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Elementi di linguistica sarda

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Presentazione sul tema: "Elementi di linguistica sarda"— Transcript della presentazione:

1 Elementi di linguistica sarda
Giovanni Lupinu Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli Studi di Sassari Lezione n. 6

2 Il periodo spagnolo Nel capitolo precedente si è visto quanto incisivo sia stato l’influsso del catalano sul sardo: la sua importanza, in particolare, è rivelata dalla capillarità della sua presenza, nel senso che non c’è quasi settore del lessico sardo in cui tale presenza non si manifesti. Nel 1479 avvenne l’unificazione delle corone di Castiglia e di Aragona sotto Ferdinando il Cattolico: la Sardegna entrò in questo modo, senza particolari scossoni, nella fase della dominazione spagnola.

3 La lunga età spagnola (quasi due secoli e mezzo) ha lasciato anch’essa una traccia profondissima sulla cultura e sulla lingua sarde. Dal punto di vista linguistico, occorre precisare che l’uso del catalano non si perse con la costituzione della monarchia spagnola, ma continuò ancora per diversi anni. Come scrive G. Paulis, «i vicerè spagnoli, anziché impiegare il castigliano, continuarono a pubblicare i loro pregones [“editti”] in lingua catalana. E così bisogna attendere il 1643 perché lo spagnolo inizi ad essere l’unica lingua adoperata nella redazione delle leggi e dei decreti. Stando alla [segue]

4 testimonianza di alcuni contemporanei, nella Sardegna meridionale il catalano fu sostituito completamente dallo spagnolo come lingua ufficiale soltanto agli inizi del XVIII secolo. E d’altra parte nel 1738, quando la Sardegna apparteneva già da diciotto anni alla casa Savoia, i marchesi di Quirra redassero in catalano le prerogative concesse ai loro vassalli. Per contro nelle scuole e nei tribunali lo spagnolo rimase lingua ufficiale sino al 1764, ma nelle chiese e nei conventi continuò ad essere parlato e scritto addirittura sino ai primi decenni dell’Ottocento».

5 Catalano e spagnolo, pertanto, convissero fianco a fianco per diversi decenni:
tuttavia, il catalano ebbe maggiore diffusione nel meridione dell’isola, lo spagnolo nella regione settentrionale. Ciò è evidenziato in modo chiaro dalla geografia linguistica: ad es., abbiamo una serie di casi in cui, per esprimere un certo significato, è presente in campidanese un termine di origine catalana, in logudorese, invece, uno di origine spagnola.

6 Possiamo citare i seguenti esempi:
camp. léğğu (dal cat.; è un tipo che si irradia sino alla Sardegna centrale: a Nuoro lédzu), log. féu (dallo sp.), entrambi per “brutto”; camp. gòččus (dal cat.), log. gòṡos (dallo sp.), entrambi per “composizioni poetiche cantate in onore della Madonna, di Gesù Cristo e dei Santi”; camp. e barb. kul’èra, kullèra (dal cat.), log. kuččári, koččári (dallo sp.), entrambi per “cucchiaio”.

7 Voci di origine spagnola nel sardo
«In quanto lingua delle classi sociali elevate, dell’amministrazione, del clero, del commercio e di coloro che praticavano la maggior parte delle attività artigianali, lo spagnolo ha diffuso in Sardegna un numero veramente imponente di imprestiti lessicali» (G. Paulis). Volendo offrire un’esemplificazione di tali prestiti, si ha solo l’imbarazzo della scelta. Ci sono, per es., numerosi vocaboli che hanno a che fare con il diritto e l’amministrazione: camp. aƀoǥáu “avvocato” (anche aƀoǥai “esercitare la professione di avvocato”; aƀoǥaṡía “avvocatura”);

8 camp. barračèllus, log. barra(n)tsèllos “barracelli, guardie rurali”;
log. e camp. erèntsja “eredità”; log. e camp. síndiku, síndiǥu “sindaco”. Anche nell’àmbito della religione e della Chiesa l’influsso spagnolo (oltreché catalano) fu marcato. Diamo giusto qualche esempio: log. e camp. kaṡúl’a “pianeta” (veste che portano i sacerdoti per celebrare messa); camp. našiméntu “presepio di Natale”;

9 camp. oƀíspu “vescovo”;
log. reṡare, camp. arreṡai, arraṡai, arroṡai “recitare il rosario, fare orazione, dire il breviario”; log. e camp. tòkka “soggolo, velo delle monache”; camp. umil’ađéri, umiljađéri “inginocchiatoio”. Fra i numerosi vocaboli che fanno riferimento a capi di vestiario, alla moda, a tessuti e manufatti tessili rammentiamo: centr. e log. kòrča, kòrtsa, camp. kòrča, kròčča “coltre, trapunta del letto”; camp. suƀremèṡa “tappeto con cui si copre una panca”;

10 log. e camp. sumbréri “cappello”;
log. e camp. tertsjupélu “velluto”; nuor. dzustíllu “specie di corpetto”. Abbiamo inoltre numerosi termini che fanno riferimento alla cucina o alla casa: log. affuènte “piatto grande, vassoio”; log. andarínos, camp. andarínus “gnocchetti, specie di pasta”; log. e camp. ap(p)oṡéntu, ap(p)uṡéntu “stanza, camera, alloggio”; camp. fjámbre, nell’espressione pèttsa arrustía a fjámbre “arrosto freddo”;

11 cagl. flan “crema solida”;
camp. gwèvus o gwèffus de faldikèra “specie di dolce in forma di uovo ravvolto in carta”; log. e camp. pirikíttu “dolce ricoperto di zucchero”. Fra i termini che fanno riferimento alle varie arti e professioni ricordiamo: log. e camp. bòveda, bòvida “volta”; log. sett. branittsare “verniciare”; camp. kapíl’u “cappelletto” (termine dei calzolai); log. kardjare “arroventare (il ferro)”;

12 camp. impavonai, impaƀonai, log
camp. impavonai, impaƀonai, log. impaonare “brunire, damaschinare il ferro”; camp. verduǥíl’u “ferro a quattro tagli”, cagl. burduǥíl’u “sega lunga”. Fra gli altri numerosi vocaboli penetrati dallo spagnolo citiamo: log. akkab(b)are, camp. akkab(b)ai “finire, smettere” (e akkáb(b)u”fine, termine”); log. akkunortare, camp. akkunortai “confortare, consolare”; nuor. adjóṡo, log. e camp. adjóṡu “addio”;

13 log. amparare, camp. amparai “proteggere, difendere” (con ampáru “protezione, difesa”; pure dallo sp. si ha log. diṡamparare, camp. diṡamparai “abbandonare”, e diṡampáru “abbandono”); log. assustare, camp. assustai “spaventare” (e assústu, assústiđu “spavento”); camp. aṡúlu “azzurro”, aṡuléttu “turchinetto”; log. attoppare, addoppare, intoppare, camp. attoppai, attoƀjai “incontrare”; log. kal(l)ènte, kadzènte, camp. kal(l)ènti, kal’ènti “caldo”; log. e camp. kal(l)entúra “febbre”;

14 log. e camp. debbáđas “invano, inutilmente”, “gratuitamente”;
log. duđare, camp. duđai “dubitare” (come anche dúđa “dubbio” e duđóṡu “dubbioso”); log. e camp. fulánu “un tale”; log. infađare, iṡfađare, irfađare, camp. infađai “infastidire, annoiare” (e anche infáđu “fastidio, noia”, infađóṡu “fastidioso, noioso, stucchevole”); log. ispantare, camp. spantai “stupire, meravigliare” (e ispántu, spántu “stupore, meraviglia”);

15 log. loǥrare, loƀrare, camp
log. loǥrare, loƀrare, camp. loǥrai “ottenere, conseguire” (e lóǥru, lóƀru “conseguimento, godimento”); log. luègo, luègu, camp. luègu(s), illuègus “subito”; log. olviđare, camp. olviđai “dimenticare”; log. e camp. prátta “argento”; log. e camp. ventána, fentána “finestra” (in camp. anche ventanèra “donna che sta sempre alla finestra”, pure dallo sp.).

16 A dimostrare l’importanza dell’influsso catalano e spagnolo, ricordiamo che derivano da queste lingue pure alcuni suffissi impiegati produttivamente nel sardo : è il caso di -èṡa, col quale da mánnu “grande” si ottiene mannèṡa “grandezza”, da log. lándzu “magro” landzèṡa “magrezza”, etc.; o di -ík(k)u, impiegato come suffisso diminutivo, specie coi nomi di battesimo (Antoníkku, Ğuanníkku etc.).

17 Breve bibliografia G. Paulis, L’influsso linguistico spagnolo, in F. Manconi (a cura di), La società sarda in età spagnola, vol. II, Cagliari 1993, pp M. L. Wagner, Dizionario etimologico sardo, Heidelberg M. L. Wagner, La lingua sarda. Storia, spirito e forma, Nuoro 1997.


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