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Dott. Alessandro Giomarelli

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Presentazione sul tema: "Dott. Alessandro Giomarelli"— Transcript della presentazione:

1 Dott. Alessandro Giomarelli
Rischi Fisici Dott. Alessandro Giomarelli

2 AGENTI FISICI TITOLI VII CAPO II “Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro” D.Lgs. 81/08

3 Definizioni T.U. – ppeak Novità: il ppeak viene valutato con curva C ed è presente anche nei limiti di esposizione.

4 Curve di pesatura A e C

5 Definizioni D.Lgs 81/08– ISO1999
LEX,8h  livello di esposizione giornaliera o settimanale al rumore dove: LEX,8h  Livello esposizione di mansione o giornaliero k  = 8 (ore lavorative) o 5 (numero di giornate lavorative)

6 Valori limite di esposizione D.Lgs 81/08
LEX,8h Ppeak riferiti a 20µPa Valore limite di esposizione 87 dB(A) 140 dB(C) 200 Pa Valori superiori di azione 85 dB(A) 137 dB(C) 140 Pa Valori inferiori di azione 80 dB(A) 135 dB(C) 112 Pa

7 Valori limite di esposizione D.Lgs 81/08
Livello di azione: fa scattare determinate misure di tutela. Valore limite: superamento proibito

8 (necessario collegamento con Medico Competente)
Nell’ambito della valutazione dei rischi 17 D.Lgs 81/08 il datore di lavoro valuta il rumore durante il lavoro prendendo in considerazione: il livello, il tipo e la durata dell’esposizione, ivi inclusa ogni esposizione al rumore impulsivo; i valori limite dei esposizione e i valori di azione di cui all’articolo 189 D.Lgs 81/08 tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rumore con particolare riferimento alle donne in gravidanza; (necessario collegamento con Medico Competente) per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori derivati da interazioni fra rumore e sostanze ototossiche connesse con l’attività svolta e fra rumore e vibrazioni;

9 Sostanze Ototossiche Sostanze ototossiche occupazionali:
Solventi: Toluene,Xileni,Etilbenzene,Stirene,Esano. Metalli: Piombo, Mercurio, Manganese. Asfissianti: Monossido di Carbonio.

10 1. Nell’ambito della valutazione dei rischi 17 D
1. Nell’ambito della valutazione dei rischi 17 D.Lgs 81/08 il datore di lavoro valuta il rumore durante il lavoro prendendo in considerazione: tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il rischio di infortuni; le informazioni sull’emissione di rumore fornite dai costruttori dell’attrezzatura di lavoro in conformità alle vigenti disposizioni in materia; l’esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre l’emissione di rumore; Il prolungamento del periodo di esposizione al rumore oltre l’orario di lavoro normale, in locali di cui è responsabile;

11 Valutazione dei rischi art.190 D.Lgs 81/08
I metodi e le strumentazioni rispondenti alle norme di buona tecnica si considerano adeguati ai sensi del comma 3. Nell'applicare quanto previsto nel presente articolo, il datore di lavoro tiene conto delle imprecisioni delle misurazioni determinate secondo la prassi metrologica. Metodiche di misura UNI 9432/08 punto 4.2 Strumentazione Classe 1 (CEI ) – taratura punto anni Linee guida ISPESL (errore di misura)

12 Valutazione dei rischi D.Lgs 81/08
La valutazione e la misurazione di cui ai commi 1 e 2 sono programmante ed effettuate con cadenza almeno quadriennale, da personale adeguatamente qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione. In ogni caso il datore di lavoro aggiorna la valutazione dei rischi in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne mostrino la necessità. Ripetizione valutazione con cadenza quadriennale se non si verificano notevoli mutamenti e SE NON SI REGISTRANO PROBLEMI .

13 Uso dei d.p.i. – D.Lgs 81/08 1. Il datore di lavoro, qualora i rischi derivanti dal rumore non possono essere evitati con le misure di prevenzione e protezione, fornisce i dispositivi di protezione individuali per l'udito conformi alle disposizioni contenute nel Titolo IV ed alle seguenti condizioni:

14 ≥ 85 dB(A) 137 dB(C) Uso dei d.p.i. – D.Lgs 81/08 Punto 1 b)
Il Datore di Lavoro superati i valori di superiori di azione ≥ 85 dB(A) 137 dB(C) Fa tutto il possibile per assicurare che vengano indossati. i dispositivi di protezione individuale

15 Metodi per valutare l’idoneità e l’attenuazione di un dispositivo
Norma EN 458 del 1993, tradotta dall’UNI nel 1995 e adottata dal Decreto del Ministero del Lavoro del 2 maggio 2001 “Criteri per l’individuazione e l’uso dei dispositivi di protezione individuale”

16 Il produttore deve dichiarare:
Attenuazione sonora in ottave e rispettiva deviazione standard. (H), (M), (L) (attenuazione alle alte, medie e basse frequenze) SNR (Simplified Noise Reduction)

17 Attenuazione reale offerta dai dispositivi di protezione auricolare (informativa)
Anteprima UNI 9432:2008. Esposizione al rumore nell’ambiente di lavoro I valori di attenuazione ottenuti con i metodi precedenti devono essere moltiplicati per i fattori β 0,75 - Cuffie 0,5 - Inserti espandibili 0,3 - Inserti preformati

18 SNR (Simplified Noise Reduction) dichiarato dal costruttore secondo UNI 9432/08
Leq (A) (dBA) (orecchio)= Leq (C) (dBC) – SNR (dB)=Δ Leq (A) (dBA) (orecchio)= Leq (C) (dBC) - [Δ X β] = Es: SNR = 26 dB Leq(C) = 102 dBC Leq (A) = = 76 dBA Leq (A) =102-19,5= 82,5

19 AGENTI FISICI TITOLO VIII CAPO III “Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione alle vibrazioni” D.Lgs. 81/08

20 Differenti tipologie di rischio
Vibrazioni trasmesse al Sistema mano-braccio: Hand Transmitted Vibration HTV - HAV Vibrazioni trasmesse al Corpo intero: Whole Body Vibration WBV

21

22

23 Effetti delle vibrazioni trasmesse al sistema MB
Patologie di tipo: VASCOLARE: (fenomeno di Raynaud) NEUROLOGICO: (neuropatia periferica sensitiva) OSTEORTICOLARE: (lesioni croniche degeneranti a carico dei segmenti ossei) 23

24 VIBRAZIONI TRASMESSE AL CORPO INTERO (CEN REPORT 12349-1996)
Disturbi e patologie del rachide lombare Disturbi e patologie del distretto cervico-brachiale Effetti sugli apparati cocleo-vestibolare gastroenterico,circolatorio,urogenitale

25 L’identificazione e valutazione del rischio
Decreto Legislativo 81/08 L’identificazione e valutazione del rischio Valutazione con misurazioni In accordo con le metodiche di misura stabilite da Standard CEN ISO Valutazione senza misurazioni Sulla base di Banca Dati Ispesl, Banche dati CNR, BD REGIONI, informazioni fornite dal costruttore

26 HAV: ISO 5349 Accelerazione: somma vettoriale
Valutazione del rischio esposizione : giornaliera riferita ad 8 ore di lavoro

27 HAV: assi di misura Norma ISO 5349/2001

28 WBV Assi ISO X, Y longitudinale Z Trasversale

29 WBV: Accelerazione assiale massima
Awmax = Max (1.4 x awx; 1.4 x awy; awz) Valutazione del rischio: esposizione giornaliera riferita ad 8 ore di lavoro

30 Valori limite d d’esposizione d’azione esposizione e valori d azione Valori espressi in m/s2

31 quando sono superati i valori d'azione, il datore di lavoro elabora e applica un programma di misure tecniche o organizzative, volte a ridurre al minimo l'esposizione e i rischi che ne conseguono, considerando in particolare quanto segue: a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione a vibrazioni meccaniche; b) la scelta di attrezzature di lavoro adeguate concepite nel rispetto dei principi ergonomici e che producono, tenuto conto del lavoro da svolgere, il minor livello possibile di vibrazioni; c) la fornitura di attrezzature accessorie per ridurre i rischi di lesioni provocate dalle vibrazioni, quali sedili che attenuano efficacemente le vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie o guanti che attenuano la vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio; d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo di lavoro, dei sistemi sul luogo di lavoro e dei DPI; e) la progettazione e l'organizzazione dei luoghi e dei posti di lavoro;

32 f) l'adeguata informazione e formazione dei lavoratori sull'uso corretto e sicuro delle attrezzature di lavoro e dei DPI, in modo da ridurre al minimo la loro esposizione a vibrazioni meccaniche; g) la limitazione della durata e dell'intensità dell'esposizione; h) l'organizzazione di orari di lavoro appropriati, con adeguati periodi di riposo; i) la fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per la protezione dal freddo e dall'umidità. 2. Se, nonostante le misure adottate, il valore limite di esposizione e' stato superato, il datore di lavoro prende misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto di tale valore, individua le cause del superamento e adatta, di conseguenza, le misure di prevenzione e protezione per evitare un nuovo superamento.

33 AGENTI FISICI TITOLO VIII CAPO V “Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazione ottiche artificiali” D.Lgs. 81/08

34 Entrata in vigore aprile 2010 (art. 306 comma 3).
Attività interessate: -   saldature ad arco o elettrodo -   processi di indurimento resine -   processi di stampa industriale -   forni di fusione metalli -   lavorazioni del vetro alle temperature di fusione -   sorgenti laser in ambito sanitario Nell’allegato XXXVII sono fissati i valori limite per - radiazioni ottiche non coerenti (IR e UV) - radiazioni laser.  22

35 DEFINIZIONI Radiazioni ottiche: radiazioni elettromagnetiche con lunghezza d’onda tra 100 nme 1 mm Ultraviolette: tra 100 e 400 nm Visibili: tra 380 e 780 nm Infrarosse: tra 780 nme 1 mm Laser: dispositivo che produce o amplifica radiazioni ottiche Radiazione laser:radiazione ottica da laser Radiazione non coerente:radiazione ottica diversa dalla radiazione laser

36 Valori limite di esposizione: limiti che garantiscono la protezione contro tutti gli effetti nocivi conosciuti. I valori limite sono riportati nell’allegato XXXVII, parte I (radiazioni incoerenti) e nell’allegato XXXVII, parte II (radiazioni laser) Irradianza(E):potenza radiante incidente su una superficie (W m-2) Esposizione radiante (H):integrale nel tempo dell’irradianza(J m-2) Radianza (L):potenza radiante per angolo solido per superficie (W m-2 sr-1) Livello:esposizione del lavoratore (combinazione di irradianza, esposizione radiante e radianza)

37 Identificazione dell’esposizione e valutazione dei rischi (art. 216)
Il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura e/o calcola i livelli delle radiazioni ottiche. Metodologie: Norme Commissione Elettrotecnica internazionale (IEC), per le radiazioni laser. Norme Commissione Internazionale per l’illuminazione (CIE) e CEN per radiazioni incoerenti. Linee guida Commissione consultiva permanente In ogni caso si tiene conto dei dati del fabbricante delle attrezzature.

38 Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi (art. 217)
Se i valori limite d’esposizione possono essere superati il D.L. definisce e attua un programma per evitare tale superamento: Diversi metodi di lavoro Scelta di attrezzature alternative e istruzioni dei fabbricanti Misure per ridurre l’emissione (schermature) Riprogettazione dei luoghi e dei posti di lavoro e programmi di manutenzione Limitazione durata e livello di esposizione Disponibilità di DPI I luoghi dove è possibile il superamento dei valori di azione devono essere segnalati e con accesso limitato

39 Illuminazione nei luoghi di lavoro
L’illuminazione di un ambiente di lavoro deve essere tale da soddisfare esigenze umane fondamentali quali: - BUONA VISIBILITÀ: per svolgere correttamente una determinata attività, l’oggetto della visione deve essere percepito ed inequivocabilmente riconosciuto con facilità, velocità ed accuratezza; - COMFORT VISIVO: l’insieme dell’ambiente visivo deve soddisfare necessità di carattere fisiologico e psicologico; - SICUREZZA: le condizioni di illuminazione devono sempre consentire sicurezza e facilità di movimento ed un pronto e sicuro discernimento dei pericoli insiti nell’ambiente di lavoro.

40 Caratteristiche della luce solare
Lo spettro solare ha il suo massimo nel verde (~550 nm) Stabilità temporale Andamento diurno La notte è buio!

41 Luce artificiale Le sorgenti di radiazione ottica di origine non naturale sono un’invenzione estremamente recente La lampadina è stata presentata nel 1879 da Thomas A. Edison ed aveva una durata di circa 45 ore In poco più di un secolo questo dispositivo si è evoluto dando origine a molte tipologie di sorgenti La rivelazione e la misura della radiazione ottica è basata sui seguenti effetti fisici: Effetto fotoelettrico Effetto termico Fotoconduttivita’

42 Le sorgenti artificiali
Sorgenti a scarica Sorgenti ad incandescenza Filamenti in gas inerti A ciclo di alogeni Fluorescenti A vapori di Hg ad A.P. Ad alogenuri metallici A vapori di sodio Bassa tensione Bassissima Tubolari Compatte Alta pressione Bassa

43 Caratteristiche delle lampade
La potenza elettrica assorbita Si tratta semplicemente dell’energia elettrica assorbita nell’unità del tempo e figura sulle lampade stesse espressa in Watt Il flusso luminoso Rappresenta la quantità totale di spettro visibile emessa dalla lampada e si indica col la lettera greca  e la sua unità di misura è il lumen (lm). L’efficienza luminosa È il rapporto fra il flusso luminoso e la potenza assorbita Viene indicata con la lettera  ed è espressa in lm/W Tipici valori di efficienza luminosa sono: lampade ad incandescenza fra  6 lm/W e 15 lm/W; lampade alogene fra 12 lm/W e 25 lm/W; lampade fluorescenti fra 40 lm/W e 90 lm/W; lampade ai vapori di mercurio fra 50 lm/W e 120 lm/W; lampade ai vapori di sodio fino a quasi  200 lm/W.

44 Caratteristiche delle lampade
La resa del colore Si intende la capacità di una sorgente di luce artificiale di rendere i colori di un oggetto illuminato il confronto è con quello che si sarebbe ottenuto illuminando il medesimo oggetto con luce solare. Il valore viene espresso quindi con una percentuale che può variare da 0 a 100. La temperatura di colore Si intende che la sorgente di luce artificiale con un certo valore di temperatura di colore produce una luce che approssima quella prodotta da un corpo nero avente la stessa temperatura assoluta. Temperatura di colore da 5000 K o più significa una tinta di luce solare, sui 4000 K un bianco neutro e infine con 3300 K o meno significa un bianco caldo.

45 L’efficienza luminosa di una lampada ad incandescenza è dunque molto bassa:
Solo una frazione percentuale (2% -5%) della potenza assorbita viene riemessa sotto forma di radiazione ottica Quasi tutta la potenza assorbita è nell’infrarosso (radiazione termica) La resa cromatica è eccellente L’emissione di una spettro continuo, anche se spostato verso l’IR garantisce la presenza di tutte le componenti cromatiche

46 Principali grandezze fotometriche 1
FLUSSO LUMINOSO (F) che esprime l’energia luminosa emessa da una sorgente puntiforme nell’unità di tempo e ponderata in base alla curva di visibilità relativa; l’unità di misura è il lumen (lm) F = quantità di luce/tempo (energia diviso tempo) dalla quale si deduce che il flusso luminoso è una potenza Riferimento: UNI EN 12665:2004

47 Principali grandezze fotometriche 2
INTENSITÀ LUMINOSA (I) che esprime il flusso luminoso emesso da una sorgente puntiforme in una determinata direzione entro un angolo solido unitario. L’unità di misura è la candela (cd);

48 Principali grandezze fotometriche 3
LUMINANZA (L) La luminanza è pari al rapporto fra l'intensità luminosa emessa in una certa direzione e l'area della superficie emittente perpendicolare alla direzione l’unità di misura è la candela per metro quadrato (cd/m2); 1 cd/mq equivale al flusso luminoso emesso per unità di angolo solido (intensità luminosa di 1 candela) entro una area unitaria perpendicolare alla direzione del flusso luminoso. Nel caso che il flusso luminoso non sia perpendicolare alla superficie, allora bisogna dividere L per cosy, dove y è l'angolo fra flusso e ortogonale alla superficie.

49 Principali grandezze fotometriche 4
L’ILLUMINAMENTO (E) è pari al rapporto fra il flusso luminoso incidente ortogonalmente su una superficie e l'area della superficie che riceve il flusso, quindi una densità di flusso: E = dF/dA l’unità di misura è il lumen per metro quadrato (lm/m2) e viene detta lux (lx). L'illuminamento varia con l'inverso del quadrato della distanza dalla sorgente luminosa

50 La prestazione visiva

51 La prestazione visiva Luminanza e contrasto di luminanza
Colore e contrasto di colore Dimensioni, forma e aspetto delle superfici Posizione del dettaglio nel campo visivo Movimento degli oggetti e tempo di osservazione Durata della prestazione visiva Riferimento: UNI EN 12665:2004

52 La prestazione visiva c) Le caratteristiche dell’ambiente.
L’illuminazione di un ambiente deve fornire condizioni ottimali per lo svolgimento del compito visivo richiesto, anche quando si distoglie lo sguardo dal compito o per riposo o per una variazione del compito. L’impressione visiva di un ambiente è influenzata dall’aspetto delle superfici degli oggetti visivi principali (compito visivo, arredi e persone al suo intorno), del suo interno (pareti, soffitti, pavimenti, arredi e macchine) e delle sorgenti di luce (finestre e apparecchi d’illuminazione) e dipende principalmente dai seguenti parametri:

53 Riflessioni da sorgenti naturali
Sbagliato: le finestre si riflettono nello schermo video. Sbagliato: finestra nel campo visivo, elevate differenze di intensità luminosa. Giusto: differenza equilibrata dell'intensità luminosa. Nella zona di riflessione dello schermo video non esistono superfici luminose

54 Illuminazione artificiale: Requisiti prestazionali
L’illuminazione artificiale è quella prodotta dall’insieme dei corpi illuminanti intenzionalmente introdotti per lo svolgimento dei compiti visivi richiesti in quel determinato luogo e per compensare la carenza o l’assenza di illuminazione naturale. La progettazione di un impianto di illuminazione deve perciò essere coerente con le caratteristiche dell’ambiente (dimensioni, forma, proprietà fotometriche delle superfici interne, presenza di luce diurna, ecc.), la sua funzione generale (commerciale, produttiva, sanitaria, ecc.) ed i compiti visivi degli utilizzatori.

55 Illuminazione di emergenza
Tutti i posti di lavoro, in caso di pericolo, devono poter essere evacuati rapidamente ed in piena sicurezza. Un esodo rapido e sicuro presuppone che siano presenti percorsi senza ostacoli e adeguati alla natura dell’attività, alle dimensioni dei luoghi, al numero di persone presenti ed alla loro tipologia (conoscenza dei luoghi, capacità di muoversi senza assistenza, ecc.) e che tali percorsi, unitamente ai potenziali pericoli ed ai presìdi di sicurezza e soccorso, siano sempre riconoscibili in modo certo ed immediato, anche in mancanza dell’illuminazione normale, per evitare pericoli per l’incolumità delle persone. Riferimento: UNI EN 1838: 2000

56 Illuminazione di sicurezza per l’esodo
I requisiti minimi da soddisfare per un’adeguata l’illuminazione di sicurezza sono: a) Altezza di installazione degli apparecchi illuminanti e direzione della luce Un percorso per l’esodo deve avere un’altezza minima di 2 m e perciò, per rendere ben visibile l’intero spazio di mobilità, gli apparecchi illuminanti vanno posti a non meno di tale altezza e preferibilmente a parete poiché, se installati a soffitto o a ridosso del soffitto, può esserne ridotta rapidamente la visibilità dal fumo in caso di incendio. E’ opportuno che il flusso luminoso sia diretto dall’alto verso il piano di calpestio.

57 Illuminazione di sicurezza per l’esodo

58 Illuminazione di sicurezza per l’esodo
c) Livello di illuminamento delle vie d’esodo La norma UNI EN 1838:2000 definisce valori minimi misurati al suolo (fino a 20 mm dal suolo) e calcolati senza considerare il contributo luminoso della luce riflessa, per : - vie d’esodo di larghezza fino a 2 m: l’illuminamento orizzontale al suolo lungo la linea centrale non deve essere minore di 1 lx, mentre nella fascia centrale di larghezza pari ad almeno la metà della via d’esodo, l’illuminamento deve essere non meno del 50% di quello presente lungo la linea centrale; - vie d’esodo di larghezza superiore a 2 m: devono essere considerate come un insieme di vie d’esodo di 2 m e per ciascuna di esse vanno adottati i valori minimi sopraindicati, oppure essere dotate di illuminazione antipanico.

59 Illuminazione di sicurezza per l’esodo

60 Illuminazione di sicurezza per l’esodo

61 Illuminazione di sicurezza per l’esodo
h) Autonomia di funzionamento Il tempo minimo di funzionamento dell’illuminazione di sicurezza deve essere di almeno 1 ora. Autonomie per tempi superiori sono previste da disposizioni di legge per particolari attività (es. 2 ore per le strutture sanitarie pubbliche e private). i) Tempo di intervento Entro 0,5 s dal momento in cui viene meno l’illuminazione ordinaria, l’illuminazione di sicurezza deve fornire il 50% dell’illuminamento richiesto ed entro 60 s l’illuminamento deve essere completo. Tempi di intervento inferiori sono previsti da disposizioni di legge per particolari attività (es. strutture sanitarie pubbliche e private, attività ricettive turistico-alberghiere, locali di intrattenimento e pubblico spettacolo, impianti sportivi).

62 Cos’ è il microclima ? Per microclima si intende il complesso dei parametri climatici dell’ambiente nel quale un individuo vive o lavora

63 Commento alla legislazione
A differenza di quanto avviene per la valutazione di altri rischi fisici o chimici (es. il rischio rumore), non sono le condizioni ambientali in sè ad essere oggetto dell’analisi, bensì l’ambiente in relazione all’individuo che vi opera.

64 Commento alla legislazione
A differenza di quanto avviene per la valutazione di altri rischi fisici o chimici (es. il rischio rumore), la legge non contiene né la procedura per la valutazione del rischio, né l’indicazione del descrittore, né i valori limite. Tutta questa materia è pertanto delegata alla normativa tecnica

65 Ambiente termico Moderabile Vincolato Stress Discomfort SI NO Caldo
E’ ragionevole porsi l’obiettivo del comfort ? Moderabile Vincolato Stress Discomfort Caldo Freddo

66 Ambienti termici moderabili

67 Ambiente moderabile Sensazioni di fastidio o di disturbo (discomfort) generale e/o locale Interferenza con l’attività lavorativa Nessun vero rischio per la salute

68 Interferenza con l’attività lavorativa
Grosseto – 29 Maggio 2007

69 Valutazione del comfort
Indici di comfort locale Indici di comfort globale Grosseto – 29 Maggio 2007

70 Quantificazione del discomfort
Approccio soggettivo Benessere (comfort) microclimatico Sensazione soggettiva dell’individuo esposto Qualitativa (Caldo, freddo, umido, …..) Quantitativa (Scala termica da molto freddo = 0 a molto caldo = 100)

71 Capacità descrittiva Capacità predittiva

72 Quantificazione del discomfort
Approccio oggettivo Benessere (comfort) microclimatico Equilibrio energetico del corpo umano Soluzione di una equazione che tiene conto della generazione di energia nell’organismo, e dello scambio di energia fra uomo e ambiente

73 Determinazione degli indici PMV e PPD
UNI EN ISO 7730:2006 Determinazione degli indici PMV e PPD e specifica delle condizioni di benessere termico

74 S = M – W – CRES – ERES – K – C – R – E
M – Metabolismo energetico W – Potenza meccanica CRES – Perdite nella respirazione per via convettiva ERES – Perdite nella respirazione per via evaporativa K – Potenza scambiata per conduzione C – Potenza scambiata per convezione R – Potenza scambiata per irraggiamento E – Potenza scambiata per evaporazione S – Squilibrio energetico (L’organismo guadagna energia se S > 0, cede energia se S < 0) S = M – W – CRES – ERES – K – C – R – E

75 S = M – W – CRES – ERES – K – C – R – E
La condizione di benessere microclimatico coincide con la neutralità termica (Omeotermia) Matematicamente ciò implica che le condizioni ottimali risultano dalle soluzioni dell’equazione S = M – W – CRES – ERES – K – C – R – E

76 L’equazione dell’equilibrio energetico contiene soltanto sei quantità
Quattro parametri oggettivi (ambientali) Temperatura dell’aria ta Temperatura media radiante tr Pressione parziale del vapore acqueo (umidità) pa Velocità dell’aria va Due parametri soggettivi (individuali) Attività metabolica M Isolamento del vestiario Iclo

77 Temperatura dell’aria
Cos’è – una misura della energia cinetica delle molecole dell’aria Unità di misura – Grado centigrado (°C) Strumentazione richiesta – Termometro UNI EN ISO 7726 Ergonomia degli ambienti termici – Strumenti per la misurazione delle grandezze fisiche

78 Temperatura media radiante
Cos’è – una misura della temperatura media delle superfici in contatto ottico diretto con la postazione di misura (e di conseguenza una misura del flusso di radiazione che incide sulla postazione di misura) Unità di misura – Grado centigrado (°C) Strumentazione richiesta: Globotermometro UNI EN ISO 7726 Ergonomia degli ambienti termici – Strumenti per la misurazione delle grandezze fisiche

79 Pressione parziale del vapore acqueo
Cos’è – una misura della quantità di vapore acqueo presente nell’aria Unità di misura – KiloPascal (KPa) Strumentazione richiesta: Igrometro o Psicrometro UNI EN ISO 7726 Ergonomia degli ambienti termici – Strumenti per la misurazione delle grandezze fisiche

80 Umidità relativa 19 °C 57 % 25 °C

81 Velocità dell’aria Cos’è – una misura del movimento d’aria in prossimità della postazione di misura Unità di misura – metri al secondo (ms-1) Strumentazione richiesta: Anemometro UNI EN ISO 7726 Ergonomia degli ambienti termici – Strumenti per la misurazione delle grandezze fisiche

82 Metabolismo Cos’è: una misura della potenza generata dall’organismo nello svolgimento di una determinata attività. Unità di misura – Met (1 Met = 58,15 Wm-2) Il rendimento meccanico  è definito come il rapporto fra la potenza meccanica impegnata (W = F  v) ed il metabolismo M

83 Ergonomia degli ambienti termici – Determinazione del metabolismo
UNI EN ISO 8996 Ergonomia degli ambienti termici – Determinazione del metabolismo energetico

84 Isolamento termico Cos’è: una misura della resistenza offerta dall’abbigliamento indossato al fluire dell’energia ed alla evaporazione. Unità di misura – Clo (1 Clo = 0,155 Km2W-1)

85 Valutazione degli effetti termici mediante misure fisiologiche
UNI EN ISO 9886 Ergonomia– Valutazione degli effetti termici mediante misure fisiologiche Grosseto – 29 Maggio 2007

86 Indici di comfort globale

87 è un particolare indice di qualità appropriato alla descrizione del
Un indice di comfort è un particolare indice di qualità appropriato alla descrizione del BENESSERE MICROCLIMATICO Cos’è un indice di comfort ?

88 Cosa è un indice di qualità ?

89 Un indice di qualità è una quantità che sintetizza l’informazione disponibile, allo scopo di consentire una semplice valutazione di un sistema LAeq

90 L’indice di comfort sintetizza le informazioni relative al benessere microclimatico.
Il benessere microclimatico è determinato dalla interazione dell’individuo con l’ambiente nel quale opera.

91 PMV PPD La condizione di comfort globale dell’individuo viene valutata
mediante gli Indici di Fanger PMV PPD Predicted mean vote Predicted percentage of dissatisfied

92 Fanger, chi era costui ? Il prof. Fanger è il capo del team della Technical University of Copenhagen che a partire dai primi anni ’70 ha condotto gli esperimenti che hanno dimostrato l’esistenza della correlazione fra sensazioni soggettive di comfort microclimatico e bilancio energetico.

93 E’ una quantità che in una scala termica a 7 punti, estesa da
PMV - (Predicted Mean Vote) E’ una quantità che in una scala termica a 7 punti, estesa da –3 (molto freddo) a +3 (molto caldo) (0 = neutro) fornisce il giudizio medio che verrebbe espresso da un campione di soggetti esposti ad un determinato ambiente termico.

94 discomfort – comfort – discomfort
Caldo Freddo Ambienti non moderati Ambienti moderati Ambienti non moderati discomfort – comfort – discomfort

95 Per ogni valore del PMV (anche il valore ottimale 0)
Il valore ottimale è PMV = 0, che corrisponde ad uno stato di neutralità termica. Il PMV esprime un giudizio MEDIO Per ogni valore del PMV (anche il valore ottimale 0) esiste una frazione di individui insoddisfatta dalle condizioni climatiche esistenti, ovvero quella che esprime un voto pari a [-3 –2 2 3]

96 (Predicted percentage
PPD (Predicted percentage of dissatisfied)

97

98 L’uso dell’indice PMV è limitato all’intervallo
L’indice PMV è appropriato a condizioni STATICHE o con piccole fluttuazioni

99 PMV

100 Valori ottimali di temperatura ed umidità

101 Classificazione degli ambienti
Forti requisiti di qualità A Medi requisiti di qualità B Deboli requisiti di qualità C

102 Valori limite A B C UNI EN ISO 7730 (2006) -0,2 < PMV < 0,2
PPD < 6 % -0,5 < PMV < 0,5 B PPD < 10 % -0,7 < PMV < 0,7 C PPD < 15 %

103 C A B

104 Indici di comfort locale

105 ma anche dei fattori di discomfort
Il giudizio complessivo su un ambiente deve tener conto non soltanto del comfort GLOBALE ma anche dei fattori di discomfort LOCALE Temperatura del pavimento Correnti d’aria Gradiente di Temperatura Asimmetrie radianti

106 Gradiente verticale di temperatura
B 3°C 2°C A Differenza di temperatura testa- caviglie

107 Correnti d’aria C B A

108 Temperatura del pavimento
C B A

109 Asimmetria radiante C B A

110 Discomfort locale - Limiti
Ambiente classe B Discomfort locale - Limiti Correnti d’aria Va = 0,13  0,20 ms-1 DR < 15 % Gradiente di Temperatura DT < 3°C PD < 5 % Temperatura del pavimento 19°C < T < 29°C PD < 10 % Asimmetrie radianti DT < 5°C (soffitto caldo) PD < 5 % DT < 10°C (parete fredda)

111 (A B C) Per l’appartenenza di un ambiente termico
ad una determinata classe di qualità (A B C) tutti i requisiti (GLOBALI e LOCALI) devono risultare simultaneamente soddisfatti

112 PMV > 2 ? PMV < -2 ? Che fare ?

113 Ambienti termici severi

114 Ambienti termici severi
L’ambiente termico è distante dalle condizioni ideali per l’organismo umano. Il sistema di termoregolazione non è in grado di operare i necessari aggiustamenti per assicurare condizioni di omeotermia Si verificano pertanto squilibri termici che inducono un raffreddamento o riscaldamento della parte interna dell’organismo (nucleo)

115 Ambienti termici severi
Intense sensazioni di caldo e di freddo Forte interferenza con l’attività lavorativa, fino alla inabilità Possibili rischi per la salute

116 Ambienti termici severi caldi

117 Ambienti termici severi caldi
Metodo empirico UNI EN 27243 Valutazione dello stress termico negli ambienti di lavoro basata sull’indice WBGT

118 WBGT Microclima severo caldo ma anche il più conosciuto
Il criterio più semplice, più grossolano ma anche il più conosciuto è quello che utilizza l’indice WBGT

119 Wet Bulb Globe Temperature
WBGT è l’acronimo di Wet Bulb Globe Temperature Il WBGT si calcola mediante due semplicissime espressioni matematiche WBGT = 0,7 TNW + 0,3 TG Ambienti non soleggiati WBGT = 0,7 TNW + 0,2 TG + 0,1 TA Ambienti soleggiati

120 Temperatura del bulbo umido a ventilazione naturale
Cos’è – una misura composita che risente della temperatura, della umidità e della velocità dell’aria Unità di misura – Grado centigrado (°C) Strumentazione richiesta: Termometro con bulbo umido ventilato naturalmente ISO 7726 Strumenti e metodi per la misura delle quantità fisiche

121 WBGT Ipotesi e assunzioni tNW = 5 – 40 °C tG = 20 – 120 °C
Abbigliamento leggero (0,6 clo) e permeabile al vapore acqueo Esposizione di durata non troppo breve (> 30 min)

122 WBGT WBGT = (1/4)  (TCav + 2 TAdd + Ttes )
In caso di disomogeneità spaziale si effettuano misure ad altezza caviglie addome e testa e si calcola il WBGT mediante la “media pesata” WBGT = (1/4)  (TCav + 2 TAdd + Ttes ) In caso di disomogeneità temporale si effettuano misure in ciascuna delle condizioni di lavoro e si calcola il WBGT mediante la “media pesata” WBGT = (WBGTi  ti) / (ti)

123 Valori limite

124 Valori limite

125 Ambienti termici severi caldi
Metodo analitico UNI EN ISO 7933 (2005) Ergonomia dell'ambiente termico – Determinazione analitica ed interpretazione dello stress termico da calore mediante il calcolo della sollecitazione termica prevedibile

126 PHS Microclima severo caldo Il criterio più rigoroso
è quello che utilizza il metodo PHS acronimo di Predicted Heat Strain (Strain da calore previsto)

127 Equilibrio energetico
Valuta se la sudorazione riesce a dissipare una potenza tale da garantire condizioni termiche accettabili al soggetto esposto Stress termico Equilibrio energetico del corpo umano

128 Ereq = M – W – CRES – ERES– C – R
Ereq = Potenza da dissipare (via sudorazione) per ottenere equilibrio termico M – Metabolismo energetico W – Potenza meccanica CRES – Perdite nella respirazione per via convettiva ERES – Perdite nella respirazione per via evaporativa C – Potenza scambiata per convezione R – Potenza scambiata per irraggiamento

129 Valori limite tCORE (Temperatura interna) = 38°C
Perdita di liquidi = 5% della massa corporea

130 Contenimento della esposizione
Se almeno uno di questi valori limite viene superato, l’esposizione deve essere limitata ad una durata massima DLE < 480 minuti

131 Ambienti termici severi freddi

132 Ambienti termici severi freddi
Metodo analitico ISO ENV ISO (2001) Valutazione degli ambienti termici freddi: Determinazione dell’isolamento richiesto

133 IREQ Microclima severo freddo
Il criterio di valutazione risulta basato sull’indice IREQ acronimo di Insulation Required (isolamento richiesto)

134 Valuta se l’isolamento fornito dal vestiario indossato nelle reali condizioni ambientali è sufficiente a garantire condizioni termiche accettabili al soggetto esposto Stress termico Equilibrio energetico del corpo umano IREQ si calcola risolvendo l’equazione del bilancio energetico IREQ risulta tanto più basso quanto più intensa è l’attività lavorativa svolta

135 Vengono calcolati due valori di IREQ
IREQmin  isolamento richiesto per mantenere il bilancio termico al livello minimo compatibile con lo svolgimento della attività. IREQneutral  isolamento richiesto per mantenere l’equilibrio energetico dell’organismo. IREQneutral > IREQmin

136 Valutazione del rischio
1 Iclr > IREQneutral IREQmin < Iclr < IREQneutral 2 Iclr < IREQmin 3

137 Valutazione del rischio
Iclr > IREQneutral  Protezione eccessiva 1 Rischi di sudorazione eccessiva, ed assorbimento di umidità da parte dell’abbigliamento Ridurre l’isolamento termico fornito dall’abbigliamento

138 Valutazione del rischio
IREQmin  Iclr  IREQneutral  Protezione adeguata 2 Una modesta sollecitazione del sistema di termoregolazione implica sensazioni che variano da “leggermente freddo” a “neutro” Mantenere l’isolamento termico fornito dall’abbigliamento

139 Valutazione del rischio
Iclr < IREQmin  Protezione insufficiente 3 Rischi di ipotermia Aumentare l’isolamento termico fornito dall’abbigliamento o diminuire la durata dell’esposizione

140 WCI Microclima severo freddo acronimo di Wind Chill Index
La combinazione di basse temperature e di presenza di vento accelera la dissipazione di calore per via convettiva, con conseguenze soprattutto sulle parti come volto e mani WCI acronimo di Wind Chill Index (Indice del raffreddamento dovuto al vento)

141 Microclima severo freddo
WCI = 1,16  (10, v - v)  (33 - ta)

142 Microclima severo freddo
tCH = 33 – WCI / 25,5

143 7243 Ambienti severi caldi – (metodo WBGT)
7730 Ambienti moderati – (metodo PMV-PPD) 7933 Ambienti severi caldi – (metodo PHS) 11079 Ambienti severi freddi – (metodo IREQ)

144 7726 Caratteristiche della strumentazione
8996 Determinazione dell’attività metabolica 9886 Determinazione dello stress termico mediate misure fisiologiche 9920 Determinazione dell’isolamento termico del vestiario

145 Conclusioni La vigente legislazione italiana sulla valutazione del rischio legato alla esposizione ad ambienti termici (D.Lgs. 81/08) consiste di una enunciazione dei principi di prevenzione e tutela del lavoratore, delegando ogni aspetto di tipo quantitativo ai vigenti standard tecnici nazionali ed internazionali.

146 Conclusioni In ambienti MODERATI la quantificazione del discomfort avviene principalmente mediante un indice OGGETTIVO chiamato PMV che consente di prevedere (in media) il grado di accettabilità di un ambiente. Il calcolo del PMV si basa sulla misura di quattro parametri ambientali (ta, tr, va, pa) e sulla stima di due parametri soggettivi (isolamento fornito dall’abbigliamento Icl e metabolismo M).

147 Conclusioni Al descrittore GLOBALE PMV vengono associati degli indici LOCALI relativi a gradienti termici, flussi d’aria localizzati, asimmetrie radianti e temperatura del pavimento. La valutazione di un ambiente viene effettuata verificando l’appartenenza dell’insieme degli indici globale + locali alla appropriata classe di qualità

148 (indice globale IREQ + indice locale WCI).
Conclusioni In ambienti SEVERI CALDI la quantificazione del rischio può avvenire sia mediante un metodo EMPIRICO (indice WBGT) che mediante un metodo ANALITICO (metodo PHS). In ambienti SEVERI FREDDI la quantificazione del rischio avviene esclusivamente mediante un metodo ANALITICO (indice globale IREQ + indice locale WCI).

149 Rischio UV La “radiazione solare” stata inserita dalla IARC nel gruppo 1 di cancerogenesi (sufficiente evidenza di cancerogenicità per l’uomo) e pur costituendo un fattore di rischio per tutte le attività outdoor. Le neoplasie cutanee possono essere riconosciute quali malattie di origine professionale dall’Ente assicuratore solo in virtù della Sentenza della Corte Costituzionale n. 179/88. Tale sentenza ha dato la facoltà al lavoratore di accedere alla protezione assicurativa anche per le malattie professionali non comprese nelle tabelle, ma con l’onere della prova della causalità a carico del lavoratore stesso. 149

150 Metodi MISURAZIONI: Dati di esposizione giornaliera (estate);
b) STIMA: Basata su andamento annuo radiazione UV rilevata da osservatori metereologici (CNR LAMMA). 150

151 UV – Indicatori di Rischio: MED
La “Dose Minima per l’Eritema” (MED) viene impiegata per descrivere le potenzialità della radiazione UV nell’indurre la formazione dell’eritema e 1 MED viene definita come la dose di UV effettiva in grado di provocare un arrossamento percettibile della pelle umana non precedentemente esposta al sole. Comunque, poiché le persone non sono ugualmente sensibili alla radiazione UV a causa delle differenti capacità di autodifesa della pelle (pigmentazione), 1 MED varia fra le popolazioni europee in un intervallo compreso fra 200 e 500 ( J/m2). 151

152 Pittogrammi standard OMS per la comunicazione UV Index alla popolazione.
152

153 ESEMPIO DI MISURE Operatore Schiena KJ/m2 Visiera KJ/m2
Ambiente su peschereccio KJ/m2 1 0.57 1.13 1.25 2 0.86 0.93 Risultati misure dosi UV assorbite dagli operatori a bordo peschereccio “Sara Barbara” ore 7.10 – 11.28 Operatore Schiena KJ/m2 Visiera KJ/m2 Ambiente su peschereccio KJ/m2 1 0.64 0.45 2.51 2 0.17 Risultati misure dosi UV assorbite dagli operatori a bordo peschereccio “Ghibli” ore 6,30 – 18.00 Un KJ = 1000J 153

154 FOTOTIPO Fototipo 1 Capelli rossi o biondi. Pelle lattea, spesso con efelidi. Si scotta sempre. Non si abbronza mai. Fototipo 2 Capelli biondi o castano chiari. Pelle chiara. In genere si scotta. Si abbronza con difficoltà. Fototipo 3 Capelli castani. Pelle chiara con minimo colorito. Si scottano frequentemente. Abbronzatura chiara. Fototipo 4 Capelli bruni o castano scuri. Pelle olivastra. Si scottano raramente. Si abbronza con facilità. Fototipo 5 Capelli neri. Pelle olivastra. Non si scottano quasi mai. Abbronzatura facile e molto scura. Fototipo 6 Capelli neri. Pelle nera. Non si scottano mai.

155 Fotoprotezione ambientale:
Usufruire sempre – ove possibile - di schermature con teli e con coperture. Organizzare l’orario di lavoro Per un buon prodotto antisolare può essere scelto sulla base dei seguenti criteri: - Scegliere prodotti antisolari che contengano sia filtri per gli UVA che per gli UVB. - Scegliere prodotti antisolari che abbiano un SPF di almeno 20. - il prodotto deve essere applicato circa mezz'ora prima dell'inizio dell'esposizione solare, il prodotto deve comunque essere riapplicato dopo alcune ore (2-3 ore) e va riapplicato tanto più precocemente quanto più si è sudato o ci si espone a soluzioni o sostanze in grado di asportare il prodotto dalla cute. Il prodotto deve essere applicato sulla pelle asciutta, altrimenti scivola via e non dà una buona protezione

156 Fotoprotezione ambientale:
I cappelli "da legionario" sono ottimali. I berretti da baseball con visiera invece non forniscono protezione per le orecchie e per il collo che essendo aree particolarmente fotoesposte dovranno comunque essere protette dalla radiazione UV. Umidità: un tessuto bagnato è meno efficace nel proteggere dagli ultravioletti rispetto ad un tessuto asciutto. I tessuti scuri proteggono meglio rispetto a quelli chiari. Le fibre per la loro struttura hanno una capacità di assorbire, e quindi non trasmettere, i raggi UV diversa tra loro. Le fibre acriliche proteggono molto meglio della seta e, quest’ultima, meglio del cotone. La lana fornisce una buona protezione, ma non è proponibile nei mesi estivi. Una buona combinazione è cotone/poliestere che è fresca e protegge bene. Meno protettiva la T-shirt di cotone che lascia passare fino al 30% della radiazione ultravioletta.

157 LAVORATORI DELL’ EDILIZIA
DATI INCIDENZA LAVORO OUTDOOR Alto numero di melanomi della testa volto collo. E anche bcc e scc Beral Vet al. Br J Cancer 1981 LAVORATORI DELL’ EDILIZIA Studio svedese su lavoratori : aumento melanomi della testa volto collo ma non delle altre sedi cutanee. Aumento rischio per melanoma occhio . Hakansson N et al Epidemiology 2001

158 MELANOMA - SSM, II liv, 0,4 mm, Arto inf

159 MELANOMA - M su Lentigo

160 Carcinomi a cellule squamose e cheratosi attiniche


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