebraiche: - la kasherut o normativa sui cibi permessi e sul modo di prepararli, e - l’ospitalità del povero e del forestiero. La cucina ebraica è anche strettamente legata al calendario liturgico: c’è un cibo per ogni festa, tanto che molti “ricettari” sono una raccolta di ricette, preghiere e spiegazioni rabbiniche proprie per ogni ricorrenza. In questo contesto la donna è la garante sia della kasherut che dell’organizzazione di tutta la liturgia domestica che, soprattutto durante la celebrazione del Sabato, la vede come protagonista principale. Si può quindi affermare che l’essere ebrei in quanto “nati da madre ebrea” è strettamente connesso al fatto che si prende coscienza di ciò e si matura il senso di appartenenza a questo popolo grazie anche ai gesti e alle parole affidati in maniera particolare alla donna, attraverso i quali si fa costantemente “memoria” della propria Tradizione di fede.

47 I bambini I bambini erano affidati alla madre o alla nutrice, anche dopo essere stato svezzato (2 Sam 4,4) sino ai 12 anni. Il piccolo Israelita passava il suo tempo a giocare per le strade o sulla piazza con i bambini della sua età (Ger 6, 11; 9,20; Zac 8, 5; Mt 11, 16). Cantavano, ballavano, si divertivano con forme di terracotta come se ne sono trovate negli scavi; le bambine hanno sempre giocato con le bambole. La madre dava ai piccoli i primi elementi dell’istruzione, soprattutto morale: Ascolta, figlio mio, l'istruzione di tuo padre e non disprezzare l'insegnamento di tua madre (Prov 1, 8) Figlio mio, osserva il comando di tuo padre, non disprezzare l'insegnamento di tua madre (Prov 6,20). Questi consigli materni potevano continuare anche durante l’adolescenza: Parole di Lemuèl, re di Massa, che sua madre gli insegnò (Prov 31, 1).

48 i principi educativi basilari (Prv 1,8; 6,20; Sir 30,1-13).
Dopo la pubertà, verso i 12 anni, i ragazzi usciti dalla fanciullezza erano affidati al padre, che era tenuto a insegnare: i dati fondamentali del credo dell’Israelita (Es 10,2; 12,26, 13,8; Dt 4,9; 6,7.20 ss.; 32,7.46), i principi educativi basilari (Prv 1,8; 6,20; Sir 30,1-13). Il padre aveva il dovere di narrare ai figli maschi l’esodo dall’Egitto (Es 10, 2; Dt 6, 20-21) per introdurli nel cuore della fede giudaica. Questo viene ricordato da Paolo in 1Tes 2, 7-12: ... siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature. Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari. Voi ricordate infatti, fratelli, la nostra fatica e il nostro travaglio: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno vi abbiamo annunziato il vangelo di Dio. Voi siete testimoni, e Dio stesso è testimone, come è stato santo, giusto, irreprensibile il nostro comportamento verso di voi credenti; e sapete anche che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, incoraggiandovi e scongiurandovi a comportarvi in maniera degna di quel Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria.

49 Nella sua famiglia il giovane giudeo apprende le leggi (Dt 6, 7) che gli sono presentate come dono di Dio. All’inizio del II secolo, Ichuda ben Tema diceva: A cinque anni si è pronti per la Scrittura, a dieci per la Mishnah, a tredici per i comandamenti, a quindici per il Talmud, a diciotto per il baldacchino nuziale, a venti per le attività lavorative Oltre al dovere di insegnare la legge, al padre compete anche quello di riscattare il primogenito offrendo degli animali al Tempio (Es 13, ; 34, 20), di circoncidere i figli maschi, di insegnare loro un mestiere e di farli sposare. La madre si incarica invece dell’educazione delle figlie. Si tratta di far conoscere alle ragazze le tradizioni del giudaismo e di insegnare loro i riti e le pratiche che rendono piacevole la vita domestica.


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