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Mettere fine alla guerra. il dolore della morte in guerra: un’esperienza condivisa e diffusa  Francia, Gran Bretagna, Germania: morirono quattro milioni.

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Presentazione sul tema: "Mettere fine alla guerra. il dolore della morte in guerra: un’esperienza condivisa e diffusa  Francia, Gran Bretagna, Germania: morirono quattro milioni."— Transcript della presentazione:

1 mettere fine alla guerra

2 il dolore della morte in guerra: un’esperienza condivisa e diffusa  Francia, Gran Bretagna, Germania: morirono quattro milioni di uomini (un arruolato su sei); ogni famiglia visse l’esperienza del lutto e superare il trauma rappresentò una sfida difficile da vincere  Si pose dunque subito il problema di elaborare cerimoniali del lutto che fossero efficaci e che consentissero di dare un senso alla carneficina ; al centro si pose la ricerca di un linguaggio adeguato ad esprimere la perdita  Ne derivò un linguaggio che trovava molte ispirazioni dalle forme tradizionali del lutto e della celebrazione (le più ampiamente e omogeneamente diffuse)  Si produssero però significativi scarti: dopo la 1GM il lessico patriottico del 1914 non poté più essere usato ; dopo la 1 GM se la guerra poteva ancora trovare una giustificazione, non poteva però più trovare una glorificazione

3 elaborazione del lutto Il dolore è uno stato d’animo, la perdita una condizione. L’una e l’altra sono mediate dal lutto Elaborazione del lutto (dal latino luctus, pianto, lugere, piangere ed essere in lutto) un insieme di azioni e di gesti tramite i quali chi sopravvive esprime la sua pena e passa per le varie fasi della privazione Lutto collettivo : ci si sente tutti “comunità”, improvvisamente unita di fronte all’atrocità di una morte così improvvisa (lutto cittadino, fiaccolate, momenti di preghiera)

4 comunità affettive e parentele «adottive»  Crocerossine, commilitoni, ufficiali che scrivono alle famiglie dei caduti: dare una conferma alla morte del proprio caro vuol dire dare avvio al processo del lutto e al possibile superamento della sofferenza  Dare consolazione e sostegno: associazione di reduci e di mutilati; associazioni per la protezione e la tutela delle vedove e degli orfani  Pellegrinaggi ai campi di battaglia e monumenti ai caduti (simboli collettivi, che parlano alle collettività umane e per loro conto)

5 domanda  Come gli occidentali si sono rapportati alla morte in guerra?  NB: attenzione molto recente della storiografia per la «perdita», per il dolore collettivo che deve essere in qualche modo gestito da chi rimane

6 un nuovo interesse storiografico  Fino ad ora: -Attenzione per i veterani e per le commemorazioni, -Attenzione per il numero delle vedove e degli orfani, per le pensioni erogate e per i fenomeni di declassamento sociale, -Attenzione per il ruolo assunto dalle donne sole, ecc. Nuova domanda della storiografia contemporanea: in che modo si è sofferto?

7 un dolore assai poco ben definito Nella lingua francese: esiste la sola parola «lutto» ; per indicare chi prova sofferenza vi sono solamente i termini «vedove di guerra», «vedove bianche» e «pupilli della nazione» (non esistono termini specifici che designino il padre o la madre del caduto in guerra, il fratello o la sorella di quest’ultimo, ecc..) Nella lingua inglese: si distingue tra bereavement (che è la constatazione oggettiva della perdita), grief (che designa la sofferenza psichica, il dolore che tale perdita produce) e mourning (il lutto propriamente detto, ovvero il percorso attraverso il quale i sopravvissuti esprimono la propria pena e percorrono le tappe del lutto) Nella lingua tedesca: si usa Trauer (indica il lutto), trauernd (per indicare chi è stato colpito dal dolore di una morte) e Verlust (per la perdita)

8 l’insufficienza del linguaggio di fronte all’immensità del dolore della perdita è una prima spiegazione del grande silenzio

9 il silenzio è rivelatore del senso di colpa I grandi traumi si combinano ottimamente con il senso di colpa per essere sopravvissuti alla persona morta, quindi si accompagnano sempre con una forte pulsione al silenzio

10 l’ostentazione muta del dolore AL MIO CARO SPOSO. TERRIBILE GUERRA, tu che mi hai strappato il mio amato offrendo in sua vece soltanto pianti e che non hai voluto la nostra felicità. Tu mi hai costretto ad abbandonare l’abito da sposa per indossare il grande velo della vedova sconsolata. Perché? Eri forse gelosa della nostra felicità? A trentotto anni, amato marito mio ti sei allontanato dalla tua cara moglie per vendicare la tua Patria lasciandomi poche speranze, e a trentanove anni, dopo un anno passato a patire sofferenze, mi hai lasciato, ahimè, per sempre, straziandomi il cuore. Ora per consolarmi non mi rimane altro che inginocchiarmi su questa fredda pietra. Addio mio caro marito. Ti piangerò per tutta la vita.

11 il rapporto dei contemporanei con la morte La Prima guerra mondiale ha un ruolo fondamentale nell’ avviare un processo culturale complesso : la rimozione della morte, come del lutto, dall’orizzonte degli europei dopo la seconda guerra mondiale (il massimo sforzo del linguaggio è stato fatto con la 1GM, dopo Hiroshima e Auschwitz cosa si può ancora dire?) 1914-1915: sono moltissime le persone che vestono in nero (per evidenziare, secondo tradizione, il lutto); poi però la dimensione di massa della morte conduce all’affermarsi di un certo «pudore»: l’ ostentazione della morte appare non più appropriata, il lutto assume forme più discrete e personali

12 il lutto collettivo

13 Se vuoi la vita, commemora i morti Sopportare la vita: questo è pur sempre il primo dovere di ogni essere vivente… Ricordiamo il vecchio adagio: Si vis pacem, para bellum. Se vuoi conservare la pace, preparati alla guerra. Sarebbe tempo di modificarlo così: Si vis vitam, para mortem. Se vuoi poter sopportare la vita, disponiti ad accettare la morte… Sigmund Freud (1914)

14 Lutto e melanconia, Freud Per alcuni il peso del lutto è sopportabile, per altri è schiacciante. Questi ultimi sono definiti da Freud «melanconici». Si ritrovano avviluppati in un sentimento della perdita totalizzante, incapaci di distinguere ciò che è stato strappato alla loro vita. La loro perdita è sì qualcosa di concreto, ma al tempo stesso di generico. Al contrario, il lutto non melanconico riconosce la realtà della perdita e alla fine si distacca dallo scomparso. Il melanconico non è in grado di farlo, a meno che non intervenga qualche elemento di mediazione che lo aiuti a identificare la perdita e a fissarne i limiti. A quel punto si può rendere conto di cosa è scomparso e cosa è sopravvissuto.  I riti celebrati intorno ai monumenti funebri, e in particolare il fatto di leggere i nomi di coloro che sono morti e toccare le iscrizioni, costituiscono strumenti per allontanare la melanconia distruttiva, attivare un percorso di elaborazione del lutto e, staccandosi dai morti, ricominciare a vivere.  Il rito diviene uno strumento che serve tanto a scordare che a ricordare (vero e proprio rito di passaggio)

15 Commemorare lontano da casa Art. 225 de Trattato di Versailles: I Governi Alleati e associati e il Governo tedesco faranno rispettare e tenere in buono stato le sepolture dei soldati e dei marinai inumati nel loro rispettivo territorio

16 un caotico avvio…  Nel 1916 gli inglesi decisero di tenere distinti i propri rituali commemorativi da quelli dei francesi (fu istituita un commissione con il compito di accogliere i caduti inglesi e degli altri Dominions; con poche eccezioni i resti sarebbero rimasti sul campo di battaglia e non sarebbero tornati in patria). La scelta inglese fu improntata a un criterio di equità: «garantire il rimpatrio ai soli cadaveri identificati sarebbe stato discriminante nei confronti di metà della popolazione»  Gli americani optarono per il rimpatrio delle salme, i tedeschi – che non potevano certo tornare sui luoghi della guerra – scelsero di fare riposare i caduti laddove erano morti  Francia : la prima fase fu caotica; si utilizzano cimiteri comunali civili posti in prima linea, i cimiteri in prossimità degli ospedali oppure anche i cimiteri dei paesi nativi (in questo ultimo ostacolo vengono posti tutta una serie di ostacoli burocratici alle famiglie, spesso aggirata con bustarelle elargite ai sindaci dei paesini)  Duro scontro politico sul luogo della sepoltura dei caduti in guerra: -In un primo momento ebbero la meglio i «duri e puri» del sacrificio per la patria (i caduti devono riposare assieme ai commilitoni laddove essi si sono sacrificati) -In un secondo momento si dovettero accettare le richieste delle famiglie (nel 1923 sono circa 300.000 le salme dei caduti identificati a essere riportate a casa, su 700.000 identificati in totale)

17 Notre Dame de Lorette Si tratta del più grande cimitero militare francese Il sito è posto nel luogo dove furono combattute tre battaglie: La prima battaglia di Artosi (27.9-10.10.1914) La seconda battaglia di Artois (9.5-15.5.1915) La terza battaglia di Artois (25.9-15.10.1915) Il cimitero e l’ossario contengono più di 40.000 soldati

18 Douaumont La costruzione inizia nel 1920 e già alcuni anni dopo era in grado di ospitare i resti di circa 130.000 soldati non identificati. Sagoma del monumento che riproduce la forma stilizzata di una gigantesca spada conficcata nel terreno, dal quale emerge soltanto l'impugnatura. Il monumento si estende per una lunghezza di 138 metri ed è coperto all'interno da una lunga volta a botte, sotto la quale i visitatori possono seguire un percorso di singole tombe e targhe commemorative, mentre l'ossario vero e proprio si trova nella parte sotterranea. Al centro della struttura, troneggia la torre di 46 metri (Tour des Morts), dalla quale si ha una vista sul cimitero antistante e sulle zone dove si svolsero le battaglie. Davanti all'ossario, sono sistemate quindicimila tombe, dotate di semplici croci, in bianco per i soldati considerati come appartenenti ai vincitori, in nero per i vinti.

19 Cima del Grappa Iniziato nel 1932, inaugurato nel1935. l sacrario contiene i resti di 22.910 soldati ed è così disposto:  Settore nord, ossario austroungarico con 10.295 morti (di cui 295 identificati)  Settore sud, ossario italiano con 12.615 morti (di cui 2.283 identificati) Tra i due ossari, c'è la cosiddetta via Eroica lunga 300 metri, con a lato i cippi recanti i nomi delle cime teatro di guerra. Nel sacrario c'è una tomba importante per la storia del Grappa, è quella del maresciallo d'Italia, generale Gaetano Giardino, che qui comandò l'armata del Grappa

20 Redipuglia  Più di 100.000 caduti che sono qui inumati (l’85% sono soldati ignoti)  I lavori iniziano nel 1920, poi il sacrario subisce una marcata impronta fascista ( lavori finiranno nel 1931). Una seconda inaugurazione sarà nel 1938  Il fascismo si dipinge come erede dei caduti in guerra, quindi s’impossessa di quella legittimità e la fa propria (la «rivoluzione fascista» come il compimento della guerra eroica iniziata nel 1915)  Insieme monumentale unico per imponenza (superiore per numero di caduti inumati a tutti i campi del Fronte occidentale)  La politica fascista è quella di riunire i caduti, monumentalizzandoli all’interno di complessi (che faranno perdere le ultime tracce dell’identità individuale)

21 Una scenografia attenta  Il visitatore deve attraversare l’ampio piazzale percorrendo la «via eroica» (pavimentata da 38 lapidi che ricordano le principali battaglie del Carso) e fermarsi davanti ad un altare per rendere omaggio allo schieramento dei morti;  Al secondo livello, al centro e in prima fila (come a comandare un esercito di morti), è posta la tomba in marmo rosa di Emanuele Filiberto duca d’Aosta (comandante della IIIa Armata); alle sue spalle le tombe di cinque generali al suo comando (nb: tutti morti dopo il conflitto, caso quasi unico…)  Al terzo livello i 22 gradoni dell’ossario, che raccolgono, in ordine alfabetico, il nome, il grado e le decorazioni di poco meno di 40.000 ufficiali, sottufficiali e soldati  All’apice è posta una cappella fiancheggiata da due ossari ospitanti ciascuno circa 30.000 caduti  Scelte architettoniche che amplificano l’idea della gerarchia militaresca  Turismo negli anni Trenta: stazione ferroviaria appositamente costruita, visite organizzate dal Touring Club

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23 Dietro l’apparente uniformità  Steli e croci di marmo chiaro per i «buoni», scuro per i «cattivi»  Viene imposto ai vinti di seppellire in massa i propri caduti negli spazi a loro assegnati (devono occupare, quindi «contaminare» il meno possibile il sacro terreno nazionale)  Diversità nelle scelte dei cimiteri: - i britannici «inglesizzano» i cimiteri (seminata l’erba e in alcuni casi specie vegetali dell’Australia e dell’India), lasciano libertà alle famiglie di intervenire nello spazio alla base della tomba o del monumento; normalmente non scelgono la croce. In questo modo i morti britannici riposano in terra chiaramente inglese; -Gli americani raggruppano tutti i morti in pochissimi luoghi

24 Gallipoli, Australian War Memorial

25 commemorare a casa

26 Quando si costruiscono i monumenti ai caduti ? Sono iniziati quando la mobilitazione patriottica, ripresasi nel 1917, è ormai svanita Perché vengono costruiti e di chi è l’iniziativa? Non ci sono direttive precise, ogni comunità si regola come meglio crede Straordinaria uniformità dei modelli cerimoniali : ci si rifà ai modello della tradizione cristiana 1. il sacro consente di alleviare la pena e dare un senso alla perdita; 2. I caduti possono essere paragonati ai martiri o allo stesso Cristo; 3. Il cristianesimo promette un’altra vita e un ricongiungimento futuro FRANCIA: abbiamo a che fare con «monuments aux morts» ; soltanto i morti hanno diritto all’iscrizione del nome sul monumento; i monumenti sono posti al centro di luoghi pubblici (al centro dello spazio pubblico urbano) e sono voluti dalle comunità locali (36.000 comuni in Francia) PAESI ANGLOSASSONI: «War Memorial» (accezione più ampia, i monumenti non richiamano solo la memoria della morte ma anche quella della guerra); la tradizione anglosassone è maggiormente legata al volontariato (quindi vi sono i nomi di chi ha partecipato, non solo di chi è morto); spesso sono le associazioni dei reduci a commissionare le opere

27 Fortissima omogeneità Soldati semplici in atto di slanciarsi all’assalto, morenti oppure vittoriosi; grande quantità di simboli (palme, lauro, croce di guerra) ed iscrizioni classiche; scelta di elencare i morti per ordine alfabetico (aumento il senso di omogeneità); spesso ci sono i simboli nazionali (il galletto, san Giorgio, un’aquila); si usano molti stilemi tratti dalla tradizione cattolica, anche in paesi e situazioni non necessariamente molto devoti (ad esempio in Francia)-> il soldato richiama col suo sacrificio il sacrificio di Cristo; la madre del combattente che lo tiene in braccio richiama naturalmente la Vergine Maria

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29 le feste nazionali dedicate ai caduti  I rituali della nazione sono anche utili alla sacralizzazione della patria («i caduti sono cittadini che si trasformano in figli della patria»)  Se le feste della nazione devono restituire l’immagine di una comunità politica rappacificata, le cerimonie in onore dei caduti devono rinsaldare la comunità dei vivi nel culto patriottico Nei diversi paesi europei la ridefinizione del calendario civile rappresentò una sorta di specchio dei dilemmi lasciati in eredità dalla guerra (legati al senso di identità smarrita e all’esigenza di ritrovarla nello spazio simbolico- rituale della nazione)  Due tendenze : a)Prefigurazione di un nuovo rapporto tra le feste civili e le liturgie religiose b)Istituzione di una commemorazione in onore dei caduti in guerra

30 nuovo rapporto tra feste civili e liturgie religiose Fenomeno molto evidente nei paesi cattolici FRANCIA: il clima di Union sacrée ha favorito il riavvicinamento tra Stato laico e Chiesa cattolica; simbolicamente questo passaggio è segnato dalla creazione della festa di Giovanna d’Arco (dall’8 maggio 1920) SPAGNA: Fiesta de la Raza (12 ottobre 1918), legata all’Hispanidad ITALIA: forte mobilitazione del culto della Madonna e del Sacro Cuore di Gesù

31 feste nazionali per commemorare i caduti La maggior parte dei paesi belligeranti scelse come data da celebrare quella dell’ 11 novembre Francia 1919 : si celebra sia la data del 14 luglio (sfilata militare, festa dell’esercito); sia quella dell’ 11 novembre (dedicata ai caduti e ai familiari) NB: anche il 14 luglio tutto è «contaminato» dal lutto e dal dolore (sfilata di truppe aperta da mille mutilati in rappresentanza del milione di grandi invalidi di guerra; bandiere listate a lutto; partito socialista che organizza contromanifestazioni con poesie e musiche)

32 l’italico 4 novembre Grande ritardo dei governi italiani nell’istituire un’unica data celebrativa  I motivi sono da cercare: -paura di assecondare le richieste del mondo combattentistico (smorzare gli entusiasmi dei reduci, percepiti come pericolosi, minimizzando e facendo passare sotto silenzio) -paura dei rituali antagonistici (mazziniani, fascisti, nazionalisti); -paura che si potessero esasperare vecchie fratture (come quella, interna al mondo liberale, prodotta dall’interventismo) -problemi di ordine pubblico e problemi economici Il rischio è il proliferare di date celebrative, tutte collegate a un preciso campo politico e ad una opzione politica: -24 maggio; -12 settembre (Fiume); -20 settembre (Mazziniani); -4 novembre (armistizio Austriaco) -11 novembre (termine della guerra)

33  Fortemente voluta dal ministro della Guerra Ivanoe Bonomi, poi anche presidente del Consiglio (1921)  Perché il 4 novembre? -Rischio che i fascisti impongano il 24 maggio; -Nel 1920 si sono già tenute moltissime manifestazioni non istituzionali nella giornata del 4 novembre (ad es. a Roma, grande rilevanza data al «re guerriero» e all’esercito); -Esempio di grandi cerimonie di «riappacificazione» tenute all’estero, attorno alla nuova figura del milite ignoto

34 il milite ignoto Il culto del milite ignoto rappresenta l’invenzione commemorativa per eccellenza della Grande Guerra: l’anonimato garantisce l’eroismo di tutti e permette il lutto di tutti. Tombe di tal specie diventano gli altari della patria Le cerimonie esemplari sono quelle tenute a Londra e Parigi, l’11 novembre 1920 Solo due casi fanno eccezione: GERMANIA : è la Germania di Weimar e la proposta di Adenauer (sindaco di Colonia) di fare una cerimonia del genere sulle sponde del Reno non può essere accettata RUSSIA BOLSCEVICA : non si può accogliere a Mosca altra tomba che quella di Lenin, perché il vero evento non è la guerra mondiale bensì la guerra rivoluzionaria  Parigi 1920: Al Panthéon (accanto al cuore di Gambetta, nel posto esplicitamente dedicato ai grandi uomini) o all’Arco di Trionfo? 10 novembre: la bara di un soldato senza nome arriva da Verdun (resti scelti tra quelli di altri otto), veglia funebre in piazza Denfert- Rocherau 11 novembre: corteo da piazza Gambetta all’Arco di Trionfo, passando per il Panthéon; trasportato su un affusto di cannone con la bandiera tricolore e circondato dai mutilati. Nel corso di tutta la giornata il feretro è accompagnato da una famiglia simbolica: una vedova di guerra, una madre e un padre «orfani» di un figlio, un figlio «orfano» di padre

35 il milite ignoto italiano  Basilica di Aquileia: una madre che ha perso il figlio in guerra sceglie il feretro tra altri otto  Treno che trasporta il feretro fino a Roma, fermandosi a ogni stazione e ricevendo il tributo dalla folla  Roma: esequie religiose nella chiesa di S. Maria degli Angeli (musiche patriottiche, si sostituisce la Marica reale con la Canzone del Piave)  Corteo verso piazza Venezia con la Canzone del Piave, suono delle campane e colpi di cannone nel momento dell’inumazione  Ripetuta presenza di figure femminile nel corso di tutte le fasi dell’evento celebrativo  Non è un evento di pacificazione politica come è avvenuto in Francia Le forze dell’antinazione sono state letteralmente sommerse da tutto un popolo che ha celebrato il rito della Patria vittoriosa. Le cerimonie di questi giorni rappresentano un momento importantissimo nella storia della Nazione. Sono l’indice di una psicologia cambiata. Hanno rivelato l’anima vera, profonda e pura del popolo italiano. Il Governo sa ora che – volendo – può schiantare le forze dell’antinazione. Se non lo fa ci penseremo noi. Benito Mussolini


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