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Cambiamenti climatici

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Presentazione sul tema: "Cambiamenti climatici"— Transcript della presentazione:

1 Cambiamenti climatici
Diana Dragoni

2 Cambiamenti climatici: una novità?
L’argomento “variazioni climatiche”, così come trattato dai mezzi di comunicazione, tende spesso a trascurare il fatto che variazioni del clima recenti, naturali, vi sono già state, e che esse hanno provocato un insieme di conseguenze su vaste aree del pianeta. Da alcuni decenni l’argomento “variazioni climatiche”, è diventato uno degli argomenti scientifici più discussi, non ristretto solo ai ricercatori ma ampiamente dibattuto dalla politica internazionale, dai mezzi di comunicazione e con forte presa sull’opinione pubblica, sulle organizzazioni ambientaliste e le grandi corporation industriali. I climatologi hanno studiato i mutamenti climatici avvenuti durante l’attuale periodo postglaciale (definito Olocene e iniziato convenzionalmente circa anni fa), fino a formulare oggi ricostruzioni sempre più oggettive grazie ai progressi scientifici raggiunti con il contributo di varie discipline riconducibili, in generale e solo per esempio, a geografia fisica ed umana, geologia, geofisica, astrofisica, geochimica, alle ricerche d’archivio, paleontologia, micropaleontologia, archeologia. Sul finire degli anni ’60 del ‘900, vengono pubblicate le opere più famose sull’argomento, ad esempio quelle di Carpenter (1966), Le Roy Ladurie (1967), Lamb (1978) e Parry (1978) che propongono ricostruzioni climatiche servendosi di fonti documentarie o dati vicarianti efficacemente interpretati. Cambiamenti climatici: una novità?

3 Stretto di Bering Le migrazioni furono possibili per cause puramente climatiche perché l’attuale stretto di Bering, che divide l’America dalla Siberia, era all’epoca ancora in parte emerso: durante i periodi freddi i mari sono meno profondi perché parte dell’acqua degli oceani è intrappolata sui ghiacciai continentali; durante l’ultimo picco glaciale ( kya BP) il livello del mare era circa 120 m più basso di oggi. Attorno ai 14 kya BP, il livello del mare si era alzato ma lo stretto di Bering non si era ancora formato (Goebel et al., 2008; Morritt, 2011). L’Homo Sapiens ha colonizzato le Americhe nel Paleolitico Superiore in più ondate, attorno ai 14 kya BP, dalla Siberia orientale.

4 Nel a.C. circa, una fase arida determinò il rapido declino della civiltà accadica in Mesopotamia, nonostante questa possedesse notevoli capacità di gestire le acque tramite canali e dighe (Danti, 2010).

5 «Maschera di Agamennone» trovata da Heinrich Schliemann in una tomba di Micene.
Attorno al 1200 a.C. un periodo particolarmente caldo e siccitoso contribuì alla caduta dei Micenei (Carpenter, 1969) .

6 Tra l’800 ed il 1000 d.C. un periodo siccitoso provocò il collasso della civiltà dei Maya (Lamb, 1962; Gill, 2001). Analogamente alle numerose alte culture della Mesoamerica, anche quella maya affonda le proprie radici nella civiltà dei cosiddetti Olmechi, sorta intorno al 13° sec. a.C. nella parte settentrionale dell’Istmo di Tehuantepec ed estesasi nei successivi 8 secoli nell’altopiano del Messico e lungo la costa pacifica fino al Guerrero a N e il Guatemala a S. Fu appunto dagli Olmechi che le prime genti maya, già dedite a un’agricoltura primitiva e dotate di ceramica a partire dal 2° millennio a.C., indubbiamente mutuarono le basi del calendario e della scrittura geroglifica. Gli studiosi hanno applicato alla storia della civiltà maya la generale suddivisione in 3 periodi adottata per tutta l’area mesoamericana: il preclassico o formativo, dal 2000 a.C. al 2° secolo d.C. circa; il classico, tra il 200 e il 900 d.C.; infine il postclassico, durato fino alla conquista spagnola, nel 16° secolo. Dopo la fine dell’8° sec. ebbe inizio la fase di decadenza: nel giro di un secolo tutti i principali siti delle pianure centrali cessarono di registrare le vicende dinastiche, venendo progressivamente abbandonati (l’ultimo monumento datato risale al 909 d.C.). Chichén Itzá (D. Dragoni)

7 Tra il 1100 ed il 1300 d.C. i Pueblo, popolazione stanziale del New Mexico, a seguito di un periodo caratterizzato da una serie di forti siccità, lasciarono i loro insediamenti per emigrare in zone più consone alla loro sopravvivenza (Fagan, 2009).

8 La Groenlandia venne scoperta nel 900 d. C. ca
La Groenlandia venne scoperta nel 900 d.C. ca. da coloni norvegesi d’Islanda e il vichingo Erik il Rosso vi si insediò fra il 982 e il 984, battezzandola Grønland («terra verde»); altri insediamenti seguirono lungo la costa sudorientale, dove l’isola risultava meglio accessibile. Verso il 1000 vi fu introdotto il cristianesimo. Nel 13° sec. i coloni, islandesi e norvegesi, erano tra 2000 e 3000 e vivevano di pesca. Ma verso la fine del 15° sec. le comunicazioni con l’Europa si fecero più rare, anche in seguito al peggioramento delle condizioni climatiche, e i coloni in parte perirono e in parte si fusero con gli indigeni inuit. Dal 16° sec. fu nuovamente meta di navigatori (Gaspar de Corte-Real, M. Frobisher, J. Davis e W. Baffin) che andavano alla ricerca del passaggio a Nord-Ovest. Anche danesi e norvegesi navigarono verso l’isola. Nel 1721 H. Egede, norvegese, con l’aiuto del re danese Federico IV, si insediò sulla costa occidentale, e nel corso del 18° sec. missionari, commercianti, agenti governativi estesero l’occupazione. Divenuta dunque colonia danese dal 1721, la G. è dal 1953 una contea della Danimarca, amministrata da un governatore e rappresentata in Parlamento da due deputati. Dal 1979 gode di autonomia interna, con assemblea legislativa e governo propri. Nel 2008 per referendum è stata approvata una maggiore autonomia, con la possibilità di gestire direttamente le risorse naturali, preludio alla totale indipendenza dalla Danimarca. Tra il 900 e il 1400 d.C. circa il clima, mediamente più mite di quello dei secoli precedenti e di quelli successivi, rese possibile l’esistenza di alcune colonie permanenti vichinghe in Groenlandia (la “terra verde”) e, probabilmente, anche di alcuni insediamenti di breve durata in America (Acot, 2003; Camuffo, 1989; Wahlgren, 1986).

9 Allora le variazioni del clima corrispondono sempre ad impatti, dal punto di vista umano, negativi?
Il pianeta è entrato nell’attuale fase interglaciale, calda e senza brusche variazioni climatiche se confrontata con le ere precedenti, all’incirca diecimila anni fa, ed è in questa fase climatica mite che l’agricoltura e le prime civiltà si sono potute sviluppare, in Oriente e nel Medio Oriente (Burroughs, 2008; Fagan, 2005; 2007).

10 Si noti l’estrema variabilità della temperatura prima degli ultimi diecimila anni, quando si è entrati nell’Olocene. Vale anche la pena osservare come, in generale, il riscaldamento sia estremamente rapido (in alcuni casi si parla di pochi decenni o addirittura pochi anni), mentre le fasi di raffreddamento sono generalmente più graduali. Le sigle da 1 a 20, identificano le fasi di riscaldamento; le sigle da H1 ad H6 identificano 6 raffreddamenti molto rapidi (eventi di Heinrich). E’ facile immaginare l’impatto che tali variazioni del clima (e quindi dell’ambiente) hanno provocato sulle comunità del Paleolitico Medio e del Paleolitico Superiore: migrazioni, estinzioni di interi gruppi, adattamento tramite sviluppo di nuove tecniche. Peraltro, l’esistenza di tali fasi di riscaldamento repentino ed intenso, indipendenti dall’attività umana, la dice lunga sulle reali possibilità di contenere l’attuale riscaldamento globale all’interno dei 2 °C stabiliti come obiettivo dalle Nazioni Unite nella Conferenza di Cancún del 2010 (Rogelj et al., 2011): nel caso in cui i poco chiari meccanismi fisici che hanno provocato le repentine fasi di riscaldamento nel Pleistocene superiore si siano riattivati o si riattivino, per motivi antropici e/o naturali, l’umanità è anche oggi praticamente inerme come il suo predecessore neandertaliano. Temperature medie in Groenlandia negli ultimi centomila anni, secondo i dati isotopici ottenuti nell’ambito del progetto GISP2 (Greenland Ice Sheet Project 2). Si noti come le oscillazioni di temperatura degli ultimi diecimila anni siano modeste rispetto le precedenti.

11 300 a.C.– 400 d.C. 750 – 1200 d.C. 1450 – 1850 d.C. Fonte: Schönwiese, 1995, p. 92, in Terhürne-Berson, 2005, p.18 . Per l’epoca precedente alle serie storiche dei dati pluviometrici e termometrici, in Europa compilate circa dalla metà del XVIII sec., le fonti documentarie utilizzabili possono essere registri, cronache, diari, annali e tutte quelle carte a carattere pubblico o privato, laico o religioso che testimoniano gli eventi climatici, più spesso quelli straordinari, nel passato di una certa località, quando il legame tra eventi meteorologici e sopravvivenza di una società agricola era strettissimo. - 900 – 300 a.C.: Il clima è freddo/umido. Nell’area alpina avanzano i ghiacciai e si abbassa il limite altimetrico della vegetazione. Sta terminando l’Età del Ferro. a.C.: Boreale. Il clima è caldo/arido. Tra Preboreale e Boreale la temperatura aumenta progressivamente, l’ampiezza delle calotte glaciali diminuisce e il livello del mare si innalza. In questo periodo si assiste alla grande espansione del nocciolo, pianta termofila (cioè adatta a climi temperati), che migra verso nord a partire dalle aree mediterranee. L’uomo si trova ancora nel Mesolitico. – 4000 a.C.: Atlantico antico. Il clima è caldo/umido. Dopo una prima fase in cui si registrano ancora oscillazioni fresche o fredde si instaurano temperature medie fino a 4 °C sopra quelle attuali e si mantengono stabilmente alte. L’uomo si trova ancora nel Mesolitico. – 2600 a.C.: Atlantico recente. Il clima è caldo/umido. Si affermano condizioni particolarmente propizie che determinano il cosiddetto “optimum climatico”. Il livello del mare supera di 4 m quello attuale e le nevi permanenti si contraggono verso quote superiori tanto da rendere praticabili tutti i passi delle catene montuose. Grazie all’aumento delle precipitazioni si diffondono i boschi di latifoglie e si ha la massima diffusione del “querceto misto” (cioè olmo, quercia, tiglio e ontano), nonché un innalzamento in quota dei limiti di bosco. L’Europa entra nel Neolitico attraverso un lento processo (“neolitizzazione”) che porta alla conquista della sedentarietà, seguita poi dalla transizione alla coltivazione delle specie vegetali e, successivamente, alla domesticazione di quelle animali. - 300 a.C.– 400 d.C.: Inizia il Sub-atlantico (fase in cui ci troviamo tuttora). Il clima dapprima è fresco e il livello del mare è di circa 1 m più basso di quello attuale. Si mantiene mite fino al 100 a.C., dopodiché diventa caldo/arido quando le temperature aumentano e le piante mediterranee (tra cui la vite e l’olivo) risalgono verso l’Italia settentrionale. Si sviluppa e si diffonde la civiltà romana. - 400 – 750 d.C. Il clima è freddo/umido. In Italia siamo nell’Alto medioevo. - 750 – 1200 d.C. “Optimum climatico medievale”: le temperature medie sono di circa 1 – 1,5 °C al di sopra di quelle attuali. Si riducono i ghiacciai, diminuiscono le precipitazioni, gli eventi alluvionali e la portata dei corsi d’acqua, mentre si rialza il livello del mare. Grazie all'aumento delle aree coltivabili (si coltiva la vite in Norvegia) la popolazione dell'Europa quadruplica e, tra l’XI e l’inizio del XIV sec., la popolazione in Italia sale da 5 a milioni. – 1350 d.C. Il clima è freddo con oscillazioni a fresco/umido e mite. Le aree coltivate si riducono a favore del bosco, delle sodaglie, delle terre a pascolo e delle paludi. Durante il basso medioevo imperversa una grave crisi demografica: tra l’inizio del XIV e la metà del XV la popolazione italiana scende da a 7-8 milioni, forse meno. – 1550 d.C. Il clima è fresco. In Italia si passa dal basso medioevo al Rinascimento. – 1850 d.C. “Piccola Era Glaciale” (LIA). Il clima molto freddo (fino a 2 °C sotto la media) e instabile favorisce il ripetersi di carestie ed epidemie. I ghiacciai su tutta l'Europa avanzano, il limite altimetrico del bosco nelle aree montane si abbassa, le precipitazioni e la portata dei fiumi aumentano dando luogo a una dilatazione delle zone umide. Ne consegue un generale peggioramento delle condizioni di vita soprattutto nelle aree montane. d.C. – presente. Il clima è caldo. Il progressivo aumento delle temperature (con una temporanea inversione di tendenza tra il 1940 e il 1975) provoca un nuovo regresso dei ghiacciai e un innalzamento del livello marino. Ricostruzioni di sintesi della temperatura durante l’Olocene (iniziato convenzionalmente circa anni fa).

12 Cercasi tracce di variazioni climatiche nei dintorni di casa nostra…
Alcuni esempi: Dislocazione dell’insediamento antropico; La crisi del ; L’anno senza estate (1816). Oscillazioni climatiche note, come l’optimum climatico romano, l’optimum climatico medievale e la LIA (Little Ice Age) hanno fatto sentire la loro influenza sulla distribuzione degli insediamenti umani e sull’itinerario seguito dalla principale strada di collegamento tra Perugia e il Lago, certamente in coincidenza anche di altri fattori, quali per esempio la sicurezza. Dal clima dipendeva non solo il maggiore o minore stato di impaludamento delle aree in pianura ma anche indirettamente la crescita demografica e la necessità di aumentare le aree coltivabili. Gli insediamenti rimasero sui rilievi e le strade predilessero il percorso a mezza costa nel periodo in cui l’area era contesa tra Etruschi ed Umbri, mentre discesero verso valle nella più pacifica epoca romana, proprio quando le temperature si sono alzate (optimum climatico romano). Alla fine dell’Impero e durante il primo medioevo gli abitati si arroccarono sulle alture nel tentativo di proteggersi meglio da razzie ed incursioni, abbandonando le aree vallive acquitrinose, ma calarono nel basso medioevo, quando era cessata l’urgenza difensiva e in corrispondenza dell’optimum climatico medievale. Dal 1300 circa si sono susseguite diverse oscillazioni climatiche ma complessivamente il clima ha cominciato a raffreddarsi e nell’età comunale il contado è controllato sia da una rete di castelli in altura che da insediamenti sparpagliati a quote inferiori: il governo del territorio, la manutenzione delle strade e delle canalizzazioni diventano ordinaria amministrazione e le aree pianeggianti come Pian di Massiano o la Piana del Càina sono sempre più praticabili. Oggi un fitto insediamento antropico costeggia quasi tutto il tracciato della via del Trasimeno. Dopo questa analisi complessiva, sono stati presi in esame due momenti storici particolari segnati da gravi crisi alimentari e demografiche che colpirono l’area perugino-trasimenica. Lo studio condotto si è mosso in diversi ambiti della geografia, da quello storico a quello sociale, da quello medico a quello urbano, allo scopo di dare una lettura complessiva, ma anche sintetica, di un territorio colto in un momento di crisi e quindi di trasformazione. Non si può affermare in maniera deterministica che il clima sia l’unico responsabile delle due crisi descritte in questa ricerca, ma certamente si può constatare che esso ha avuto un ruolo non trascurabile nell’influenzare il paesaggio e la storia di una comunità, innescando o portando a maturazione una catena di eventi. Piccole variazioni di temperatura sono di grande impatto per una società la cui sussistenza è legata primariamente all’agricoltura e nella quale la scienza medica non è sufficientemente progredita per arrestare l’avanzata di un’infezione mortale. Per la crisi del , i dati e le testimonianze raccolte rivelano un aumento dei morti, una diminuzione dei matrimoni, dei battezzati e degli esposti, subito dopo l’annata di raccolto scarso del 1759, durante gli anni intermedi di freddo e fino al 1768, anno successivo a quello considerato più rigido. Si può rintracciare quindi una certa relazione di consequenzialità, anche se non di necessarietà, tra gli eventi climatici avversi, la carestia, la fame e la disoccupazione, l’epidemia. Questa catena di avvenimenti tragici successivi fu resa ancora più tragica dalla scarsa capacità delle strutture annonarie e assistenziali di far fronte agli eventi. Lo stesso si può concludere anche per la crisi sviluppatasi nel 1816, osservando inoltre che, poiché l’epidemia di tifo petecchiale scoppiata nel 1817 veniva ad aggiungersi alle secolari pestilenze che avevano già procurato enormi disagi, si ritenne che fosse ormai giunto il momento non solo di organizzare una struttura socio-sanitaria permanente per monitorare lo stato di salute della comunità, ma anche di rivoluzionare i costumi funerari e le usuali pratiche igieniche. Così, se adesso è possibile visitare i nostri morti in un unico cimitero cittadino, godere di servizi erogati quotidianamente dalle aziende sanitarie territoriali o, ancora, passeggiare in un ambiente pulito grazie alla cura garantita dalla nettezza urbana, lo si deve in qualche modo anche a quell’anno senza estate.

13 L’area perugino-trasimenica.
In questa ricerca mi sono proposta in primo luogo di cogliere alcuni riflessi di queste macroscopiche variazioni climatiche su un’area limitata, in secondo luogo (ed è questa la parte più importante del mio lavoro) di indagare gli effetti di 2 precise variazioni climatiche poco estese nel tempo che hanno colpito il perugino nel ‘700 e ‘800. L’area interessata dalla presente ricerca è compresa tra Perugia e il Lago Trasimeno. Questo è un lago chiuso, privo di emissari naturali, con una superficie di 124,30 km2 e un bacino imbrifero appena il doppio di quello lacustre, una profondità massima di 6,40 m, calcolata allo sfioro dell’attuale emissario artificiale a 257,50 s.l.m. Dallo specchio emergono tre isole: l’Isola Maggiore, l’Isola Minore e l’Isola Polvese. L’area circostante sfuma ad ovest verso il terreno pianeggiante della Valdichiana toscana, mentre verso nord, est e sud si susseguono medie e basse colline fino all’altura di Perugia. Grazie all’Osservatorio Meteorologico costituito da Luigi Canali nel 1811, siamo in possesso di dati strumentali sul clima del territorio perugino registrati da allora. L’area perugino-trasimenica. Fonte: Interactive map (National Geographic.com)

14 Livelli medi del Trasimeno a confronto.
Gambini (1995) analizzando i ritrovamenti archeologici, la posizione e costruzione degli emissari, l’interrimento e la linea di costa è riuscito a ricostruire le oscillazioni di livello del Trasimeno dal Neolitico in poi. Livelli medi del Trasimeno a confronto.

15 Porta Trasimena (Perugia), vista dall’esterno, 22.10.2012.
Per vedere come le note variazioni climatiche prima delineate abbiano in qualche modo influenzato il paesaggio antropico tra Perugia e il Lago, si può osservare per esempio, come sia cambiata l’ubicazione degli insediamenti e della via principale che lo attraversa. Tra il IV e il III sec. a.C. furono edificate le mura perimetrali di Perugia, che si è consolidata così a vera e propria realtà urbana, con le sue sette vie d’accesso tra cui Porta Trasimena (fig. 18), posta a un’estremità dell’asse est – ovest che aveva il suo itinerario in Via Vincioli, Piazza Cavallotti, Via delle Cantine, Piazza danti, Via Bontempi fino all’etrusca Porta del Sole (si noti che non è l’itinerario di quello che sarà il decumanus romano). Da quel momento è possibile ipotizzare l’esistenza di un percorso privilegiato, fra quelli già esistenti, tra Perugia e il Lago.

16 La via cortonese in epoca etrusca (verde) e romana (rosso).
Durante il periodo arcaico etrusco (VII-VI sec. a.C.), il triangolo Perugia-Cortona-Chiusi comprendeva un territorio la cui ricostruzione insediativa non può essere dettagliata perché i rinvenimenti archeologici spesso risultano frammentari o di difficile localizzazione. Tuttavia è plausibile che a guardare la via del Trasimeno dalle lievi alture sovrastanti, fossero degli sparsi complessi residenziali e agricoli che la sfruttavano sia per lo scambio che per una redditizia attività di controllo dei passaggi. Il percorso della via del Trasimeno, secondo la ricostruzione di seguito proposta, si discostava almeno in buona parte da quello dell’attuale SR 75 bis, per prediligere un percorso di mezza costa, cioè al sicuro dai frequenti impaludamenti provocati per lo più dagli straripamenti del Torrente Genna e del Torrente Càina nei periodi di pioggia abbondante. In epoca romana, il segmento della Via Amerina tra Perugia e Chiusi corrispondeva parzialmente alla via del Trasimeno già usata in epoca etrusca e prima descritta nelle sue tappe. In epoca romana infatti fu “migliorato” permettendo il transito non più di mezza costa ma da Porta Trasimena, dopo la Piaggia Colombata e Case Bruciate stavolta attraversava Pian di Massiano a bassa quota per arrivare direttamente a S. Manno e continuare fino al sacello di vocabolo Terrioli (Galmacci, 2007, p. 65; le località indicate sono anche state fissate sulla carta interattiva di Dragoni D., La via tra Perugia e…, 2012). Questa variazione non può essere stata altro che una conseguenza della bonifica di Pian di Massiano effettuata dai romani, favorita però a sua volta da un clima più asciutto rispetto a prima. Giunti poi nella Valle di Tuoro si poteva raggiungere Cortona attraverso due itinerari: uno più in basso, che secondo la tradizione era stato solcato dal Console Flaminio durante la Battaglia del Trasimeno nel 217 a. C., toccava la pieve di S. Maria di Confini (Tuoro sul Trasimeno) e la pieve di S. Maria di Bacialla (Terontola, Cortona); l’altro più in alto scavalcava la dorsale collinare a tre Km a nord di Tuoro giungendo fino a Piazzano e alla valle del Torrente Esse (Bruschetti e Trombetta, 2002, p. 102; Riganelli 2000, pp ). Dal clima dipendeva non solo il maggiore o minore stato di impaludamento delle aree in pianura ma anche indirettamente la crescita demografica e la necessità di aumentare le aree coltivabili. Gli insediamenti rimasero sui rilievi e le strade predilessero il percorso a mezza costa nel periodo in cui l’area era contesa tra Etruschi ed Umbri, mentre discesero verso valle nella più pacifica epoca romana, proprio quando le temperature si sono alzate (optimum climatico romano). La via cortonese in epoca etrusca (verde) e romana (rosso).

17 Pian di Massiano, Perugia, 13.12.2012.
Il clima durante l’alto medioevo (V-X sec.) dovette di nuovo abbassarsi (cfr. ad es. Ortolani, 2003) e la crisi freddo-umida sicuramente fece sentire i suoi effetti sull’ambiente che si sommarono a quelli di natura storico-sociale. Alla fine dell’Impero e durante il primo medioevo gli abitati si arroccarono sulle alture nel tentativo di proteggersi meglio da razzie ed incursioni, abbandonando le aree vallive acquitrinose: curtes, massae, castelli, pievi menzionati nei documenti alto-medievali, dipingevano un paesaggio caratterizzato da diversi nuclei insediativi accentrati. Tra il X e il XIII sec., la bonifica delle aree acquitrinose e il disboscamento divennero attività più intense e pianificate, in territorio perugino si edificarono nuove strutture, sia nuovi nuclei abitati privi di apparato difensivo, sia strutture fortificate (castelli) in siti d’altura ma meno inaccessibili, più vicino alle aree da rendere coltivabili in modo da realizzare un consolidamento territoriale e una valorizzazione delle terre agricole. La toponomastica offre qualche testimonianza di processi svoltisi sul territorio in età comunale per allargare l’area coltivata, arginare l’espansione del bosco spontaneo e dell’incolto, realizzare opere di sistemazione idraulica nelle zone acquitrinose. I toponimi fracta (indica un’interruzione del bosco) e ranco (riporta a un dissodamento del terreno) compaiono nel sec. XI in alcuni documenti (Fracta Morelli e Rancio, entrambe località tra Corciano e Magione) e successivamente nei catasti trecenteschi. In più a Corciano e Mantignana nel XIV sec. compare il vocabolo Fratta Vecchia. I toponimi come pantano (rimanda ad acque stagnanti) e affini sono alquanto diffusi negli stessi catasti trecenteschi in aree dove sono presenti terreni coltivati, a ricordo delle aree acquitrinose sulle quali furono realizzate opere di regolazione idraulica, come forme di scolo e fossati. Queste furono promosse dal comune di Corciano, come risulta anche dai documenti conservati in archivio, per sistemare, mantenere e salvaguardare, in particolare le aree attraversate dal Torrente Càina (Riganelli, 1997, pp. 88, ). Dal XIII sec. la viabilità viene sottoposta a un riordino. Nello statuto del Comune di Perugia del 1279, tra le altre da sistemare, è menzionata la strada che da Pian di Massiano giungeva a Pian di Carpine (Magione) per poi proseguire verso San Savino del Lago. Era questa una delle cinque vie regali che uscivano dalle cinque principali porte urbiche. Grazie all’attenzione che vi fu prestata per salvaguardarlo, si consolidò allora quel reticolo viario che si mantenne fino all’età contemporanea. Dal 1300 circa si sono susseguite diverse oscillazioni climatiche ma complessivamente il clima ha cominciato a raffreddarsi e nell’età comunale il contado è controllato sia da una rete di castelli in altura che da insediamenti sparpagliati a quote inferiori: il governo del territorio, la manutenzione delle strade e delle canalizzazioni diventano ordinaria amministrazione e le aree pianeggianti come Pian di Massiano o la Piana del Càina sono sempre più praticabili. Oggi un fitto insediamento antropico costeggia quasi tutto il tracciato della via del Trasimeno. Pian di Massiano, Perugia, Alto medioevo: crisi freddo-umida. Basso medioevo: bonifica. Dal 1300: riordino delle strade.

18 E ora cosa sta succedendo?
Se ancora ce ne fosse bisogno, sette nuovi grafici diffusi dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), dimostrano in modo chiaro e immediato in che modo sta aumentando la temperatura globale, si stanno ritirando i ghiacciai, riducendo le coperture nevose, e altro ancora. E ora cosa sta succedendo?

19 Variazioni nella temperature superficiale media Il pianeta rosso: la temperatura superficiale terrestre, indicata in gradi Celsius, è aumentata quasi ovunque (le aree bianche sono quelle per cui i dati del periodo considerato sono insufficienti)

20 Anidride carbonica atmosferica
Il fattore carbonio: la principale causa dell'aumento delle temperature globali è l'aumento della concentrazione atmosferica di anidride carbonica (indicata in parti per milione) illustrato in questo grafico. ppm (Parti per milione)

21 Variazione media globale del livello del mare
I mari si sollevano: il livello degli oceani sta subendo un aumento (10-20 cm nel corso del XX sec.) a causa di diversi fattori, ma principalmente per lo scioglimento dei ghiacci (sollevamento indicato in millimetri).

22 Variazione media globale del contenuto di calore degli strati superficiali dell'oceano Acqua sempre più calda: l'IPCC sostiene che gli oceani stanno assorbendo fino al 90 per cento del calore in eccesso prodotto dai gas serra; la quantità di calore immagazzinata dall'acqua marina, misurata in joule, è aumentata rapidamente.

23 Anidride carbonica nella superficie dell'oceano e pH
Acidificazione dell'oceano: gli oceani assorbono anche una notevole quota delle emissioni di CO2 per effetto del mescolamento superficiale dell'acqua dell'oceano con l'aria (in alto, in microatmosfere) rendendo l'acqua più acida (in basso, in unità di pH). Questo fenomeno rappresenta un fattore sfavorevole per la sopravvivenza e la capacità riproduttiva degli animali marini

24 Estensione del ghiaccio marino nell'Artide durante l'estate
Perdita di ghiaccio: il ghiaccio che ricopre la superficie del mare nell'Artide fonde ogni estate e si riforma ogni inverno, ma la sua estensione (in milioni di chilometri quadrati) sta diminuendo costantemente

25 Copertura nevosa primaverile nell'emisfero boreale
Sempre meno neve: la copertura nevosa nell'emisfero boreale (in milioni di chilometri quadrati) è complessivamente diminuita, sebbene con un andamento altalenante da un anno all'altro riducendo la quantità di acqua dolce disponibile ogni primavera

26 Biodiversità ed ecosistemi
Calo/aumento della biodiversità. Spostamento verso nord dell’areale di molte specie. In alcune zone del mondo il cambiamento climatico ha causato un aumento della biodiversità, ma in molte altre ne ha provocato un calo. Diverse specie di animali e piante sono a rischio di estinzione. Molte specie, infatti, possono vivere solo all’interno di un certo intervallo di temperature, umidità ecc., e faticano ad adattarsi a cambiamenti forti e rapidi. Il riscaldamento globale provoca uno spostamento verso nord (o, in montagna, verso la cima) dell’areale di molte specie, e questo rappresenta un rischio per alcuni ecosistemi: se la cima di un monte è invasa da piante provenienti da fasce altitudinali più basse, rischiano di scomparire le piante che vivevano in precedenza sulla cima. Inoltre, gli ecosistemi subiscono anche gli effetti indiretti del cambiamento climatico: per esempio, l’aumento del livello marino è un fattore di rischio per gli ecosistemi costieri e delle zone umide, mentre l’aumentata frequenza degli incendi accelera la distruzione delle foreste. Gli ecosistemi più vulnerabili sono quelli delle zone artiche (tundra, taiga) e delle zone montuose, per la sensibilità all’aumento di temperatura; gli ecosistemi mediterranei per la riduzione delle precipitazioni; quelli costieri (lagune, barriere coralline, mangrovie) per vari rischi tra cui quello di sommersione e Inondazioni. L’ecosistema è costituito dall’insieme di tutti gli esseri viventi di un determinato ambiente fisico e delle relazioni che intercorrono sia tra loro che tra loro e l’ambiente fisico. Biodiversità ed ecosistemi

27 Gli eventi catastrofici
( ) Cleopatra: evento eccezionale o cambiamento climatico? Gli scienziati lo definiscono un evento inusuale, ma questi casi sembrano sempre più frequenti Secondo alcune ricerche, tempeste, inondazioni, siccità e forti calure estive, incendi di foreste e altri eventi catastrofici legati al clima sono significativamente aumentati negli ultimi decenni. Cleopatra è stata definita come un «fenomeno possibile ma inusuale», secondo quanto ha riferito Alfonso Sutera, del dipartimento di fisica dell’Università Sapienza di Roma all’agenzia di stampa Ansa. Nata da una bolla di aria fredda dal raggio compreso fra 300 e 400 chilometri, che penetrando nel Mediterraneo ha incontrato altri fattori favorevoli, come l’aria ancora calda e umida del mare e i monti della Sardegna, che hanno entrambi rafforzato il ciclone. «Così come insoliti sono stati i 459 millimetri di pioggia caduti in Sardegna nell’arco di poche ore – continua l’esperto – contro la media annuale di circa 900 millimetri di pioggia che si registra in Italia». Affermazione che non trova d’accordo Mario Tozzi, geologo, e ricercatore dell'Istituto di Geologia ambientale e geoingegneria del Cnr, secondo cui «la quantità di pioggia caduta in Sardegna è eccezionale solo se paragonata a qualche secolo fa, non agli ultimi anni. Sono eventi non più eccezionali ma quasi frequenti, che negli ultimi 20 anni ci siamo abituati a vedere in Italia». Gli eventi catastrofici

28 La salute umana Sono in corso diversi studi per valutare gli effetti del cambiamento climatico sulla situazione sanitaria dei vari paesi. Tra gli effetti più probabili, una diminuzione delle malattie legate al freddo e un aumento dei rischi sanitari legati al caldo, soprattutto per alcune categorie come anziani, malati cronici e bambini. L’aggravamento della siccità in molte zone potrebbe portare un aumento del rischio di malnutrizione e delle malattie trasmesse da cibo e acqua. Si ipotizza una maggiore diffusione di alcune malattie infettive come il virus Ebola, il colera, la tubercolosi e varie forme di influenza Lancet and The UCL report on the global health effects of climate change. The top map scales according to contributions to global climate change per country (CO2 emmisions for ). The lower maps shows the distribution per nation of the four climate-sensitive effects (malaria, malnutrition, diarrha, and flood fatalities).

29 Quali sono le cause delle variazioni climatiche?
Durata millenaria modificazioni nell’inclinazione dell’asse terrestre; Modificazioni nell’eccentricità dell’orbita terrestre e nella precessione degli equinozi, che determinano la quantità della radiazione solare che arriva sulla terra alle diverse latitudini. Durata secolare e decennale modificazioni della criosfera; variazioni nella circolazione dell’atmosfera e degli oceani; grandi eruzioni vulcaniche; fluttuazioni dell’irraggiamento solare riconducibili almeno in parte alle macchie solari; impatto meteoritico di grandi dimensioni; Attività antropiche. Cause di variazioni climatiche con durata millenaria sono le modificazioni nell’inclinazione dell’asse terrestre, nell’eccentricità dell’orbita terrestre e nella precessione degli equinozi, che determinano la quantità della radiazione solare che arriva sulla terra alle diverse latitudini. Cause di variazioni climatiche con durata secolare e decennale sono invece le seguenti.  La criosfera ha una forte influenza sulla temperatura media dell’atmosfera, infatti la superficie del mare ghiacciata riflette nello spazio gran parte dell’irraggiamento solare, riduce l’umidità che si disperde nell’atmosfera e isola le acque marine sottostanti, relativamente più calde. Analogamente, ogni superficie coperta di ghiaccio e neve, contribuisce a mantenere il clima freddo grazie alla notevole capacità di riflettere la luce. L’importanza della criosfera dal punto di vista climatico è evidente dalla tabella 2, che riporta il valore approssimativo dell’albedo (percentuale di radiazione solare riflessa) per varie superfici naturali: una forte riduzione dei ghiacci marini, attorno ai poli, aumenterebbe drasticamente la quantità di energia solare assorbita dal pianeta.  Variazioni nella circolazione dell’atmosfera e degli oceani provocano uno scompenso del clima poiché la ridistribuzione del calore a scala planetaria è affidata ad essa per quasi il 90%. In questo contesto è oggi importante argomento di ricerca la possibilità che le acque dolci provenienti dal progressivo scioglimento del ghiaccio artico e della Groenlandia, diluiscano le acque marine, con conseguente diminuzione della densità delle stesse e conseguente alterazione della circolazione oceanica; ciò provocherebbe una variazione del clima estremamente rapida, con conseguenze catastrofiche (per esempio vedi Riebeck, 2005). A meccanismi di questo tipo sono attribuiti i cosiddetti Eventi Heinrich, accaduti alla fine del Pleistocene, durante la fase finale dell’ultimo periodo freddo, di cui si è parlato in premessa (fig. 2).  Grandi eruzioni vulcaniche possono diffondere nell’atmosfera quantità tali di aerosol da bloccare il passaggio della luce solare provocando un raffreddamento della superficie.  Le fluttuazioni dell’irraggiamento solare, che pur se non completamente comprese sono riconducibili almeno in parte alle macchie solari, sono state negli ultimi decenni studiate analiticamente tanto da cogliere una stretta relazione tra i periodi freddo-umidi (piccole età glaciali) e prolungati minimi di attività solare, e tra i periodi caldo-aridi e una marcata e prolungata attività solare (Ortolani e Pagliuca, 2009).  Un impatto meteoritico di grandi dimensioni, come l’ultimo avvenuto 65 milioni di anni fa, potrebbe oscurare per la polvere sospesa nell’atmosfera il Sole per settimane o mesi causando una brusca diminuzione della temperatura al suolo. Quali sono le cause delle variazioni climatiche?

30 Effetto serra Effetto serra
Per ciò che riguarda la variazione climatica in corso, corrispondente sostanzialmente ad un aumento della temperatura del pianeta, è oggi generalmente accettato che le attività antropiche negli ultimi due secoli ne siano le cause principali. La società moderna è basata sulla combustione di idrocarburi e carbone (motori a scoppio, centrali termoelettriche, industria pesante) e ciò produce anidride carbonica (CO2,) che è uno dei più importanti “gas serra”. La CO2 non è l’unico gas serra immesso dalla nostra civiltà: altri importanti gas sono il metano e l’ossido di azoto. Il riscaldamento prodotto dai gas serra, sinteticamente ed in via qualitativa, si basa sul seguente meccanismo (Godrej, 2003; MacDonald, 1989). L’energia (radiazione) solare quando entra nell’atmosfera è caratterizzata da un certo intervallo di lunghezza d’onda e praticamente non viene assorbita dall’atmosfera: dal punto di vista della radiazione solare l’atmosfera è trasparente. Quando la radiazione solare arriva al suolo viene riflessa e diffusa indietro, verso lo spazio, con una lunghezza d’onda superiore a quella che aveva in arrivo. Questa viene in parte assorbita da alcuni gas, i cosiddetti gas serra. Ovviamente l’assorbimento aumenta con l’aumentare della concentrazione di questi gas. Il fatto che una parte dell’energia solare non venga dispersa nello spazio, ma rimanga intrappolata nell’atmosfera implica, inevitabilmente, che questa si riscalda. Il più potente gas serra, dopo il vapore d’acqua, è la CO2, contenuto nell’atmosfera in quantità molto più alte che gli altri gas serra. All’inizio della cosiddetta era industriale, verso la fine del 1700, la concentrazione della CO2 era attorno a 280 ppm; oggi è arrivata a più di 380 ppm. Oggi è acquisito che, in passato, l’aumento della CO2 è stato preceduto dall’aumento della temperatura. Uno dei motivi per cui questo accade è perché l’aumento della temperatura, per un noto processo di fisica elementare, abbassa la solubilità della CO2 in acqua: quando gli oceani si riscaldano, questi immettono parte della loro CO2 nell’atmosfera. Queste immissioni sono immense, dato che gli oceani sono il più grande serbatoio di CO2 del pianeta, contenendo circa il 98,5% di tutta la CO2 contenuta nell’atmosfera e nell’idrosfera (Sabine et al., 1997, p. 49). Un simile processo si genera quando, per l’aumento della temperatura, si scioglie il permafrost (Turney, 2008, p. 67). Si genera così un processo che si autoesalta: l’aumento della temperatura genera un aumento della CO2, questo a sua volta aumenta ulteriormente la temperatura, e così via, in un ciclo di feedback positivo non ancora interamente compreso ma che suggerisce scenari da brivido. Buco dell’ozono L’ozono è presente nell’atmosfera terrestre in quantità che variano, specialmente al variare dell’altitudine. In particolare, l’ozono è presente in concentrazioni piuttosto elevate nella regione della stratosfera che si estende da circa 20 a circa 50 km di altitudine. Qui forma uno strato protettivo in grado di bloccare buona parte delle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole. Se le radiazioni ultraviolette potessero raggiungere indisturbate la superficie terrestre, causerebbero danni gravissimi alla salute dell’uomo oltreché di moltissimi animali e vegetali, rendendo addirittura impossibile la vita sulla Terra. Lo spessore della fascia di ozono stratosferico varia per cause naturali a seconda della stagione e della zona. Tuttavia, a partire dalla metà degli anni Settanta del Novecento si ebbero le prime avvisaglie di un progressivo assottigliamento della fascia di ozono, specialmente nelle regioni sovrastanti i Poli. Il fenomeno, chiamato buco nell’ozono, generò un grandissimo allarme e spinse i ricercatori di tutto il mondo a cercarne le cause. L’ipotesi più accreditata è ancora oggi quella che la distruzione dell’ozono sia dovuta al rilascio nell’atmosfera di alcune sostanze chimiche, i clorofluorocarburi (CFC), largamente impiegate come refrigeranti nei frigoriferi e nei condizionatori d’aria, nei solventi per la pulitura a secco o come propellenti negli spray (fluoro). Questi composti poco reattivi possono raggiungere intatti gli strati alti dell’atmosfera dove si alterano per azione della luce e reagiscono chimicamente con l’ozono distruggendone le molecole. Dalla fine degli anni Ottanta a oggi l’impiego di CFC è stato largamente ridotto. Effetto serra

31 DIANA DRAGONI, L’influenza delle variazioni climatiche nel contesto territoriale dell’area perugino-trasimenica, Università di Cassino e del Lazio Meridionale, Scuola di Dottorato in Scienze umanistiche – Geografia storica, a.a "Climate Change 2013: The Physical Science Basis“, Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). National Geographic Italia Fonti principali


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