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PARTE 7: FRATTURE E VENE. Le fratture (o joint) sono tra le strutture più importanti nel campo dell’idrogeologia, della geologia mineraria e ingegneristica.

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1 PARTE 7: FRATTURE E VENE

2 Le fratture (o joint) sono tra le strutture più importanti nel campo dell’idrogeologia, della geologia mineraria e ingegneristica e nella geologia degli idrocarburi. Lo sviluppo di fratture è essenzialmente legato a tre processi: Deformazioni risultanti da processi orogenici; Deformazioni risultanti da processi epeirogenici; “sfaldamento” causato da raffreddamento o disseccazione Le fratture si possono formare durante l’intera storia di una roccia, partendo dalla diagenesi, passando per il seppellimento, fino all’esumazione e il raggiungimento della superficie terrestre dove, ad esempio, fenomeni di weatering possono produrre fratturazione. Quindi è molto importante stabilire la corrispondenza tra fratture e loro ambiente di formazione e quindi filtrare i dati in modo tale da analizzare solo quelli utili. La maggior parte delle fratture (forse >95%) che si formano nelle rocce sedimentarie è più o meno perpendicolare alla stratificazione. Le fratture possono mostrare un andamento planare (systematic fractures), oppure avere un profilo curvilineo (non-systematic fractures). Quando più fratture sono parallele tra loro allora formano un set di fratture (più set tra loro geneticamente legati formano un sistema o array). Generalmente fratture non planari sono associate al weatering o all’azione antropica (vedi le fratture radiali causate dagli esplosivi nelle cave).

3 Sistemi di fratture Joint arrays

4 Cooling joints: form by thermal contraction

5 Exfoliation joints: Form by unloading of bedrock through erosion. They form parallel to topography

6 Exfoliation joints: Form by unloading of bedrock through erosion. They form parallel to topography

7 Tectonic joints: Form by tectonic stresses as opposed to stresses induced by topography.

8 Secondo Griggs & Handin (1960) le fratture sono superfici lungo le quali il materiale soggetto ad uno stress perde coesione e, a differenza delle faglie, le fratture non mostrano una dislocazione da taglio ma invece possono mostrare una dislocazione tensile, tuttavia questa classificazione è molto dipendente dalla scala di osservazione. Ad occhio nudo possiamo non apprezzare una dislocazione da taglio che potrebbe essere vista invece con l’aiuto di un microscopio. Questa dicotomia non tiene conto delle fratture “ibride” cioè quelle che mostrano entrambi le dislocazioni. Per giungere ad una corretta classificazione consideriamo i criteri di rottura che producono le fratture e le faglie in termini di stress crostali e pressione dei fluidi: A: fratture tensili (  e  ) B: fratture ibride (  e  ) C: faglie (  e  ) Lungo le fratture in realtà non c’è perdita totale della coesione, in realtà la migliore definizione sarebbe: un piano di debolezza che si forma in un materiale sottoposto ad un campo di stress

9 Il concetto di perdita di coesione dipende anche dalla scala di osservazione e dal processo deformativo che agisce. In realtà non c’è una separazione netta tra deformazione fragile e duttile. a,b: deformazione fragile c: deformazione fragile-duttile d: deformazione duttile strain

10 Joints/Fractures: Kinematics ribs are arrest lines- opening is not instantaneous, but rhythmic, like splitting wood

11 Plumose structure: A subtle roughness on surface of some joints; resembles imprint of a feather. Due to inhomogeneity of rock.

12 Close-up views of hackles in plumose structure. Plumose structure is more prominent away from origin due to stress concentrations at crack tips

13 Joints: commonly elliptical

14 Le fratture si sviluppano nelle rocce in tempi diversi e per diverse ragioni

15 Classificazione delle fratture: criteri Presenza o assenza di riempimento (vene, filoni, dicchi...) Interazione tra fratture di set differenti (cronologia delle fratture) Morfologia Aspect ratio (rapporto di forma) spaziatura e relazione con la stratificazione Morfologia e ambiente di formazione A volte dalla morfologia è possibile risalire all’ambiente di sviluppo, per esempio se riusciamo a identificare il tipo di farttura se fragile, semigrafile o duttile. La deformazione duttile in genere avviene a grandi profondità (passaggio duttile-fragile localizzato all’isoterma 250-300°C quindi considerando un gradiente termico normale di 30°C/km è posto a 10 km) oppure quando la roccia non era consolidata. Mentre la deformazione fragile avviene in condizioni più superficiali e quando la roccia è “abbastanza” litificata.

16 Indice di scabrosità: profili e pettine di Barton

17 Aspect ratio i)Extension gash ii)Vena iii)Vena iv)Vena sottile o joint riempito v)Joint i)Fault ii)Faglia minore iii)Faglia minore o shear joint maggiore iv)Shear joint v)Shear joint Strutture tensili Strutture da taglio Attenzione: l’apertura delle fratture può essere aumentata dal weatering atmosferico!!

18 Le fratture possono essere classificate anche in base alla loro lunghezza rispetto allo spessore dello strato (in rocce sedimentarie stratificate) Le fratture stratabound sono quelle fratture che terminano lungo i giunti di stratificazione Le fratture non-stratabound sono quelle che o sono più corte o più lunghe dello spessore dello strato Problema: quale spessore usare? Lo strato meccanico è inteso come la porzione di roccia che si comporta in maniera omogenea ad una sollecitazione, cioè la porzione di roccia con lo stesso comportamento reologico (stratigrafia meccanica)

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20 Ulteriori caratteristiche che definiscono le fratture: Apertura Lunghezza Spaziatura (densità) Orientazione (set, sistemi) L= lunghezza A= apertura S=spaziatura 1/S= densità di fratturazione (per unità di misura)

21 Le fratture stratabound mostrano una relazione con lo spessore dello strato dove si sviluppano: C’è una relazione diretta tra spaziatura e spessore o inversa tra densità e spessore, quindi più gli strati sono sottili e più sono fratturati, viceversa più sono spessi e meno sono fratturati

22 Tuttavia per spessori maggiori di 1-2 metri la legge non è più lineare ma tende ad essere asintotica verso un valore costante.

23 Parametri che controllano la densità di fratturazione Composizione Granulometria Porosità Spessore degli strati Posizione strutturale

24 COMPOSIZIONE In generale rocce formate da minerali a comportamento fragile mostreranno una densità di fratturazione maggiore rispetto a quelle formate invece da minerali a comportamento duttile (nelle stesse condizioni a contorno es P, T, Fluidi...). Generalmente la dolomia è più fragile rispetto al calcare... Oppure più minerali fragili (es. Quarzo, feldspato, dolomite) più diventa resistente e più si frattura!

25 POROSITA’ Più le rocce sono porose e più decresce la resistenza (la relazione non è lineare) In generale rocce poco porose (a parità di litologia e fabric) sono più fratturate rispetto a rocce molto porose.

26 GRANULOMETRIA In rocce clastiche ben classate, la decrescita della granulometria corrisponde ad una crescita della resistenza tensile. Questa crescita è causata da una crescita nell’energia di superficie mentre diminuisce il diametro dei granuli. Quindi rocce più fini sono più fratturate di rocce più grossolane.

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28 POSIZIONE STRUTTURALE Con l’aumentare dello strain aumenta la densità di fratturazione. Come facciamo a prevedere la densità di fratturazione conoscendo la forma della struttura? Il primo metodo è usare una modellizazione ad elementi finiti, il secondo è conoscere il raggio di curvatura della struttura (esempio una piega)

29 Quanto più è piccolo il raggio di curvatura tanto più aumenta la densità di fratturazione e dove più velocemente varia il dip della struttura più la roccia è fratturata.

30 Scan line – Scan area Il campionamento statistico consiste nella rilevazione delle caratteristiche di un insieme di fratture che siano rappresentative delle strutture presenti nell’area in studio. Il campione può essere costituito dalle fratture che intersecano una superficie, solitamente contenuta nel paino campagna o in affioramento (scan area), oppure che intersecano una retta ideale, opportunamente orientata, sul piano dell’affioramento (scan line). Scan line Micro scan line

31 Scan line e micro scan lines 1 mm 500  m 100  m La modalità di esecuzione della scan line – in termini di orientazione, lunghezza, caratteristiche delle fratture che vengono registrate ecc., dipende dalle caratteristiche dei set di fratture che si analizzano e dagli scopi dell’analisi statistica. In ogni caso la giacitura delle fratture è uno dei parametri che viene sempre registrato, nell’esecuzione di scan line. Scan line condotte a varie scale di osservazione

32 Analisi delle giaciture Bed 1 Bed 71 Bed 66 Bed 107 Bed 102 Bed 118 Bed 120 Bed 56 Set 2 Set 1 La prima fase dell’analisi strutturale consiste nell’individuazione delle principali famiglie di fratture. Una prima distinzione spesso può già essere effettuata dall’osservazione in campagna. Tuttavia un’opportuna analisi statistica è necessaria, poiché fornisce informazioni quantitative circa la giacitura media dei set di fratture ed in molti casi consente di osservare caratteristiche relative a tali set, che non sempre possono essere osservate tramite un’analisi visiva, quali ad esempio, la dispersione delle giaciture rispetto alla giacitura media, la presenza di sub-set di fratture ecc. Set di fratture da trazione rilevate in una successione carbonatica. Poli dei piani di frattura su proiezione stereografica equivalente – emisfero inferiore.

33 Distribuzione spaziale e trend delle densità di fratture Orthogonal to bedding plane set Vertical set Fractures per meter Diagramma del trend delle densità di fratture locali lungo la scan line, relativo alle fratture sub-verticali (vertical set)

34 Distribuzione statistica degli attributi delle fratture Cumulative Distribution Bed Thickness (cm) La distribuzione statistica di una variabile continua X è comunemente descritta tramite la funzione di distribuzione cumulativa F(x). Questa è definita come la probabilità che X < x. La distribuzione cumulativa empirica, su un campione di N elementi, è calcolata come numero di elementi per i quali risulti X < x, rapportato al numero totale N. Si noti che risulta F(x) ≤ 1 per ogni valore di x, ed è sempre crescente. Talvolta si considera la probabilità che X > x. In tal caso le proprietà della funzione distribuzione non cambiano, eccetto il fatto che essa è sempre decrescente. Distribuzione di frequenza cumulativa degli spessori degli strati di una successione carbonatica.

35 Distribuzione statistica degli attributi delle fratture Cumulative Frequency (m -1 ) Alcune distribuzioni statistiche possono presentare frequenze infinite. Tali distribuzioni non possono essere descritte da una funzione per la quale risulti F(x) ≤ 1 per ogni valore di x. In questi casi introduce una analoga funzione, la frequenza cumulativa, definita come numero di elementi per i quali risulti X > x, per unità di lunghezza (o di superficie nel caso della scan area). Frequenza cumulativa delle aperture di joint appartenenti ad un set di fratture rilevato in una successione carbonatica. Il modello di distribuzione statistica che meglio si adatta a questi dati è una legge di potenza di eq. y = 8.87 x -0.9 (riportata in fig.). Si noti che, secondo questo modello, le frequenze possono assumere valori infiniti. Ad esempio il numero di fratture per metro per le quali risulti: 0 < apertura < 0.001, tende (teoricamente) ad infinito.

36 Distribuzioni di frequenze e di frequenze cumulative Le distribuzioni statistiche di variabili aleatorie continue (per es. il peso di individui maschi di una certa popolazione umana) sono spesso rappresentate in termini di frequenze, ossia numero di individui appartenenti ad una certa classe di peso (per es. 75 – 80 kg), oppure di frequenze cumulative, ossia numero di individui con peso inferiore ad un certo valore. Si noti che l’ordinata di ogni punto del diagramma di frequenze cumulative è pari alla somma dei valori di frequenza (non cumulativa) alla sinistra dell’ascissa. Per es. la frequenza cumulativa relativa al peso di 75 kg è data dalla somma delle aree dei rettangoli alla sinistra del valore 75. Frequenze e frequenze cumulative del peso di individui maschi di una certa popolazione. Le distribuzioni sono ben approssimate da una distribuzione di Gauss, la quale presenta tipicamente la forma a ‘campana’ per le frequenze e la forma ad ‘S’ per le frequenze cumulative. Frequenze Frequenza Cumulativa

37 Distribuzioni statistiche più comuni Due tipi di distribuzione molto frequentemente incontrati in natura sono la distribuzione di Gauss - o Normale – e la distribuzione secondo una legge di potenza, ossia descritta da un’equazione del tipo: F(x) = a x –m, dove a ed m sono costanti. Si noti che questa equazione fornisce una retta in un diagramma bi- logaritmico. Un esempio tipico di distribuzione Normale è fornito dal peso di individui di una certa specie. Un esempio di distribuzione simile alla legge di potenza può essere fornito dal peso degli individui quando si considerano tutte le specie animali. In questo caso le frequenze relative alle classi di peso più piccole (per esempio quando si considera il numero dei piccoli insetti, oppure degli organismi unicellulari), assumono valori indefinitamente grandi. Si noti infine nel caso della distribuzione cumulativa secondo una legge di potenza, anche la distribuzione di frequenza (non cumulativa) è descritta da una legge di potenza, fornita dalla derivata di F(x). Distribuzione di frequenza Normale o di Gauss. La forma a campana indica che al valore medio è associata la massima frequenza (ossia la massima probabilità), mentre i valori più distanti dalla media sono via via meno probabili. Frequenza CumulativaFrequenza Gauss Power law FrequenzaFrequenza Cumulativa Distribuzione di frequenza secondo una legge di potenza. I valori più piccoli della variabile x assumono frequenze indefinitamente grandi. La media di questa distribuzione può assumere solo valori: 0 ed ∞. Pertanto tale distribuzione non ammette media né deviazione standard.

38 Altre distribuzioni frequentemente incontrate Un altro tipo di distribuzione frequentemente incontrato in geologia strutturale è la distribuzione Log Normale. Una variabile aleatoria il cui logaritmo ha distribuzione Normale è per definizione Log Normale. Grandezze come la spaziatura o lunghezza delle fratture possono presentare questa distribuzione. Se nel diagramma delle frequenze si utilizza la scala logaritmica per le ascisse (ossia si considera il logaritmo della variabile analizzata), la frequenza e la distribuzione cumulativa assumono la forma tipica - a campana ed a S rispettivamente – della distribuzione Gaussiana. Distribuzioni statistiche degli spessori degli strati in una successione carbonatica. Nei diagrammi in basso le ascisse sono in scala logaritmica. Si noti come, in quest’ultimo caso, le distribuzioni assumano la tipica forma Gaussiana.

39 Altre distribuzioni frequentemente incontrate La distribuzione esponenziale descrive il tempo intercorso tra due eventi con distribuzione temporale random. Per esempio il tempo che intercorre tra il passaggio di un’auto e la successiva ad un casello autostradale (nell’ipotesi di assenza di code). Analogamente, nel caso di una scan line, una distribuzione spaziale random delle fratture dà luogo ad una distribuzione esponenziale della distanza tra una frattura e la successiva. L’equazione che descrive tale distribuzione è: F(x) = 1 - e -, dove è l’inverso del valor medio. Per comodità di rappresentazione nei diagrammi a lato è riportata la funzione 1 – F(x). Una peculiarità di questa distribuzione sta nel fatto che per essa la media e la deviazione standard assumono lo stesso valore. Un metodo pratico per riconoscere tale distribuzione consiste proprio nel calcolare il rapporto tra deviazione standard e media, per verificare se si approssimi all’unità. Tuttavia è sempre consigliabile lo studio dei diagrammi della distribuzione cumulativa, come quelli affianco riportati. Frequenze cumulative della spaziatura tra joint in una sezione sottile di calcare micritico, con ordinate in scala lineare e logaritmica. Usando la scala logaritmica, la distribuzione cumulativa esponenziale è descritta da una retta.

40 Scopi dell’analisi statistica La descrizione di oggetti naturali caratterizzati da una geometria marcatamente irregolare, quali le rocce e le strutture in esse contenute, può essere realizzata efficacemente tramite un approccio statistico. Per esempio, per descrivere la geometria di un oggetto artificiale come un pilastro di cemento armato, basta rappresentarne la forma, le tre dimensioni, la distanza tra un’armatura ed un’altra ecc. Nel caso di una roccia fratturata, una descrizione geometrica non può essere attuata in maniera così semplice. L’approccio statistico fornisce utili strumenti per la sua descrizione. Le caratteristiche di maggior interesse per le quali è utile una descrizione in termini statistici, sono le seguenti: lunghezza della traccia delle fratture sul piano dell’affioramento spaziatura tra fratture apertura dei joint da trazione o slip delle fratture da taglio Se di ognuna di tali caratteristiche se ne fornisce a)Il corretto modello di distribuzione statistica (per es. gaussiana, esponenziale o legge di potenza ecc.) b)I parametri che definiscono tali modelli (per es. la media e deviazione standard oppure l’esponente ed il coefficiente della legge di potenza ecc.) allora la descrizione delle strutture può essere ritenuta esaustiva ai fini applicativi. Queste grandezze sono di notevole interesse perché controllano il comportamento meccanico ed idraulico (in termini di porosità e permeabilità) dell’ammasso roccioso.

41 Fasi dell’analisi statistica Parametri statistici come la media o la deviazione standard non sono sufficienti a descrivere le caratteristiche delle fratture se non si conosce a monte il tipo di distribuzione. Per esempio, nel caso di una variabile Log Normale oppure esponenziale la media differisce notevolmente dal valore più probabile, dato dalla massima frequenza (non cumulativa). Nel caso della legge di potenza è addirittura inappropriato riferirsi alla media, poiché essa non assume valori finiti non nulli. Per la determinazione del corretto modello statistico esistono svariati metodi più o meno sofisticati. Un criterio piuttosto semplice (anche se non infallibile) consiste nell’analisi dei diagrammi della distribuzione cumulativa, analoghi a quelli presentati negli esempi precedenti. Il confronto delle distribuzioni osservate con quelle teoriche, secondo vari metodi di best-fit, può fornire utili informazioni circa la distribuzione statistica della grandezza studiata. Una volta determinato il modello statistico appropriato, la distribuzione può essere completamente definita determinandone gli opportuni parametri statistici. Per esempio, una volta noto che un certo attributo (per es. la spaziatura) segue una distribuzione di Gauss, è sufficiente determinarne la media e la deviazione standard. Tali valori si inseriscono poi nell’equazione della distribuzione di Gauss, ottenendo una formulazione completa della distribuzione di probabilità della grandezza studiata. Nel caso della distribuzione esponenziale è sufficiente stimare la media (poiché nella relativa equazione compare solo tale parametro). Nel caso della legge di potenza, invece, i parametri da determinare sono l’esponente ed il coefficiente. Questi possono essere stimati tramite il metodo dei minimi quadrati, così come fatto negli esempi precedenti. Determinazione del modello di distribuzione statistica Determinazione dei parametri statistici che definiscono le distribuzioni

42 I modelli di distribuzione di probabilità più ricorrenti Per tale attributo il modello più citato e documentato in letteratura è la LEGGE DI POTENZA. Secondariamente: distribuzione LOG NORMALE. Apertura delle fratture da trazione In letteratura sono citati svariati modelli, più o meno complessi, per descrivere gli attributi delle fratture. Di seguito si riportano i più semplici e ricorrenti, per le principali caratteristiche. Modelli più diffusi: LOG NORMALE, LEGGE DI POTENZA. Shear dispalcement delle fratture da taglio Modelli più diffusi: LOG NORMALE, LEGGE DI POTENZA. Lunghezza delle fratture Modelli più diffusi: ESPONENZIALE: se le fratture hanno distribuzione spaziale casuale uniforme, ossia non sono equi-spaziate, non sono raggruppate in zone di intensa fratturazione alternate a zone poco fratturate. LOG NORMALE LEGGE DI POTENZA: questa distribuzione è appropriata nei casi in cui le fratture sono marcatamente raggruppate. Per esempio le fratture fault related, presentano spaziature ridottissime nelle zone di faglia, intervallate da regioni di roccia poco fratturate in cui le spaziature presentano valori elevati. Spaziatura tra fratture

43 VENE

44 Vene -forma dei cristalli presenti nelle vene: Cristalli fibrosi :  Alto rapporto tra lunghezza e spessore (>10... >100)  La forma fibrosa non è determinata dall’habitus del cristallo  La forma fibrosa è indipendente dall’orientazione cristallografica  La forma di tutti I cristalli è identica  Le fibre sono parallele  Nessuna nucleazione durante la crescita (Antitaxial calcite vein in carbonaceous shales, Arkaroola, South Australia)

45 NB. Una tessitura fibrosa può essere formata da sub-granuli fibrosi o geminati, mentre I granuli grandi possono non essere fibrosi. In questa foto si può osservare una sezione perpendicolare alle fibre in una vena antitassiale. Un solo granulo ricopre la maggior parte del campo. Le fibre sono molto più piccole e sono definite da sub-granuli e probabilmente dai margini dei geminati. (Antitaxial calcite vein in carbonaceous shales, Arkaroola, South Australia)

46 Cristalli a blocchi allungati : Da basso ad alto rapporto tra lunghezza e spessore(<10) La forma allungata non dipende dall’habitus La forma allungata è spesso legata all’orientazione cristallografica Non tutti i cristalli presentano la stessa forma Gli assi lunghi dei granuli sono generalmente sub-paralleli Nessuna nucleazione durante la crescita (Syntaxial/asymmetric quartz vein from Cape Liptrap, Victoria, Australia)

47 A blocchi : Nessuna caratteristica descritta per I cristalli fibrosi o allungati, in particolare: Spesso la nucleazione è continua Nessuna forma allungata o isorientazione dei cristalli (Calcite vein in carbonaceous shales, Arkaroola, South Australia)

48 Slicken-fibres: Fibrosi o a blocchi allungati Asse lungo dei cristalli a basso angolo o parallelo ai margini delle vene (Calcite vein in carbonaceous shales, Arkaroola, South Australia)

49 Tettonica e Geologia strutturale (2008-2009): Session 8-Vene

50 Classificazione in base al sito di precipitazione durante lo sviluppo della vena Vene sintassiali: la crescita avviene persistentemente lungo lo stesso piano la crescita avviene nella zona centrale della vena La crescita spesso inizia con la sovracrescita sintassiale (con lo stesso senso cristallografico) dei granuli della roccia incassante spesso sono a forma di blocchi allungati La parte più vecchia della vena si trova lungo i margini al contatto tra la vena e la roccia incassante; la parte più giovane si trova nella parte mediana Singoli cristalli non attraversano il piano mediale

51 Vene antitassiali: la crescita avviene persistentemente lungo lo stesso piano La crescita avviene lungo i bordi I minerali che formano le vene sono spesso assenti nella roccia incassante I cristalli sono spesso fibrosi I cristalli più giovani si trovano ai bordi, i più vecchi nella parte centrale Singoli cristalli possono attraversare la parte mediana della vena.

52 Tips of two parallel en échelon antitaxial fibrous calcite veins. Mean fibre width increases slightly from the median line outwards, which indicates that growth was outwards (antitaxial). Fibre shape is symmetric around the median line, except near the tips. Growth and propagation of the veins caused bending if the shale "bridge" in between. Tapley Hill Formation, Opaminda Creek, Arkaroola, South Australia. Width of view 13 mm, crossed polars.

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54 Median zone in a dominantly fibrous antitaxial calcite vein. The median zone has an elongate blocky texture with growth mainly from the right to the left. Small wall rock inclusions and quartz crystals mark the edge of the median zone. Antitaxial growth took place after formation of the median zone, with fibres growing out of median zone grains. The fibre width is much smaller than the grain size in the median zone, but comparable in size to the deformation twins in these grains. This indicates that the initial (median zone) vein was deformed before the onset of fibre growth. Tapley Hill Formation, Opaminda Creek, Arkaroola, South Australia. Width of view 6.4 mm, crossed polars.

55 Vene atassiali o stretching veins: La crescita avviene in vari siti (cracks) nel tempo I cristalli spesso sono i principali minerali della roccia incassante Cristalli stirati non c’è una ripartizione consistente tra cristalli vecchi e nuovi non c’è un piano mediano singoli cristalli possono estendersi da una parte all’altra della vena I Cracks possono avvenire dentro la vena o in modo casuale all’esterno (ma sempre paralleli alla vena). In questo caso la vena contiene molti pezzi della roccia incassante.

56 Vene asimmetriche: La crescita inizia in modo atassiale (ma può essere anche sintassiale o antitassiale) Un lato della vena diventa il piano preferenziale di crescita Spesso sono blocchi allungati Le vene sono asimmetriche Vene da rimpiazzamento: I cristalli non precipitano in nuovi spazi ma rimpiazzano minerali preesistenti. Generalmente i bordi sono imprecisi Spesso restano le inclusioni dei minerali precedenti La forma è spesso a blocchi allungati o influenzata dalla precedente tessitura

57 Vene composite: Combinazione di crescita antitassiale nel centro e crescita sintassiale ai bordi. Generalmente le parti sintassiale e antitassiale sono composte da diversi minerali (Calcite + quartz vein in carbonaceous shales from Arkaroola, South Australia)

58 Photomicrograph of a polytextured, fibrous and blocky calcite vein in (a) plane polarised light and (b) cross polarised light. The initial veins is marked by a thin line of wall rock inclusions (S) and a line of quartz crystals (Q). Subsequently, two stages of vein growth occurred: (1) antitaxial fibrous growth towards the left and (2) open cavity growth on the right. The cavity infill took place by overgrowth of the first vein material (at line Q), but also by nucleation and growth of new crystals, resulting in a dominantly blocky texture. Infill of the cavity was not complete as cavities with faceted grain surfaces remained (C). This indicates that the blocky growth was probably the last growth event, post- dating leftward antitaxial fibrous growth from line S (right half of vein not shown). Width of view 10 mm. a b

59 stiloliti: Le stiloliti sono in un certo senso opposte alle vene (quindi è spesso usato il termine anti-crack). Dissoluzione continua e ripetitiva lungo una superficie Accumulo di materiale insolubile (spesso scuro o opaco) lungo la stilolite Sviluppo di denti di sega dovuto alle diverse velocità di dissoluzione su entrambi I lati della stilolite I dentelli indicano la direzione del raccorciamento (Stylolite in calcite vein in carbonaceous shales from Arkaroola, South Australia)

60 Stylolite and quartz vein combination in Heavitree Quartzite (Ormiston Gorge, Central Australia). A distinct stylolite dips shallowly to the right and truncates milky white vertical quartz veins. The jagged surface of the stylolite, common in limestones but relatively rare in quartzites, indicates vertical shortening, consistent with the horizontal stretching that is indicated by the quartz veins. Scale bar is 1 cm. Photograph courtesy Alice Post.

61 Traiettorie di apertura La traiettoria di apertura è il percorso che due punti, originariamente adiacenti, posti sui margini opposti di una vena hanno effettuato muovendosi l’uno rispetto all’altro mentre la vena cresce. Le fibre e i blocchi allungati spesso tracciano questa traiettoria ma non sempre in modo completo. Le fibre fantasma possono qualche volta dare un’indicazione più precisa della traiettoria rispetto alle fibre normali. Le fibre fantasma sono le tracce di un minerale diverso che cresce da un punto specifico sui bordi. Vene e analisi strutturale L’estesa varietà di strutture interne alle vene, la forma e l’arrangiamento spaziale, fanno delle vene uno strumento molto utile per l’analisi strutturale. Spesso I cristalli a blocchi allungati o quelli fibrosi ci permettono di determinare l’intera storia della formazione della vena dando informazioni sulla storia deformativa della roccia incassante. Le microstrutture dovrebbero essere interpretate correttamnente (sin o antitassiali, tracciamento parziale o totale…) Le vene formano spesso dei sistemi. L’immagine a fianco mostra un gruppo di vene formatesi originariamente con un piccolo angolo con l’orizzontale. L’interazione tra le vene ha causato la loro fusione in un’unica vena orizzontale con pezzi di roccia inclusi. L’immagine a destra mostra invece un set di vene sigmoidali. Le vene non si sono formate tutte nello stesso istante ma in diversi stadi deformativi. Le vene sigmoidali sono spesso degli ottimi indicatori cinematici.

62 Vene sigmoidali L’apertura di una vena corrisponde alla massima estensione istantanea. La traiettoria di apertura registra la cinematica della deformazione. La propagazione dei tip della vena è parallela alla direzione di max raccorciamento istantaneo. L’apertura delle vene è parallela al max allungamento istantaneo. Le vene ruotano quando la deformazione non è coassiale o quando c’è una rotazione del campo deformativo.

63 Che tipo di vena è? Sintassiale, antitassiale, atassiale, composita…

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65 Strain/pressure fringes & shadows intorno ad oggetti rigidi Un oggetto rigido come un cristallo di pirite disturba il campo di stress o deformativo intorno ad esso durante la deformazione. Sui lati dell’oggetto normali alla massima compressione, lo stress differenziale e la pressione sono i più alti (aree di max strain). Mentre sui lati normali alla minima compressione lo stress differenziale e la pressione sono i più bassi (aree di basso strain). La differenza di pressione può portare al trasporto di materiale formando delle ombre di pressione o frange di pressione. Pressure fringe of fibrous quartz around a concretion of iron ore in a BIF-chert from the Hamersley ore province, Pilbara, West Australia. Width of view 2.3 mm, crossed polars.

66 Quartz + mica pressure shadow adjacent to a quartz porphyroclast (on right, grey grain with inclusions) in a quartz-mica schist from Nooldoonooldoona Waterhole, S.W. Mount Painter Inlier, Arkaroola, South Australia. Width of view 3.2 mm, crossed polars. Note the sharp boundary of the pressure fringe, in contrast to the vague boundary of the pressure shadow

67 OMBRE versus FRANGE NOTA: la ricristallizazzione tardiva può produrre una tessitura a blocchi in una frangia di pressione rendendola simile ad un ombra di pressione. Precipitazione distribuita in aree di bassa pressione: pressure shadow (ombre di pressione)  Generalmente tessitura a blocchi  Margini mal-definiti delle ombre  Simili alle vene di rimpiazzamento Precipitazione localizzata in aree di bassa pressione: pressure fringe (frange di pressione)  Generalmente tessitura fibrosa o a blocchi allungati  Margini ben definiti delle frange  Simili alle vene sin/anti-tassiali e composite

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76 The crack-seal mechanism The crack-seal mechanism (Ramsay 1980) is the favoured mechanism for about all veins with elongate crystals. In this model growth occurs in many repeated small increments: crack-seal events:Ramsay 1980 Crack event -> opening of narrow open crack, filled with fluid Seal event -> Precipitation fills (=seals) the crack again Most telling microstructural indicators of crack-seal mechanism are regularly spaced trails of small inclusions (typically small micas or pieces of wall rock or fluid inclusions). Opening per crack event is generally in the order of 10  m. Elongate blocky and stretching textures are very well explained by, and often show evidence of crack-seal growth (inclusions, radiator structures) - Crack-seal mechanism, pressure and fluid flow The crack-seal cycle involves the buildup of fluid pressure to enable fracturing (Crack). Then increased permeability allows fluid flow and material transport (Seal) and the fluid pressure drops. Presence of cracks -> fluid can flow through crack network Presence of cracks -> brittle failure (often extensional) Extensional failure -> high fluid pressure & low differential stress

77 Mohr failure envelope representation (after Lockner 1995) in a graph of the shear stress (t) against principal normal stresses (s1 and s3, with the rock pressure P r = (s1+s3)/2). The Mohr-circle is a circle with its centre on the horizontal axis. Points on the circle represent normal stress / shear stress conditions on all possible planes. The angle b is the angle between the failure surface and the direction of maximum principle stress (s1). (a) When the Mohr-circle does not touch the Mohr-envelope, stresses are too low to induce failure. (b) Fluid pressure (Pf) reduces the effective pressure, which moves the Mohr circle to the left. Fluid pressure can rise until the Mohr-circle touches the Mohr envelope, at which point failure occurs. In the given case, with Pf>s3, failure is tensile (b=0°). (c) Shear failure (b=40°) can occur at relatively lower fluid pressure, but at a higher differential stress. (d) Tensile strength of an existing fracture is close to zero, which shifts the Mohr-envelope down. Less differential stress and fluid pressure is needed to reactivate such an existing fracture.

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79 Fibrous antitaxial calcite veins in carbonaceous shales. The veins form fracture-like sets with side splays where the interaction between two veins caused a local disturbance of the stress field. Tapley Hill Formation, Opaminda Creek, Arkaroola, South Australia.

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81 Set of sigmoidal en échelon veins that have amalgamated into a single dextral shear vein. Heavitree Quartzite, Ormiston Gorge, Central Australia. Photograph courtesy Alice Post. Photograph looking down on slickenfibres in Heavitree Quartzite (Ormiston Gorge, Central Australia). diameter 1 A$ coin approx. 2 cm. Photograph courtesy Alice Post.

82 Breccia or net veins form a matrix between clasts in a breccia. These typically occur in hydrothermal (ore) deposits. True breccia veins formed in one event of extensive fracturing, without significant preferred orientation. However, abundant veining of other types and/or the activity of multiple veining events with different cross-cutting orientations may produce breccia-like veins (Valenta et al. 1994).


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