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16 ottobre e 6 novembre 2013.

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Presentazione sul tema: "16 ottobre e 6 novembre 2013."— Transcript della presentazione:

1 16 ottobre e 6 novembre 2013

2 Definizione di BES; Impatto “legale” della direttiva; La costruzione del PDP.

3 BES: UNA DEFINIZIONE… Il Bisogno Educativo Speciale è una qualsiasi difficoltà evolutiva, in ambito educativo ed apprendivo, che consiste in un funzionamento (frutto dell’interrelazione reciproca tra i setti ambiti della salute secondo il modello ICF e dell’OMS) problematico anche per il soggetto, in termini di danno, ostacolo o stigma sociale indipendentemente dall’eziologia, e che necessita di educazione speciale individualizzata.

4 BES: la soglia tra funzionamento normale e problematico.
L’insegnante e il genitore “sentono” attraverso il loro disagio una problematicità di apprendimento e di sviluppo nel bambino ma questo non è sufficiente per giudicare come realmente problematico il funzionamento apprendivo- educativo del soggetto. La valutazione di bisogno educativo speciale deve difendere il bambino tanto da un eccesso di preoccupazione (iperprotezione) quanto da una scarsa preoccupazione.

5 BES: la soglia tra funzionamento normale e problematico.
Ma allora come passare da una sensazione soggettiva di disagio ad una valutazione quanto più possibile oggettiva? DANNO effettivamente vissuto dall’alunno e prodotto su altri, alunni o adulti, rispetto alla sua integrità attuale fisica, psicologica e relazionale (autolesionismo, disturbi del comportamento gravi, disturbi emozionali gravi ecc.).

6 BES: la soglia tra funzionamento normale e problematico.
OSTACOLO danno non è osservabile in modo chiaro assumendo come criterio quello dell’ostacolo. La difficoltà non danneggia nel presente il bambino ma lo pone in condizione di svantaggio nelle successive fasi evolutive (es. deficit del linguaggio o dell’apprendimento lieve. STIGMA SOCIALE il bambino attraverso il suo scarso funzionamento educativo- apprendivo sta peggiorando la sua immagine sociale e sta costruendo ulteriori processi di stigmatizzazione.

7 La normativa inclusiva

8 DIDATTICA SPECIALE = DIDATTICA DI QUALITÀ
«Un’integrazione di qualità ha bisogno di una didattica di qualità. La didattica è l’insegnamento, cioè le prassi che pervadono l’ambiente scuola, sia in verticale che in orizzontale, con i docenti e tra gli alunni. La didattica è la normalità dell’operare finalizzato allo sviluppo di capacità e competenze utili, nel contesto di una relazione di aiuto profonda e significativa con chi apprende. La didattica è anche puntare a un obiettivo di crescita, avere a cuore lo sviluppo dell’alunno, programmare, agire e valutare (anche severamente) la propria azione didattica e le azioni di chi apprende. (D. Ianes, Didattica speciale per l’integrazione. Erickson, 2005 – II edizione) Si fa didattica quando si insegna letteratura italiana o calcolo frazionario, quando si lavora nell’educazione socio-affettiva, quando si insegna a collaborare, a soffiarsi il naso, a prendersi cura del materiale didattico, a rispondere con lo sguardo al proprio nome, e in tanti altri modi».

9 DIDATTICA SPECIALE = DIDATTICA DI QUALITÀ
L’integrazione di qualità passa attraverso la qualificazione della didattica: la didattica quotidiana è sempre speciale, nella misura in cui ogni individuo ha dei bisogni speciali.

10 LE QUATTRO COORDINATE DELLA “DIDATTICA DI QUALITA’”
Nord: Riconoscimento delle differenze e conoscenza dei bisogni educativi speciali Didattica di qualità Ovest: Collaborazione tra i compagni di classe Est: Progettualità individualizzata e aperta alla vita adulta Sud: Efficacia relazionale e cognitiva

11 LA “DIDATTICA DI QUALITA’”….verso l’INCLUSIONE
INTEGRAZIONE Fare spazio alla persona con disabilità all’interno del contesto scolastico. Paradigma assimilazionista: adattamento del disabile a un’organizzazione scolastica strutturata fondamentalmente in funzione di normalità. Il successo è misurato dal grado di normalizzazione. INCLUSIONE È ciò che avviene quando ognuno sente di essere apprezzato e che la sua partecipazione è gradita . Affermare le differenze; metterle al centro dell’azione educativa. Rappresenta un processo; la capacità di fornire una cornice dentro cui gli alunni possono essere ugualmente valorizzati, trattati con rispetto e forniti di opportunità. Prospettiva inclusiva Seconda visione risponde alla domanda: Quali sono le barriere che impediscono la partecipazione e l’apprendimento? Considero anche la difficoltà o il disturbo di un alunno ma non è lui la barriera. Quindi cosa faccio con questa seconda visione? Sposto l’ottica dalla centralità del deficit, che è stato diagnosticato dentro l’alunno, a quelli che sono gli ostacoli che si costruiscono. …………………Il concetto di differenza, quindi, si definisce come le modalità di ciascuno di entrare nell’apprendimento e nelle relazioni, di essere all’interno di un’esperienza. E quindi acquisisce una dimensione interattiva. Noi insegnanti siamo più esposti ai contenuti più che a ciò che avviene nel momento in cui si sta arrendendo. E naturalmente se noi siamo più presi dai contenuti l’unica possibilità che abbiamo di modificarci è la semplificazione mentre se ci dedichiamo ai processi che portano all’apprendimento di quei contenuti, abbiamo molte più possibilità di dare risposte all’interrogativo se l’organizzazione e la metodologia della mia classe sono degli ostacoli e non favoriscono la partecipazione l’apprendimento. Cambia sia l’ottica del guardare l’alunno e sia l’ottica nel pensarsi insegnante nella relazione con questo alunno. Possiamo delineare uno sfondo per l’inclusione. Ora l’emergere di questa situazione che cosa mette sotto i riflettori: Innanzitutto mette sotto i riflettori la CRISI DEL CONCETTO DI OMOGENEITA’! Signori, dobbiamo interagire con un gruppo eterogeneo ….chiaramente noi non possiamo più affidarci al concetto di dare a tutti la stessa cosa. Il famoso slogan dell’uguaglianza delle opportunità (di stampo liberale, fra l’altro) era naturale e importante in una certa fase storica ma anche pedagogica, ora rischia di diventare una trappola! Perché? Perché se viene interpretato di dare a tutti le stesse cose, noi entriamo in contraddizione con l’eterogeneità che abbiamo di fronte. Dare a tutti le stesse cose di fronte all’eterogeneità rappresenta uno scompenso da un punto di vista didattico-pedagogico. Ma non solo, se va in crisi il concetto di omogeneità, di conseguenza, il metodo e l’organizzazione didattica viene presa in considerazione. Roberto Medeghini Fabio Dovigo, INDEX per l’inclusione CRISI DEL CONCETTO DI OMOGENEITA’!

12 Come si arriva all’inclusività?

13 La politica dell’Inclusione scolastica in Italia
L’Italia è stata tra i primi paesi a scegliere la via dell’integrazione degli alunni con disabilità in scuole e classi regolari Pre anni ’60: dall’esclusione alla medicalizzazione Anni ’60 – metà anni 70: dalla medicalizzazione all’inserimento Metà anni ’70 – anni ’90: dall’inserimento all’integrazione Nel 2000 con la legge 62 viene sancito il diritto all’integrazione degli alunni disabili anche nelle sezioni e classi delle scuole paritarie. L’iter normativo viene considerato concluso fino a quando le prassi affermatesi in Europa e nei paesi anglossassoni fanno osservare all’Italia che aveva realizzato una normativa sull’inclusione generalizzata. L’evoluzione della normativa inclusiva in italia ha inizio alla fine degli anni ’60 con l’inserimento e, in seguito, l’integrazione degli alunni con disabilità nelle sezioni e classi comuni delle scuole statali. Secondo l’Europa la normativa italiana trascurava i casi di difficoltà di apprendimento non dovute a cause sanitarie ma a svantaggio socioculturale, ambientale, familiare.

14 L’Agenzia Europea… Nel 1996 viene fondata l’Agenzia Europea per lo Sviluppo dell’Istruzione degli Alunni Disabili con l’intento di rafforzare la collaborazione tra diversi stati europei nell’area dell’istruzione speciale e promuovere l’adozione di numerosi programmi comunitari specifici per gli alunni disabili e i professionisti e i docenti del settore. L’Agenzia Europea per lo Sviluppo dell’Istruzione degli Alunni Disabili è un ente indipendente ed autonomo fondata dagli stati membri dell’UE per realizzare una piattaforma di collaborazione sullo sviluppo dell’offerta formativa e scolastica per gli alunni con bisogni educativi speciali. L’Agenzia è finanziata dai Ministeri dell’Istruzione dei paesi aderenti (gli stati membri dell’Unione Europea, Islanda, Norvegia e Svizzera) ed è sostenuta dalle Istituzioni dell’Unione Europea con il Programma Jean Monnet nell’ambito del Programma Comunitario di Apprendimento Per Tutto l’Arco della Vita. L’Agenzia facilita la raccolta, l’elaborazione e il passaggio di informazioni a livello europeo e nazionale e offre agli stati membri l’opportunità di apprendere e scambiare diverse tipologie di conoscenze e di esperienze nel settore. I programmi di lavoro a breve e lungo termine riflettono le priorità dei paesi membri e sono in linea con le politiche europee nel campo dell’handicap e dell’istruzione e della promozione della piena partecipazione degli alunni disabili all’istruzione e formazione comune. Il nostro obiettivo è promuovere le politiche e prassi educative che operano per accogliere diverse tipologie di esigenze educative – e gli alunni portatori di handicap. Ciò richiede lo studio di tematiche quali le pari opportunità, l’accessibilità, l’integrazione scolastica e la promozione della qualità dell’istruzione riconoscendo le differenze tra le politiche e le prassi nazionali e i contesti educativi. LA NOSTRA STORIA L’Agenzia è nata nel La sua fondazione va inquadrata nel contesto della crescente collaborazione tra diversi stati europei nell’area dell’istruzione speciale. Questa cooperazione è stata di grande rilievo e ha portato, tra le altre cose, all’adozione di numerosi programmi comunitari specifici per gli alunni disabili e i professionisti e i docenti del settore. Questi programmi hanno notevolmente contribuito allo sviluppo dell’istruzione speciale in Europa. Inoltre, la loro attuazione ha dato voce all’esigenza di una struttura sistematica e permanente che poteva occuparsi in modo continuo della collaborazione paneuropea nel campo, facilitando ed estendendo lo scambio di informazioni e di esperienza tra e all’interno degli stati nazionali al fine di promuovere la qualità dell’offerta formativa.

15 L’Agenzia Europea Novembre l'Agenzia Europea, in una delle sue analisi delle tendenze inclusive dei sistemi scolastici di diciotto Paesi europei, confronta le varie prassi scolastiche e le varie normative di riferimento, attribuendo un approccio inclusivo totale a Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, Svezia, Islanda e Norvegia, e conclude in questo modo: In quasi tutti questi Paesi il concetto di Bisogno Educativo Speciale è nell'agenda. Sempre più persone sono convinte che l'approccio medico dovrebbe essere sostituito con uno più educativo: il focus centrale si è spostato sulle conseguenze della disabilità per l'educazione. Però, allo stesso tempo è chiaro che questo approccio è molto complesso e i Paesi stanno discutendo delle implicazioni pratiche di questa filosofia». (Meijer, 2003) Il primo rapporto della serie Principi Guida è stato pubblicato dall’Agenzia in Il titolo era “Principi Guida all’Integrazione Scolastica degli Alunni in Situazione di Handicap – Raccomandazioni Politiche” e si basava sul lavoro svolto dall’Agenzia fino al 2003.

16 L’Agenzia Europea… Il primo rapporto della serie Principi Guida è stato pubblicato dall’Agenzia nel 2003 e si è basato sul lavoro svolto dall’Agenzia fino al 2003. Nel 2009 l’Agenzia pubblica un altro rapporto, il cui scopo è mettere in evidenza alcune raccomandazioni legate agli aspetti centrali delle politiche scolastiche che sono efficaci nella promozione dell’inclusione di studenti in situazione di handicap nelle classi comuni obbligatorie. L’interrogativo che si pone l’agenzia è: che cosa i politici dovrebbero fare per sostenere l’inclusione. L’inclusione interessa un raggio sempre più ampio di studenti piuttosto che quei studenti in possesso della certificazione per l’handicap. Riguarda tutti gli studenti che rischiano di essere esclusi dalle opportunità scolastiche, a seguito del fallimento del sistema scuola; La garanzia che tutti gli insegnanti siano ben formati e si sentano in grado di prendersi la responsabilità di tutti gli studenti, qualunque siano le loro esigenze perso «Obiettivo dell’integrazione scolastica è ampliare l’accesso all’istruzione e promuovere la piena partecipazione e le opportunità educative di tutti gli studenti suscettibili di esclusione al fine di realizzare il loro potenziale».

17 L’Agenzia Europea… Nel 2009 con la pubblicazione «Indicatori dell’integrazione scolastica», l’Agenzia evidenzia la tendenza europea di scegliere politiche scolastiche che migliorano l’inserimento degli alunni e degli studenti in situazione di handicap, offrendo ai docenti diverse tipologie di sostegno alla didattica in forma di personale di staff aggiunto, materiali didattici, formazione in servizio e strumentazione tecnica.

18 L’Agenzia Europea… Nel 2006….altro importante documento dove vengono affrontati i seguenti argomenti: -L’integrazione scolastica e la didattica nell’istruzione secondaria -L’accesso all’istruzione post-secondaria per i studenti disabili. -Il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro.

19 Influssi internazionali…
Nel 1997, l'UNESCO cerca di definire il Bisogno Educativo Speciale con un concetto più esteso di quello che veniva tradizionalmente incluso nelle categorie di Disabilità , per coprire quegli alunni che andavano male a scuola e che vivevano situazioni non favorevoli ad uno sviluppo armonioso. Nel 2001, lo Special Educational Needs and Disability Act del Regno Unito e il relativo Code of Practice specificano i bisogni del bambino, raggruppandoli nelle seguenti aree: - comunicazione e interazione, - cognizione e apprendimento, - sviluppo del comportamento, - emozione e socialità, - attività sensoriale e fisica. Sulla base di questa ripartizione dei bisogni vengono meglio specificati i Bisogni Educativi Speciali: (…) Si trovano difficoltà di apprendimento, generale e specifiche, difficoltà comportamentali, emozionali e sociali, difficoltà di comunicazione e di interazione, difficoltà di linguaggio, disturbo dello spettro autistico, difficoltà sensoriali e fisiche, minorazioni uditive, minorazioni visive, difficoltà fisiche e mediche. (Department for Education and Skills, 2001)

20 L’evoluzione della normativa inclusiva
Lo stimolo europeo promuove In Italia un maggiore interesse rispetto ai vari ambiti della cultura inclusiva. L’apertura alla nuova cultura viene promossa: -dai contributi pedagogici di Andrea Canevaro (antesignano della cultura inclusiva italiana 1997); -dall’ingresso di alunni stranieri nelle scuole italiane; -dalle ricerche del neuropsichiatra infantile Gabriel Levi sui ritardi nell’affrontare situazioni di difficoltà di bambini che, senza un’individuazione precoce, potevano degenerare in vere e proprie disabilità; -dai contributi del prof. Giacomo Stella che con l’associazione Italiana per la dislessia ha insistito sulla necessità di trovare soluzioni didattiche per gli alunni con DSA. -dagli studi e ricerche del prof. Renzo Vianello sugli effetti positivi dell’inclusione scolastica negli alunni con disabilità e con altri disturbi rispetto ai coetanei frequentanti, all’estero, le scuole speciali.

21 L’evoluzione della normativa inclusiva
Un’altra forza che ha spinto verso una direzione inclusiva è la diffusione forte e convinta che il modello ICF dell’OMS ha avuto e ha tuttora in Italia. In particolare, la traduzione italiana delle regole di ICF – sostenuta dal prof. Dario Ianes, il quale, attraverso degli studi sulla possibile inclusione di alunni con svantaggio e disagio, ha formulato delle ipotesi di funzionamento dell’organismo umano tenendo conto dei principi di approccio bio-psico-sociali che puntano sull’incisività delle situazioni ambientali, culturali, sociali che condizionano fortemente la realizzazione dell’inclusione. il concetto di Bisogno Educativo Speciale (Ianes, 2005)assume così un significato ben diverso da quello in uso abitualmente nella letteratura anglosassone.

22 L’evoluzione della normativa inclusiva
-Il 20 marzo 2008 viene siglata l'Intesa Stato-Regioni, che prevede per la prima volta a chiare lettere l’uso di ICF come modello antropologico su cui fare la diagnosi funzionale per la presa in carico globale dell’alunno con disabilità. -Il 24 febbraio 2009 con la legge 18 l’Italia fa propria ufficialmente l’impostazione dell’ ICF e ratifica la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità approvata nel dicembre del 2006 a New York.

23 Attività personali Strutture corporee BES E ICF Condizioni fisiche Partecipazione sociale Contesto ambientale Contesto personale Funzioni corporee

24 Bisogni Educativi Speciali da “CONDIZIONI FISICHE ” difficili :
• ospedalizzazioni • malattie acute/croniche (diabete, allergie, ecc.) • lesioni • fragilità • anomalie cromosomiche • ecc.

25 Bisogni Educativi Speciali da ostacoli presenti nei “FATTORI CONTESTUALI AMBIENTALI” :
• famiglia problematica • pregiudizi ed ostilità culturali • difficoltà socioeconomiche • ambienti deprivati/devianti • scarsità di servizi • scarsa preparazione/disponibilità degli insegnanti

26 Bisogni Educativi Speciali da ostacoli presenti nei “FATTORI CONTESTUALI PERSONALI” :
• problemi emozionali e comportamentali • scarsa autostima • scarsa autoefficacia • stili attributivi distorti • scarsa motivazione • scarsa curiosità • difficoltà nell’identità e nel progetto di Sé

27 • di altre parti anatomiche • altre anomalie strutturali
Bisogni Educativi Speciali da menomazioni nelle “ STRUTTURE CORPOREE ” : mancanza di arti • di altre parti anatomiche • altre anomalie strutturali

28 Bisogni Educativi Speciali da deficit nelle “ FUNZIONI CORPOREE ”:
difficoltà cognitive (attenzione, memoria, ecc.) • difficoltà sensoriali • difficoltà motorie

29 Bisogni Educativi Speciali da difficoltà nelle “ATTIVITA’ PERSONALI”, cioè scarse capacità di:
apprendimento applicazione delle conoscenze pianificazione delle azioni autoregolazione comunicazione/linguaggi interazione/relazione autonomia personale/sociale

30 Bisogni Educativi Speciali da difficoltà o ostacoli nella “PARTECIPAZIONE SOCIALE”:
difficoltà nel rivestire i vari ruoli nei contesti dell’istruzione(integrazione nelle attività scolastiche) contesti della vita extrascolastica e di comunità

31 Bisogni Educativi Speciali: capacità e performance
CAPACITA’: abilità di eseguire un compito o un’azione senza l’influsso, positivo o negativo, di fattori contestuali ambientali e/o personali. PERFORMANCE: abilità di eseguire un compito o un’azione con l’influsso, positivo o negativo, di fattori contestuali ambientali e/o personali.

32 Bisogni Educativi Speciali: capacità e performance

33 L’evoluzione della normativa inclusiva
Un'altra testimonianza della forza del trend di riconoscimento dei Bisogni Educativi Speciali è la Legge provinciale n. 5 del 7 agosto 2006, «Sistema educativo di istruzione e formazione del Trentino», e il successivo Regolamento del Si tratta di una riforma complessiva della Scuola di questa Provincia, che parla esplicitamente di alunni con Bisogni Educativi Speciali, sostenendo di: «attivare servizi e iniziative per il sostegno e l’integrazione degli alunni con bisogni educativi speciali, derivanti da disabilità, da disturbi e da difficoltà di apprendimento ovvero da situazioni di svantaggio determinate da particolari condizioni sociali o ambientali» (L. 5/2006 art. 2, comma 1, lettera h).

34 Trento insegna… “in autonomia”
L’evoluzione della normativa inclusiva La scuola trentina cerca di diventare sempre più inclusiva e lo fa anche con il Regolamento applicativo oggetto di queste Linee Guida, che può rappresentare una assoluta innovazione nei processi di integrazione e inclusione in Italia. «Lo spirito del Regolamento è quello di superare una anacronistica lettura dei bisogni fatta soltanto attraverso le certificazioni sanitarie di disabilità. I cambiamenti nella popolazione scolastica e l’evolversi delle concettualizzazioni delle situazioni varie di difficoltà (BES) impone forme più ampie, globali e contestuali di analisi e lettura dei bisogni. L’altro grande stimolo fornito dal Regolamento riguarda le responsabilità dei Consigli di classe e delle Istituzioni scolastiche nell’elaborare il Piano d’intervento complessivo delle strategie di integrazione e inclusione». Dario Ianes, PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - Dipartimento della Conoscenza BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI - BES - LINEE GUIDA - ATTUAZIONE DEL REGOLAMENTO PER FAVORIRE L’INTEGRAZIONE E L’INCLUSIONE DEGLI STUDENTI - Aprile 2012 Trento insegna… “in autonomia”

35 L’evoluzione della normativa inclusiva
Nel dibattito culturale italiano emergono anche i pressanti interventi delle associazioni aderenti alla FISH preoccupati delle riforme Moratti e Gelmini. Linee Guida sull’Inclusione Scolastica degli alunni con disabilità (4 agosto 2009) - importante documento della storia della normativa inclusiva italiana. Legge 170/2010 sui DSA Linee Guida applicative del 12 luglio 2011 Intesa Stato-Regioni del 25 luglio2012. I DSA vengono inseriti di diritto nella cultura e nella normativa inclusiva italiana.

36 L’evoluzione della normativa inclusiva
In questo clima culturale e politico si completa il quadro italiano dell’inclusione scolastica, con l’emanazione da parte del Ministero dell’istruzione della: Direttiva del 27 Dicembre 2012 «Strumenti d’intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica» Con questa nuova Direttiva, il Ministero intende fornire indicazioni organizzative anche sull’inclusione di quegli alunni che non siano certificabili né con disabilità, né con DSA, ma che abbiano difficoltà di apprendimento dovute a svantaggio personale, familiare e socio-ambientale.

37 La Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012
1. Fornisce le indicazioni alle scuole per la presa in carico di alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES), considerando che: - l’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit; - in ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per diverse ragioni. - I Bes comprendono disabilità, disturbi evolutivi specifici e svantaggio socio-economico, linguistico, culturale. 2. La Direttiva estende pertanto a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento, richiamandosi espressamente ai principi enunciati dalla L. 53/2003. 3. La Direttiva richiama anche la L. 170/2010 sui DSA. 4. Definisce le modalità di organizzazione, le funzioni e la composizione del personale dei Centri Territoriali di Supporto. Per disturbi evolutivi specifici si intendono, oltre i disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit del linguaggio, dell’attenzione, dell’iperattività, il ritardo mentale lieve ed il ritardo maturativo, ma anche altre tipologie di deficit o disturbo, quali la sindrome di Asperger, non altrimenti specificati.

38 La Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012
La Direttiva ministeriale definisce le linee del cambiamento per rafforzare il paradigma inclusivo. La Direttiva chiarisce come la presa in carico dei BES debba essere al centro dell’attenzione e dello sforzo congiunto della scuola e della famiglia.

39 Direttiva e Circolare BES
Il MIUR ha, in seguito, emanato la circolare 8 del 6 marzo 2013 con la quale detta istruzioni applicative della Direttiva 27 dicembre . La Direttiva e la Circolare debbono essere lette insieme perché la seconda integra significativamente in alcuni passaggi la prima, soprattutto dove nella Direttiva non sono approfonditi o chiariti alcuni problemi di collegamento con precedenti normative inclusive e rispetto ad elementi organizzativi e operativi. «I due documenti affermano che si completa il ciclo della normativa inclusiva, in quanto sotto la denominazione BES si comprendono gli alunni con difficoltà di apprendimento dovute alla disabilità, quelli con DSA e quelli con altri BES dovuti a svantaggio e disagio, ed estende a quest’ultimi sia il principio di personalizzazione didattica, introdotto dalla Legge 104/92, generalizzato poi nella L. 53/03, sia gli strumenti compensativi e dispensativi previsti dalla L. 170/10 per gli alunni DSA» (L’evoluzione della normativa inclusiva in Italia e la nuova direttiva Ministeriale – S. Nocera) L. 53/03 Riforma Moratti

40 Direttiva e Circolare BES
Dubbi sulla legittimità L’unificazione tra direttiva e circolare ha creato confusione e alcune posizioni espresse hanno inteso i BES come una terza categoria di alunni in difficoltà e per questo è stata criticata la scelta di normare con una semplice Circolare una materia che avrebbe dovuto essere regolata da una legge. In particolare, molti interventi su siti on line, hanno ritenuto non vincolante la circolare per le scuole e ne hanno messo in dubbio la legittimità nell’estendere analogicamente la normativa sui DSA agli altri casi di BES, poiché la circolare non può ovviamente modificare norme di legge o atti amministrativi generali. In proposito, l’avv. Nocera è intervenuto specificando che la circolare non crea nuovo diritto ma si limita, legittimamente, ad estendere alcuni aspetti della normativa sui DSA ai BES. Inoltre la circolare, pur essendo un atto interno alle amministrazioni pubbliche comunque impone l’obbligo di applicazione a tutti i dipendenti di quelle amministrazioni, salvo il rifiuto motivato dalla documentata prova della contrarietà della circolare ai principii generali del nostro ordinamento. La F I S H e la F A N D difendono la bontà della circolare che sviluppa ed amplia la logica inclusiva italiana e sono disponibili a collaborare con chiunque voglia ulteriormente migliorarne l’applicazione, poiché certamente data la novità , essa richiede maggiori approfondimenti specie per gli aspetti pratici e giuridici di applicazione concreta. Nulla impedisce che, anche alla luce dell’articolo di Tuttoscuola e del dibattito che opportunamente tale articolo ha suscitato, il Ministero possa tornare sulle norme della Direttiva riordinandole ed esplicitando così ancor meglio i principii ispiratori che qualificano la normativa inclusiva attuata in Italia.

41 Circolare n. 8 del 6 marzo 2013 Fornisce le indicazioni operative per l’attuazione della Direttiva che in sintesi si articolano nel seguente modo: «La circolare ha sottolineato che lo strumento privilegiato di intervento è costituito da un percorso didattico individualizzato e personalizzato, contenuto in un Piano Didattico Personalizzato volto a definire, monitorare e documentare – secondo un’elaborazione collegiale, corresponsabile e partecipata – le strategie di intervento più idonee. L’attivazione di questo percorso è deliberata dal Consiglio di Classe (team docenti per la primaria). È previsto anche il coinvolgimento della famiglia, attraverso la sottoscrizione del PDP». (Paolo Bonanno)

42 Direttiva e Circolare BES
I BENEFICIARI Alunni con disabilità: – certificazione medico legale di disabilità ai sensi dell’art.3 dellaL.104/92 che definisce persona con disabilità solo quella che abbia subito nel periodo pre-peri-post natale una minorazione stabilizzata o progressiva che sia causa di emarginazione. Alunni con DSA: – diagnosi proveniente da uno specialista dell’Asl o di un centro con essa convenzionato o accreditato e che può essere correttamente effettuata solo dopo lo svolgimento della seconda classe della primaria. Alunni disabili: La legge 111 HA STABILLITO CHE PERMANGONO PER GLI ACCERTAMENTI AI FINI SCOLASTICI LE COMMISSIONI MEDICO LEGALI CHE VANNO ATTIVATE CON ACCESSO TELEMATICO E INTEGRTE DA UNO SPECIALISTA DELL’INPS Alunni con DSA: SPESSO LE CERTIFICAZIONI PERVENGONO CON GRAVI RITARDI, LA CIRCOLARE AVEVA CONSENTITO CCHE, PRODUCENDO ALLA SCUOLA COPIA DELLA DOMANDA DI DIAGNOSI ALL’ASL ACCOMPAGNATA DA UNA DIAGNOSI DI UN MEDICO PRIVATO, SI POTESSE GODERE DEI BENEFICI CHE LA NORMATIVA PREVEDE – LA CONCESSIONE DI STRUMENTI COMPENSATIVI E DISPENSATIVI. ‘INTESA STATO-REGIONI DEL HA PRECISATO CHE, PER GLI ALUNI CHE DEBBANO AFFRONTARE ESAMI , LA DIAGNOSI DEBBA PERVENIRE ENTRO IL 31 MARZO. Alunni con altri BES: – in mancanza di diagnosi mediche, occorre far riferimento a situazioni oggettive (ad es, segnalazione dei servizi sociali o status di alunni stranieri) Alunni con Disabilità, Ianes/Cramerotti 2013

43 Direttiva e Circolare BES
STRUMENTI DIDATTICI Alunni con disabilità: – per questi alunni devono essere formulati da tutti i docenti, in dialogo con i familiari e gli operatori sociosanitari, un PDF e il PEI, che rappresenta il progetto di vita in età scolare sul quale i soli docenti della classe predispongono il piano degli studi personalizzato. Possono essere previsti tempi più lunghi, l’uso di strumenti anche tecnologicamente avanzati e prove equipollenti. Inoltre l’art.13 della L.104/92 conferisce agli alunni certificati il diritto di avere assegnate ore di sostegno. Alunni con DSA: – Le Linee guida precisano che il Consiglio di classe deve predisporre un PDP nel quale, per ogni disciplina deve indicare l’eventuale strumento compensativo o dispensativo da usare nel caso di prestazioni didattiche particolarmente difficili a causa della dislessia, disgrafia, discalculia o disortografia dell’alunno. Alunni con altri BES: – vengono estesi gli strumenti compensativi e dispensativi che vanno indicati nel PDP che deve essere formulato. Alunni con Disabilità, Ianes/Cramerotti 2013

44 Direttiva e Circolare BES
Indicazioni operative: Lo strumento privilegiato è il percorso individualizzato e personalizzato, redatto in un PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO – PDP – che ha lo scopo di definire, monitorare e documentare – secondo un’elaborazione collegiale, corresponsabile e partecipata – LE STRATEGIE DI INTERVENTO PIÙ IDONEE E I CRITERI DI VALUTAIONE DEGLI APPRENDIMENTI. (BES: Nuove indicazioni ministeriali - Fugarolo/Munaro) C’è un’importante differenza concettuale e giuridica tra le diverse situazioni di BES e quindi tra i diversi piani personalizzati.

45 Direttiva e Circolare BES
PDP- PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO PER GLI ALUNNI CON BES PEI per gli alunni con disabilità: è prescritto dalla L.104/92 e dal DPR e definito a livello locale dai soggetti coinvolti nel processo di integrazione scolastica. È redatto congiuntamente dagli operatori scolastici e da quelli dei Servizi sociosanitari dell’Asl, con la collaborazione della famiglia. La responsabilità dell’atto è sempre condivisa tra la Scuola e i Servizi. Il PEI è preceduto dal Profilo Dinamico Funzionale, riferito in genere a un ciclo scolastico. PDP per gli alunni con DSA: «La scuola predispone, nelle forme ritenute idonee e in tempi che non superino il primo trimestre scolastico, un documento di programmazione» (MIUR 2011). Tale documentazione può acquisire la forma del PDP ed è di competenza della sola scuola che può chiedere la collaborazione di soggetti esterni ma conserva la responsabilità di quanto definito. Nella predisposizione del PDP è importante il raccordo con la famiglia per uno scambio di informazioni e osservazioni. Alunni con Disabilità, Ianes/Cramerotti 2013

46 Direttiva e Circolare BES
PDP- PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO PER GLI ALUNNI CON BES PDP per gli alunni BES: Il PDP non è conseguenza dell’individuazione del bisogno educativo speciale ma parte integrante della identificazione della situazione di bisogno. NO: «Questo alunno è BES quindi la scuola deve predisporre un PDP» SI: «Questo alunno è BES, perché secondo la scuola ha bisogno di un PDP». La personalizzazione deve essere «opportuna e necessaria» e , quindi, in linea generale, la scuola deve aver chiaro fin dall’inizio il tipo di intervento da poter attuare con quel determinato alunno. La normativa non definisce il contenuto del PDP e si può supporre che la scuola possa strutturare autonomamente questo documento! PARADOSSALMENTE, SI PUO’ DIRE CHE GLI ALUNNI NEI CONFRONTI DEI QUALI CI SENTIAMO IMPOTENTI PERCHé NON SAPPIAMO COSA FARE PER LORO, PER QUANTO EVIDENTI E GRAVI SIANO I LORO BISOGNI EDUCATIVI, NON POSSONO ESSERE CONSIDERATI BES FINCHE’ NON SAREMO IN GRADO DI DIRE COME INTENDIAMO EFFETTIVAMENTE PERSONALIZZARE IL LORO PERCORSO E VALUTARE QUINDI SE ESSO SIA OPPORTUNO E STRATEGICAMENTE CONVENIENTE. Alunni con Disabilità, Ianes/Cramerotti 2013

47 Direttiva e Circolare BES
Indicazioni operative: Rapporti con la Famiglia La famiglia interviene come soggetto portatore di interessi ma anche come risorsa e fondamentale fonte di informazioni. In assenza di una certificazione clinica, occorre ben tutelare la famiglia perché manca l’autorizzazione a predisporre per il proprio figlio un percorso personalizzato. La circolare prescrive che: «Nel caso in cui sia necessario trattare dati sensibili per finalità istituzionali, si avrà cura di includere nel PDP apposita autorizzazione da parte della famiglia»

48 Direttiva e Circolare BES
Indicazioni operative: Consiglio di classe «Il Consiglio di classe delibera l’attivazione del percorso individualizzato e personalizzato, dando luogo al PDP. È compito doveroso del Consiglio di classe o dei team docenti nelle scuole primarie indicare in quali altri casi sia opportuna e necessaria l’adozione di una personalizzazione della didattica». La circolare pretende espressamente che il Consiglio di classe debba acquisire informazioni (ad es. dai servizi sociali) o formarsi convinzioni sulla necessità didattica della concessione di talune misure compensative e dispensative, richiamando espressamente le norme del d.m. del 12 Luglio 2011 che prevedono se e quando consentire tali misure.

49 Direttiva e Circolare BES
Indicazioni operative: Consiglio di classe Ove non sia presente certificazione clinica o diagnosi, il Consiglio di classe o il team dei docenti motiveranno opportunatamente, verbalizzandole, le decisioni assunte sulla base di considerazioni pedagogiche e didattiche; ciò al fine di evitare un contenzioso. Le decisioni vengono adottate in dialogo con la famiglia, ma il Consiglio di classe può non accettare le richieste della famiglia, se non intende accoglierle; deve, però, verbalizzare le motivazioni del diniego.

50 Direttiva e Circolare BES
Organizzazione territoriale per l’ottimale realizzazione dell’inclusione scolastica.

51 Direttiva e Circolare BES
AZIONI A LIVELLO DI SINGOLA ISTITUZIONE SCOLASTICA Il G.L.H. - Gruppo di lavoro di istituto previsto dalla L.104/92 diventa il G.L.I. - Gruppo di lavoro per l’inclusione e i suoi compiti si estendono alle problematiche relative a tutti i BES. È composto da funzioni strumentali, docenti di sostegno, assistenti alla comunicazione, docenti curriculari, genitori, esperti istituzionali o esterni convenzionati. Funzioni del G.L.I.: - operare la ricognizione degli allievi con deficit e svantaggi; - curare la documentazione degli interventi attuati anche in rete con altre scuole o nell’ambito di azioni strategiche dell’amministrazione; - monitorare e valutare gli interventi per l’inclusività; - raccogliere e coordinare le proposte dei singoli «gruppi H» operativi a cui compete la costruzione ei piani educativi individualizzati dei singoli alunni; - rapportarsi con il CTS e con i servizi socio-sanitari.

52 Direttiva e Circolare BES
AZIONI A LIVELLO DI SINGOLA ISTITUZIONE SCOLASTICA Piano Annuale per l’inclusività ….il Gruppo procederà ad un’analisi delle criticità e dei punti di forza degli interventi di inclusione scolastica operati nell’anno appena trascorso e formulerà un’ipotesi globale di utilizzo funzionale delle risorse specifiche, istituzionali e non, per incrementare il livello di inclusività generale della scuola nell’anno successivo. Il piano sarà quindi discusso e deliberato in Collegio dei Docenti e inviato ai competenti UUSSRR, per la richiesta di organico di sostegno e alle altre istituzioni territoriali come proposta di assegnazione delle risorse di competenza.

53 Direttiva e Circolare BES
AZIONI A LIVELLO DI SINGOLA ISTITUZIONE SCOLASTICA I CTS Alla promozione e diffusione delle pratiche di inclusione dovrebbero provvedere anche strutture organizzative e organismi già operanti nell’ambito della disabilità, da riconvertire e integrare con nuove figure. La Direttiva affida, infatti, un ruolo fondamentale ai CTS – Centri TERRITORIALI DI SUPPORTO, quale interfaccia tra l’Amministrazione e le scuole, e tra le scuole stesse nonché quale rete di supporto al processo di integrazione, allo sviluppo professionale dei docenti e alla diffusione delle migliori pratiche. I CTS sono nati nell’ambito del progetto interministeriale «Nuove Tecnologie e Disabilità», con funzioni di consulenza, informazione-formazione, ricerca e sperimentazione, gestione degli ausili tecnologici. Risulta strategico il ruolo dei CTI – Centri Territoriali per l’inclusione, in cui dovrebbero confluire i centri di documentazione, i centri territoriali di risorse per l’integrazione e strutture simili.

54 A breve nuova circolare sui BES.
E' in via di predisposizione una nuova nota da parte del Ministero relativamente ai BES. Si prospetta un ridimensionamento dell'applicazione. Seppure non vi è ancora la  forma definitiva, sembra che il Ministero abbia intenzione di chiarire i seguenti punti: no ad automatismi nell'uso dei BES, essi devono riguardare solo casi particolarmente gravi e l'adozione del piano personalizzato dovrà avvenire con voto unanime da parte dei Consigli di classe o del team dei docenti no ad abbassamento degli obiettivi da perseguire da parte degli alunni interessati. Lo scopo è non trasformare i BES in una scappatoia per gli alunni e per i docenti.

55 Esisterà mai la figura del tutor BES
Esisterà mai la figura del tutor BES? Può verosimilmente un consiglio di classe, senza alcuna formazione specifica, farsi carico di situazioni a volte molto delicate? Un tutor BES dovrebbe essere un insegnate specializzato il cui unico lavoro è quello di aiutare i bambini e i giovani studenti che necessitano di un sostegno supplementare o richiedono un programma avanzato di formazione, al fine di favorire e permettere il completamento del loro apprendimento con successo. La competenza fondamentale di un tutor BES dovrebbe essere quella di identificare le esigenze individuali degli studenti e di curare la creazione di opportuni ambienti di apprendimento che siano sicuri, stimolanti e di con i necessari supporti per gli alunni con bisogni educativi speciali.

56 “L’APPRENDIMENTO PERSONALIZZATO rappresenta oggi uno degli snodi più significativi dell’attuale dibattito educativo e scolastico. Esso offre una via d’uscita per la questione dello svantaggio e per porre ogni allievo nella condizione di realizzare tutto il suo potenziale”. (D. Hopkins) La personalizzazione dell’apprendimento (a differenza della individualizzazione) non impone un rapporto di uno a uno tra docente e allievo con conseguente aggravio del lavoro dell’insegnante, ma indica l’uso di “strategie didattiche finalizzate a garantire a ogni studente una propria forma di eccellenza cognitiva, attraverso possibilità elettive di coltivare le proprie potenzialità intellettive (capacità spiccata rispetto ad altre/punto di forza). La PERSONALIZZAZIONE ha lo scopo di far sì che ognuno sviluppi propri personali talenti”. (M. Baldacci)

57 Piano Didattico Personalizzato

58 «La scuola non dichiara gli alunni BES, né tantomeno li
certifica, ma individua quelli per i quali è opportuna e necessaria una personalizzazione formalizzata, ossia un PDP» Il PDP non è una conseguenza di questo riconoscimento, ma è parte integrante dell’identificazione della situazione di bisogno. (I BES non si certificano! F. Fugarolo)

59 Che cos’è il PDP? PDP PIANO: DIDATTICO:
“studio mirante a predisporre un'azione in tutti i suoi sviluppi”: un programma, un progetto, una strategia. DIDATTICO: lo scopo è il miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza dell'apprendimento dell‘allievo, che comporta, quindi, una diminuzione dei tempi di studio e del dispendio di energie dell'insegnamento del docente. PDP Analizziamo le parole che compongono la definizione di Piano Didattico Personalizzato PERSONALIZZATO: indica la diversificazione delle metodologie, dei tempi, degli strumenti nella progettazione del lavoro della classe.

60 Un piano efficace Il PDP non è un adempimento burocratico ma uno strumento di pianificazione!! Il PDP è uno strumento che va valutato in termini di efficacia: deve funzionare; deve essere idoneo a raggiungere gli obiettivi prefissati. Per essere efficace, indipendentemente dai contenuti, il piano dovrebbe contenere indicazioni: Significative, ovvero individuare e selezionare le attività e modalità più significative in grado di determinare un cambiamento. Realistiche, vanno considerate subito le risorse disponibili e i limiti in cui si deve operare e calibrare il progetto in base ad essi (es: la classe numerosa, la presenza di altri alunni con BES, la mancanza di ore di compresenza…). Coerenti, concrete e verificabili, quanto viene previsto nel PDP deve essere effettivamente messo in pratica.

61 Un piano efficace CHI REDIGE IL PDP? CHI NE E’ RESPONSABILE? È redatto solo dalla scuola che può chiedere il contributo di esperti ma ne rimane la responsabile. QUALI SONO I VINCOLI? La scuola tiene conto di eventuali certificati medici o relazioni cliniche consegnate alla scuola. CHI COSTRUISCE O SCEGLIE EVENTUALI MODELLI O STRUMENTI PER LA COMPILAZIONE? La scuola è libera di scegliere o costruire i modelli o gli strumenti che ritiene più efficaci.

62 Un piano efficace QUAL È IL RUOLO DELLA FAMIGLIA?
Il PDP (DSA) viene redatto in raccordo con la famiglia (Linee Guida 2011). Il PDP è il risultato dello sforzo congiunti scuola- famiglia (CM n. 8 6/3/2013). La partecipazione della famiglia va estesa a tutti gli alunni con BES perché la famiglia interviene come soggetto portatore di interessi (la tutela del figlio) ma anche come risorsa educativa e come preziosa fonte di informazioni, con funzioni necessariamente distinte da quelle dei soggetti (Scuola e Servizi – nel PEI) che rivestono un ruolo professionale, con conseguenti responsabilità. “Nel caso in cui sia necessario trattare dati sensibili per finalità istituzionali, si avrà cura di includere nel PDP apposita autorizzazione da parte delle famiglie” (CM 2013). Il PDP va sempre firmato dalla stessa.

63 COMPENSARE E DISPENSARE
Compensare e dispensare sono le due parole chiave che da alcuni anni sintetizzano le indicazioni didattiche per i DSA e che indicano un approccio basato su fattori di tipo quantitativo: STRUMENTI COMPENSATIVI STRUMENTI DISPENSATIVI fornire a chi ha bisogno qualcosa in più consentire che vengano svolte delle prestazioni in meno SEMBRA PURTROPPO IGNORATA L’IDEA CHE IN MOLTI CASI SERVA INVECE «SOLO» UN INTERVENTO DIDATTICO QUALITATIVAMENTE DIVERSO

64 PCOMPENSARE E DISPENSARE
COMPENSAZIONE: rappresenta un’azione che mira a ridurre gli effetti negativi del disturbo per raggiungere comunque prestazioni funzionalmente adeguate. Il primo strumento compensativo è “imparare ad imparare”; acquisire cioè un adeguato metodo di studio e la capacità di organizzarsi per portare a termine i propri compiti. MISURE DISPENSATIVE rappresentano una presa d’atto della situazione ed hanno lo scopo di evitare, con un’adeguata azione di tutela, che il disturbo possa comportare un generale insuccesso scolastico con ricadute personale anche gravi. Certamente in alcuni casi le misure dispensative sono necessarie, ma deve essere chiaro che esse non rappresentano mai una soluzione, neppure indiretta, ai problemi degli alunni con DSA ma semplicemente il riconoscimento e l’accettazione, da parte della scuola, dei loro limiti. Nella vita adulta sarà molto difficile poter disporre di misure dispensative mentre le strategie che sono state acquisite per compensare il disturbo saranno utilizzabili anche dopo la scuola, purché funzionalmente efficaci. IL PRIMO OBIETTIVO DEL PDP E’ INDIVIDUARE UN SISTEMA EFFICACE PER PORTARE L’ALUNNO A SUPERARE I PROPRI LIMITI AD IMPARARE.

65 COMPENSARE E DISPENSARE
BISOGNA RICORDARE CHE ESISTE UNA GERARCHIA FUNZIONALE CHE VA RISPETTATA! Interventi di tipo ABILITATIVO: finalizzati a dare abilità (tra questi rientra l’insegnamento). Interventi di tipo COMPENSATIVO: quando l’intervento abilitativo non è efficace si può individuare un sistema alternativo per raggiungere, anche parzialmente, risultati funzionalmente equivalenti. Interventi di tipo DISPENSATIVO: se non ha funzionato l’intervento abilitativo e non sono stati individuati sistemi compensativi efficaci, è possibile prevedere anche una strategia che non risolve i problemi esistenti ma almeno ne evita di nuovi.

66 Possiamo prevedere strumenti compensativi per gli alunni BES?
In riferimento ad ogni specifica situazione di difficoltà o bisogni educativi dobbiamo porci tre domande: ESISTONO STRUMENTI COMPENSATIVI IN GRADO DI RISPONDERE A QUESTE ESIGENZE? CI SONO LE CONDIZIONI PERCHE’ EFFETTIVAMENTE FUNZIONINO? SONO CONVENIENTI? Al di fuori dell’ambito ristretto dei DSA, le situazioni in cui non esistono vere strategie compensative sono moltissime. Non ha senso inserire forzatamente in tutti i PDP degli alunni con BES una sezione dedicata agli strumenti compensativi, come per i DSA, ma essa dovrà derivare da una specifica scelta da valutare in base al tipo di bisogno segnalato. Se gli strumenti non compensano, se non sono in grado di bilanciare positivamente il disturbo o la difficoltà, non servono a nulla e non ha senso proporne l’uso. Il principio della convenienza è già insito nella stessa individuazione degli alunni per i quali il Consiglio di classe decide di attivare la personalizzazione degli interventi. L’espressione strumenti compensativi è entrata nel vocabolario scolastico con la nota MIUR del 2004, strettamente connessa ai DSA anche se il concetto di compensazione è noto da diverso tempo, in riferimento alla disabilità, come ausilio!

67 Possiamo prevedere misure dispensative per tutti gli alunni BES?
Per alcuni possono essere necessarie per evitare inutili situazioni di disagio ma non possiamo considerarle quale elemento indispensabile di un PDP. TENERE SEMPRE PRESENTE: Riguardano prestazioni, non obiettivi didattici (si può dispensare dallo svolgere delle attività non dall’imparare qualcosa); Non danno autonomia! Quando sono riferite ad attività importanti vanno sempre accompagnate da sistemi alternativi per svolgere in modo diverso.

68 «Oggi ti aiuto perché domani tu possa fare da solo».
LA FACILITAZIONE «Oggi ti aiuto perché domani tu possa fare da solo». Facilitare significa fornire degli aiuti che portano a raggiungere, pur con strategie diverse e, se necessario, in tempi diversi, gli obiettivi della propria età. «In edilizia l’impalcatura ha un ruolo fondamentale durante i lavori, ma è costruita e progettata per essere agevolmente rimossa quando non servirà più» (Bruner) L’eccessiva attenzione al binomio compensativi/dispensativi rischia di mettere in ombra un’altra categoria di interventi didattici estremamente interessanti. Facilitare non significa fare uno sconto, esonerare da un’attività, ma significa offrire aiuti che portano a giungere, pur con strategie divere e, se necessario, in tempi diversi gli obiettivi propri dell’età. Vygotskij ci ha spiegato che l’apprendimento è possibile se proposto nella cosiddetta ZONA PROSSIMALE (area del potenziale), che non è la stessa per tutti gli alunni.

69 LA FACILITAZIONE Le facilitazioni, come strategie didattiche, possono essere inserite nel PDP. La facilitazione è utile se: Non è mai eccessivo. Non è mai deresponsabilizzante. È programmato verso l’estinzione.

70 QUALI ELEMENTI INDISPENSABILI IN UN PDP PER I BES
MODELLO MODULARE Anagrafica Analisi del bisogno e delle risorse (personali e ambientali) Programmazione degli interventi didattico-educativi Strumenti compensativi Misure dispensative Criteri e forme di valutazione Impegni della famiglia Pagina finale per le firme Quali sono i contenuti indispensabili di un PDP per i BES? Quali strumenti usare o proporre per la sua compilazione? La scelta di un «modello», inteso di solito come un modulo da compilare è ritenuta spesso necessaria sia per strutturare il documento che per definire contenuti minimi.

71 LA SEZIONE ANAGRAFICA DEL PDP
Sezione principale ed eventuali sottosezioni Si inserisce nel PDP se… Contenuti ed eventuali esempi Tipo 1 Dati anagrafici Sempre Dati anagrafici-scolastici essenziali per l’identificazione o importanti per progettare l’intervento personalizzato (cognome, nome, data di nascita, classe, sezione, cittadinanza) S La sezione è considerata S (dati sensibili) perché esplicita il destinatario di tutto il PDP. Non contiene sottosezioni

72 LA SEZIONE ANALISI DEL BISOGNO E DELLE RISORSE
Sezione principale ed eventuali sottosezioni Si inserisce nel PDP se… Contenuti ed eventuali esempi Tipo 2 Analisi del bisogno e delle risorse Sempre Descrizione sintetica dei bisogni educativi speciali S 2a Sintesi della diagnosi clinica Solo se la famiglia ha consegnato alla scuola una diagnosi o relazione clinica Vanno sintetizzati gli elementi della diagnosi 2b Osservazioni o misurazioni sistematiche della scuola Ovviamente solo se le osservazioni o misurazioni sono state fatte Riportare in modo sintetico i risultati che possono condizionare la scelta del PDP 2c Individuazione del BES, con riferimento alle considerazioni pedagogico/didattiche Soprattutto quando non è stata presentata nessuna certificazione Rappresenta l’individuazione formale dei BES da parte del consiglio di classe 2d Punti di forza e risorse individuali sempre Indagare sui punti di forza e risorse dell’alunno (interessi, competenze, abilità sociali, impegno su compiti graditi) 2e Risorse e criticità del contesto classe Possibilmente sempre (se nella sezione 3 si punta sulla valorizzazione della risorsa compagni) Indagare su criticità e risorse del contesto classe (spazi, compagni, adulti, territorio) C La sezione C riguarda interventi inerenti la classe

73 PROGRAMMAZIONE DEGLI INTERVENTI DIDATTICO-EDUCATIVI
Sezione principale ed eventuali sottosezioni Si inserisce nel PDP se… Contenuti ed eventuali esempi Tipo 3 Programmazione degli interventi didattico-educativi Sempre Sintetizzare le linee di personalizzazione didattica che si intendono perseguire P 3a Interventi per potenziare l’autonomia di studio e i processi di metacognizione L’alunno ha bisogno di interventi personalizzati in questo ambito, la scuola è in grado di fornirli Gli interventi possibili in questo ambito 3b Interventi per migliorare le competenze di accesso al testo Promuovere diverse strategie di lettura, insegnare a sfruttare i dispositivi paratestuali dei libri, promuovere la comprensione del testo, potenziare la competenza la consapevolezza fonologica e fonetica 3c Personalizzare gli interventi con strategie di facilitazioni Va verificata la reale sostenibilità delle azioni, calibrandole opportunatamente Alcuni esempi: Dividere gli obiettivi di un compito in sotto obiettivi Valorizzare linguaggi diversi al codice scritto

74 PROGRAMMAZIONE DEGLI INTERVENTI DIDATTICO-EDUCATIVI
Sezione principale ed eventuali sottosezioni Si inserisce nel PDP se… Contenuti ed eventuali esempi Tipo 3d Strutturazione Quando è necessario esplicitare norme specifiche. Sono azioni indicate soprattutto in caso di problemi comportamentali Es. di strutturazione: -strutturare i momenti della giornata scolastica che possono rilevarsi critici Definire regole sociali di convivenza -definire e specificare dei compiti da assegnare ad alcuni alunni organizzare periodiche turnazioni Es. Strutturazione individuale: Strutturare i materiali per sostenere l’organizzazione - Strutturare i tempi con intervalli di lavoro brevi e piccole pause PC 3e Calibrare gli obiettivi Necessario probabilmente per tutti gli alunni con BES Definire le programmazioni disciplinari calibrandole sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita; da specificare per ogni area o disciplina in cui è ritenuta necessaria questa calibratura P

75 PROGRAMMAZIONE DEGLI INTERVENTI DIDATTICO-EDUCATIVI
Sezione principale ed eventuali sottosezioni Si inserisce nel PDP se… Contenuti ed eventuali esempi Tipo 3f Attivare la risorsa compagni La classe presenta situazioni di criticità, si ritiene utile e vantaggioso proporre strategie di questo tipo Alcuni esempi: Favorire il clima positivo Prevenire e gestire conflitti Promuovere il cooperative learning definendo il ruolo del bimbo con bes PC 3g Promuovere competenze compensative Sono disponibili per l’alunno degli utili strumenti compensativi ma gli mancano le competenze necessarie per un uso efficace Prevedere, in base ai bisogni e alle risorse disponibili, dei percorsi di formazione, anche con la collaborazione della famiglia Es. avviare all’uso corretto della videoscrittura, insegnare a usare libri digitali, insegnare a produrre mappe e schemi P

76 STRUMENTI COMPENSATIVI
Sezione principale ed eventuali sottosezioni Si inserisce nel PDP se… Contenuti ed eventuali esempi Tipo 4 Strumenti compensativi Tali strumenti effettivamente esistono, sono efficaci e convenienti, anche con riferimento all’uso nelle prove di valutazione e alle competenze d’uso del soggetto Elencare gli strumenti che si intende usare, in modo analogo a quando inserito abitualmente nei PDP dei DSA Es. tecnologie informatiche compensative P MISURE DISPENSATIVE N. Sezione principale ed eventuali sottosezioni Si inserisce nel PDP se… Contenuti ed eventuali esempi Tipo 5 Misure dispensative Vengono effettivamente individuate delle prestazioni da cui è preferibile dispensare Si può attingere dagli abituali elenchi di misure dispensative per i DSA. Es. Dispensare da specifiche attività di lettura e scrittura, dall’esecuzione di alcuni compiti, da attività a elevata componente mnemonica P

77 CRITERI DI VALUTAZIONE
Sezione principale ed eventuali sottosezioni Si inserisce nel PDP se… Contenuti ed eventuali esempi Tipo 6 Criteri di valutazione Sempre Principi generali di personalizzazione applicati alla valutazione ES. valutazione formativa, valorizzazione del processo di apprendimento, attenzione più al contenuto che alla forma P 6a Forme di valutazione personalizzate Se ritenute utili Esplicitare la personalizzazione delle modalità di valutazione: -prove scritte (tempi aggiuntivi, strutturazione delle prove, forme di semplificazione) -prove orali (valorizzazione del contenuto, uso di mediatori, organizzazione di verifiche informali, di gruppo, strutturate e destrutturate) - Organizzazione (pianificazione delle verifiche, compensazione dello scritto con l’orale o viceversa)

78 IMPEGNI DELLA FAMIGLIA
Sezione principale ed eventuali sottosezioni Si inserisce nel PDP se… Contenuti ed eventuali esempi Tipo 7 Impegni della famiglia Il Consiglio di classe, o team docenti, lo ritiene utile Esplicitare e condividere i principi dell’azione educativa (sostenere la motivazione e l’impegno, condividere i criteri di valutazione, concordare tempi e modi per lo scambio informativo famiglia/scuola Supporto e verifica nel lavoro a casa (verifica dello svolgimento dei compiti assegnati; controllo dei materiali; controllo del diario, gestione di un piano di studio settimanale) P Il PDP può essere considerato un patto educativo? Che significato ha la firma che i genitori appongono in calce al PDP? Con la loro firma i genitori esprimono innanzitutto il proprio consenso in merito al percorso di personalizzazione definito dalla scuola. La sezione «impegni della famiglia» può prevedere una serie di impegni ti tipo generale o specifico.

79 PAGINA FINALE PER LE FIRME
Sezione principale ed eventuali sottosezioni Si inserisce nel PDP se… Contenuti ed eventuali esempi Tipo 8 Pagina finale per le firme Sempre Data e semplice elenco di nomi e spazio per le firme S 8a Autorizzazione al trattamento di dati sensibili Se la scuola tratta dati sensibili Firma separata per autorizzare l a gestione dei dati sensibili 8b Sottoscrizione degli «Impegni di famiglia» Se è stata inserita nel PDP la sezione relativa agli «impegni della famiglia» Si può prevedere una firma separata o specificare anche questo significato in quella generale

80 SITI UTILI/SOFTWARE DIDATTICI
sito con software didattici gratuiti per italiano, matematica, logica, geografia.   Elenco del software Avvio alla letto-scrittura Frase Argomenti vari - Percorsi e labirinti - Puzzle - Gioca figure - Memoria - Percezione Matematica LIM Logica Geometria

81 SITI UTILI/SOFTWARE DIDATTICI
L’AIRIPA, Associazione Italiana per la Ricerca e l’Intervento nella Psicopatologia  dell’Apprendimento, nasce nel 1991 come Onlus e riunisce studiosi, esperti e professionisti che operano nel campo della psicopatologia dell’apprendimento. ESEMPIO: Software Dal suono al segno: training per l’ortografia di Impararefacile è il software riabilitativo, realizzato su idea di P.E. Tressoldi, M.L. Tretti, C. Vio che intende favorire l’apprendimento del processo di scrittura nei bambini in fase di acquisizione ed in coloro che riscontrano difficoltà o veri e propri DSA di scrittura (Disortografia, Disturbo specifico di apprendimento della scrittura).

82 SITI UTILI/SOFTWARE DIDATTICI
RACCOLTE SOFTWARE FREE ES: i programmi free  compatibili con la sintesi vocale  ScriviImmagini video scrittura che associa le parole alle immagini (scuola primaria) LeggiXmeJunior scuola primaria: per scrivere e leggere un documento, internet, calcolatrice vocale (una volta scaricato il file va decompresso e poi eseguito ‘setup.exe’)       (scuola primaria)

83 SITI UTILI/SOFTWARE DIDATTICI
DIENNETI (Didattica e Nuove Tecnologie) è un portale per la didattica multimediale. Al suo interno risorse selezionate per la didattica, la ricerca, lo studio: software didattico free, attività online, ipertesti, giochi educativi. Programmatori di software didattico free

84 SITI UTILI/SOFTWARE DIDATTICI
IPRASE DEL TRENTINO Istituto Provinciale per la Ricerca, l'Aggiornamento e la Sperimentazione Educativi Giochi per materia: Matematica Geografia Scienze Educazione musicale

85 SITI UTILI/SOFTWARE DIDATTICI
Alphacentauri - ospita materiali di vario tipo: tutorial su programmi da utilizzare a scuola, consigli sulle attività di laboratorio e sui siti scolastici, schede su Internet, normativa didattica, e tanto altro ancora. vbscuola si rivolge a insegnanti e genitori interessati all'uso attivo delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione in campo educativo Oggi il sito presenta 534 software, ripartiti in 55 sezioni. 

86 SITI UTILI/SOFTWARE DIDATTICI
file:///C:/Users/user/Desktop/materiale%20corso%20BES/CD-BES/index.html QUESTO CD RACCOGLIE I MATERIALI REALIZZATI DAL GRUPPO BES DELLA DIREZIONE DIDATTICA 3° CIRCOLO SANREMO (IM) PER I LABORATORI DIDATTICI DI RECUPERO/RINFORZO. I MATERIALI E I PERCORSI PROPOSTI POSSONO ESSERE UTILIZZATI ANCHE NEL GRANDE GRUPPO (CLASSE) COME NORMALI PRASSI DIDATTICHE; I LABORATORI VANNO OVVIAMENTE TARATI SUI BISOGNI E SULLE EFFETTIVE CAPACITÀ DEI BAMBINI. OGNI RISORSA È CATALOGATA CON UNA BREVE DESCRIZIONE DEL MATERIALE, UN'INDICAZIONE GENERICA DELLE CLASSI DI RIFERIMENTO E LA NOTIFICA DEL TIPO DI FILE (documenti pdf o word, stampabili; power point interattivi; software eseguibili, senza necessità di installazione)

87 ebook-Includere i BES BES INCLUDERE TUTTI NELLA COMPRENSIONE DEL TESTO STRATEGIE DIDATTICHE PRATICHE Cecilia Iaccarino

88 L’APPRENDIMENTO COOPERATIVO COME STRATEGIA COMPENSATIVA PER I BES
personalizzazione

89 Esistono strategie didattiche che possano realmente creare
un ambiente inclusivo?E se esistono come si applicano?

90 L’apprendimento Cooperativo
L’apprendimento Cooperativo è una di queste strategie, in grado di rispondere in maniera esaustiva ai bisogni formativi di molti studenti con bisogni educativi “speciali”. Nelle strutture cooperative ciascuno può trovare uno spazio in cui apprendere con il suo stile di apprendimento specifico e divenire al tempo stesso supporto per gli altri. Non va confuso con la struttura di peer tutoring dove chi ha di “più” dà all’altro che ha di “meno”.

91 L’apprendimento Cooperativo
L’apprendimento Cooperativo è un metodo di insegnamento/apprendimento che utilizza i piccoli gruppi, grazie ai quali è possibile sia apprendere che migliorare le relazioni sociali. L’idea principale alla base del metodo è che il gruppo è un insieme di risorse, intese sia come conoscenze che competenze, e gli alunni non sono considerati come “contenitori da riempire” di nozioni e abilità, ma come risorse da attivare. L’insegnamento/apprendimento è un processo non di trasmissione dagli insegnanti agli alunni ma di partecipazione e scambio tra tutte le persone coinvolte. Esempio DSA comprensione del brano di storia uno legge l’altro sintetizza l’altro scrive. non confondere le strutture cooperative con il peer tutoring in cui l’allievo che ha di più dà all’altro che ha meno

92 L’apprendimento Cooperativo: Learning Together
È la più diffusa forma di attuazione dell’AC e si fonda su cinque principi chiave: interdipendenza positiva; la responsabilità individuale e di gruppo; interazione promozionale faccia a faccia; abilità sociali e valutazione individuale e di gruppo. (Johnson & Johnson)

93 L’interdipendenza positiva
“L’interdipendenza positiva è da considerarsi raggiunta quando i membri del gruppo comprendono che il rapporto di collaborazione che li unisce è tale per cui non può esistere successo individuale senza successo collettivo. Il fallimento del singolo è il fallimento del gruppo”.(Johnson, Johnson e Holubec) TUTTI PER UNO, UNO PER TUTTI!

94 L’interdipendenza positiva
L’interdipendenza positiva si realizza fornendo compiti strutturati in modo chiaro e tale per cui non possono essere realizzati se non con la collaborazione effettiva di ognuno. Interdipendenza di obiettivo: i membri di un gruppo lavorano insieme per raggiungere un risultato comune. Interdipendenza di materiali: nel perseguire un obiettivo dipendono gli uni dagli altri per l’utilizzo dei materiali necessari allo svolgimento del compito.

95 L’interdipendenza positiva
Interdipendenza di valutazione: al termine di un lavoro il gruppo riceve una valutazione sulla base dei risultati ottenuti da ciascuno. Interdipendenza di ricompensa: si realizza quando i componenti di un gruppo, dopo aver lavorato con successo a un compito comune, ricevono una ricompensa collettiva. Interdipendenza di compito: si ottiene ripartendo il lavoro in una serie di operazioni in modo che ogni studente debba fare la sua parte perché il compagno possa svolgere la propria. Interdipendenza di ruoli: si raggiunge affidando a ciascun componente del gruppo ruoli di funzionamento (es. spiegare, tenere il tempo, monitorare l’attenzione, dare la parola ecc.)

96 L’interdipendenza negativa
Si crea interdipendenza negativa quando, in qualche modo, si trasmette l’idea che al successo di uno corrisponda l’insuccesso di un altro. Per quanto indesiderabile questa eventualità di fatto si compie con altissima frequenza nelle situazioni di verifica e valutazioni. È importante essere consapevoli di questa dimensione anche perché l’invito esplicito a impegnarsi per un risultato comune non può essere credibile se implicitamente si incoraggia, invece, un confronto di tipo competitivo.

97 L’apprendimento Cooperativo: Learning Together
È la più diffusa forma di attuazione dell’AC e si fonda su cinque principi chiave: interdipendenza positiva; la responsabilità individuale e di gruppo; interazione promozionale faccia a faccia; abilità sociali e valutazione individuale e di gruppo. (Johnson & Johnson)

98 LA RESPONSABILITÀ INDIVIDUALE E DI GRUPPO
Se si riesce a creare un buon livello di interdipendenza tra i membri del gruppo è molto probabile assicurarsi un certo grado di responsabilità individuale e di gruppo perché ogni membro percepisce di essere responsabile per sé e gli altri.

99 L’apprendimento Cooperativo: Learning Together
È la più diffusa forma di attuazione dell’AC e si fonda su cinque principi chiave: interdipendenza positiva; la responsabilità individuale e di gruppo; interazione promozionale faccia a faccia; abilità sociali e valutazione individuale e di gruppo. (Johnson & Johnson)

100 INTERAZIONE PROMOZIONALE FACCIA A FACCIA
L’interazione promozionale faccia a faccia consiste nel collaborare in modo positivo incoraggiandosi a vicenda, e necessariamente implica la fiducia che ogni feedback positivo o negativo è finalizzato al miglioramento del lavoro individuale. Per tal motivo è importante che nel gruppo si abbia anche la possibilità “fisica” di interazione faccia a faccia, perciò è auspicabile che i gruppi siano composti da non più di 4-5 alunni.

101 L’apprendimento Cooperativo: Learning Together
È la più diffusa forma di attuazione dell’AC e si fonda su cinque principi chiave: interdipendenza positiva; la responsabilità individuale e di gruppo; interazione promozionale faccia a faccia; abilità sociali e valutazione individuale e di gruppo. (Johnson & Johnson)

102 ABILITA’ SOCIALE E VALUTAZIONE
Nel gruppo è necessario che ognuno sappia relazionarsi con gli altri in modo efficace cioè che possiedano abilità sociali. I membri del gruppo devono saper sostenere un ruolo di guida, prendere decisioni, creare un clima di fiducia, comunicare, gestire i conflitti che vanno affrontati in modo costruttivo e no aggressivo e passivo.

103 ABILITA’ SOCIALE E VALUTAZIONE
Al termine di un’attività complessa o di un lavoro particolarmente impegnativo, il gruppo cooperativo deve valutare cosa ha funzionato e cosa no, quali comportamenti di ciascuno sono risultati utili e quali no. I principi descritti sopra non sono semplici riferimenti teorici bensì costituiscono precise coordinate per l’insegnante che voglia assicurarsi di organizzare attività realmente cooperative e non semplicemente gruppo tradizionale.

104 CONTEMPORANEITA’ DELLE AZIONI
Uno degli errori che potrebbero essere commessi è quello di assegnare ad ogni alunno numerose operazioni da svolgere per garantire interdipendenza positiva. Se l’attività che vanno a svolgere non prevede la contemporaneità delle azioni di ognuno si avrà un gruppo tradizionale. Bisogna sempre chiedersi “Questo compito è adatto al lavoro in gruppo o gli allievi potrebbero svolgere meglio e prima individualmente?”

105 LA LEADERSHIP DISTRIBUITA
La leadership distribuita che consiste nell’alternare il ruolo di leader tra i vari componenti del gruppo in relazione al tipo di obiettivo e alla struttura dell’attività è una componente efficace. La leadership si attua su due piani quello del compito e quello del clima relazionale e si realizza assegnando incarichi specifici a ogni alunno.

106 COME SI APPLICA L’A.C.

107 ATTIVITA’ DI CREAZIONE DEL CLIMA DI CLASSE
Le attività di creazione del clima di classe sono da intendersi come “preparatorie” a quelle di apprendimento vere e proprie e sono utile per favorire la conoscenza e la fiducia reciproca tra i componenti del gruppo classe. Creare un’atmosfera piacevole aumenta la disponibilità degli alunni a mettersi in gioco e a impegnarsi nell’apprendimento.

108 Struttura: gruppi di 4 alunni
Obiettivi: Conoscere e focalizzare l’attenzione sui propri punti di forza; Sperimentare il rispetto reciproco e forme di incoraggiamento L’insegnante divide la classe in gruppi di 4 all’interno dei quali vengono assegnati i seguenti ruoli: scrivere quanto emerge; “dirigere il traffico”, ossia dare la parola e gestire gli interventi; mantenere l’attenzione sul compito; esporre al termine dell’attività alla classe quanto ha raccontato. Individualmente ogni alunno descrive su un foglio un’esperienza in cui è riuscito meglio che può riguardare qualsiasi ambito. Nel gruppo ognuno condivide con i compagni quanto ha scritto e chiede cosa ne pensano, in particolare quali abilità, secondo loro, è riuscito a mettere in atto durante l’esperienza e lo ha condotto al risultato positivo, poi dice cosa pensa lui stesso. Quando tutti hanno raccontato, ogni relatore riferisce alla classe quanto emerso nel suo gruppo. L’insegnante può stimolare una riflessione nel gruppo classe.

109 Questa attività è inclusiva perché…
…a ciascuno viene assegnato un compito in base alle proprie competenze, per cui ad es.: il bambino con difficoltà di lettura trova un ruolo alternativo a quello di leggere, pur partecipando attivamente all’attività, il bambino con difficoltà di autoregolazione trova un spazio di impegno “breve” in cui fa meno fatica a portare a termine un compito; il bambino con difficoltà emotiva è meno esposto nel parlare di sé, il bambino con scarsa autostima viene aiutato a focalizzare i propri punti di forza.

110 ATTIVITA’ COOPERATIVE SEMPLICI
Si svolgono in coppie di alunni o al massimo gruppi di 3; prevedono un tempo breve di permanenza nella coppia (1 o 2 ore di lezione); non richiedono necessariamente un buon livello di abilità sociali; consistono in compiti non particolarmente difficili, che gli studenti potrebbero realizzare anche individualmente, ma che vengono proposti per il lavoro in coppia allo scopo di fornire il mantenimento dell’attenzione, la rielaborazione e lo studio.

111 Struttura: coppie di alunni Obiettivi:
Mantenere l’attenzione durante la spiegazione frontale. Elaborare i concetti spiegati dall’insegnante attraverso il confronto con il compagno. Memorizzare una maggiore quantità di informazioni grazie all’ascolto di un’esposizione complessa suddivisa in più parti. Materiale: fogli di carta e penna; lavagna classica o a fogli mobili o LIM L’insegnante: Individua un argomento della sua disciplina che possa essere proposto con questo tipo di attività e le suddivide in 4-5 parti (non di più); Struttura la sua spiegazione in modo da fare interruzioni ogni 5-10 min. per 4-5 volte in corrispondenza dei punti principali; Suddivide gli studenti in coppie; prima di iniziare a spiegare, chiede loro di prendere appunti individualmente, come fanno abitualmente; Durante la spiegazione scrive alla lavagna uno schema con 4-5 domande chiave sull’argomento in questione; Ai punti previsti, interrompe la spiegazione e chiede agli studenti di ciascuna coppia di confrontarsi tra loro sugli appunti presi e integrarli, in un tempo di 5-10 minuti. Spiega agli studenti che gli appunti integrati devono essere una riformulazione degli appunti individuali. Terminata la lezione, chiede alle coppie di produrre un elaborato comune con i seguenti ruoli: uno legge gli appunti e l’altro scrive; a ogni due punti sintetizzati si scambiano i ruoli.

112 Questa attività è inclusiva perché…
…all’interno della coppia gli allievi possono «usufruire» dell’aiuto del compagno per colmare eventuali lacune di attenzione che hanno causato la perdita di informazioni durante la spiegazione. Allo stesso tempo, ciascuno può trovare un ruolo «utile» alla coppia, ad esempio il bambino con difficoltà di sintesi/elaborazione potrebbe limitarsi a scrivere ciò che debba il compagno e a completare lo schema, senza sperimentare un senso di inutilità/fallimento.

113 ATTIVITA’ COOPERATIVE COMPLESSE
Le attività cooperative complesse prevedono una strutturazione più formale in termini di tempo, ruoli e modalità di svolgimento. si svolgono in gruppi composti da un minimo di 3 a un massimo di 5 studenti (4 il numero ideale); prevedono un tempo breve di permanenza nel gruppo relativamente lungo (da una settimana a mesi); consiste in compiti complessi, per i quali è effettivamente necessario un lavoro di gruppo, perché quello individuale richiederebbe troppo tempo e energie.

114 Struttura: gruppi di 3 o 4 alunni Obiettivi:
Elaborare e approfondire le informazioni attraverso il confronto con i compagni. Sviluppare capacità di sintesi. Esprimere la propria opinione contribuendo al lavoro di gruppo. Materiale: fogli di carta e penna; un testo/brano L’insegnante: Divide la classe in gruppi di 3 o 4 alunni); Consegna a ciascun gruppo i seguenti materiali: un brano, un vocabolario, un foglio bianco e una penna; Propone un testo un argomento sul quale ritiene utile che gli studenti si confrontino; Invita gli allievi a suddividersi i seguenti ruoli: uno legge un paragrafo del brano uno sintetizza l’idea principale uno cerca eventuali parole difficili sul vocabolario uno scrive 2 o 3 parole chiave del paragrafo Terminata la lettura e comprensione, l’insegnante può fare qualche domanda ai componenti del gruppo sul brano appena letto e analizzato. Potrà decidere di dare un voto che vale per tutto il gruppo o di fare una media dei voti individuali . Il relatore di ogni gruppo presenta i risultati alla classe

115 Questa attività è inclusiva perché…
…all’interno del gruppo, a ciascun allievo viene assegnato un compito in base alle sue reali competenze. In questo modo i compagni vengono ad assumere il ruolo di «strumenti compensativi» per quei bambini/ragazzi che possono avere difficoltà a leggere ad alta voce (come nella dislessia) o a estrapolare una sintesi da un insieme di stimoli (come nel caso di difficoltà di attenzione).

116 Concludiamo con un racconto…
Un uomo trovò un uovo d’aquila e lo mise nel nido di una chioccia. L’uovo si schiuse contemporaneamente a quelle della covata, e l’aquilotto crebbe insieme ai pulcini. Per tutta la vita l’aquila fece quel che facevano i polli del cortile, pensando di essere uno di loro. Frugava il terreno in cerca di vermi e insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le ali alzandosi da terra di qualche decimetro. Trascorsero gli anni, e l’aquila divenne molto vecchia. Un giorno vide sopra di sé, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante, in mezzo alle forti correnti d’aria, muovendo appena le robuste ali dorate. La vecchia aquila alzò lo sguardo, stupita: “Chi è quello?”, chiese. “E’ l’aquila, il re degli uccelli” rispose il suo vicino. “Appartiene al cielo. Noi invece apparteniamo alla terra, perché siamo polli.” E così l’aquila visse e morì come un pollo, perché pensava di essere tale. -Anthony De Mello,  «Messaggio per un’aquila che si crede un pollo.»

117 Via Garibaldi, 25 Campobasso Tel/ fax

118 GRAZIE PER L’ATTENZIONE!!!


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