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IL CINEMA POLITICO IN ITALIA DA PETRI, BELLOCCHIO E BERTOLUCCI A MORETTI,GARRONE E SORRENTINO.

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Presentazione sul tema: "IL CINEMA POLITICO IN ITALIA DA PETRI, BELLOCCHIO E BERTOLUCCI A MORETTI,GARRONE E SORRENTINO."— Transcript della presentazione:

1 IL CINEMA POLITICO IN ITALIA DA PETRI, BELLOCCHIO E BERTOLUCCI A MORETTI,GARRONE E SORRENTINO

2 PER CARATTERIZZARE GLI ANNI SESSANTA Elementi fondanti il periodo: 1) Un generale processo di evoluzione-traslazione in controtendenza rispetto al resto dell’ Europa. In Italia non c’è stata una vera guerra contro il “cinema di papà”, perché esso contemplava calibri come Rossellini, Visconti o Antonioni e Fellini. I furori iconoclasti dei nostri giovani si stemperano in un armistizio con il cinema commerciale, pur perseguendo l’utopia che il cinema possa trasformare la realtà. Nasce da ciò quello che verrà definito il “cinema della crisi” prima del ‘68- un fenomeno più implosivo che esplosivo. Alcuni titoli: Prima della rivoluzione (1964) di Bertolucci, I pugni in tasca (1965) di Bellocchio, Uccellacci e Uccellini (1966) di Pasolini, I sovversivi (1967) dei Fratelli Taviani; 2) la presenza di una congiuntura favorevole della produzione sia dal punto di vista dei numeri sia dall’elevato standard di qualità consente un grande bricolage di esperienze diverse e producono la diversificazione dei generi. Abbiamo un cinema fortissimo (2400 titoli in questo periodo) dove si intrecciano e si confrontano tre diverse generazione: quella dei “veterani” attivi sotto il fascismo come Mario Camerini (1895– 1981) o Alessandro Blasetti (1900 –1987); la generazione formatasi con il neorealismo ed infine quella dei giovani “newcomer”. 3) L’esperienza del cinema di genere di cui la commedia all’italiana è stato – insieme allo spaghetti-western - il caso più fortunato al botteghino.

3 Eccentricità della situazione italiana Festival di Cannes 1959: I quattrocento colpi di François Truffaut e Hiroshima mon amour di Alan Resnais. Festival di Venezia 1959: Leone d’oro ex-equo a Il generale della Rovere di Roberto Rossellini e La grande guerra di Mario Monicelli.

4 Le trasformazioni strutturali degli anni Sessanta 1) Nel 1961 vengono ristrutturati gli stabilimenti della “Tirrenia vicino Pisa” nel 1962 nasce “Dinocittà”, Cinecittà lavora a pieno ritmo; 2) Nell’aprile 1962 viene riformata la censura: gli interventi possono essere solo motivati dalla tutela del “comune sentimento del pudore” ma ciò mitigò di poco i continui sequestri di film. 3) Il 4 novembre 1965 viene varata una nuova legge quadro sul cinema la cosiddetta 1213 detta anche legge Corona. La sua importanza è stata quella di riconoscere per la prima volta in Italia il preminente valore culturale e sociale del cinema; soprattutto “l’articolo 28” di detta legge ha consentito il finanziamento pubblico ad opere ispirate a finalità artistiche e culturali. 3) Dal 1966 la televisione comincia timidamente a produrre o co-produrre film di finzione (Roberto Rossellini e Alessandro Blasetti sono trai pionieri) ma tale intervento viene visto con grande sospetto dall’industria privata. 4) Nasce il boom economico anche nella produzione cinematografica grazie al cinema di genere di cui la commedia all’italiana è stato – insieme allo spaghetti-western - il caso più fortunato al botteghino In effetti a rigore la data d’inizio di tutta questa trasformazione è il 1958 che ufficialmente sancisce la nascita della “commedia all’italiana”.

5 CARATTERI DEL CINEMA POLITICO IN ITALIA(1) - Le origini nel Neorealismo e la fine della Guerra fredda. - Cambiamento di clima politico e economico (il “centro-sinistra”, la trasformazione e modernizzazione dell’Italia grazie al boom economico). - Nasce allora un filone (più che un vero e proprio genere) di “cinema antifascista”, una variante specifica agli inizi degli anni Sessanta del tradizionale film di guerra. A seguire Il generale della Rovere (1959) di Roberto Rossellini - Leone d’oro al Festival di Venezia insieme a La grande guerra (1959) di Mario Monicelli - si approfondiscono i temi della nascita della resistenza, analizzando sia la figura dell’italiano medio durante la Seconda Guerra mondiale sia i drammi individuali oppure gli eventi storici del periodo. - In questo filone si alternano sia una variante “comica” che si confonde con la “commedia all’italiana” sia una variante “seria”, drammatica e letteraria. - Alcuni titoli Tutti a casa (1960) di Luigi Comencini con Alberto Sordi, La marcia su Roma di Dino Risi e Il federale di Luciano Salce con Ugo Tognazzi a Le 4 giornate di Napoli (1962) di Nanni Loy, Kapò di Gillo Pontecorvo, Il terrorista di Gianfranco De Bosio con Gian Maria Volontè o di Era notte a Roma (1960) di Roberto Rossellini

6 CARATTERI DEL CINEMA POLITICO IN ITALIA(2) - Alcune opere sono state ispirate dalla letteratura ad esempio: La lunga notte del ‘43 (1960), film d’esordio di Florestano Vancini (da un racconto di Giorgio Bassani), La ciociara (1960) di Vittorio de Sica (dall’omonimo racconto di Moravia) con Sofia Loren a La ragazza di Bube di Luigi Comencini (da Carlo Cassola). - Il filone del “cinema antifascista” si può considerare chiuso con Italiani brava gente (1964), la penultima opera di, Giuseppe De Santis, dove però il maestro degli anni Cinquanta ritrasse in maniera abbastanza retorica il dramma dell’ARMIR in terra russa. - Ad esso segue il cosiddetto “cinema della crisi” inaugurato dal secondo film di Bernardo Bertolucci Prima della rivoluzione (1964) e poi, I pugni in tasca (1965) di Marco Bellocchio, Uccellacci e Uccellini (1966) di P.P.P. Pasolini con Totò e Ninetto Davoli, I sovversivi (1967) dei Fratelli Taviani con Lucio Dalla.

7 CARATTERE DEL CINEMA DI FRANCESCO ROSI - Le parole chiave del cinema di Rosi sono: POTERE, STORIA (e ovvio SPETTACOLO). - In una filmografia composta da 17 lungometraggi + un reportage tv su Napoli, Diario napoletano (1992), il regista partenopeo ha quasi sempre affrontato il rapporto con il Potere anzi con i Poteri occulti o meno dello Stato. - Poche sono le eccezioni: Il momento della verità (1965) sul mondo della corrida; la fiaba barocca C’era una volta (1967) o la cine-opera Carmen (1984) e Cronaca di una morte annunziata (1987, dall’omonimo romanzo di Gabriel Garcia Marquez). - Rosi ha trattato i grandi momenti storici e i grandi problemi del nostro paese: La Grande guerra in Uomini contro (1970); il fascismo in Cristo si è fermato ad Eboli (1979); e poi tutti i mali dell’Italia post-bellica: la mafia (Salvatore Giuliano, 1961, Dimenticare Palermo 1991) con le sue ramificazioni internazionali (Lucky Luciano, 1973); la camorra (La sfida, 1958) e la speculazione edilizia (Le mani sulla città, 1963); l’emigrazione (I magliari, 1959); la strategia della tensione (Cadaveri eccellenti, 1976); i grandi delitti politici impuniti del nostro paese (Il caso Mattei, 1972) o il terrorismo e la fine della civiltà contadina (Tre fratelli, 1981). - In questo campionario dei mali dell’Italia ha fatto a volte ricorso alla letteratura “impegnata”: Emilio Lussu (Armungia, 1890–1975), Leonardo Sciascia (Racalmuto 1921 – Palermo 1989), Carlo Levi (Torino 1902 – Roma 1975) o Primo Levi ( Torino 1919 – 1987).

8 ALCUNE NOTIZIE BIOGRAFICHE su FRANCESCO ROSI -Nasce a Napoli 15 novembre 1922 da una famiglia benestante della borghesia napoletana. -Studia giurisprudenza e frequenta i teatri dei Guf; fa amicizia con alcuni scrittori e intellettuali napoletani come Raffaele La Capria, Aldo Giuffrè e Giuseppe Patroni Griffi, con i quali poi collaborerà. - Subito dopo la guerra si accosta al mondo dello spettacolo come assistente di Ettore Giannini per l'allestimento teatrale di 'O voto di Salvatore Di Giacomo. - A 26 anni compie la sua prima esperienza cinematografica in Sicilia con la Terra trema (1948) di Luchino Visconti. Segue un lungo tirocinio sempre accanto a Visconti, Antonioni, Monicelli, Luciano Emmer ma anche Raffaello Matarazzo. Dopo aver collaborato a delle sceneggiature (Bellissima, 1951, di Visconti; Processo alla città, 1952, di Luigi Zampa) gira alcune scene di Camicie rosse (1952) di Goffredo Alessandrini e nel 1956 co-dirige con Vittorio Gassman il film Kean, genio e sregolatezza. - Fatta come molti altri della sua generazione questa lunga gavetta, passa finalmente alla regia da solo con La sfida (1958), il suo primo film politico che parla della camorra a Napoli.

9 Salvatore Giuliano(1962) - Rosi porta al cinema il modello del giornalismo inventandosi il genere del film-inchiesta che coinvolge in modo diretto il pubblico e la coscienza pubblica di un paese. Scritto dal regista con con Suso Cecchi D’Amico, Enzo Provenzale e Franco Solinas. La Trama: 1950 A Castelvetrano (Sicilia) viene trovato il corpo del bandito Salvatore Giuliano. Inizia una serie di flash-back in cui si ripercorrono i primi anni del dopoguerra in Sicilia, la nascita del movimento indipendentista e le prime “imprese” di Giuliano, del cugino Gaspare Pisciotta e della loro banda. Intanto Montelepre, il paese natale di Giuliano, è sorvegliato da reparti di carabinieri che cercano di arrestarlo. I banditi nel 1947 compiono una strage di contadini a Portella della Ginestra il 1 maggio; poi il film ritorna al ritrovamento del corpo di Giuliano. Pisciotta è arrestato, processato a Viterbo e condannato all’ergastolo per l'assassinio del cugino che lui stesso ha ucciso. Viene avvelenato in carcere in modo misterioso. - All’epoca il problema della mafia non era all’ordine del giorno ma viene affrontato da Rosi con molto coraggio sulla base delle inchieste del settimanale “Europeo”. - Grazie anche allo straordinario montaggio di Mario Serandrei, la struttura narrativa oltre a ricorre a moduli neorealisti (attori e luoghi presi dal vero) va su e giù nel tempo rompendo la linearità temporale del cinema tradizionale con una sensibilità quasi “Nouvelle Vague” (Alain Resnais di Hiroshima mon Amour). Tale uso “che fonde cronaca fotografica, parti recitate e reportage televisivo” ricorda Citizen Kane (Quarto potere, 1941) di Orson Welles. -

10 Salvatore Giuliano (1962) II - L’ altalenare continuo nel tempo è funzionale ad una Contro-storia della Sicilia che è il vero soggetto del film, non una biografia di Giuliano (1922-50) la cui figura non è approfondita più di tanto né da un punto di vista psicologico né narrativo. - La figura del protagonista serve per parlare dei complessi rapporti tra mafia, banditismo, potere politico e potere economico, “un mcguffin” direbbe Alfred Hitchcock. Il titolo originale della sceneggiatura di Rosi, “Sicilia 1943-’60” è quello che meglio fotografa la trama del film - A differenza di Michael Cimino in The Sicilian (Il siciliano, 1987), tratto dal romanzo di Mario Puzo che è una biografia romanzata del personaggio interpretato da Christopher Lambert. - Altro elemento importante è l’uso della fotografia di Gianni Di Venanzo che ha elaborato diversi toni di bianco-nero: “lirico-tragico a forti contrasti chiaroscurali per le fasi rievocative; un tono sovresposto da servizio fotografico per la morte di Giuliano e una grana spoglia e grigio di tipo televisivo per il processo di Viterbo”. - Se a guidare il film è l’ordine logico dei fatti che prevale sul mero ordine cronologico, i continui tasselli della storia (costituiti dai flash back) servono a costruire una sorta di caleidoscopio di avvenimenti, dove i vuoti non vengono arbitrariamente riempiti con ipotesi di fantapolitica. Si gioca su tre piani diversi (ancora una volta): quello del processo con la sua versione ufficiale e lacunosa della storia, gli avvenimenti storici, e la voce del narratore che valuta i vuoti e i pieni della Storia come una sorta di coscienza collettiva delle vicende.

11 Cadaveri eccellenti (1976) - E’ insieme a Todo modo (1976) uno dei film “maledetti” del cinema italiano e il più acuto nell’ analizzare il rapporto tra Potere e “strategia della tensione” negli anni Settanta. - Tratto da Il contesto (1971), il polemico romanzo dello scrittore siciliano Leonardo Sciascia (sceneggiatura: Rosi, Lino Jannuzzi e Tonino Guerra) si avvale di un grande cast internazionale: Lino Ventura, Fernando Rey, Max von Sydow, Charles Vanel, Paolo Bonacelli, Alain Cuny. La Trama: prima in Sicilia e poi a Roma vengono uccisi degli alti magistrati; l’ispettore Rogas (Lino Ventura) fa l’ipotesi che i delitti siano il frutto di un piano eversivo. Il magistrato alla fine verrà ucciso insieme al segretario del PCI a cui voleva raccontare tutto ma la verità verrà messa a tacere dall’una e dall’altra parte, dal Potere e dall’Opposizione. - La caratteristica di Cadaveri eccellenti è quella di partire da fatti e situazioni vere degli anni Settanta (attentati, strategia della tensione, depistaggi, collusioni politiche internazionali, ecc., tipiche della democrazia “bloccata” dell’occidente di allora) per diventare uno straordinario apologo politico sulla mostruosità del Potere, un giallo sospeso tra sogno e realtà, ricco di riferimenti pirandelliani (il gioco delle parti, il potere anonimo) e/o kafkiani (gli ambienti abnormi, gli spazi immensi che schiacciano i personaggi, trasferiti sullo schermo dal Barocco siciliano).

12 Gillo Pontecorvo (1919-2006) - E’ fratello del celebre fisico ebreo-comunista Bruno Pontecorvo (1913-1993), allievo di Enrico Fermi, una delle figure italiane più avventurose del secolo scorso. - Dopo aver scoperto il cinema con Paisà (1946) di Rossellini lavora come assistente e gira una serie di cortometraggi. Nel 1956 esce dal PCI a seguito della crisi d’Ungheria e realizza il suo primo mm, Giovanna, un omaggio alle operaie tessili di Prato, per un film ad episodi tedesco orientale, La rosa dei venti (Die Windrose) coordinato dal grande documentarista Joris Ivens. - Qui avviene il primo contatto con lo sceneggiatore Franco Solinas (1927-1982). - Ad un debutto non molto significativo La grande strada azzurra (1957) con Yves Montand e Alida Valli, segue il più interessante Kapò, (1960), con Susan Strasberg,Laurent Terzieff, Emmanuelle Riva e Paola Pitagora, che provoca una celebre polemica sulle pagine dei “Cahiers du Cinéma”.

13 La Battaglia di Algeri (1966) I Leone d’0ro a Venezia del 1966, La battaglia di Algeri è interpretato da Brahim Haggiag e Jean Martin, musica di Ennio Morricone e fotografia scope b&n di Marcello Gatti. Trama: il film inizia nell’ottobre 1957 nella Casbah di Algeri con i paracadutisti del colonnello Mathieu (Jean Martin) che, grazie ad una confessione ottenuta sotto tortura, hanno scovato Ali La Pointe (Brahim Haggiag), ultimo dei capi dell’FLN (Fronte di Liberazione Nazionale). Nel suo nascondiglio l’uomo rievoca il suo passato, la nascita dell’organizzazione nel 1954, gli attentati, gli scioperi, le delazioni. Nel sottofinale Ali e i suoi tre compagni sono fatti saltare in aria con la casa dove sono asserragliati ma tre anni dopo, nel dicembre 1960, il popolo di Algeri improvvisamente scende in piazza, con grandi scioperi e sommosse, sorprendendo l’opinione pubblica. Nel 1962, dopo moltissimi altri lutti e violenze da entrambe le parti, viene concessa l’indipendenza all’Algeria come recita la frase finale del film di Pontecorvo. Il 1º luglio del 1962 nasce la Repubblica indipendente d’Algeria.

14 La Battaglia di Algeri (1966) II Caratteristiche principali del film: - struttura a flash-back; - committente era il governo rivoluzionario algerino ma Pontecorvo non fa opera faziosa di propaganda, grazie alla sagace sceneggiatura di Franco Solinas. - Rievocazione con taglio documentaristico ed empito epico del dramma di quei tragici eventi con migliaia di vittime da entrambe le parti e l’emigrazione di 1 milione e 400 circa di “pied-noir” (i francesi d’Algeria). - Il film ebbe vasta risonanza internazionale (2 nominations all’Oscar: regia e sceneggiatura) e divenne celebre soprattutto sui mercati di lingua inglese. - Malgrado il fatto che avesse vinto a Venezia il Leone d’oro e innumervoli premi, La battaglia d’Algeri non uscì in Francia sino agli inizi degli anni Settanta (brevemente ) ed è restato censurato in Francia sino al 2004 perché considerato opera di propaganda (!). - La ferita della decolonizzazione era apertissima all’epoca. Prima dell’indipendenza si moltiplicarono le azioni terroristiche dell’OAS, un’organizzazione segreta francese di stampo fascista che si contrapponeva militarmente al FLN con attentati e uccisioni: tra il maggio 1961 ed il settembre 1962, l’OAS aveva ucciso 2.700 persone, di cui 2.400 Algerini oltre ad aver tentato più volte di uccidere il generale De Gaulle, presidente della repubblica francese colpevole di “tradimento” per aver concesso l’indipendenza alla ex colonia.

15 I Film successivi: Queimada (1969) Prodotto da Alberto Grimaldi, su sceneggiatura di Franco Solinas e Giorgio Arlorio, in QUEIMADA (1969) si ritorna sul tema del colonialismo in maniera completamente diversa. Trama: In un’isola immaginaria delle Antille e in un ipotetico Ottocento, un avventuriero Sir William Walker, agente britannico, dà una mano a un giovane rivoluzionario nell’abbattere il dominio portoghese, ma poi lo liquida quando vuole l’indipendenza anche dagli inglesi.. Caratteristiche principali: ulteriore cambiamento di stile: è un apologo favolistico sulle ragioni del capitalismo e del sistema coloniale. Pontecorvo innesta su un racconto di avventure un discorso ideologico e politico da 1968. Il che si riflette sul personaggio del protagonista (Brando) “un antieroe troppo consapevole della sua funzione storica con rimandi allusivi alla rivoluzione cubana, al Vietnam, alle Black Panthers, persino alla Resistenza italiana”. Al medesimo personaggio si è ispirato nel 1988 il regista inglese Alex Cox in Walker (1988) dove al posto di Marlon Brando troviamo Ed Harris, senza però che il risultato migliori.

16 L’ultimo Film OGRO (1979) Interpretato da Gianmaria Volontè e sceneggiato da Ugo Pirro e Giorgio Arlorio dopo una lunga gestazione, con OGRO (1979) Pontecorvo torna ad a uno stile documentario e ad un tema “caldo” ma con un grande diversità di risultati rispetto a La battaglia di Algeri. Trama: 1973: il dittatore Francisco Franco (1892 – 1975), già malato, aveva lasciato il posto di primo ministro all’ammiraglio Luis Carrero Blanco, l’Ogro del titolo (Orco),ucciso in un attentato organizzato dall’ETA, l’organizzazione combattente basca, il 20 dicembre 1973 ad opera di 4 militanti: Ezarra, il capo (Volontè), Txabi, Iker e Luken. Caratteristiche: è un thriller politico basato su un drammatico evento che ha aperto la strada alla fine della dittatura franchista. Ogro però è uscito troppo tardi a causa dell’uccisione di Aldo Moro (maggio 1978). Poteva sembrare infatti che inneggiasse al terrorismo politico e alla violenza politica e ciò ha influito sulla gestazione e sulla sceneggiatura del film. Ne risulta una opera verbosa che cerca di spiegare la situazione della Spagna dell’epoca. «...Al contrario di quello che succedeva ne La battaglia di Algeri là tutto era corale, qui tutto nasce all'interno di quattro ritratti singoli.»

17 ELIO PETRI (1929-1982) Bio-filmografia - Di famiglia proletaria, il romano Elio Petri si forma in campo critico e compie un lungo tirocinio come sceneggiatore per Giuseppe De Santis (Roma ore 11, 1952), Carlo Lizzani (Il gobbo, 1960) o Dino Risi (I mostri, 1963). - Realizzati due corti Nasce un campione (1954) e I sette contadini (sui Fratelli Cervi, 1957) debutta con L’assassino (1961) ma si fa notare con il successivo I giorni contati (1962). - Al Maestro di Vigevano (1963) segue il più riuscito La decima vittima (1965), poi Petri cambia di nuovo genere accostandosi nel 1967 al cinema di impegno civile in A ciascuno il suo (1967). Dopo l’apolitico film Un tranquillo posto di campagna (1968), con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto del 1970 (oscar per il miglior film straniero, 1971) scoppia il caso “Petri”. - Ad esso seguiranno La classe operaia va in paradiso (1971, Palma d’oro a Cannes), La proprietà non è più un furto (1973 con Tognazzi) con cui si chiude la cosiddetta “trilogia sul potere”. Poi è la volta del film più ambizioso e sfortunato della carriera di Petri Todo modo (1976, da Sciascia) - Deluso dalla cattiva accoglienza di Todo modo e già minato dalla malattia realizza nel 1979 il suo ultimo film Le buone notizie con Giancarlo Giannini. - Muore nel 1982 prima di girare con Marcello Mastroianni Chi illumina la grande notte che sarebbe divenuto il suo dodicesimo lungometraggio.

18 GLI ANNI SESSANTA DI PETRI (1) - Con il film di debutto L’assassino (1961), un “giallo” psicologico di ascendenza franco-americana, Petri individua un tema poi successivamente approfondito: quello del rapporto suddito- autorità nel raccontare di un ambiguo antiquario (Marcello Mastroianni) che è il principale indiziato per l’assassinio di una donna, sua ex-amante. Prodotto da Franco Cristaldi, il film subì non pochi tagli per la rappresentazione critica della polizia. - Salvo Randone che era stato il commissario carogna de L’assassino, è il formidabile protagonista del successivo I giorni contati (1962) film basato su uno spunto autobiografico: il protagonista è uno stagnaro come il padre di Petri che dopo aver assistito alla morte di un coetaneo prende coscienza del suo lavoro alienate e cerca inutilmente di cambiare vita. A cavallo tra realismo e simbolismo, scritto dal regista insieme a Tonino (Antonio) Guerra (1920-2012) è un’opera che deve molto al cinema di Michelangelo Antonioni o Ingmar Bergman ma non manca di originalità.

19 GLI ANNI SESSANTA Di PETRI (2) - L’insuccesso di quest’opera spinge Petri a lavori più popolari: tratto dall’omonimo romanzo (1962) di Lucio Mastronardi e adattato dallo stesso Petri con Age & Scarpelli, Il maestro di Vigevano ha come protagonista uno spaesato Alberto Sordi nella parte di un settentrionale, un “insegnante logorato e messo di fronte al boom economico”. - Segue La decima vittima (1965), prodotto da Carlo Ponti e con un grande cast (Marcello Mastroianni, Ursula Andress, Elsa Martinelli e Salvo Randone) e la sceneggiatura di Ennio Flaiano e Tonino Guerra dal romanzo The Seventh Victim dello scrittore newyorkese di SF, Robert Sheckley (1928–2005) :“nel Duemila s’è costituito su scala mondiale un club privato i cui iscritti, accoppiati da un computer, si impegnano in una caccia mortale, alternativamente come cacciatori o vittime”. In una Roma futuribile (l’Eur) una donna bracca la sua decima vittima, un uomo ma se ne innamora”. Al crocevia dei generi (commedia, western, spy-story e soprattutto fantascienza), Petri realizza uno dei più interessanti film della sua carriera.

20 GLI ANNI SESSANTA Di PETRI (3) - La prima sortita di Petri nel cinema di “impegno civile è A ciascuno il suo (1967), il ritratto a tutto tondo di un intellettuale di sinistra che non capisce l’ambiente mafioso che lo circonda, tanto da perdere la vita. Tratto dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia (1921 – 1989). Il film segna una decisa svolta nella filmografia dell’autore dato che qui con l’aiuto dello sceneggiatore Ugo Pirro (nome d'arte di Ugo Mattone, 1920- 2008) e dell’attore Gian Maria Volonté (1933-1994), protagonista del film insieme alla bella Irene Papas, esibisce quello stile barocco e “espressionista”, quel sottolineare in modo marcato le situazioni, che sarà alla base della successiva “trilogia sul potere” degli anni Settanta. E’ stato definito un “western di mafia” e renderà Petri noto fuori dall’Italia (vince il premio per la sceneggiatura al Festival di Cannes). - Gli anni sessanta si chiudono, però, con un altro titolo dal contenuto non politico, Un tranquillo posto di campagna (1968) con Franco Nero e Vanessa Redgrave, allegoria sul ruolo dell'artista nella società contemporanea e film sulla pop art, che al di là del risultato conclusivo, secondo il critico Alfredo Rossi “... è prima di ogni altra cosa un giro di boa tecnico: di tecnica narrativa, di montaggio, di ritmi, di effetti speciali, di fotografia. Senza l’esperienza maturata sarebbero forse impensabili i successivi film...”.

21 Da A ciascuno il suo (1967) a la “Trilogia sul potere” Il primo film di Petri nel cinema di diretto impegno civile che lo renderà noto in tutto il mondo (premio per la sceneggiatura al Festival di Cannes) è A ciascuno il suo (1967), tratto dal noto romanzo di Leonardo Sciascia. Qui il regista romano insieme allo sceneggiatore Ugo Pirro (nome d'arte di Ugo Mattone, 1920- 2008) e all’attore Gian Maria Volonté (1933-1994) inizia lo stile barocco e “espressionista” che sarà alla base della successiva “trilogia sul potere”. Il film venne definito un “western di mafia”, così come lo era stato a suo tempo In nome della legge (1948) di Pietro Germi (il primo film italiano sulla mafia) ed è il ritratto a tutto tondo di un intellettuale di sinistra che non capisce l’ambiente che lo circonda, tanto che proprio perciò perderà la vita. A partire da Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) a Pirro e Volonté si aggiungeranno: Luigi Kuveiler (fotografia), Ennio Morricone (musiche ) e Ruggero Mastroianni (montaggio).

22 Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) Con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (premio oscar per il miglior film straniero nel 1971), inizia il caso “Petri” e la cosiddetta “trilogia sul potere”. Trama: un esaltato commissario di polizia diventa capo della squadra omicidi (Gian Maria Volonté). Poi uccide l’amante (Florinda Bolkan) ma, nonostante la sua confessione, non viene punito dai colleghi preoccupati di difendere la reputazione dell'apparato. Caratteristiche: 1) alla ricetta del giallo-film inchiesta dal montaggio serrato di Francesco Rosi, si applica uno stile visivo e ad una recitazione fortemente espressionista. 2) L’uso del dialetto con l’invenzione di una la lingua borbonica delle questure d’Italia, una specie di siciliano mezzo inventato. 3) La forte componente psicanalitica del personaggio del protagonista. La “patologia come chiave di scoperta della realtà” (Tullio Kezich ) diventa lo stile di Elio Petri.

23 Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) Con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (premio oscar per il miglior film straniero nel 1971), inizia il caso “Petri” e la cosiddetta “trilogia sul potere”. Trama: un esaltato commissario di polizia diventa capo della squadra omicidi (Gian Maria Volonté). Poi uccide l’amante (Florinda Bolkan) ma, nonostante la sua confessione, non viene punito dai colleghi preoccupati di difendere la reputazione dell'apparato. Caratteristiche: 1) alla ricetta del giallo-film inchiesta dal montaggio serrato di Francesco Rosi, si applica uno stile visivo e ad una recitazione fortemente espressionista. 2) L’uso del dialetto con l’invenzione di una la lingua borbonica delle questure d’Italia, una specie di siciliano mezzo inventato. 3) La forte componente psicanalitica del personaggio del protagonista. La “patologia come chiave di scoperta della realtà” (Tullio Kezich ) diventa lo stile di Elio Petri.

24 La “Trilogia sul potere” Segue La classe operaia va in paradiso (1972, Palma d’oro a Cannes ex-equo, con Il caso Mattei di Francesco Rosi) con Volonté, Mariangela Melato e Salvo Randone. Trama: Lulù Massa (Volonté), operaio milanese con l’ulcera, è un campione del cottimo con cui mantiene due famiglie, odiato dai compagni e amato dal padrone, finché un incidente gli fa perdere un dito. Passa allora a ultracontestatore, perde il posto e l’amante, si ritrova solo. Grazie a una vittoria del sindacato, è riassunto e torna alla catena di montaggio”. Sempre caratterizzato dal dialetto (il milanese), è meno “astratto” di Cittadino nel raccontare il mondo del lavoro e la contestazione operaia sempre nei toni gridati del precedente ma con una attenzione maggiore all’ambiente. Gian Maria Volonté ci offre una delle prove più alte – nel bene e nel male – della sua capacità di recitazione. Interpretato da Ugo Tognazzi in coppia con Flavio Bucci, ultimo dei film scritti da Ugo Pirro, La proprietà non è più un furto (1973) chiude la “trilogia sul potere” in un discorso allegorico e grottesco sull’importanza del denaro come in un apologo di Brecht. Un film molto polemico quasi alla Marco Ferreri. Trama: il giovane bancario Total (Bucci), marxista-mandrakista, decide di colpire un ricco macellaio (Tognazzi), prototipo del ladro organizzato, in quel che ha di più caro: la proprietà che, oltre a essere un furto, è una malattia. Dopo avergli spiegato che i ladri veri e i ladri del commercio sono i due pilastri su cui poggia l’umanità, il macellaio lo strangola.

25 TODO MODO (1976) Sceneggiato dal solo Petri (dall’omonimo romanzo di Sciascia), Todo modo è il film più ambizioso del regista anche a partire dal cast: Gian Maria Volonté, Marcello Mastroianni, Mariangela Melato, Ciccio Ingrassia, Tino Scotti, Franco Citti, Renato Salvatori, Michel Piccoli. Trama: durante una epidemia, un centinaio di notabili di un partito cattolico al potere da trenta anni si riuniscono in un convento- albergo ufficialmente per un corso di esercizi spirituali guidati da un prete astuto e calcolatore,Don Gaetano (Mastroianni), ma in realtà per spartirsi il potere. Il film finisce con il Presidente (Volontè) che si farà uccidere dal Segretario del partito. Caratteristiche: Una virulenta, sarcastica caricatura del sistema di potere della Democrazia Cristiana e del suo leader Aldo Moro che le scenografie di Dante Ferretti e l’interpretazione di Volonté ingigantiscono. A parte Rosi e Petri altri cineasti italiani del “consumo impegnato” del periodo sono: Damiano Damiani, Florestano Vancini, Carlo Lizzani, Nanni Loy, Giuliano Montaldo o Citto Maselli

26 Gian Maria Volontè (1933-1994) E’ il volto più noto del cinema politico italiano. Nasce a Milano nel 1933 ma passa l’infanzia a Torino, abbandona gli studi all'età di 14 anni, a 16 anni si unisce alla compagnia teatrale itinerante “I carri di Tespi” ricoprendo i ruoli di aiuto-guardarobiere e segretario. Nel 1954 frequenta l‘ Accademia Nazionale d’Arte Drammatica dove si fa notare come un "giovane di grande talento”. Nel 1957 ha la sua prima esperienza come attore recitando nello sceneggiato tv La Foresta pietrificata (dal dramma di Robert E. Sherwood) per la regia di Franco Enriquez. Segue una intensa attività teatrale mentre nel 1960 avviene il suo esordio al cinema in Sotto dieci bandiere di Duilio Coletti. Nel 1962 ottiene il suo primo ruolo da protagonista in Un uomo da bruciare di Valentino Orsini e dei Fratelli Taviani. Nonostante una notevole interpretazione Volonté continua a rimane in ombra sinché Sergio Leone lo chiama come co-protagonista in Per un pugno di dollari (1964). Ottenuto il grande successo nello spaghetti-western, decide di dedicarsi ad un tipo di cinema più impegnato: Uomini contro di Francesco Rosi (1970), Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo (1971), Il caso Mattei di Francesco Rosi (1972) e Sbatti il mostro in prima pagina di Marco Bellocchio (1972). E’ soprattutto con Petri e con Rosi che Volonté esprime al meglio il suo talento. Negli anni Ottanta continua la propria attività attoriale con La morte di Mario Ricci di Claude Goretta (1983), Il caso Moro di Giuseppe Ferrara (1986) e Cronaca di una morte annunciata di Rosi (1987). Nei Novanta "abbandona" il cinema italiano dopo aver recitato in Porte aperte di Gianni Amelio (1990) ed in Una storia semplice di Emidio Greco (1991) per il quale, al Festival di Venezia, viene premiato con il Leone d'Oro alla carriera. In quel periodo Volonté entra in una profonda crisi depressiva a causa degli scarsi impegni lavorativi. Nel 1994, giunge di nuovo una parte di prestigio in Lo sguardo di Ulisse di Theo Angelopoulos. Muore durante le riprese del film per un arresto cardiaco.

27 Marco Bellocchio “Il mio lavoro è sempre stato contraddistinto da uno zizzagare continuo tra generi cinematografici, teatro, cinema militante, tutte esperienze da cui ho sempre cercato di farmi coinvolgere totalmente. Tutto questo (...) mi ha anche fatto restare, come dire, un po’ un eterno dilettante, perché in questo passare da un’esperienza all’altra, e per il modo con cui l’affrontavo, c’era un non volersi convincere dei propri limiti, un non voler rinunciare al sogno onnipotente”

28 Gli elementi salienti della formazione di Bellocchio - Nasce a Piacenza il 9 novembre 1939 da una ricca famiglia borghese di provincia. - Riceve un’educazione strettamente confessionale in vari istituti cattolici. - Alla morte del padre nel 1956 vive una profonda crisi religiosa. - Nel 1959 entra al CSC di Roma per studiare recitazione e poi passa alla classe di regia. - I suoi primi film: La colpa e la pena (1961, cm), il doc. Abbasso il zio (1961) e il mm Un Ginepro fatto uomo, il saggio di diploma al CSC. - Nell’autunno del 1962 parte per l’Inghilterra dove frequenta con una borsa di studio la Slade School of Fine Arts e respira lo spirito contestativo del movimento degli Angry Young Men (I“Giovani arrabbiati”) e del Free Cinema. - Scrive poesie dopo aver coltivato la pittura. - E’ autore ad oggi di 23 lm di finzione.

29 I pugni in tasca (1965) La trama: la feroce dissoluzione di una famiglia borghese composta da una madre cieca e da quattro fratelli: Augusto è l’unico “sano” del gruppo. ha una fidanzata e una vita di relazioni normali; il fratello minore Leone, affetto da ritardo mentale ed epilessia, è un ragazzo tenero, indifeso ed immensamente dolce ma inutile, un impaccio agli occhi degli altri; Giulia (Paola Pitagora), l’unica sorella, vive un rapporto morboso con la famiglia e ha delle tendenze chiaramente incestuose; ed infine Alessandro (Lou Castel), il protagonista, è quello che con maggiore lucidità ma in modo distorto avverte il disagio familiare e cercherà di risolverlo a suo modo in maniera criminale (uccide prima la madre e poi il fratello minorato, alla fine sarà lui stesso vittima del meccanismo). - Il soggetto venne scritto in Inghilterra - Il finanziamento maggiore del film venne - una cosa un po’ strana per un’opera profondamente contro la famiglia – proprio dal fratello Tonino magistrato mentre la madre mise a disposizione due ville di campagna a Bobbio dove sono stati girati gli interni. - A parte Paola Pitagora, il cast era in gran parte costituito da non-professionisti a partire dal protagonista Lou Castel - Il ruolo della musica - Il grande dibattito scatenato dal film (ad esempio Pasolini o Petri)

30 La produzione di Bellocchio sino a Marcia trionfale (1976) I Dopo la satira politica di La Cina è vicina (1967), Bellocchio si dedica ad una serie di esperienze militanti o di lavoro in gruppo. Il movimento del 68’ e dalla contestazione studentesca è vissuto da Bellocchio, molto più di Bertolucci, in maniera piena e militante e la successiva carriera del giovane “arrabbiato” - considerato da P.P.Pasolini il massimo esempio di un nuovo “cinema di prosa” - è di sicuro frastagliata ma segue sempre l’obbiettivo della messa sotto accusa dei sistemi chiusi e autoritari: dopo la famiglia i suoi target saranno: la scuola, l’esercito, la chiesa, il manicomio. Pasolini in una lettera gli aveva scritto profeticamente: “Caro B., per finire questo nostro dialogo di isolati le auguro, come devono suonare le conclusioni, di turbare sempre più le coscienze dell’Esercito, della Magistratura, del Clero reazionario, e insomma della Piccola Borghesia italiana, a cui abbiamo il disonore di appartenere. Saluti affettuosi dal suo P.P. Pasolini.” Interpretato dallo stesso regista nella parte del professore conservatore, Discutiamo, discutiamo (1968) è una sorta di pièce teatrale, tra agit-prop e Brecht dove si mette in scena senza fronzoli un esemplare caso di contestazione studentesca alla pedante lezione di un cattedratico. Poi Bellocchio gira due documentari militanti di propaganda: Paola e Viva il 1 maggio rosso.

31 La produzione di Bellocchio sino a Marcia trionfale (1976) II A questi primi esperimenti seguono film più tradizionali, “d’impegno” che rientrano nel filone del cinema politico degli anni Settanta: Nel nome del padre (1972), l’opera più significativa di questa fase e poi Sbatti il mostro in prima pagina (1972, con protagonista Gian Maria Volontà) o Marcia trionfale (1976, con Franco Nero e Michele Placido) sull’autoritarismo nell’esercito italiano. Trama di Sbatti…: Alla vigilia delle elezioni del 1972, la quindicenne Maria Grazia viene trovata morta alla periferia di Milano. Il redattore-capo Bizanti (Volonté), sentito il parere dell’ingegner Montelli, finanziatore de “Il Giornale”, incarica di seguire il caso un giornalista principiante, Roveda, affiancandolo allo smaliziato e senza scrupoli Lauri. Dal canto suo Bizanti avvia indagini private: avvicina la professoressa Rita Zigai, amante di Mario Boni (della sinistra extraparlamentare) e in possesso del diario della defunta. Manipolando le notizie ottenute, Bizanti e Lauri presentano un colpevole alla polizia, alla magistratura e all’opinione pubblica. Solo Roveda, che nutre dubbi, avvicina il bidello della scuola di Maria Grazia scoprendo con orrore la mistificazione e l’autentico assassino. Il redattore-capo anziché denunciare l’assassino, licenzia Roveda, tenendo pronta la notizia da sfruttarle secondo l’esito delle elezioni. Sbatti il mostro in prima pagina è un film su commissione poco amato dal regista che si inserisce nel filone del cinema commerciale d’impegno anche per la presenta di Gian Maria Volonté.

32 La produzione di Bellocchio sino a Marcia trionfale (1976) III  il cinema realizzato in collettivo (Rulli/Petraglia e Silvano Agosti): Nessuno o tutti/Matti da slegare (1974) o La macchina cinema (1978) dedicato al mondo del cinema.  Matti da slegare inverte il tradizionale punto di vista sull’argomento: non si parla del lavoro svolto da medici, assistenti sociali, tecnici o politici ma racconta, attraverso le proprie voci, la vita di ragazzi che avevano vissuto in case di cura e manicomi. Il film si basa sulle tesi del medico veneziano Franco Basaglia (1924-1980), il maggior rappresentante italiano della cosiddetta “antipsichiatria”.

33 Il periodo “Massimo Fagioli” (1980-1995)  Il gabbiano (1977) è il primo film di fiction dove sono evidenti i segni della curvatura psicanalitica che il cinema di Bellocchio comincerà a prendere.  Già in Salto nel vuoto (1980) sono presenti le influenze del controverso psicanalista romano Massimo Fagioli, fautore dell’analisi collettiva dei sogni.  In questo periodo che parte dal 1977 e si conclude con Il sogno della farfalla (1995), la ricerca filmica del regista piacentino prosegue più nell’ambito del privato, nell’esplorazione dell’Inconscio e nella ricerca della bellezza dell’Immagine.  Le opere più significative di questo periodo, oltre a Salto nel vuoto, sono Diavolo in corpo (1986, che non ha nulla a che fare con il romanzo di Raymond Radiguet, 1921, né con il film di Claude Autant-Lara, 1947) e La condanna (1991)

34 L’opera di Bellocchio dal 1995 sino ad oggi 1) Sogni infranti. Ragionamenti e deliri (1995), doc., coregia Daniela Ceselli. 2) Il principe di Homburg (1997) inaugura nella fiction l’ultima fase del cinema del regista piacentino. 3) Addio del passato (2002) doc. sulla Opera lirica e Verdi. 4) L’ora di religione (2002). 5) Buongiorno, notte (2003) 6) Il regista di matrimoni (2006) 7) Vincere (2009) 8) Sorelle Mai (2010) 9) Bella addormentata (2012)

35 Sogni Infranti (1995) Buongiorno,notte(2003) Il tema del terrorismo era stato esplorato nel doc. Sogni infranti. Ragionamenti e deliri (1995) dove in 4 interviste – filmate quasi sempre in primo piano – “si esplora la fine dell'illusione rivoluzionaria post-'68. Parlano quattro ex: il dirigente sindacale e politico Vittorio Foa, il segretario dell'Unione dei comunisti italiani (marxisti-leninisti) Aldo Brandirali e due brigatisti E. Fenzi e M. Gidoni”. Liberamente tratto dalla biografia romanzata Il prigioniero (2003) dell’ex brigatista Anna Laura Braghetti e della giornalista Paola Tavella, invece in Buongiorno, Notte si procede in una lettura intimistica e personale del sequestro di Aldo Moro. Con: Maya Sansa Roberto Herlitzka, Luigi Lo Cascio, Paolo Briguglia, Pier Giorgio Bellocchio. Trama: Chiara, una giovane militante attiva nella lotta armata, è coinvolta nel sequestro Moro. Attraverso il suo sguardo prende corpo il complesso mondo degli "anni di piombo", disperatamente fiducioso nell’avvento della rivoluzione e intrappolato nei rituali della clandestinità. Di contro è chiamata a vivere la normalità del quotidiano con i suoi ritmi di sempre... La storia: Presidente della DC dal 1976, Aldo Moro fu rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo 1978. Il cadavere fu fatto trovare in una R4 vicino le sedi del PCI e della DC il 9 maggio 1978.

36 I film più significativi dopo L’ora di religione (2002) Buongiorno, notte (2003). Con Maya Sansa, Roberto Herlitzka, Luigi Lo Cascio, Paolo Briguglia, Pier Giorgio Bellocchio. Presidente della DC dal 1976, Aldo Moro fu rapito dalle Brigate Rosse il 16-3-1978. Il suo cadavere fu fatto trovare vicino le sedi del PCI e della DC il 9-5-1978. Vincere (2009) con Giovanna Mezzogiorno e Massimo Timi. Dedicato alla vita di Ida Dalser, moglie segreta del Duce, e del loro figlio Benito Albino Mussolini, il film affronta di petto i temi della violenza nei confronti di una donna e di suo figlio e dello iato tra la verità ufficiale e quella reale nell’Italia fascista. Sorelle Mai (2010) con Piergiorgio Bellocchio, Donatella Finocchiaro, Alba Rohrbacher. Composto da sei segmenti girati a Bobbio tra 1999 e il 2008 nell’ambito del corso “Fare Cinema”, il film racconta cronologicamente di una bambina, Elena, nella sua crescita dai 5 ai 13 anni, di sua madre Sara sorella di Giorgio e dei loro difficili rapporti. Una epopea familiare autobiografica.

37 Gli esordi di Bernardo Bertolucci Nato a Parma (1941) e primo figlio del grande poeta Attilio Bertolucci (1911- 2000), Bernardo trascorre la sua infanzia a Baccanelli (nei dintorni di Parma) per poi trasferirsi a Roma con la famiglia nel 1952. Anche il fratello minore Giuseppe (1947- 2012) è stato un valido regista e organizzatore culturale.  Se Marco Bellocchio è stato influenzato dal Free Cinema inglese, Bertolucci ha rivolto tutte le sue attenzioni cinefile al cinema francese della Nouvelle vague.  Del 1956 (La morte del maiale) e del 1957 (La teleferica) risalgono le sue prime esperienze amatoriali in 8 mm, oggi andate perdute.  Malgrado una grande cinefilia, il giovane Bertolucci inizialmente vuole diventare un poeta e frequenta, Pier Paolo Pasolini, che viveva nella stesso edificio della famiglia Bertolucci. Nel 1962 vince il premio Viareggio con la raccolta In cerca del mistero.  Con Pasolini inizia il suo avvicinamento al cinema: prima come assistente di Accattone (1961), poi dopo aver scritto la sceneggiatura de La commare secca (insieme a Sergio Citti ), passa alla regia di questo progetto che Pasolini avrebbe dovuto dirigere ma aveva lasciato al suo discepolo. Il film viene presentato al Festival di Venezia del 1962 con discreto successo.

38 Prima della rivoluzione (1964) - E’ un film chiave nell’evoluzione artistica di Bertolucci perché vi ritroviamo,in nuce, tutte le ossessioni cinematografica del nostro autore. Con: Adriana Asti, Allen Midget, Francesco Barilli, Morando Morandini, Gianni Amico. - Trama: la storia di un amore impossibile. Il ventenne Fabrizio (Barilli), figlio di un'agiata famiglia di Parma, ama, riamato, Gina (Adriana Asti), giovane e nevrotica sorella di sua madre, ma non ha il coraggio (e la maturità) di andare fino in fondo e si adatta a un matrimonio di convenienza, rinunciando anche all'impegno politico di iscritto al PCI: "Per gente come me è sempre prima della rivoluzione". - L’’”educazione sentimentale” di un giovane borghese in preda all’ambiguità - sia in ambito politico e soprattutto personale (il rapporto con Gina e cioè dell’incesto). - Per la prima volta vengono usati dei professionisti. Ma anche amici del regista. - E’ una sorta di ritorno a casa: Parma e l’Opera italiana e contiene una scena di ballo. - Il film ha scarso successo a Bertolucci entra in crisi. Segue un momento difficile.

39 Il 68’di Bertolucci:Agonia e Partner - La sua produzione è varia: gira un doc. su commissione per la RAI, La via del petrolio (1965/66) in due parti, scrive la sceneggiatura (con Dario Argento) di C’era una volta il West (1968) di Sergio Leone e dopo diversi progetti mancati realizza 2 film molto legati al momento storico della rivolta studentesca: Agonia (con il “Living Theater” di Julian Beck) per Amore e rabbia (1969), composto da altri 4 episodi diretti da Lizzani, Pasolini, Godard, Bellocchio (Discutiamo, discutiamo). - Fatto quasi in diretta con gli eventi del maggio francese, Partner (1968) è il tributo esplicito pagato al 1968, un film su cui anche l’autore è autocritico: “Su Partner negativo lo sono sempre stato, fin da allora, ma non in senso estetico, critico, ma come può far male ricordare un periodo della vita in cui la 'malattia' è l'unica cifra! Non so se è un film brutto, sbagliato, so che è un film malato, come sono malati molti dei film fatti nella seconda metà degli anni '60 e nei primissimi '70. Nessuno di noi, credo, aveva raggiunto un rapporto sereno con il proprio inconscio, allora” (1975).

40 Partner (1968) - Con Pierre Clémenti, Stefania Sandrelli, Tina Aumont, Sergio Tofano, Ninetto Davoli. - Trama: Giacobbe (Clémenti) insegna teatro a Roma ma si sente frustrato. La sua vita cambia quando compare un suo alter ego che progressivamente prende il suo posto. Giacobbe ama timidamente Clara (Sandrelli) ma l'altro si comporta diversamente. Anche a lezione i due si distinguono: mentre lui discetta sul teatro l'altro insegna a costruire bombe molotov. - Si tratta, apparentemente, di un adattamento letterario, l’ attualizzazione de Il sosia di Dostoevskij (1846) ma, in realtà, è una parabola neanche troppo cifrata del contemporaneo maggio ’68 dove si avverte anche nello stile l’aria dei tempi con un delirio di piano-sequenza contro l’uso del montaggio. - Bertolucci segue la massima di Jean-Luc Godard : "Non bisogna più fare film politici. Bisogna fare politicamente dei film". - Si frammenta la narrazione finalizzando tutti gli elementi visivi e sonori a una scomposizione schizofrenica di una realtà (la vita) che deve di continuo confrontarsi con la finzione (il cinema e il teatro). - Seguono infine le esperienza “militanti” di Bertolucci al pari di quasi tutti i cineasti di sinistra all’epoca: nel 1971 realizza 16 mm per l’ARCI: La salute è malata (I poveri muoiono prima) fatto per la campagna elettore del PCI. Ad esso bisogna aggiungere Lavoro a domicilio (non realizzato) e infine L'addio a Enrico Berlinguer (1984), un doc–omaggio collettivo al leader comunista.

41 Il conformista (1971) 1 Con : Jean-Louis Trintignant, Stefania Sandrelli, Dominique Sanda, Gastone Moschin. Trama: Marcello Clerici (Trintignant) si reca a Parigi in viaggio di nozze. La luna di miele è una copertura: all'insaputa della moglie Giulia (Sandrelli), deve eliminare il suo ex professore antifascista. Il “conformista” sente vacillare la fede nel regime e in più s'innamora della moglie del Prof (Sanda)…. I caratteri principali del film: 1) Per la prima volta Bertolucci compie un vero e proprio adattamento di un romanzo, quello omonimo di Alberto Moravia (del 1951), e non come in precedenza di spunti o motivi letterari (Borghes, Dostrojevski). E’ mutato l’atteggiamento di B. nei confronti della sceneggiatura mentre la struttura temporale è a flash-back incastrati l’uno nell’altro a differenza del romanzo.

42 Il conformista (1971) 2 2) Apparentemente sembra essere un altro film “di impegno civile” tuttavia pur nel mutamento di ottica (grande pubblico, grande budget, cast internazionale) non rinunzia ad uno stile molto personale. ll tema dell’estraneità sarà poi sviluppato in Last Tango in Paris.  3) Grazie al lavoro di Kim Arcalli, Bertolucci “scopre” il montaggio.  4) Ciò non toglie che i contenuti, la cinefilia e le ossessioni bertolucciane spariscano mentre per la prima volta la musica è stata composta per il film da Georges Delerue.  5) Con Il conformista Bertolucci trova il fulcro centrale della sua poetica e ciò l’ipotesi che il cinema sia voyerismo.

43 Novecento I e II (1976) Con Robert De Niro, Gérard Depardieu, Burt Lancaster, Donald Sutherland, Dominique Sanda, Alida Valli, Sterling Hayden, Stefania Sandrelli, Laura Betti Trama: I due protagonisti nascono entrambi il 27 gennaio 1901 e nello stesso luogo (una grande azienda agricola emiliana): Alfredo (De Niro ) è il figlio dei ricchi proprietari, i Berlinghieri; Olmo (Depardieu ) è figlio di una contadina Rosina e di uomo noto solo a lei. Le lotte contadine e la Grande Guerra prima, e il fascismo con la lotta partigiana per la Liberazione poi, sono al centro del racconto. Altre due figure indimenticabili sono il nonno di Alfredo (Lancaster) e Attila (Sutherland ) un fattore violento e spietato che rappresenta l’arrivo del fascismo in un luogo dove la ricca borghesia iniziava a temere le organizzazioni socialiste. Al sospirato giorno della Liberazione, Attila viene giustiziato e Alfredo è preso in ostaggio. Olmo, creduto morto, ricompare ed inscena un processo sommario ad Alfredo. Il legame di amicizia però prevale mentre sopraggiungono i membri del CLN a disarmare i contadini. Alfredo ed Olmo iniziano così a scherzare di nuovo e ad accapigliarsi come da bambini.

44 Novecento - E’ uno dei film più caratteristici degli anni Settanta con tutte le sue contraddizioni: il progetto “ideologico” di fare del cinema politico-intellettuale con mezzi popolari, di parlare della storia del Socialismo nella Padana con i soldi (e attori) americani. - Pur essendo un kolossal sembra un film “regionale” semplificato. - Le sequenze finali del “processo al padrone” sono quelle più contestabili quasi da cinema militante o forse un inserto teatrale quasi di origine brechtiana. - In Novecento emerge uno dei fili rossi della poetica di Bertolucci mai mostrata sino a quel momento in modo così chiaro: l’importanza dell’infanzia

45 La produzione di Bertolucci sino a oggi La luna (1979), La tragedia di un uomo ridicolo (1981) L'ultimo imperatore (The Last Emperor) (1987) Il tè nel deserto (The Sheltering Sky) (1990) Piccolo Buddha (Little Buddha) (1993) Io ballo da sola (Stealing Beauty) (1996) L'assedio (Besieged) (1998) The Dreamers (2003) Io e te (2012)

46 Gli esordi di Nanni Moretti (1) - Figlio di un prof. universitario e di un’insegnante di liceo, Giovanni (Nanni) Moretti nasce a Brunico/Brunich il 19 Agosto 1953. Romano di Prati, fin da bambino, si appassiona al cinema e alla pallanuoto e si forma dentro i movimenti extraparlamentari di sinistra. - Gira dei cm con un gruppo di amici che saranno gli attori-personaggi dei primi film: La sconfitta, e Paté de bourgeois (entrambi del 1973); poi una versione comica de I promessi sposi, Come parli, frate? (1974), mm in cui ha il ruolo di Don Rodrigo. - Nel 1976, firma il suo primo lm Io sono un autarchico e da subito nasce il caso Moretti, l’emblema del nuovo regista italiano. Realizzato in Super8, il film ha come protagonista Michele Apicella, (Moretti), alter-ego di se stesso in tutti film successivi sino a Bianca (1984).

47 Gli esordi di Nanni Moretti (2) -Sulla stessa lunghezza d’onda segue il più professionale Ecce bombo (1978), dove si ritrova l’idea di fotografare a caldo la generazione dei reduci del ’68 attraverso la figura di Michele e dei suoi amici. La struttura è ancora rudimentale, per sequenze successive e montaggio interno, come fosse la striscia di un fumetto, ma pur ridendo delle battute e delle situazioni emerge un fondo agro di solitudine e di disillusione. L’aspetto stilistico forse più interessante e originale nel primo Moretti è l’uso straniante e surreale della musica. - Il cast dominato dalla onnipresente figura di Nanni/Michele, è composto in gran parte da amici, è un miscuglio di attori professionisti e non (spesso imprestati dal mondo familiare o intellettuale o dell’università).

48 L’importanza di Moretti (1) Il “caso” Moretti è stato importante per far nascere un nuovo modello di sviluppo nel cinema italiano. Egli ha dimostrato: 1) si può entrare nel cinema da una via che non sia quella tradizionale dell’industria e della professione. Moretti inizia con dei Super8 autoprodotti e poi lavora in 16 mm, non ha fatto il CSC, non ha cercato di imparare il mestiere né di imporsi nel cinema professionale. Il suo lavoro scaturisce dalla cinefilia “Nouvelle Vague” e dall’istruzione universitaria (il Dams di Bologna). Realizza il suo primo lm nel primo anno di grande crisi del cinema italiano, il 1976 (Cadaveri eccellenti e Todo modo). 2) Moretti è diventando subito il cineasta di riferimento di una intera generazione.

49 L’importanza di Moretti (2) 3) Nei film di Moretti si ride per le battute e le situazioni ma non siamo dentro la commedia all’italiana. Inoltre il fondo tragico (o tragi-comico) e moralista dei suoi film lo ha portato lontano dall’esperienza artistica dei “nuovi comici”. Allo stesso Moretti si deve la formula per definire i propri lavori, quella del film “divertente che fa soffrire”. 4) Al centro di un cinema dalla trama “debole” c’è sempre una forte tensione etica (o moralismo politico) 5) A differenza della generazione dei grandi registi “politici” del passato alle prese con grandi temi (la Mafia, il 3 mondo, la speculazione edilizia, l’autoritarismo nella polizia o nella fabbrica), Moretti parte dal privato e dal quotidiano, secondo lo slogan “il personale è politico”.

50 MORETTI NEGLI ANNI OTTANTA  In Sogni d’Oro (1981), per la prima volta Moretti usa attori professionisti (Laura Morante e Alessandro Haber) Gran Premio Speciale della Giuria al Festival di Venezia. Poco riuscito film sul cinema, si racconta di un regista, Michela Apicella, al lavoro su La mamma di Freud, dove avvengono una serie di eventi che lo faranno apparire più antipatico e asociale che mai.  Sempre con Laura Morante, nel 1984, gira Bianca, poi l’anno successivo segue La messa è finita (1985) entrambi sceneggiati insieme a Sandro Petraglia, in cui si narra la storia di un sacerdote alla prese con il dolore e i problemi dei suoi parrocchiani. Il film ottiene l’ Orso d’argento al Festival di Berlino. I due film segnalano una grande crescita professionale di Moretti. Nel 1986 fonda, con Angelo Barbagallo, la Sacher Film che, oltre a produrre i suoi lavori, farà debuttare registi come Carlo Mazzacurati (Notte italiana), Daniele Luchetti (Domani accadrà e Il portaborse) e poi Mimmo Calopresti (La seconda volta). Apre anche una sala a Roma, il Nuovo Sacher, e nel 1997, una società di distribuzione (prima Tandem poi Sacher Distribuzione).

51 Palombella rossa (1989) Con: Nanni Moretti, Mariella Valentini, Silvio Orlando, Eugenio Masciari, Asia Argento Trama: Torna la figura di Michele Apicella, questa volta funzionario del PCI: in seguito ad un incidente si ritrova senza memoria e durante una partita di pallanuoto, colto da amnesia, rimette insieme i pezzi della propria vita e discute sul disagio, la confusione, le contraddizioni della Sinistra. Omaggio alla pallanuoto (lo sport praticato con successo dal giovane Moretti) e prima apparizione di Moretti nella parte di un personaggio politico, Palombella Rossa parla dell’ennesima crisi d’identità del suo alter-ego. Se sino ad allora, la politica era stato un ingrediente fondamentale del cinema morettiano, qui però si prende di petto, in modo quasi profetico, l’imminente crisi della sinistra comunista. Palombella Rossa esce nel settembre 1989 al Festival di Venezia diventando un caso politico-giornalistico. Due mesi dopo cadrà il muro di Berlino, aprendo il mondo ad un nuovo scenario, non più basato sull’antagonismo tra le due superpotenze. Interpretato tra gli altri da una giovanissima Asia Argento (nella parte della figlia di Moretti) e da molti amici e colleghi del regista, è diventato il suo primo successo di pubblico internazionale, aprendo una grande discussione su cosa significava essere di sinistra, sulla perdita della memoria e dell’identità storica.

52 Da Palombella rossa al 2000 Palombella rossa inaugura la fase più creativa (e politica) dell’opera morettiana che gira nel 1990 La cosa, un documentario su come si stava trasformando il PCI che di lì a poco sarebbe diventato PDS, il Partito Democratico della Sinistra. Tra i film prodotti dalla Sacher Film c’è Il portaborse (1991), firmato da Daniele Luchetti ma profondamente influenzato dalla personalità di Moretti. E’ un altro film profetico, nel descrivere pochi anni prima del collasso della Prima Repubblica e la discesa in campo di Berlusconi, un certo modo di far politica in Italia. Segue quello che per molti è il suo capolavoro, Caro diario, (1993, Palma d’Oro al Festival di Cannes) che lo consacra un grande regista internazionale. Dopo aver prodotto e interpretato La seconda volta (1995) firmato questa volta da Mimmo Calopresti, realizza infine Aprile (1998) dove fonde la forma del home-movie (un retaggio del suo passato in Super8) alla forma del diario intimo per raccontare la nascita del figlio, Pietro, oltre alle angosce politiche nell’atto di fare un documentario sulle elezioni politiche del 1996.

53 Caro Diario(1993) Con: Nanni Moretti, Nanni Moretti, Silvia Nono, Renato Carpentieri, Antonio Neiwiller. Trama: in tre episodi (In vespa, Isole e Medici), nel primo siamo a Roma in agosto e Moretti girovaga in moto. Dopo aver osservato delle coppie ballare, incontra per caso Jennifer Beals, poi va a vedere Henry-Pioggia di sangue (John McNaughton, 1999 ) che trova brutto e violento. Decide di fare un terzo grado a un critico che lo ha lodato, infine arriva sulla tomba di Pasolini a Ostia. In Isole, la parte più disimpegnata e divertente, incontra un amico che non ama la televisione. Girano le Eolie fino a quando la tranquillità e la solitudine non fanno esplodere l'amico, che si converte a Beautiful e a Chi l'ha visto? e fugge verso il continente. Medici è la cronistoria, con una ripresa iniziale autentica, della malattia contratta da Moretti. Diagnosi e medicine sbagliate, medici poco disposti ad ascoltare. Poi il paradosso finale: la presunta malattia della pelle era un tumore benigno i cui sintomi erano riportati in una semplice enciclopedia. Da molti considerato il suo capolavoro, in Caro diario (Premio per la regia al Festival di Cannes) si passa da un sentito omaggio a Pasolini e alla città di Roma, alla ironica critica del cinema e della tv, fino alla scoperta di un tumore benigno. La forma diaristica (cfr. il Wim Wenders di Der Himmel über Berlin, 1987), già esplicita e dichiarata nel titolo, qui si mescola ad una sorta di autobiografia personale e politica. Moretti non straparla di sé come spesso accade, trovando una felice e originale forma di equilibrio filmico.

54 Aprile(1998) Con: Nanni Moretti, Silvio Orlando e Silvia Nono Trama: Il discorso di Emilio Fede al Tg4 annuncia la vittoria di Silvio Berlusconi alle politiche del 1994. Sconcertato dalla vittoria della destra Moretti intende girare un documentario su Berlusconi e il conflitto d'interessi. L’idea viene accantonata per fare posto ad un musical. Ma nel 1996 ci saranno le elezioni anticipate e Moretti (che nel frattempo aveva sospeso il musical per mancanza d'idee) ripensa al suo progetto del doc. Contemporaneamente la moglie gli rivela di essere incinta e da quel momento la vita di Moretti si divide tra il lavoro sul documentario e la nascita del figlio. Incontra notevoli difficoltà professionali e soprattutto personali nel ruolo di padre. Il documentario non verrà realizzato in tempo, quindi Moretti abbandona il progetto (anche per via della vittoria della sinistra) e si dedica nuovamente al musical. Aprile fonde insieme la forma del film di famiglia (un retaggio del suo passato di Super8) con la forma fratta del diario intimo. Il film parte dal 28 marzo 1994 (data della vittoria elettorale del centro-destra di Silvio Berlusconi) e termina nell’agosto 1997 quando l’autore decide di tornare al cinema di finzione su un progetto sempre vagheggiato e mai sinora girato se non sotto forma della sequenza finale. Nel film che porta all’estremo il mix di Caro Diario, si mescolano la crisi della generazione post-68, la mediocrità della classe dirigente, il tentennare della sinistra, la volgarità della tv e l’indifferenza cinica della gente.

55 Moretti nel terzo millenio  Nel terzo millennio, Moretti ha realizzato tre (o meglio 4) film abbastanza diversi dal suo stile passato ma forse non altrettanto validi dei precedenti.  Palma d’Oro al Festival di Cannes del 2001, ritorno di Laura Morante protagonista, La stanza del figlio (2001) con Jasmine Trinca è forse il film più privato di tutta la sua carriera. Anche se il finale sembra rasserenante, nel narrare l’elaborazione del lutto del figlio da parte del protagonista (sempre interpretato dal regista), rappresenta l’opera più cupa di tutta la filmografia di Moretti, dove non si ride mai, anche se ricompaiono puntuali tutti i tic e ossessioni dell’autore.  Nel 2002, facendosi portavoce di una diffusa posizione critica sia nei confronti del governo di centrodestra sia degli esponenti del centrosinistra, è tra i promotori del movimento dei girotondi. Questo periodo di politica attiva sfocia in un film profondamente schierato Il caimano (2006), esplicito atto di denuncia contro il premier Silvio Berlusconi.  Segue infine, nel 2011, Habemus Papam mentre oggi Moretti sta finendo di girare il suo dodicesimo lm, Mia madre. 

56 Il caimano(2006) Con: Silvio Orlando, Jasmine Trinca, Margherita Buy, Michele Placido, Elio De Capitani e Nanni Moretti. Trama: Bruno Bonomo, ex produttore di cinema spazzatura (Cataratte, Maciste contro Freud, Mocassini assassini), attraversa un momento difficile: la sua produzione è sull'orlo del fallimento ed il matrimonio con Paola, star dei suoi vecchi film, sta andando in pezzi. L’unica ancora di salvezza sembra essere il copione di una giovane regista, Teresa, che vuole girare Il caimano per raccontare la storia di Silvio Berlusconi. Bonomo riuscirà malgrado tutto a realizzare una scena, quella del processo finale al Caimano condannato a sette anni. Atteso spasmodicamente dalla stampa e uscito a ridosso della campagna elettore del 2006, Il caimano, con gli strumenti del “film nel film” e riprendendo moduli stilistici già collaudati, ambisce ad essere un film diverso da quello del cinema classico italiano tipo Todo modo. Guidato da una violenta indignazione morale, è così un’opera ambiziosa di metacinema che chiede sempre una giustificazione del proprio operato. Comprato dalla RAI, è stato trasmesso sulla tv pubblica solo a 5 anni dalla sua nascita nel 2011.

57 Gli inizi di Matteo Garrone - Nasce a Roma il 15 ottobre 1968 da una famiglia intellettuale: il padre, Mirco, è un critico teatrale, la madre una fotografa. A scuola, il giovane Matteo pratica con successo Il tennis. Si diploma al Liceo Artistico nel 1986, prima lavora come aiuto operatore e poi si dedica alla pittura, a tempo pieno. - Debutta con il cortometraggio Silhouette (1996), che vince il Festival Sacher. Nel 1997 realizza il primo lm,Terra di mezzo, un collage di tre storie di immigrazione (prostitute nigeriane, giovani albanesi in caccia di un lavoro qualsiasi, un egiziano che di notte si trasforma in benzinaio abusivo) ambientate nei dintorni e dentro Roma. - Sempre nel 1997 gira, a New York, il doc. Bienvenido Espirito Santo; dopo l’incontro con gli sceneggiatori Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata, firma in co-regia, Un caso di forza maggiore e, poi il doc. Oreste Pipolo, fotografo di matrimoni e il suo secondo lm, Ospiti (1998) che sembra essere la continuazione meno riuscita del secondo episodio di Terra di mezzo. Dopo aver affrontato il tema dell’emigrazione senza retorica, si occupa del mondo dello spettacolo e delle cantine romane nel suo terzo e meglio riuscito film, Estate romana, presentato a Venezia nel 2000 nella sezione “Cinema del presente”.

58 Garrone nel terzo millenio (I)  Nel terzo millennio sino ad oggi, Garrone ha realizzato altri 4 film tra i suoi più significativi.  Con L’imbalsamatore (2002), il regista romano fa un salto di qualità estetica ma resta fedele al tema della marginalità che affrontato affinando il discorso in una direzione più introspettiva (e di genere). Sono cambiate un po’ le logiche di produzione (prima l’autoproduzione indipendente adesso la Fandango di Domenico Procacci), ma non varia il suo approccio personale. La realtà della storia viene letta con il sentimento del documentarista o del fotografo: alla ricerca della verità, Garrone è interessato a rivelare l’essenziale, indagato con occhio clinico.  Scritto con Ugo Chiti e Massimo Gaudioso, ispirato a un fatto di cronaca romana, reinventato da Vincenzo Cerami in L'omicidio del nano (in Fattacci, 1997), L’imbalsamatore rappresenta un raro esempio di noir all'italiana che sa coniugare cinema d'atmosfera con lo scavo psicologico e il racconto d'azione.

59 Garrone nel terzo millenio (2)  Presentato con discreta risonanza mediatica nel 2003, esce Primo amore, dal romanzo Il cacciatore di anoressiche di Marco Mariolini, sceneggiato dal regista con Massimo Gaudioso e lo scrittore vicentino Vitaliano Trevisan (quest'ultimo anche protagonista improvvisato insieme all’attrice teatrale Michela Cescon alla prima esperienza dietro la mdp). Con Primo amore dunque Garrone conferma continua il discorso iniziato ne L’imbalsamatore sullo squallore della provincia italiana profonda e quello su degli amori perversi. E lo fa sempre con il suo stile “rubato” alla vita. Primo amore è un film molto disturbante soprattutto per l’insistita ripresa sulla nuda e spaventosa magrezza della protagonista che è stata costretta a dimagrire più di 15 kl per rendere la parte di anoressica.  Infine dopo diversi anni di attesa e sempre prodotto dalla Fandango torna dietro la macchina da presa nel 2008 per cimentarsi con un progetto assai importante, la trasposizione cinematografica del bestseller sulla camorra e la criminalità napoletana di Roberto Saviano, Gomorra.

60 Garrone nel terzo millenio (2)  Presentato con discreta risonanza mediatica, segue Primo amore (2003), dal romanzo Il cacciatore di anoressiche di Marco Mariolini, sceneggiato dal regista con Massimo Gaudioso e lo scrittore vicentino Vitaliano Trevisan (quest'ultimo anche protagonista improvvisato insieme all’attrice teatrale Michela Cescon alla prima esperienza dietro la mdp). Con Primo amore dunque Garrone conferma continua il discorso iniziato ne L’imbalsamatore sullo squallore della provincia italiana profonda e quello su degli amori perversi. E lo fa sempre con il suo stile “rubato” alla vita. Primo amore è un film molto disturbante soprattutto per l’insistita ripresa sulla nuda e spaventosa magrezza della protagonista che è stata costretta a dimagrire più di 15 kl per rendere la parte della anoressica.  Dopo il grande successo di Gomorra (2008) segue Reality (2012) e sta concludendo Il racconto dei racconti (2015).

61 Gomorra  Dopo diversi anni di attesa e sempre prodotto dalla Fandango, Garrone torna dietro la mdp nel 2008 per cimentarsi con la trasposizione cinematografica del bestseller sulla camorra e la criminalità napoletana dello scrittore Roberto Saviano (1979), Gomorra (2006, 2.000.000 di copie vendute in Italia, 33 traduzioni nel mondo).  Un film senza: Senza linearità, senza protagonista, senza attori noti (tranne Toni Servillo, ma per pochi), senza molte scene-madri, senza variazioni di tono, senza prediche, senza catarsi.  Parla di potere, sangue, soldi attraverso l'incrocio di 5 vicende che si annodano fluidamente senza danneggiare l'omogeneità narrativa. Racconta la camorra tra Napoli e Caserta, un sistema che - secondo i titoli di coda - ha ucciso in 30 anni più di 10.000 persone. Con le altre mafie (Sicilia, Calabria, Puglia) – dicono sempre le statistiche - fa parte di un impero criminale con un giro d'affari di 150 miliardi di euro l'anno ( la Fiat arriva a 58). Non li guadagna soltanto con droga, armi, estorsioni. Fa affari in tutto. Omicidi a parte, è la storia di una normalità, di una catastrofe pulita, di una Chernobil alla diossina.

62 Paolo Sorrentino (1) Nato il 31 Marzo 1970, napoletano purosangue, Paolo Sorrentino, regista e/o sceneggiatore di tutti i suoi film si è distinto per uno tipologia di cinema molto personale ma anche internazionale (già la sua opera seconda approda al grande traguardo del Festival Di Cannes). E anche autore letterario. Il suo è uno stile rigoroso, quasi geometrico e molto costruito nella scelta delle inquadrature e dei movimenti di macchina quanto innovativo ed eccentrico a livello di scrittura della sceneggiatura. Tutto il contrario di Matteo Garrone. La sua è una fucina di storie e di personaggi tanto forti quanto originali, Sorrentino mostra uno spirito creativo e sofisticato anche sul piano visivo e musicale, passando in modo disinvolto da Ornella Vanoni all’elettronica o meglio l’”indietronica“ (indie electronic) dei Lali Puna.

63 Paolo Sorrentino (2)  Pur avendo compiuto alcune esperienze pratiche, Sorrentino proviene soprattutto dal mondo della scrittura cinematografica (vincitore del Premio Solinas nel 1997 con Dragoncelli di fuoco, e altre esperienze come la sceneggiatura di Polvere di Napoli di Antonio Capuano o la serie tv La squadra).  Ha esordito alla grande con il pluripremiato L’uomo in più (2001), dopo due cortometraggi tra cui L’amore non ha confini (1998), che segna l’inizio della sua collaborazione con la società napoletana “Indigo Film” (produttrice di tutti i suoi lavori). Con i L’uomo in più inizia anche un fortunato sodalizio artistico-produttivo, con l’attore Toni Servillo (Afragola/Napoli, 1959), protagonista di diverse sue opere (4 su 6).

64 Paolo Sorrentino (3)  Segue un film meno riuscito dove inizia a collaborare con il grande direttore della fotografia Luca Bigazzi: Le conseguenze dell’amore (2004) presentato al Festival di Cannes, sempre con Toni Servillo nell’abito di un drogato, di un personaggio scomodo e antipatico.. Come il precedente (e il successivo) il film è montato da Giogiò Franchini poi sostituito a partire da Il divo da Cristiano Travaglioli. Paolo Sorrentino lavora (attore, tecnici) quasi sempre con le stesse persone.  Ritorna di nuovo a Cannes con L’amico di famiglia (2006), storia del vecchio usuraio Geremia de’ Geremei (Giacomo Rizzo – è il primo film senza Tony Servillo), ulteriore sgraziato antieroe nella galleria di creature disperate create dalla penna e dalla macchina da presa del regista napoletano.  A Il Divo (2008) seguono This Must Be the Place (2011), scritto con Umberto Contarello e interpretato da Sean Penn, Frances McDormand e Judd Hirsch. Infine La grande bellezza (2013) che ha riportato in Italia dopo 15 anni la statuetta dell’oscar come miglior film straniero.  Nel 2010 ha esordito in letteratura con Hanno tutti ragione, a cui è seguito il libro di racconti Tony Pagoda e i suoi amici (2012) ispirato al personaggio del cantante de Un uomo in più.

65 Il Divo Nel 2008 sempre in Concorso al Festival di Cannes realizza Il Divo, scomodo ritratto della figura di Giulio Andreotti (Roma, 1919 – 2013) - di nuovo interpretato dal suo attore feticcio Toni Servillo - nel periodo della sua discesa politica, raccontata nel periodo tra 1991 e 1993, a cavallo tra la presentazione del VII° Governo Andreotti e l'inizio del processo di Palermo per collusioni con la mafia. Il film riceve il premio della Giuria (Garrone invece il Gran Prix della Giuria). I due film sono antitetici: “barocco” e scritto l’uno, “lineare” e improvvisato l’altro.

66 Programma del CORSO (1) 1) Parte generale “Lezioni e slide del Corso” (saranno disponibili sul sito del mio insegnamento a Natale) 2) Approfondimento a scelta di 2 trai seguenti autori (sono indicati dei volumi a scelta): A) Marco Bellocchio - Adriano Aprà (a cura di), Marco Bellocchio – Il cinema e i film Marsilio B) Bernardo Bertolucci - Stefano Socci, Bernardo Bertolucci, Il Castoro - Adriano Aprà (a cura di), Bernardo Bertolucci, Marsilio C) Nanni Moretti - Flavio de Bernardinis, Nanni Moretti, Il Castoro - Simone Isola (a cura di) Moretti, Sovera - Vito Zagarrio (a cura di), Nanni Moretti. Lo sguardo morale. Marsilio. D) Elio Petri: -A. Rossi, Petri, Il Castoro -Diego Mondella (a cura di) Ultima trovata. Trent'anni di cinema senza Elio Petri, Pendragon E) Matteo Garrone - Pierpaolo De Sanctis; Domenico Monetti; Luca Pallanch (a cura di), Non solo Gomorra. Tutto il cinema di Matteo Garrone, Edizioni Sabinae. F) Paolo Sorrentino - Pierpaolo De Sanctis Pierpaolo; Domenico Monetti; Luca Pallanch (a cura di), Divi & antidivi. Il cinema di Paolo Sorrentino, Laboratorio Gutenberg. - Franco Vigni, La maschera, il potere, la solitudine. Il cinema di Paolo Sorrentino, Aska Edizioni.

67 Programma del CORSO (2) - Conoscenza dei seguenti 10 film :  1) Scegliere tra Salvatore Giuliano di Francesco Rosi o La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo;  2-3) Scegliere due film di Elio Petri tra: Cittadino al di sopra di ogni sospetto, La classe operai va in paradiso o Todo Modo;  3-4) Scegliere due film di Marco Bellocchio tra: I pugni in tasca, Sbatti il mostro in prima pagina, Buongiorno notte o Vincere;  5-6) Scegliere due film di Bernardo Bertolucci tra: Prima della rivoluzione, Il conformista, Novecento (I) e (II);  7-8) Scegliere due film di Nanni Moretti tra: Palombella rossa, Caro diario, Aprile, Il caimano;  9) scegliere tra Terra di mezzo o Gomorra di Matteo Garrone;  10) Il divo di Paolo Sorrentino. E’ caldamente consigliata (non obbligatoria) la lettura di Gian Piero Brunetta, Guida alla storia del cinema italiano, Einaudi, dal capitolo sul neorealismo sino a oggi. Sugli autori portati, possono essere fatte delle tesine (non obbligatorie) di circa 10.000 caratteri (spazi esclusi) che vanno consegnate SU CARTA (NON via email) IMPROROGABILMENTE ALMENO UNA SETTIMANA PRIMA DELL’ ESAME. Previo accordo con il docente, si possono portare dei testi alternativi rispetto a quelli indicati. http://www.lettere.uniroma2.it/minisito/beni-culturali

68 FILM DA PORTARE ALL’ESAME 1) Scegliere tra Salvatore Giuliano di Francesco Rosi o La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo; 2-3) Scegliere due film di Elio Petri tra: Cittadino al di sopra di ogni sospetto, La classe operaia va in paradiso o Todo Modo; 3-4) Scegliere due film di Marco Bellocchio tra: I pugni in tasca, Sbatti il mostro in prima pagina, Buongiorno notte o Vincere; 5-6) Scegliere due film di Bernardo Bertolucci tra: Prima della rivoluzione, Il conformista, Novecento (I) e (II); 7-8) Scegliere due film di Nanni Moretti tra: Palombella rossa, Caro diario, Aprile, Il caimano; 9) scegliere tra Terra di mezzo o Gomorra di Matteo Garrone; 10) Il divo di Paolo Sorrentino.


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