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Iran-Iraq: guerra, petrolio e controllo internazionale

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Presentazione sul tema: "Iran-Iraq: guerra, petrolio e controllo internazionale"— Transcript della presentazione:

1 Iran-Iraq: guerra, petrolio e controllo internazionale
Raffaello Trentadue

2 Saddam: un amico ritrovato
Già Reagan era a conoscenza dell’impiego di armi chimiche contro i soldati iraniani. Eppure Bush ha condannato l’uso di armi chimiche, nonostante fosse noto sia a Powel sia a Bush senior. Rumsfeld apprese dell’impiego di iprite mista a gas nervino nel 1984 durante la sua visita per riallacciare le relazioni con l’Iraq, ma ciò non scoraggiò dall’aumentare la commessa di armi (115 elicotteri militari, usati per l’attacco con armi chimiche sui kurdi) Anzi gli Usa fecero pressione su Arabia Saudita, Kuwait ed altri paesi arabi per la concessione di prestiti all’Iraq per l’acquisto di armi.

3 Saddam: un amico perduto
L’atteggiamento della Casa Bianca cambiò alla fine della guerra Iran-Iraq: cominciò a temere l’eccessivo potere acquistato dall’Iraq nella regione, grazie anche all’appoggio dell’URSS. Così il Kuwait chiese la restituzione immediata del prestito di 40 mld di dollari ed aumentò la propria produzione di greggio oltre i limiti fissati dall’Opec. Ciò provocò una diminuzione del prezzo del petrolio che danneggiò l’Iraq, in una grave crisi economica con circa 70 mld di debito nei confronti dei paesi arabi. Saddam decise di riannettersi il Kuwait e l’amministrazione americana fece sapere il 25 luglio 1990, tramite la sua ambasciatrice a Baghdad, Glasbie, della posizione neutrale rispetto a dispute inter-arabe, suggerendo al Kuwait di togliere le sue truppe dal confine. Il 1 agosto 1990 Saddam invase il Kuwait.

4 La guerra e le sue conseguenze
Questo il pretesto per avviare la prima guerra del Golfo, durante la quale furono sganciate bombe, mietendo più di vittime tra militari e civili. Poi l’embargo costato la morte di 150 bambini al di sotto dei sei anni ogni giorno, 4500 al mese, oltre mila in un anno. Lo stesso per gli adulti. Le cause di morte: denutrizione cronica, mancanza di medicinali, carenza di acqua potabile, presenza di malattie infettive e parassitarie. L’accesso all’acqua potabile: 33% per le zone rurali, 50% per le zone urbane.

5 Effetti collaterali? Tutto ciò è stato causato non da danni collaterali ma da attacchi mirati ad impianti idrici. Poiché i fiumi iracheni contengono materiali biologici, inquinanti e molti batteri, è necessario il cloro per disinfettare, altrimenti si rischiano epidemie di tifo, epatite e colera. L’Iraq dipende interamente dall’importazione di impianti e prodotti chimici che non produce autonomamente. Ecco la ragione dell’embargo. A tutto ciò si aggiunge l’effetto delle circa 500 tonnellate di proiettili all’uranio impoverito usati nel conflitto.

6 L’invasione mancata: le ragioni di una nuova guerra
Bush padre decise di non procedere con l’invasione per tre ragioni: Nascondere la vera ragione della guerra di fronte alle forze centrifughe russe che stavano procedendo allo scioglimento dell’URSS, per paura di provocare un loro ricompattamento Non favorire l’Iran di Komeini Non suscitare la reazione Turca contraria alla formazione di uno stato di curdi al suo confine. Nel 1997 l’associazione Project for the New American Century scrive al presidente Clinton della necessità di destituire Saddam e imporre il controllo americano sulle risorse più ingenti del pianeta. Gli adepti: Bush, Powel, Cheney, Rumsfeld ……

7 Iraq: un modo nuovo per far soldi
Pur non trovando l’appoggio internazionale e senza nessun appiglio per guerreggiare (eccetto prove false fabbricate dagli inglesi) e nonostante la disponibilità di Saddam all’adempimento della risoluzione 1441 dell’ONU per le ispezioni dei siti sospetti, Bush dà avvio alla guerra, ovvero all’operazione finanziaria. A guadagnare dalla guerra sono sicuramente le industrie belliche e petrolifere direttamente rappresentate nell’amministrazione Bush.

8 La lobby delle armi General Dynamics: articolata in 4 settori (aerospazio, sistemi da combattimento, sistemi e tecnologia dell’informazione, sistemi navali). Proprietaria della Gulstream Aerospace di cui era direttore ed azionista l’ora segretario alla difesa Donald Rumsfeld ed azionista l’attuale segretario di Stato Powel. Lockeed Martin: contrattista del nuovo caccia Join Strike Fighter (commessa da 226 mld di $) e uno dei maggiori contrattisti dello scudo spaziale (140 mld di $). Il capo dell’executive office, Anthony Principi, viene messo a capo del Dipartimento per gli affari dei veterani.

9 La lobby del Petrolio Dick Cheney, già Ceo della Halliburton, maggiore fornitrice mondiale di servizi per le industrie petrolifere, è vice Presidente. A capo del suo staff c’è Lewis Libby, che ha interessi nella Texaco e ExxonMobil. Condoleeza Rice, già membro del consiglio di amministrazione della Chevron (una petroliera porta il suo nome), occupa il posto di consigliera per la sicurezza nazionale. Donald Evans, ex presidente dell’industria petrolifera Tom Brown, è segretario al commercio.

10 Il tesoro iracheno L’Iraq attualmente possiede 112 mld di barili di petrolio accertati e si pone al secondo posto in quanto a riserve dopo l’Arabia Saudita (262 mld). L’Energy Information Administration (EIA) del governo USA stima le riserve scoperte recentemente nel deserto occidentale intorno ai 220 mld di barili, per un totale di 332 mld di barili, che pone l’Iraq al primo posto a livello planetario. Nello stesso deserto sono stati scoperti giacimenti di gas naturale di 4500 mld m3, che si aggiungono ai 3100 già accertati. L’Iraq passa dal 9° al 4° posto tra i paesi con le maggiori riserve.

11 Le ragioni dell’occupazione
Gli Usa hanno una popolazione pari al 4.5% di quella mondiale e consumano il 25.5% dell’intera produzione petrolifera. Sono i secondi produttori di petrolio dopo l’Arabia Saudita, ma possiedono riserve interne di soli 30 mld di barili, che dal 1990 si sono già ridotte del 20%. Si stima che in 11 anni dovrebbero esaurirsi. Ciò porta gli Usa a dipendere per il 60% del fabbisogno dalle importazioni, anche perché il costo di estrazione dalle proprie riserve cresce con il loro ridursi. Il controllo del petrolio iracheno consente la monopolizzazione del prezzo del greggio e di scavalcare l’autorità dell’Opec. Inoltre Gli Usa potrebbero condizionare fortemente la Russia nelle sue esportazioni di petrolio, L’Europa ed il Giappone rispettivamente dipendenti per il 30% ed l’81% dalle importazioni.

12 Il controllo del petrolio
Il controllo delle risorse irachene è nelle mani dell’ “Autorità Provvisoria della Coalizione” (CPA), capeggiata dall’amministratore americano Paul Bremer. La CPA ha comunicato nell’aprile 2003 che dall’inizio dell’insediamento in Iraq sono stati estratti ed esportati barili di petrolio per un ammontare di 7.5 mld di $ (l’Opec sostiene 9.6 mld) depositati nel Fondo per lo Sviluppo dell’Iraq. A questi si vanno ad aggiungere altri 2.7 mld $, di cui 1 residuo dell’affare Oil for Food e l’altro 1.7 requisito dalle banche americane come beni congelati. In totale più di 10 mld $. Questi soldi, destinati ufficialmente al ripristino delle infrastrutture più importanti per i civili, vengono usati in parte per l’occupazione ed in parte per finanziare i contrattisti primari. Il Fondo di Sviluppo è gestito da un comitati di 21 persone, di cui 11 aventi diritto al voto e tra le quali 7 nominate direttamente da Bremer.

13 Assegnazione degli appalti
Secondo un’ordinanza del 5 dicembre 2003, su carta intestata Department of Defense, emessa dal vicesegretario alla difesa Wolfowitz, sono 63 i paesi eleggibili per aggiudicarsi gli appalti per la ricostruzione. Tra questi, oltre coloro che hanno generosamente sostenuto la guerra, figurano altri come: Etiopia, Eritrea, Angola, Ruanda, Uganda, Tanga, Salomone, Palau, Micronesia. Tutti paesi a bassa competitività tecnologica che compaiono solo per fare presenza. Ovviamente escluse le aziende irachene, stroncate dall’embargo e dalla guerra e prossime ad essere svendute e smembrate sul libero mercato delle privatizzazioni.

14 Iraq Vendesi Il paese sta per essere trattato come una lavagna vuota sulla quale i peggiori ideologi neoliberisti di Washinghton possono disegnare l’economia che sognano: completamente privatizzata, in mano agli stranieri ed aperta alle speculazioni. Esempi: la Stevedoring Service of America ha stipulato un contratto da 4.8 milioni $ per il controllo del porto di Umm Qasr; gli aeroporti sono all’asta. L’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale ha invitato più volte le multinazionali a farsi avanti per ogni cosa, dalla ricostruzione alla stampa dei testi scolastici. Dalla vendita si ricaveranno i soldi per pagare il debito estero di 100 mld $ ed altrettanti per la ricostruzione. Il governatore Bremer il 19 settembre 2003 fa sapere che non esistono limiti alla vendita: le ditte straniere possono possedere il 100% delle banche, delle miniere e delle fabbriche irachene e possono portar via il 100% dei profitti.

15 Presenza italiana in Iraq
Il Dr. Lino Cardarelli, consigliere economico del ministro dei trasporti Lunardi, già manager di successo alla Montedison, è il vice Direttore del Program Management Office (organismo della CPA che cura gli aspetti economici, finanziari ed industriali della ricostruzione). Il piano generale dei trasporti è affidato ad un consorzio costituito dalle seguenti aziende: ITALFER, FF.SS, ANAS, ENAC, ENAV. Il settore sanitario è affidato alla croce rossa italiana; L’attività di formazione ed assistenza tecnica a beneficio della TV irachena è assegnata alla RAI; Il settore culturale al Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino. La presenza militare vede l’impiego di 2800 uomini schierati tra Nassirja e Talil, impegnati in attività di sicurezza e di ripristino dei servizi essenziali.

16 L’Italia degli appalti
Delle 1300 imprese preselezionate secondo i criteri indicati dall’ordinanza prima menzionata, 110 sono italiane. Esse gareggiano per circa il 50% del capitale messo a disposizione per la ricostruzione pari a quasi 20 mld $, per ora. In tutto sono previste spese per un totale di 60 mld $. I principali sub-appalti italiani saranno relativi al settore elettrico, al trattamento delle acque ed al settore dei trasporti. Tra le imprese italiane più accreditate: Saipem, Sanmprogetti, Nuovo Pignone (gruppo Eni), Technimont, Renco, gruppo Impregilo (leader in Italia nel settore edilizio: costruzione di dissalatori, Moschee , ecc..) Grazie a Cardarelli 35 aziende italiane sono già riuscite a strappare contratti per 200 milioni $.

17 Missione umanitaria? Benito Li Vigni, autore del libro “La guerra del petrolio”, nell’Eni fino al 1996 scrive di una concessione petrolifera tra il 1995 ed il 2000 da parte di Saddam per lo sfruttamento del 5° giacimento petrolifero tra i nuovi scoperti, contenente 2.5-3 mld di barili. Il contratto si articolava su due punti: I costi di estrazione sarebbero stati scontati con la produzione del petrolio estratto. ammortizzati i costi la produzione sarebbe stata divisa a metà tra Iraq ed Eni. Ciò avrebbe portato il gruppo forse al primo posto mondiale come compagnia petrolifera. La trivellazione non è mai iniziata perché Saddam voleva attendere la fine dell’embargo. Il presidente dell’Eni, Poli, è molto vicino al Presidente del Consiglio Berlusconi.

18 Situazione in Iraq Tra le infrastrutture considerate primarie nella ricostruzione ci sono: impianti petroliferi, oleodotti, strade, e ponti. Poco o niente per le strutture sanitarie. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lo stato delle strutture sanitarie è disastroso dopo i 10 anni di embargo e le due guerre. Nell’ultima di esse è stato distrutto un ulteriore 20% degli ospedali, due principali laboratori sanitari e oltre il 30% delle strutture di assistenza alla maternità. La mortalità materna (si partorisce in casa) è aumentata fino a raggiungere il primato nella regione. L’OMS valuta che il ripristino delle strutture sanitarie costerebbe complessivamente 1.6 mld $ in 4 anni. Meno della metà di ciò che si spende ogni mese per l’occupazione militare. La disoccupazione è al 60%.

19 Sovranità dell’Iraq Un alto funzionario dell’amministrazione dichiara a proposito delle operazioni militari in una intervista di aprile al New York Times “Gli americani avranno sempre l’ultima parola.” Il sottosegretario di Stato per gli affari politici, Marc Grossmann, ribadisce “I comandanti americani hanno il diritto, il potere e l’obbligo di decidere.” Lo stesso Bush afferma “Chiaramente non vi potrà essere un governo sovrano che parli per l’Iraq nei consessi internazionali.” Per dirla con Grossmann si tratterà di una “Sovranità limitata”. Per ora il ministro delle finanze iracheno è Kamel al-Keylan, ma il vero responsabile è Thomas Foley; il ministro del petrolio, Ibrahim Bahr al Ulanm, ingegnere iracheno formatosi in USA e Gran Bretagna è controllato dal vero responsabile Robert Mckee, già membro esecutivo della compagnia petrolifera USA ConocoPhillips. Questa la ragione per cui l’industria petrolifera irachena è ancora esente da privatizzazioni.

20 Spese Militari Nella guerra sono stati investiti inizialmente 79 mld $, più altri 87 mld $ ottenuti dal congresso, di cui 67 per operazioni militari e 20 per la ricostruzione. Per costruire le infrastrutture necessarie allo sfruttamento delle risorse economiche, si prevede per i prossimi 4 anni una spesa per difetto tra i 55 ed i 75 mld $. Troppo elevata per essere affrontata da soli. Gli USA spendono all’anno: 450 mld $ per la “difesa nazionale” 67.5 mld $ per i militari a riposo ( Mercenari) 20 mld $ per le armi nucleari (iscritte nel bilancio del Dipart. dell’Energia) Totale 537 mld $ = 25% del budget federale per l’anno fiscale 2005 che inizia il 1 ottobre 2004. A ciò si aggiungono i 5 mld $ mensili per l’occupazione Afghana ed Irachena. Con circa 500 mld $ di deficit federale il congresso non concederà altri fondi ( necessità di nuovi partener economici e militari)

21 Appalti mercede Wolfowtitz sottolinea che gli appalti sono un buon incentivo all’invio di truppe straniere. Queste infatti da maggio 2003 sono aumentate da a unità, permettendo il ritiro di circa soldati americani. Lo scopo è ridurre i costi economici e politici del conflitto (rischio attentati)

22 Privatizzazione della guerra: mercenari
L’aspetto più originale del conflitto è stato l’impegno massiccio delle Private Security Companies, dette anche Private Military Companies. Si tratta di società per azioni con sedi in USA e Gran Bretagna il cui compito ufficiale è fornire personale per sorvegliare installazioni, scortare persone e convogli ed addestrare “il nuovo esercito iracheno” In Iraq operano 30 di queste compagnie per un giro d’affari superiore ad 1.2 mld $. Il personale è composto da professionisti della guerra provenienti dalle forze speciali degli eserciti occidentali, soprattutto Usa e britannico (soldati in prepensionamento). Numerosi anche i sudafricani, gurkha nepalesi, già presenti nell’esercito britannico, e cileni (commandos addestrati in campi speciali a Santiago, sotto il governo di Pinochet, ed in North Carolina) Il numero dei mercenari è stimato attualmente intorno ai mila  è il secondo esercito dopo quello americano.

23 Compagnie private: qualche nome
I commandos cileni, addestrati anche alle tecniche di tortura, sono stati assunti dalla Blackwater per difendere Bremer ed annovera tra i suoi clienti, oltre alle multinazionali, anche i Dip. della Difesa e di Stato. Un’altra compagnia per conto del Pentagono è la Vinnel corporation, affiliata alla Northrop Grumman, una delle principali industrie belliche. Essa, dato l’esubero di lavoro, ha subappaltato l’addestramento delle truppe irachene e della polizia alla Mpri di Alexandria che ha partecipato alla formazione dei nuovi eserciti di Croazia e Bosnia. Il monopolio è detenuto però dalla Halliburton, che inizialmente si occupava di logistica per l’industria petrolifera e che, dopo l’approdo di Cheney al governo, ha acquistato una serie di società che si occupano della logistica militare. Essa ha preso appalti per circa 6 mld $, passando da un passivo di 498 milioni $ ad un attivo di 26 milioni $ in un anno. Spesso agisce da mediatrice per i sub-appalti.

24 Altri nomi DynCorporation: fornisce il programma di addestramento della polizia. Spende molti soldi per assicurarsi l’appoggio dei politici al governo. Ha avuto problemi per gli scandali sessuali e di vendita di armi sul mercato nero nei balcani. Il suo responsabile nella regione si è filmato mentre stuprava due ragazze. Nessun incriminato, anzi gli accusatori sono stati licenziati. Erinys: ha avuto il compito di addestrare i parmilitari messi a difesa dei giacimenti di petrolio. Ha assunto ex soldati dell’Apartheid. Gli attacchi sono diminuiti, ma sembra per tangenti versati ai capi locali.

25 Contributo dei mercenari
I mercenari hanno svolto un ruolo cruciale nelle operazioni in Afghanistan, partecipando ancora oggi alle missioni della Cia e dell’esercito per dare la caccia a Bin Laden ed i membri di Al Qaeda. I prigionieri sono detenuti nel carcere di Guantanamo, costruito dalla Halliburton, e sottoposti ad interrogatori da personale di agenzie private come la Titan. L’enorme complesso militare americano di Cmp Doha, dal quale è partita l’invasione, è stato costruito ed è tuttora gestito e sorvegliato da organizzazioni private guidate dal consorzio Combact Support Associates. I soldati privati gestiscono pasti, manutenzione delle armi, e sistemi di difesa aerea sulle navi. Essi vengono anche impiegati in operazioni di combattimento: il 4 aprile 2004 i commandos della Blackwater hanno respinto un attacco della milizia irachena contro il quartier generale del governo USA a Najaf.

26 Regole di ingaggio Un documento riservato del comando statunitense della Joint Task Force-7, reso pubblico ad aprile 2004 dal New York Times, stabilisce le regole di ingaggio. I soldati privati sono autorizzati ad usare “forza letale contro persone nelle seguenti circostanze: per autodifesa; in difesa di persone come specificato nel contratto; per prevenire minacce alla vita dei civili; per difendere, secondo contratto, proprietà approvate dalla coalizione” Sono, inoltre, autorizzati a fermare, detenere e perquisire civili se necessario per la propria sicurezza o stabilito nel contratto. Essi hanno licenza di uccidere e se necessario di esercitare la violenza fisica e la tortura (cosa a cui sono ben addestrati) Le loro paghe arrivano fino a 900 $ al giorno, esclusi i premi extra.

27 Vuoto legislativo I soldati privati sono ufficialmente dei civili che detengono armi. Essi non sono soggetti alle convenzioni di Ginevra e non esiste un tribunale apposito per giudicare i casi di crimini qualora ne fossero protagonisti. ( vedi il caso dei balcani) La loro sorte viene delegata alle autorità locali che nei casi specificati paradossalmente mancano. Perciò i crimini commessi rimangono impuniti; solo sporadicamente scatta il licenziamento. Non esiste un coordinamento informativo e tattico tra il comando dell’esercito regolare e le truppe mercenarie, ma solo confusione sui diritti e responsabilità nei combattimenti. Non esiste fiducia. Infatti spesso accadono incidenti. Data la forte domanda e la penuria di personale le compagnie assumono chiunque, comprese persone dal passato discutibile come terrorista o ex miliziano dell’apartheid, in alcuni casi senza più fornire l’adeguato addestramento. Questo ha come conseguenza che tra essi possa esserci qualcuno che, ubriaco cominci a sparare all’impazzata per le strade.

28 Perché i mercenari Negli ultimi anni il governo USA ha firmato più di 3000 contratti con società militari. L’amministrazione Bush ha incrementato gli appalti a ditte come la Brown & Root (sussidiaria della Halliburton), di cui Cheney è stato amministratore delegato. Queste società sono cresciute in seguito al ridimensionamento dell’esercito americano (ridotto ad 1/3 di quello del 1991), dell’aumento della domanda e della moda delle privatizzazioni. Il loro enorme contributo ha permesso di fare meno ricorso a compromessi con gli alleati. Il Washington Post riporta che in pochi giorni il 25% dell’esercito e della polizia irachena ha disertato ed in alcuni casi è passato alla guerriglia. Le mansioni sono state assegnate ai soldati privati. Pur provocando emorragie di specialisti dagli eserciti regolari (prepensionamento), c’è il vantaggio politico e psicologico in quanto il numero di vittime non è conteggiato tra le perdite ufficiali e reso noto a discrezione delle agenzie private, magari solo in occasione di macabri spettacoli in TV.

29 Conclusioni Gli investitori prevedono che, avviata la privatizzazione dell’Iraq, l’Iran, l’Arabia Saudita ed il Kuwait saranno costretti a competere privatizzando il loro petrolio. In breve l’America si è aperta la strada per un’intera zona di libero scambio. Alcuni sostengono che sia troppo semplicistico dire che questa guerra sia per il petrolio. Hanno ragione. E’ per il petrolio, l’acqua, le strade, i treni, i telefoni, i porti e le medicine. L’Iraq sarà il paese più venduto della terra e l’unico assente dalle succulente trattative commerciali sarà proprio il popolo iracheno, vittima di una rapina mascherata da carità. Ma dopo tutto: W la democrazia!!!


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