La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Alfredo Rubino If I have seen further it is by standing on ye shoulders of Giants. Se ho visto più lontano è perché stavo sulle spalle di giganti Isaac.

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Alfredo Rubino If I have seen further it is by standing on ye shoulders of Giants. Se ho visto più lontano è perché stavo sulle spalle di giganti Isaac."— Transcript della presentazione:

1 Alfredo Rubino If I have seen further it is by standing on ye shoulders of Giants. Se ho visto più lontano è perché stavo sulle spalle di giganti Isaac Newton che cita Bernardo di Chartres filosofo francese del XII secolo in una lettera a James Hooke

2 Alfredo Rubino

3 Breve Storia delle Teorie Atomistiche Dal greco ἄ τομος -, indivisibile, unione di ἄ - [alfa privativo] + τομ ῆ (divisione). La teoria atomica della materia fu proposto per primo da Leucippo, un filosofo greco, vissuto intorno al 450 a.C.. Leucippo Secondo Anassagora è possibile suddividere la materia in parti sempre più piccole, e questo processo può continuare all’infinito. Ma secondo Leucippo, questo processo ha termine e ad un certo punto si arriva a piccole particelle che non possono essere più suddivise. Egli chiamo queste particelle atomi. Democrito, discepolo di Leucippo,perfezionò la teoria affermando che tutta la materia è composta di atomi che oltre che indivisibili, sono invisibili ed indistruttibili e non intellegibili “si muovono eternamente nel vuoto infinito”. Altri atomisti furono Epicuro e Lucrezio ma vinse Aristotele Democrito

4 Alfredo Rubino La Teoria Atomica Moderna J. Dalton John Dalton ogni forma di materia è costituita da atomi; gli atomi sono tutti inalterabili ed indivisibili; in una stessa sostanza ( elemento ) gli atomi sono tutti uguali; gli atomi di diversi elementi differiscono per massa e per altre particolarità; le trasformazioni chimiche avvengono per unione o separazione di atomi tra di loro. John Dalton (1803), per spiegare una enorme quantità di osservazioni sperimentali che non potevano essere spiegate altrimenti,suppose che

5 Alfredo Rubino La Teoria Atomica Moderna J.J. Thompson Joseph John Thompson, con la scoperta dell’elettrone nel 1898 attraverso l‘esperimento sui raggi catodici emessi in un tubo a bassa pressione, fornì nel 1904 un primo modello sulla struttura atomica.

6 Alfredo Rubino L’esperimento di Thompson I + Anodo _ Catodo Schermo Fluorescente - ++ - Catodo Campo Elettrico In presenza di un campo elettrico trasversale i raggi catodici sono deflessi, allontanandosi dalla placca a potenziale negativo. Maggiore è il campo elettrico maggiore è la deflessione devono essere costituiti da particelle cariche negativamente: gli elettroni

7 Alfredo Rubino L’esperimento di Thompson II In presenza di un campo magnetico i raggi catodici sono deflessi. Maggiore è il campo magnetico maggiore è la deflessione. Anodo Catodo + Magnete Gli elettroni possono essere prodotti da qualunque tipo di metallo quindi tutti gli atomi contengono elettroni, che essendo neutri contengono anche carica positiva.

8 Alfredo Rubino e carica dell’elettrone m massa dell’elettrone E campo elettrico H campo magnetico r raggio di curvatura del fascio elettronico L’esperimento di Thompson III Legge di Lorentz elettroni carica positiva R. A. Millikan misurò la carica dell’elettrone e = 1.602 10 x 10 -19 C; m = 9.1091 x 10 -31 K g

9 Alfredo Rubino La Teoria Atomica Moderna E. Rutherford Modello “nucleare” Nel 1911 Ernest Rutherford fece un esperimento facendo incidere un fascio di particelle alfa su un sottile foglio di oro. Le particelle alfa sono nuclei di elio doppiamente ionizzati e quindi cariche positivamente ( un nucleo più due protoni) e più pesanti rispetto all’elettrone. Lo scopo dell’esperimento era di determinare, attraverso la deflessione delle particelle alfa, il posizionamento della carica positiva e degli elettroni all’interno dell’atomo.

10 Alfredo Rubino L’esperimento di Rutherford I L’esperimento mostrò che la maggior parte delle particelle alfa attraversavano il foglio senza alcuna deflessione, come era da aspettarsi in accordo al modello di Thompson. Tuttavia una parte consistente era deviata per angoli piccoli ad alcune addirittura “rimbalzavano” all’indietro. Sorgente di particelle alfa Foglio di oro Schermo fluorescente

11 Alfredo Rubino L’esperimento di Rutherford II Rutherford alla luce di questi risultati ipotizzò che l’atomo è sostanzialmente vuoto e la sua massa è concentrata in una regione centrale, carica positivamente. Rutherford chiamò questa regione nucleo.

12 Alfredo Rubino L’esperimento di Rutherford III Gli elettroni orbitano intorno al nucleo in equilibrio sotto le azioni della forza centrifuga F C e della forza attrattiva coulombiana F Q, cosi come i pianeti orbitano intorno al sole, dove la forza attrattiva è la forza gravitazionale. + -

13 Alfredo Rubino La Teoria Atomica Moderna Modello matematico dell’atomo di Rutherford I m massa dell’elettrone v velocità dell’elettrone r distanza radiale dell’elettrone dal nucleo i r versore in tale direzione (positivo dal nucleo all’elettrone) q carica dell’elettrone Zq carica nucleare  0 costante dielettrica del vuoto (8.85x10 -14 F/cm)

14 Alfredo Rubino La Teoria Atomica Moderna Modello matematico dell’atomo di Rutherford II Assumendo nulla l’energia potenziale E P dell’elettrone quando esso si trova a distanza infinita dal nucleo, essa è esprimibile come il lavoro necessario per trasportare l’elettrone dalla posizione r a distanza infinita dal nucleo, ossia

15 Alfredo Rubino La Teoria Atomica Moderna Modello matematico dell’atomo di Rutherford III Dall’equilibrio delle forze

16 Alfredo Rubino Onde elettromagnetiche Teoria dell’elettromagnetismo di MAXWELL Fisica Classica Legge della Forza : forza di Lorentz Relazioni costitutive

17 Alfredo Rubino Forma integraleForma differenziale Legge di Gauss per il campo elettrico Legge di Gauss per il campo magnetico Legge di Ampère- Maxwell Legge di Faraday Le equazioni di Maxwell

18 Alfredo Rubino Onde elettromagnetiche Teoria dell’elettromagnetismo di MAXWELL Fisica Classica Nello spazio libero

19 Alfredo Rubino Facciamo il rotore, ad esempio, dell’equazione Applichiamo l’identità vettoriale a sinistra e sostituiamo a destra Non ci sono cariche

20 Alfredo Rubino Equazione d’onda Quindi, nel vuoto Equazione di Helmholtz o d’onda

21 Alfredo Rubino Onde elettromagnetiche Teoria dell’elettromagnetismo di MAXWELL La luce come onda elettromagnetica è caratterizzata da una combinazione di campi elettrici ( E ) e magnetici ( H ), ortogonali tra di loro, variabili nel tempo che si propagano attraverso lo spazio alla velocità c La frequenza di oscillazione, f, dei campi e la loro lunghezza d’onda nel vuoto, o, sono collegate dalla relazione c = f 0

22 Alfredo Rubino Equazione d’onda Vediamo cosa rappresenta in un caso semplice: immaginiamo di avere un campo elettrico lungo x e che dipende solo dalla coordinata z x z Le soluzioni possibili sono del tipo Non avendo parlato di condizioni al contorno non possiamo dire nulla su g

23 Alfredo Rubino Equazione d’onda Prendiamo per esempio la soluzione con il segno negativo: All’aumentare del tempo, subisce una traslazione sull’asse z: consideriamo g ad un certo istante, e vediamo una forma per g. Se aumenta t, devo aumentare z per continuare a vedere la stessa forma Di quanto devo aumentare z? se passa  t, devo spostarmi di  z tale che Cioè: mi devo spostare verso z crescenti alla velocità della luce. La soluzione descrive un campo che si propaga alla velocità c in direzione di z

24 Alfredo Rubino Equazione d’onda Viceversa, dovremo viaggiare a -c nell’altra soluzione Le soluzioni delle equazioni di Maxwell sono onde 'light itself (including radiant heat, and other radiations if any) is an electromagnetic disturbance in the form of waves propagated through the electromagnetic field’ J.C. Maxwell

25 Alfredo Rubino L’onda piana I Ci riferiremo con il termine onda a onde propagantesi in condizioni stazionarie in un mezzo uniforme, e più in particolare ad onde piane uniformi : se si indica con x la direzione di propagazione e si suppone che l’onda vari nel tempo in modo sinusoidale con frequenza f e periodo T=1/f, essa può rappresentarsi come segue: In questa equazione (lunghezza d’onda) e T (periodo) rappresentano rispettivamente la periodicità spaziale e temporale dell’onda, per cui essa può visualizzarsi come una oscillazione sinusoidale indefinita che si muove lungo x con velocità di fase u f.

26 Alfredo Rubino L’onda piana II La velocità di fase rappresenta la velocità con cui si sposta (ad esempio) il picco dell’onda stessa e si ottiene immediatamente imponendo la costanza dell’argomento (fase) del seno ossia

27 Alfredo Rubino onde stazionarie: onde di uguale ampiezza e frequenza propagantisi in versi opposti. essendo Onda stazionaria

28 Alfredo Rubino Onda stazionaria L’onda risultante non si sposta e ogni suo punto oscilla tra un minimo ed un massimo. I punti sulla figura indicano un nodo e un antinodo dell’onda stazionaria. Nella figura sono rappresentate 2 onde sinusoidali (stessa frequenza, ampiezza) che viaggiano in direzione opposta.. L’ampiezza di questa nuova onda sarà, punto per punto, la somma/differenza delle ampiezze in funzione dello sfasamento tra le onde. In particolare, quando lo sfasamento è di 180° l’ampiezza risultante sarà nulla; mentre sarà il doppio quando lo sfasamento è zero.

29 Alfredo Rubino Meccanica Quantistica I Max Planck (1858-1947, Nobel 1918) con una nota alla riunione della Società tedesca di Fisica, annunciava il 14 dicembre del 1900 la cosiddetta legge di radiazione del corpo nero, teoria costruita attraverso una serie di lavori pubblicati su gli Annalen der Physik e culminata nel lavoro del 1901 dal titolo Über das Gesetz der Energieverteilung im Normalspektrum ( Sulla legge di distribuzione della energia in uno spettro normale). Egli ipotizzava che gli scambi di energia nei fenomeni di emissione e di assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche avvengono in forma discontinua, proporzionale alla loro frequenza di oscillazione, secondo una costante universale non già in forma continua, come implicato dalla teoria elettromagnetica classica. : h=6.626069x 10 -34 Js

30 Alfredo Rubino Meccanica Quantistica II Einstein (1879-1955, premio Nobel 1921) unificò il carattere ondulatorio e corpuscolare della radiazione elettromagnetica. L’ipotesi fu formulata in un lavoro pubblicato su gli Annalen derPhysik nel 1905 dal titolo Uber einen die Erzeugung und Verwandlung des Lichtes betreenden heuristischen Gesichtspunkt (Su un punto di vista euristico relativo alla produzione e trasformazione della luce) nel quale dava una innovativa e brillante interpretazione dell’effetto fotoelettrico: scrive Abrham Pais “His reasoning was mad, but his madness has that divine quality that only the greatest transitional figures can bring to science”, (trad. italiana Sottile è il signore... La scienza e la vita di Albert Einstein, Bollati Boringhieri). Einstein pervenne ad enunciare l’ipotesi del quanto di luce seguendo un ragionamento indipendente dalla formula ricavata cinque anni prima da Max Planck.

31 Alfredo Rubino Meccanica Quantistica III Louis de Broglie (1892-1987, Nobel 1929) nel 1924 nella sua tesi di dottorato estende alle particelle materiali il carattere ondulatorio e corpuscolare della radiazione proposto da Einstein. Secondo questa ipotesi è possibile associare alle particelle materiali una lunghezza d’onda secondo la relazione: in cui: λ è la lunghezza d'onda, h la costante di Planck e p la quantità di moto

32 Alfredo Rubino Meccanica Quantistica IV ed utilizzando la relazione di Einstein:

33 Alfredo Rubino Meccanica Quantistica V L’esistenza di reciprocità nel comportamento corpuscolare e ondulatorio delle particelle fu confermata sperimentalmente dall’esperimento di Davisson- Germer nel 1927 osservando cosa accadeva quando per un fascio di elettroni, di bassa energia, diretto perpendicolarmente sulla superficie di un cristallo di nichel. L’energia degli elettroni venne scelte in modo che la lunghezza d’onda degli elettroni descritta dalla formula di de Broglie fosse comparabile con la distanza tra gli atomi di nichel. Se gli elettroni si fossero comportati come particelle, essi sarebbero stati diffusi in tutte le direzioni in modo casuale. Al contrario, la distribuzione osservata fu del tutto simile ad una figura di diffrazione (tipico fenomeno ondulatorio) di un fascio di luce da un reticolo, in cui i massimi ed i minimi d’interferenza soddisfacevano la lunghezza d’onda data dalla relazione di de Broglie. Esperimenti successivi dimostrarono la possibilità di descrivere il comportamento ondulatorio anche di particelle più pesanti, quali protoni e neutroni. 192419271929 Ipotesi di de Broglie Esperimento di Premio Nobel a Davisson- Germer de Broglie

34 Alfredo Rubino Meccanica Quantistica V Erwin Schrodinger (1887-1961, Nobel 1933) in una lunga monografia pubblicata nel 1926 su Annalen der Physik dal titolo Quantisierung als Eigenwertproblem (Quantizzazione come problema agli autovalori) pose le basi teoriche, a partire dall’ipotesi di de Broglie, della cosiddetta “Meccanica ondulatoria”, dando una forma esplicita all’equazione di propagazione dell’onda associata alle particelle materiali

35 Alfredo Rubino E’ noto dalla teoria dell’elettromagnetismo e dagli sperimenti che una carica accelerata irradia energia sotto forma di onde elettromagnetiche, per cui l’elettrone dovrebbe collassare sul nucleo a causa della continua energia emessa durante il suo movimento, mettendo in crisi la stabilità stessa dell’ ”edificio atomico”. Inoltre, dovendo l’orbita dell’elettrone cambiare con continuità secondo una spirale, l’elettrone dovrebbe emettere radiazioni luminose di qualsiasi lunghezza d’onda (spettro continuo) contrariamente alle discontinuità osservate nella misura degli spettri di emissione dei gas. La Teoria Atomica Moderna Limiti del modello di Rutherford

36 Alfredo Rubino R H, costante di Rydberg = 1.097678 10 –7 m –1 interi Crisi della Fisica Classica Un gas riscaldato o rarefatto (in un tubo a vuoto) e sottoposto ad un campo elettrico emette radiazione elettromagnetica che può essere anche visibile: spettri di emissione dei gas. Nel 1885 Balmer dimostrò che le linee della regione visibile dello spettro dell’idrogeno soddisfano la seguente equazione: Successivamente Lyman generalizzo questa espressione spettro dell’idrogeno In cui λ è la lunghezza d’onda della radiazione emessa.

37 Alfredo Rubino Lo spettro di emissione degli atomi gassosi Idrogeno gassoso spettro dell’idrogeno Crisi della Fisica Classica + - Linee spettrali Alta tensioneAlta tensione

38 Alfredo Rubino Crisi della Fisica Classica Lo spettro di emissione dell’idrogeno interi serie ultavioletta di Lymann serie visibile di Balmer

39 Alfredo Rubino I corpi (solidi o liquidi) a qualsiasi temperatura emettono una radiazione che per temperature non molto alte è invisibile (radiazione infrarossa o calore raggiante) mentre a temperature di alcune centinaio di gradi diviene visibile (incandescenza). Il corpo nero è una superficie ideale che assorbe tutta la radiazione incidente. La radiazione di corpo nero è la radiazione elettromagnetica emessa dalla superficie di un oggetto. La distribuzione spettrale della radiazione dipende solo dalla temperatura dell’oggetto. Crisi della Fisica Classica Il corpo nero e la “catastrofe dell’ultravioletto” I

40 Alfredo Rubino Il corpo nero e la “catastrofe dell’ultravioletto” II Crisi della Fisica Classica Legge di Wien

41 Alfredo Rubino Il corpo nero e la “catastrofe dell’ultravioletto” III Crisi della Fisica Classica Legge di Rayleigh-Jeans, basata sulla Fisica Classica Intensità relativa Frequenza Risultati sperimentali e legge di Planck la continua crescita di energia emessa con la frequenza (denominata “catastrofe ultravioletta") non avviene.

42 Alfredo Rubino f è la frequenza della radiazione Il corpo nero e la “catastrofe dell’ultravioletto” IV Crisi della Fisica Classica Ipotesi di Planck Max Planck trovò dapprima una formula empirica che era in completo accordo con i dati sperimentali Successivamente egli ripeté il calcolo assumendo che la radiazione elettromagnetica possa essere assorbita e emessa in maniera discreta o quantizzata. h è la costante di Planck: 6.62  10 -34 J·s

43 Alfredo Rubino La Teoria Atomica Moderna N. Bohr I Postulati della Teoria di Bohr 1. Gli elettroni possono muoversi solo su orbite circolari preferenziali, lungo le quali non irradiano. Tali orbite risultano stazionarie e corrispondono a stati permessi all’elettrone. 2. Un elettrone può emettere (o assorbire) energia solo in concomitanza di transizioni tra stati stazionari. In tal caso l’elettrone emette (o assorbe) fotoni di frequenza f  secondo l’espressione proposta da Einstein nel 1905: E = h f  essendo h la costante di Planck. 3. Il momento della quantità di moto L degli elettroni è quantizzato ed è espresso da L =m e vr n = in cui v rappresenta la velocità lineare dell’elettrone, r n il raggio dell’orbita dell’elettrone, n è un numero intero che rappresenta il numero quantico ed infine ħ è :

44 Alfredo Rubino Eliminando v e risolvendo per r si ottiene Utilizzando la regola di quantizzazione del momento della quantità di moto La Teoria Atomica Moderna N. Bohr II Dall’uguaglianza fra la forza di Coulomb e la forza centrifuga si può ricavare il raggio r dell’orbita in funzione della velocità v. Dove a 0 = raggio di Bohr=

45 Alfredo Rubino La Teoria Atomica Moderna N. Bohr III L’energia totale dell’elettrone diventa: Dove : E 0 è l’energia di ionizzazione dell’atomo di idrogeno La prima orbita permessa ha un raggio a 0 =0.529 Å Entrambi questi valori si mostrano coerenti con quelli derivati dalla teoria cinetica dei gas.

46 Alfredo Rubino Un elettronvolt (simbolo eV) è l'energia acquistata da un elettrone libero quando viene accelerato da una differenza di potenziale elettrico di 1 volt. Un elettronvolt è un quantitativo molto piccolo di energia: 1 eV = 1,602 176 46 × 10 -19 J; 1 eV = 1,602 176 46 × 10 -12 erg.

47 Alfredo Rubino Lo spettro di emissione degli atomi gassosi I Lyman (UV) n=1 n=2 n=3 n=4 n=5 Balmer (visibile) Paschen (IR) Il modello di Bohr prevede che gli elettroni occupino una delle possibili orbite quantizzate, senza emissione di onde elettromagnetiche. L’emissione avviene quando l’elettrone passa da un’orbita all’altra; in questa transizione avviene l’emissione di un fotone di energia pari alla differenza di energia tra le due orbite. La Teoria Atomica Moderna N. Bohr IV

48 Alfredo Rubino Lo spettro di emissione degli atomi gassosi II Lyman (UV) n=1 n=2 n=3 n=4 n=5 Balmer (visibile) Paschen (IR) Questa relazione può essere scritta come Dall’espressione dei livelli quantizzati di energia si ha La Teoria Atomica Moderna N. Bohr V

49 Alfredo Rubino Lo spettro di emissione degli atomi gassosi III Teorico dal modello di Bohr Sperimentale La Teoria Atomica Moderna N. Bohr VI

50 Alfredo Rubino Atomo di Bohr electrons in orbits nucleo La Teoria Atomica Moderna N. Bohr VI

51 Alfredo Rubino Anche se il modello di Bohr rappresentò un passo avanti fondamentale verso la costruzione della teoria quantistica degli atomi, non rappresenta in realtà la corretta descrizione teorica della natura delle orbite elettroniche. Esso ci fornisce un modello concettualmente semplice e fondamentale delle orbite e delle energie degli elettroni atomici. Tuttavia le ipotesi sembrano ad hoc. Perché esistono delle orbite stazionarie dove gli elettroni non irradiano? Perché il momento angolare è quantizzato? I dettagli dello spettro e della distribuzione di cariche sono ottenibili solo dai calcoli della Meccanica Quantistica e dell’equazione di Schrödinger. Molti dei risultati del modello di Bohr (compresa la sua ipotesi di quantizzazione ) saranno ritrovati all’interno di una teoria completa e consistente. Le debolezze del modello di Bohr La Teoria Atomica Moderna N. Bohr VII

52 Alfredo Rubino Luce : Onda o particella Luce come onda? Luce come particella? Huygens Newton Non erano affatto d’accordo ! Crisi della Fisica Classica

53 Alfredo Rubino Luce – Onda e particella Crisi della Fisica Classica 1905 Einstein – collegò le proprietà ondulatorie e corpuscolari della luce L’effetto fotoelettrico e la spiegazione di Einstein: i fenomeni luminosi più comuni possono essere descritti mediante la teoria ondulatoria della luce, l’effetto fotoelettrico induce ad ipotizzare una natura anche corpuscolare della luce

54 Alfredo Rubino L’effetto fotoelettrico Crisi della Fisica Classica Potassio : necessari 2eV per emettere elettroni Quando la luce incide sopra la superficie di un metallo vengono emessi elettroni se la frequenza della radiazione incidente è maggiore di un valore di soglia 0 caratteristico del del metallo. Il flusso di elettroni emessi dipende dall’intensità della luce incidente, ma la velocità degli elettroni è indipendente dall’intensità e aumenta all’aumentare della frequenza. Le caratteristiche dell’effetto fotoelettrico erano in netta contraddizione con le predizioni della Fisica Classica.

55 Alfredo Rubino Se la velocità con cui vengono emessi gli elettroni aumenta all’aumentare della frequenza, il fenomeno fisico associato all’estrazione deve avere un’energia proporzionale alla frequenza. D’altra parte se si aumenta l’intensità della luce incidente ovvero l’energia totale incidente, non aumenta l’energia degli elettroni, ma il numero di eventi di estrazione, cioè il numero di elettroni. Ciò portò Einstein a supporre che l’interazione luce-metallo (o più propriamente luce-elettroni confinati nel metallo) fosse di tipo urto fra particelle per cui una singola particella cede la sue energia cinetica all’elettrone. Questa particelle ha dunque energia proporzionale alla frequenza della luce incidente e la soglia rappresenta l’energia di legame dell’elettrone al metallo (funzione lavoro). Inoltre aumentare l’intensità della luce significa a questo punto aumentare il numero di particelle incidenti e quindi gli eventi di estrazione. Einstein diede il nome di fotoni a queste particelle e l’energia ad essi associati è simile alla relazione di Planck: Crisi della Fisica Classica L’effetto fotoelettrico

56 Alfredo Rubino Raggi X i  -- s L’effetto Compton (1925) Crisi della Fisica Classica Il comportamento corpuscolare della luce trova piena giustificazione nella spiegazione dell’effetto Compton: quando della radiazione X (con frequenza superiore a quella della luce visibile e ultravioletta) incide su una lamina di metallo sottile, la luce dispersa con un angolo  presenta radiazione con due lunghezze d’onda: quella incidente e una maggiore. In tal caso la variazione di frequenza osservata è quella che ci si aspetterebbe nelle collisioni balistiche ( “tra palle di biliardo”) tra quanti di raggi X e gli elettroni del solido una volta che si sia imposto che l’energia e la quantità di moto debbano conservarsi. variazione di frequenza subita da una porzione di un fascio di raggi X riflesso da un solido.

57 Alfredo Rubino Crisi della Fisica Classica poiché un fotone si muove alla velocità della luce le due relazioni implicano che relazione di Einstein ipotesi di Einstein dove λ è la lunghezza d’onda e

58 Alfredo Rubino Spettro elettromagnetico

59 Alfredo Rubino L’equazione di Schrodinger I Qualunque fenomeno ondulatorio classico (suono, luce,..) può essere descritto dall’equazione d’onda classica dipendente dal tempo : in cui  (x,y. z, t) è la funzione d’onda dipendente dal tempo che descrive il fenomeno ondulatorio, ν è la velocità con cui si muove l’onda e ∇ 2 è l’operatore di Laplace:

60 Alfredo Rubino L’equazione di Schrodinger II Come si può vedere mediante sostituzione, se si indica con g(u) una qualsiasi funzione arbitraria di u, entrambe le funzioni g(x-νt) e g(x+νt) sono soluzioni dell’equazione d’onda purché g(u) sia sufficientemente regolare (ossia sia almeno doppiamente derivabile). La prima funzione rappresenta un’onda che si propaga con velocità v lungo il verso positivo della x mentre la seconda lungo l’asse negativo.

61 Alfredo Rubino L’equazione di Schrodinger III Ricercando delle soluzioni sinusoidali, cioè delle soluzioni in cui la dipendenza temporale di  (x,y,z,t) sia del tipo exp(-jωt)φ(x,y,z) con ω=2πf e f la frequenza dell’onda sinusoidale, mediante sostituzione si ottiene l’equazione delle onde indipendente dal tempo:

62 Alfredo Rubino

63 L’equazione di Schrodinger IV  (x, y, z) è l’ampiezza (generalmente complessa) della funzione d’onda indipendente dal tempo. in cui:   * dV rappresenta una misura dell’energia associata all’onda contenuta nel volume dV. rappresenta una misura dell’energia associata all’onda contenuta nel volume V.

64 Alfredo Rubino L’equazione di Schrodinger V Le soluzioni dell’equazione, con le opportune condizioni al contorno, rappresentano le configurazioni ad onde stazionare possibili per il sistema fisico in esame. Nel caso di propagazioni in mezzi disomogenei, la lunghezza d’onda è una funzione della posizione; invece, per mezzi omogenei, è costante

65 Alfredo Rubino L’equazione di Schrodinger VI Nel caso unidimensionale la soluzione più generale è : In cui A e B sono costanti arbitrarie

66 Alfredo Rubino L’equazione di Schrodinger VII Se si moltiplica la funzione φ(x) per la funzione che esprime la dipendenza temporale si ottiene Il primo termine rappresenta un onda piana che si propaga lungo l’asse positivo mentre l’altra in senso opposto

67 Alfredo Rubino L’equazione di Schrodinger VIII Se si risolve l’equazione all’interno di uno spazio limitato di lunghezza L imponendo le seguenti condizioni al contorno: φ(x)=0 in x=0 ed in x=L ( onda che non può fuoriuscire dallo spazio : corda di violino vibrante) Allora la funzione : È soluzione solo quando la lunghezza d’onda soddisfa alle condizioni Ovvero:

68 Alfredo Rubino L’equazione di Schrodinger IX L’impiego della equazione d’onda per descrivere il moto di una particella è altrettanto simile. Se si fa riferimento ad una particella con energia E ed energia potenziale E P (x,y,z) e si utilizza l’equazione di De Broglie nell’espressione dell’energia cinetica

69 Alfredo Rubino L’equazione di Schrodinger X L’equazione prende nome di equazione di Schrodinger indipendente dal tempo o per gli stati stazionari. I valori di E che ammettono delle soluzioni prendono nome di autovalori, e la funzione d’onda relativa prende nome di autofunzione. La funzione d’onda è quindi l’autostato del sistema - la funzione d’onda e le sue derivate parziali sono continue su tutto lo spazio della configurazione - la condizione di normalizzazione viene ricavata imponendo che: Fisicamente rappresenta il fatto che l’elettrone è confinato solo nel volume V, nel quale la probabilità di trovarlo è unitaria.

70 Alfredo Rubino Buca di potenziale a pareti infinite I x 0 d l’equazione di Schrodinger indipendente dal tempo in una dimensione come

71 Alfredo Rubino Buca di potenziale a pareti infinite II x 0 d La soluzione generale dell’equazione è: con

72 Alfredo Rubino Buca di potenziale a pareti infinite III x 0 d Le costanti A e B si determinano dalle condizioni al contorno : soluzione banale ovunque con n intero

73 Alfredo Rubino Buca di potenziale a pareti infinite IV x 0 d l’ energia è quantizzata poiché Sottolineiamo esplicitamente che il risultato non è affatto sorprendente: una corda di violino ha frequenza di oscillazione “quantizzate”, l’unica differenza è che le frequenze di oscillazione per una particella non sono armoniche della frequenza fondamentale perché la legge di dispersione per le onde di de Broglie è molto diversa dalla relazione i dispersione per le onde su una corda di violino.

74 Alfredo Rubino Buca di potenziale a pareti infinite V La funzione d’onda è Normalizziamo la funzione d’onda

75 Alfredo Rubino Buca di potenziale a pareti infinite VI Le regole di quantizzazione in lunghezza d’onda danno Quindi in generale l’equazione di Schrodinger per gli stati stazionari

76 Alfredo Rubino Buca di potenziale a pareti infinite VII nelle ipotesi di Bohr si riottiene l’energia dell’elettrone nell’ipotesi di Bohr

77 Alfredo Rubino La funzione d’onda I Ogni particella è rappresentata da una funzione d’onda.. Se assume il valore In un certo istante t per un valore allora la probabilità di trovare l’elettrone in volume elementareintorno ad all’ istante t è dato da dove è la funzione complessa coniugata della funzione d’onda in altre parole la probabilità che, all'istante t il sistema (la particella) si trovi all'interno della regione di spazio V vale:

78 Alfredo Rubino La funzione d’onda II. La funzione d’onda è la soluzione dell’equazione di Schrödinger e rappresenta lo stato del sistema fisico considerato. Questa equazione gioca lo stesso ruolo della legge di Newton e della conservazione dell’energia nella Meccanica Classica, cioè predice il comportamento futuro di un sistema dinamico. Predice analiticamente e precisamente le probabilità di eventi e risultati futuri. I dettagli dei risultati dipendono dal caso, ma, per un grande numero di eventi, l’equazione di Schrödinger, predice in modo deterministico la loro distribuzione statistica.

79 Alfredo Rubino Principio di indeterminazione di Heisemberg I Se si cerca di diminuire l’errore di misura di un parametro che entra in un fenomeno fisico aumenta l’incertezza con la quale è possibile misurare un’altra quantità che rappresenta un altro aspetto dello stesso fenomeno. Supponiamo ad esempio di voler misurare la posizione di un elettrone in movimento. Per far ciò potrebbe risultare utile, ad esempio, utilizzare un microscopio che illumini l’elettrone con fotoni di lunghezza d’onda molto corta. Quanto più corta è la lunghezza d’onda della radiazione impiegata tanto maggiore è il potere risolutivo del microscopio (cioè la minima distanza alla quale due oggetti puntiformi appaiono distinti) e tanto maggiore è la precisione con cui potremmo misurare la posizione dell’elettrone. Se si indica con  x l’incertezza nella posizione dell’elettrone, quest’ultima risulta proporzionale a λ. D’altro canto al diminuire di λ aumenta la quantità di moto del fotone utilizzato nell’illuminamento e quindi aumenta l’effetto del disturbo sul moto dell’elettrone dovuto alla collisione fotone-elettrone.

80 Alfredo Rubino Principio di indeterminazione di Heisemberg II Se si indica con δp l’incertezza sulla quantità di moto dell’elettrone risulta che tale incertezza è proporzionale a h/λ. Complessivamente se ne deduce che: si dimostra che l’espressione matematicamente precisa è

81 Alfredo Rubino Consideriamo una particella le cui componenti della quantità di moto siano note con un’incertezza  p e supponiamo di voler determinare l’istante in cui la particella passa attraverso un punto che possiamo identificare con il punto x del nostro sistema di riferimento. L’energia della particella in funzione della quantità di moto è data da Principio di indeterminazione di Heisemberg III e sarà perciò nota con incertezza d’altra parte l’istante t risulta noto con incertezza Quindi

82 Alfredo Rubino Atomi a molti elettroni I La soluzione dell’equazione di Schrodinger prevede che gli autovalori sono determinati da tre parametri caratteristici, indicati come altrettanti numeri quantici n, l, m, aventi il seguente significato: - n numero quantico principale (assume i valori 1, 2 3,…) - l numero quantico secondario o azimutale (assume valori 0,1,2,..,n-1) - m numero quantico magnetico (assume valori –l, -(l-1),-(l-2),..0, 1,2, …,(l-1),l) e l’energia E ottenuta è identica a quella prevista dalla teoria di Bohr purché n sia fatto corrispondere al numero quantico principale.

83 Alfredo Rubino Atomi a molti elettroni II Da un esame più approfondito si rileva che il numero quantico l descrive la quantizzazione del momento orbitale dell’elettrone, mentre m rappresenta la quantizzazione della componente del momento angolare orbitale lungo l’asse coincidente con la direzione del campo magnetico prodotto dalla carica dell’elettrone intorno al nucleo. Peraltro, in virtù del principio di esclusione di Pauli, su ogni stato o livello energetico possono esistere al più due elettroni aventi spin opposto, il quale rappresenta il quarto numero quantico m S di valore +1/2 ed –1/2.

84 Alfredo Rubino Atomi a molti elettroni III In generale, nel riferirsi ai valori del numero quantico principale n=1,2,3.. si utilizza spesso il significato di guscio K,L,M,… mentre nel riferirsi al numero quantico l=0,1,2,3 si utilizzano le iniziali dei seguenti termini: sharp, principal, diffuse, fundamental. A titolo esemplificativo, di seguito si riportato i livelli energetici occupati nei seguenti elementi del gruppo IV: C Z=6 (1s) 2 (2s) 2 (2p) 2 Si Z=14 (1s) 2 (2s) 2 (2p) 6 (3s) 2 (3p) 2 Ge Z=32 (1s) 2 (2s) 2( 2p) 6 (3s) 2 (3p) 6 (3d) 10 (4s) 2 (4p) 2 Sn Z=50 (1s) 2 (2s) 2 (2p) 6 (3s) 2 (3p) 6 (4s) 2 (3d) 10 (4p) 6 (5s) 2 (4d) 10 (5p) 2

85 Alfredo Rubino Modello di Feynman I Si immagini di formare un cristallo partendo da N atomi posti a grande distanza e di avvicinarli fino a portarli alla distanza reticolare di equilibrio presente nel cristallo. Fintantoché gli atomi si trovano a notevole distanza uno dall’altro, l’influenza reciproca è estremamente ridotta e la distribuzione energetica degli elettroni si può immaginare coincidente con quella individuata nell’atomo isolato. Al ridursi della distanza, l’influenza reciproca obbliga i vari livelli a differenziarsi come richiesto dal principio di Pauli: ciascun livello si scinde in N livelli permessi e dà origine ad una banda di energia che potrà contenere al più 2N elettroni in virtù del principio di esclusione.

86 Alfredo Rubino Modello di Feynman II Bisogna tuttavia tenere presente un fatto molto importante che riguarda la differenza di energia tra un livello e l’altro. Finché tale avvicinamento coinvolge un numero limitato di atomi, la differenza tra i livelli permessi può essere apprezzabile; tuttavia, per il un numero estremamente elevato (10 22 atomi cm -3 ) di atomi presenti nel cristallo, tali differenze risultano praticamente indistinguibili nel reticolo cristallino. Basti pensare che in una grammomole di una sostanza (una quantità in grammi pari al suo pesomolecolare) esiste un numero di atomi pari al Numero di Avogadro( 6.0210 23 atomi) e che la differenza di energia tra gli stati permessi dovrà risultare dell’ordine degli 10 -24 eV, praticamente non misurabile.

87 Alfredo Rubino Modello di Feynman III E’ molto importante notare sin d’ora che tale descrizione è puramente schematica in quanto la distanza reciproca fra gli atomi di un cristallo dipende dalla direzione cristallografica. Inoltre, in conseguenza della maggiore interazione tra gli atomi, le bande corrispondenti ai livelli più esterni sono più ampie di quelle dei livelli più interni a causa dell’effetto schermante esercitato dagli elettroni esterni sulle orbite più interne, e che inoltre le bande relative ai livelli interni restano separate tra loro da differenze notevoli di energia come avviene nell’atomo isolato.

88 Alfredo Rubino Modello di Feynman IV Il divergere dell’ampiezza delle bande via via che gli atomi si avvicinano può portarle o meno a sovrapporsi alla distanza r O. Quelle che interessano maggiormente sono le bande relative agli elettroni di valenza, ossia quelle originate dall’ultimo guscio di elettroni e da quello seguente dal momento che si possono avere diverse soluzioni a) possono sovrapporsi b) possono risultare separate da una piccola differenza di energia c) possono risultare separate da una elevata differenza di energia.

89 Alfredo Rubino Modello di Feynman V Nella figura si riporta il diagramma a bande di energia del Na (Z=11) nel quale con r O si è indicata la distanza reticolare. Nel sodio le bande corrispondenti ai livelli energetici più elevati (3s) e (3p) si sovrappongono; quella del livello (3s) peraltro, risulta occupata per metà in quanto l’atomo di sodio ha soltanto un elettrone di valenza da poter collocare sui due stati disponibili.

90 Alfredo Rubino Modello di Feynman VI In quest’altra figura si riporta il diagrammi a bande di energia del del C(Z=6), quali r O è sempre indicata la distanza reticolare. Nel C le bande corrispondenti ai livelli più esterni, (2s), (2p) si incrociano ad una certa distanza atomica per poi suddividersi, rimanendo separate in corrispondenza della distanza reticolare da una energia E G, che caratterizza la banda proibita. Inoltre due dei 6 stati del livello (2p) si associano ai due stati disponibili nei livelli inferiori (2s) che risultano quindi completamente occupati. I quattro rimanenti stati dei livelli (2p) formano la banda di conduzione del Carbonio, la quale peraltro, se il cristallo è allo zero assoluto, risulta completamente vuota di elettroni.

91 Alfredo Rubino Modello di Feynman VII La banda che raggruppa tutti i livelli o stati, in cui sono collocati gli elettroni di valenza, prende nome di banda di valenza. L’intervallo di energia eventualmente compreso tra la banda di valenza e quella immediatamente superiore, denominata banda di conduzione, è chiamato banda proibita o gap, in quanto non possono esistere in modo stabile elettroni aventi energie comprese in questo intervallo. Occorre precisare che mentre gli elettroni di valenza definiscono le proprietà chimiche dei materiali, le bande di valenza e di conduzione definiscono le proprietà elettriche. Le bande proibite del Si e dal GaAs, espresse in eV, dipendono dalla temperatura secondo le seguenti espressioni: Si GaAs

92 Alfredo Rubino Modello di Feynman VIII banda di conduzione banda di valenza distanza reticolare 6N stati 2N elettroni 2N stati 2N elettroni 4N stati 0 elettron (0K) 4N stati 4N elettron (0K)

93 Alfredo Rubino

94 Bande reali k Energia gap indiretta gap diretta

95 Alfredo Rubino Struttura dei materiali policristallina amorfacristallina I materiali cristallini sono costituiti da un sistema periodico di atomi in tutte le direzioni. Il blocco periodico è la cella unitaria o base, la quale ripetendosi all’infinito, racchiude tutto lo spazio definito dal reticolo cristallino.

96 Alfredo Rubino Celle cristallografiche elementari Cella unitaria cubica a faccia: Un atomo ad ogni vertice del cubo più un ulteriore atomo al centro di ogni faccia FCC Cella unitaria cubica semplice: Un atomo ad ogni vertice del cubo Cella unitaria a corpo centrato: Un atomo ad ogni vertice del cubo più un ulteriore atomo al centro del cubo BCC

97 Alfredo Rubino Indici di Miller di alcuni piani cristallografici I

98 Alfredo Rubino Indici di Miller di alcuni piani cristallografici II Le direzioni o i piani di un reticolo cristallino sono definite in termini adimensionali riferendoli alle costanti reticolari, cioè ai valori a,b,c degli spigoli della cella unitaria del reticolo. Si consideri ad esempio un sistema di riferimento con origine in un nodo reticolare, e siano a,b,c le tre traslazioni ( o distanze minime) degli atomi lungo questi 3 assi. Pensiamo che un generico piano intersechi gli assi rispettivamente nei tre punti a1,b1,c1. Il piano precedente può essere indicato attraverso la terna di numeri interi (h,k,l) ottenuti con la seguente procedura: individuati i punti a1,b1,c1 d’intersezione tra l’asse ed il piano, si divida ciascuna intercetta per la lunghezza unitaria della cella lungo il rispettivo asse, ottenendo così la terna

99 Alfredo Rubino Indici di Miller di alcuni piani cristallografici III si consideri la terna costituita dai reciproci dei precedenti valori usando un appropriato moltiplicatore (massimo comune divisore) si riduce la terna alla più piccola terna di numeri interi la terna ottenuta, inclusa tra parentesi tonde (h,k,l), indica gli indici di Miller del piano

100 Alfredo Rubino Indici di Miller di alcuni piani cristallografici II E’ importante ricordare le seguenti notazioni: se il piano interseca l’asse negativo, occorre porre un segno negativo sull’asse corrispondente. se il piano è parallelo ad un asse, il coefficiente relativo all’asse appare come 0 nella terna. un gruppo di piani della stessa famiglia si indicano racchiudendo la terna tra parentesi graffe {h,k,l}. Val la pena ricordare inoltre che sono piani dello stessa famiglia quelli che, anche se non paralleli, sono caratterizzati dall’avere gli stessi indici, positivi o negativi, accoppiati in tutte le direzioni possibili. per i reticoli cubici, gli indici di una direzione reticolare corrispondono agli indici dei piani reticolari normali alla direzione stessa. La direzione reticolare perpendicolare al piano (h,k,l) si indica con [h,k,l]. L’insieme delle direzioni equivalenti (ossia afferenti alla stessa famiglia) si indica racchiudendo la terna tra <>.

101 Alfredo Rubino Silicio cristallino Ogni atomo di silicio ha 4 primi vicini (4 legami) costante reticolare = 5.431Å Reticolo cubico del diamante: Cella unitaria FCC + FCC a (¼,¼,¼): 8 atomi per cella Esercizio: calcolare la densità atomica del silicio

102 Alfredo Rubino Silicio e Arseniuro di gallio cristallino GaAs Struttura della zincoblenda: reticolo del diamante con ogni atomo di Ga legato a 4 atomio di AS Silicio

103 Alfredo Rubino Silicio cristallino piani cristallografici Cella unitaria Vista nella direzione


Scaricare ppt "Alfredo Rubino If I have seen further it is by standing on ye shoulders of Giants. Se ho visto più lontano è perché stavo sulle spalle di giganti Isaac."

Presentazioni simili


Annunci Google