La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Il giusto criterio ordinatore dei rapporti tra politica e dirigenza: dall’evoluzione della giurisprudenza costituzionale alla riforma “Brunetta”come modificata.

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Il giusto criterio ordinatore dei rapporti tra politica e dirigenza: dall’evoluzione della giurisprudenza costituzionale alla riforma “Brunetta”come modificata."— Transcript della presentazione:

1 Il giusto criterio ordinatore dei rapporti tra politica e dirigenza: dall’evoluzione della giurisprudenza costituzionale alla riforma “Brunetta”come modificata dalla legge 122/2010 FABRIZIO MASCAGNI

2 2 Il complesso processo di riforma della pubblica amministrazione che ha preso avvio nel 1990 non poteva non coinvolgere il rapporto politica /amministrazione. Per lunghissimo tempo in tutti i paesi europei, compresa l’Italia, è stato in vigore ( e negli altri paesi europei sostanzialmente permane tuttora) il principio della diretta responsabilità, non solo politica ma anche amministrativa degli organi di governo relativamente agli atti di qualsiasi natura - di indirizzo e di gestione - adottati dall’ amministrazione sottoposta al loro potere di indirizzo. Con l’avvio della stagione del rinnovamento che coinvolge, appunto,per primi gli enti locali e successivamente con la privatizzazione del rapporto di lavoro ( d. legislativo 29 del 1993) tutte le amministrazioni pubbliche, l’Italia diventa l’unico paese che abbandona il modello della responsabilità ministeriale.

3 3 Adottando il modello della separazione funzionale, che nelle sue definitive conseguenze attribuisce alla dirigenza amministrativa la responsabilità di risultato e per questo gli riserva il compimento degli atti di gestione, attribuisce al dirigente pubblico la funzione di vero e proprio organo dell’ ente dotato di reali poteri decisori e di diretta responsabilità verso l’esterno. La riforma degli enti locali rappresenta l’avamposto di una riforma generale che si estenderà sul piano nazionale, portando all’introduzione di un nuovo canone per la distribuzione interna dei compiti tra gli organi dell’ente, basato sulla natura delle funzioni da esercitare. Un criterio che assurge in breve a principio informatore dell’intera organizzazione pubblica, che tende a concepire l’imparzialità non più solo come il corollario del più generale principio di legalità che governa l’attività amministrativa, ma assume una concezione di più ampio respiro

4 4 L’evoluzione riformatrice della nostra pubblica amministrazione, soprattutto a livello locale, trova un punto fondamentale di snodo nel rapporto tra politica (organi di governo) ed amministrazione ( dirigenza). Il primo punto di riflessione, concerne la necessità di conciliare il principio dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa sancito dall’ articolo 97 della Costituzione, con il principio della sovranità popolare (articolo1 Cost) da esercitarsi tramite i propri rappresentanti liberamente eletti,da cui trae origine il diritto a vedere realizzato il programma di governo di chi ha ottenuto il consenso del corpo elettorale. Di pari passo, però non può essere messo in dubbio come l’attività gestionale per la realizzazione degli obiettivi assegnati, debba svolgersi in maniera imparziale e secondo criteri di buona amministrazione ( efficienza, economicità, tempi certi di risposta nei procedimenti amministrativi, organizzazione del lavoro, rispetto del giusto procedimento nella ricerca della composizione degli interessi coinvolti nell’attività dell’amministrazione, gestione efficace delle risorse economiche assegnate … ): tutti concetti che presuppongono una dirigenza altamente professionalizzata e necessariamente garantita nell’indipendenza dell’esercizio delle proprie funzioni.

5 5 Viene così alla luce l’idea di una imparzialità strutturale tesa a precostituire una sorta di schermo organizzativo contro le indebite ingerenze della politica nell’amministrazione, ma al tempo stesso agisce come cinghia di trasmissione tra la volontà democratica e le scelte gestionali poste in essere dagli organi burocratici. Rappresentazione che è riconducibile, in buona parte, al concetto della “ differenziazione funzionale” tra organi di indirizzo e gestione. La conseguente articolazione dei livelli decisionali tra corpi diversi, diviene una forma di garanzia per l’azione indipendente della pubblica amministrazione. Al tempo stesso, imparzialità organizzativa significa gestione conforme agli indirizzi del vertice politico, ossia dei rappresentanti democraticamente designati da parte del corpo elettorale, affinché l’uso del potere di scelta discrezionale da parte di soggetti designati unicamente in virtù della propria capacità professionale, sia costantemente rivolto al perseguimento dell’interesse della collettività cha da quel potere è governata Principio della differenziazione funzionale tra organi di governo e dirigenza

6 6 Preliminarmente occorre sottolineare il fatto per il quale se sino ad oggi da un lato abbiamo un quadro normativo sufficientemente chiaro nel sancire il principio della “distinzione” delle competenze, ed una giurisprudenza anche recentissima altrettanto chiara nello stabilire i principi ordinatori che devono caratterizzare il rapporto; dall’altro vi è ancora una prassi ampiamente diffusa tesa ad intendere la dialettica politica/dirigenza strutturata su base essenzialmente fiduciaria e conseguentemente propensa a gerarchizzarla, piuttosto che a configurarla - come dovrebbe – in termini di individuazione degli obiettivi e raggiungimento di risultati. Sotto questo profilo ha inciso anche l’idea che si è andata progressivamente affermando della democrazia maggioritaria fondata sul bipolarismo partitico, secondo la quale chi vince le elezioni si “appropria delle istituzioni” e quindi rivendica il diritto a poter disporre anche della dirigenza amministrativa, sottraendola in qualche modo al suo ruolo istituzionale di garante dell’imparzialità: concetto distorto del primato della politica.

7 7 Il principio di distinzione tra politica e amministrazione,trova esplicitatone nella nostra legislazione in modo sistematico solo a partire dall’inizio degli anni ’90 con la legge 142 con la riforma dell’ordinamento locale esteso poi per tutte la amministrazioni pubbliche con il decreto legislativo 29/1993. In realtà è un principio che ha un preciso fondamento nel nostro sistema costituzionale, anche se per alcuni decenni la legislazione ordinaria l’aveva sostanzialmente ignorato. Fondamentalmente si possono individuare tre principi che nella Carta Costituzionale sono riconducibili al principio ella distinzione delle competenze : Il buon andamento di cui all’articolo 97 Il principio democratico della sovranità popolare articolo 1 L’imparzialità dell’amministrazione comunque riconducibile all’articolo 97

8 8 Le amministrazioni pubbliche nel loro insieme sono secondo i principi della nostra carta Costituzionale gli strumenti per la garanzia e l’attuazione dei diritti fondamentali dei cittadini. L’ attuazione del principio costituzionale del buon andamento passa,anche, tramite la capacità della pubblica amministrazione di realizzare i diritti fondamentali dei cittadini attraverso comportamenti, azioni, servizi direttamente gestiti dalle amministrazioni o regolati, monitorati e controllati dalle stesse Occorre una amministrazione efficiente, moderna, in grado di offrire servizi e prestazioni di alto livello qualitativo in grado solo così, di assicurare una tutela soddisfacente dei diritti del cittadino ( salute, istruzione, sicurezza …)

9 9 Il secondo principio, sancito dall’articolo 1 per il quale la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione implica che chi governa- a qualsiasi livello – ha il diritto dovere di attuare il programma politico sulla base del quale è stato eletto e per far questo si avvale dell’ amministrazione pubblica. chi governa ha il compito di declinare in concreto il programma costituzionale per garantire i diritti dei cittadini : nel far questo è suo compito definire le politiche pubbliche, individuare gli obiettivi da raggiungere,allocare le risorse (finanziarie, strumentali e di personale) a ciò necessarie.

10 10 Il principio dell’imparzialità implica che la pubblica amministrazione nell’attuare le direttive dell’autorità politica ( obiettivi da realizzare) deve farlo garantendo a tutti i cittadini parità di condizioni e di accesso ai servizi pubblici E’ lo strumento per realizzare i diritti che sono diritti di tutti. Per questo motivo l’articolo 98 della Cost. afferma che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione Compito dell’apparato amministrativo è quindi garantire nella realizzazione del programma di governo l’uguaglianza nell’esercizio dei diritti. Per questo un ruolo primario nella realizzazione e nell’armonizzazione dei tre principi richiamati compete alla dirigenza che in base alle funzioni amministrative ( basti pensare al concetto di giusto procedimento) ed ai compiti di gestione delle risorse ( opera con i poteri e le capacità del privato datore di lavoro) è il cardine del “sistema amministrazione “.

11 11 I principi in materia di dirigenza pubblica contenuti nel decreto legislativo n. 150 del 27 ottobre 2009

12 12 Articolo 6 della legge 4 marzo 2009 n. 15 Articoli da 37 a 47 del decreto legislativo di attuazione della legge 15/2009 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni PRINCIPI FONDAMENTALI PER LA DISCIPLINA DELLA DIRIGENZA PUBBLICA

13 13 L’ articolo 37 ultimo capoverso del d.legisl. 150/2009 ribadisce - tra gli altri – il rafforzamento del principio della distinzione tra la funzione di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza (titolari di incarichi apicali) finalizzandolo però a garantire la piena e coerente attuazione dell’indirizzo politico degli organi di governo in ambito amministrativo nessun cenno nell’affermazione del principio della distinzione al ruolo della dirigenza quale garante dell’imparzialità dell’attività amministrativa che è corollario del principio sancito dall’articolo 97 Cost, almeno per la dirigenza incaricata di compiti di gestione connotata da caratteri di autonomia ed imparzialità anzi le disposizioni richiamate lo finalizzano – “in modo da garantire” – alla piena e coerente attuazione dell’indirizzo politico degli organi di governo, sancendo il primato della politica in forza dell’articolo 1 della Costituzione per il quale “la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione”. Anche se si fa riferimento ai titolari di incarichi apicali dove il rapporto con gli organi di governo può essere caratterizzato da un rapporto di fiducia.

14 14 La corte Costituzionale con sentenze esplicite ed incisive (103/2007, 104/2007, 161/2008, 351/2008) ha chiarito che il principio della distinzione se pur formalizzato nel diritto positivo con le riforme degli anni 90’, ha un sicuro fondamento costituzionale, che consente la realizzazione del corretto equilibrio tra le istanze che derivano da una amministrazione pubblica sempre più politica, in coerenza con l’applicazione del il principio della sovranità popolare, ma anche sempre più imparziale a tutela del diritto di uguaglianza dei cittadini per l’accesso ai servizi pubblici. La stessa Corte Costituzionale,nel quadro delineatosi ha riconosciuto la piena coerenza costituzionale del processo di privatizzazione del rapporto di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, rilevandone la piena funzionalità proprio rispetto al perseguimento dell’equilibrio sostanziale delle ragioni della politica e le ragioni dell’imparzialità ( sentenze 313/1996, 309/1997 ) Le riforme si completano e si rendono funzionali l’una all’altra.

15 15 Con la legge 150 del 2009 questa impostazione sembra essere messa in discussione attraverso una marcata tendenza a ripubblicizzare il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. Emerge infatti la volontà di esercitare sostanzialmente il potere datoriale attraverso la legge : emblematico in questo senso è l’immediata applicabilità dell’articolo 1 comma 1 della legge 15 che inverte il precedente rapporto legge/contratto stabilendo la supremazia della legge a meno che la sua derogabilità da disposizioni contrattuali sia espressamente prevista dalla legge stessa. In realtà il potere datoriale anche nel lavoro pubblico dovrebbe svilupparsi a valle nei confini determinati dalla legge e poi dal contratto di lavoro. E’ questa l’area di intervento della dirigenza che agisce con i poteri e le capacità del privato datore di lavoro nella gestione delle risorse umane : funzione gestionale indipendente, imparziale ed autonoma dalla politica.

16 16 Lo schema più legge meno contratto tende ad appiattire il ruolo della dirigenza a mero esecutore nell’esercizio dei propri poteri datoriali Supremazia della politica anche nell’organizzazione del lavoro, che mette in discussione il principio della distinzione delle competenze tra politica ( indirizzo e controllo ) e amministrazione ( gestione amministrativa e del rapporto di lavoro ) su cui si è fondata la stagione delle riforme iniziata negli anni 90’ Si riscontra la volontà contenuta nella riforma “ Brunetta” di dare soluzioni, anche a problemi veri, con decisioni unilaterali demandate esclusivamente alla normazione legislativa e/o regolamentare ma comunque di carattere unilaterale.

17 17 Una prima considerazione che si manifesta dalla lettura delle norme relative alla dirigenza contenute nella legge 150/2009 è quella per la quale la compressione del ruolo non sembra derivare tanto dalle norme dirette ad incidere direttamente sul suo status, quanto in relazione al ruolo che dovrà assumere nella gestione del rapporto di lavoro : Da un lato come abbiamo visto l’espandersi del primato della legge, dall’altro l’accentuarsi di compiti e responsabilità di tipo sanzionatorio più che di carattere organizzativo : scarsa fiducia nelle capacità datoriali del dirigente che inducono a prevedere per legge specifici comportamenti cui legare in caso di omissione specifiche responsabilità: esempio ne è l’articolo 41 che modificando l’art. 21 del 165/2001 introduce il comma 1-bis per il quale l’accertata colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale dei propri uffici degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall’amministrazione … può comportare la decurtazione della retribuzione di risultato di una quota fino all’ottanta per cento

18 18 L’articolo 40 del decreto legislativo 150 si occupa delle modalità di attribuzione degli incarichi che, come noto, costituisce l’aspetto più discusso e più tormentato nell’evoluzione legislativa e nella produzione giurisprudenziale Viene modificato l’articolo 19 del decreto legislativo 165/2001 sostituendo il comma 1 per articolare maggiormente i parametri da prendere in considerazione per il conferimento 1-bis per la pubblicità dell’incarico da conferire : valutazione delle candidature presentate 1- ter : modalità della revoca per valutazione della responsabilità dirigenziale. Modalità per il mancato rinnovo. (ABROGATO LEGGE 122)

19 19 Articolo 41 del decreto 150/2009 modifica l’articolo 21 del d. legislativo 165/2201 Disciplina le ipotesi che configurano l’impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale. Inserisce il comma 1-bis : la colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici,degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall’amministrazione può comportare - previa contestazione, garanzia del contraddittorio e sentito il Comitato dei Garanti – una decurtazione della retribuzione di risultato che, in base alla gravità della violazione, può arrivare sino all’ottanta per cento

20 20 Articolo 54 del decreto legislativo 150/2009 che modifica l’articolo 40 del d.legislativo 165/2001 Esclude dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all’organizzazione degli uffici,quelle oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell’articolo 9, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli articolo 5 comma 2, 16 e 17, la materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali.

21 21 Articolo 52 del decreto legislativo 150/2009 che modifica l’articolo 53 del d.legislativo 165/2001 Introduce il comma 1-bis per il quale non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni

22 22 Gli incarichi dirigenziali ex articolo 110 e 90 del TUEL : disciplina ed elementi di differenziazione. La nuova disciplina di cui all’articolo 19 comma 6 e 6-ter del decreto legislativo 165/2001

23 23 L'art. 51 della L. n. 142 del 8 giugno 1990 ( come modificato dall'art. 13, comma 1 della L. n. 265 del 03.08.1999, e successivamente trasfuso nell'art. 89, comma 5 del D. Lgs. n. 267 del 18.08.2000) ha abrogato l'art. 2 del DPR n. 347 del 25.06.1983, che individuava quattro tipologie di enti locali in relazione alla appartenenza alle classi dalla I alla IV, determinata dalla dimensione demografica, e ricollegava a ciascun tipo la qualifica apicale del personale, dalla 2^ qualifica dirigenziale alla 7^ qualifica funzionale (la VI in via residuale). La vigente citata normativa, pur lasciando salve le specifiche disposizioni riguardanti gli enti locali dissestati e strutturalmente deficitarii, fa rientrare nell'ambito dell'autonomia normativa e organizzativa dell'ente locale la determinazione delle dotazioni organiche, nonché l'organizzazione e gestione del personale, con i soli limiti derivanti dalle capacità di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti attribuiti (da ultimo art. 89, comma 5 del D. Lgs. 267/2000 cit.).

24 24 Alla luce del quadro normativo di riferimento rientra nella discrezionalità dei singoli enti minori la scelta di dotarsi di qualifiche dirigenziali o piuttosto di posizioni organizzative, soluzioni entrambe legittime, con gli unici limiti normativi della capacità di bilancio e della funzionalità degli organici rispetto ai compiti ed ai servizi attribuiti all'ente. Al riguardo significativa è la sentenza della Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per la Regione Friuli Venezia Giulia del 20 dicembre 2007

25 25 Per quanto attiene poi alla modalità di scelta del soggetto incaricato ex articolo 110 TUEL, la sentenza in esame ricostruisce il quadro normativo di riferimento : per gli enti locali l'art. 51 comma 5 della legge n. 142 dell'8.06.1990, ha espressamente previsto, con disposizione successivamente trasfusa nell'attuale art. 110, 1° comma del t.u. n. 267 del 18.08.2000 che “Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabilità dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire. Al successivo comma 5 bis del citato art. 51 della L. 142/1990, introdotto dall'art. 6 della L. 15.05.1997 n. 127, oggi art. 110, comma 2, del TU 265/2000, è previsto che “Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza …”.

26 26 La fattispecie presa in esame del collegio rientra nell'ambito di operatività dell'attuale primo comma dell'art. 110, trattandosi dell'affidamento dell'incarico di dirigente di una struttura amministrativa dell'ente con contratto a tempo determinato di diritto privato, nell'ambito della dotazione organica dell'ente. “Detto art. 110 si pone in termini di eccezionalità non solo rispetto al reclutamento del personale delle P.A. in generale, ma anche in riferimento al reclutamento dei dirigenti pubblici. La normativa specifica per gli enti locali, si legge nella sentenza, ammette la copertura dei posti di ruolo dirigenziale in via ordinaria mediante contratti a tempo determinato di diritto privato, con i soli limiti della previsione statutaria e della previa motivazione della scelta. La flessibilità nella compagine dirigenziale segue la logica, segnata dalla legge 142/1990 e dalla legge di elezione diretta del Sindaco n. 81 del 25.03.1993 e succ. mod., di separazione dei poteri di indirizzo e controllo, affidati agli organi elettivi, da quelli gestori, affidati alla struttura burocratica, che implica sussistenza di un rapporto fiduciario tra la dirigenza e l'organo politico. La natura fiduciaria è confermata dalla correlazione temporanea dei contratti al mandato elettivo del sindaco ed alla imputazione diretta del trattamento economico al bilancio dell'ente piuttosto che al costo del personale, entrambe previste dal comma 3 del citato art. 110.”

27 27 Dunque il legislatore rimette all'autonomia dei singoli enti locali la scelta tra l'assunzione di dirigenti a tempo indeterminato, stabilmente incardinati nella struttura organica dell'ente, e la copertura dei posti di ruolo dirigenziale mediante contratti a termine di diritto privato. E' evidente che ove l'ente si risolvesse per la prima ipotesi, troverebbe applicazione l'art. 28 del D. Lgs. 29 del 1993, oggi del D. Lgs. n. 165 del 2001, in base al quale “l'accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene per concorso …”. In questo caso si avrà la sottoposizione del rapporto di lavoro alla disciplina del diritto privato ma la modalità di reclutamento sarà pubblicistica, con effettiva valenza della distinzione, tra conferimento dell'incarico dirigenziale, a termine e soggetto alle norme civilistiche (l'art. 109 del D. Lgs. 267/2000 rinvia per le modalità attuative al regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi), e acquisizione della qualifica dirigenziale con contratto di lavoro a tempo indeterminato quale esito della procedura concorsuale di diritto pubblico.

28 28 Ove invece la scelta venga orientata, come in fattispecie, verso contratti a termine di diritto privato ex art. 110 comma 1 del D. Lgs. 267/2000, la normativa privatistica opererà non solo riguardo al rapporto di lavoro ma anche per le modalità di assunzione. L'eccezione alla regola del concorso pubblico è conforme all'art. 97 Cost., in quanto disposta con legge e per gli interessi pubblici, cui si è sopra accennato, che il legislatore ha ritenuto di tutelare (Corte Cost. n. 363 del 09.11.2006; id. n. 81 del 03.03.2006). Occorre peraltro tener conto che alla luce dei principi generali di buona amministrazione e di imparzialità, l'amministrazione, pur non tenuta al rispetto delle regole del concorso pubblico in senso stretto (DPR n. 487 del 09.05.1994), deve comunque rispettare il principio di concorsualità, che ispira in generale la scelta del contraente ed in particolare l'accesso al pubblico impiego, facendo precedere l'affidamento dell'incarico dirigenziale da gare informali, volte a consultare una pluralità di soggetti.”

29 29 E’ quindi necessaria anche per gli incarichi dirigenziali a tempo determinato una valutazione comparativa : occorre ponderare da un lato l’esigenza che l’organo di governo possa ricorrere nei limiti stabiliti dall’articolo 110 TUEL 1° e 2° comma a incarichi esterni per garantirsi le necessarie professionalità per l’attuazione del proprio programma di governo e dall’altro le indispensabili garanzie di imparzialità nella scelta delle migliori professionalità in attuazione dei principi di imparzialità e di buon andamento che ai sensi dell’articolo 97 Cost. devono caratterizzare l’azione amministrativa. La procedura di scelta selettiva/comparativa svincolata da apprezzamenti meramente fiduciari, garantisce altresì l’indipendenza e quindi l’imparzialità del soggetto prescelto. L’affermarsi del modello della dipendenza funzionale caratterizzato dalla piena responsabilità gestionale della dirigenza, necessita di affrancarsi dal vecchio modello di subordinazione gerarchica per affermare il principio della distinzione delle competenze oramai affermatosi nella giurisprudenza della Core Costituzionale e sempre più del giudice ordinario.

30 30 Sul tema degli incarichi ai sensi dell’articolo 110 del TUEL assume rilievo il recente parere del 17 giugno 2010 n. 44 della Sezione di Controllo della Puglia che sostiene l’abolizione implicita della norma (commi 1 e 2 ) a seguito della riforma dell’articolo 19 commi da 6 a 6-ter del decreto legislativo 165/2001 da parte dell’articolo 40 del d.legisl 150/2009 : con il comma 6-ter il legislatore ha manifestato espressamente la volontà con il comma 6-ter dell’articolo 19 del d.legs. 165/2001 di estendere le nuove regole sugli incarichi dirigenziali a contratto a tutte le amministrazioni comprese quelle locali. il che conduce all’inefficacia delle relative norme speciali (110 TUEL) previgenti dovendosi ricondurre ad unità e coerenza l’ordinamento giuridico del resto la lettura costituzionalmente orientata della riforma della dirigenza a contratto non può giustificare l’ulteriore vigenza dell’articolo 110 come dimostra la giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale ( 103 e 104 del 2007, 161/2008, 9 e 34 del 2010 ) tutte tese ad evidenziare la stretta correlazione tra la struttura del rapporto di lavoro della dirigenza e l’effettività della distinzione funzionale tra i compiti di indirizzo politico amministrativo degli organi di governo e quelli di getsione di competenza della dirigenza

31 31 Si delinea quindi nell’ordinamento la tendenza a creare un assetto della dirigenza pubblica prevalentemente fondato su un rapporto di lavoro a tempo indeterminato al quale si acceda per concorso pubblico, con conseguente restrizione degli spazi a contratti a tempo determinato, soprattutto se basati su elementi di fiduciarietà Occorre tenere distinto il potere di organizzazione dell’ente ( tramite statuto e regolamenti ) dall’accesso in cui vige la riserva di legge : il reclutamento della dirigenza non rientra nell’autonomia regolamentare bensì è disciplinato direttamente dalla legge

32 32 La procedura di scelta del soggetto deve essere affidata ad un organo tecnico : apposita commissione composta esclusivamente da tecnici e presieduta da un dirigente ( direttore, segretario generale o dirigente ) che compia una valutazione La scelta del candidato più idoneo ad assumere l’incarico a tempo determinato deve avvenire secondo criteri obiettivi e prestabiliti. E’ un atto di gestione privo di qualsiasi contenuto di indirizzo politico per gli uffici ( in ultimo Cons. Stato Sez. IV n. 263/2008). La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di sottolineare come la preclusione per politici e sindacalisti di far parte delle commissioni giudicatrici tende a eliminare il sospetto di condizionamento per l’assunzione e l’avanzamento in carriera - che non differisce nel caso di specie per il conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato - da parte di soggetti appartenenti alla sfera politico/sindacale.

33 33 Principio che è sancito espressamente dall’articolo 35 comma 3 lettera e) del decreto legislativo 165/2001 che ne statuisce il divieto espresso per la composizione delle commissioni giudicatrici e costituisce ai sensi del successivo comma 7 principio inderogabile per i regolamenti degli enti locali. Coerentemente l’articolo 107 comma 3 lettera a) del TUEL attribuisce alla competenza esclusiva della dirigenza “la presidenza delle commissioni di gara e di concorso”

34 34 Ciò premesso occorre procedere ad individuare il giusto criterio ordinatore tra politica ed amministrazione nel conferimento dell’incarico dirigenziale. In questa ottica il primo aspetto da prendere in considerazione riguarda le modalità, o meglio le regole, che disciplinano l’affidamento degli incarichi. La Corte Costituzionale con le sentenze n. 103 e n. 104 del marzo 2007- come noto - ha delineato i principi fondamentali, come in ultimo ripresi ed estesi anche agli incarichi esterni dalla sentenza n. 161 del maggio 2008. Richiamando, infatti, i principi affermati nella sentenza 103, ha ribadito che anche per gli incarichi conferiti a soggetti esterni all’amministrazione ( nel caso di specie quella statale ma che calza per gli enti locali a quelli attribuibili ai sensi dell’articolo 110 del TUEL) l’incarico deve essere connotato da specifiche garanzie, le quali presuppongono che esso sia regolato in modo tale da assicurare la tendenziale continuità dell’azione amministrativa e una chiara distinzione funzionale tra i compiti di indirizzo politico- amministrativo e quelli di gestione.

35 35 In definitiva la natura esterna dell’incarico ( articolo 110 TUEL ) afferma il giudice delle leggi “non costituisce un elemento in grado di distinguere in senso fiduciario il rapporto di lavoro dirigenziale a tempo determinato, che deve rimanere caratterizzato sul piano funzionale da una netta e chiara separazione tra attività di indirizzo politico-amministrativo e funzioni di gestione. “ La necessita che si palesa è quella di garantire l’affermazione di tali principi anche nei casi di incarico a termine, affinché il dirigente posa compiere la propria attività nel corso e nei limiti della durata predeterminata dell’incarico, in conformità ai canoni costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa. Anzi, a maggior ragione, data la natura temporanea non solo dell’incarico ma dello stesso rapporto di lavoro, occorre garantire l’indipendenza di tali dirigenti deputati comunque all’esercizio di una attività di carattere gestionale.

36 36 La temporaneità del rapporto di lavoro, può essere un ulteriore elemento di debolezza nei confronti della sfera politica ( non fosse altro per garantirsi il rinnovo del contratto di lavoro). Sotto questo profilo un primo elemento di stabilità da introdurre, potrebbe essere la previsione (magari a carattere normativo tramite anche regolamento interno ) che per gli incarichi esterni, la durata non debba essere inferiore al mandato del sindaco. Sarà la revoca lo strumento idoneo di tutela nel caso di accertamenti negativi dei risultati conseguiti. Garantendo maggiormente i dirigenti “a contratto”, avremo dei riflessi positivi anche sul piano dei comportamenti rispetto alla componente dirigenziale a tempo indeterminato, evitando l’inconveniente di avere all’interno dello stesso ente una sfera dirigenziale maggiormente instabile, e quindi più soggetta alle ingerenze della politica che spesso crea, se pur inconsapevolmente, modi di agire diversi rispetto a quei dirigenti che rivendicano il loro ruolo di indipendenza nella responsabilità per l’attività gestionale. Principi che a detta della Consulta però non si estendono agli incarichi apicali (nel caso degli enti locali per il direttore generale ed anche il segretario generale che peraltro, come noto, ha una disciplina specifica ) dove la componente fiduciaria assume una connotazione assorbente.

37 37 Dalla recente giurisprudenza della Corte Cost. appena richiamata, emerge quindi a chiare note come uno stretto legame fiduciario non consente al dirigente di svolgere in modo imparziale la propria attività gestoria. Di là del caso specifico, il principio che si impone con chiarezza è molto importante perché stabilisce che il legame di stretta fiduciarietà nell’attribuzione degli incarichi dirigenziali cozza con l’articolo 97 della Costituzione. Ne deriva non solo l’incostituzionalità delle disposizioni legislative statali e regionali, ma anche l’illegittimità di quelle disposizioni statutarie e regolamentari degli enti locali che prevedono invece tale criterio come linea guida nel conferimento degli incarichi dirigenziali. L’unica eccezione, secondo l’orientamento precedentemente espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 233/2006, è costituita “dall’esigenza che alcuni incarichi, quelli dei diretti collaboratori dell’organo politico, siano attribuiti a soggetti individuati intuitu personae, vale a dire con una modalità che mira a rafforzare la coesione tra organo politico - che indica le linee generali dell’ azione amministrativa e conferisce gli incarichi in esame- e gli organi di vertice dell’ apparato burocratico (ai quali tali incarichi sono conferiti ed ai quali compete di attuare il programma indicato) per consentire il buon andamento dell’ attività di direzione dell’ente – art. 97 Cost.”

38 38 Il principio di imparzialità amministrativa è violato quando le funzioni amministrative di esecuzione dell’indirizzo politico non sono affidate a funzionari neutrali, tenuti ad agire al servizio esclusivo della Nazione, ma a soggetti cui si richiede una specifica appartenenza politica, ovvero un rapporto personale di consentaneità con il titolare dell’organo politico ( Corte Costituzionale n. 34 del 27 gennaio 2010 )

39 39 La nomina intuitu personae e la correlativa revoca ad nutum, possono essere quindi previste in via eccezionale e solo per alcuni limitati incarichi di vertice,o per quelli dei diretti collaboratori dell’organo politico ex art. 90 TUEL che sono però deputati non ad una attività gestionale, bensì a collaborare all’ esercizio delle funzioni di indirizzo e controllo attribuite dalla legge agli organi di governo dell’ente. In tutti gli altri casi il sistema dello spoils system, secondo la Corte, non può trovare ingresso nel nostro Paese in base all’ attuale ordinamento costituzionale. Anche se, come è stato acutamente osservato dalla dottrina, è indispensabile che gli uffici di diretta collaborazione siano dimensionati in modo da evitare la tentazione di operare come un doppione dell’amministrazione, una sorta di amministrazione parallela. In realtà gli uffici ex articolo 90 TUEL di diretta collaborazione agli organi di governo hanno avuto una crescita esponenziale spesso accompagnata da un impoverimento della loro qualificazione tecnica e professionale e ad una crescente confusione tra il loro ruolo e quello spettante agli organi di gestione.

40 40 Con l’univoca recente giurisprudenza della Consulta, l’argomentazione, assai diffusa, per la quale l’aspetto fiduciario – sulla persona più che sulla professionalità e quindi più sulla fedeltà invece che sulla lealtà professionale – era considerato l’elemento per compensare la perdita dei poteri gestionali degli organi di governo e per rafforzare la coesione tra politica ed amministrazione, è finalmente superata. In realtà l’incarico fiduciario anche negli enti locali può trovare giustificazione solo per alcuni limitati tipi di incarichi ( come ad esempio il capo di gabinetto e il portavoce del sindaco o comunque riconducibili alla previene degli uffici di supporto agli organi di direzione politica di cui all’ articolo 90 del TUEL), ma non per l’attività gestionale dove è necessaria esclusivamente una professionalità adeguata. Per l’attività di gestione è un errore sostenere che tra organo politico e dirigenza il criterio ordinatore sia il rapporto fiduciario, non essendo chiaramente possibile che la fiducia riposta dal primo nei confronti dei secondi possa, di per sé, costituire garanzia del raggiungimento dei risultati previsti dagli indirizzi politici e soprattutto assicurazione di professionalità e capacità nella gestione amministrativa, nell’applicazione delle regole di legalità, imparzialità e buon andamento.

41 41 Gli effetti che tale convinzione ha prodotto nell’ordinamento locale sono stati deleteri sotto vari aspetti producendo non di rado atteggiamenti che hanno portato a confondere il tanto auspicato efficientismo aziendalista, con l’approssimazione amministrativa. La vera necessità, nello spirito delle riforme avviate nel 1990, era quella di creare una dirigenza professionalmente forte, consapevole di svolgere un ruolo autonomo di garante dell’imparzialità e del buon andamento, e perciò adeguatamente garantito. In realtà non si è fatto abbastanza per creare le condizioni a ciò necessarie, ed in questo ha avuto buon gioco l’equazione minore professionalità uguale maggiore dipendenza. Lo spoils system all’italiana è spesso divenuto, nella sua distorta applicazione, uno strumento attraverso il quale talvolta si è purtroppo sfociati nelle nomine clientelari.

42 42 Le regole per l’affidamento,la revoca ed il rinnovo dell’incarico. I criteri per l’atto di affidamento e di revoca. La disciplina della clausola di salvaguardia introdotta dal CCNL del 2002 e successivamente modificata dal CCNL del 2006 ed ora abrogata dalla legge 122/2010. L’inapplicabilità dell’articolo 2103 del codice civile.

43 43 Le regole dell’amministrazione locale vanno perciò adeguate nel disciplinare i modi per il conferimento degli incarichi. Regole di natura pubblicistica che trovano la loro naturale allocazione nel regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi. Ne conseguirà l’atto di conferimento d’incarico, che come ribadito dalla Corte di Cassazione ( sentenza 9814 del 14 aprile 2008) riveste la natura di provvedimento negoziale assunto con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro: atto da ascrivere alla categoria degli atti negoziali conseguente sottrazione al regime ed alle regole proprie degli atti amministrativi ( come dettate in particolare dalla legge 241/1990 ) i limiti interni dei poteri attribuiti dalle norme al privato datore di lavoro si rinvengono in presenza di disposizioni, contrattuali o normative, che dettano le regole di esercizio del potere discrezionale, sul piano sostanziale o su quello del procedimento da seguire regole suscettibili di essere integrate e precisate dalle clausole generali che obbligano ad applicarle secondo correttezza e buona fede ( articoli 1175 e 1375 del c.c. )

44 44 il giudice ordinario, nell’ambito del rapporto di lavoro privatizzato alle dipendenze delle P.A., sottopone a sindacato l’esercizio dei poteri esercitati dall’amministrazione nella veste di datrice di lavoro sotto il profilo dell’osservanza delle regole di correttezza e buona fede quest’ ultime sono infatti regole di diritto comune applicabili anche all’attività di diritto privato alla stregua dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all’articolo 97 Cost. nella fattispecie l’articolo 19 comma 1 del decreto legislativo 165/2001 (richiamato espressamente dall’art. 13 del CCNL per la dirigenza degli enti locali del 23/12/1999 ) impone nel rispetto degli indicati criteri di massima e necessariamente anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede la procedimentalizzazione dell’esercizio del potere di conferimento degli incarichi :

45 45 obbligando a valutazioni anche comparative a consentire forme adeguate di partecipazione ai processi decisionali ad esternare le ragioni giustificatrici delle scelte Costituisce inadempimento contrattuale produttivo di danno risarcibile, il mancato rispetto dei suddetti criteri e delle motivazioni delle scelte del conferimento degli incarichi dirigenziali

46 46 Orientamento ribadito dalla ancor più recente ordinanza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 26799 del 7 novembre 2008 che ha confermato la natura privatistica dell’atto di conferimento dell’incarico dirigenziale, compatibile con il carattere privato dei poteri avendo la legge inteso rafforzare la posizione di preminenza del datore di lavoro pubblico sul piano dell’organizzazione.  gli atti di conferimento degli incarichi dirigenziali, i quali non concretano una procedura concorsuale, ed i cui destinatari sono già in servizio ma sono anche in possesso della relativa qualifica professionale, conservano natura privata, in quanto atti interni di organizzazione anche dopo la riforma attuata con la legge 145 del 2002, il cui articolo 3 modificativo del d. legislativo 165/2001 articolo 19, adopera bensì la locuzione “provvedimento” riferita all’atto di conferimento dell’incarico, ma significativamente non aggiunge il predicato “amministrativo”, presente invece in tutte le norme che disciplinano gli atti di esercizio del potere pubblico

47 47  tali atti mantengono pertanto la natura di determinazioni assunte dall’amministrazione con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro a norma dell’articolo 5 comma 2 del d.legisl. 165/2001, al cui impianto la legge 142/2002 non ha apportato modifiche  né per andare di contrario avviso vale addurre la natura unilaterale dell’atto di conferimento dell’incarico perché essa risulta compatibile anche con il carattere privato del potere, avendo la legge inteso soltanto rafforzare la posizione di preminenza del datore di lavoro pubblico sul piano dell’organizzazione  certo a differenza di quanto avviene per i comuni datori di lavoro, la capacità organizzativa deve essere consacrata in un atto formale, ma ciò si spiega agevolmente - affermano le Sezioni Unite - in base al contenuto precettivo del d,legisl. 165/2001 art. 5 comma 3, ed alla necessità di consentire l’esecuzione dei controlli in esso previsti.

48 48 Di conseguenza qualora l’amministrazione modifichi o ritiri l’atto di conferimento dell’incarico esercita un potere organizzativo di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 165/2001 e non il potere amministrativo di autotutela, inconcepibile nei confronti di atti di autotutela dei privati Certamente con la devoluzione - ai sensi dell’articolo 63 del d. legislativo 165/2001 - al giudice ordinario in funzione del giudice del lavoro delle controversie inerenti il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali, perde rilevanza la questione del regime giuridico da applicare. Ciò che conta sul piano sostanziale del contenuto delle regole è che non possono essere disattesi i criteri indicati dalla giurisprudenza come in ultimo ripresi dalla Corte di Cassazione con la richiamata sentenza 9814/2008 e con l’ordinanza 26799/2008 delle Sezioni Unite

49 49 Per gli enti locali in primo luogo, le regole si rinvengono nell’articolo 109 del TUEL al momento in cui dispone che gli incarichi dirigenziali siano conferiti a tempo determinato con provvedimento motivato e con le modalità fissate nel regolamento degli uffici e dei servizi secondo criteri di competenza professionale, in relazione agli obiettivi indicati nel programma amministrativo del sindaco o del presidente della provincia. L’articolo 13 del CCNL del 23/12/1999 stabilisce inoltre che gli enti con gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, adeguano le regole sugli incarichi dirigenziali ai principi stabiliti dall’articolo 19 commi 1 e 2 del decreto legislativo 165/2001 come ora modificato dall’articolo 40 del d.legisl. 150/2009: in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati si deve tener conto delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, valutate anche in considerazione dei risultati conseguiti con riferimento agli obiettivi prefissati. Parametri fondamentali che hanno bisogno di essere sviluppati e specificati nel regolamento interno di ciascun ente.

50 50 Inoltre tali criteri devono essere combinati con le clausole generali della correttezza e della buona fede che obbligano l’amministrazione a procedimentalizzare l’esercizio del potere di conferimento degli incarichi: valutazioni anche di tipo comparativo, forme adeguate di partecipazione ai processi decisionali, esternazione delle ragioni giustificatrici delle scelte. Il potere di conferimento dell’incarico non può essere senza limiti, non può essere arbitrario

51 51 Lo scenario che si delinea quindi, è articolato nei seguenti imprescindibili passaggi fondamentali che dovranno essere adeguatamente implementati con i regolamenti dei singoli enti:  attuazione dei principi contenuti nell’articolo 19 comma 1 del decreto legislativo 165/2001 ( richiamato dall’articolo 13 del CCNL del 1999) e 109 del TUEL  procedimentalizzazione dell’ esercizio del potere di conferimento degli incarichi improntato alla dialettica del contraddittorio  motivazione della scelta compiuta  principi guida da integrare e rendere concretamente applicabili con le clausole generali della correttezza e della buona fede, siccome regole applicabili anche all’attività di diritto privato alla stregua dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all’articolo 97 della Costituzione (Cass. Sez. Unite 26/6/2002 n. 9332).  individuazione di criteri distintivi per la nomina dei dirigenti preposti al supporto degli organi di governo( capo di gabinetto, portavoce ex art. 90 TUEL) per i quali può valere il criterio fiduciario ( con annesse procedure di scelta semplificate e di revoca basate anche sul solo venir meno del rapporto fiduciario); da quelli deputati all’ attività gestionale ( siano essi a tempo indeterminato o determinato ex art. 110 TUEL) che svolgono professionalmente compiti di amministrazione attiva e per il quali non è configurabile alcuna forma di spoils system.

52 52 Una via intermedia può essere pensata per gli uffici di vertice come il direttore generale, per il quale vi è da combinare una componente fiduciaria con una adeguata professionalità per lo svolgimento di compiti che pur non essendo di diretta amministrazione e gestione, sono comunque connessi al possesso di specifica professionalità organizzativa, di programmazione e di gestione delle risorse. L’articolo 108 del TUEL definisce in maniera adeguata sotto questo punto di vista il ruolo del direttore generale : attua gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo, sovrintende alla gestione dell’ente perseguendo livelli ottimali di efficienza ed efficaci. Gli compete in particolare la proposta di PEG e a predisposizione del piano dettagliato degli obiettivi.  conseguente differenziazione per le cause di revoca. Motivi strettamente fiduciari di carattere politico per gli organi di supporto, che non richiedono di essere esplicitati oltre il venir meno della fiducia stessa. Fiduciari ma motivati per mancato adempimento dei compiti propri del direttore generale. Legati a meccanismi di verifica per inadempimento nei confronti dei dirigenti addetti alla gestione.

53 53 Il comportamento difforme tenuto dall’amministrazione nel conferimento dell’incarico è da ritenersi inadempimento contrattuale e perciò produttivo di danno risarcibile nei confronti del dirigente escluso dall’incarico senza le dovute garanzie procedurali e sostanziali richiamate. Cass. Sez. Lavoro n. 9814 del 14/4/2008 citata lo identifica nel diritto a conservare la maggiore retribuzione connessa all’originaria durata dell’incarico revocato ad un titolo che non può che essere qualificato risarcitorio. E ciò non tanto con riferimento alla revoca dell’incarico, ma al momento successivo del conferimento dei nuovi incarichi nel quale era stato esercitato il potere di scelta dei dirigenti ritenuti maggiormente idonei.

54 54 La revoca dell’incarico : ai sensi dell’articolo 40 comma 1 del d. legisl. 165/20001 come sostituito dall’a rticolo 54 del d.legsil. 150/2009 è materia esclusa dalla contrattazione collettiva. Ai sensi dell’articolo 65 comma 5 del 150/2009 le disposizioni relative alla contrattazione collettiva nazionale di cui al presente decreto legislativo si applicano dalla tornata successiva a quella in corso lo strumento corretto per accertare la responsabilità dirigenziale- depurata da ogni carattere sanzionatorio di ordine politico- è la revoca dell’incarico, che può avvenire nelle forme e nei modi disciplinati dalla vigente normativa. Anche in questo caso abbiamo una commistione tra norme di legge e disposizioni contrattuali che rendono necessario l’intervento regolamentare dell’ente quanto meno al fine di armonizzarne la disciplina attuativa:

55 55 art. 21 del decreto legislativo 165/2001 come modificato dall’articolo 41 del d.legisl. 150/2009 ( che costituisce principio per l’adeguamento dei propri ordinamenti delle regioni ed enti locali) che prevede motivo del “mancato rinnovo “ e nei casi di maggior gravità per la “revoca” il mancato raggiungimento degli obiettivi, ovvero l’inosservanza delle direttive ….. l’art. 109 del TUEL che la riconduce ad 1) inosservanza delle direttive del sindaco/presidente, della giunta, o dell’assessore di riferimento 2) al caso di mancato raggiungimento al termine di ciascun anno finanziario degli obiettivi assegnati nel PEG 3) per responsabilità particolarmente grave e reiterata 4) agli altri casi disciplinati dai CCNL

56 56  articolo 22 del CCNL del 1996 come sostituito dall’art. 13 del CCNL del 1999 e successive modifiche per il quale la revoca può avvenire solo per motivate ragioni organizzative e produttive o per effetto dell’applicazione del procedimento di valutazione e verifica dei risultati conseguiti dai dirigenti ( art. 14 comma 2 CCNL 1999 che ha sostituito l’art 23 CCNL 1996). A tal fine l’art. 13 del CCNL del 2006 ha introdotto l’art. 23 –bis al CCNL del 1996 per la disciplina degli effetti degli accertamenti negativi dei rendimenti e dei risultati dell’attività dirigenziale, che deve valere tanto per la procedura di revoca in corso di incarico che per il mancato rinnovo dell’incarico al termine naturale di scadenza ( certamente se comporta un incarico dirigenziale con un valore di retribuzione di posizione inferiore). In virtù di quanto disposto dall’art. 23 - bis CCNL del 1996 come introdotto dall’ articolo 13 CCNL 2006, gli enti sono tenuti a disciplinare - nell’esercizio della propria potestà regolamentare - gli effetti degli accertamenti negativi sulla verifica dei risultati e sulla valutazione dell’attività dirigenziale ( anche in relazione a quanto previsto dal decreto legislativo 286/1999 sui sistemi di valutazione ) prevedendo il relativo procedimento e gli strumenti di tutela, ivi compresi la previa contestazione e il contraddittorio.

57 57 Procedimento che può sfociare per il personale interno al quale era stato conferito un incarico dirigenziale a termine nella riassegnazione delle funzioni della categoria di provenienza. Per chi è inquadrato invece nella qualifica dirigenziale ( a tempo indeterminato e determinato), nell’affidamento di un incarico dirigenziale di retribuzione inferiore; o a seguito di una progressiva gravità dell’accertamento negativo nella sospensione dall’incarico per un periodo massimo di due anni ( con il solo stipendio tabellare ) o infine nel recesso dal rapporto di lavoro nei casi di particolare gravità. Significativa la valenza della direttiva ai fini della revoca o mancato rinnovo dell’incarico per la sua mancata osservanza. Com’è stato sottolineato dalla dottrina, la direttiva dell’organo di governo non può assumere carattere di dettaglio, al fine di non costituire una limitazione alla autonomia del dirigente e quindi violare il principio della distinzione delle competenze. Infatti, in casi di direttive puntuali l’attività dirigenziale non sarebbe altro che un’esecuzione delle determinazioni dell’organo di governo(una mera conferma della volontà espressa nella direttiva dettagliata ), aggirando così il principio della competenza esclusivamente dirigenziale per gli atti di gestione.

58 58 I riflessi di tale comportamento, non infrequenti nella prassi, inducono per un verso ad un’illegittimità dell’atto dirigenziale finale eccepibile dal destinatario del provvedimento per violazione di legge riferita alla direttiva come atto presupposto; e dall’altro per incompetenza poiché l’atto è formalmente adottato dal dirigente, ma con condizionamenti tali da far ritenere avvenuto un illegittimo spostamento di competenza in capo all’organo politico. In ogni caso, per ciò che ha rilevanza ai fini in esame, l’inosservanza di una direttiva di dettaglio e perciò illegittima, non può costituire causa per il mancato rinnovo o revoca dell’incarico, sindacabile dal giudice ordinario ai sensi dell’articolo 63 del decreto legislativo 165/2001 in caso di impugnazione da parte del dirigente privato dell’incarico. Occorre definire obiettivi precisi e quantificabili, assisti da idonei indicatori per misurarne la realizzazione. Gli stessi sistemi di valutazione troppo spesso sono intesi solo come strumenti formali e privi di reale valenza. In realtà lo strumento idoneo già esiste negli enti locali è costituito dal PEG, che se ben costruito può costituire il primo significativo parametro per misurare la realizzazione degli obiettivi assegnati.

59 59 La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 19135 del maggio 2009 Ha affermato la sussistenza del reato di abuso di ufficio a carico del sindaco che illegittimamente ha rimosso dall’incarico un dirigente ( nel caso di specie il comandante della polizia municipale dall’incarico di dirigente del settore commercio, annona e polizia municipale) : destituzione motivata da mere ragioni di ritorsione di carattere personale. Le motivazioni della sentenza appaiono particolarmente significative per ciò che riguarda la qualificazione soggettiva del sindaco al momento del conferimento dell’incarico dirigenziale :”palesemente infondata è la deduzione difensiva secondo cui il conferimento di un incarico dirigenziale sarebbe una sorta di atto privato discrezionale del sindaco/datore di lavoro e la revoca inciderebbe solo sul rapporto privatistico instauratosi, realizzando una sorta di mero licenziamento senza giusta causa”

60 60 In realtà - affermano i giudici della Corte di Cassazione – si tratta “ di un atto finalisticamente orientato alla realizzazione di pubblici interessi”. In virtù di quanto disposto dall’articolo 109 del TUEL la nomina del dirigente e la sua revoca “è strettamente connessa proprio al migliore perseguimento delle più rilevanti finalità istituzionali e si risolve nell’attribuzione al medesimo dirigente di funzioni e poteri di natura strettamente pubblicistica. La natura pubblicistica della funzione svolta e dei poteri esercitati, non muta e con essa non muta la qualifica di pubblico ufficiale rilevante ai sensi dell’articolo 357 del codice penale “.

61 61 La durata dell’incarico il CCNL del 1999 (art. 13 comma 2) prevede una durata non inferiore a due anni fatte salve le specificità da indicare nell’atto di conferimento e gli effetti derivanti dalla valutazione annuale dei risultati. In realtà se troppo breve o in ogni modo inferiore alla durata della carica dell’organo politico costituisce uno strumento indiretto ma efficace di pressione, perché il dirigente “accetti” i condizionamenti della politica nell’ esercizio dei propri compiti. Come autorevolmente osservato la neutralità del dirigente e quindi il carattere professionale della sua carriera e delle prestazioni da svolgere è garantita solo da incarichi per un tempo adeguatamente idoneo a poter garantire il perseguimento dei risultati assegnati nello svolgimento della propria attività amministrativa gestionale. Durata degli incarichi adeguatamente bilanciati perché motivatamente revocabili per cause riconducibili alla responsabilità dirigenziale di risultato.

62 62 Probabilmente una durata non inferiore al mandato dell’organo di governo può essere la soluzione soddisfacente, accompagnata da un potere di attivazione della responsabilità dirigenziale (depurata da ogni carattere politico sanzionatorio) per la revoca. Altrimenti il rischio è che il meccanismo dell’incarico ideato essenzialmente ( nella sua temporaneità) per assicurare il rendimento e stimolare la produttività della gestione pubblica, sia strumentalizzato a fini meramente politici al punto da trasformarlo in una misura sanzionatoria impropria, utilizzata per censurare comportamenti altrimenti non penalizzabili, e soprattutto non contemplati dalla legislazione vigente. In altri termini si corre il rischio che diventi uno strumento di pressione per comportamenti d’accondiscendenza verso le richieste della politica,tese a mascherare indebite ingerenze nell’attività gestionale. La temporaneità consente alla scadenza di poter non procedere al rinnovo, senza quindi dar origine ad un provvedimento sanzionatorio in senso stretto. In realtà, così facendo, si accentra l’attenzione ai fini del rinnovo dell’incarico sul fattore fiduciario ( fedeltà) del dirigente, più che sulle capacità professionali (e lealtà). Il mancato rinnovo può diventare uno strumento dotato di maggiori margini di discrezionalità di quanto non lo sia il procedimento sanzionatorio della revoca collegata alla responsabilità dirigenziale.

63 63 La disciplina della clausola di salvaguardia introdotta dal CCNL del 2002 e successivamente modificata dal CCNL del 2006 ed ora abrogata dall’articolo 9 comma 32 della legge 122 del 30 luglio 2010. Una forma di tutela nei confronti delle “libere scelte imprenditoriali” per quanto riguarda gli incarichi dirigenziali, era offerta dalla “ clausola di salvaguardia” introdotta dall’articolo 4 del CCNL del 12/2/2002 la cui disciplina è stata poi integrata dall’articolo 17 del CCNL del 22/2/2006. Norma che demandava alla contrattazione decentrata integrativa definire criteri e modi per la disciplina degli effetti economici derivanti dal trasferimento ad un nuovo incarico alla presenza di processi di riorganizzazione, qualora dal nuovo incarico derivi una retribuzione di posizione inferiore a quella connessa al precedente incarico. Nell’interpretazione della norma, a seguito della precisazione introdotta dall’articolo 17 CCNL 22/2/2006 se è da ritenere certa la possibilità d’intervento della contrattazione decentrata per disciplinare l’ipotesi relativa ad un incarico in corso (già conferito per un tempo stabilito) e quindi riconducibile all’istituto della revoca; più difficile è ora ricondurla all’ipotesi del rinnovo dell’incarico. L’articolo 17 infatti precisando che la contrattazione decentrata integrativa debba indicare il termine finale di applicazione della disciplina di cui all’articolo 4 del CCNl del 2002, stabilisce che qualora ciò non avvenga esso non può superare la scadenza naturale del periodo temporale di conferimento dell’incarico dirigenziale antecedente al nuovo incarico.

64 64 Art. 9 comma 32 della legge n. 122/2010 abroga l’articolo 19 comma 1 – ter del decreto legislativo 165/2001 come appena sostituito dall’articolo 40 del d.legisl. n. 150/2009, e sancisce : A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1 comma 2 del d.legisl. 165/2001 che, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, anche in pendenza dei processi di riorganizzazione, non intendono anche in assenza di una valutazione negativa, confermare l’incarico conferito al dirigente, conferiscono al medesimo dirigente un altro incarico, anche di valore economico inferiore. Non si applicano le eventuali disposizioni normative ( statuto, regolamento ) e contrattuali (clausola di salvaguardia )più favorevoli.

65 65 Sul piano sostanziale invece la necessità di avere forme adeguate di garanzia è connessa proprio all’ipotesi del rinnovo dell’incarico dove la clausola di salvaguardia avrebbe potuto esplicare i suoi effetti - almeno sul piano economico - a fronte di eventuali pregiudizi che possano derivare da processi “neutri” di riorganizzazione. Naturalmente essa non trova applicazione “nei casi di affidamento al dirigente di un nuovo incarico con retribuzione di posizione inferiore a seguito di valutazione complessiva negativa sull’espletamento del precedente incarico”. La questione di fondo si riconduce alle conseguenze derivanti delle scelte imprenditoriali dell’organo di governo nei confronti del dirigente : si delinea sul modello dell’ impresa privata, una sfera d’intervento riservata alla politica (imprenditore che ha esclusiva competenza per la definizione della macro- struttura) per la quale è configurabile al pari di quanto avviene nel settore dell’impresa privata, la sottrazione a qualsiasi tipo di sindacato?!. Oppure essendo le stesse esercitate nell’ambito delle capacità di diritto pubblico mediante atti di natura amministrativa possono essere assoggettate alla giurisdizione del giudice amministrativo per la tutela di interessi legittimi rivendicati dal singolo lavoratore ( caso di specie dirigente) ?

66 66 La giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ( 21592/2005) si è delineata nell’affermare che l’articolo 63 comma 1 del d. legislativo 165/2001 non consente, nella materia del lavoro pubblico,al titolare del diritto soggettivo che risente degli effetti di un atto amministrativo di scegliere, per la tutela del diritto, di rivolgersi al giudice amministrativo per l’annullamento dell’atto, oppure al giudice ordinario per la tutela del rapporto di lavoro previa disapplicazione dell’atto presupposto. In tutti i casi nei quali vengono in considerazione atti amministrativi presupposti, ove si agisca a tutela delle posizioni di diritto soggettivo in materia di lavoro pubblico, il diritto positivo consente esclusivamente l’instaurazione del giudizio ordinario, nel quale la tutela del lavoratore è pienamente assicurata dalla disapplicazione dell’atto e dagli ampi poteri attribuiti al giudice ordinario quanto alla possibilità di emanare tutti i provvedimenti di accertamento, costitutivi o di condanna richiesti per la tutela del diritto fatto valere. Sia un solo giudice ad occuparsi dell’intera e unitaria controversia che può coinvolgere al tempo stesso un atto amministrativo presupposto e l’atto applicativo di micro organizzazione o gestione del rapporto di lavoro. Il controllo è stato accentrato presso il giudice ordinario, utilizzando lo strumento processuale della cognizione incidenter tantum, senza effetti di giudicato, dell’atto amministrativo.

67 67 Non appare più plausibile, simmetricamente a quanto accade nel lavoro nell’impresa privata, una legittimazione ad impugnare autonomamente gli atti, se pur di natura amministrativa, in cui si esplicitano le libere scelte di ordine prettamente imprenditoriale. Sotto questo profilo viene meno la tutela degli interessi legittimi nei confronti di atti amministrativi ancorché presupposti, solo perché non ci sono più interessi qualificabili sotto la categoria di interesse legittimo, ma solo situazioni giuridiche da ricondurre alla categoria dei diritti ex art. 2907 del codice civile.

68 68 L’inapplicabilità dell’articolo 2103 del C.C. ed il danno professionale da dequalificazione. La previsione legislativa dell’articolo 19 comma 1 del d. legislativo 165/2001 per la quale “ al conferimento degli incarichi ed al passaggio ad incarichi diversi non si applica l’articolo 2013 del codice civile “ è pensata per un uso flessibile della risorsa dirigenziale. In realtà come è stato osservato in dottrina,non sembra applicabile alla dirigenza il concetto stesso di equivalenza della mansioni in quanto all’accesso del ruolo unico non corrisponde un livello di mansioni, anche in presenza di un trattamento economico differenziato a seconda del livello di incarico che si ricopre. Per cui sebbene gli incarichi di funzione dirigenziale siano di diversa natura,la giurisprudenza ha ritenuto che con la dichiarata inapplicabilità dell’articolo 2103 sia venuta meno, nel campo del lavoro dirigenziale la possibilità di ancorare tale valutazione al canone dell’equivalenza rispetto alle ultime mansioni effettivamente svolte. Di conseguenza non si può individuare un demansionamento o dequalificazione, né dal punto di vista dell’equivalenza del livello, né della concreta omogeneità al patrimonio professionale pregresso.

69 69 Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza di merito (confermata anche dalla Cassazione Sez. Lavoro 22 dicembre 2004 n. 23760), l’inapplicabilità dell’articolo 2103 esclude il diritto del dirigente alla stabilità delle mansioni svolte, o al mantenimento dell’incarico specifico o dell’ufficio ricoperto, con la conseguenza che l’affidamento di un incarico inferiore rispetto a quello svolto in precedenza non costituisce demansionamento : Il sistema normativo del lavoro pubblico dirigenziale negli enti locali (trasfuso da ultimo nell'art. 109 del d.lgs. n. 267 del 2000) esclude la configurabilità di un diritto soggettivo a conservare in ogni caso determinate tipologie di incarico dirigenziale (ancorché corrispondenti all'incarico assunto a seguito di concorso specificatamente indetto per determinati posti di lavoro e anteriormente alla cosiddetta "privatizzazione"). Lo stesso sistema, peraltro, conferma il principio generale che, nel lavoro pubblico, alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l'attitudine professionale all'assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo e non consente perciò - anche in difetto della espressa previsione di cui all'art. 19 d.lgs. n. 165 del 2001 stabilita per le amministrazioni statali - di ritenere applicabile l'art. 2103 c.c., risultando la regola del rispetto di determinate specifiche professionalità acquisite non compatibile con lo statuto del dirigente pubblico locale, con la sola eccezione della dirigenza tecnica.

70 70 Nel nuovo sistema, si legge in sentenza, “del lavoro c.d. privatizzato…la qualifica dirigenziale non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni,bensì esclusivamente l’idoneità professionale del dipendente, che tale qualifica ha conseguito mediante il contratto di lavoro stipulato all’esito della prevista procedura concorsuale a svolgerle concretamente …. Il dirigente, dunque, svolge le funzioni inerenti alla qualifica solo per effetto del conferimento, a termine, di un incarico dirigenziale, e, alla scadenza, può essere destinato a qualunque altro incarico, nel rispetto dei procedimenti e criteri dettati da norme o da atti di autolimitazione della discrezionalità (ancorché, nella disciplina attuale della dirigenza statale, sia scomparso il principio della "rotazione" e si ammette la possibilità di rinnovare lo stesso incarico)…. Appare perciò evidente che, difettando specifiche mansioni corrispondenti alla qualifica per la quale il dipendente è stato assunto, venendo affidate le mansioni con incarichi a termine, potendo il dirigente, alla scadenza, essere destinato ad altri incarichi, con conseguente mutamento della posizione di lavoro e del livello retributivo, le garanzie di cui all'art. 2103 cod. civ. non risultano compatibili con il descritto assetto legislativo.

71 71 La conclusione che ne discende è che all'espressa previsione di inapplicabilità di detta norma ai conferimenti di incarichi e al passaggio ad incarichi diversi, contenuta nel secondo periodo del comma 1 dell'art. 19 d. lgs. 165/2001, va attribuito il significato di chiarimento e conferma di una regola che sarebbe già stata desumibile dal sistema del lavoro pubblico dirigenziale. La sentenza in oggetto contiene anche un significativo chiarimento in merito all’onere per le amministrazioni locali di adeguare i propri ordinamenti - ai sensi dell’art. 27 del d.legisl. 165/2001- ai principi dell’articolo 4 (distinzione tra politica ed amministrazione ) e all’assetto della dirigenza statale. Contrariamente ad una precedente pronuncia (Cassazione 27 agosto 2004 n. 17094) ritiene che il mancato adeguamento formale degli ordinamenti degli enti locali ai principi dettati per la dirigenza statale, non preclude in tema di regolamentazione dei rapporti di lavoro di diritto privato, l’operatività della deroga all’articolo 2103 del C.C.

72 72 Non è consentito ritenere conforme a legge una divaricazione così forte dello status del dirigente dell'ente locale rispetto a quello del dirigente statale, certamente esclusa dal legislatore, che ha demandato agli atti normativi (necessariamente secondari e come tali non abilitati a modificare fonti primarie) il mero adeguamento ai loro ordinamenti e peculiarità di principi generali già operativi, tra i quali deve annoverarsi l'incompatibilità dell'art. 2103 c.c. con l'assetto della dirigenza pubblica. Il quadro normativo contenuto nel TUEL in materia di conferimento degli incarichi dirigenziali perciò, esclude con evidenza, la configurabilità di un diritto soggettivo a conservare in ogni caso determinate tipologie di incarico dirigenziale, ancorché corrispondenti all'incarico assunto a seguito di concorso specificamente indetto per determinati posti di lavoro e anteriormente alla cd. "privatizzazione"; conferma, per altro verso, il principio generale che, nel lavoro pubblico, alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l'attitudine professionale all'assunzione di incarichi di qualunque tipo e non consentono perciò, anche in difetto dell'espressa previsione di cui all'art. 19 d. lgs. 165/2001 (del cui significato si è detto), di ritenere applicabile l' art. 2103 cod. civ., risultando la regola del rispetto di determinate specifiche professionalità acquisite, non compatibile con lo statuto del dirigente pubblico locale, con la sola eccezione della dirigenza tecnica.

73 73 Diverso è invece l’aspetto inerente la dequalificazione del dirigente ed il diritto al risarcimento al danno professionale che ne consegue. Significativa al riguardo la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 6572 del 24 marzo 2006 Innanzitutto non può ritenersi integrato il demansionamento solo dalla revoca di un incarico di direzione, ancorché prestigioso, e remunerativo, essendo pur sempre rimesso al datore il cosiddetto ius variandi, ossia l’assegnazione a mansioni diverse, purché equivalenti a quelle svolte da ultimo; ed infatti, diversamente opinando, ne conseguirebbe la impossibilità di modificare in alcun modo l’organizzazione aziendale, il che però si porrebbe in patente contrasto con i poteri riservati all’imprenditore dall’articolo 2094 C.C. ed anche con i principi di rango costituzionale (articolo 41 Costituzione). Il danno professionale, che ha contenuto patrimoniale, può consistere invece sia nel pregiudizio derivante dall’impoverimento della capacità professionale acquisita dal lavoratore e dalla mancata acquisizione di una maggiore capacità, ovvero nel pregiudizio subito per perdita di chance, ossia di ulteriori possibilità di guadagno.

74 74 Ma questo pregiudizio non può essere riconosciuto, in concreto, se non in presenza di adeguata allegazione, ad esempio deducendo l’esercizio di una attività (di qualunque tipo) soggetta ad una continua evoluzione, e comunque caratterizzata da vantaggi connessi all’esperienza professionale destinati a venire meno in conseguenza del loro mancato esercizio per un apprezzabile periodo di tempo. Nella stessa logica,precisano le Sezioni Unite, anche della perdita di chance, ovvero delle ulteriori potenzialità occupazionali o di ulteriori possibilità di guadagno, va data prova in concreto, indicando, nella specifica fattispecie, quali aspettative, che sarebbero state conseguibili in caso di regolare svolgimento del rapporto, siano state frustrate dal demansionamento o dalla forzata inattività. In mancanza di detti elementi, da allegare necessariamente ad opera dell’interessato, sarebbe difficile individuare un danno alla professionalità, perché – fermo l’inadempimento – l’interesse del lavoratore può ben esaurirsi, senza effetti pregiudizievoli, nella corresponsione del trattamento retributivo quale controprestazione dell’impegno assunto di svolgere l’attività che gli viene richiesta dal datore.

75 Fabrizio Mascagni mascagni.f@libero.it


Scaricare ppt "Il giusto criterio ordinatore dei rapporti tra politica e dirigenza: dall’evoluzione della giurisprudenza costituzionale alla riforma “Brunetta”come modificata."

Presentazioni simili


Annunci Google