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Lezione XII Il quadro sociale ed economico della regio III nell’età del Principato: sondaggi nella documentazione.

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1 Lezione XII Il quadro sociale ed economico della regio III nell’età del Principato: sondaggi nella documentazione

2 L’agricoltura nell’età del Principato: le tendenze generali
Un progressivo ampliarsi delle proprietà agricole, che spesso formano veri e propri latifondi. Questi ultimi nel mondo romano non sempre si presentano nella forma di grandi proprietà “continue”, ma possono anche essere formati dalla somma di molti lotti, distanti tra di loro. In corrispondenza, prosegue un processo di evoluzione nelle forme di occupazione del territorio già iniziato alla fine dell’età repubblicana: diminuzione delle fattorie sparse e concentrazione della popolazione in borgate, annesse a importanti villae. Un mutamento anche del quadro poleografico, con la crisi di alcuni centri (Eraclea, Metaponto, Locri) e il consolidarsi di altri (Potentia, Grumentum, Scolacium, Vibo Valentia, Reggio). 2 2

3 Le forme di sfruttamento del territorio: la villa schiavile
Nella prima parte del periodo la tradizionale villa, in cui la forza lavoro è costituita soprattutto da schiavi, pare godere di buona salute, nelle aree che ne avevano visto lo sviluppo già nella tarda età repubblicana. Nelle strutture edilizie una tendenza ad un maggior sviluppo della pars urbana. Figure chiave in questa forma di sfruttamento del territorio agricolo rimangono il vilicus e la vilica, di cui ora conosciamo anche qualche nome. Spesso distinta dalla figura del vilicus quella dell’actor, un agente di condizione servile, cui il vilicus è sottoposto e che si occupa soprattutto della contabilità dell’azienda agricola, per conto di un dominus spesso lontano. Al lavoro dei diversi actores che agiscono in una regione sovrintende talvolta un procurator, in genere un liberto. 3 3

4 Vilici AE 1985, 314 da Petelia: Euctus, publicus / Petelinorum, / vilicus, vixit / an(nos) XXIIII. L’interessante caso di uno schiavo della comunità di Petelia, forse fattore di una proprietà cittadina. CIL X, 25 da Locri: Quintioni, / Flacci vilico. / Philematium / sibi et conser(vo) / de suo fecit. Il consueto riserbo femminile sul proprio mestiere consente di ipotizzare un ruolo di vilica per Philematium, probabile compagna del vilicus Quintio, che lavorava sulla proprietà di un non meglio noto Flaccus. Inscr. It. III, 1, 229 da Cosilinum: T(ito) Helvio Quarto, filio, / T(ito) Helvio Hespero, priv[igno], / Helviae Secundae, coniugi, / Secundio. Helviae Procu[l(ae)] / vilicus sibi et suis fecit / quod facer(e) filius / patri debuit, [id]/circo filio fecit pat[er]. La discreta posizione sociale di un vilicus, che, pur schiavo, ha sposato una donna di libera condizione, ed ha un figlio anch’egli libero; il suo discreto livello culturale, che lo induce a riportare un motto tipico dell’epigrafia sepolcrale. 4 4

5 Actores CIL X, 284 = Inscr. It. III, 1, 223= AE 1965, 114 da Tegianum: Aesculapio / sacrum. / Herculanius, / act(or), / ex voto. La dedica votiva di un actor, apparentemente di condizione schiavile, testimonia le possibilità economiche di questi agenti e una vita spirituale piuttosto vivace. AE 1998, 387 da Grumentum: D(is) M(anibus). / Sabidius, act(or?), / hic insitus est, / qui vixit an(nos) XXXVIII, / m(enses) VIII, d(ies) X. L’iscrizione sepolcrale di un actor (o di un actuarius?), il cui nome unico formalmente è un gentilizio: ma si trattava con ogni probabilità di uno schiavo; da notare la forma di registrazione della durata della vita. CIL X, 419 = Inscr. It., III, 1, 31 = ILS 6663 da Volcei: C(aio) Bruttio D[i]/onysio, f(ilio) dul/cissimo, vi/xit ann(os) VIIII, / mens(es) XI, d(ies) XVI, / Dionysius pat(er) / act(or). CIL X, 420 = Inscr. It. III, 1, 32 da Volcei: D(is) M(anibus) / [B]ruttiae / Heliceni, / [c]oniugi in/[co]mpara/[bi]li, Dionysius / act(or). Gli epitafi dei familiari di un actor alle dipendenze della grande famiglia senatoria dei Bruttii Praesentes di Volcei. 5

6 Procuratores CIL X, 106 = ILS 4039 da Crotone (età traianea): Herae Laci/niae sacrum / pro salute Mar/cianae, sororis / Aug(usti), Oecius / lib(ertus), proc(urator). La dedica a Marciana, sorella di Traiano, lascia ipotizzare che Oecius fosse un liberto del principe, sovrintendente delle proprietà imperiali nella regione. A destra, ritratto di Marciana, oggi al Metropolitan Museum of Art di New York. 6 6

7 Procuratores CIL XIV, 161 = ILS 1427 da Ostia (seconda metà del II sec. d.C.): Q(uinto) Calpurnio C(ai) f(ilio) / Quir(ina tribu) Modesto, proc(uratori) Alpium, proc(uratori) Ostiae / ad annonam, proc(uratori) Lucaniae, / corpus mercatorum / frumentariorum per M(arcum) Aemilium Saturum / et P(ublium) Aufidium Faustian(um), / q(uin)q(uennales), / q(uaestoribus) M(arco) Licinio Victore et P(ublio) Aufidio Epicteto. / L(ocus) d(atus) d(ecreto) d(ecurionum). Un procurator di rango maggiore rispetto al precedente, come dimostra la sua condizione di ingenuo e la sua brillante carriera amministrativa. Un’iscrizione proveniente dal famoso Piazzale delle Corporazioni di Ostia, fu infatti posta dall’associazione dei commercianti di grano ad un personaggio che aveva rivisto un ruolo importantissimo nell’annona. 7

8 Dal lavoro degli schiavi a quello degli affittuari
Nella seconda metà del II sec. d.C. anche nella regio III si assiste a mutamenti nelle forme della proprietà e dello sfruttamento agricolo, anche nelle aree più fertili, dove fino ad allora aveva dominato il modello di conduzione diretta delle proprietà, nella forma della villa schiavile. Il progressivo abbandono di molte villae (il 40% di quelle presenti nel Bruzio, nella stima di S. Accardo) e l’ingrandirsi di quelle superstiti; sembrano resistere meglio le ville della parte meridionale del Bruzio. Nelle coltivazioni sembra che vi sia un ritorno ai cereali. Una trasformazione che non necessariamente significa declino: nel Metapontino, dopo la crisi dell’età augustea (diminuzione nel numero delle fattorie e delle ville e loro impoverimento) il II sec. d.C. segna una ripresa. Tali mutamenti appaiono legati anche nella nostra regione allo sviluppo del colonato. 8 8

9 Il colonato Il colonus: un fittavolo che affitta una porzione di una grande proprietà, che coltiva con l’aiuto dei famigliari, dietro pagamento di una quota del prodotto. Un sistema di conduzione della proprietà molto diffuso nelle province (per esempio in Africa o in Egitto), ma che nel II sec. d.C. guadagna terreno anche in Italia. Il profilo sociale dei coloni: nella maggior parte dei casi contadini di libera condizione, ma anche qualche liberto e addirittura schiavi. I crescenti vincoli di ordine sociale dei coloni nei confronti del proprietario terriero (che tuttavia non consentono di assimilare completamente queste figure ai servi della gleba del mondo medievale). Tali vincoli, comuni ad ogni colono, finiscono comunque per attutire le differenze di status giuridico tra ingenui, liberti e servi. 9

10 Le ragioni del successo del colonato
Il sistema di conduzione diretta attraverso il lavoro schiavile poteva essere molto impegnativo: Comportava una stretta sorveglianza degli schiavi, per impedire loro la fuga e obbligarli a lavorare duramente. Richiedeva sovrintendenti capaci e fidati (vilici ed actores). Tale sistema inoltre poteva risultare piuttosto costoso: In particolare il costo degli schiavi era molto maggiore che nel periodo precedente, terminate le grandi guerre di espansione. In ultima analisi, tale sistema richiedeva un forte investimento di tempo e di denaro da parte dei proprietari. La sfruttamento della proprietà tramite affittuari poteva assicurare comunque buoni guadagni a fronte di un dispendio assai minore. 10

11 Una trasformazione del paesaggio agrario?
Un’interessante ipotesi di G.B. Sangineto, da verificare meglio sul terreno: Le ville superstiti si ingrandiscono e si abbelliscono nella loro pars urbana, forse sfruttando le spoglie delle ville abbandonate, per gli agi di un proprietario che non si occupa più di agricoltura. Le ville abbandonate sono riconvertite a magazzini e impianti produttivi: nel territorio di Scalea un impianto di spremitura è creato in un ambiente pavimentato a mosaico. Attorno a queste ultime nascono piccoli villaggi di coloni. Un’ipotesi non sempre condivisa, nella tempestica: A. Colicelli nega l’esistenza di una cesura alla fine del II sec. d.C. 11

12 AE 1913, 210 da Crotone: un colono piuttosto speciale
Amethusi(!), / Caes(aris) n(ostri) ser(vus) / item colonus, / vixit ann(os) [L]II, m(enses) II. / Olimpias cum filio / coniugi b(ene) m(erenti) f(ecit). / H(ic) s(itus) e(st). Con ogni probabilità uno di quei servi quasi coloni che poteva affittare un terreno, versando un affitto in natura o in denaro, dal suo peculium. Uno schiavo che può trattenere i frutti del suo lavoro e che gode di una certa autonomia gestionale e finanziaria. Lo stesso fatto che la piccola famiglia schiavile possa e voglia permettersi un’iscrizione sepolcrale testimonia una certa agiatezza economica e un qualche rilievo sociale. Ma anche un’interessante conferma dell’esistenza di proprietà imperiali nel Crotoniate. 12 12

13 CIL X, 422 = Inscr. It. III, 1, 80 da Volcei: un altro fittavolo di condizione servile?
Ianuario, con[duct]ori(s?) / C(ai) Titi Rufi [R]ecciani / servo, / vixit annos XXXVI; / fecit Casinia Tallusa / pro meritis illius / carissimo contuber/nali. Nell’interpretazione qui proposta il conductor sarebbe piuttosto C. Titius Rufus Reccianus, apparentemente uomo di libera condizione. Ma lo scioglimento conductori(s) non appare strettamente necessario: in questa lettura alternativa è Ianuarius, schiavo di Rufo Recciano, ad essere conductor. 13

14 Le coltivazioni: i vigneti
I riferimenti delle fonti letterarie: Strabone, Geografia, VI, 1, 14: le qualità dei vini di Lagaria e di Thurii. Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XIV, 69: le migliori zone vinicole della Lucania e del Bruzio. Ibid., XIV, 39: vigneti tardivi dei colli di Thurii. Ateneo, Deipnosofisti, I, 48: nell’excursus sui vini italici attribuito al medico Galeno si ricorda il vino Reggino, da consumare dopo 15 anni di invecchiamento, e il Busentino, asprigno e salutare per lo stomaco. L’estratto del testamento del nobile petelino M’. Megonio Leone (CIL X, 114 = ILS 6469) ricorda una vinea Aminea, da identificare con il vitigno Aminaios dei Greci e l’Aminnium di Catone. 14 14

15 Strabone, Geografia, VI, 1, 14: le qualità dei vini di Lagaria e di Thurii
Meta; de; Qourivou~ La-gariva frouvrion, jEpeiou' kai; Fwkevwn ktivsma, o{qen kai; oJ Lagaritano;" oi\no", gluku;" kai; aJpa-lo;" kai; para; toi'" ijatroi'" sfovdra eujdoki-mw'n: kai; oJ Qouri'no" de; tw'n ejn ojnovmati oi[nwn ejstivn. Dopo Turii viene la fortezza di Lagaria, colonia di Epeo e dei Focesi, dove si produ-ce il vino Lagaritano, dolce e delicato e mol-to apprezzato dai me-dici; anche quello di Turii è tra i vini rino-mati. 15

16 Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XIV, 69: le più famose zone vinicole della regio III
Verum et longinquiora Italiae ad Ausonio mari non carent gloria, Tarentina et Servitia et Consentiae genita et Tempsae, Calabriae Lucanaque antecedentibus Thurinis. Omnium vero eorum maxime inlustrata Messalle Potiti salute Lagarina, non procul Grumento nascentia. Invero però anche i vini delle regioni d’Italia dalla parte del mare Ausonio non mancano di fama: così i vini di Taranto, di Servizia ed ancora quelli prodotti a Cosenza, a Tempsa, quelli della Calabria, nonché i vini lucani. Ma i più famosi di tutti questi, per aver guarito Messalla Potito, sono quelli di Lagaria, non lontano da Grumento. 16

17 Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XIV, 39: vigneti tardivi dei colli di Thurii
Capnios et buconiates et tharrupia in Thurinis collibus non ante demetuntur quam gelaverit. La capnea, la buconiate e la tarrupia, sui colli di Turii, non si vendemmiano prima che abbiano sentito il gelo. 17

18 Le coltivazioni: la frutticoltura
Anche in età imperiale continuano a godere di buona fama i meli cosentini: Plinio, Naturalis Historia, XVI, 115 riprende la notizia varroniana, attribuendo al malum Consentinum un raccolto addirittura triplo. M. Varro auctor est vitem fuisse Zmyrnae apud Matroon triferam et malum in agro Consentino (“M. Varrone sostiene che vi fosse una vite che dava un un triplice raccolto a Smirne, presso il tempo della Magna Mater, e così un melo nel territorio cosentino”). L’esistenza di una varietà di pera detta Bruttia (Plinio, Naturalis Historia, XV, 55) lascia pensare che anche questa frutta fosse coltivata nella regione. La produzione nel territorio di Vibo Valentia delle anfore Dressel 21-22, contenitori caratteristici della frutta, conferma la rilevanza di questa coltivazione. 18

19 Le coltivazioni: gli ortaggi
Una certa fama avevano i cavoli Bruttiani, a foglia grande, gambo sottile e sapore intenso, che bene sopportavano il freddo (Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XIX, 140; Columella, X, 139). 19

20 Sfruttamento intensivo o estensivo?
La difesa delle forme di sfruttamento intensivo del territorio che si trova nel manuale di agricoltura di Columella si scontra con le esigenze dei grandi proprietari assenteisti. La richiesta di minori investimenti e di minor lavoro, a fronte di guadagni comunque buoni, spingeva in effetti verso forme di sfruttamento estensivo: allevamento, silvicoltura. La domanda di legname da costruzione fu incentivata, in età augustea, dalle grande ristrutturazioni urbanistiche che interessarono anche i centri della regione, come pure dallo stanziamento di una base della flotta militare a Miseno. 20 20

21 La silvicoltura in età imperiale
È questo il periodo di massima fama della pix bruttia, di cui si ricordano i molteplici usi: Per impermeabilizzare i contenitori ceramici. Per sigillare dolia e anfore che contenevano il vino. Nell’invecchiamento dei vini. Per numerosi usi medici. Al I sec. d.C. risale anche una ben nota produzione di contenitori da pece. Scarne le notizie sull’utilizzo del legname della regione: si ipotizza anche per questo periodo, probabilmente a torto, una forte deforestazione. 21

22 Strabone, Geografia, VI, 1, 9: l’assoluta eccellenza della pece bruzia
th;n d j uJpe;r tw'n povlewn touvtwn mesovgaian Brevt-tioi katevcousi: kai; povli~ ejntau'qa Mamevrti-on kai; oJ drumo;" oJ fevrwn th;n ajrivsthn pivttan th;n Brettivan, o}n Sivlan ka-lou'sin, eu[dendrov" te kai; eu[udro", mh'ko~ eJp-takosivwn stadivwn. L’entroterra di queste città [Reggio e Locri] è occupato dai Brettii; vi si trovano la città e la foresta che produce pece brettia, la migliore che ci sia. La foresta si chiama Sila; fitta di alberi e ricca di acque, si estende per 700 stadi . 22

23 Columella, XII, 22: l’uso della pece bruzia in enologia
ALTRA RICETTA PER CONDIRE IL MOSTO Versa in un catino o in un calderone un metrete di pece liquida nemeturica e aggiugivi due congi di lisciva di cenere e poi rimescola con una spatola di legno. Quando il liquido avrà riposato, versa e getta via la lisciva; poi aggiungivi la stessa quantità di lisciva nuova, mescola come prima e versale. Per una terza volta fa’ ancora la stessa cosa. La cenere serve per portare via il puzzo della pece e togliere ogni sporcizia. ALTERUM MEDICAMEN, QUO[D] MUSTUM CON-DIAS. Picis liquidae Nemeturicae me-tretam adde in labrum aut in alveum, et in eodem infundito cineri<s> lixivae congios duos, deinde permisceto spatha li-gnea; cum requieverit, eliquato lixivam. Deinde iterum tantun-dem lixivae addito, eodem pac-to permisceto et eliquato; tertio quoque idem facito. Cinis au-tem odorem picis aufert et eluit spurcitiam. 23

24 Columella, XII, 22: l’uso della pece bruzia in enologia
Poi aggiungi nello stesso recipiente 5 libbre di pece bruzia, oppure di qualche altra qualità, purché sia purissima; pestala minutamente e aggiungila alla pece nemeturica; aggiugivi due congi di acqua marina vecchissima, se ne hai, e altrimenti di acqua marina recente, bollita fino a diminuire di un terzo. Lascia il calderone aperto al sole nei giorni in cui sorge la Canicola e rimescola più spesso che puoi con una spatola di legno, finché le sostanze che hai aggiunto non si liquefanno nella pece, formando un composto omogeneo. Durante la notte però converrà coprire il calderone, perché non vi cada la rugiada. Post eodem addito picis Bruttiae, si minus, alterius notae quam purissimae et quam optimae X pondo et resinae durae quam purissimae quinque libras; haec minute concidito et admisceto pici Nemeturicae. Tum aquae marinae quam vetustissimae, si erit, si minus, ad tertiam partem recentis aquae marinae decoctae congios duos inicito, apertum labrum sinito in sole[m] per Caniculae ortum et spatha lignea permisceto quam saepissime usque eo, dum ea, quae addideris, in pice conliquescant et unitas fiat; noctibus autem labrum operire conveniet, ne inroretur. 24

25 Columella, XII, 22: l’uso della pece bruzia in enologia
Deinde, cum aqua marina, quam addideris, sole con-sumpta videbitur, sub tectum vas totum ferre curabis; huius medicaminis quidam pondo quadrantem in sextarios qua-draginta octo miscere soliti sunt et hac conditura contenti esse, alii cyathos tres eius medicamenti adiciunt in totidem sextarios, quot supra diximus. Poi, quando l’acqua marina che vi ha aggiunto sarà stata fatta evaporare dal sole, ti occuperai di far portare il recipiente così come sta dentro casa. Vi sono alcuni che sono soliti mescolare tre once di peso (80 g. ca.) di questa ricetta in 48 sestari (27 l. ca.) di mosto e accontentarsi di questo condimento. Altri invece in tanti sestari di mosto quanti abbiamo detto sopra mettono tre ciati (15 cl. ca.) della ricetta indicata. 25

26 Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXIV, 37-39: i tanti usi medici della pece bruzia
Pix quoque unde et quibus conficeretur modis indica-uimus et eius duo genera, spissum liquidumque. Spissarum utilissima me-dicinae Bruttia, quoniam pinguissima et resinosis-sima utrasque praebet uti-litates. Anche della pece abbiamo detto come si ricava e quali sono i suoi due tipi, densa e liquida. In ambito officinale la più utile delle peci dense è quella del Bruzio, perché essendo sia molto grassa, sia molto resinosa, offre i vantaggi sia della resina che della pece. 26

27 Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXIV, 37-39: i tanti usi medici della pece bruzia
Caratteristico della pece è riscaldare e ci-catrizzare. Impiastrata con farinata d’orzo è la cura specifica contro i morsi del ce-raste e ugualmente - abbinata con miele - combatte l’angina, i catarri e gli starnuti causati dalla pituita. Nelle orecchie viene instillata con olio di rosa ed impiastrata con cera. Guarisce la fungosi, rilassa il ventre e favorisce l’espettorazione, assun-ta in elettuario oppure applicata in impia-stro con miele sulle tonsille. Impiastrata allo stesso modo deterge e fa cicatrizzare le piaghe; abbinata a uva passita e sugna disinfetta le bolle nere e le ulcere inci-prignite di pus; per le ulcere serpiginose va usata però assieme a scorza di pino oppure zolfo. picis natura excalfacit, explet. aduersatur priuatim cerastae morsibus cum polenta, item anginae cum melle, destilla-tionibus et sternumentis a pitui-ta. auribus infunditur cum rosa-ceo, inlinitur cum cera. sanat lichenas, aluum soluit, excrea-tiones pectoris adiuuat ecligma-te aut inlitis tonsillis cum melle; sic et ulcera purgat, explet. cum uua passa et axungia carbun-culos purgat et putrescentia ulcera; quae uero serpunt, cum pineo cortice aut sulpure. 27

28 Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXIV, 37-39: i tanti usi medici della pece bruzia
Certuni l’hanno somministrata, nella dose di un ciato, ai tisici ed anche per curare la tosse cronica. Guarisce inoltre le ragadi dell’ano e dei piedi, gli asces-si e le unghie ronchiose, durezze e spo-stamenti dell’utero, nonché fatta odora-re, la letargia. Bollita con farina d’orzo e urina di bambino impubere, fa matu-rare la suppurazione delle scrofole. La pece secca viene usata anche per curare l’alopecia, mentre quella del Bruzio, bollita appena un poco nel vino insie-me a fior di farina di farro, cura le ma-lattie delle mammelle femminili, a cui si applica con pannicelli il più possibile caldi. phthisicis cyathi mensura quidam dederunt et contra ueterem tus-sim. rhagadas sedis et pedum pa-nosque et ungues scabros emen-dat, uuluae duritias et conuer-siones, item odore lethargicos. strumas cum farina hordacea et pueri inpubis urina decocta ad suppurationem perducit. et ad alopecias sicca pice utuntur, ad mulierum mammas Bruttia ex uino subferuefacta cum polline farraceo quam calidissimis linteis inpositis. 28

29 Il collegio dei dendrofori e la silvicoltura della regio III
L’etimologia del nome di questa associazione (“i portatori d’albero”) ha fatto sì che essa sia in genere vista in relazione al taglio, al trasporto e vendita o alla lavorazione del legname: una relazione che personalmente mi pare assai dubbia. Sicuro il ruolo religioso, nell’ambito del culto della Magna Mater e di Attis. A partire da Claudio i dendrofori portavano in processione il 22 marzo un pino sacro, l’albero sotto il quale Attis si era evirato ed era stato poi trasformato. Nel 415 d.C., insieme ad altri collegi religiosi pagani, sono colpiti da confische da una costituzione di Onorio (Codice Teodosiano, XVI, 10, 20, 2). Ipotizzato un ruolo come pompieri volontari e guardie civiche, accanto alle corporazioni dei fabri e dei centonarii. 29

30 I documenti sul collegio dei dendrofori nella regio III
L’associazione è ricordata in alcune testimonianze regionali, soprattutto in contesto funerario, tra le quali: CIL X, 445 = Inscr. It. III, 1, 8 da Laviano: Fadio Dextro / Fadia Felicula / co(n)iugi bene mer/enti fecit HS XV milibus / in quo opere de/dit collegius dendr/ophororum HS [---]. CIL X, 8100 = Inscr. It. III, 1, 156 da Atina: [D(is)] M(anibus) / Helvio / Edono / col(legium) den/drof(ororum) / b(ene) m(erenti) f(ecit). CIL X, = Inscr. It. III, 1, da Volcei: l’associazione cura la sepoltura di due suoi membri. CIL X, 451 = Inscr. It. III, 1, 5 da Eburum: una dedica dell’associazione ad un notabile locale, di inizio IV sec. d.C. 30

31 CIL X, 7: una testimonianza reggina sul collegio dei dendrofori
V Idus April(es), / [Im]p(eratore) Vespasiano Caesar(e) / Aug(usto) VIIII co(n)s(ule), Tito Ves[pasiano Caes]ar(e) / A[ug(usti) f(ilio) VII co(n)s(ule)]. // Ob munificentiam earum / quae dendrophoros / honoraverunt honos / decretus est eis q(uae) i(nfra) s(criptae) s(unt): / Claudia Iusta, / [---]iva sac(erdos), / S[---]ia Faustina sac(erdos), / Sicin[---]IVOCEPTA, / Amullia Primigenia, / Satria Pietas, Claudia Ptolemais, / Terentia Athenais. Ritrovata a Pèllaro, quartiere meridionale di Reggio, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Reggio. Datata al 9 aprile del 79 d.C., questo documento è la più antica attestazione del collegio a noi nota. 31

32 CIL X, 7: il monumento 32

33 I caratteri di CIL X, 7 Un’iscrizione di carattere onorario, posta ad un gruppo di donne che si erano rese benemerite per la loro munificentia nei confronti della locale associazione dei dendrofori. Nel gruppo di donne primeggia Claudia Iusta, probabilmente di buon livello sociale, seguono due sac(erdotes) o sac(ratae) e infine un gruppo di donne la cui onomastica sembra denunciare uno status inferiore (Primigenia, Athenais, Ptolemais). Probabilmente non casuale il giorno della dedica: dal 4 al 10 aprile si celebravano a Roma i Ludi Megalenses dedicati alla Magna Mater. Sfugge tuttavia la relazione tra il collegio e il gruppo di donne (forse associate al collegio?) Non è specificata la natura della munificentia e non si può quindi precisare il suo eventuale legame con le attività professionali dei dendrofori. 33

34 L’allevamento Singolarmente poco documentato dalle fonti letterarie nell’età del Principato (a parte qualche allusione di Virgilio), contrariamente alle notizie che abbiamo per l’età repubblicana e quella tardoantica. Una testimonianza indiretta sull’allevamento suino ci viene però dalle fonti che trattano delle lucanicae. 34

35 Le lucaniche La ricetta di Apicio, De coquinaria, II, 4 prevede l’uso di un impasto di carne porcina, grasso, erbe aromatiche, pepe intero, pinoli, salsa di pesce, insaccato nel budello suino e affumicato. La ricetta del grande degustatore è probabilmente più sofisticata di quella originaria. Un prodotto ricordato tra gli altri, per il periodo di cui stiamo trattando, da Marziale e Stazio (ma prima di loro anche Cicerone). Nell’Edictuum de pretiis, 4 la lucanica suina è registrata come il tipo di salsiccia più pregiata e costosa. Una fama che divenne proverbiale: un Lucanicus è testimone nello scherzoso Testamentum Porcelli. Oltre ai maiali, assai apprezzati anche i cinghiali della Lucania, la cui caccia è spesso ricordata nelle fonti letterarie. 35

36 L’allevamento: il dato dei depositi faunistici
I depositi faunistici di età imperiale nel Metapontino: S. Angelo Nuovo e S. Biagio. Una progressiva crescita dei caprovini a scapito dei bovini: un segno del progressivo passaggio dalle attività agricole a quelle pastorali. Resta molto significativa la presenza di suini. 36 36

37 La pesca e l’itticoltura
Ovvia la sua importanza date le caratteristiche geografiche della regione. Ma un’attività che resta mal documentata, se non per i cenni di Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXXI, 94 all’eccellenza della muria (salamoia di pesce) di Thurii e di Eliano, De natura animalium, XV, 3 ai tonni del golfo Bibonikós (Vibo?). Alla pesca del tonno si è associato il ritrovamento di ancore in assenza di relitti: pesi destinati a tenere tese le grandi reti delle tonnare? Alla pesca del polipo si connettono i ritrovamenti di vasetti sul fondo marino, nei quali questi animali tendevano a rifugiarsi. Alla pesca propriamente detta si può accostare l’itticoltura, certamente praticata in almeno due siti della Lucania tirrenica, a Santo Janni e Castrocucco e, nel Bruzio, a S. Irene di Briatico. 37

38 Gli impianti di itticoltura della regio III
A S. Irene di di Briatico: due gruppi di vasche, uno per l’allevamento del pesce, posto su uno scoglio a oltre 100 m dalla riva, l’altro per la salagione del pesce, posto sulla spiaggia. Un impianto piuttosto antico, che sembra essere entrato in funzione già nel II sec. a.C. A Santo Janni, un isolotto sulle coste di Maratea, vasche a cielo aperto per la salagione del pesce, forse attiva dal I sec. a.C. fino al VI sec. d.C. La presenza di anfore nel sito lascia pensare che vi si producesse garum. Sotto il monte Castrocucco, nella costa antistante Santo Janni, una villa romana con peschiera, i cui resti sono inglobati in un palazzo del ‘600. La datazione proposta è analoga a quella dell’impianto di Santo Janni. Il generale innalzamento del mar Tirreno potrebbe aver cancellato le tracce di altri impianti. 38

39 Vasche per l’allevamento del pesce a S. Irene
L’impianto consta di 4 vasche comunicanti tra di loro e collegate da due canaletti al mare aperto, bloccati da grate. 39

40 Le attività artigianali: la produzione laterizia delle figlinae imperiali
Ben attestata soprattutto la produzione di laterizi, nota in particolare attraverso i bolli. Non poche figlinae appartenevano a personaggi della casata imperiale: Caio e Lucio Cesari (CIL X, 8041, 1 da Nicotera e Vibo). Lepida M. Silani (CIL X, 8041, da Nicotera e Vibo): forse da identificare con Aemilia Lepida, una pronipote di Augusto e nipote di Agrippa, moglie del console del 19 d.C. M. Iunius Silanus Torquatus. Agrippina (CIL X, 8041, 20 da Vibo): da identificare con Agrippina maggiore o con la figlia Agrippina minore? Da notare il legame di tutti questi personaggi con M. Vipsanio Agrippa. 40

41 Le figlinae dei privati
Note anche alcune fabbriche di privati, tra i quali possiamo ricordare: Gli Arrii nella Lucania tirrenica. I Laronii a Vibo Valentia I Titii di Vibo? (cf. CIL X, 8056, 354 a: A(uli) Titi figul(inae). I Vinuleii a Copia I Vagellii a Locri (o forse a Vibo o ancora a Reggio). 41

42 La produzione laterizia: i contenitori
Si indirizza soprattutto verso i contenitori dei prodotti agricoli regionali. A Vibo Valentia e nel territorio di Copia (Trebisacce) si segnala una produzione di anfore Dressel 2-4, i caratteristici contenitori dei vini dell’Italia tirrenica dell’età augustea e del I sec. d.C. Dalle stesse località viene anche una produzione di anfore Dressel 21-22, sembra destinate al trasporto di frutta. Una produzione di anfore destinate al trasporto della pece, come inequivocabilmente attestano i bolli pix Bruttia. Attestazioni di queste anfore nella Piana di Lamezia, a Trebisacce e a Pompei, nella casa di C. Giulio Polibio. Il testo del bollo di Trebisacce: PIX BRVT VC C R S S: le ultime lettere fanno forse riferimento al nome di un produttore. A Trebisacce sono stati rinvenuti altri esemplari di anfore da pece non bollati, caratterizzati dall’ampia bocca, che consentiva di attingere meglio il liquido. Una diversa forma sembrano invece presentare i contenitori del Lametino e di Pompei. 42

43 La produzione laterizia: i materiali edili
In questo ambito spicca la produzione della famiglia vibonese dei Laronii. Una produzione già attestata per colui che fu l’iniziatore delle fortune della famiglia: Q. Laronio, legato di Agrippa nel 36 a.C. e console suffeto del 33 a.C. Cf. i bolli con il testo Q. Laronius, co(n)s(ul), imp(erator) iter(um). Anche se i rinvenimenti si concentrano nel Vibonese, attestazioni si hanno anche a Capo Lacinio (tegole impiegate nell’area del tempio di Era), dalla piana di Lamezia, dall’area di Rosarno. Un impiego anche in costruzioni di carattere pubblico: il balneum del santuario di Era Lacinia, gli acquedotti di Vibo e dell’area di Rosarno. Dubbio se queste attestazioni dimostrino l’estensione delle proprietà terriere dei Laronii e la presenza delle loro fabbriche di laterizi in più di una località del Bruzio o se siano la produzione di una sola fabbrica, da localizzare a Vibo. 43

44 La lavorazione dei metalli
Un’attività scarsamente documentata per l’età imperiale romana Attestate tuttavia alcune produzioni di fistulae plumbeae, condutture per l’acqua in piombo. A Vibo le fistulae sono bollate da un altrimenti ignoto P. Ollius Cn. f. Felix. A Grumentum ritroviamo il bollo Fabr(ica) Ap(pi?) R(ulli?). 44

45 Le attività edilizie Oltre alla documentazione diretta fornita dalla ricerche archeologiche, ha lasciato testimonianza anche nelle fonti epigrafiche: AE 1975, 266 da Paestum: Q(uinto) Lautinio P(ubli) f(ilio), arcitecto (!). 45

46 Le attività edilizie: l’anfiteatro di Grumentum
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47 Le attività edilizie: il tempio C di Grumentum
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48 Le attività edilizie: il teatro di Scolacium
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49 Il settore tessile Le attività artigianali legate all’allevamento ovino trovano una recente e singolare testimonianza dalla villa di S. Pietro di Tolve (Potenza). Una fuseruola, parte del fuso che era utilizzato per filare la lana, bollata con il nome L(uci) Domiti Cnidi. Il personaggio è stato suggestivamente connesso con Domitia Lepida, zia di Nerone e madre di Messalina, grande possidente terriera nel Mezzogiorno. Forse la villa era sede un’attività di filatura su scala “industriale”: dal sito provengono altre fuseruole non bollate. 49

50 La fuseruola iscritta di S. Pietro di Tolve
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51 Un’industria particolare: la produzione di profumi
Una produzione caratteristica di Paestum, dove sono ricordati grandi rosaria, campi di rose. Viva testimonianza archeologica di questa industria una bottega nell’area del Foro, esplorata in modo intensivo nel 1995. Una prima fase di occupazione, con una bottega creata poco la creazione della colonia nel 273 a.C. La presenza in questi strati di frammenti di unguentaria qualifica anche questa prima bottega come una profumeria. Una seconda bottega viene creata nel periodo d.C.; un letto di pressa vi viene collocato nella seconda metà del I sec. d.C. La bottega e la pressa sembrano essere rimaste in uso fino al III sec. d.C. 51

52 La collocazione della bottega nel foro di Paestum
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53 La pianta della profumeria di Paestum
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54 Gli scavi della profumeria di Paestum
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55 La funzione della pressa di Paestum
La collocazione urbana della pressa consente di escludere un suo uso per la produzione alimentare di olio o vino. Nello stesso senso depone l’accurata finitura dell’opera, che non trova riscontro nelle grossolane presse agricole. Il confronto con installazioni simili a Delo e con l’iconografia dell’area vesuviana consente di ipotizzare un suo uso per ottenere lo speciale olio che costituiva la base dei profumi, ottenuto dalla spremitura di olive ancora non mature. 55

56 La pressa della profumeria di Paestum
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57 La pressa della profumeria di Via degli Augustali a Pompei
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58 Ricostruzione della pressa di Paestum
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59 Il commercio e i trasporti
Questi settori economici sono documentati da qualche rara iscrizione: CIL X, 143 = ILS 7293 da Potentia ci fa conoscere un collegium mulionum et asinariorum. CIL X, 487 da Paestum è l’epitafio di un mercator di nome M. Caedius M. l. Nicephor. V. Bracco, Il macellum di Bussento, «Epigraphica», 45 (1983), pp registra la costruzione di un mercato alimentare nella cittadina lucana, probabilmente in età augustea. 59

60 Le finanze Pur godendo di una certa autonomia finanziaria interna, in età imperiale cessa la monetazione autonoma delle comunità locali della regione. Non abbiamo purtroppo dettagli sulla vita finanziaria delle comunità regionali della Lucania et Bruttii, se non poche notazioni che emergono incidentalmente dalle fonti epigrafiche. L’attività dei funzionari imperiali addetti alla riscossione delle tasse indirette, come per esempio L. Aurelius Stephanus, procurator Augusti XX hereditatum (CIL X, 122 da S. Benedetto Ullano). L’applicazione in alcune comunità del programma di sovvenzioni alimentari messo a punto da Traiano, grazie alle attestazioni di appositi quaestores: CIL X, 20 = ILS 6465 da Locri e CIL X, 47 da Vibo Valentia. I generosi donativi di M’. Megonius Leo alla sua città, Petelia, al tempo di Antonino Pio. 60

61 CIL X, 20 = ILS 6465 da Locri Una pratica dimostrazione di come non ci si debba mai fidare delle integrazioni e scioglimenti proposti nella banca dati a D(is) M(anibus) / C(aius) Corneli/us Troilus / IIIIvir a(edilicia) p(otestate) IIIIvir / iur(e) dic(undo) Q(uintus) p(ater?) p(ientissimus?) et / alimentari/ae vix(it) annis XXX mensibus / V Sestia Pontice / filio dul/cissimo fec(it). La lettura corretta è ovviamente: D(is) M(anibus). / C(aius) Corneli/us Troilus, / IIIIvir a(edilicia) p(otestate), IIIIvir / iur(e) dic(undo), q(uaestor) p(ecuniae) p(ublicae) et / alimentari/ae, vix(it) annis XXX, mensibus / V. Sestia Pontice / filio dul/cissimo fec(it). 61

62 M’. Megonio Leone e le finanze di Petelia
Oltre a CIL X, 114 = ILS 6469 (che riguarda lasciti alla confraternita degli Augustales) un altro estratto del testamento di Leone si conserva in ILS 6468: Leone promette di donare alla città 100 mila sesterzi, in cambio dell’erezione di una sua statua nel Foro. La donazione doveva fruttare 6 mila sesterzi all’anno: un interesse del 6%, che lascia pensare ad un investimento del capitale nell’acquisto di terre. Terre da sfruttare direttamente, sotto la supervisione di un vilicus publicus come il già ricordato Euctus, o da affittare? Gli interessi impiegati in modo improduttivo: una loro distribuzione tra le varie componenti della società di Petelia per festeggiare ogni anno il compleanno di Leone. Altri donativi di 100 mila sesterzi per celebrare il ricordo di Caedicia Iris, madre di Leone (ILS 6471) e Lucilia Isaurica, moglie di Leone (ILS 6470). Un dossier che dimostra quanto le deboli finanze delle comunità romane dipendessero dalla generosità dei notabili locali (non solo in forma di donativi, ma anche di interventi sull’edilizia). 62

63 I mestieri di servizio Secondo una tendenza caratteristica, sono relativamente ben documentati, anche al di là del loro effettivo rilievo, in particolare per quanto concerne i servizi pubblici. In questo settore si segnalano: Uno scriba rei publicae Potentinorum (CIL X, 140 da Potentia). Un arcarius Volceianorum (CIL X, 410 = Inscr. It. III, 1, 20 da Volcei). Un arcarius col(oniae) a Paestum (CIL X, 486), talvolta identificato, credo a torto, con un arcarius col(legii). 63

64 I servizi privati CIL X, 30 da Locri: D(is) M(anibus). / Ediste, nutrix dominorum su/orum, vixit annis XXXV, men(sibus) III. / Caerellius Felicio, maritus, / coiugi (!) pientissimae et [di]ciplinae integris-si[mae], / cuius et labori et c[---] / [---] et experienti[ae ---]. L’epitafio di una balia che aveva allattato i figli del suo padrone. Un documento piuttosto eccezionale che celebra le virtù professionali di una donna. CIL X, 499 da Paestum: D(is) [M(anibus)]. / Tullio Suce[sso], / pistori piissimo / ac sanctissimo, / coniuci(!), qui vixit / ann(os) LX, m(enses) VI, d(ies) XVI, / Optata b(ene) m(erenti) fec(it). Un breve epitafio che ci riporta alla normalità: piuttosto che le virtù professionali del fornaio, sono celebrate la sua pietas e la sua sanctitas. 64

65 Gli spettacoli In modo caratteristico le menzioni dei mestieri dello spettacolo riguardano soprattutto i gladiatori, nella regione sempre ricordati in forma collettiva e anonima. Vedi per esempio CIL X, 228 = EAOR III, 36 da Grumentum: [---]tio L(uci) f(ilio) Pom(ptina) / [------] / [in nostra] colonia omn[i]/[bus mun]eribus et princi/[palibus] honoribus innoc/[enter fu]ncto, munerario / [egregiae] editionis familia[e] / [gladiat]oriae, decurioni e[t] / [IIIIvir(o) sp]lend[id]ae civitatis / [Reginor]um Iuliensium, / [ob animu]m eius onorific(um) (!) / [in nos. Col]l(egium) Beneris (!) patrono / [opti]mo. Si può aggiungere la rara menzione di un arbitro dei giochi gladiatorii, un summa rudis, in AE 1935, 27 = EAOR III, 64 da Paestum. 65

66 Le arti liberali Anch’esse sono sovrarappresentate nella documentazione epigrafica, per il prestigio sociale che derivava dal loro esercizio. Per l’età del Principato si possono ricordare: Un grammaticus graecus a Grumentum (AE 1993, 546). Un librarius notarius che riceve sepoltura da un paedagogus a Reggio (AE 1990, 213). Un medicus di condizione libertina che al contempo è magister del culto di Mens Bona a Paestum (AE 1975, 242). 66

67 Una società stratificata
Nella società del Principato si distinguono numerosi gruppi sociali, determinati non solo da fattori economici (“classi”), ma anche: dall’ordo di appartenenza dalla condizione giuridica dalla posizione nei confronti della res publica. Gruppi sociali che non si trasformano mai in caste chiuse, ma che mostrano una buona mobilità sociale. La nostra documentazione privilegia i casi di ascesa sociale, ma dobbiamo supporre anche un movimento contrario. 67

68 La fondamentale divisione sociale
Una fondamentale divisione sociale attraversa anche tutta la storia del Principato: quella tra strati sociali superiori e strati sociali inferiori. Tale divisione viene codificata anche nelle fonti romane, soprattutto di carattere giuridico, a partire dalla metà del II sec. d.C. nella divisione tra honestiores e humiliores. Una distinzione che ha particolare effetto nel diritto, con una progressiva differenziazione delle pene inflitte ai membri dei due gruppi.

69 I gruppi sociali superiori
L’ordine senatorio. L’ordine equestre. L’ordine dei decurioni, ovvero l’èlite dirigente locale. 69

70 L’ordine senatorio Un ordine ristretto: il numero dei senatori venne fissato a 600 da Augusto e non aumentò di molto nei due secoli seguenti. Dell’ordo senatorius facevano parte anche le mogli e i figli dei senatori. Un ordine con rigide qualificazioni patrimoniali: Augusto fissò il censo minimo per un senatore a 1 milione di sesterzi. La ricchezza di molti senatori in realtà superava di parecchio questo limite e si fondava sostanzialmente sulle grandi proprietà terriere. Un ordine che aveva tendenze endogamiche (in parte rintracciabili su base onomastica). Ma i numerosi matrimoni senza figli (o con figli morti prematuramente), come la disgrazia che colpì molte famiglie senatorie, comportarono un notevole ricambio nell’ordo, con il continuo apporto di homines novi, provenienti specialmente dall’ordine equestre, ma anche dalla nobiltà locale.

71 L’ordine senatorio e la carriera politica
L’ordine senatorio si caratterizza per il suo impegno nella politica: nell’età del Principato la classe dirigente dell’Impero è ancora in larghissima misura composta da senatori. Un cursus honorum sempre più rigidamente fissato, che determinava una gerarchia interna all’ordo stesso. All’interno di questa gerarchia spiccava l’èlite dei consulares, stretti collaboratori dell’imperatore.

72 Il cursus honorum senatorio
XXvir (Xvir stlitibus iudicandis, IIIvir capitalis, IIIvir monetalis, IIIIvir viarum curandarum). Un anno di servizio militare come tribunus militum laticlavius o VIvir equitum Romanorum. Quaestor. Tribunus plebis / Aedilis. Praetor. Incarichi di rango pretorio, come legatus legionis, legatus Augusti pro praetore o proconsul di una provincia di importanza minore. Consul. Incarichi di rango consolare, come curator operum publicorum, legatus Augusti pro praetore o proconsul di una provincia di importanza maggiore, praefectus Urbi. Non rispettavano un ordine cronologico fisso le grandi cariche sacerdotali di augur, flamen, frater Arvalis, pontifex e XVvir sacris faciundis.

73 L’ordine senatorio nella Lucania et Brutti
Una regione che non ha dato molti membri al Senato di Roma. All’interno della regio III prevalgono le gentes lucane. La sparuta rappresentanza di senatori della regio III ha consigliato G. Camodeca a non trarre conclusioni al loro riguardo. In realtà i caratteri delle gentes senatorie della regione che possiamo osservare sono comuni al resto d’Italia: Provenienza dall’élite municipale. Un potere economico fondato sul possesso della terra, non solo nella regione d’origine. Un successo spesso dovuto ad un’abile politica matrimoniale e ai contatti con la casata imperiale. 73

74 L’ordine senatorio nella Lucania et Bruttii: dall’età repubblicana ai Giulio-Claudii
Ancora in età repubblicana emergono: I Venuleii / Vinuleii di Copia. I Numonii Vaalae di Paestum. All’età triumvirale e augustea risalgono le fortune delle famigli dei: Statilii Tauri, originari della Lucania, forse di Volcei. Laronii di Vibo Valentia. Nel periodo giulio-claudio possiamo ricordare: Gli Acerronii della Lucania (forse Potentia). I Vagellii di Locri, Vibo Valentia o Reggio. 74

75 L’ordine senatorio nella Lucania et Bruttii: l’età dei Flavi e degli Antonini
Nell’età dei Flavi emerge per la prima volta la famiglia dei Bruttii di Volcei. Il massimo lustro è raggiunto con il matrimonio di Bruttia Crispina nel 178 d.C. con il futuro imperatore Commodo. La famiglia sopravviverà alla fine di Commodo e ne possiamo seguire le tracce fino all’età di Costantino. Nell’età degli Antonini per un paio di generazioni ha rilievo la famiglia degli Insteii, sempre da Volcei. 75

76 I Bruttii di Volcei Anche se l’iscrizione nella tribù Pomptina rende probabile una residenza della famiglia a Volcei, forse la sua origine è dalla vicina Grumentum. Qui nel 57 a.C. è attestato un edile locale di nome C. Bruttius C. f. Ser(gia tribu). Il primo esponente senatorio della famiglia attestato è L. Bruttius Praesens, proconsole di Cipro nell’80-81 d.C. Sposa forse una esponente dei Fulvii Rustici della Transpadana. Il figlio C. Bruttius Praesens, dopo aver iniziato una carriera senatoria che non sembrava molto promettente, sposa in seconde nozze Laberia Crispina, figlia del lanuvino M’. Laberius Maximus, console del 103 d.C. e stretto collaboratore di Traiano. Senza dubbio un impulso alla sua carriera, coronata dal consolato nel 139 d.C. 76

77 I Bruttii di Volcei Il figlio del console del 139 d.C. è il polionimo L. Fulvius Rusticus C. Bruttius Praesens, che viene cooptato tra i patrizi da Antonino Pio e raggiunge per due volte il consolato, nel 153 e nel 180 d.C. Bruttia Crispina, figlia del precedente, sposa nel 178 d.C. Commodo; viene esiliata a Capri e qui fatta uccidere. L. Bruttius Quintus Crispinus, fratello della precedente, console nel 187 d.C. La famiglia sopravvive alla rovina di Commodo per almeno altre tre generazioni. 77

78 Bruttia Crispina Busto di Bruttia Crispina, 183 d.C. circa, oggi a Parigi, Museo del Louvre.

79 CIL X, 408 = Inscr. It. III, 1, 18 = ILS 1117 da Volcei: la brillante carriera del padre di Crispina
L(ucio) Fulvio C(ai) f(ilio) Pom(ptina) [Rustico C(aio)] / Bruttio Praesenti Min[ucio] / [Lab]erio Maximo Pompeio L(ucio) [---] / Valenti Cornelio Proculo [---] / Aquilio Veientoni, co(n)s(uli) II, pr[aef(ecto) urbi, patri] / [C]r[is]pinae Aug(ustae), so[ce]ro Imp(eratoris) [Caes(aris) Commodi Aug(usti), sodali] / [Ha]drianali, sodali An[t]onin[iano, Veriano], / Marciano, comiti Impp(eratorum) [A]nt[onini et Commodi Augg(ustorum)] / ex[pe]ditioni[s] Sarmaticae, p[raet(ori)], [trib(uno) pleb(is), quaes]/tori A[ug(usti)], t[r](ibuno) mil(itum) leg(ionis) III Gallic[ae, adlec(to) inter patric(ios)] / ab Imp(eratore) divo Antonino Aug(usto) P[io ---]. 79

80 I caratteri di CIL X, 408 Una lacunosa iscrizione onoraria, in cui spicca lo straordinario sviluppo dell’onomastica del personaggio Grazie a questa pratica della polinomia siamo in grado talvolta di ricostruire la politica matrimoniale delle famiglie senatorie. Si conserva buona parte del cursus honorum, che dopo la cooptazione tra i patrizi, vide il nostro militare come ufficiale nella III legione Gallica, questore, tribuno della plebe, pretore, console per due volte, prefetto dell’Urbe. Grande evidenza è data ai rapporti con il princeps: l’adlectio tra i patrizi da parte di Antonino Pio, l’essere stato comes di Marco Aurelio e Commodo nelle campagne sarmatiche, la parentela con Commodo. Nella stessa direzione vanno i sacerdozi dei defunti Adriano, Antonino Pio, Lucio Vero, Marco Aurelio.

81 Le fortune dei Bruttii Le fortune economiche dei Bruttii, a quanto ne sappiamo, si fondavano su vaste proprietà terriere in Lucania, nella vicina Apulia (Venusia) e in altre regioni dell’Italia centro-meridionale (grazie ai legami coi Laberii). Ne sono testimonianza le epigrafi di actores, liberti e schiavi dei Bruttii nelle aree in questione. Nel territorio di Volcei sono note almeno 5 villae rusticae che sono rimaste prive di attribuzione: suggestiva una relazione di almeno alcune di esse con la potente famiglia locale. Lo schema più scontato nelle attività economiche dell’ordine senatorio. Da rilevare tuttavia per le gentes senatorie bruzie dei Venuleii / Vinuleii, dei Laronii e dei Vagellii una documentata attività di figlinae. 81

82 CIL X, 285 = Inscr. It. III, 1, 259 da Tegianum: la dedica a Bruttia Crispina da parte di un suo actor Imp(eratore) L(ucio) Aurel(io) [[Com[modo]]] / et Quintillo // co(n)s(ulibus), // pro salute / Bru[tt]iae [Crispi]n[ae], / Idaeus, act(or) [eius], / [v(otum)] l(ibens) l(aetus) m(erito) [s(olvit)]. 82

83 L’ordine equestre Numericamente più ampio rispetto all’ordine senatorio: probabilmente intorno ai 20 mila membri ai tempi di Augusto. Un ordine parimenti identificato da una qualificazione censitaria: un censo minimo di 400 mila sesterzi con Augusto. Un ordine meno compatto di quello senatorio, dal punto di vista ideologico, economico e politico. Dal punto di vista economico, le fortune dei cavalieri potevano essere determinate, oltre che dal possesso della terra, anche da attività manifatturiere, commerciali e finanziarie, oltre che dal ben retribuito servizio allo stato. Serbatoio dell’ordine senatorio, l’ordo dei cavalieri era aperto verso il basso alle élites dirigenti cittadine, alla nobiltà delle province (Arminio), a militari di professione, addirittura a liberti (il medico Antonio Musa) o figli di liberti (il futuro imperatore Pertinace).

84 L’ordine equestre e la carriera pubblica
Non tutti i cavalieri intraprendevano una carriera pubblica a livello centrale (che alla metà del II sec. d.C. prevedeva solo 550 posti circa): molti si astenevano dalla politica o esercitavano solo cariche a livello locale. Il cursus honorum equestre era fissato meno rigidamente di quello senatorio, ma in genere prevedeva: Comandi militari, in genere tre: praefectus cohortis, tribunus militum angusticlavius, praefectus alae. Procuratele: di carattere finanziario (p. es. sulla vicesima hereditatium), o di carattere amministrativo (p. es. la procuratela-governatorato di una provincia alpina). Gradualmente si fissano i ranghi, relativi allo stipendio, di sexagenarius, centenarius, ducenarius, trecenarius. Il comando della flotta imperiale di Ravenna o Miseno, in qualità di praefectus classis. Le grandi prefetture: praefectus vigilum, praefectus annonae, praefectus Aegypti, praefectus praetorio.

85 L’ordine equestre nella Lucania et Bruttii
L’analisi complessiva dei dati è solo all’inizio: ma in analogia con quanto osservato per l’ordine senatorio, anche i cavalieri della regio III non sono molto numerosi e si concentrano prevalentemente in Lucania. L’impressione è che prevalgano i cavalieri le cui ambizioni politiche si limitavano sostanzialmente all’ambito locale e alle cariche civili. Vi è tuttavia almeno un’eccezione: C. Mulvius Ofillius Restitutus di Grumentum, che prima di divenire magistrato cittadino ebbe una brillante carriera militare (vd. diapo 96). 85

86 CIL X, 53: un notabile di Vibo Valentia ascende all’ordine equestre
Q(uinto) Muticilio Q(uinti) f(ilio) Aem(ilia) Sex(to) Decciano, q(uin)q(uennali) c(ensoria) p(otestate), / q(uaestori) p(ecuniae) p(ublicae), equo pub[l(ico) ho]norato ab Imp(eratore) divo Hadriano, / allecto in d[ecu]ri(i)s ab Imp(eratore) Antonino Aug(usto) Pio, / patrono municipi, ob amorem patriae et [muni]ficentiam / multaque merita eius ex consensu populi, cuius ob / dedicationem iterum decurionibus HS VIII n(ummum), Augu/stalibus HS VI n(ummum), populo viritim HS IV n(ummum) dedit; / l(ocus) d(atus) p(ecunia) p(ublica) d(ecreto) d(ecurionum). 86

87 I caratteri di CIL X, 53 La promozione sociale di Q. Muticilio Decciano è legata al favore imperiale: Adriano lo include tra i membri dell’ordine equestre, con la concessione del cavallo pubblico. Antonino Pio lo coopta fra i membri delle 5 decurie da cui erano estratti i componenti delle giurie dei tribunali di Roma. Una promozione sociale che forse è alla base di una brillante carriera locale, con la questura, la quinquennalità, il patronato della comunità. Formalmente un’iscrizione onoraria, decretata dal consiglio municipale, con il consenso dell’assemblea, per la munificentia, l’amor patriae e i multa merita dell’onorato. In occasione della dedica del monumento onorario, Decciano rispose con una doppia distribuzione di denaro, come di consueto in proporzione al prestigio sociale del diversi gruppi.

88 CIL X, 22: un cavaliere patrono di Locri
D(is) M(anibus) s(acrum) / P(ublio) Vagellio P(ubli) / fil(io) Pusillioni, / splendi-d(o) eq(uiti) / R(omano), patron(o) mu/nici[pi]. He-re/[des]. Un personaggio che sembra ripiegato pura-mente nell’ambito locale, anche se l’iscrizione è lacunosa. Un monumento sepolcrale di non grandissimo pregio (stele, sebbene in marmo), forse spia di una condizione economica non eccezionale.

89 CIL X, 483: un cavaliere e sua moglie a Paestum
Digitiae L(uci) f(iliae) Rufinae, / ob eximiam castitatem, <f>i/dem verecundiamque / eius, / M(arcus) Tullius M(arci) f(ilius) Maecia Cicero, / eq(ues) R(omanus), L(aurens) L(avinas), p(atronus) c(oloniae), coniugi, remis/so sumptu publico, de suo / posuit. / L(ocus) d(atus) d(ecreto) d(ecurionum).

90 I caratteri di CIL X, 483 La dedica di un cavaliere alla moglie, originariamente decretata a spese pubbliche: come spesso accade, il nobile assunse l’onere del costo. Il dedicante, cavaliere, fu patrono della stessa Paestum e Laurens Lavinas. Un sacerdozio connesso con la celebrazione a Lavinium dei riti sacri in onore dei Penati di Troia, connessi la fondazione di Roma: una carica in età imperiale spesso legata all’ordine equestre. La gens Tullia è tra le più illustri e meglio attestate a Paestum; il cognomen Cicero, portato di regola dai suoi esponenti maschili, ha fatto supporre che si tratti di discendenti del grande oratore. Anche i Digitii, cui apparteneva la moglie di Cicero, facevano parte dell’élite locale. Della donna si celebrano le consuete virtù femminili di castitas, fides e verecundia.

91 L’ordine dei decurioni
Costituiva l’élite dirigente a livello locale: propriamente l’ordo decurionum era il senato locale, nel quale entravano a far parte gli ex-magistrati. L’ordo decurionum era composto da un numero di membri leggermente variabile tra città e città, anche se di norma erano circa 100. Poiché l’ingresso nel consiglio e la gestione delle magistrature era di fatto ereditaria, dell’ordo in senso lato facevano parte anche le mogli e i figli dei decurioni. Anche le qualifiche censitarie variavano: in una città di una certa importanza come Comum il censo minimo era fissato a 100 mila sesterzi, in alcune piccole città africane a 20 mila sesterzi. Soprattutto nelle città maggiori i decurioni più ricchi avevano la qualifica censitaria sufficiente per far parte dell’ordine equestre: c’era dunque una certa sovrapposizione fra i due ordini. Una fortuna prevalentemente determinata dal possesso terriero, ma anche da attività manifatturiere e commerciali, specialmente in città come Ostia o Aquileia. 91

92 La carriera politica locale: lo schema più consueto
2 o più questori (quaestores) 2 edili (aediles o 2 dei IIIIviri, detti aedilicia potestate) 2 duoviri per l’amministrazione della giustizia (IIviri iure dicundo o 2 dei IIIIviri, detti iure dicundo). Ogni cinque anni i massimi magistrati della comunità assumevano compiti censorii, con il titolo di quinquennales. La massima magistratura cittadina poteva anche essere assegnata a titolo onorario all’imperatore o a un membro della casata imperiale; in tal caso le sue funzioni erano assolte da un praefectus. Un cursus honorum che poteva prevedere eccezioni nella denominazione delle cariche e nella successione delle stesse. Al di fuori della normale successione delle cariche i sacerdozi locali: pontifex, augur, flamen.

93 I decurioni e l’evergetismo
I membri dell’ordine dei decurioni (accanto a senatori e cavalieri locali, come anche a qualche ricco liberto) furono i principali protagonisti del fenomeno dell’evergetismo. Finanziamento della costruzione di opere pubbliche. Interventi a favore dell’annona locale, distribuzioni di alimenti o di somme di denaro. Finanziamento di giochi e spettacoli. I decurioni sovvenivano alle finanze locali anche con il versamento della tradizionale summa honoraria, nel momento in cui assumevano una carica pubblica. Alla fine del periodo del Principato le difficoltà economiche che colpirono l’ordo si ripercuotono sulle finanze locali.

94 Un grande notabile locale: M’. Megonius Leo di Petelia
Un personaggio noto da un singolare dossier epigrafico: ILS 6468: dedica a Leone da parte dei decuriones, degli Augustales e del populus ed estratto del suo testamento, con lasciti in favore della comunità di Petelia (vd. diapo 62). ILS 6471: una fondazione di Leone per celebrare la memoria della madre Caedicia Iris. ILS 6470: una fondazione di Leone per celebrare la memoria della moglie Lucilia Isaurica. CIL X, 113: dedica a Leone da parte dei decuriones, degli Augustales e del populus. CIL X, 114 = ILS 6469: dedica a Leone da parte degli Augustales ed estratto del suo testamento con lasciti, soprattutto in favore degli Augustales stessi.

95 CIL X, 114 = ILS 6469: Megonio Leone e gli Augustales
Ma(nio) Meconio Ma(ni) f(ilio) / Cor(nelia) Leoni, / aed(ili), IIIIvir(o) leg(e) Cor(nelia), / quaest(ori) pec(uniae) p(ublicae). / patrono municipi, / Augustales patrono / ob merita eius; l(ocus) d(atus) d(ecreto) d(ecurionum). // Kaput ex testamento. / hoc amplius rei p(ublicae) Petelinorum dari volo / HS X(milia) n(ummum), item vineam Caedicianam cum / parte{m} fundi Pompeiani, ita uti optima maxi/maq(ue) sunt finibus suis qua mea fuerunt. Volo au/tem ex usuris semissibus HS(milium) X n(ummum) comparari Augus/talium loci n(ostri) ad instrumentum tricliniorum du/um, quod eis me vibo (!) tradidi, candelabra et lucerna[s], / bilychnes arbitrio Augustalium, quo facilius strati[o]/nibus publicis obire possint. Quod ipsum ad utilitate[m] / rei p(ublicae) n(ostrae) pertinere existimavi, facilius subituris onus Augu[s]/talitatis, dum hoc commodum ante oculos habent. 95

96 Un grande notabile locale: M’. Megonio Leone di Petelia (CIL X, 114)
Ceterum autem temporum usura[s] semisse[s] HS X(milium) n(ummum) ad instr[u]/mentum Augustalium arbitrio ipsorum esse volo, qu[o] / facilius munus meum perpetuum conservare possint / neque in alios usus usuras quas ita a re p(ublica) acceperint tra/ferri volo quam si necesse fuerit in pastinationem. / Vineam quoq(ue) cum parte fundi Pompeiani sic ut su/pra dixi hoc amplius Augustalibus loci n(ostri) dar[i] / volo. Quam vineam vobis, Augustales, idcirco dari / quae est Aminea, ut si cogitationi meae, qua pro/spexisse me utilitatibus vestris credo, consenseritis, / vinum usibus vestris, dumtaxat cum publice epulas ex/ercebitis, habere possitis. 96

97 Un grande notabile locale: M’. Megonio Leone di Petelia (CIL X, 114)
Hoc autem nomine relevati in/pendis facilius prosilituri hi qui ad munus Augustalit[a]/tis conpellentur. Locatio vineae partis Pompeiani vin[e]/am colere poterint. Haec ita ut cavi fieri praestariqu[e] / volo. Hoc amplius ab heredibus meis volo praestar[i] / rei p(ublicae) Petelinorum et a re p(ublica) Petelinorum corpori Au/gustalium ex praedis ceteris meis palum ridica[m] / omnibus annis sufficiens pedaturae vineae / quam Augustalibus legavi. // [A v]obis autem, Augustales, peto hanc voluntatem / meam ratam habeatis et ut perpetua forma obser/vetis curae vestrae mandetis. Quo facilius autem / nota sit corpori vestro haec erga vos voluntas (!),/ totum loco kaput quod ad vestrum honorem perti/net. 97

98 La carriera di Megonio Leone
Aedilis IIIIvir iure dicundo lege Cornelia, con probabile allusione allo statuto municipale di Petelia Quaestor pecuniae publicae, qui culmine della carriera locale, come talvolta accade. Patrono della comunità di Petelia e della locale confraternita degli Augustali. Una carriera che si dipanò intorno alla metà del II sec. d.C.: da ILS 6468, ll si apprende che l’epigrafe fu redatta regnante Antonino Pio.

99 I lasciti agli Augustales
Una somma di 10 mila sesterzi, da mettere a frutto: gli interessi del 6% dovevano essere impiegati per acquisto di candelabri e lucerne, per illuminare due sale da pranzo donate dallo stesso Megonio Leone alla confraternita, e in genere per il mantenimento delle due sale (perpetuando così il dono di Leone). La vigna Caediciana, piantata a uva Aminea, e parte del fundus Pompeianus, per rifornire di vino i banchetti degli Augustali. I paletti di sostegno necessari alla vigna avrebbero dovuto essere forniti dagli eredi di Leone. La vigna Caediciana doveva essere giunta in proprietà di Leone grazie alla madre Caedicia Iris. L’epigrafe allude alla volontà di Leone di alleviare gli Augustali dal pur modesto carico delle spese per l’illuminazione e le bevande.

100 AE 1972, 148 da Grumentum: la carriera di C. Mulvius Restitutus
[C(aio)] Mulvio C(ai) f(ilio) / [P]om(ptina) Ofillio Rest[i]/[t]uto, aed(ili), pr(aetori), IIvir(o) / [q]uin(quennali), q(uaestori), praef(ecto) coh(ortis) I / [M]o-rinor(um) et Cersia/cor(um), trib(uno) mil(itum) leg(ionis) II / Adiutricis P(iae) F(idelis), prae[f(ecto)] / alae I Vespasianae / Dardanor(um), praef(ecto) / fabr(um) II. / Aug(ustales) Herc(ulanei) patrono.

101 AE 1976, 176 da Blanda: l’evergetismo di un notabile locale
M(arco) Arrio M(arci) f(ilio) Pom(ptina tribu) / Clymeno, IIviro q(uin)q(uennali), / q(uaestori) p(ecu-niae) p(ublicae), populus ex aer[e] / conlato, ob munifice/ntiam eius posuit, qu/od eis annonam cra/tuitam (!) fr/umentum de suo prae/buerit, ob cuius dedica/tionem epulum divisit decurioni-bus ((sestertios)) VIII n(ummos), Aug(ustalibus) ((sestertios)) VI n(um-mos), populo ((hedera)) viritim ((se-stertios)) IIII n(ummos), mulieribus ((sestertios)) II n(ummos). L(ocus) d(atus) d(ecreto) d(ecurionum). // Cu-rantes (!) P(ublio) Stlammio / Simile et T(ito) Vale/rio Fabricio.

102 I caratteri di AE 1976, 176 Le dedica onoraria ad un magistrato locale votata dal consiglio su richiesta dell’assemblea, per la sua munificentia. Per una volta il generico termine si sostanzia: un intervento per l’acquisto del frumento necessario all’annona locale. In occasione dell’inaugurazione del monumento la consueta divisio di denaro, alla quale furono esplicitamente ammesse anche le donne (con la somma minore …). Un documento variamente datato tra la fine del I e la fine del II sec. d.C.

103 EAOR III, 34 da Paestum: l’evergetismo di un notabile locale
M(arco) Egnio M(arci) f(ilio) / Mae(cia) Fortunatiano, / IIvir(o) iter(um) q(uin)-q(uennali), huic splen/didissimus ordo decuri/onum, postulante populo, ob / praecipuam et insignem mu/nificentiam erga patriam / statuam ponendam decre/vit, quod, cum XXV(milibus) HS ac/ceptis a<d> conparationem / familiae gladiato-riae, ma/iorem quantitatem au/xerit a<d> nobilium gladi/atorum conductionem. / adiectis etiam ursis mi/rae magnitudinis se<d> et / nox<i>o, omni quoque / cultu a<p>paratuque aucto, / diem sublimiter exornavit

104 I caratteri di EAOR III, 34 Iscrizione di carattere onorario, su una base il cui lato superiore conserva ancore le impronte dei piedi della statua dell’onorato. Una dedica posta ad un magistrato locale dall’ordine dei decurioni, su sollecitazione dell’assemblea popolare. Motivata dal fatto che Fortunaziano aveva aggiunto, ai 25 mila sesterzi stanziati dalla comunità per l’allestimento di giochi gladiatori, una somma ancora maggiore. In questo modo era stato possibile ingaggiare gladiatori più prestanti e famosi, organizzare una venatio di orsi giganteschi, e assicurarsi l’eccitante spettacolo della messa a morte di un condannato (noxius). Si data alla metà del II sec. d.C., per paleografia e formulario.

105 CIL X, 54 da Vibo Valentia: l’atto evergetico di una donna
[---] Quinta / [---]ae, sacerdos per[petua?] / [divae Fausti?]nae, exornatum pop[---] /, [imp]ensa sua et aqua in id pe[rducta], / [decuri]onibus s(ingulis) HS VIII n(ummum), August[alibus ---]. Il lacunoso testo ci fa conoscere un intervento evergetico di una donna, forse sacerdotessa della defunta moglie di Antonino Pio, Faustina maggiore. Un intervento forse consistente nella costruzione di una fontana pubblica o di un ninfeo, con le relative condutture d’acqua. L’inaugurazione del monumento in suo onore fu accompagnata dalla solita divisio di denaro.

106 I ceti medi La confraternita degli *Augustales. I militari I liberti

107 L’Augustalità come onore ad un liberto di eccezionale valore: AE 2008, 441
Le singolari circostanze di tradizione del testo di un decreto del consiglio municipale di Copia (Senatusconsultum Copiensium). Una lastra marmorea reimpiegata, insieme ad altre, per pavimentare una vasca delle terme locali, forse nel III sec. d.C. Nel V e VI sec. d.C. le lastre sono divelte per farne calce: ma lasciano un’impronta nella malta nelle quale erano state alloggiate. Scoperta nel 2004, le difficili condizioni ambientali e in particolare l’altezza della falda acquifera, non hanno consentito di rimuovere l’impronta, della quale tuttavia sono stati presi calchi e fotografie.

108 Il calco antico del Senatus consultum Copiensium (fotografia riflessa)

109 Un documento con evidenti problemi di lettura
Oltre all’evidente singolarità di un testo noto solo dall’impronta che ha lasciato, da segnalare: Un leggero slittamento al momento della posa in opera della lastra ha provocato la deformazione dell’impronta di alcune lettere. Altre impronte sono state distrutte al momento in cui la lastra venne strappata. Nonostante l’acutissimo sforzo di Costabile, un testo ritenuto ancora di incerta lettura e interpretazione.

110 AE 2008, 141 da Copia: il testo A Tiberio Claudio Idomeneo, liberto di Cesare, al quale, a proposito della cittadinanza, i Copiensi, per onorarlo, su decreto del Senato, hanno accordato quanto segue. Publio Blesio Mariano, quattuorviro quinquennale per la seconda volta, e Marco Minucio Sota, figlio di Manio, prefetto di Tiberio Cesare Augusto con poteri censorii, l’ottavo giorno prima della calende di aprile, hanno interpellato il senato nella curia Vinuleia. Hanno partecipato alla redazione Tito Albio Sabino, [---]. Publio Sumetto Regino, Lucio Idumeo Mela, Quinto Vibuleno Agrippa. Trattando degli onori da accordare a Tiberio Claudio Idomeneo, riguardo ciò che si doveva fare a proposito, così si è deciso Ti(berio) Claudio Caes[aris] / l(iberto) Idomen<eo> <c>u{o}i de civi[tate] / Copienses honoris caussa de s[e]n(atus) [sen(tentia)] / deder(unt) ea quae infra scripta s[u]nt. / P(ublius) Blaesius Marianus, IIIIvir quinq(uennalis) [iure dic(undo)] / iterum, M(arcus) Minucius M(a)n(i) f(ilius) Sota praef(ectus) Ti(beri) Caesaris Aug[usti] / cens[o]ria potestate, VIII K(alendas) Apr(iles) senatum in cur[i]a Vin[uleia] / consuluerunt. Scribendo [a]dfuerunt T(itus) Albius Sabin[us ---], / P(ublius) Sumettus Reginus, L(ucius) Idumaeus Mela, Q(uintus) Vibu[l]enus Agrippa [---. Q(uod)] / [v(erba)] f(acta) sunt de honore Ti(beri) Claudi Caesar(is) l(iberti) Idomen(e)i, q(uid) d(e) e(a) r(e) f(ieri) p(laceret) d(e) e(a) r(e) i(ta) censu[ere].

111 AE 2008, 141 da Copia: il testo [Quod Ti(berius)] / C[l]audius Idomeneus ita se gesserit annis Copiae iis suae vitae cum servierit in [municipio n(ostro)]: / <in>colis magn[e] pr[ae]cessit summa modestia, iust[it]ia{a}eque p(ubli-cum) a(rgentum) administrare ex[pertus est] / et deinde liber factus similem se <praestitit>; pristinae clem[en]tia(e) fovendae placere huic s[plendidissimo] / ordini [A]ugusta-lem eum in hunc annum ex{s} decre[t]o nostro creare, qui honor de A[ugustalitate] / ante hoc tempus nulli ratus sit, Poiché Tiberio Claudio Idomeneo coì si è comportato a Copia negli anni della sua vita in cui è stato al servizio del nostro municipio: ha superato di gran lunga gli abitanti per la sua grande modestia e ha saputo amministrare con giustizia il denaro pubblico e, in seguito, divenuto libero, si è comportato nello stesso modo; conformandosi alla clemenza passata, il nostro splendidissimo ordine conviene di nominarlo Augustale per questo anno, sulla base del nostro decreto, onore dell’Augustalità che prima d’ora non era stato accordato ad alcuno;

112 AE 2008, 141 da Copia: il testo ha deciso che quest’uomo bene ha meritato nei confronti del nostro ordine e che deve essere posto, sulla base del capitolo della legge sull’Augustalità, prima di tutti coloro che il senato ha destinato ad essere Augustali per questo anno, affinché veramente sia meglio noto l’affetto della comunità nei suoi confronti ed appaia come egli abbia raccolto a ragione i frutti che la sua modestia meritano; e affinché tutti coloro che sono nella sua stessa condizione, ammirando l’eccezionale ricompensa accordata alla vita di un uomo esperto – la più magnifica delle decisioni del senato – vogliano imitarlo. eumque ordinem <nostrum> em[e]rere praeferrique cen[suere, ex k(apite) --- de Aug(ustalitate)] / legis, omnibus quos hoc [a]nno senatus f[ut]uros Augusta[l]es cens(uit), vere quo n[o]tius [sit in eum studium r(ei) p(ublicae)] / et is modes[t]iae suae praecepisse fructum debitum merito videatur; itaq[ue admirantes] / ceteri simili[s] fortunae hominis periti vitae forte merit[u]m, senatus am[plissimum] / iudiciorum imitari eum velint.

113 Il problema della datazione
Il testo è datato esattamente al giorno 25 marzo, dell’anno in cui furono eponimi a Copia P. Blesio Mariano e M. Minucio Sota. Il riferimento ad un Ti. Caesar Augustus, tra i diversi membri della casata imperiale che portarono questo nome, meglio si adatta a Tiberio, negli anni in cui fu imperatore (14-37 d.C.). La mancanza del patronimico per il quattuorviro P. Blesio Mariano potrebbe indicare il suo status di liberto: il testo è dunque da datare prima del 24 d.C., quando la lex Visellia proibì agli ex-schiavi di intraprendere una carriera politica?

114 La curia Vinuleia Nel prescritto interessante la definizione della sede del consiglio come curia Vin[uleia]: la sua costruzione può essere attribuita al notabile locale L. Vinuleius Brocchus. La curia è identificata con il noto edificio e emiciclo di Copia.

115 Ti. Claudio Idomeneo e l’Augustalità
Un personaggio che, prima da schiavo, poi da liberto, lavorò negli uffici finanziari di Copia, segnalandosi per la sua professionalità e onestà. La ricompensa per questo suo comportamento è la concessione dell’Augustalità. Se a Copia l’elezione degli Augustales pare essere nelle mani dell’ordo decurionum, la situazione pare essere differente in altre città e in altri periodi, in cui è attestata per esempio la cooptazione da parte degli stessi Augustales. L’eccezionalità dell’onore conferito a Idomeneo consiste probabilmente nel fatto che venne aggiunto, in soprannumero, al collegio già esistente. Il provvedimento è rubricato come de civitate: Idomeneo, con l’Augustalità ricevette automaticamente la cittadinanza copiense, mentre prima era solo un incola?

116 L’elemento militare

117 CIL XVI, 95 da Paestum: il diploma militare di un pretoriano

118 CIL XVI, 95: il testo interno del diploma militare di un pretoriano
Imp(erator) Caes(ar) divi Hadriani f(ilius). divi Traiani / Parthic(i) nep(os), divi Nervae pronep(os), T(itus) Ae/lius Hadrianus Antoninus Aug(ustus) Pius, / pont(ifex) max(imus), trib(unicia) pot(estate) XI, imp(erator) II, co(n)s(ul) IIII, p(ater) p(atriae), / nomina militum qui in praetorio / meo militaverunt in cohortibus / decem I II III IV V VI VII VIII IX X, item / urbanis quattuor X XI XII XIV, subieci / quibus fortiter et pie militia fun/ctis ius tribuo conubii dumtaxat / cum singulis et primis uxoribus, / ut etiam si peregrini iuris femi/nas matrimonio suo iunxerint / proinde liberos tollant, ac si ex duo/bus civibus Romanis natos. // Pr(idie) K(alendas) Mart(ias) / Iuliano et Torquato co(n)s(ulibus). / Coh(ortis) II pr(aetoriae) / C(aio) Licinio C(ai) f(ilio) Men(enia) Probo, Nuceria.

119 CIL XVI, 95: il testo esterno del diploma militare di un pretoriano
Imp(erator) Caes(ar) divi Hadriani f(ilius), divi Tra/iani Parthici nepos, divi Nervae pro/nepos, T(itus) Aelius Hadrianus Antoninus / Aug(ustus) Pius, pont(ifex) max(imus), trib(unicia) pot(estate) / XI, imp(erator) II, co(n)s(ul) II,II p(ater) p(atriae), / nomina militum qui in praetorio / meo militaverunt in cohortibus / decem I II III IV V VI VII VIII IX X, item / urbanis quattuor X XI XII XIV, subie/ci, quibus fortiter et pie militia fun/ctis ius tribuo conubii dumtaxat cum / singulis et primis uxoribus, ut eti/am si peregrini iuris feminas ma/trimonio suo iunxerint, proinde / liberos tollant, ac si ex duobus ci/vibus Romanis natos. Pri(die) K(alendas) Mart(ias) / L(ucio) Salvio Iuliano, / C(aio) Bellicio Torquato / co(n)s(ulibus). / Coh(ortis) II pr(aetoriae) / C(aio) Licinio C(ai) f(ilio) Men(enia) Probo Nuceria. / Descript(um) et recognit(um) ex tabula (a)erea / quae fixa est Romae in muro post / templ(um) divi Aug(usti) ad Minervam. // L(uci) Digiti Valentis, / P(ubli) Aeli Alexandri, / C(ai) Equiti Rufini, / C(ai) Iuli Celeris, / L(uci) Fescennae Prisci, / M(arci) Ascani Domestici, / L(uci) Antoni Saturnini.

120 I caratteri di CIL XVI, 95 Diploma rinvenuto nel 1931 in una delle tabernae sul lato settentrionale del foro di Paestum, si conserva oggi nel locale museo. Composto da due tabelle bronzee, originariamente congiunte da legacci sigillati, grazie ai fori praticate nelle tabelle stesse. Il documento si data al 28 febbraio 148 d.C. Il testo interno e quello esterno corrispondono: ma in quest’ultimo appare anche la formula che precisa la natura del documento come copia di un’originale conservato a Roma, e quello dei 7 testimoni, garanti dell’autenticità. Il beneficiario è un ex pretoriano originario di Nuceria (probabilmente la città campana), stabilitosi dopo il suo congedo a Paestum.

121 Bibliografia di approfondimento
S. Accardo, Villae romanae nell'ager Bruttius. Il paesaggio rurale calabrese durante il dominio romano, Roma 2000. C. Bossu, M'. Megonius Leo from Petelia (Regio III): A Private Benefactor from the Local Aristocracy, «Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik», 45 (1982), pp J.-P. Brun, The Production of Perfumes in Antiquity: The Cases of Delos and Paestum, «American Journal of Archaeology», 104 (2000), 2, pp J.-P. Brun – N. Monteix, Les parfumeries de la Campanie antique, «Artisanats antiques d'Italie et de Gaule. Mélanges offerts à Maria Francesca Buonaiuto», a cura di J.-P. Brun, Naples 2009, pp G. Camodeca, Ascesa al senato e rapporti con i territori d'origine. Italia, Regio I (Campania, esclusa la zone di Capua e Cales), II (Apulia e Calabria), III (Lucania e Bruttii), «Atti del colloquio internazionale AIEGL su Epigrafia e Ordine Senatorio. Roma maggio 1981», II, Roma 1982, pp 121 121

122 Bibliografia di approfondimento
P. Cavuoto, M. Arrius Clymenus duovir di Blanda Iulia, «Vichiana», 7 (1978), pp G. Ceraudo, A proposito della base marmorea di Manio Megonio Leone rinvenuta a Strongoli "in foro superiore”, «Studi di Antichità», 8 (1995), 1, pp A. Colicelli, Paesaggio rurale e trasformazioni economiche nei Bruttii in età romana, «Rivista di Archeologia», 22 (1998), pp F. Costabile, Senatusconsultum de honore Ti. Claudi Idomenei, «Minima Epigraphica et Papyrologica», 11 (2008), 13, pp A. De Carlo, I cavalieri e l'amministrazione cittadina nelle città dell'Italia meridionale. La Campania e le regiones II e III, «MEFRA», 117 (2005), 2, pp H. Di Giuseppe, Un'industria tessile di Domizia Lepida in Lucania, «Ostraka», 5 (1996), pp

123 Bibliografia di approfondimento
M. Gualtieri, La Lucania romana. Cultura e società nella documentazione archeologica, Napoli 2003. Id., Villae e uso del territorio nell'alto Bradano (Regio III) tra tarda repubblica e primo impero, «Agricoltura e scambi nell'Italia tardo-repubblicana», a cura di J. Carlsen - E. Lo Cascio, Bari 2009, pp A.B. Sangineto, Per la ricostruzione dei paesaggi agrari delle Calabrie romane, «Storia della Calabria antica, II, l'età italica e romana», a cura di S. Settis, Reggio Calabria 1994, pp Id., Trasformazioni o crisi nei Bruttii fra il II sec. a.C. ed VII d.C.?, «Modalità insediative e strutture agrarie nell'Italia meridionale in età romana», a cura di E. Lo Cascio - A. Storchi Marino, Bari 2001, pp

124 Bibliografia di approfondimento
S. Segenni, Economia e società in età romana: la documentazione epigrafica, «Storia della Calabria antica, II, l'età italica e romana», a cura di S. Settis, Reggio Calabria 1994, pp P. Simelon, La Propriété en Lucanie depuis les Gracques jusqu'à l'avènement des Sévères. Étude épigraphique, Bruxelles 1993. A. Small, L'occupazione del territorio in età romana, «Storia della Basilicata. 1, L'antichità», a cura di D. Adamesteanu, Roma - Bari 1999, pp A. Zumbo, Un bollo laterizio di Q. Laronius dalla Piana lametina, «Tra l'Amato e il Savuto, II, Studi sul Lametino antico e tardo-antico», a cura di G. De Sensi, Soveria Mannelli 1999, pp Id., La gens Annelia a Copia-Thurii, «Vir bonus docendi peritus. Omaggio dell'Università dell'Aquila al prof. Giovanni Garuti», a cura di A. Dell'Era - A. Russi, San Severo 1996, pp 124


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