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Chimica Generale ed Inorganica

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Presentazione sul tema: "Chimica Generale ed Inorganica"— Transcript della presentazione:

1 Chimica Generale ed Inorganica
Corso di Chimica Generale ed Inorganica Prof. Lorenzo de Napoli asdccacac A.A. 2014/2015

2 Prima di cominciare Libro di testo consigliato:
Kotz, Treichel, Townsend Chimica EdiSES Libro di testo consigliato: 1 – Fondamenti.pdf – V 2.0 – Chimica Generale – Prof. L. de Napoli– A.A. 2014/2015

3 Prima di cominciare In generale, possono essere utilizzati anche altri testi moderni di chimica. Il contenuto sarà equivalente, ma l'ordine degli argomenti sarà diverso. Indipendentemente dal libro utilizzato, il programma del corso comprende tutto e solo quanto detto durante le lezioni e le esercitazioni. Durante il corso saranno tenute due prove in itinere. Gli studenti che supereranno entrambe le prove, saranno esentati dalla parte scritta della prova di esame. Il materiale didattico è disponibile sul sito internet: Le iscrizioni al corso sono aperte sullo stesso sito e valgono anche come prenotazione per le prove in itinere. 1 – Fondamenti.pdf – V 2.0 – Chimica Generale – Prof. L. De Napoli– A.A. 2014/2015

4 I concetti fondamentali della chimica
Nella prima parte del corso sono esposti i concetti di base della chimica, molti dei quali dovrebbero esservi già noti, che verranno approfonditi a completati nel resto del corso. Questi concetti sono quelli presenti nel primo dei file pdf presenti sul sito docenti (in pratica quello che state leggendo…). Assicuratevi che tutti questi concetti vi siano perfettamente chiari prima di andare avanti con lo studio (e soprattutto prima di affrontare l’esame!!). 1 – Fondamenti.pdf – V 2.0 – Chimica Generale – Prof. L. De Napoli– A.A. 2014/2015 1 – Fondamenti.pdf – V 2.0 – Chimica Generale – Prof. L. de Napoli– A.A. 2014/2015

5 Prerequisiti Queste conoscenze sono fornite dai corsi di Matematica e di Fisica e saranno date per scontate in questo corso. Alcuni di questi argomenti sono riassunti nel capitolo 1 del libro consigliato. Matematica di base (notazione esponenziale dei numeri e uso delle calcolatrici scientifiche, operazioni algebriche, logaritmi, derivate, integrali) Grandezze e unità di misura (in particolare unità di misura SI) Analisi dimensionale Misura ed errori di misura - cifre significative Meccanica Elettromagnetismo 1 – Fondamenti.pdf – V 2.0 – Chimica Generale – Prof. L. De Napoli– A.A. 2014/2015

6 La chimica Perché bisogna studiare BENE la chimica?
La chimica è la scienza che si occupa delle proprietà della materia e della trasformazione di una forma di materia in un’altra. La sua estrema importanza deriva dal fatto che molte discipline che studierete negli anni successivi si basano su ben determinati concetti che studieremo durante questo corso. D’altra parte, studiando la chimica, scoprirete che essa riguarda la vita di ogni giorno, i processi metabolici che avvengono nel nostro corpo etc. Quindi, studiare la chimica è un modo per acquisire una migliore comprensione del mondo e delle trasformazioni che in esso avvengono continuamente. 1 – Fondamenti.pdf – V 2.0 – Chimica Generale – Prof. L. De Napoli– A.A. 2014/2015

7 Classificazione della materia
Abbiamo detto che la chimica è la scienza che si occupa delle proprietà della materia e della trasformazione di una forma di materia in un’altra. Ma cosa è la materia? Una definizione operativa è che la materia è tutto ciò che possiede massa ed occupa spazio (l’oro, l’acqua, la carne ….). Una proprietà della materia facilmente osservabile è il suo stato, cioè se una sostanza è un solido, un liquido o un gas.

8 La Chimica: una scienza a tre livelli
La chimica opera su tre livelli. Sul primo livello essa si interessa alla materia e alle sue trasformazioni e, a questo livello, possiamo concretamente vedere i cambiamenti, per esempio, un combustibile che brucia. Questo è il livello macroscopico, quello che tratta le proprietà degli oggetti grandi e visibili. La chimica opera su tre livelli. Sul primo livello essa si interessa alla materia e alle sue trasformazioni e, a questo livello, possiamo concretamente vedere i cambiamenti, per esempio, un combustibile che brucia. Questo è il livello macroscopico, quello che tratta le proprietà degli oggetti grandi e visibili.). Il terzo livello è il livello simbolico, espressione dei fenomeni chimici per mezzo di simbolo chimici e di equazioni. Questo livello è il tramite tra gli altri due. 2 Mg + O2 → 2 MgO

9 I settori della Chimica
Tradizionalmente la CHIMICA è suddivisa in tre settori fondamentali: chimica organica: lo studio dei composti del carbonio chimica inorganica: lo studio di tutti gli altri elementi e dei loro composti chimica fisica : lo studio dei principi della chimica Esistono poi speciali aree, come : la biochimica, lo studio dei composti, delle reazioni e di processi chimici che avvengono nei sistemi viventi la chimica analitica, lo studio delle tecniche atte ad identificare le sostanze e a misurarne la quantità la chimica farmaceutica, l’applicazione dei principi della chimica alla realizzazione dei farmaci.

10 La teoria atomica La materia è costituita da un numero limitato di sostanze elementari (che non possono essere scisse in sostanze più semplici) dette appunto elementi. Ogni elemento è costituito da particelle dette atomi. Gli atomi di un certo elemento sono tutti uguali,* elementi diversi sono formati da atomi diversi. Al contrario degli elementi, i composti sono formati da diversi tipi di atomi. Nelle reazioni chimiche gli atomi si combinano in maniera diversa, ma non si creano né si distruggono. Gli atomi sono piccolissimi, e le loro dimensioni si misurano in pm (picometri, pm = m) o Å (angstrom, 1 Å = m = 100 pm). Gli atomi sono anche molto leggeri: l'idrogeno pesa 1.67  kg, e anche gli atomi più pesanti non superano i 5  kg, * In realtà per ogni elemento possono esistere varie “versioni” di atomo, che differiscono solo nella massa. Lo vedremo in seguito.

11 carbonio, silicio, germanio, stagno, piombo
Alcuni elementi carbonio, silicio, germanio, stagno, piombo C Si Ge Sn Pb

12 ossigeno, zolfo, selenio e tellurio
Alcuni elementi ossigeno, zolfo, selenio e tellurio O S Se Te

13 Alcuni elementi scandio, titanio, vanadio, cromo e manganese (sopra)
Sc Ti V Cr Mn ferro, cobalto, nichel, rame e zinco (sotto) Fe Co Ni Cu Zn

14 L'atomo La parola atomo deriva dal greco άτομος (atomos), che vuol dire indivisibile. In realtà l’atomo non è indivisibile, e composto da particelle subatomiche. Ogni atomo è costituito da: un nucleo, che è piccolissimo (10-14 m) anche rispetto all'atomo (10-10 m) e tuttavia contiene quasi tutta la massa dell'atomo, ed è carico positivamente. un certo numero di elettroni, che sono leggerissimi ma occupano quasi tutto il volume dell'atomo, e sono carichi negativamente. L'esperimento di Rutherford

15 L'atomo L'atomo è neutro, per cui la carica negativa degli elettroni compensa esattamente la carica positiva del nucleo. Il nucleo è a sua volta composto da particelle cariche, dette protoni, e particelle neutre, dette neutroni. La carica del protone è identica, ma di segno opposto, a quella dell'elettrone. Le masse del protone e del neutrone sono quasi identiche. In ogni atomo, quindi, il numero dei protoni è uguale al numero degli elettroni.

16 L'atomo Il numero dei protoni contenuti nel nucleo (che determina le proprietà dell'atomo) è detto numero atomico ed è indicato con il simbolo Z. Il numero totale di nucleoni (neutroni e protoni) contenuti in un atomo è detto numero di massa (talvolta più impropriamente pesa atomico) ed è indicato con il simbolo A.

17 Gli isotopi Come vedremo, le proprietà di un atomo dipendono essenzialmente dal numero di elettroni, e quindi dal numero di protoni contenuti nel nucleo (il numero atomico Z). Perciò due atomi i cui nuclei hanno lo stesso numero di protoni, ma numero differente di neutroni, hanno le stesse proprietà chimiche (a parte la massa), e quindi sono nuclei dello stesso elemento. Due atomi del genere sono detti isotopi. Quindi: Gli isotopi sono atomi che hanno lo stesso numero atomico e diverso numero di massa.

18 Gli isotopi Per alcuni elementi, esiste in natura solo un isotopo: iodio (127I), fosforo (31P), alluminio (27Al), sodio (23Na), fluoro (19F). La maggior parte degli elementi, però, è presente in natura sotto forma di miscele di vari isotopi. Per lo stagno, esistono addirittura 10 isotopi: 112Sn, 114Sn, 115Sn, 116Sn, 117Sn, 118Sn, 119Sn, 120Sn, 121Sn, 124Sn. Nella crosta terrestre, la percentuale degli isotopi di ogni elemento è pressoché costante, ed è detta abbondanza isotopica.

19 La massa atomica Gli atomi sono molto leggeri, e si usa quindi una apposita unità di misura per misurarne la massa, detta unità di massa atomica (simbolo u). L'unità di massa atomica è pari ad 1/12 della massa del 12C (= ·10–24 g) Poiché la massa degli atomi è data principalmente dal nucleo, ed il nucleo è formato da un numero intero di protoni e neutroni (ognuno dei quali ha massa vicina ad 1 u), le masse degli atomi hanno un valore vicino al numero di massa A. Però il protone ed il neutrone non hanno esattamente massa 1 u, ed inoltre la massa dei nuclei è leggermente diversa dalla somma delle masse dei nucleoni che li costituiscono. Perciò, tranne che ovviamente per il 12C, la massa di un atomo non è mai esattamente pari ad un numero intero. Comunque, le masse di tutti gli isotopi stabili sono state misurate e sono note con grande accuratezza.

20 La massa atomica

21 Il peso atomico La maggior parte degli elementi esiste sotto forma di vari isotopi, per cui un campione di questi elementi contiene atomi di massa diversa. Visto che la composizione isotopica di ogni elemento è costante, per ogni elemento si può calcolare la massa atomica media di ogni elemento: questa corrisponde alla media pesata delle masse dei vari isotopi. Per esempio per il boro: La massa atomica media è detta comunemente peso atomico (l'unità di misura è sempre u), ed è proprio il peso atomico (e non la massa dei singoli isotopi) che è riportato nella tavola periodica. Per molti scopi pratici (in particolare per i calcoli stechiometrici di cui parleremo in seguito) si può ragionare come se un elemento fosse costituito di atomi tutti uguali e di massa pari al peso atomico.

22 Peso molecolare e peso formula
Per i composti molecolari si può anche definire il peso molecolare, che è pari alla somma dei pesi molecolari degli atomi che compongono la molecola. Per i composti ionici si usa il peso formula, che è pari alla somma dei pesi molecolari degli atomi che costituiscono l'unità formula.

23 La tavola periodica In natura esistono 92 elementi, un numero abbastanza elevato. Tuttavia, disponendo gli elementi in ordine di numero atomico crescente, è possibile osservare un andamento regolare e periodico delle proprietà chimiche degli elementi. La disposizione degli elementi che mette in evidenza queste regolarità è detta tavola periodica.

24 La tavola periodica

25 La tavola periodica Metalli: conducono l'elettricità, lucenti, duttili, malleabili (in blu, rosso, giallo, celeste) Non metalli: non conducono l'elettricità, non sono né duttili né malleabili (in verde, fucsia) Metalloidi: hanno aspetto di metalli, ma comportamento chimica da non metalli (in viola)

26 I composti Un composto è una sostanza elettricamente neutra costituita da due o più elementi, in proporzioni definite e costanti. L'aria contiene ossigeno e azoto, ma non è un composto perché i due elementi possono essere in qualsiasi rapporto. L'acqua è un composto perché, qualunque sia la sua origine, conterrà sempre l' 11.1% in massa di idrogeno e l' 88.9% in massa di ossigeno. Esiste anche un composto che contiene il 5.9% in massa di idrogeno e il 94.1% in massa di ossigeno, ma non è acqua: si tratta di un composto differente, il perossido di idrogeno (o acqua ossigenata). La composizione costante è essenziale affinché si possa parlare di composto. I composti sono generalmente divisi in: Composti organici: composti che contengono carbonio (normalmente per essere chiamato organico il composto deve possedere almeno un legame C-H) Composti inorganici: tutti gli altri.

27 I composti In un composto gli atomi non sono semplicemente miscelati, ma legati l'uno all'altro in una maniera specifica. Quindi le proprietà del composto sono completamente diverse da quelle degli elementi che lo compongono. Ci sono due possibilità: Gli atomi si legato tra loro a formare molecole (composti molecolari) Gli atomi sono presenti nel composto sotto forma di ioni (composti ionici) Una molecola è un raggruppamento distinto di atomi, legati in una maniera specifica: per esempio H2O (acqua) o CH4 (metano). Uno ione è un atomo che possiede carica positiva (catione) o negativa (anione). Per esempio Na+ (ione sodio) o Cl- (ione cloruro). Un atomo può diventare uno ione perdendo o acquistando elettroni, mentre la carica del nucleo non varia mai. Possono esistere anche ioni poliatomici, che possono essere considerati molecole dotate di carica (per esempio NH4+, ione ammonio) e formano comunque composti ionici.

28 Composti molecolari I composti molecolari possono essere descritti mediante la formula molecolare, che indica quanti e quali atomi sono presenti in ogni molecola. Per esempio: acqua H2O perossido d'idrogeno H2O2 glucosio C6H12O6 La formula molecolare però non indica come sono legati gli atomi: a questo scopo esistono le formule di struttura: Esistono rappresentazioni ancora più sofisticate, che permettono di visualizzare la forma delle molecole.

29 Composti ionici Nei composti ionici, non sono identificabili raggruppamenti di ioni paragonabili alle molecole. Invece, un composto ionico è formato da un gran numero di cationi ed anioni tenuti insieme dall'attrazione elettrostatica. Non si può quindi parlare di formula molecolare, e la formula chimica indica semplicemente la proporzione tra i vari ioni, in modo da avere tutti indici interi (unità formula). È importante ricordare che la formula di un composto ionico deve essere scritta in modo che il composto sia elettricamente neutro: cioè, il numero di cariche negative deve essere uguale al numero di cariche positive.

30 Tutti gli ioni in questa pagina vanno imparati a memoria!!
Uno ione si forma dal corrispondente atomo per perdita di elettroni (nel caso degli ioni positivi = cationi) o acquisto di elettroni (nel caso degli ioni negativi = anioni). Tipicamente, gli elementi metallici formano ioni positivi e quelli non metallici formano ioni negativi. Tra gli ioni poliatomici ricordiamo l'ammonio (NH4+) ed il cianuro (CN–). Esistono poi un gran numero di ioni negativi contenenti ossigeno (ossianioni) come il carbonato (CO32–), il nitrato (NO3–), il solfato (SO42–) ed il fosfato (PO43–). Quando in un composto ionico lo ione poliatomico necessita dell'indice, è racchiuso tra parentesi, come nel nitrato di calcio Ca(NO3)2 o nel solfato di ammonio (NH4)2SO4. Tutti gli ioni in questa pagina vanno imparati a memoria!!

31 Gli ioni La tavola periodica ci aiuta a prevedere quali ioni può formare ogni elemento. In generale, ogni elemento perde tanti elettroni quanti sono i posti che lo separano dal gas nobile che lo precede, oppure acquista tanti elettroni quanti sono i posti che lo separano dal gas nobile che lo segue. Tuttavia è molto raro che uno ione monoatomico abbia più di tre cariche.

32 La nomenclatura dei composti
La nomenclatura è importante perché, assegnando un nome univoco ad ogni sostanza, permette ai chimici di comunicare tra loro. Esistono nomi sistematici, ottenuti seguendo delle regole che permettono di assegnare un nome a qualsiasi composto, e nomi d'uso, che spesso risalgono a prima che fosse nota la natura delle sostanze a cui si riferiscono, ma che per composti molto comuni sono normalmente usati al posto dei nomi sistematici. Esempi di nomi comuni sono acqua (H2O), ammoniaca (NH3), idrazina (N2H4), fosfina (PH3), acetilene (C2H2), ecc. Studieremo innanzitutto la nomenclatura dei composti ionici, e poi quella dei composti molecolari.

33 Nomenclatura dei composti ionici: i cationi
La nomenclatura degli ioni positivi è piuttosto semplice, poiché il nome si ottiene facendo precedere al nome dell'elemento la parola ione. Quindi abbiamo: Ione sodio: Na+ Ione potassio: K+ Ione magnesio: Mg2+ Ione calcio: Ca2+ Ione alluminio: Al3+ Va anche ricordato un catione poliatomico molto comune, lo ione ammonio NH4+. Tuttavia alcuni elementi formano più di uno ione positivo, e nasce il problema di distinguerli. Si usano allora numeri romani tra parentesi per indicare la carica dello ione. Ione rame (I): Cu+ Ione rame (II): Cu2+ Ione ferro (II): Fe2+ Ione ferro (III): Fe3+ Ione cromo (II): Cr2+ Ione cromo (III): Cr3+ Un metodo più antico, ma ancora oggi usato, consiste nell'assegnare il suffisso -oso allo ione a carica minore, e il suffisso -ico allo ione a carica maggiore. Ione rameoso: Cu+ Ione rameico: Cu2+ Ione ferroso: Fe2+ Ione ferrico: Fe3+ In questo caso però il numero di cariche non può essere ricavato direttamente dal nome.

34 Nomenclatura dei composti ionici: gli anioni
Nel caso degli ioni negativi, bisogna distinguere tra anioni monoatomici, e anioni poliatomici (che molto spesso sono ossianioni). Il nome degli anioni monoatomici si ottiene aggiungendo al nome dell'elemento il suffisso -uro: Ione fluoruro: F– Ione cloruro: Cl– Ione bromuro: Br– Ione ioduro: I– Ione solfuro: S2– Ione azoturo: N3– però: Ione ossido: O2– Bisogna anche ricordare l'anione biatomico (non ossigenato) cianuro CN–, e l'anione idrossido OH–. Poiché F, Cl, Br e I fanno parte del gruppo degli alogeni, i rispettivi anioni F–, Cl–, Br– e I– sono detti alogenuri. Gli acidi alogenidrici: Acido fluoridrico: HF Acido cloridrico: HCl Acido bromidrico: HBr Acido iodidrico: HI sono composti molecolari che sono i progenitori degli alogenuri, e danno gli alogenuri perdendo uno ione H+. Anche l'acido solfidrico H2S dà lo ione solfuro perdendo 2 ioni H+. Se perde un solo ione H+, dà H2S lo ione HS–, detto idrogenosolfuro o bisolfuro.

35 Nomenclatura dei composti ionici: gli anioni
Il nome degli ossianioni si ottiene aggiungendo al nome dell'elemento il suffisso ato: Ione carbonato: CO32– Ione fosfato: PO43 – Molti elementi possono formare più di un ossianione. In questo caso il suffisso ato è riservato allo ione con più ossigeno, e quello con meno ossigeno assume il suffisso -ito. Ione solfato: SO42– Ione solfito: SO32 – Ione nitrato: NO3– Ione nitrito: NO2– Gli alogeni possono formare addirittura 4 diversi ossianioni (tutti con una sola carica negativa), e sono necessari anche i prefissi ipo- e per-. Per esempio per il cloro: Ione ipoclorito: ClO– Ione clorito: ClO2– Ione clorato: ClO3– Ione perclorato: ClO4–

36 Nomenclatura dei composti ionici: gli anioni
Gli ossianioni derivano dagli ossiacidi, composti molecolari (ancora una volta per perdita di 1 o più H+): Ione solfato: SO42– da acido solforico: H2SO4 Ione solfito: SO32 – da acido solforoso: H2SO3 Ione nitrato: NO3– da acido nitrico: HNO3 Ione nitrito: NO2– da acido nitroso: HNO2 Ione fosfato: PO43– da acido fosforico: H3PO4 (l'unico con 3 H!) Se gli ossiacidi non perdono tutti gli idrogeni, otteniamo ioni che contengono idrogeno, come: Ione idrogenosolfato (o ione bisolfato) HSO4– Ione idrogenosolfito (o ione bisolfito) HSO3– Ione idrogenocarbonato (o ione bicarbonato): HCO3– Ione idrogenofosfato (qui non c'è altro nome): HPO42– Ione diidrogenofosfato (qui non c'è altro nome): H2PO4–

37 Nomenclatura dei composti ionici
Una volta che si è determinato il nome del catione e dell'anione, il nome del composto ionico si ottiene semplicemente scrivendo: (anione) di (catione) Per esempio: Solfato di sodio Na2SO4 Cloruro di potassio: KCl Idrogenosolfito di ammonio NH4HSO3 Perclorato di ferro (II): Fe(ClO4)2 Bicarbonato di sodio: NaHCO3 Idrogenofosfato di ferro (III) Fe2(HPO4)3 In alternativa, si può dire: Sodio solfato, potassio cloruro, ecc. In ogni caso nella formula il numero delle cariche positive dei cationi deve essere pari al numero di cariche negative degli anioni, ma il numero di cationi e di anioni non compare nel nome. Alcuni composti ionici danno cristalli che contengono acqua in proporzione definita, detta acqua di cristallizazione. Questi sali si dicono sali idrati, la loro formula può essere scritta: CuSO4• 5 H2O e il loro nome è del tipo: solfato di rame (II) pentaidrato.

38 Nomenclatura dei composti molecolari
Ci limiteremo alla nomenclatura dei composti molecolari inorganici. Molti composti molecolari inorganici binari contengono elementi dei gruppi 16 o 17 (O, S, e gli alogeni). Per questi composti la nomenclatura è simile a quella dei composti ionici, ma utilizzando i prefissi greci (di, tri, tetra, penta, esa, epta, ecc.) per indicare il numero degli atomi di ciascun tipo presenti. Per esempio: Tricloruro di fosforo PCl3 Ossido di diazoto N2O Esafluoruro di zolfo SF6 Pentossido di diazoto: N2O5 In alcuni casi, invece di usare i prefissi greci gli ossidi vengono chiamati mettendo tra parentesi il numero di ossidazione (che definiremo in seguito) del non metallo. Quindi Mn2O7 è eptossido di dimanganese oppure ossido di manganese (VII). I composti molecolari inorganici binari formati da idrogeno e non metalli vengono detti solfuro di idrogeno (H2S), cloruro di idrogeno (HCl), bromuro di idrogeno (HBr), ecc. (c'è anche il cianuro di idrogeno, HCN); le soluzioni acquose di questi composti sono gli acidi in -idrico visti precedentemente.

39 La quantità di sostanza: la mole
La formula dell'acqua è H2O, e quindi in un qualsiasi campione d'acqua ci sono due atomi di idrogeno per ogni atomo di ossigeno. Eppure, se facciamo decomporre 100 g di acqua, otteniamo 11.1 g di idrogeno e 88.9 g di ossigeno: le masse dei due elementi non ci indicano direttamente il rapporto tra gli atomi dei due elementi. Questo succede perché gli atomi di elementi diversi hanno pesi diversi; nel nostro caso l'idrogeno è molto più leggero dell'ossigeno. In chimica è quindi opportuno usare un'altra unità di misura per misurare la quantità di sostanza, che misuri il numero di particelle presenti nel nostro campione. Questa unità di misura è la mole: una mole è pari a ·1023 particelle Il numero ·1023 è detto numero di Avogadro ed è indicato con il simbolo NA, per cui possiamo anche dire che "una mole è pari a NA particelle". Il concetto di mole può essere applicato agli atomi, ad esempio "una mole di ferro", che significa "NA atomi di ferro", o a molecole, "una mole di acqua" che significa "NA molecole di acqua". Quindi dalla decomposizione di una mole di molecole di acqua otteniamo due moli di atomi idrogeno e una mole di atomi di ossigeno.

40 La quantità di sostanza: la mole
Il concetto di mole quindi in sé non è difficile: diciamo "una mole di atomi" per dire " atomi", così come diciamo "una dozzina di uova" per dire "12 uova". Ma perché è stato scelto proprio il numero NA per la definizione di mole? Perché in questo modo la massa in grammi di una mole di un elemento è pari al suo peso atomico. Inoltre: Per i composti molecolari, la massa in grammi di una mole di composto è pari al suo peso molecolare. Per i composti ionici, la massa in grammi di una mole di composto è pari al suo peso formula.

41 Mole e massa molare La mole è una unità di misura del sistema SI, ha il simbolo mol, e i normali multipli e sottomultipli: possiamo dire per esempio mmol (millimoli) o mmol (micromoli). Come è possibile passare da quantità di sostanza (numero di moli) a massa (numero di grammi) e viceversa? È sufficiente conoscere la massa molare dell'elemento, cioè la massa di una mole dell'elemento. La massa molare ha come unità g·mol-1. Per gli elementi, la massa molare ha lo stesso valore numerico del peso atomico. Per i composti molecolari, la massa molare è pari alla somma delle masse molari degli atomi che compongono la molecola. Per i composti ionici, la massa molare è pari alla somma delle masse molari degli atomi che compongono l'unità formula. In tutti i casi: Per misurare una mole di una sostanza basta misurarne un numero di grammi pari alla sua massa molare.

42 Ognuno dei campioni illustrati contiene 1 mol di atomi dell'elemento
Ognuno dei campioni illustrati contiene 1 mol di atomi dell'elemento. Muovendo in senso orario dall'angolo superiore destro abbiamo 32 g di zolfo, 201 g di mercurio, 207 g di piombo, 64 g di rame e 12 g di carbonio.

43 Per passare da quantità di sostanza a massa
massa = quantità di sostanza · massa molare o, in simboli m = n · M Per passare da massa a quantità di sostanza quantità di sostanza = massa / massa molare o, in simboli

44 Miscele Una miscela è differente da un composto per varie ragioni:
ha composizione variabile i componenti della miscela conservano molte delle loro proprietà i componenti della miscela possono essere separati con tecniche fisiche Le miscele possono essere distinte in eterogenee ed omogenee: i componenti di una miscela eterogenea possono essere distinti al microscopio o anche ad occhi nudo una miscela omogenea ha invece composizione identica in ogni suo punto.

45 Tecniche fisiche di separazione
Alcune tecniche fisiche per separare i componenti di una miscela eterogenea sono: decantazione: si basa sulla differenza di densità dei componenti, si aspetta semplicemente che il componente più leggero galleggi, o che quello più pesante si depositi sul fondo. filtrazione: questa tecnica permette di separare un solido sospeso in un liquido. Alcune tecniche fisiche per separare i componenti di una miscela omogenea sono: distillazione: si basa sulla differente volatilità dei componenti, quello che bolle a temperatura più basse si allontana e viene poi fatto condensare in un altro pallone. cromatografia: questa tecnica è molto importante, ma sarà studiata in corsi successivi.

46 Soluzioni Una soluzione è una miscela omogenea in cui uno dei componenti (detto solvente) è molto più abbondante degli altri (detti soluti). Il solvente determina lo stato fisico (solido, liquido o gassoso) della soluzione. Nella chimica inorganica sono molto comuni le soluzioni acquose, quelle in cui il solvente è l'acqua. Esistono anche soluzioni solide, tra cui le leghe metalliche come l'ottone, soluzione di rame nello zinco. A volte un soluto si separa dalla soluzione e formando lentamente dei cristalli: questo processo si chiama cristallizzazione. Altre volte il soluto si separa molto velocemente, e non avendo tempo per formare cristalli forma una polvere sottile: questo processo si chiama precipitazione.

47 Le equazioni chimiche La chimica studia le reazioni chimiche, cioè la trasformazione di composti in altri composti. Una reazione chimica può essere rappresentata da una equazione chimica, in cui reagenti e prodotti della reazione sono separati da una freccia: Na + H2O → NaOH + H2 Così come scritta, l'equazione ci dà un idea solo qualitativa della reazione, cioè ci dice quali sostanze si trasformano in quali sostanze. Per scrivere una equazione che sia valida anche dal punto di vista quantitativo, bisogna ricordare che nelle reazioni chimica gli atomi si combinano in modo diverso, ma non si creano né si distruggono. Per questo, in una equazione chimica ai due lati della freccia devono apparire lo stesso numero di atomi di ciascun elemento. Per ottenere questo, si moltiplicano reagenti e prodotti per dei numeri, detti coefficienti stechiometrici, scelti opportunamente. Nel nostro caso: 2 Na + 2 H2O → 2 NaOH + H2 (il coefficiente 1 si omette) Una equazione chimica del genere è detta equazione chimica bilanciata.

48 Le equazioni chimiche L'equazione chimica bilanciata:
2 Na + 2 H2O → 2 NaOH + H2 significa: 2 atomi di Na reagiscono con due molecole di acqua, per dare 2 unità formula di NaOH ed una molecola di H2. Ma se moltiplichiamo l'equazione per il numero di Avogadro NA, abbiamo: (2 NA) Na + (2 NA) H2O → (2 NA) NaOH + (NA) H2 cioè: 2 mol di Na + 2 mol di H2O → 2 mol di NaOH + 1 mol di H2 che significa: 2 moli di Na reagiscono con due moli di acqua, per dare 2 moli di NaOH ed una mole di H2. I coefficienti stechiometrici di una equazione chimica bilanciata indicano anche i rapporti in moli tra reagenti e prodotti. Quando si vogliono considerare gli aspetti quantitativi di una reazione chimica la prima cosa da fare è scrivere l'equazione chimica e bilanciarla.

49 2 Na (s) + 2 H2O (l) → 2 NaOH (aq) + H2 (g)
Le equazioni chimiche Le informazioni fornite da una equazione chimica possono essere ulteriormente arricchite dallo stato fisico dei reagenti e prodotti (simbolo di stato): 2 Na (s) + 2 H2O (l) → 2 NaOH (aq) + H2 (g) dove (s) significa solido, (l) liquido, (g) gassoso e (aq) sciolto in acqua. Alcune reazioni avvengono in seguito al riscaldamento, e questo si indica usando il simbolo D sulla freccia. Altre reazioni avvengono solo in presenza di sostanze che non sono reagenti, ma fanno aumentare la velocità di reazione, e sono detti catalizzatori. Anche i catalizzatori vanno sulla freccia.

50 Introduzione all'equilibrio chimico
Molte reazioni chimiche, come quella tra idrogeno ed ossigeno, vanno in una sola direzione, dai reagenti ai prodotti, mentre la reazione contraria non avviene mai spontaneamente. Ci sono però altre reazioni, come quella tra idrogeno ed azoto per dare ammoniaca, che all'inizio procedono, ma poi pian piano rallentano e si arrestano quando sono ancora presenti quantità significative di entrambi i reagenti. 3 H2 (g) + N2 (g)  2 NH3 (g) Questo succede perché è possibile anche la reazione inversa (da prodotti a reagenti). Quando le concentrazioni di reagenti e prodotti rimangono costanti si dice che si è raggiunto l'equilibrio. Si tratta di un equilibrio dinamico, poiché la reazione diretta e quella inversa avvengono contemporaneamente ed alla stessa velocità. Alla stessa situazione di equilibrio si arriva anche se si mette a reagire ammoniaca nelle stesse condizioni. Una reazione di equilibrio è rappresentata con una doppia freccia invece di una singola freccia.

51 Le soluzioni acquose Non tutte le sostanze si sciolgono in acqua: quelle che si sciolgono sono dette solubili, e quelle che non si sciolgono insolubili. In realtà non è detto che una sostanza insolubile non si scioglie per niente in acqua: definiamo sostanze insolubili che si sciolgono al massimo per 0.1 M (0.1 mol L-1). I soluti si dividono in elettroliti e non elettroliti. I non elettroliti sono in genere composti molecolari. In soluzione abbiamo singole molecole circondate dalle molecole del solvente. Tra i soluti non elettroliti citiamo l'acetone, il metanolo, il glucosio. Una soluzione di un non elettrolita (come del resto l'acqua pura) non è in grado di condurre l'elettricità.

52 Sali solubili e sali insolubili
È importante avere una idea di quali sali siano solubili, e quali insolubili.

53 Gli elettroliti Gli elettroliti sono quelle sostanze che in acqua sono presenti sotto forma di ioni, Gli ioni sono liberi di muoversi per la soluzione, che diventa capace di condurre l'elettricità (l'elettricità è un flusso di cariche elettriche). Tutti i composti ionici che si sciolgono in acqua sono elettroliti. In questo caso gli ioni esistono già nel solido. Anche alcuni composti molecolari però sono elettroliti, poiché formano ioni al momento della dissoluzione reagendo con l'acqua. Tra questi gli acidi alogenidrici, per esempio HCl, che in acqua forma ioni Cl– e H3O+, e più in generale molti acidi.

54 Gli elettroliti In soluzione, gli ioni sono circondati da molecole di acqua, che li stabilizzano: si dice che gli ioni sono idrati. L'idratazione degli ioni impedisce che si riformi nuovamente il solido ionico, ed è quindi essenziale per la sua dissoluzione.

55 Elettroliti forti e deboli
Gli elettroliti visti finora, che in acqua formano esclusivamente ioni, sono detti elettroliti forti. Esistono anche delle sostanze molecolari che in acqua formano in piccola parte ioni, ma per la maggior parte rimangono sotto forma di molecole. Queste sostanze sono dette elettroliti deboli. Tra queste ricordiamo l'acido acetico, CH3COOH, che in soluzione rimane per la maggior parte come tale, ma forma un anche un po' di ioni CH3COO– e H3O+. acqua pura elettrolita debole elettrolita forte

56 Le reazioni di precipitazione
Abbiamo detto che non tutti i composti sono solubili. In particolare esistono molti sali (composti ionici) che non sono solubili in acqua. Ogni volta che in una soluzione acquosa sono presenti ioni che, insieme, possono formare un solido insolubile, il composto insolubile si forma velocemente sotto forma di polvere finissima (precipitazione). Tipicamente, una reazione di precipitazione di forma quando si mescolano due soluzioni di elettroliti forti solubili, una delle quali contiene l'anione, e l'altra il catione del sale insolubile che si viene a formare (naturalmente questo non è l'unico modo possibile per avere precipitazione). Per esempio: NaCl (aq) + AgNO3 (aq) → AgCl (s) + NaNO3 (aq)

57

58 Equazioni chimiche ioniche e ioniche nette
La reazione scritta prima può anche essere espressa in forma ionica, per mettere in evidenza che le specie effettivamente esistenti in soluzione sono gli ioni: Na+ (aq) + Cl– (aq) + Ag + (aq) + NO3– (aq) → AgCl (s) + Na+ (aq) + NO3– (aq) Come si vede, gli ioni sodio e nitrato non partecipano effettivamente alla reazione, poiché si ritrovano invariati ai due lati della freccia (sono detto ioni spettatori). Possono allora essere eliminati per dare l'equazione ionica netta: Cl– (aq) + Ag + (aq) → AgCl (s) L'equazione ionica netta mette in evidenza il processo chimico che effettivamente avviene; tuttavia non è più presente informazioni sui sali effettivamente usati per effettuare la reazione, e, per esempio, l'equazione ionica netta scritta va ugualmente bene per descrivere la reazione tra cloruro di potassio e perclorato d'argento.

59 Le reazioni acido-base
I concetti di acido e di base sono concetti antico, ma il loro significato è andato via via cambiando con il tempo. Per gli antichi chimici, gli acidi erano riconosciuti dal loro sapore aspro, mentre le basi (dette anche alcali) dalla loro sensazione saponosa al tatto. In seguito, si notò che tutti gli acidi, da una parte, e tutte le basi, dall'altra, erano capaci di far cambiare colore ad alcune sostanze, dette indicatori. La prima definizione utile di acido è quella di Arrhenius: Acido è un composto che contiene idrogeno e in acqua forma ioni idrogeno. Base è un composto che in acqua produce ioni idrossido. Sicuramente basi sono tutti gli idrossidi solubili, perché sono elettroliti forti, ma anche l'ammoniaca è una base, perché: NH3 (aq) + H2O (l)  NH4+ (aq) + OH– (aq) (la reazione è di equilibrio, e spostata verso i reagenti) Questa definizione comprende quasi tutti gli acidi e basi che comunemente usiamo, ma è poco generale, perché fa riferimento a un particolare solvente, l'acqua.

60 Acidi e basi di Brønsted e Lowry
Una migliore definizione di acidi e di basi è stata data da Brønsted e Lowry, ed è quella ancora in uso: Un acido è una sostanza che può cedere protoni Una base è una sostanza che può accettare protoni. I protoni sono gli ioni H+, che in soluzione non possono esistere come tali, ma possono facilmente passare da una molecola all'altra. Per esempio l'acido cloridrico è una acido perché in soluzione acquosa cede il protone all'acqua: HCl (aq) + H2O (l) → H3O+ (aq) + Cl– (aq) lo ione H3O+ è detto ione idronio, ed è presente in tutte le soluzioni di acidi in acqua. Invece il metano non è un acido, perché non avviene la reazione: CH4 (aq) + H2O (l) → H3O+ (aq) + CH3– (aq) Anche CH3COOH è un acido, ed è detto acido acetico, e può cedere il protone evidenziato. L'acido acetico è un acido organico. In generale tutti i composti organici che hanno il gruppo carbossile (-COOH) sono acidi, e sono detti acidi carbossilici.

61 Acidi e basi di Brønsted e Lowry
Gli acidi visti finora possono cedere un solo protone, e sono detti monoprotici. Acidi come H2SO4 (acido solforico) possono cedere due protoni, e sono detti diprotici o, più in generale, poliprotici. Scrivendo la formula di un acido, gli idrogeni che possono essere ceduti come protoni vengono scritti al primo posto (eccezione: gli acidi carbossilici). Per quanto riguarda le basi, tutti gli idrossidi sono basi perché lo ione ossidrile può accettare un protone dando acqua: Na+ (aq) + OH – (aq) + HCl (aq) → H2O (l) + Na+ (aq) + Cl– (aq) Si noti che la base reale è lo ione idrossido, mentre lo ione sodio è uno ione spettatore. Anche l'ammoniaca è una base di Brønsted : NH3 (aq) + H2O (l)  NH4+ (aq) + OH– (aq) perché è in grado di accettare un protone (in questo caso dall'acqua) e trasformarsi nello ione ammonio.

62 Acidi e basi forti e deboli
La definizione di Brønsted e Lowry (e già quella di Arrhenius) implica che gli acidi e le basi sono elettroliti. Come gli elettroliti, acidi a basi possono essere classificati in forti e deboli. Un acido è forte se in soluzione tutte le molecole dell'acido cedono il loro protone al solvente (ossia se l'acido è completamente deprotonato; la reazione col solvente è spostata verso i prodotti). Un acido è debole se in soluzione solo alcune delle molecole dell'acido cedono il loro protone al solvente (ossia se l'acido non è completamente deprotonato; la reazione col solvente è di equilibrio). Analogamente per le basi: Una base è forte se in soluzione tutte le molecole della base acquistano un protone dal solvente (ossia se la base è completamente protonata ; la reazione col solvente è spostata verso i prodotti). Una base è debole se in soluzione solo alcune delle molecole della base acquistano un protone dal solvente (ossia se la base non è completamente protonata ; la reazione col solvente è di equilibrio). Ovviamente questa definizione dipende dal solvente: un acido forte in acqua può essere debole in un altro solvente, e viceversa. Per questo si dovrebbe dire "acido forte in acqua" e "base forte in acqua" (o in altro solvente). Normalmente però, si dice semplicemente "acido forte", intendendo in acqua.

63 Acidi e basi forti Gli acidi e basi forti più comuni sono in questa tabella

64 Acidi e basi forti Tra le basi forti, gli ossidi dei metalli alcalini e alcalino-terrosi sono ionici, e lo ione O2– è sicuramente una base forte: O2– (aq) + H2O (l) → 2 OH– (aq) Anche gli idrossidi di questi elementi sono basi forti; ma in questo caso la reazione con l'acqua dello ione idrossido porta allo stesso ione idrossido: OH– (aq) + H2O (l)  H2O (l) + OH– (aq) Quindi: In una soluzione di una base forte, la base effettivamente presente in soluzione è lo ione idrossido OH–. Per quanto riguarda gli acidi: Qualunque acido forte messo in soluzione acquosa non esiste più come tale, poiché tutte le molecole cedono i loro protoni all'acqua, che diventa H3O+. D'altra parte, lo ione H3O+ può sicuramente cedere un protone a qualche altra specie e tornare acqua, per cui è un acido a tutti gli effetti. Quindi: in una soluzione di acido forte, l'acido effettivamente presente in soluzione è lo ione idronio H3O+.

65 Acidi e basi deboli – Coppie coniugate acido-base
Tra gli acidi deboli, ricordiamo gli acidi carbossilici come l'acido acetico CH3CO2H, ma anche molti acidi inorganici come l'acido cianidrico HCN. Tra le basi deboli, la più comune è l'ammoniaca NH3. Il fatto che l'ammoniaca non si protoni completamente è dovuto al fatto che lo ione che si forma, ione ammonio NH4+, è a sua volta capace di cedere il protone appena acquistato: è cioè un acido secondo la definizione di Brønsted. Quindi la base debole ammoniaca, acquistando il protone si trasforma in un acido (sempre debole), lo ione ammonio, che è detto acido coniugato della base ammoniaca: NH4+ (aq) + H2O (l)  NH3 (aq) + H3O+ (aq) Analogamente l'acido debole acido acetico, cedendo il protone si trasforma nella base ione acetato, che è la base coniugata dell'acido acetico. Quindi le coppie ione ammonio/ammoniaca e acido acetico/ione acetato sono dette coppie coniugate acido-base.

66 Reazioni acido/base Ogni volta che un acido reagisce cedendo il protone, ci deve necessariamente essere una base che accetta il protone: i protoni non esistono isolati in soluzione. Per questo si parla di reazioni acido-base. La reazione tra un acido e una base si chiama reazione di neutralizzazione, e produce acqua ed un composto ionico, che normalmente è chiamato sale. HCl (aq) + NaOH (aq) → NaCl (aq) + H2O (l) Il catione del sale proviene dalla base, ed l'anione dall'acido. Per scrivere questa reazione in forma ionica, dobbiamo ricordare che l'acido reagisce con l'acqua per dare ione Cl– e ione idronio H3O+. Quindi: H3O+ (aq) + Cl– (aq) + Na+ (aq) + OH– (aq) → Na+ (aq) + Cl– (aq) + 2 H2O (l) Gli ioni Na+ e Cl– sono ioni spettatori, e l'equazione diventa: H3O+ (aq) + OH– (aq) → 2 H2O (l) Questa e l'equazione ionica netta di tutte le reazioni di neutralizzazione tra un acido forte e una base forte. Diverso è il caso di reazioni che coinvolgono acidi o basi deboli: HCN (aq) + OH– (aq) → CN– (aq) + H2O (l) H3O+ (aq) + NH3 (aq) → H2O (l) + NH4+

67 Il carattere acido e basico degli ossidi
Abbiamo già visto che gli ossidi dei metalli dei gruppi 1 e 2 sono composti ionici, e sono basi forti. D'altra parte gli ossidi dei non metalli (che sono anche chiamati anidridi) sono composti molecolaripè che reagiscono con acqua formando acidi: CO2 (g) + H2O (l) → H2CO3 (aq) SO2 (g) + H2O (l) → H2SO3 (aq) P4O10 (s) + 6 H2O (l) → 4 H3PO4 (aq) Gli ossidi basici reagiscono con gli acidi per dare sali: MgO (s) + 2 HCl (aq) → MgCl2 (aq) + H2O (l) Anche gli ossidi acidi possono reagire con le basi a dare sali. 2 NaOH (s) + CO2 (g) → Na2CO3 (s) + H2O (l) Questo è piuttosto sorprendente perché le anidridi, pur reagendo con le basi, non hanno idrogeni e quindi non possono essere acidi di Brønsted. Questa osservazione ha portato a una nuova definizione di acidi e basi, quella di Lewis, che vedremo in seguito.

68 Il carattere acido e basico degli ossidi
La tavola periodica è quindi una guida per prevedere il carattere acido o basico degli ossidi. Gli ossidi dei metalli, a sinistra nella tavola periodica, sono basici. Gli ossidi dei non metalli, a destra nella tavola periodica, sono acidi. Gli ossidi degli elementi al confine tra i metalli e i non metalli possono reagire tanto con gli acidi, che con le basi, e si dicono anfoteri. Al2O3 (s) + 6 HCl (aq) → 2 AlCl3 (aq) + 3 H2O (l) Al2O3 (s) + 2 NaOH (aq) + 3 H2O → 2 Na[Al(OH)4] (aq)

69 Reazioni che sviluppano gas
Alcune reazioni hanno come prodotto un gas. Se queste reazioni vengono fatte avvenire in soluzione ed in un recipiente aperto, si osserva il gas prodotto gorgogliare via dalla soluzione. Un gas che si forma spesso è il biossido di carbonio (o anidride carbonica) CO2. Questo avviene perché l'acido carbonico (un acido debole) non è stabile e si decompone rapidamente in acqua ed anidride carbonica. Per esempio: Questa è la reazione che avviene quando si "scioglie" il calcare con acidi. Se il gas è lasciato libero di allontanarsi, le reazioni che sviluppano gas procedono spesso a completamento (sono cioè completamente spostate verso i prodotti). Un altro gas che si sviluppa spesso è l'idrogeno, H2. Questo è prodotto principalmente da reazioni di ossidoriduzione, che sono il prossimo argomento del programma.

70 Le reazioni di ossido-riduzione
Questa classe di reazione comprende un gran numero di reazioni apparentemente molto diverse, che però hanno qualcosa in comune: degli elettroni vengono trasferiti da un reagente ad un altro reagente. Consideriamo la reazione di combustione (reazione con l'ossigeno) del magnesio: 2 Mg (s) + O2 (g) → 2 MgO (s) o, considerando che MgO è un composto ionico: 2 Mg (s) + O2 (g) → 2 Mg2+ (s) + 2O2– (s) In questa reazione il magnesio, neutro, diventa un catione cedendo 2 elettroni; l'ossigeno diventa un anione acquistando due elettroni. La reazione (dal punto di vista del magnesio) è detta reazione di ossidazione. Il significato originario di questo termine era reazione con ossigeno, ma oggi significa "reazione in cui si ha perdita di elettroni". Quindi anche Mg (s) + Cl2 (g) → Mg2+ (s) + 2 Cl– (s) è (per il magnesio) una reazione di ossidazione.

71 Le reazioni di ossido-riduzione
Il contrario dell'ossidazione è la riduzione. Come l'ossidazione è cessione di elettroni, la riduzione è acquisto di elettroni. Il termine riduzione ha origine dai processi metallurgici, in cui si estrae un metallo da un suo ossido usando carbone o idrogeno. Per esempio per il ferro: In questa reazione lo ione Fe3+ diventa Fe elementare acquistando tre elettroni; la reazione (dal punto di vista del ferro) è detta reazione di riduzione. Poiché gli elettroni non possono distruggersi, è chiaro che ad ogni reazione di ossidazione (perdita di elettroni) si accompagna una reazione di riduzione (acquisto di elettroni); ecco perché si parla di reazioni di ossido-riduzione. Nella reazione di ossidazione del magnesio era l'ossigeno a ridursi, nel caso della riduzione del ferro è il carbonio ad ossidarsi. In questo casi è stato facile capire quale reagente si ossidava e quale si riduceva; in altri casi è più difficile, e per questo è stato inventato il concetto di numero di ossidazione.

72 Ossidanti e riducenti Chiamiamo col termine ossidante il reagente che causa l'ossidazione dell'altro reagente. Chiamiamo col termine riducente il reagente che causa la riduzione dell'altro reagente. Questo vuol dire che: in una reazione di ossidoriduzione l'ossidante si riduce, ed il riducente si ossida. Ossidanti tipici sono l'ossigeno (naturalmente!), gli alogeni, e molti anioni molto ossigenati (permanganato MnO4–, cromato CrO42–, periodato IO4–). Riducenti tipici sono l'idrogeno, i metalli alcalini ed alcalino-terrosi allo stato elementare, e alcuni cationi con carica piccola (Fe2+, Cr2+). Il bilanciamento di reazioni di ossidoriduzione può essere molto complesso. Oltre a bilanciare tutti gli elementi, bisogna far sì che il numero di elettroni persi dalla specie che si ossida deve essere uguale al numero di elettroni acquistati dalla specie che si riduce . Cu (s) + Ag+ (aq) → Cu2+ (aq) + Ag (s) Cu (s) + 2 Ag+ (aq) → Cu2+ (aq) + 2 Ag (s)

73 Il numero di ossidazione
Il numero di ossidazione è la carica che un atomo avrebbe se ogni coppia di elettroni dei legami covalenti andasse sull'atomo più elettronegativo. Ora questa definizione non può esservi comprensibile, ed infatti ci ritorneremo in seguito. Per il momento per voi il numero di ossidazione è un numero (positivo o negativo) che potete calcolare usando le regole esposte nella pagina successiva. Il numero di ossidazione va definito per ognuno degli atomi che compongono un composto (non al composto nel suo complesso) e poi: Se il numero di ossidazione di qualche atomo del composto aumenta, il composto si è ossidato. Se il numero di ossidazione di qualche atomo del composto diminuisce, il composto si è ridotto. Se il numero di ossidazione di tutti gli atomi del composto resta invariato, la reazione non è di ossido riduzione, o almeno il composto non è coinvolto in una reazione di ossido-riduzione.

74 Regole per determinare il numero di ossidazione
Il numero di ossidazione di un elemento puro è sempre 0. Il numero di ossidazione di uno ione monoatomico è pari alla carica dello ione. Per un composto neutro, la somma dei numeri di ossidazione di tutti gli atomi è pari a 0; per uno ione poliatomico, la somma è pari alla carica dello ione. Il numero di ossidazione dell'idrogeno è sempre +1, tranne nei composti binari con metalli (idruri) in cui è –1 (e naturalmente tranne che in H2!) Il numero di ossidazione degli elementi del gruppo 1 e 2 nei loro composti è sempre pari al numero del gruppo (quindi, rispettivamente, +1 e +2). Il numero di ossidazione degli alogeni è sempre –1, a meno che l'alogeno non sia combinato con l'ossigeno o il fluoro. L'ossigeno ha sempre numero di ossidazione –2, tranne che nei composti con il fluoro e nei perossidi (composti ionici contenenti lo ione perossido O22–, e composti molecolari come l'acqua ossigenata vista prima). Per esempio, in NaClO3 l'ossigeno ha numero di ossidazione –2, il sodio +1, ed il cloro deve avere numero di ossidazione +5 perché solo in questo modo la somma dei numeri di ossidazione vale 0.

75 Usare il numero di ossidazione
Innanzitutto il numero di ossidazione serve a capire qual è il reagente che si riduce, e quale quello che si ossida. Si calcola il numero di ossidazione di ogni atomo nei reagenti e nei prodotti, e si osserva quali elementi variano il loro numero di ossidazione. L'ossidazione corrisponde ad un aumento del numero di ossidazione. La riduzione corrisponde a una diminuzione del numero di ossidazione. Quindi il reagente che contiene un atomo che aumenta il suo numero di ossidazione è quello che si ossida, ed il reagente che contiene un elemento che diminuisce il suo numero di ossidazione è quello che si riduce. Per esempio nella reazione: H2SO4 (aq) + NaI (aq) → NaIO3 (aq) + SO2 (g) + H2O (non bilanciata!!) L'ossigeno ha numero di ossidazione –2 in tutti i composti, il sodio +1 in entrambi i composti, e l'idrogeno sempre +1. Lo zolfo ha numero di ossidazione +6 nell'acido solforico, ma +4 nell'anidride solforosa: quindi l'acido solforico si riduce, ed in questa reazione è l'ossidante. Lo iodio ha numero di ossidazione –1 nello ioduro di sodio, e di +5 nello iodato di sodio: quindi lo ioduro di sodio di ossida, ed è il reagente riducente. La variazione del numero di ossidazione corrisponde agli elettroni persi o acquistati nella reazione di ossidoriduzione.

76 Bilanciamento delle reazioni redox (v. anche Cap. 20)
Quindi nella reazione: H2SO4 (aq) + NaI (aq) → NaIO3 (aq) + SO2 (g) + H2O (non bilanciata!!) ogni atomo di zolfo ha acquistato due elettroni (passando da +6 a +4), mentre ogni atomo di iodio ha perso sei elettroni (passando da –1 a +5). In una reazione di ossidoriduzione, il numero di elettroni acquistati e persi deve essere uguale. Questa regola è alla base del bilanciamento delle reazioni di ossidoriduzione. In questa reazione, quindi, devono esserci 3 atomi di zolfo (3∙2 = 6 elettroni acquistati) per ogni atomo di iodio (1∙6 = 6 elettroni persi). – 6e– + 2e– La reazione diventa: 3 H2SO4 (aq) + NaI (aq) → NaIO3 (aq) + 3 SO2 (g) + H2O (l) (non bilanciata!!) e poi, bilanciando anche idrogeno e ossigeno (ma senza toccare i coefficienti delle specie che si ossidano e si riducono!): 3 H2SO4 (aq) + NaI (aq) → NaIO3 (aq) + 3 SO2 (g) + 3 H2O (l) – 6e– + 6e–

77 Bilanciamento delle reazioni redox in forma ionica
La stessa cosa si può fare anche per reazioni in forma ionica netta: SO42– (aq) + I– (aq) + → IO3– (aq) + SO2 (g) (non bilanciata!!) Naturalmente anche qui dobbiamo avere 3 atomi di S per ogni I: 3 SO42– (aq) + I– (aq) + → IO3– (aq) + 3 SO2 (g) (non bilanciata!!) A questo punto, vediamo che nei reagenti abbiamo 12 atomi di O, e nei prodotti solo 9. Inoltre i reagenti hanno 7 cariche negative, i prodotti solo 1. Per capire come procedere, dobbiamo considerare che in molte reazioni di ossidoriduzione sono coinvolti anche trasferimenti di protoni, che possono essere forniti da (o ceduti a) l'ambiente di reazione. Per bilanciare la carica, allora, aggiungiamo a sinistra 6 ioni H+: 3 SO42– (aq) + I– (aq) + 6 H+ (aq) → IO3– (aq) + 3 SO2 (g) (non bilanciata!!) Questi H+ nel corso della reazione vanno a formare molecola d'acqua, che aggiungiamo a destra: 3 SO42– (aq) + I– (aq) + 6 H+ (aq) → IO3– (aq) + 3 SO2 (g) + 3 H2O (l) Questo bilancia automaticamente anche gli atomi di ossigeno. In questo caso eravamo in ambiente acido, per questo abbiamo usato ioni H+ per il bilanciamento delle cariche. In ambiente basico, dobbiamo usare ioni OH– 3 SO42– (aq) + I– (aq) + 3 H2O (l) → IO3– (aq) + 3 SO2 (g) + 6 OH– (aq) Le due equazioni chimiche non sono equivalenti, e le reazioni di ossido riduzione possono andare in maniera diversa in ambiente acido e basico.

78 Le semireazioni In molti casi bilanciare una reazione redox è molto più facile se consideriamo separatamente le reazioni di ossidazione e di riduzione (questo va fatto in forma ionica) mettendo in evidenza gli elettroni ceduti (per l'ossidazione) o acquistati (per la riduzione): riduzione: SO42– (aq) + 2 e– → SO2 (g) (non bilanciata!!) ossidazione: I– (aq) → IO3– (aq) + 6 e– (non bilanciata!!) Anche le semireazioni vanno bilanciate con ioni H+ e molecole d'acqua: riduzione: SO42– (aq) + 2e– + 4H+ → SO2 (g) + 2H2O ossidazione: I– (aq) + 3H2O → IO3– (aq) + 6 e– + 6 H+ Dopo che le semireazioni sono bilanciate, ognuna è moltiplicata per un coefficiente in modo da eguagliare il numero di elettroni ceduti ed acquistati (in questo caso 3 per la riduzione, e 1 per l'ossidazione), e le semireazioni sono sommate: riduzione: (SO42– (aq) + 2e– + 4H+ → SO2 (g) + 2H2O) · 3 + ossidazione: (I– (aq) + 3H2O → IO3– (aq) + 6 e– + 6 H+ ) · 1 = 3 SO42–+ 6e– + 12 H+ + I– + 3H2O → 3 SO2 + 6 H2O + IO3– + 6 e– + 6 H+ Semplificando si ha l'equazione ionica netta già vista prima: 3 SO42–+ 6 H+ + I– → 3 SO2 + 3H2O + IO3–

79 Il metodo ione-elettrone
Bilanciamo la reazione precedente con il metodo dello ione-elettrone: riduzione: SO42– (aq) → SO2 (g) (non bilanciata!!) ossidazione: I– (aq) → IO3– (aq) (non bilanciata!!) In questo caso all'inizio non mettiamo gli elettroni, quindi possiamo fare a meno di calcolare i numeri di ossidazione. Bilanciamo ora le masse con ioni H+ e molecole d'acqua: riduzione: SO42– (aq) + 4H+ → SO2 (g) + 2H2O (non bilanciata!!) ossidazione: I– (aq) + 3H2O → IO3– (aq) + 6 H+ (non bilanciata!!) Aggiungiamo ora gli elettroni che ci servono a bilanciare le cariche, due a sinistra nella prima semireazione, e sei a destra nella seconda semireazione: riduzione: SO42– (aq) + 2e– + 4H+ → SO2 (g) + 2H2O ossidazione: I– (aq) + 3H2O → IO3– (aq) + 6 e– + 6 H+ Naturalmente otteniamo le stesse semireazioni. Poi si va avanti come prima: riduzione: (SO42– (aq) + 2e– + 4H+ → SO2 (g) + 2H2O) · 3 + ossidazione: (I– (aq) + 3H2O → IO3– (aq) + 6 e– + 6 H+ ) · 1 = 3 SO42–+ 6e– + 12 H+ + I– + 3H2O → 3 SO2 + 6 H2O + IO3– + 6 e– + 6 H+ Semplificando: 3 SO42–+ 6 H+ + I– → 3 SO2 + 3H2O + IO3–

80 Bilanciamento di reazioni redox: casi speciali
Consideriamo la reazione: K2Cr2O7 + FeCl2 + HCl → CrCl3 + FeCl3 + H2O (non bilanciata!!) In questo caso il cromo si riduce (da +6 a +3) ed il ferro si ossida (da +2 a +3). Le semireazioni non bilanciate sono: riduzione: Cr2O72– (aq) → Cr3+ (aq) (non bilanciata!!) ossidazione: Fe2+ (aq) → Fe3+ (aq) (non bilanciata!!) In questo caso a sinistra ci sono due atomi di Cr e a destra solo uno. Per bilanciare la reazione di riduzione si deve quindi innanzitutto bilanciare il Cr: riduzione: Cr2O72– (aq) → 2 Cr3+ (aq) (non bilanciata!!) Poi si va avanti come al solito, tenendo conto del numero totale di elettroni acquistati dai due atomi di cromo (6 e– in tutto), o ancor meglio usando il metodo ione-elettrone. Nell'ossidazione del ferro da parte dell'ossigeno atmosferico in acqua: Fe (s) + O2 (g) + H2O (l) → Fe(OH)2 (s) (non bilanciata!!) succede un’altra cosa interessante: l'ossigeno si riduce diventando ione OH–, ma non tutti gli ioni OH– provengono dall'ossigeno, perché alcuni vengono anche dall'acqua. In questi casi l'uso delle semireazioni è molto consigliabile. riduzione: O2 + 2 H2O + 4 e– → 2 OH– + 2 OH– ossidazione: Fe → Fe e– Si ha quindi: 2 Fe (s) + O2 (g) + 2 H2O (l) → 2 Fe(OH)2 (s) Nell'ossidazione del ferro da parte dell'ossigeno atmosferico in acqua: Fe (s) + O2 (g) + H2O (l) → Fe(OH)2 (s) (non bilanciata!!) succede un’altra cosa interessante: l'ossigeno si riduce diventando ione OH–, ma non tutti gli ioni OH– provengono dall'ossigeno, perché alcuni vengono anche dall'acqua. In questi casi l'uso delle semireazioni è molto consigliabile. riduzione: O2 → 2 OH– ossidazione: Fe → Fe2+

81 Reazioni di dismutazione
In alcune reazioni, lo stesso elemento si ossida e si riduce. Questo succede, per esempio, facendo gorgogliare del cloro gassoso in una soluzione acquosa basica: Cl2 (g) → Cl– (aq) + ClO– (aq) (non bilanciata!!) Queste reazioni sono dette reazioni di dismutazione (o di disproporzione), e pongono problemi di bilanciamento se non su usa il metodo delle semireazioni. riduzione: Cl2 (g) → Cl– (aq) (non bilanciata!!) ossidazione: Cl2 (g) → ClO– (aq) (non bilanciata!!) Il cloro, che inizialmente ha numero di ossidazione 0, si trasforma in cloruro (numero di ossidazione –1) e ipoclorito (numero di ossidazione +1). Bilanciando in ambiente basico: riduzione: Cl2 (g) + 2 e– → 2 Cl– (aq) ossidazione: Cl2 (g) + 4 OH– (aq) → 2 ClO– (aq) + 2 e– + 2 H2O (l) Sommando si ha: 2 Cl2 (g) + 4 OH– (aq) → 2 Cl– (aq) + 2 ClO– (aq) + 2 H2O (l) e semplificando: Cl2 (g) + 2 OH– (aq) → Cl– (aq) + ClO– (aq) + H2O (l) Se supponiamo che la soluzione acquosa fosse basica per NaOH, possiamo anche scrivere l'equazione chimica completa: Cl2 (g) + 2 NaOH (aq) → NaCl (aq) + NaClO (aq) + H2O (l)

82 Stechiometria delle reazioni
Abbiamo detto che in una equazione chimica bilanciata come: N2 (g) + 3 H2 (g) → 2 NH3 (g) i coefficienti stechiometrici indicano anche i rapporti in moli tra reagente e reagente, e tra reagenti e prodotti. Quindi nel nostro caso 1 mole di azoto reagisce con 3 moli di idrogeno per dare 2 moli di ammoniaca. Possiamo anche dire che, in questa reazione, 1 mole di azoto è chimicamente equivalente a 3 mole di idrogeno, e 3 moli di idrogeno sono chimicamente equivalenti a 2 moli di NH3. In simboli 1 mol N2 = 3 mol H2, e mol H2 = 2 mol NH3 Queste relazioni quantitative tra le sostanze che partecipano alla reazione sono dette relazioni stechiometriche, a la parte della chimica che si occupa di questi argomenti è detta stechiometria. La stechiometria serve a calcolare la quantità di un reagente che reagisce con una quantità nota di un altro reagente, o la quantità di prodotto che si forma da una certa quantità di reagenti, o ancora che quantità di reagenti è necessaria per ottenere una certa quantità di prodotto.

83 Calcoli stechiometrici in moli
I calcoli stechiometrici sono più facili se la quantità di reagenti e prodotti è espressa in moli. Supponiamo per esempio di voler calcolare quante moli ammoniaca si formano facendo reagire 3.57 mol di H2. Da quanto visto prima, sappiamo che: 3 mol H2 = 2 mol NH3 Questa relazione può essere usata per definire il fattore di conversione (detto rapporto molare): Il fattore di conversione scritto sopra serve a convertire le moli di idrogeno in moli di ammoniaca, per questa particolare reazione. Vediamo come. Quindi dalla reazione si formano 2.38 moli di ammoniaca. Usando i rapporti di conversione (completi di unità di misura) si riduce la possibilità di errore!!

84 Calcoli stechiometrici in massa
Tutti calcoli stechiometrici in massa vanno fatti passando attraverso il numero di moli (e quindi usando la massa molare dei due composti):

85 Calcoli stechiometrici in massa
Per passare da massa a numero di moli e viceversa si usa ma massa molare, e anche questo può essere fatto usando dei rapporti di conversione. Calcoliamo la massa di ammoniaca che si forma facendo reagire 10.0 g di idrogeno. Innanzitutto calcoliamo le moli di idrogeno: da queste le moli di ammoniaca, come visto prima: Quindi dalla reazione si formano 56.3 g di ammoniaca. ed infine la massa dell'ammoniaca: Se uno ha ben chiara questa sequenza logica, può anche scrivere tutto il calcolo in una volta. In questo modo si riducono gli errori di arrotondamento sui valori intermedi.

86 Il reagente limitante Abbiamo detto che l'equazione chimica bilanciata: 2 H2 (g) + O2 (g) → 2 H2O (l) significa che 1 mole di ossigeno reagisce con 2 moli di idrogeno per dare 2 moli di acqua. Ovviamente 2 moli di ossigeno reagiranno con 4 moli di idrogeno, e così via. Che succede però se mettiamo a reagire 2 moli di ossigeno con 3 moli di idrogeno? Evidentemente non c'è idrogeno sufficiente per reagire con tutto l'ossigeno presente. Quindi le tre moli di idrogeno reagiscono tutte con 1.5 moli di ossigeno, e rimangono 0.5 moli di ossigeno che non reagisce perché non ha con chi reagire. In questo caso: L'ossigeno è detto reagente in eccesso stechiometrico L'idrogeno è detto reagente in difetto stechiometrico, o anche reagente limitante della reazione, perché quando questo reagente termina, la reazione si ferma. Si noti che: Chi sia il reagente limitante dipende dalle quantità dei reagenti usati. Se mettiamo a reagire 2 moli di ossigeno con 5 moli di idrogeno, il reagente limitante è l'ossigeno. Per capire chi è il reagente limitante di una reazione abbiamo ragionato in termini di moli e non di massa. L'importante è il numero di molecole (o atomi o unità formula), non la loro massa. Anche se il numero di moli dell'idrogeno è maggiore del numero di moli dell'ossigeno, nel primo esempio fatto il reagente limitante è comunque l'idrogeno.

87 Individuare ed usare il reagente limitante
Data una generica reazione: a A + b B → c C per individuare il reagente limitante calcola la quantità del reagente B in grado di reagire con il reagente A presente. Se B è presente in quantità minore, è il reagente limitante; se B è presente in quantità maggiore, è il reagente in eccesso stechiometrico. Se poi B è presente proprio nella quantità richiesta, si dice che i due reagenti sono presenti in quantità stechiometrica, e nessuno dei due rimane alla fine della reazione. La quantità dei prodotti va calcolata a partire dal numero di moli del reagente limitante. Per esempio, se facciamo reagire mol di Al2O3 con mol di HCl: Al2O3 (s) + 6 HCl (aq) → 2 AlCl3 (aq) + 3 H2O (l) Calcoliamo le moli di HCl che reagiscono con mol di Al2O3: Poiché in realtà sono presenti moli di HCl, il reagente limitante è HCl. Allora la quantità di AlCl3 che si forma si calcola a partire dalla quantità di HCl, ed è:

88 Individuare il reagente limitante con le "moli di reazione"
Consideriamo ancora la reazione: a A + b B → c C Si dice che è stata svolta una "mole di reazione" quando sono state consumate a moli di reagente A, b moli di reagente B, e sono state prodotte c moli di prodotto C. Insomma, quando per ogni reagente (o prodotto) sono state consumate (o prodotte) un numero di moli pari al suo coefficiente stechiometrico. Il numero di moli di reazione che ogni reagente permette si calcola dividendo le moli di reagente per il suo coefficiente stechiometrico. Il reagente limitante è quello che permette il numero di moli di reazione più basso. Ripetiamo l'esempio di prima: mol di Al2O3 con mol di HCl: Al2O3 (s) + 6 HCl (aq) → 2 AlCl3 (aq) + 3 H2O (l) Calcoliamo le moli di reazione che è permesso dalle quantità date di HCl e Al2O3 : Poiché HCl permette un numero di moli di reazione minore, HCl è il reagente limitante.

89 Calcoli stechiometrici: la tabella di reazione
Consideriamo la stessa reazione di prima, mol di Al2O3 con mol di HCl: Al2O3 (s) + 6 HCl (aq) → 2 AlCl3 (aq) + 3 H2O (l) Supponiamo di voler sapere quanto AlCl3 rimane al termine della reazione (sappiamo già che HCl è il reagente limitante). Per calcolare le quantità di prodotti e di reagenti al termine di una reazione chimica è utile usare la tabella di reazione. Al di sotto dell’equazione chimica bilanciata scriviamo tre righe: nella prima scriviamo la quantità di ogni sostanza all’inizio della reazione, sulla seconda la variazione della quantità di ogni sostanza in seguito alla reazione, e sulla terza riga (che si ottiene sommando le quantità sulla prima e sulla seconda riga) scriviamo le quantità di ogni sostanza al termine della reazione. Al2O3 (s) + 6 HCl (aq) → 2 AlCl3 (aq) + 3 H2O (l) inizio mol mol 0 mol - variazione –0.409 mol –2.456 mol mol - fine mol 0 mol mol - Solo le quantità sulla seconda linea sono legate dai coefficienti stechiometrici! Per calcolare le quantità sulla seconda riga dobbiamo: individuare il reagente limitante come visto prima (se non è già evidente dal problema) e farlo consumare tutto. calcolare le variazioni degli altri reagenti e prodotti usando i fattori di conversione (i reagenti si consumano e hanno segno –, i prodotti si formano e hanno segno +)

90 La resa di reazione Non sempre una reazione chimica produce la quantità di prodotti attesa sulla base delle relazioni stechiometriche. Questo può succedere per varie ragioni: ci sono reazioni collaterali, ossia dagli stessi reagenti si possono formare anche altri prodotti; non è possibile isolare tutto il prodotto dall'ambiente di reazione; al momento in cui è interrotta, la reazione non è ancora completa. In tutti questi casi la quantità di prodotti ottenuti è minore di quella attesa. La quantità di prodotti ottenuta è detta resa della reazione. La resa teorica è la massima quantità di prodotto ottenibile (quella prevista dalle relazioni stechiometriche). La resa percentuale è invece la quantità di prodotto effettivamente ottenuta, espressa come percentuale della resa teorica. Per esempio se la reazione della pagina precedente produce solo moli di AlCl3, la resa percentuale è:

91 Composizione di una miscela
Esistono diversi modi per esprimere la composizione di una miscela, a secondo dell'uso che bisogna fare di questa informazione. % in peso: % in volume (usata per miscele di due liquidi): Frazione molare, simbolo x in un sistema di due componenti: in un sistema di n componenti:

92 Concentrazione molare
Per quanto riguarda le soluzioni la composizione della miscela è di solito espressa in termini di concentrazione, intesa come misura quantitativa del soluto presente nella soluzione. Una soluzione con molto soluto di dice concentrata, una con poco soluto si dice diluita. Uno delle unità di misura per la concentrazione più usate in chimica è la concentrazione molare o molarità (simbolo M). La molarità è definita come: o, in simboli L'unità di misura della molarità è mol·L-1, spesso indicata con M.

93 Uso della molarità Lavorare con una soluzione a molarità nota permette di misurare un numero di moli desiderate semplicemente misurando un volume di soluzione. Per trovare il volume di soluzione che contiene un certo numero di moli, basta scrivere: Per trovare il numero di moli contenute in un certo volume, invece: NB. La concentrazione molare di una sostanza (per esempio HCl) si indica scrivendo la formula della sostanza tra parentesi quadre. Perciò: [HCl] significa "concentrazione molare di HCl"

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95 Diluizione Un processo molto comune in chimica è la diluizione. Si prende un volume noto di soluzione, e si aggiunge altro solvente (sempre in quantità nota), in modo da ottenere una soluzione più diluita. Qual è la relazione tra la concentrazione M1 prima della diluizione e la concentrazione M2 dopo la diluizione? Bisogna considerare il che il numero di moli di soluto rimane invariato, per cui: n1 = n2 e quindi: M1·V1 = M2·V2 Normalmente questa espressione ci serve a calcolare: la molarità finale di una soluzione dopo una diluizione (incognita M2) la quantità di solvente da aggiungere per ottenere una certa molarità finale (incognita V2, che però è il volume totale, non quello da aggiungere!) Anche quando si mescolano due soluzioni, il volume del solvente varia, e bisogna calcolare le nuove concentrazioni molari.

96 Il pH Abbiamo detto che in soluzione acquosa un acido produce ioni H3O+. In realtà già l'acqua pura contiene una piccola quantità di ioni H3O+, ad una concentrazione di 1.0·10–7 M. Se in acqua si mette dell'acido, allora a causa degli ioni H3O+ prodotti dall'acido si ha: [H3O+] > 1.0·10–7 M Se invece nell'acqua si mette della base, questa "consuma" gli ioni H3O+ presenti e si ha: [H3O+] < 1.0·10–7 M Poiché in ogni caso si tratta di concentrazioni molto piccole, invece di usare direttamente la concentrazione degli ioni H3O+ conviene usare il suo logaritmo in base 10, cambiato di segno. Questo si chiama pH. pH = –log[H3O+] (e quindi [H3O+] = 10–pH) Il pH ci dice quanto è acida o basica una soluzione acquosa: Per soluzione acide, il pH è minore di 7 Per soluzioni basiche, il pH è maggiore di 7 Per soluzioni neutre (né acide né basiche) il pH è uguale a 7.

97 Calcoli stechiometrici in volume (per soluzioni)
Molto spesso le reazioni vengono effettuate mescolando due soluzioni. Se la molarità della soluzione è nota, si può calcolare il volume di una soluzione che reagisce con un certo volume dell'altra. Supponiamo per esempio di voler calcolare quanti mL di acido solforico 1.35 M reagiscono con 315 mL di NaOH M. Innanzitutto si deve scrivere la reazione bilanciata: H2SO4 (aq) + 2 NaOH (aq) → Na2SO4 (aq) + 2 H2O (l) poi si calcolano le moli di NaOH, usando la molarità come fattore di conversione (e utilizzando un ulteriore fattore di conversione per passare da mL a L): si usa poi il rapporto molare: ed infine si torna al volume: Problema per casa: qual è la concentrazione della risultante soluzione di Na2SO4?

98 Titolazioni Molto spesso è necessario determinare sperimentalmente la concentrazione di una soluzione. Questo si fa mediante un processo chiamato titolazione. Si tratta sempre di una reazione tra due soluzioni, ma in questo caso l'incognita è la concentrazione di una delle due (l'analita), mentre quella dell'altra (il titolante) è nota. I volumi delle due soluzioni che reagiscono sono misurati sperimentalmente, con il titolante aggiunto lentamente a un volume noto di analita finché l'analita non ha reagito completamente (cioè si è raggiunto il punto stechiometrico). Il ragionamento che si fa è il seguente: Si calcolano le moli del titolante presente nel volume aggiunto (usando la molarità nota del titolante) si calcolano le moli dell'analita presenti (usando il rapporto molare della reazione) infine si calcola la molarità della soluzione di analita dalle moli appena calcolate e dal volume (misurato).

99 Concentrazione molale
Un’altra maniera di esprimere la concentrazione è la molalità (v. inizio Cap. 14). La molalità è definita come: La molalità è molto meno comoda da usare della molarità, ma viene usata in quanto alcune delle proprietà fisiche delle soluzioni sono funzione della molalità e non della molarità. L'unità di misura è mol·kg-1, normalmente indicata con m (corsivo). Convertire la molalità in molarità non è banale, e può esser fatto solo se è nota la densità della soluzione (in kg·L-1), e la massa molare del soluto. Fortunatamente, per soluzioni acquose e molto diluite, i valori numerici di molarità e molalità sono molto simili.

100 Per passare da molalità a molarità Per passare da molarità a molalità
si considera una quantità di soluzione che contiene 1 kg di solvente, e quindi un numero di moli di soluto pari alla molalità si calcola la massa del soluto (moli di soluto · massa molare) si calcola la massa della soluzione sommando le masse del soluto (appena calcolata) e del solvente (1 kg) si calcola il volume della soluzione (dalla massa, usando volume = massa / densità) infine, si calcola la molarità (moli di soluto / volume della soluzione) Per passare da molarità a molalità si considera 1 L di soluzione, che contiene un numero di moli di soluto pari alla molarità si calcola la massa della soluzione (che per 1 L è pari al valore della densità) si calcola la massa del soluto (moli di soluto · massa molare) si calcola la massa del solvente sottraendo la massa del soluto dalla massa della soluzione infine, si calcola la molalità (moli di soluto / massa di solvente)


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