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Corso di teorie della ricerca architettonica\a.a.2013- 2014 prof. paola scala allievo: nome cognome matr. 1° esercitazione.

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Presentazione sul tema: "Corso di teorie della ricerca architettonica\a.a.2013- 2014 prof. paola scala allievo: nome cognome matr. 1° esercitazione."— Transcript della presentazione:

1 corso di teorie della ricerca architettonica\a.a.2013- 2014 prof. paola scala allievo: nome cognome matr. 1° esercitazione

2 corso di teorie della ricerca architettonica\a.a.2013- 2014 prof. paola scala allievo: nome cognome matr. appunti di viaggio: l’eredità del classico\ la questione della misura

3 corso di teorie della ricerca architettonica\a.a.2013- 2014 prof. paola scala allievo: nome cognome matr. 2° esercitazione

4 corso di teorie della ricerca architettonica\a.a.2013- 2014 prof. paola scala allievo: nome cognome matr. appunti di viaggio: il riferimento in architettura\i modi del comporre

5 corso di teorie della ricerca architettonica\a.a.2013- 2014 prof. paola scala allievo: nome cognome matr. 3° esercitazione

6 I materiali per preparare l’esame: Una guida… qualcuno che ci aiuti nella lettura di un’opera es. Eisenman p. (1970), Dall’oggetto alla relazionalità: la Casa del Fascio di Terragni, in «Casabella» n. 344, gennaio, pp. 38-41 oppure A. Ferlenga (a cura di) (2005), Boullée E.L. Architettura. Saggio sull’arte, Einaudi, Torino oppure G. Samonà (1975), “Lettura della cappella a Ronchamp”, in L’unità tra architettura e urbanistica, Milano, Franco Angeli, pp. 133- 136.

7 Cosa voglio dire E come faccio a dirlo Nella costruzione del capannone principale, come afferma Beherens, determinante è stata l’idea architettonica di concentrare le masse in metallo e non dissolverle come si usa di solito nelle costruzioni a traliccio. Di conseguenza i pilastri a traliccio dello spazio interno vengono trasformati all’esterno in pilastri di forma scatolare formano un contorno chiuso che non teme il confronto con i pilastri monolitici, specialmente se, come in questo caso, la sezione è di forma quasi quadrata. … per quanto tutti i dettagli caratteristici delle costruzioni metalliche siano ben visibili, essi vengono subordinati a una forma complessiva che è può essere descritta adeguatamente anche con l’ausilio di categorie stilistiche tradizionali. Questo vale anche per la lunga trave orizzontale posta a filo al di sopra dei pilastri metallici. La sequenza ritmica delle nervature verticali di irrigidimento trasforma l’elemento tecnico-costruttivo in un fregio di metope che conferisce alla facciata un accento classico. Heuser M. (1998), La finestra sul cortile. Beherens e Mies van der Rohe: Aeg- Turbinenhalle, Berlino 1908-1909, in «Casabella» n.651\652, pp. 14-25

8 Cosa voglio dire E come faccio a dirlo … al piano superiore lo scheletro metallico sembra scomparire, a un primo sguardo nell’artcolazione secondaria della cortina di vetro. La struttura portante e e il tamponamento sono complanari e si ramificano fino a fondersi nella sottile intelaiatura delle finestre... Il piano superiore della facciata verso il cortile non è caratterizzata da forti cesure, bensì da sottili sfumature. Mentre i montanti a doppio T delle finestre vengono sormontati completamente dal reticolo metallico della vetrata, i pilastri dell’orditura portante possiedono una dimensione maggiore, tanto che ne resta visibile una parte della loro superficie. A una visione attenta, il ritmo sempre uguale dell’intelaiatura delle finestre si trasforma nel ritmo alternato dei montanti secondari e orditura portante. Per quanto la facciata del piano superiore presenti l’aspetto di un curtain wall, da un punto di vista costruttivo si tratta di una soluzione completamente diversa, in quanto i pilastri portanti interrompono una superficie vetrata. Heuser M. (1998), cit.

9 Cosa voglio dire E come faccio a dirlo Nella Neue Nationalgalerie di Berlino, Mies, ripropone, usando tutt’altre proporzioni, quella condizione di grandiosità dell’opera che nasce da un sentimento di equilibrio improbabile. Dal progetto di Behrens sono passati cinquant’anni, durante i quali la sperimentazione in architettura ha avuto il suo corso. Mies ripropone un’architettura dall’ “equilibrio improbabile” cambiando la posizione e la misura dei pezzi e delle parti che compongono l’opera. I pilastri, rastremati verso l’alto e incastrati non in uno zoccolo ma nel volume che contiene il museo, non conoscono la mediazione dell’architrave, ma reggono l’“enorme copertura” attraverso una “minuscola cerniera” che, posta alla sommità del pilastro, smaterializza il punto di appoggio in uno spazio vuoto. La copertura costituita da una piastra nervata sembra schiacciare il prisma vetrato arretrato rispetto al filo dei pilastri.

10 Cosa voglio direE come faccio a dirlo Quello che a San Lorenzo è planimetricamente quadrato … qui diventa un rettangolo, avente su uno dei lati maggiori, la parte frontale… le quattro pareti dello spazio a base rettangolare sono equivalenti a due a due… lo schema dell’intera costruzione può essere interpretato come derivante non tanto da una pianta rettangolare quanto cruciforme sebbene a bracci di diseguale ampiezza. Questa virtuale pianta a croce, che ipotizziamo per spiegare il senso di espansione in tutti e quattro i lati dello spazio interno contribuisce anche a spiegare il proposito brunelleschiano di elevare una cupola su ambiente rettangolare, non solo, ma annullare la realtà della figura longitudinale a vantaggio di un’idea di centralità... Il maggiore e più significativo artificio rimane il passaggio dal rettangolo di base al quadrato sul quale si imposta la cupola. A tal fine Brunelleschi spartisce ciascuno dei lati lunghi del rettangolo in uno spazio arcuato avente su ogni lato due moduli verticali delimitati da tre paraste; ciascuno dei lati brevi reca lo stesso spazio arcuato con ai lati un modulo verticale ; la differenza tra rettangolo e quadrato è quindi assorbita da un modulo e dalla diversa larghezza delle paraste d’angolo… nell’angolo, l’incontro dei due archi reggenti la cupola si effettua sulla parasta centrale che divide i due moduli del lato lungo; cosicchè la parete corrispondente a questo lato viene conclusa da un arco della stessa ampiezza e curvatura di quello che conclude la parete corrispondente a lato breve: ma mentre la prima si svolge sul piano della parete, il secondo gira su un piano antistante la parete del lato breve e discosto da essa di una distanza pari al modulo verticale determinandosi così un’imbotto dell’estradosso. De Fusco R. ( 1973) Segni, storia e progetto dell’architettura, Laterza, p. 197

11 Cosa voglio direE come faccio a dirlo …la zona inferiore di Sant’Ivo… risulta Totalmente “immersa” nel corpo di fabbrica dell’edificio preesistente e quindi priva di un suo spazio interno… ha come evidente matrice l’intersezione di due triangoli equilateri. Al posto dei tre pigoli del primo presenta altrettanti tratti concavi, al posto dei tre spigoli del secondo altrettanti tratti convessi; ma poiché il raggio di curvatura di quest’ultimi è minore, ogni tratto convesso è preceduto da due rettilinei; pertanto il perimetro presenta una successione di tratti concavi rettilinei e convessi, ogni tratto curvilineo risultando sempre due rettilinei per un totale di tre concavi, tre convessi e sei rettilinei. Ciasuno di tali segmenti planimetrici genera in alzato degli elementi di parete a due ordini che… hanno un’articolazione più complessa di quella derivente dal semplice sviluppo altimetrico dei tratti di pianta. Infatti, assumendo come modulo il tratto rettilineo, Borromini lo scandisce con paraste corinzie giganti e lo riporta sulle superfici convesse, che risultano ridotte d’ampiezza a quella che ad essa conferisce il rispettivo tratto in pianta. Le tre facce concave, così diminuite, si presentando diversamente conformate… De Fusco R. (1973), cit.

12 Cosa voglio direE come faccio a dirlo Nel cenotafio a Newton la forma della sfera rappresenta il carattere di uno spazio assoluto nel quale la posizione dell’osservatore è definita in maniera univoca. Il carattere di quest’architettura racconta un concetto di spazio non definito dalle dimensioni dell’opera ma dalla sua forma che sola si addice a questo monumento e tale è per la sua curvatura, che lo spettatore non può spostarsi come desidera: è costretto, come da cento forze superiori a rimanere al posto a lui assegnato, vale a dire nel centro, alla distanza dalla superficie più adatta a favorire gli effetti illusori dell’insieme. Questo spazio non racconta la forza di gravità, la mette in forma schiacciando l’osservatore con l’immensità del vuoto che lo sovrasta e al quale egli stesso non può accedere.

13 Cosa voglio direE come faccio a dirlo Nel progetto di una biblioteca pubblica, l’architetto francese ipotizza di trasformare la corte del convento dei Cappuccini, nei pressi di Piazza Vendôme, in un’immensa basilica illuminata dall’alto; le pareti di quest’aula sono costituite dalle gallerie dei libri, così che i libri stessi appaiono come i materiali dell’architettura. Boullèe motiva questa scelta in base alle necessità funzionali di gestire la distribuzione dei libri e di rendere più facile la sorveglianza all’interno della biblioteca. Di fatto però, come egli stesso sottolinea, la scelta di realizzare questo anfiteatro di libri trova la sua ragione anche in questo caso nella volontà di anteporre la scelta del carattere dell’opera al suo stesso progetto, realizzando uno spazio evocativo della Scuola di Atene di Raffaello. L’immensità della biblioteca, che è il principale carattere architettonico, è sì simbolicamente l’immensità della cultura o della sua storia ma è all’interno di un edificio singolo e singolare.

14 Cosa voglio direE come faccio a dirlo Il pontile, un segno lineare forte, una traccia assoluta che “misura” la valle, diventa ordinatore dei blocchi edilizi gradonati che costituiscono i nuclei residenziali, evidenziando le differenze orografiche del terreno e il rapporto altimetrico con il costruito. I servizi dell’Università si raccolgono in quattro grandi piazze che sono posizionate nei punti in cui il grande asse lineare incontra le strade di colmo ortogonali, stabilendo così una relazione significativa tra sistema didattico, unità residenziali e servizio territoriale. Sono tre dunque le misure stabilite da questa “città lineare per lo studio e la ricerca”, che rievoca figure di lecorbusieana memoria. Una misura orizzontale, che scandisce il ritmo della localizzazione dei blocchi edilizi; una misura dell’orografia della valle, rintracciabile nella variazione della distanza tra la quota di calpestio del ponte e quella del terreno, e infine una misura del territorio, che attraverso le quattro grandi piazze intercettate dalle strade di colmo ordina la propria dispersione in un tracciato regolare

15 Cosa voglio direE come faccio a dirlo Questa architettura ritrovata fa parte della nostra storia civile; ogni invenzione gratuita è allontanata, forma e funzione sono ormai identificate nell’oggetto, l’oggetto, sia parte della campagna o della città, è una relazione di cose l’emergere delle relazioni tra le cose, più che le cose stesse pone sempre nuovi significati. Mentre Rogers, realizzando una nuova tipologia urbana con la Torre Velasca, lavora inserendo la propria opera nell’“immagine astratta” di una città (la Milano comunale), Rossi e Polesello, usando una tipologia consolidata, creano un nuovo oggetto architettonico che stabilisce una nuova tensione tra la sua architettura e il suo “intorno concreto”

16 Cosa voglio direE come faccio a dirlo La casa ha un impianto “originariamente simmetrico”, il che significa che lo schema astratto dell’impianto si deforma e in parte si contraddice nella forma concreta dell’edificio. Nell’ala sinistra dell’ abitazione è posizionata la zona notte e in quella a destra la zona giorno: poiché le due funzioni sono diverse e necessitano di spazi differenti, la casa si “dissimmetrizza”. Lo spazio centrale ruota intorno al nucleo costituito dal camino e dalla scala che sembra reggere la composizione in sezione; tuttavia in pianta questo nucleo appare quasi un elemento di risulta, subordinato alle scelte distributive, che obbligano la scala a deformarsi. Tutta la casa appare caratterizzata da continue contraddizioni di elementi fuori scala: la casa è una piccola casa con grandi dimensioni: il camino è troppo grande e la cappa troppo alta rispetto alla misura dell’ambiente, le porte sono larghe, le spalliere delle sedie alte, c’è all’interno una suddivisione minima dello Spazio.

17 Cosa voglio direE come faccio a dirlo Architettura è geometrizzare A. Siza

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