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ECONOMIA DELLE AZIENDE PUBBLICHE ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 DISTUDISTU (Dipartimento di istituzioni linguistico- Letterarie, Comunicazionali.

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1 ECONOMIA DELLE AZIENDE PUBBLICHE ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 DISTUDISTU (Dipartimento di istituzioni linguistico- Letterarie, Comunicazionali e Storico- Giuridiche dell'Europa) LEZIONE DEL 20/10/12

2 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 PROGRAMMA 1. LA STRATEGIA E LA GOVERNANCE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE. 1.1. Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione 1.2 Le tendenze di modernizzazione delle pubbliche amministrazioni 1.3 La evoluzione della pianificazione strategica 1.4. La pianificazione strategica nelle PA 1.5 Esperienze di pianificazione strategica 1.6 Le prospettive della pianificazione strategica 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI 2.1 Logiche e metodi 2.2 I bilanci di previsione 2.3 Le funzioni del bilancio 2.4 I principi di bilancio 2.5 La struttura del bilancio 2.6 Esecuzione e variazione di bilancio 2.7 La rendicontazione 3 IL SISTEMA DEI CONTROLLI INTERNI 3.1 Il sistema dei controlli interni come elemento di aziendalizzazione 3.2 La classificazione dei controlli 3.3 La evoluzione dei controlli 3.4 Le varie tipologie di controllo 3.5 Riflessioni sul funzionamento del sistema dei controlli 4 I MODELLI TEORICI DELLA PUBBLICA AMMININISTRAZIONE 4.1 Il modello burocratico weberiano 4.2 Oltre il modello webewriano. DISTU

3 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 INTRODUZIONE Per quanto riguarda il d.lgs. n. 286/1999, il sistema dei controlli è ben delineato dall’art.1, comma 1, il quale prevede quattro tipi di controllo: il controllo di regolarità amministrativa e contabile, finalizzato a garantire la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa e svolto, negli enti locali, dagli uffici di ragioneria e dagli organi di revisione; il controllo di gestione, finalizzato a verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa. Tale controllo possiamo dire che competa direttamente ai responsabili dei servizi; la valutazione della dirigenza, finalizzata a valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale. Tale controllo è svolto dal nucleo di valutazione; il controllo strategico, finalizzato a verificare la congruenza tra i risultati conseguiti e gli obbiettivi predefiniti dagli amministratori. DISTU

4 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 INTRODUZIONE In definitiva gli enti locali debbono dotarsi di due organi di controllo interno: l’organo di revisione, a cui demandare il controllo di regolarità amministrativa; il nucleo di valutazione, a cui è possibile demandare, oltre che il controllo strategico e la valutazione della dirigenza, anche il controllo di gestione, estendendo appositamente la convenzione dei componenti del nucleo stesso. DISTU

5 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 1. LA STRATEGIA E LA GOVERNANCE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE. DISTU

6 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Il modello del NPM viene creato sostanzialmente in risposta alla crisi finanziaria che, avendo colpito gli stati capitalistici a partire dagli anni '80, ha portato l'autorità pubblica a cercare di svolgere un ruolo di coordinatore, legando le risorse pubbliche a quelle private. Si è arrivati quindi, ad una ridefinizione dei ruoli dei soggetti pubblici: all'autorità politica compete di operare ad un livello strategico, mentre le azioni politiche e amministrative portano a favorire la concertazione tra pubblico e privato. 1. Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione NPM DISTU

7 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 La diffusione di tale paradigma di riferimento per la gestione delle aziende pubbliche è stata favorita da numerosi fattori, tra cui si possono annoverare la crescente consapevolezza che numerosi attori esterni all’istituto pubblico esercitano un’importante influenza sull’esito della sua attività, l’affermazione del principio di sussidiarietà, il decentramento amministrativo, lo sviluppo di partnership pubblico-privato e l’evoluzione delle modalità di intervento pubblico (cfr Borgonovi, 2004). In quest’ottica, se dal punto di vista teorico il concetto di public governance è stato oggetto di ampio dibattito ed utilizzo per descrivere i processi di cambiamento e di modernizzazione in atto nelle amministrazioni pubbliche (cfr Cepiku, 2005), si è indubbiamente prestata meno attenzione alle ricadute operative ed allo stato di attuazione di tale paradigma (cfr Longo, 2005: 101), la cui interiorizzazione sembra richiedere dei cambiamenti sostanziali nel comportamento del management, degli strumenti manageriali in grado di realizzarlo 1. Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione LA PUBLIC GOVERNANCE DISTU

8 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Quando si parla di riforme amministrative, ci si riferisce a “una serie di interventi promossi dal corpo politico o da quello amministrativo per adattare le pubbliche amministrazioni al cambiamento economico-sociale. Si tratta di interventi che non hanno riscontro nel settore privato, dove, infatti, il termine riforma è sconosciuto. Gli interventi riformistici sulla Pubblica Amministrazione Italiana presero avvio in forma organica e strutturata solo nei primi anni Novanta e si perfezionarono soprattutto con la Riforma Bassanini nella seconda metà dello stesso decennio. In realta’ le riforme degli anni ‘90, mutuate dalla dottrina economica del NPM, muovoni i primi passi negli anni Ottanta, fase denominata “delle riforme mancate”, in quanto, nonostante gli intensi studi e le Commissioni istituite, tutte le proposte presentate per la modifica dell’amministrazione italiana rimasero sulla carta o furono vanificate dalle resistenze burocratiche e politiche. Tale periodo, però, portò alla stesura di un rapporto di fondamentale importanza per le riforme successive, l’unico documento globale elaborato in Italia nel secondo dopoguerra: il Rapporto Giannini che ha fatto si che gli anni Novanta del XX secolo diventasse “l’età delle riforme amministrative”: la n.142 del 1990 sulle autonomie locali ; la legge n.241 sempre del 1990 sul procedimento amministrativo e la legge sul pubblico impiego del 1993. DISTU 1. Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione NPM

9 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 1. Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione NPM DISTU La legge 241 del 7 agosto 1990, recante Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, ha rappresentato un evento fondamentale per l'attività della pubblica amministrazione e più in generale per il diritto amministrativo. La 241 del 1990, è più nota come legge sulla trasparenza amministrativa, dato che ha profondamente rinnovato il rapporto tra i cittadini e la pubblica amministrazione, informandolo secondo tale principio. Da questo si comprende l'importanza della legge, che ha trasformato, almeno nel principio amministrativo, il rapporto tra amministrazione e cittadini da un rapporto di tipo autoritativo ad uno di tipo paritario e collaborativo. La legge ha rinnovato profondamente l'attività amministrativa.7 agosto1990pubblica amministrazionediritto amministrativoleggecittadiniprincipio amministrativo

10 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Il terzo settore è quel complesso di istituzioni che all'interno del sistema economico si collocano tra lo Stato ed il mercato, ma non sono riconducibili né all’uno né all’altro; sono cioè soggetti organizzativi di natura privata ma volti alla produzione di beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva. Il terzo settore si differenzia dal Primo, lo Stato, che eroga beni e servizi pubblici e dal Secondo, il mercato o settore forprofit, che produce beni privati e va a colmare quell'area tra Stato e Mercato nella quale si offrono servizi, si scambiano beni relazionali, si forniscono risposte a bisogni personali o a categorie deboli secondo approcci che non sono originariamente connotati dagli strumenti tipici del mercato, né da puro assistenzialismo. Nel terzo settore vi sono numerosi soggetti attivi come formazioni sociali intermedie. Tra gli studiosi ed analisti non prevale una linea comune su quali organizzazioni o gruppi rappresentino il terzo settore; altri, invece, ritengono che solo le organizzazioni di privato sociale, come le associazioni di volontariato, le associazioni di famiglie, le cooperative sociali, le fondazioni, le banche etiche, siano reali rappresentanti del terzo settore.Statomercato assistenzialismocooperative sociali fondazioni È opportuno ricordare che qualunque definizione si voglia sostenere, il fenomeno studiato non si presta ad essere ricondotto a semplici e definitivi schemi definitori trattandosi di una realtà sociale, economica e culturale in continua evoluzione. DISTU 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: public governance

11 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Secondo i teorici della public governance, attori fondamentali di questa prospettiva sarebbero in Italia le regioni che sarebbero una sorta di capogruppo di una holding di cui fanno parte una serie di attori come dimostrato nella slide successiva. DISTU 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: public governance e ruolo delle regioni.

12 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 COMUNI ASL SOCIETA’ PARTECIPATE A DI S U REGIONI

13 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Questo nuovo paradigma ha influenzato anche le politiche per la modernizzazione e l’innovazione dell’amministrazione pubblica, promosse dal Dipartimento della Funzione Pubblica attraverso i suoi due progetti: Cantieri e Progetto Governance. Il Progetto Governance Tra gli obiettivi del Progetto Governance del Dipartimento della Funzione Pubblica/Formez c’è l'individuazione di metodologie, modelli e sistemi che rendono possibile il funzionamento coerente e convergente delle diverse componenti ed articolazioni della pubblica amministrazione in un’ottica di governance interna, esterna e di cooperazione interistituzionale. Questo avviene attraverso la promozione e il supporto di tutte le iniziative volte a sostenere il cambiamento in atto per: monitorare e orientare il processo in corso nella PA, fornendo un supporto metodologico allo sviluppo di sistemi innovativi di programmazione, gestione e controlli; condividere nuovi modelli e strumenti di programmazione, bilancio e controllo, e metodologie di implementazione; favorire la cooperazione tra le istituzioni ai diversi livelli, per assicurare la congruenza delle politiche e dei programmi di intervento; accrescere le professionalità e le competenze interne della pubblica amministrazione, favorendo la diffusione della cultura del risultato e la responsabilizzazione degli amministratori/dirigenti. 138 I destinatari del Progetto Governance sono le amministrazioni centrali, regionali e locali che rivestono un ruolo chiave, poiché è solo attraverso il loro diretto coinvolgimento che si realizza la concreta partecipazione alle diverse attività previste. In generale, gli ambiti di approfondimento e di azione, previsti a ciascun livello di governo, riguardano la programmazione strategica, il riordino/implementazione dei sistemi di controllo interno, i rapporti tra i diversi livelli di governo e tra questi e le propri enti strumentali/società partecipate. Ciò si sostanzia in specifiche strutture logiche ed operative quali l’Osservatorio, sede di condivisione delle conoscenze ed esperienze in materia di governance, il Laboratorio, sede di elaborazione dei modelli di governance, di sperimentazione attraverso progetti pilota nelle amministrazioni, di diffusione del know-how, le Azioni di sostegno alle amministrazioni (Programma Cantieri), che sono volte a fornire il supporto all'implementazione di sistemi di programmazione, bilancio e controllo coerenti con i modelli di governance elaborati nelle amministrazioni. Sensibilizzazione e promozione, invece, è la linea di azione volta alla diffusione dei risultati del progetto, in termini sia di comunicazione istituzionale, sia di formazione degli specialisti delle amministrazioni pubbliche (si veda: www.progettogovernance.it). Con riferimento alle politiche sociali è possibile osservare in questo settore gli elementi salienti di un passaggio dal government alla governance soprattutto in seguito della Legge Quadro n. 328 del 2000 e della successiva riforma costituzionale del Titolo V (L. Cost. 3 del 2001). Infatti, il tema della multilevel governance viene indicato come punto di snodo degli sviluppi futuri del welfare italiano, benché in assenza di proposte che definiscono concretamente gli strumenti operativi.38 La Legge Quadro n. 328 del 2000 disegna un vero e proprio scenario di multilevel governance e conferma il ruolo di regia dei Comuni che concorrono alla programmazione regionale e promuovono l’attivazione di risorse nelle comunità locali. Essa introduce i piani di zona, strumento di pianificazione interistituzionale, volti a promuovere l’integrazione delle politiche. in questo contesto, La Regione definisce gli ambiti territoriali attraverso la concertazione con gli enti locali, mentre le Province concorrono alla programmazione regionale e di zona, con interventi prevalentemente nella formazione e nei sistemi informativi. La L. Cost. 3 del 2001 attribuisce potestà legislativa primaria alle Regioni che hanno la responsabilità di attuare le riforme del welfare locale. Aspetti peculiari nell’ottica di governance sono: le reti integrate di servizi sociali e sociosanitari; e i percorsi di inclusione ed attivazione di tutte le risorse delle comunità locali. La legge riserva alla potestà esclusiva dello Stato la determinazione dei livelli essenziali di prestazioni su tutto il territorio nazionale. Per i Comuni, che 38 Tardiola A., 2005, “Alla ricerca di una governance per le politiche sociali”, in Venturi P., e Montinari N., a cura di, Modelli e forme organizzative del decentramento: ruolo e sviluppo del terzo settore, AICCON. 139 rappresentano gli interessi della comunità, vengono previste forme associative, accordi di programma e modalità innovative di gestione dei servizi sociali. Il risultato finale è quello di estrema eterogeneità dei sistemi di offerta del welfare locale. Il sistema delle politiche sociali, quindi, manifesta le principali caratteristiche del paradigma di governance pubblica ed in particolare una molteplicità di attori più o meno attivi nelle diverse fasi delle politiche e relazioni improntate alla collaborazione ed alla partecipazione. Tuttavia, la non chiara definizione delle modalità di distribuzione delle funzioni tra Stato, Regioni ed enti locali e, soprattutto, l’enfasi assegnata al principio di collaborazione, che trova nel sistema della pubblica amministrazione italiana, un divario tra principi normativi e capacità effettiva di cooperazione interistituzionale, ha determinato una notevole disomogeneità nella legislazione regionale di attuazione. 140 Il passaggio da government a governance con riferimento alle politiche sociali Nella figura sono elencati solo i principali soggetti responsabili di ciascuna funzione. Infatti, come risulta anche dalla tabella seguente, alle funzioni di governo, produzione, e di tutela e promozione dei diritti sociali contribuiscono numerosi altri attori, sia assumendone la responsabilità diretta, sia in maniera indiretta qualora coinvolti dai primi.39 39 Formez, 2003, L’attuazione della riforma del welfare locale. 141 Governance delle politiche sociali: funzioni, ruoli ed attori Funzione di governo Funzione di produzione Funzione di tutela e promozione dei diritti sociali Soggetti responsabili Enti Locali Regioni Stato Amministrazioni pubbliche Organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, fondazioni, enti di patronato, ecc. Soggetti pubblici e privati (esempio Uffici regionali di pubblica tutela) Soggetti coinvolti Organismi non lucrativi di utilità sociale Organismi della cooperazione Associazioni ed enti di promozione sociale Fondazioni, enti di patronato Organizzazioni di volontariato Enti religiosi, ecc. Persone e nuclei familiari Solidarietà organizzata Cittadini, organizzazioni sindacali, associazioni sociali e di tutela degli utenti Principi di esercizio Sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza, economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità e unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli EELL Parità fra soggetti pubblici e privati nell’esercizio della funzione di produzione di servizi ed interventi (sia nella realizzazione, sia nella progettazione). Principio di sussidiarietà orizzontale La partecipazione attiva dei soggetti coinvolti è espressamente volta al raggiungimento dei fini istituzionali 142 5.2 Le variabili discriminanti per la classificazione dei percorsi regionali Al fine di offrire una riflessione complessiva sui processi di governance avviati dalle diverse Regioni per le politiche sociali, vengono di seguito identificate le principali variabili qualificanti la governance di tali politiche a livello regionale e definite alcune categorie analitiche di Regioni. Le variabili sono state selezionate in modo da riflettere sia la prospettiva interna delle singole Regioni, sia quella interistituzionale e, più propriamente, esterna, che comprende i rapporti tra enti pubblici di vario livello e tra Regioni e aziende for e non profit, nonché i rapporti con i cittadini/utenti. Le variabili discriminanti, illustrate nella tabella seguente, sono: Il livello di integrazione delle politiche; Il rapporto politica–amministrazione; Le innovazioni gestionali; I rapporti di sussidiarietà (verticale ed orizzontale); Il rapporto con i cittadini. L’ipotesi sottostante questo modello è che i risultati delle politiche sociali a livello regionale dipendono da un processo circolare che lega il contesto di riferimento generale con le scelte operate dal livello politico istituzionale che, a loro volta, influenzano l’azione posta in essere dal management che condiziona i comportamenti degli attori pubblici e privati sul territorio. In tal modo, si dedica attenzione non solo alla molteplicità di attori coinvolti (Stato, Regioni, Province, Enti Locali, parti sociali, soggetti produttori pubblici e privati, ecc.), ma anche alla tendenza a decentrare o meno le competenze istituzionali nell’ambito delle politiche sociali. Il modello di governance proposto evidenzia, da un lato, la necessità di enfatizzare il presidio delle prospettive interistituzionale ed esterna, e dall’altro, il ruolo della prospettiva interna di governance. Infatti, questa ultima si pone come requisito imprescindibile affinché si abbia un livello soddisfacente di governance delle politiche sociali. 143 Le variabili chiave del modello operativo di governance delle politiche sociali Livelli d’analisi Interno Interistituzionale Esterno Variabili Livello di integrazione delle politiche (strutture assessorili, meccanismi di coordinamento, strumenti di pianificazione integrata) Distinzione politica/amministrazione (presenza di agenzie operative, correlazione tra deleghe assessorili e strutture dipartimentali) Innovazioni gestionali Sussidiarietà verticale (altri livelli di governo: EELL, province, UE) Sussidiarietà orizzontale (relazioni di collaborazione con privato, for e non profit) Orientamento ai cittadini-utenti (carta dei servizi, carta della cittadinanza) 5.3 Le tipologie possibili di governance regionale Le sei variabili individuate – appartenenti ai tre livelli, interno, interistituzionale ed esterno – consentono, come già anticipato, di costruire un modello operativo di governance delle politiche sociali, attraverso il quale leggere la realtà delle Regioni analizzate. La tabella seguente si presta a una duplice lettura. In orizzontale, essa consente di analizzare lo stato della governance delle politiche sociali in una determinata Regione. Infatti, la letteratura ha concluso che uno stato soddisfacente di governance non può prescindere da un presidio equilibrato di tutti e tre i livelli. Tale lettura consente di fornire utili indicazioni operative ai responsabili regionali. La tabella può anche essere letta in verticale, consentendo così una comparazione della governance delle politiche sociali tra le diverse Regioni italiane. 144 Governance I n t e r n a Interistituzionale E s t e r n a Regioni Integrazione delle politiche Rapporto politica – amm.ne Innovazioni gestionali Sussidiarietà verticale Sussidiarietà orizzontale Rapporto con i cittadini Abruzzo Più assessorati e, dal 2000, due direzioni diverse (politiche sanitarie e politiche sociali). Pronto Abruzzo Sociale, Portale OSR. Gruppo di coordinamento per la definizione del modello distrettuale Non ci sono agenzie nell’ambito delle politiche sociali. Abruzzo Lavoro Politiche formative per la qualificazione delle risorse umane Definizione degli ambiti territoriali sociali. Conferenza permanente Regione – Enti Locali. Tavoli di programmazione partecipata con le Province. Progetto COESO (livello europeo) Regolamentazione delle autorizzazioni al funzionamento e accreditamento dei soggetti erogatori di servizi alla persona Carta per la cittadinanza sociale (sperimentazioni) Basilicata (segue) Unico assessorato “Salute, sicurezza e solidarietà sociale, servizi alla persona e alla comunità”. Unico dipartimento omonimo. Ciononostante, insufficiente integrazione politiche sanitarie e socioassistenziali e Piano Socio-assistenziale 2000/02 non prevede Non ci sono agenzie nell’ambito delle politiche sociali. Agenzia per l’istruzione, la formazione professionale, l’orientamento e l’impiego L’Istituto “Nitti”, Agenzia regionale per lo sviluppo delle risorse amministrative ed organizzative, organizza seminari/laboratori su innovazioni organizzative, valutazione della dirigenza, bilancio sociale, Assistenza tecnica ai Comuni per l’attuazione PRS. Definizione degli ambiti territoriali sociali. Conferenza dei Sindaci e Gruppi di Piano. Convenzioni e accordi di programma (azione coordinata Regioni, province, Comuni, AUSL e altri soggetti pubblici) 145 Governance I n t e r n a Interistituzionale E s t e r n a Regioni Integrazione delle politiche Rapporto politica – amm.ne Innovazioni gestionali Sussidiarietà verticale Sussidiarietà orizzontale Rapporto con i cittadini (segue) Basilicata interventi per l’integrazione. Fondo Regionale Politiche Sociali comunicazione istituzionale, ecc. Bolzano PA (segue) Piano sociale e piano sanitario. Unico assessorato alla sanità e al servizio sociale. Dipartimento alla sanità e politiche sociali. Altri Dipt. sono lavoro, innovazione e ricerca, cooperative, pari opportunità e formazione professionale italiana; formaz. prof. tedesca e ladina, diritto allo studio e università; famiglia, beni culturali e cultura tedesca; amministrazione del patrimonio, cultura Aggiornamento e formazione continua, relazione sociale annuale, pianificazione annuale per obiettivi, sistema di P&C anche verso gli enti gestori dei servizi, catalogo delle prestazioni dei servizi sociali, contabilità analitica Passaggio ai Comuni ed alle comunità comprensoriali delle competenze amministrative per la gestione dei servizi sociali. Conferenza regionale per le politiche sociali e Tavolo di coordinamento provincia, comuni e terzo settore. Raccordo tra gli strumenti di pianificazione È in via di definizione un quadro generale per l’esternalizzazione dei servizi Nel Piano Sociale sono definiti i diritti civili sociali fondamentali 146 Governance I n t e r n a Interistituzionale E s t e r n a Regioni Integrazione delle politiche Rapporto politica – amm.ne Innovazioni gestionali Sussidiarietà verticale Sussidiarietà orizzontale Rapporto con i cittadini (segue) Bolzano PA italiana e edilizia abitativa. A livello territoriale, i distretti sociali si sovrappongono a quelli sanitari Calabria (segue) Politiche sociali affidate ad un unico assessorato. Struttura organizzativa in cui le rilevanti responsabilità sono concentrate in un unico settore con un unico servizio. Distretti socio-sanitari, ma il PRS 2004/06 contrasta con quanto previsto dalla L.R. n. 23/03 in tema di integrazione delle politiche. In via di creazione il Tavolo Regionale integrato tra sanitario e In via di costituzione il CRES (centro regionale per l’economia sociale). Agenzia Calabria Lavoro. Osservatorio lavoro minorile Interventi formativi Finanziamenti ai Comuni per servizi realizzati in partnership. Individuati gli ambiti territoriali in 35 distretti socio-sanitari. Tuttavia difficoltà di cooperazione con i Comuni. Tavolo permanente per la programmazione partecipata (Regione, OOSS, ANCI, UPI, Terzo Settore). Non ancora istituita Conferenza permanente Regionale tra Consulta Autonomie Locali e Definite le norme per la promozione e lo sviluppo per la cooperazione sociale. Mancato completamento dell’istituzione dell’Albo regione delle cooperative sociali 147 Governance I n t e r n a Interistituzionale E s t e r n a Regioni Integrazione delle politiche Rapporto politica – amm.ne Innovazioni gestionali Sussidiarietà verticale Sussidiarietà orizzontale Rapporto con i cittadini (segue) Calabria sociale Consulta del Terzo Settore Campania Debole integrazione tra Assessorato Politiche Sociali e Assessorato Sanità. Si rilevano quattro aree diverse competenti di politiche sociali. Esistono dei vincoli per la presenza di referenti ASL ai tavoli di concertazione e nel coordinamento istituzionale degli ambiti Agenzia Regionale Sanità. Agenzia per il Lavoro (ARLAV). In corso di realizzazione l’Osservatorio regionale sociale, gli Osservatori povertà e Condizione dell’infanzia adolescenza Semplificazione e informatizzazione del procedimento amm.vo. Riqualificazione e valorizzazione delle competenze Determinati nel 2001 gli ambiti territoriali. Linee guida e assistenza tecnica e formativa agli ambiti per la gestione associata dei servizi. Istituita nel 2002 la Consulta Regionale dei Sindaci. Tavolo tecnico (Province, Comuni, Assessorati Regionali, OOSS, terzo settore) per l’attuazione della L. n. 328/2000 L.R. n. 8/2003 regolamentazione, realizzazione, organizzazione e funzionamento delle RSA private. Delibera 2002 determina gli indirizzi per la selezione di soggetti del terzo settore. Tavolo permanente di concertazione all’interno dell’Osservatorio regionale del Volontariato All’esame del Consiglio Regionale il disegno di legge per la dignità e la cittadinanza sociale 148 Governance I n t e r n a Interistituzionale E s t e r n a Regioni Integrazione delle politiche Rapporto politica – amm.ne Innovazioni gestionali Sussidiarietà verticale Sussidiarietà orizzontale Rapporto con i cittadini Emilia- Romagna Assessorato politiche sociali e Assessorato sanità. Numerosi gruppi di lavoro interassessorili. A seguito dell’accorpamento delle direzioni generali, si è unificata la Direzione politiche sociali con quella della sanità. Coincidenza delle zone sociali con i distretti sanitari. Piano integrato Sociale e Sanitario 2005/07. Conferenza territoriale sociale e sanitaria e il Comitato di Distretto Alto livello di corrispondenza tra livello politico e tecnicoamm. vo. Agenzia sanitaria, articolata in aree programma, compresa una sulle politiche sociali Ampliamento platea dei destinatari dell’assegno di cura, fondo sociale per soggetti non autosufficienti, reddito minimo d’inserimento, aziendalizzazione delle IPAB, modernizzazione della P&C Conferenza Regionale Autonomie Locali, composta da amministratori regionali, comunali e provinciali, Cabina di Regia che vede la partecipazione di Comuni e Province nella valutazione delle politiche regionali. Approvati i Piani di Zona. Partnership con Toscana e Marche in Brasile, programmazione zonale con Campania e Toscana Conferenza regionale del Terzo Settore Sportello sociale, quale porta unitaria d’accesso al sistema, volto a garantire l’integrazione socio-sanitaria e i diritti di cittadinanza, in raccordo con punti già attivati dal privato sociale e con la rete sportelli sanitari 149 Governance I n t e r n a Interistituzionale E s t e r n a Regioni Integrazione delle politiche Rapporto politica – amm.ne Innovazioni gestionali Sussidiarietà verticale Sussidiarietà orizzontale Rapporto con i cittadini Friuli- Venezia Giulia Unico Assessorato alla salute e protezione sociale. Indicazioni verso politiche integrate nelle Linee guida su PAT e PDZ. Unica Direzione centrale salute e protezione sociale. Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, sociale e socio-sanitaria regionale (ANCI, UPI, Federsanità-ANCI, terzo settore. Gli ambiti territoriali coincidono con i distretti sanitari Agenzia regionale della sanità (si tenta di integrare le sue competenze con quelle sociali e Socio-assistenziali) e Agenzia del lavoro e della formazione professionale Riordino delle IPAB, riorganizzazione della macrostruttura per aree omogenee di attività, programmazione strategica e gestione per obiettivi, semplificazione livelli gerarchici, valutazione dirigenza, momenti formalizzati di coordinamento interno, AIR Definiti gli ambiti territoriali sovracomunali nel 1988. Disposizioni sulla partecipazione degli enti locali alla programmazione sanitaria, sociale e socio-sanitaria, valorizzando la gestione associata, il ruolo dei Comuni e del Terzo Settore. Gruppo di lavoro tecnico PDZ e PAT. Tavoli di concertazione in materia sociale e socio-sanitaria sovracomunali. Partnership Regioni europee Tra le strategie prioritarie di intervento i processi di accreditamento e qualità Il piano strategico 2005/08 prevede il potenziamento della comunicazione tra sistema dei servizi sociali e sanitari e cittadini, a supporto di un corretto accesso e fruizione 150 DISTU 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: public governance. Se nel paradigma della NPM era determinate principalmente la efficacia e la efficienza della azione amministrativa, il PG pur recependo questi concetti li proietta in una logica di governo del territorio. Le dinamiche PG sono sintetizzate nella tabella di cui sotto. DINAMICA AMBIENTALE COMPITI GOVERNO FUNZIONI MANAGERIALI PROBLEMATICHE DI FONDO COMPLESSITA’ COORDINAMENTO SELETTIVITA’COERENZA TRA GLOBALE E PARTICOLARE DIVERSITA’CALIBRATURA DEGLI INTERVENTI TRASPARENZAQUALITA’ DEGLI INTERVENTI DINAMICITA’ REGOLAMENTAZIONE EFFICACIAUSO FFICACE DEGLI STRUMENTI INFORMATICI

14 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 DISTU 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: public governance. ALTRE LEVE DELLA PG CONTRACTING OUT AFFIDAMENTO DEI SERVIZI A IMPRESE PRIVATE CONTRACTING IN AFFIDAMENTO DI DETERMINATE ATTIVITA’ AD ALTRI ENTI PUBBLICI- ASSOCIAZIONISMO INTERCOMUNALE

15 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Ma L’organizzazione può essere definita come un aggregato di persone, oltre ad un aggregato di risorse materiali e immateriali, che sono deliberatamente connesse e coordinate. Un’organizzazione ha confini relativamente identificabili e opera con continuità. Un’altra caratteristica è l’essere insieme per raggiungere un obiettivo comune o un insieme di obiettivi. Perché ci vuole l’organizzazione? Per un’azienda è necessario specializzarsi e per specializzarsi ci vuole coordinamento. Per lo svolgimento di qualsiasi attività umana organizzativa ci vogliono due cose: il frazionamento del lavoro in singoli compiti da eseguire; la coordinazione di queste singole azioni. Mintzberg supera la NPM, da un lato, asserendo la diversita’ ontologica della PA rispetto alle aziende private; supera anche il modello burocratico weberiano, perche’ asserisce che questo e’ piu’ concentrato sulle procedure che sugli obiettivi. DISTU 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: nuove prospettive.

16 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Mintzberg ha individuato cinque modelli complessi, ovvero cinque forme di coordinamento organizzative e sostiene che nessuna di esse può essere ritenuta valida a priori. Egli ritiene che la forma di coordinamento deve essere scelta in base alle caratteristiche dell’organizzazione e dell’ambiente in cui essa opera. Esistono quindi contingenze che non possono essere ignorate nella progettazione: per essere efficaci le organizzazioni devono raggiungere una certa armonia e coerenza interna e allo stesso tempo anche una coerenza con i fattori situazionali o contingenti esterni. Per creare configurazioni ottimali bisogna combinare sia i parametri della progettazione organizzativa, sia i fattori situazionali. DISTU 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: nuove prospettive.

17 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Le forme organizzative in Mintzberg. 1.Adattamento reciproco o adhocrazia. Si tratta di un meccanismo di coordinamento non gerarchico e la comunicazione interpersonale è informale e immediata: di tipo orizzontale. Questa forma di coordinamento è più frequente nei primi stadi di vita delle organizzazioni e ai vertici dell’azienda qualora siano ampiamente strutturati e lungamente operanti sul mercato. 2.La supervisione diretta. Il coordinamento più elementare; una persona responsabile del lavoro dà ordini e controlla le azioni della parte operativa dell’organizzazione. Questo meccanismo di coordinamento non ha bisogno di burocrazia, né di organi di staff. E’ presente nelle organizzazioni più piccole, di breve durata, ma anche in quelle chiamate “organizzazioni sintetiche”, ovvero nelle organizzazioni con un forte accentramento dove gli sforzi vengono coordinati in una situazione particolare e di breve durata. La supervisione diretta non è più sufficiente quando l’organizzazione cresce. In tal caso per rimanere efficiente è necessario passare ad un altro meccanismo di coordinamento: la standardizzazione. DISTU 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: nuove prospettive.

18 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Le forme organizzative in Mintzberg. 3.La standardizzazione degli output. La terza forma di coordinamento di Mintzberg, anche nominata “la soluzione divisionale”, consiste nella specificazione del risultato, degli output, del lavoro. Si trova nelle organizzazioni di grandi dimensioni con un mercato eterogeneo. Il controllo si concentra sul prodotto finale, l’output, e non sulle persone singole. Questo meccanismo è caratterizzato da una forte divisione del lavoro tra la direzione centrale e le singole divisioni che hanno una grande autonomia interna. Secondo Mintzberg questo meccanismo non rappresenta un’organizzazione completa, ma un’organizzazione sovrapposta ad altre organizzazioni. Gli obiettivi delle divisioni possono essere quantificati e controllati e, inoltre, può essere assegnato un insieme di obiettivi. Quindi esiste una forte interdipendenza all’interno delle divisioni e poca interdipendenza fra divisioni. DISTU 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: nuove prospettive.

19 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Le forme organizzative in Mintzberg. 4.La standardizzazione professionale: con questo meccanismo viene specificato il tipo di formazione richiesto per eseguire il lavoro, ovvero si tratta della standardizzazione degli input, delle capacità dei dipendenti. Il nucleo operativo è formato da professionisti dipendenti. Si può pensare per esempio a ospedali dove ogni professionista, solitamente molto specializzato, svolge il suo lavoro in autonomia, mantenendo il controllo sul proprio lavoro. Si opera a diretto contatto con il pubblico. In base alle esigenze dell’utente viene stabilito quale programma standard viene utilizzato. Di conseguenza non è l’organizzazione che controlla i professionisti, ma i singoli utenti. Lo staff di supporto garantisce la disponibilità degli strumenti necessari per lo svolgimento del proprio lavoro. DISTU 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: nuove prospettive.

20 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 DISTU 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. Già Mintzberg ribadiva la necessità di tenere distinte le logiche manageriali svolte dal settore pubblico da quelle proprie del settore privato, questa premessa, tuttavia, non può negare valore al disegno strategico proprio di Andrews in cui vi è una ricerca di coerenza tra punti di forza e debolezza interni all’organizzazione e le minacce o opportunità che provengono dall’ambiente esterno, ciò comporta l’opportunità di dare centralità ai processi formali e razionali così come supportati dalle tecnologie secondo una focalizzazione per obiettivi, budget e programmi (Ansoff). Dalla fine degli anni settanta in poi si sono sviluppate varie scuole che sono andate da quella di Porter centrata sulla competitività, a quelle centrate sulla capacità creativa e la positività dei cambiamenti quale realizzazione non tanto di necessità impellenti bensì di visioni, rifacendosi al pensiero di Schumpeter. Un ulteriore filone di studi ha riguardato l’aspetto relazionale derivante dal processo di negoziazione ( potere ) e dai fattori culturali ( processo sociale), i quali possono essere visti sia come processi cognitivi mentali dei diversi attori sia come frutto di processi interni di apprendimento, questa attenzione alle dinamiche interne alle organizzazioni non possono pur tuttavia distogliere l’attenzione dall’ulteriore aspetto ambientale o meglio degli ambienti di riferimento. L’adozione di logiche privatistiche all’interno delle amministrazioni pubbliche, con la conseguente autonomia dei dirigenti pubblici, rendono ancora più urgente la necessità della presenza di disegni strategici che mettano in grado di verificare il raggiungimento degli obiettivi ed orientano l’azione operativa dei responsabili, tuttavia rispetto al modello privato nel pubblico diventa prevalente e centrale la strategia ambientale in rapporto al processo di apprendimento relativo alle esigenze del territorio, la struttura tuttavia resta più facilmente condizionabile da interessi estranei alla missione non avendo come riferimento obiettivi economici chiari e semplici di utile oltre che per la complessità strutturale del pubblico stesso.

21 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Altri grandi autori degli anni ‘70 sono Normann e Rhenman. Richard Normann va considerato un grande intelletuale poliedrico. Ebbe certo la fortuna dalla sua, perché in Svezia fu allievo prediletto di Eric Rhenman. Non solo ne frequentava le lezioni, ma viveva accanto alla casa del maestro. Durante le passeggiate serali nascevano spesso idee nuove o inediti approfondimenti. Rientrato in casa, Normann diligentemente prendeva appunti, abitudine che non ha mai perso. È significativa questa simbiosi, a conferma che un maestro cerca il discepolo migliore e l’alunno ideale cresce all’ombra di un grande insegnante. Attraverso un’eccellente società di consulenza, la SIAR (Scandinavian Institutes for Administrative Research), fu sempre Rhenman a introdurre nel mondo della consulenza l’allievo prediletto che, con il tempo, troverà la sua strada, fondando il SMG (Service Management Group). In occasione dei meeting annuali di questo Gruppo, potevamo incontrare personaggi come Chris Argyris, Michel Crozier, Manfred Kets De Vries, Erik Johnsen. Con il tempo, si moltiplicarono le persone che accompagnarono Normann nella sua crescita professionale. Tutti lo ricercavano perché, pur ricevendo qualche spunto interessante, sapeva donare agli altri il meglio di sé. Le numerose persone che cita nelle varie introduzioni ai suoi libri hanno la consapevolezza di aver ricevuto più di quanto abbiano dato. Posto al crocevia di persone che lo inducono a pensare in un contesto di grande amicizia, ha sempre svolto un ruolo unico di raccordo e di stimolo. La scuola di pensiero di Normann si basa, da un lato, sulla interdisciplinarieta’ e dall’altro sulla integrazione pubblico-privato. Quella di Normann viene considerata una scuola soft ed informale. 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. DISTU

22 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 DISTU A partire dagli anni ’50 del 1900, grazie agli apporti di March e Simon, numerosi sforzi sono stati compiuti al fine di approfondire l’analisi della “razionalità” nella scelta economica. Un contributo decisivo in questa direzione è stato fornito dalla scuola comportametale americana. Partendo da un approccio di tipo sperimentale fortemente “grounded on reality”, questa scuola critica la nozione di razionalità propria dell’approccio neoclassico concentrando l’attenzione sui limiti computazionali, cognitivi e informativi propri dell’agente economico pervenendo alla definizione di una concetto più “debole” di razionalità comunemente noto in letteratura con il termine di “razionalità limitata” (bounded rationality). Questi autori hanno mostrato che, dati i loro limiti cognitivi, piuttosto che essere dei perfetti ottimizzatori gli agenti economici adottano regole pratiche di comportamento (heuristics) che consentono loro di semplificare i propri modelli decisionali. 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. Modello della razionalita’ limitata.

23 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Come vederemo, uno degli apporti fondamentali rimane quello di Mintzberg. Secondo H. Mintzberg, la progettazione dell'organizzazione aziendale si basa su due esigenze fondamentali: 1. la divisione del lavoro in vari compiti da eseguire; 2. il coordinamento di questi compiti. L ‟ organizzazione può essere definita come il complesso delle modalità secondo le quali viene effettuata la divisione del lavoro in compiti distinti e quindi viene realizzato il coordinamento tra tali compiti. Come dovrebbe essere progettata tale organizzazione? Secondo Mintzberg le variabili o gli elementi dell’organizzazione debbono essere scelti in modo da raggiungere un ‟ armonia o una coerenza interna e nel contempo anche una coerenza di fondo con la situazione dell ‟ azienda. Ciò porta alla conclusione che sia i parametri della progettazione organizzativa sia i fattori situazionali dovrebbero essere combinati per creare quelle che noi chiamiamo configurazioni. Se in teoria tali configurazioni sono illimitate, nella pratica, per progettare un ‟ organizzazione, basta considerarne solo alcune. DISTU 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive.

24 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 I CINQUE MECCANISMI DI COORDINAMENTO DEL LAVORO 1.Adattamento reciproco: consegue il coordinamento attraverso il semplice processo della comunicazione informale. Il controllo del lavoro resta nelle mani di chi lo esegue. La conoscenza di quello che va fatto si sviluppa man mano che il lavoro procede. Tale meccanismo è adatto alle organizzazioni più semplici. 2.Supervisione diretta: il coordinamento avviene tramite una persona che assume la responsabilità del lavoro di altri dando loro ordini e controllando le loro azioni. 3. Standardizzazione dei processi di lavoro: quando si programmano i contenuti del lavoro. 4. Standardizzazione degli output: quando si specificano i risultati del lavoro. 5. Standardizzazione degli input: quando viene specificato il tipo di formazione richiesto per eseguire il lavoro, si apprendono cioè modelli di comportamento. Via via che l ‟ attività diviene più complessa, il metodo di coordinamento sembra passare dall’adattamento reciproco agli altri metodi, per poi ritornare alladattamento reciproco. La maggior parte delle organizzazioni combina tutti e 5 questi metodi. Fino agli anni ‘50 due scuole hanno dominato la letteratura relativa ai meccanismi di coordinamento: 1. con a capo Fayol che privilegiava la supervisione diretta; 2. che privilegiava la standardizzazione del lavoro. Due gruppi: i. Taylor e la programmazione del contenuto del lavoro operativo; ii. Weber e le strutture burocratiche il cui funzionamento era formalizzato attraverso regole, descrizione delle mansioni e formazione. 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. Mintzberg. DISTU

25 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 DISTU 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. La economia delle aziende pubbliche come scienza interdisciplinare. Diciamo che la disciplina oggetto del nostro studio e’ una scienza interdisciplinare perche studia sia le nozioni di base di management pubblico, tratte dalla teoria economico aziendale classica e dalle teorie manageriali di matrice anglossassone, sia gli elementi fondamentali e imprescindibili sui quali, in base alle esperienze di decenni di applicazione della disciplina aziendale alle amministrazioni pubbliche, occorre porre attenzione al fine di governare in modo efficace la complessità dell'amministrazione della "cosa pubblica". Trattando dei fondamenti di economia delle amministrazioni pubbliche sia negli aspetti teorici sia pratici, il corso fornisce della basi adatte sia agli studenti universitari dei corsi istituzionali, sia dei corsi master di natura più professionale. Trattandosi di insegnamento pluridisciplinare, si spazia anche nella sociologia, nella scienza politica, nella filosofia, nella strategia aziendale, nelle politiche di bilancio, nella organizzazione e gestione del personale nella pubblica amministrazione ecc.

26 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 DISTU 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. Mintzberg. LE PARTI DELL’ORGANIZZAZIONE Henry Mintzberg ha teorizzato un interessante modello di struttura organizzativa aziendale che definisce alcune componenti fondamentali dell’azienda: il vertice strategico, lo staff di supporto, la linea intermedia il nucleo operativo. VERTICE STRATEGICO (in un eell puo’ essere individuato nella giunta comunale) LINEA INTERMEDIA (in un eell puo’ essere individuata nei responsabile dei servizi) NUCLE OPERATIVO (in un ente locale puo essere individuato nel personale con qualica non dirigenziale) ) ORGANI DI STAFF (in un eell possono essere individuati negli organi di controllo iinterno e nei consluenti)

27 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Per una organizzazione, lo stakeholder è un soggetto consapevole e interessato ad avviare, a sviluppare o a consolidare una relazione su una questione specifica. L’influente è invece un soggetto che l’organizzazione ritiene comunque rilevante per il raggiungimento dei suoi obiettivi, al punto da sforzarsi di convincerlo a farsi coinvolgere in una relazione, ma non è necessariamente né consapevole né interessato. Per capirci: i principali fornitori, gli azionisti e i clienti importanti, i dirigenti, i consulenti di una organizzazione sono stakeholder mentre l’editorialista del Corriere della Sera o l’opinion leader della comunità di riferimento sono influenti. Per l’organizzazione, privata, pubblica o sociale che sia, governare i propri sistemi di relazione con gli uni e gli altri assume, oggi più che mai, un valore strategico per il raggiungimento efficace degli obiettivi perseguiti. E’ vero che molti influenti sono stakeholder, ma non tutti. Così come è vero che strumenti, modalità e canali di relazione che l’organizzazione attiva con le due tipologie di interlocutori sono diverse. Infatti, per dialogare con uno stakeholder l’organizzazione sa fin dall’inizio di averne l’attenzione e l’interesse, mentre per dialogare con un influente è necessario attirarne prima l’attenzione e l’interesse alla relazione. Se analizziamo i processi decisionali di una organizzazione possiamo individuare tre modelli. Nessuna organizzazione ne adotta uno soltanto, preferendo adottane diversi. Nel migliore dei casi, in funzione della natura della singola questione, nel peggiore (ma più comune) in funzione della ownership della questione da parte del singolo componente della coalizione dominante dell’organizzazione o, addirittura, in modo casuale. Il primo modello postula che è l’organizzazione, in base alle sue finalità generali (missione, visione, valori guida), a decidere in autonomia l’obiettivo da perseguire e lo persegue. Se e quando la sua azione produce conseguenze sullo stakeholder e la reazione di quest’ultimo accelera o frena il raggiungimento dell’obiettivo, si attua una relazione (dialogo, conflitto, alleanza). E’ un modello push, ed è il più comunemente adottato. Il secondo modello postula che è l’organizzazione, sempre in base alle sue finalità generali (missione, vision, valori guida), a decidere in autonomia l’obiettivo da perseguire e lo persegue attivando - prima però del trasferimento dei messaggi chiave agli influenti per ridurre il potenziale conflitto o rafforzare l’alleanza - una intensa fase di ascolto delle loro aspettative per adattare i messaggi perché siano più efficaci. E’ il classico modello del marketing, sempre push ma questa volta bidirezionale, e viene prevalentemente adottato dalla organizzazioni con forte cultura di marketing. Il terzo modello postula infine che l’organizzazione, sempre in base alle sue finalità generali (missione, visione, valori guida), prima di definire l’obiettivo da perseguire ascolta le aspettative dello stakeholder, ne tiene conto per poi sviluppare la sua azione messaggistica verso gli influenti trasferendo loro i messaggi chiave. E’ un modello pull, bidirezionale e simmetrico verso lo stakeholder, e viene adottato dalle organizzazioni più avanzate e di maggiore successo. Questo terzo modello, al di là delle più immediate apparenze, ha ben poco a che vedere con l’abitudine di molte organizzazioni, soprattutto (ma non solo) pubbliche, di un processo decisionale di natura consociativa e paralizzante. Gli stakeholder, in questo caso tenuti ben distinti dagli influenti, vengono ascoltati prima della definizione dell’obiettivo non per appeasement, ma per individuare tutte le alleanze possibili attuando magari anche qualche sfumatura di percorso e, soprattutto per prevedere tutte le resistenze possibili, valutando con la massima consapevolezza la effettiva realizzabilità dell’obiettivo. E’ un modello che postula una organizzazione laica, flessibile e genuinamente interessata ad ampliare il consenso sociale, pur se talvolta rinunciando a perseguire obiettivi irrealistici. In questo senso, dal punto di vista concettuale e metodologico non c’è differenza se l’organizzazione è privata, pubblica o sociale. Si intende però che l’applicazione del modello subisce sostanziali variazioni operative a seconda della tipologia dell’organizzazione che lo attua. Nel caso dell’Amministrazione Pubblica, ad esempio, va da sé che la normativa esistente, la cultura professionale, le competenze specifiche dei soggetti che lo applicano… ne influenzano fortemente le modalità di attuazione. In particolare, l’ascolto degli stakeholder (prima o dopo la definizione dell’obiettivo a seconda del modello prescelto: in questo caso l’argomentazione non muta) è spesso vincolato da obblighi di legge che, pur pensate per assicurare la partecipazione degli stakeholder ai processi decisionali, normalmente garantiscono soltanto la paralisi della decisione sull’obiettivo specifico da perseguire. E anche quando la decisione finalmente arrivasse, la sua implementazione, subendo comunque tutte le ben note lentezze attuative, fa sì i tempi di attuazione sono talmente lunghi da trasformare una decisione a suo tempo corretta in una decisione sbagliata poiché nel frattempo è cambiato di nuovo tutto. E’ quella che si chiama “paralisi consociativa” che non va in alcun modo confusa con l’attuazione del terzo modello che si propone proprio il contrario: e cioè l’efficacia del processo decisionale. Peraltro, questo fenomeno di lentezza procedurale che rende controproducente la decisione assunta, si presenta sempre sovente anche all’interno di molte grandi organizzazioni private che operano in settori tecnologicamente dinamici. Succede cioè che l’attuazione dei processi di influenzamento legittimo (autorappresentazione) della decisione pubblica relativa ad un tema, prima che dall’interno dell’organizzazione le posizioni espresse arrivino finalmente sul tavolo del decisore pubblico, le tecnologie hanno già superato la questione. Questo fenomeno, a sua volta, contribuisce a rendere obsoleta, quando non addirittura controproducente, la decisione pubblica prima ancora della sua approvazione. Per una organizzazione, lo stakeholder è un soggetto consapevole e interessato ad avviare, a sviluppare o a consolidare una relazione su una questione specifica. L’influente è invece un soggetto che l’organizzazione ritiene comunque rilevante per il raggiungimento dei suoi obiettivi, al punto da sforzarsi di convincerlo a farsi coinvolgere in una relazione, ma non è necessariamente né consapevole né interessato. Per capirci: i principali fornitori, gli azionisti e i clienti importanti, i dirigenti, i consulenti di una organizzazione sono stakeholder mentre l’editorialista del Corriere della Sera o l’opinion leader della comunità di riferimento sono influenti. DISTU 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. Gli stakeholder.

28 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 EELL Gli stakeholder di un eell. CITTADINANZA IMPRENDITORI SCUOLE REGIONE AMMINIST RAZIONE CENTRALE

29 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. I modelli organizzativi secondo Rebora. La progettazione di un sistema organizzativo implica una chiara definizione delle ipotesi di intervento che si intendono attivare in relazione ai risultati che si volevano perseguire. Questa attività è considerata ad alto rischio in quanto se la conoscenza dei fenomeni governati non è elevata o è fortemente influenzata da ipotesi pre-definite o addirittura “stereotipate”, il risultato puo’ essere quello di formulare modelli ideali e del tutto distaccati dalla realtà all’interno dei quali si vorrebbe incastrare la realtà stessa. Ci si deve di conseguenza interrogare con attenzione circa il significato di “modello di direzione del personale” al fine di procedere alla costruzione dei riferimento base per lo sviluppo del progetto. DISTU

30 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 A tale proposito è opportuno porre alcune premesse: a) non esiste un modello ma esistono diversi modelli che implementano in modo diverso, secondo la cultura e le esigenze specifiche di ogni amministrazione, i diversi strumenti manageriali ed amministrativi di gestione del personale; b) la costruzione dei modelli di riferimento deve partire dall’analisi della realtà degli enti e da questa base sviluppare successive elaborazioni che permetteranno di individuare i necessari processi di change management; c) fin quando l’impostazione organizzativa della direzione del personale resta articolata e organizzata per attività, o sotto-funzioni, è difficile cogliere le diverse sfumature con cui vengono implementati gli sturmenti di gestione del personale in relazione alle strategie ed alla cultura organizzativa degli enti. 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. I modelli organizzativi secondo Rebora. DISTU

31 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Sulla base di queste prime proposizioni si ritiene quindi opportuno costruire i modelli di direzione del personale cominciando dalla costituzione di strumenti che consentono una valutazione delle performance degli interventi delle direzioni del personale. Bisogna in sostanza costruire il modello in questo modo: a) individuando i principali processi di gestione del personale; b) costruendo un modello di valutazione dei processi di gestione del personale; c) valutando sulla base del modello le diverse esperienze di gestione del personale negli enti secondo un approccio in chiave strategica; d) identificando, se possibile, diversi modelli generali di gestione di personale negli enti. 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. I modelli organizzativi secondo Rebora. DISTU

32 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. I modelli organizzativi secondo Rebora. Rebora individua 3 modelli organizzativi: a) modello a razionalita’ limitata; b) modello incrementale; c) modello umanistico. DISTU

33 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Rebora mutua questo modello dal pensiero di Herbert Simon che ha realizzato cambiamenti importanti in microeconomia. A Simon si deve il concetto di organizational decision-making come lo conosciamo oggi. È stato il primo a discutere questo concetto in un contesto di incertezza e per il lavoro su questo argomento è stato insignito del Premio Nobel nel 1978. Lavorando nella Cowles Commission, l'obiettivo di Simon era di collegare la teoria economica con matematica e statistica. I suoi contributi più importanti riguardano l'equilibro generale e l'econometria. È stato fortemente influenzato dal dibattito marginalista iniziato negli anni Trenta. Un contributo importante riguarda le ricerche sull'organizzazione industriale, dove ha sostenuto che l'organizzazione interna delle imprese e le decisioni sul business non sono conformi alle teorie neoclassiche sulle decisioni "razionali". Simon ha scritto numerosi articoli sull'argomento, concentrandosi sulla questione delle decisioni sotto l'ipotesi di comportamento nota come razionalità limitata. "Comportamento razionale", in economia, significa che gli individui massimizzano la loro funzione di utilità sotto i vincoli dati (ovvero limiti di bilancio, scelte limitate...) ricercando il loro interesse personale. Il termine razionalità limitata indica la scelta razionale che tiene conto dei limiti cognitivi e conoscitivi. La razionalità limitata è un argomento centrale dell'economia comportamentale, riguardante i modi in cui il processo decisionale influenza le decisioni. Le teorie sulla razionalità limitata abbandonano alcuni assunti della teoria dell'utilità. Simon decise che il modo migliore di studiare questi temi fosse attraverso modelli di simulazione. Perciò s'è interessato di intelligenza artificiale, interazione uomo-computer, principi di organizzazione di uomini e macchine, processi informativi, uso del computer per studiare problemi filosofici e sulle implicazioni sociali della tecnologia del computer. Alcune delle ricerche hanno riguardato il cambiamento tecnologico ed i cambiamenti nel processo dell'informazione. Come cittadino di Pittsburgh, ha fornito consulenza alla cittadinanza su varie questioni, incluso l'uso di fondi pubblici per costruire stadi e i metodi per raccogliere le imposte.Cowles Commissionrazionalità limitataeconomia comportamentalePittsburgh 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. I modelli organizzativi secondo Rebora: modello a razionalita’ limitata DISTU

34 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Per modello incrementale o modello iterativo si intende, nell'ambito dell'ingegneria informatica, un modello di sviluppo di un progetto software basato sulla successione dei seguenti passi principali:ingegneria informaticaprogetto software pianificazione; analisi dei requisiti; progetto; Implementazione; prove; valutazione. Questo ciclo può essere ripetuto diverse volte, denominate "iterazioni", fino a che la valutazione del prodotto diviene soddisfacente rispetto ai requisiti richiesti. L'utilizzo del modello incrementale è consigliabile quando si ha, fin dall'inizio della progettazione, una visione abbastanza chiara dell'intero progetto, perché occorre fare in modo che la realizzazione della generica versione k risulti utile per la realizzazione della versione k+1. Un approccio incrementale è particolarmente indicato in tutti quei casi in cui la specifica dei requisiti risulti particolarmente difficoltosa e di difficile stesura (semi)formale. L'uso di questo modello di sviluppo favorisce la creazione di prototipi, ovvero parti di applicazione funzionanti, che a loro volta favoriscono il dialogo con il cliente e la validazione dei requisiti. 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. I modelli organizzativi secondo Rebora: modello incrementale. DISTU

35 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Lo humanistic management è un approccio alla pratica manageriale fondato sulla tradizione dell'umanesimo europeo, una visione di management alternativa, in molti aspetti contrapposta, a quella taylorista. I suoi tratti essenziali possono essere rintracciati nell'accorta combinazione tra razionalità ed emotività, nell'equilibrio fra morale individuale ed etica collettiva, nella cura di ciascuno verso il proprio autosviluppo e verso gli altri e, soprattutto, nella metadisciplinarietà. Lo strumento principale di cui si avvale è infatti l'apertura verso ambiti che l'impresa ha sempre considerato a sé estranei (come la filosofia, la poesia, il cinema, il teatro), ma anche alle nuove frontiere dischiuse dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, dal networking multimediale, dalla business television. Lo humanistic management si contrappone volutamente allo scientific management. Quest'ultimo affonda le sue radici in Adam Smith e nella rivoluzione industriale inglese, ed ha avuto il merito di rappresentare un punto di vista precipuo, specificatamente caratterizzato, con una straordinaria capacità costruttivistica e interpretativa della realtà e dell'esperienza organizzativa. A livello della produzione, i riferimenti sono stati la serialità, la standardizzazione, la specializzazione del lavoro e delle mansioni, ossia il taylorismo. dello Humanistic Management [9].umanesimomanagementtayloristarazionalitàemotività moraleeticafilosofiapoesiacinemateatroinformazione comunicazioneAdam Smithtaylorismo [9] 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. I modelli organizzativi secondo Rebora: modello umanistico.. Lo humanistic management è un approccio alla pratica manageriale fondato sulla tradizione dell'umanesimo europeo, una visione di management alternativa, in molti aspetti contrapposta, a quella taylorista. I suoi tratti essenziali possono essere rintracciati nell'accorta combinazione tra razionalità ed emotività, nell'equilibrio fra morale individuale ed etica collettiva, nella cura di ciascuno verso il proprio autosviluppo e verso gli altri e, soprattutto, nella metadisciplinarietà. Lo strumento principale di cui si avvale è infatti l'apertura verso ambiti che l'impresa ha sempre considerato a sé estranei (come la filosofia, la poesia, il cinema, il teatro), ma anche alle nuove frontiere dischiuse dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, dal networking multimediale, dalla business television. Lo humanistic management si contrappone volutamente allo scientific management. Quest'ultimo affonda le sue radici in Adam Smith e nella rivoluzione industriale inglese ed ha avuto il merito di rappresentare un punto di vista precipuo, specificatamente caratterizzato, con una straordinaria capacità costruttivistica ed interpretativa della realtà e dell'esperienza organizzativa. A livello della produzione, i riferimenti sono stati la serialità, la standardizzazione, la specializzazione del lavoro e delle mansioni, ossia il taylorismo. A livello dello scambio, il mercato di massa e l'orientamento al prodotto e alla quantità. Le organizzazioni ispirate e gestite attraverso la prospettiva paradigmatica dello scientific management si pongono come soggetti collettivi chiusi, con una forte capacità previsiva ed una visione lineare/sequenziale del processo decisionale. Il modello comunicazionale è quello, one-way, “ricevuto-passo”, anzi “ricevuto-chiudo”; le soluzioni tecnologiche sono quelle standardizzabili e da incorporare in un prodotto stabilizzato per il suo ciclo di vita commerciale. Molte innovazioni possibili vengono trascurate, non solo per ragioni commerciali, ma anche produttive (sono extrastandard). L'attitudine culturale è quella del conformismo alle soluzioni stabilite come le più efficienti e che vengono capitalizzate come thesaurus. Appare evidente l'inadeguatezza di un tale procedere a fronte di un mondo “complesso”, vale a dire plurale, nonché in rapido e continuo mutamento nel tempo e nello spazio remoto e di prossimità.umanesimomanagementtayloristarazionalitàemotività moraleeticafilosofiapoesiacinemateatroinformazionecomunicazioneAdam Smithtaylorismo DISTU

36 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 1 Pianificazione e gestione strategica nella pubblica amministrazione: le vecchie e nuove prospettive. Ulteriori modelli: gestionale; democratico; pluralista. Il termine Società dell'informazione è usato da alcuni sociologi per indicare l'attuale società post - industriale. Ciò che più spiccatamente la caratterizza è il prevalere di un bene immateriale come l'informazione rispetto al Settore secondario dell'economia. Il fenomeno si è cominciato a registrare a partire dagli anni ottanta negli Stati Uniti dove il PIL proveniente dal terziario ha nettamente superato il 60% [ Da questo momento in poi anche negli altri Paesi ad economia avanzata il settore dei servizi ha visto un'espansione sempre maggiore. In un primo momento questo fenomeno assunse il nome di società post-industriale e le politiche si diressero ad un riassetto del settore secondario, redistribuendo funzioni e delocalizzando gli impianti esistenti verso Paesi di nuova industrializzazione. Si cominciò così a parlare di società neo-industriale per indicare quelle economie che si ponevano come obiettivo il rilancio del settore secondario, riconfigurandone la composizione settoriale e innalzandone gli standard tecnologici ed i paradigmi organizzativi. Presto questo termine sembrò riduttivo per rappresentare il panorama della competitività globale dinamico, flessibile e mutevole che mal si adatta ad essere imbrigliato all'interno di una definizione di per sé rigidamente classificatoria. Il termine società dell'informazione pare invece più descrittivo di ciò che avviene nei paesi maggiormente avanzati. Infatti la fondamentale caratteristica del ritmo vorticoso con cui procede l'innovazione dalla metà degli anni ottanta è quello di essere veicolato dalla diffusione e dalla possibilità di impiego delle informazioni. Il carattere pervasivo delle tecnologie informatiche ha cambiato sia il mondo della produzione che quello dei consumi dando luogo ad un nuovo mercato dell'informazione. Il carattere fondamentale del progresso scientifico- tecnologico non sta solo nell'aver accesso alle informazioni e nel consultarle, selezionarle ed estrarle, ma soprattutto nel saperle mettere in relazione tra loro ed elaborarle in maniera creativa per restituire un prodotto innovativo. Tutto ciò fa dell'informazione una merce pregiata, uno strumento di produzione, un miglioramento dei servizi, un oggetto di contesa politica ed economica capace di incidere pesantemente sullo sviluppo e sugli assetti socio-economici di ogni Paese. È all'interno della società dell'informazione contemporanea che si fa strada l'idea di "intelligenza collettiva" che Pierre Lévy definisce come "un'intelligenza distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta ad una mobilitazione effettiva delle competenze“. Nell'attuale mondo del "capitalismo informazionale", così definito da Manuel Castells, il contesto globale vede il valore e lo status sociale ed economico sempre più intrecciati con le capacità di stringere relazioni dinamiche di natura comunicativa ed informazionale. Sono cioè legati a beni e prestazioni o che incorporano informazione o che ne sono direttamente costituiti. Informazione, formazione e comunicazione costituiscono oggi il "geroglifico della merce", la moneta e nello stesso tempo il simbolo di una società sempre più intecciata con i "bit informazionali" e sempre più mediata da un componente di natura digitale sia esso denaro, informazione finanziaria, economico- commerciale, culturale, mediatica o formativa.industrialebeneinformazioneSettore secondarioStati UnitiPILparadigmi organizzativiprogresso scientifico- tecnologicoPierre Lévy“Manuel Castells DISTU

37 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI DISTU Lo studio di questo capitolo riguarda: la classificazione dei bilanci di previsione delle PA; le funzioni, i principi, la struttura e la valenza informativa dei bilanci di previsione; la contabilita’ finanziaria; la rendicontazione; le variazioni di bilancio; i criteri di valutazione degli elementi patrimoniali.

38 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Il nuovo ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, oramai in vigore da diversi anni, dopo le prime modifiche apportate (D.L.vo 336/96) e la emanazione della Legge 15.5.1997,n.127, ha raggiunto un livello di stabilità che consente di essere davvero attuato in tutti i nostri enti. La forza innovativa delle nuove norme ha consentito di rivedere l’organizzazione stessa delle strutture gestionali ed ha costituito un grande stimolo di cambiamento, in un primo tempo, circa le modalità di costruzione del bilancio che, con il Piano Esecutivo di Gestione, è divenuto un vero strumento di programmazione e pianificazione dell’attività e di razionalizzazione della gestione stessa. L’altro aspetto, che per molto tempo ha costituito motivo di discussioni e dibattiti, che riguarda l’introduzione della contabilità economica negli enti locali e che senza dubbio è stato il motivo che ha avviato la riforma, è in un primo tempo passato in secondo piano nell’attenzione degli operatori. Ogni giorno reca la sua pena, sembra aver pensato il mondo delle autonomie locali; in un primo tempo tutte le energie sono state dedicate all’impostazione dei nuovi strumenti gestionale (e contabili) per l’attivazione dell’aspetto progettuale e organizzativo del sistema. Alla contabilità economica si penserà quando verrà il momento e cioè a fine esercizio quando si dovrà procedere alla chiusura dei conti.È questo un ragionamento che potrà produrre, probabilmente, nuove tensioni e, forse, nuove richieste di rinvio dei termini. DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI- LOGICHE E METODI

39 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Il D.Lvo 77/95 (poi trasfuso nel TUEL unitamente alla legge 142/90), nell’introdurre anche per l’ente locale, la contabilità economica rivede lo stesso assetto della contabilità finanziaria precedentemente regolata dal D.P.R.421/79 e richiede una nuova rilevazione del valore del "patrimonio“. La contabilità economica, correttamente tenuta, risolve sicuramente quest’ultimo problema in quanto, come in ogni azienda, anche nell’ente locale il risultato economico di esercizio, positivo o negativo, non è altro che l’incremento o il decremento che il valore del patrimonio ha subito nell’esercizio considerato per effetto della gestione. La prassi, la metodologia con cui viene attuata la contabilità (contabilità semplificata, metodo della "partita doppia" o altro) non influenza il principio di fondo. Con la contabilità economica viene realizzato un collegamento diretto tra i due risultati. Una prima considerazione può riferirsi al modo con cui il Legislatore ha affrontato l'introduzione dell'innovazione delle regole contabili: agli enti è stata lasciata la massima libertà di impostazione delle procedure, libertà che si riscontra nell'art. 74. Infatti non esiste l'obbligo di adottare particolari metodologie, prassi di scritturazione (il legislatore utilizza, forse impropriamente ma con grande efficacia, il termine di "sistema") per la rilevazione dell'aspetto economico dei fatti di gestione). DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI- LOGICHE E METODI

40 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Un importante aspetto è dato dalla relativa semplicità dei modelli successivamente approvati che, nonostante l'apparente ponderosità degli allegati al Decreto, ci pongono di fronte ad un insieme di schemi semplificati rispetto al passato. La semplicità si nota, soprattutto, nei modelli riguardanti la rappresentazione dei nuovi aspetti dei risultati contabili: appunto il "conto economico", il "conto del patrimonio" e il "prospetto di conciliazione“. Da ciò si può considerare come l'obiettivo del Legislatore sia stato quello di aiutare l'ente locale a superare la vecchia concezione di una contabilità il cui unico fine era quello di agevolare una serie di adempimenti: ora il sistema contabile, strutturato a misura di ente, dovrà servire principalmente a soddisfare le esigenze conoscitive dell'ente stesso e, in subordine, a produrre i modelli richiesti dalla normativa, modelli che si attestano su un livello di rappresentazione riassuntiva della gestione certamente minimale e tale da consentire una conoscenza per grandi aggregati dei conti del settore. Dato per scontato che la contabilità finanziaria rimane il fondamento, anche dopo l’introduzione del TUEL, del sistema contabile degli enti locali, risulta agevole, per guidare la comprensione dell’assetto della contabilità patrimoniale, fare riferimento alla struttura della contabilità finanziaria. DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI- LOGICHE E METODI

41 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 L'impostazione data al nuovo ordinamento differisce sostanzialmente da quella precedentemente voluta dal D.P.R. 421/79 che tutti gli enti hanno utilizzato fino al tutto l’esercizio 1996. Gli obiettivi che allora il legislatore aveva tentato di perseguire si possono dire sostanzialmente falliti in quanto: - la classificazione del bilancio, che voleva evidenziare la struttura ECONOMICA della contabilità (ricavi ai Titoli 1,2 e 3 dell'entrata e costi al Tit. 1 della spesa) era stata utilizzata in un'ottica esclusivamente finanziaria. Infatti, ad esempio, particolari oneri relativi all'acquisizione di beni a valenza pluriennale (es. beni mobili, manutenzioni straordinarie ecc.), erano indifferentemente inseriti nel Tit. 1 (spese correnti) o Tit. 2 (investimenti) solo con riferimento alla loro fonte di finanziamento; - lo strumento della contabilità finanziaria utilizzata anche per rilevare fenomeni economici non aventi contenuto finanziario si è rivelato del tutto insufficiente (basti pensare alla rilevazione degli ammortamenti effettuata con regolarizzi contabili nei Tit.4 dell'entrata e 1 della spesa). La conseguenza è stata quella di vanificare ogni possibile raccordo della contabilità finanziaria con il conto del patrimonio non riuscendo nemmeno a definire "punti di concordanza" come previsto dalla contabilità dello Stato e di evidenziare, anche solo dal punto di vista finanziario, la quantità di risorse correnti destinate ad essere investite nel patrimonio dell'ente. DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI- LOGICHE E METODI

42 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Con il nuovo assetto invece, pur rimanendo formalmente inalterata la macro-classificazione di bilancio, l'allocazione delle spese dovrà rispettare rigorosi principi: sia il comma 5 dell'art.71 del D.L.vo 77 (ora TUEL) che il comma 5 dell'art.1 del Decreto di approvazione dei modelli definiscono la macro aggregazione dei "costi" elencando i seguenti semplici ma ben definiti interventi che costituiscono la sintesi dei fattori produttivi utilizzati o, sotto il profilo contabile, i "macro" conti economici dei costi che verranno rilevati. I principi che traspaiono, al riguardo, dal TUEL e dai modelli successivamente approvati possono essere così sintetizzati: 1 - la contabilità' finanziaria rimane come sistema contabile atto a rilevare gli aspetti "autorizzativi" della gestione ed i flussi finanziari analizzati nelle varie componenti; 2 - la stessa contabilità finanziaria non potrà essere utilizzata per rilevare gli aspetti della gestione privi di contenuto finanziario; 3 - per la rilevazione degli aspetti economici dei fatti di gestione gli enti locali adottano il sistema di contabilità che più ritengono idoneo per le loro esigenze. 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI- LOGICHE E METODI DISTU

43 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 La libertà lasciata agli enti locali di strutturare in modo personalizzato le procedure di rilevazione economica dei fatti di gestione (cfr TUEL), rappresenta sicuramente una novità per il mondo delle autonomie locali. Forse il nuovo approccio potrà non essere del tutto apprezzato dagli operatori, che non possono fare riferimento ad un preciso "modello" che indichi per ogni ente la univoca metodologia. Ma, al di la dell’impostazione pratica delle prassi contabili che possono trovare differenti soluzioni in relazione alle caratteristiche dei singoli enti, è opportuno riassumere in pochi punti il vero significato dell'innovazione: 1 - il sistema di contabilità economica è indispensabile (gli enti locali adottano...cfr TUEL), anche se può essere semplificato; 2 - ogni ente può definire liberamente le proprie procedure e quindi adottare, se del caso, una contabilità semplificata, nell'ambito della propria autonomia ed in relazione alle proprie esigenze, purchè raggiunga i risultati voluti dalla norma; 3 - i principi generali cui fare riferimento sono ampiamente definiti dalla normativa civilistica, dalla dottrina e, per quanto direttamente riguarda gli enti locali per aspetti particolari (ad esempio l'applicazione degli ammortamenti) dai successivi articoli; 4 - la normativa richiede adempimenti minimali, uguali per tutti, costituiti dalla rappresentazione a consuntivo di un conto del bilancio, uno stato patrimoniale, un conto economico ed una dimostrazione di raccordo tra la rappresentazione dei dati economico- patrimoniali e di quelli finanziari (il prospetto di conciliazione). DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI- LOGICHE E METODI

44 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 La soluzione adottata si rivela perciò profondamente rispettosa sia dell'autonomia degli enti che dei principi contabili generali e consente, per gli enti di minori dimensioni, l’adozione di metodologie di scritturazione semplificate in analogia con quanto avviene nell'ambito privatistico in cui la contabilità può essere, appunto, "semplificata" per gli operatori con ridotto volume di affari. La metodologia da seguire e quindi l’assetto utilizzato per l’impianto del sistema contabile, potrà essere attuato con approcci differenti in relazione alla necessità di ciascun ente. Sostanzialmente potranno essere seguite le seguenti metodologie: 1 - la tenuta della contabilità finanziaria con l’utilizzo dei risultati del conto consuntivo per la costruzione, mediante il prospetto di conciliazione, del conto economico e dello stato patrimoniale; 2 - la tenuta della contabilità finanziaria e contemporaneamente di una contabilità parallela che rilevi l’aspetto economico e conseguentemente patrimoniale, di ogni singolo fatto di gestione; in questo caso il prospetto di conciliazione dovrà essere costruito a fine esercizio in modo tale da consentire la creazione di una congruenza di risultati tra i due sistemi contabili; 3 - la tenuta di una contabilità integrata che, per ogni fatto registrato, rilevi sia l’aspetto finanziario che quello economico patrimoniale. In questo caso il prospetto di conciliazione, potrà essere prodotto in modo semplice e pressoché automatico. DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI- LOGICHE E METODI

45 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Comunque, in ogni caso, indipendentemente dalla scelta della metodologia da seguire, diviene indispensabile procedere alla valutazione "economica" del patrimonio per costituire la base dei valori sui quali si fonderà l’insieme delle scritture. Senza la preliminare operazione di valutazione economica la nuova contabilità non potrà funzionare. Con la predisposizione del conto consuntivo 1997, per la prima volta, trovava attuazione per molti enti locali l’assetto contabile previsto dal D.L.vo 77/95 (ora TUEL): il rendiconto, per i Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, per le Province il cui Comune capoluogo si trova oltre quella classe demografica (con esclusione degli enti compresi in aree metropolitane) dovrà essere reso come previsto dall’art.71 dell’ordinamento (ora TUEL). Al classico "conto del bilancio" ed al "conto del patrimonio" stabilito dal D.P.R.194/96 (documenti che dovranno essere prodotti da tutti gli enti locali) dovevano essere uniti il "conto economico" ed il "prospetto di conciliazione", indicati dallo steso decreto. L’adempimento, indispensabile per gli enti indicati, doveva essere attuato anche nel caso in cui gli stessi enti avessero impostato il bilancio 1997 con la precedente modulistica di cui al D.P.R. 421/79, con evidenti problemi di adattamento dei modelli stessi. L’introduzione della contabilità economica, fortemente voluta dal legislatore fin dal 1990 con la Legge 142 (ora TUEL), ha rappresentato per molti enti locali un problema di secondaria importanza rappresentato, per lo più, dall’attuazione di sterili "adempimenti" anziché considerato quale opportunità da cogliere per migliorare il sistema informativo gestionale. DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI-LOGICHE E METODI

46 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Al momento della prima attuazione del dettato dell’ordinamento in molte amministrazioni, anche in quelle che, per dimensioni, erano chiamate ad osservare per prime la richiesta del legislatore, si e’ corso il rischio di trovarsi impreparati senza aver impostato, preventivamente, un "sistema" contabile in grado di fornire senza problemi i risultati voluti. Ecco perché è opportuno puntualizzare il significato e l’utilità del prospetto che può rappresentare: in una contabilità semplificata, un modo per "ricostruire" un risultato economico di esercizio partendo dalla contabilità finanziaria; in un ambiente di contabilità integrata, un modo sicuramente sintetico e semplice per rappresentare il rapporto esistente tra un risultato di gestione misurato con contabilità finanziaria e con contabilità economica. In ogni caso, la evidenziazione di tali differenze è fonte di informazioni di grande rilievo sull’uso che l’ente nel suo complesso e, se si vuole, dei singoli servizi o centri di costo, fanno delle risorse loro affidate. In questo senso il tanto discusso documento può essere visto anche come strumento di controllo di grande valenza. Ma la sua capacità informativa può essere veramente importante se si utilizzano i due aspetti della contabilità (contabilità finanziaria e contabilità economica) nel rispetto dei propri principi generali. DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI-LOGICHE E METODI

47 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 La contabilità finanziaria verrà utilizzata per programmare l’utilizzo delle risorse, per garantire l’equilibrio di bilancio, per gestire in modo corretto il momento autorizzativo, per verificare il corretto uso delle risorse da parte dei relativi responsabili, per verificare, sotto il profilo finanziario il raggiungimento degli obiettivi. I principi di "accertamento" e "impegno" devono rispondere alle regole, dettate dalla normativa, tipiche della contabilità finanziaria. La contabilità economica rileverà invece "costi" e "ricavi" nel pieno rispetto dei propri principi che in molti casi differiscono notevolmente dai precedenti e, naturalmente, collegherà con le proprie rilevazioni il risultato economico con quello patrimoniale. E appunto l’evidenziazione delle differenze (es. impegni effettuati su di un esercizio ed utilizzati di fatto nei successivi, oppure l’entità dei finanziamenti acquisiti a titolo oneroso e non utilizzati, ecc.) rappresentano momenti di informazione veramente importanti. La costruzione di un sistema contabile capace di rappresentare i due aspetti raccordati dal prospetto di conciliazione raggiunge due obiettivi: la contabilità finanziaria risulta sicuramente più chiara in quanto una chiusura dei conti integrata costringe ad una verifica del contenuto dei residui, sia attivi che passivi, al fine di evidenziare la loro consistenza patrimoniale: infatti nel conto del patrimonio la voce RESIDUI non è più presente ma si ritrovano, opportunamente scomposti, i veri contenuti dei residui stessi, costituiti da debiti, crediti, ratei attivi o passivi, costi anno futuro ecc. Una contabilità finanziaria bene impostata, con l’evidenziazione chiara di tutti i contenuti che un suo corretto utilizzo richiede (classificazione di bilancio, vincoli esistenti tra poste di spesa e di entrata, ecc), rappresenta un valido supporto per una corretta impostazione e tenuta della contabilità economica. La macro classificazione del bilancio finanziario, infatti, già divide adeguatamente i fatti di gestione "modificativi" del patrimonio (costi e ricavi) da quelli "permutativi" che interessano esclusivamente lo stato patrimoniale. Certamente chi non ha adottato la nuova modulistica potrebbe, sotto questo profilo, trovarsi nella necessità di effettuare particolare rettifiche soprattutto per sottrarre ai costi operazioni inserite nel Titolo primo della spesa ma riguardanti l’acquisizione di beni strumentali. Certamente l’introduzione della contabilità economica e la necessità di rappresentare i risultati della gestione sotto i due profili richiederà agli operatori un grande sforzo di acquisizione di nuove tecniche contabili, sforzo però certamente compensato da un rilevante aumento della capacità informativa, della trasparenza e, in ultima analisi, della chiarezza complessiva del contenuto delle rendicontazioni. I conti resi con l’utilizzo delle nuove metodologie potranno essere compresi più agevolmente anche dai non addetti ai lavori, quali gli amministratori e gli stessi cittadini. Sicuramente i tecnici degli enti locali dovranno "rispolverare" le proprie conoscenze di contabilità economico-patrimoniale acquisite a suo tempo sui banchi di scuola o all’Università: i loro sforzi saranno però condivisi da quanti – revisori, docenti, amministratori ecc – hanno dovuto o dovranno acquisire analogamente tecniche contabili "finanziarie DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI-LOGICHE E METODI

48 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI-IL BILANCIO DI PREVISIONE Occorre preliminarmente premettere che non esiste il bilancio comunale, bensì un sistema di bilancio di cui il bilancio di previsione e’ una componente. Il bilnacio di previsione viene approvato prima dell'inizio dell'anno di riferimento, normalmente entro il 31/12 dell'anno precedente; il rendiconto della gestione (o conto consuntivo), che da invece atto dei risultati della gestione dell'esercizio precedente, che viene approvato entro il 30 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento. Il bilancio di previsione, è lo strumento di pianificazione e gestione economica e finanziaria dei comuni italiani. In esso vengono dettagliate tutte le entrate e le spese dell'ente divise in parte corrente e parte in conto capitale. Nel corso di ciascun anno, che viene chiamato esercizio, ci sono passaggi precisi che hanno lo scopo di redigere il bilancio di previsione, di verificarlo durante l'anno e di consolidarlo, o meglio assestarlo, ad esercizio completato. Il bilancio è sempre materia di Consiglio Comunale. I contenuti, la sua struttura e il processo di stesura del bilancio sono normati per legge e sono di competenza del Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF).comuni italianiConsiglio ComunaleMinistero dell'Economia e delle Finanze

49 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Prima dell'inizio di ogni anno solare, il cosiddetto esercizio, il Consiglio Comunale deve approvare il bilancio di previsione. In questo documento sono elencate tutte le spese che saranno sostenute nell'anno e tutte le entrate che serviranno per finanziarle. Normalmente il termine per l’approvazione viene posticipato e il bilancio di previsione può essere approvato ad esercizio già iniziato. Il bilancio di previsione serve per programmare tutte le attività del comune e per destinare risorse ai servizi che il comune eroga. Dovrebbe essere redatto dagli assessori, ognuno per il proprio ambito di competenza e viene approvato prima dalla Giunta (che approva lo schema di bilancio) e poi in via definitiva dal Consiglio Comunale. Ad esso sono allegati la Relazione Previsionale e Programmatica ed il bilancio pluriennale, di durata uguale a quello pluriennale della Regione di appartenenza, ma solitamente la durata del bilancio pluriennale è il triennio. Il bilancio di previsione deve sempre essere in pareggio, ossia le entrate previste devono sempre essere uguali alle spese previste. Una volta approvato il Bilancio di Previsione nel corso dell’anno è possibile modificarlo attraverso le variazioni di bilancio, ossia delle modifiche in aumento o in diminuzione delle voci di bilancio, anche le variazioni di bilancio devono essere approvate dal Consiglio Comunale e tutte le variazioni nella parte spesa devono essere compensate nella parte entrate e viceversa. Le variazioni possono essere operate fino al 30 novembre di ciascun esercizio.anno solareConsiglio Comunale comuneservizi che il comune erogaassessoriConsiglio Comunale DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI-IL BILANCIO DI PREVISIONE

50 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Entro il 30 novembre, per verificare che i movimenti finanziari del comune corrispondano a quanto previsto nel bilancio di previsione, viene portato in Consiglio Comunale e approvato l’assestamento di bilancio ossia viene fatta una Variazione di Bilancio che allinea il bilancio di previsione con le entrate realmente incassate e con le spese realmente sostenute. Infine ad esercizio terminato viene approvato, sempre dal Consiglio Comunale, il Rendiconto della gestione, ossia la fotografia precisa di tutti la gestione finanziaria dell'ente. Dal rendiconto può scaturire un avanzo di amministrazione ossia dei fondi non utilizzati che possono essere riportati nell'esercizio successivo ovvero un disavanzo che dovra’ essere coperto con le entrate dello esercizio successivo. Il bilancio del comune influisce per molti aspetti sulla vita del cittadino. In esso vengono determinate le aliquote e le tariffe relativi ai vari servizi che il comune eroga: quanti soldi servono per far funzionare la macchina comunale, quali servizi sociali il comune intende erogare e quante risorse a ciascuno di essi vengono destinati, quanti soldi verranno utilizzati per finanziare la pubblica istruzione, lo sport, la pubblica sicurezza, il commercio e lo sviluppo economico, la cultura, la viabilità ed i trasporti, la gestione del territorio e dell'ambiente e per ciascuno di questi ambiti nel bilancio vengono definite quali attività l'amministrazione intende promuovere.Consiglio ComunaleConsiglio Comunalecittadino servizi socialipubblica istruzionesport pubblica sicurezzacommerciosviluppo economicoculturaviabilità trasporti Nel bilancio viene anche definito il modo in cui tutte queste spese verranno finanziate. Vengono quindi decisi i livelli di tassazione, le aliquote delle imposte e le tariffe dei servizi che vengono erogati.tassazioneimpostetariffe DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI-IL BILANCIO DI PREVISIONE

51 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Nel Bilancio infine sono anche dettagliate le opere pubbliche e le opere di manutenzione del patrimonio che l'amministrazione intende realizzare e quindi tutti i progetti che prenderanno il via nel corso dell'anno o negli anni successivi. Il Bilancio definisce anche cosa non verrà fatto. Tutto quello che non viene messo a bilancio semplicemente non c'è e non verrà realizzato, salvo che nel corso dell'esercizio non intervengano variazioni ad hoc. Il bilancio di previsione e i documenti ad esso collegati rappresentano il risultato della programmazione politica, economica e finanziaria del comune. Il bilancio di previsione dovrebbe essere approvato dal consiglio comunale prima dell'inizio dell'anno a cui si riferisce, molto spesso però la sua approvazione viene prorogata dal ministero dell'economia e della finanza (MEF). Nel caso di approvazione ad esercizio già iniziato, il periodo dell'anno scoperto viene gestito in dodicesimi dell'ultimo bilancio approvato, vale a dire che per ogni mensilità è possibile impegnare (cioè spendere) non più di 1/12 delle somme risultanti dal bilancio assestato (ossia il bilancio risultante al 30 novembre, dopo che sono intervenute tutte le variazioni dell'esercizio) relativo all'esercizio precedente per la medesima finalità. Il bilancio di previsione che va in consiglio comunale ha una serie di documenti obbligatori per legge. La struttura del bilancio comunale e' standard, ogni voce deve essere codificata secondo lo schema definito dal Ministero dell'Economia e delle Finanze.opere pubblicheMinistero dell'Economia e delle Finanze DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI-IL BILANCIO DI PREVISIONE

52 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Le voci di entrate sono suddivise in titoli e categorie, ognuna identificata da un codice numerico. Ogni risorsa e' identificata utilizzando il codice del titolo, della categoria e della risorsa separati tra loro da un punto. Ad esempio la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, facente parte delle entrate correnti, e' codificata come 01.02.0300.tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani Entrate correnti Rientrano nelle entrate correnti le imposte e le tasse, i trasferimenti da altri enti pubblici e i proventi da servizi erogati dal comune. La struttura delle entrate correnti è la seguente:impostetasse Titolo I – Entrate tributarie; Titolo II - Entrate derivanti da trasferimenti da altri enti pubblici; Titolo III - Entrate extratributarie. Entrate in conto capitale Rientrano nelle entrate in conto capitale i finanziamenti statali per la realizzazione di opere pubbliche e i trasferimenti in conto capitale da parte di altri soggetti, in quest'ultima voce spiccano i proventi da concessioni edilizie ossia gli oneri di urbanizzazione. La struttura delle entrate in conto capitale è la seguente:concessioni edilizieoneri di urbanizzazione Titolo VI - Entrate da servizi per conto terzi. DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI-IL BILANCIO DI PREVISIONE

53 ELABORAZIONE EMILIO CORTESELLI ANNO 2012 Spese. Le voci di spesa sono suddivise in titoli, funzioni e servizi, ognuna identificata da un codice numerico. Ogni intervento e' identificato utilizzando il codice del titolo, della funzione, del servizio e dell'intervento separati tra loro da un punto. Ad esempio la spesa per il personale del comune legato allo smaltimento dei rifiuti e' codificata come 01.09.05.01. Spese correnti Rientrano nelle spese correnti tutte le spese legate al funzionamento dell'ente e ai servizi erogati dal comune. Spese in conto capitale Con questa voce si identificano le spese per investimenti. DISTU 2 LA CONTABILITA' DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI-IL BILANCIO DI PREVISIONE


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