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Referendum del 17 aprile: che cosa andiamo a votare? Spunti per una riflessione consapevole Di Nicolò Rossetto (IUSS, ISPI) Pavia, 13 aprile 2016.

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Presentazione sul tema: "Referendum del 17 aprile: che cosa andiamo a votare? Spunti per una riflessione consapevole Di Nicolò Rossetto (IUSS, ISPI) Pavia, 13 aprile 2016."— Transcript della presentazione:

1 Referendum del 17 aprile: che cosa andiamo a votare? Spunti per una riflessione consapevole Di Nicolò Rossetto (IUSS, ISPI) Pavia, 13 aprile 2016

2 Il testo del referendum: “Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia di ambiente), come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016), limitatamente alle parole: “ per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e salvaguardia ambientale?””. 2

3 Il testo del comma oggetto di referendum: 17. Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell'Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto e' altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette. I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. 3

4 Sono sempre assicurate le attività di manutenzione finalizzate all'adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela dell'ambiente, nonché le operazioni finali di ripristino ambientale. Dall'entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma e' abrogato il comma 81 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i titolari delle concessioni di coltivazione in mare sono tenuti a corrispondere annualmente l'aliquota di prodotto di cui all'articolo 19, comma 1 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, elevata dal 7% al 10% per il gas e dal 4% al 7% per l'olio. 4

5 Il titolare unico o contitolare di ciascuna concessione e' tenuto a versare le somme corrispondenti al valore dell'incremento dell'aliquota ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere interamente riassegnate, in parti uguali, ad appositi capitoli istituiti nello stato di previsione ((,rispettivamente, del Ministero dello sviluppo economico, per lo svolgimento delle attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare, e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per assicurare il pieno svolgimento delle azioni di monitoraggio, ivi compresi gli adempimenti connessi alle valutazioni ambientali in ambito costiero e marino, anche mediante l'impiego dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), delle Agenzie regionali per l'ambiente e delle strutture tecniche dei corpi dello Stato preposti alla vigilanza ambientale, e di contrasto dell'inquinamento marino)). 5

6 Genesi e motivazioni del referendum Il quesito referendario, assieme ad altri 5, è stato promosso da 9 regioni (primo episodio): Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania, Molise. All’appello mancano 3 regioni potenzialmente molto interessate: Abruzzo, Emilia-Romagna e Sicilia. Secondo la vulgata dietro alla richiesta vi è il desiderio di esprimere la preoccupazione popolare per i rischi ambientali dell’attività estrattiva in mare, la volontà di ribadire il ruolo delle regioni in materia di energia anche in vista della riforma costituzionale, la voglia di segnalare l’opposizione alla politica energetica espressa dal Governo italiano dal 2012 in poi. 6

7 Un commento giuridico: Il movimento referendario evidenzia come la legge attuale sia illegittima perché non definisce un termine per la scadenza delle concessioni già interessere. Se il punto è questo, il referendum non è lo strumento d’intervento migliore: meglio sarebbe il ricorso alla Corte costituzionale al fine di valutare il punto e ottenere eventualmente la sanzione di incostituzionalità. 7

8 Cosa diceva la SEN (2013): Il Governo si poneva 4 obiettivi principali: ridurre significativamente il gap di costo dell’energia, allineandolo ai prezzi europei; raggiungere e superare gli obiettivi ambientali previsti dall’Europa per il 2020; Continuare a migliorare la sicurezza di approvvigionamento, riducendo la dipendenza dall’estero; Favorire la crescita economica sostenibile attraverso lo sviluppo del settore energetico. 8

9 Il Governo prevedeva 7 priorità d’azione nel medio-lungo periodo (2020): Promuovere l’efficienza energetica; Promuovere un mercato del gas competitivo e diventare hub sud-europeo; Conseguire uno sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili; Sviluppare un mercato elettrico integrato a livello europeo e con l’integrazione delle rinnovabili; Ristrutturare i settori della raffinazione e distribuzione dei carburanti; Sviluppare in modo sostenibile la produzione nazionale di idrocarburi nel rispetto di elevati standard di sicurezza e tutela ambientale; Modernizzare il sistema di governance del settore. 9

10 Alcuni dati sul settore idrocarburi italiano 10 Fonte: MISE (2015)

11 11 MISE (2015)

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13 13 Fonte: MISE (2016)

14 14 Concessioni di coltivazione oggetto del referendum: Sono 44 le concessioni interessate dal quesito referendario. In particolare 33 sono totalmente ubicate entro il limite delle 12 miglia dalla linea di costa e dalle aree protette mentre altre 11 lo sono prevalentemente (più del 75% dell'area) ed hanno gli impianti ubicati entro le 12 miglia. Le 44 concessioni di coltivazione sono distribuite nell'offshore di 7 regioni (Abruzzo, Calabria, Emilia-Romagna, Marche, Molise, Sicilia, Veneto). Nel 2015 la produzione delle concessioni ubicate entro le 12 miglia è stata di 1,93 miliardi di m 3 di gas (pari al 42,8% della produzione offshore e al 28,1% della produzione nazionale di gas) e a 0,54 milioni di tonnellate di olio greggio (pari al 72,3% della produzione offshore e al 10% della produzione nazionale). Nelle 44 concessioni sono installate 90 piattaforme, pari ad oltre 2/3 del totale (68,7%) e 484 pozzi (pari al 66,7% dei pozzi offshore e al 22,4% del totale nazionale).

15 15 Per maggiori informazioni vi rimando a queste pagine del Ministero per lo sviluppo economico: http://unmig.mise.gov.it/ http://unmig.mise.gov.it/unmig/titoli/on12.asp http://unmig.mise.gov.it/unmig/referendum/carta.asp

16 Dal Rapporto annuale DGRME – MISE (2015) 16

17 Dal Rapporto annuale DGRME – MISE (2015) 17

18 I permessi di ricerca e le concessioni sono numericamente stabili negli ultimi anni (al netto di un calo nei primi anni 2000). 18

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25 Una storia con pochi incidenti: In oltre 50 anni di sfruttamento marino, si ricorda solo un incidente significativo, quello dell’esplosione della piattaforma Paguro nel 1965 a pochi km da Ravenna dove morirono 3 operai a causa dell’esplosione di gas e del successivo incendio. 25 Oggi il relitto è area naturalistica.

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27 27 Piattaforme di estrazione non significa spiagge inquinate

28 28 Fonte: stime di Matteo Villa. La vittoria del sì implicherebbe minori ricavi per un valore tra i 3 e i 6 miliardi di euro su un arco di tempo di circa 18-20 anni.

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31 Alcuni dati sul sistema energetico italiano 31 La produzione di energia primaria italiana è cresciuta negli ultimi anni grazie allo sviluppo delle rinnovabili (sussidiate). La produzione di fonti fossili in Italia è calata. Fonte: IEA

32 L’Italia tuttavia importa molta più energia di quanta non produca ed è costretta a importare significativi ammontare di energia. 32

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36 36 Fonte: GSE (2015) L’Italia ha già centrato il suo obiettivo sulle fonti rinnovabili al 2020.

37 Evoluzione della produzione elettrica da fonti rinnovabili. 37 Fonte: GSE (2015).

38 38 Anche la IEA, che lotta contro il cambiamento climatico, prevede che pure nello scenario energetico che realizza l’accordo di Parigi (450) le fonti fossili rimarranno maggioritarie nel paniere energetico al 2040.

39 39 Fonte: Terna (2015) Anche le rinnovabili (elettriche) possono tornare indietro e non per colpa del Governo. => La transizione energetica richiede investimento, tempo e... piovosità buona.

40 Riflessioni conclusive: La vittoria del sì impedirebbe al paese di sfruttare moderate riserve di idrocarburi già sviluppate, col conseguente aumento delle importazioni e riduzione dell’occupazione nel comparto degli idrocarburi. Gli idrocarburi saranno necessari nel nostro paniere energetico ancora per decenni. Le rinnovabili non sono al momento un’alternativa sufficiente, soprattutto per il trasporto e il riscaldamento. Il fatto che gran parte della produzione oggetto del referendum sia di gas naturale fa sì che il rischio ambientale dalla coltivazione dei giacimenti sia molto limitato. Alcune imprese energetiche vedranno ridursi ricavi e profitti e lo stesso varrà per lo Stato che perderà imposte e tributi per alcune centinaia di milioni di euro. 40

41 Non si può fare politica energetica a colpi di referendum. Dal 1987 ne paghiamo le conseguenze, con l’idea di fermare una centrale (Caorso) appena costruita. Le rinnovabili non si svilupperanno di più a seguito del sì: è il successo eccessivo del sistema di incentivazione degli anni passati che ha ammazzato il settore. Nell’attuale contesto di sovraccapacità è impensabile che si attuino nuovi massicci investimenti. Un paese liberale e avanzato dovrebbe fissare degli standard (elevati) e vigilare sul loro rispetto piuttosto che limitarsi a vietare. L’atteggiamento di alcuni sostenitori del referendum fa invece trasparire scarsa fiducia verso le imprese e la pubblica amministrazione. 41


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