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ORGANIZZAZIONE CROMOSOMICA II PLOIDIA, AUTOPOLIPLOIDI E ALLOPOLIPLOIDI APLOIDIA E ANEUPLOIDIA.

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Presentazione sul tema: "ORGANIZZAZIONE CROMOSOMICA II PLOIDIA, AUTOPOLIPLOIDI E ALLOPOLIPLOIDI APLOIDIA E ANEUPLOIDIA."— Transcript della presentazione:

1 ORGANIZZAZIONE CROMOSOMICA II PLOIDIA, AUTOPOLIPLOIDI E ALLOPOLIPLOIDI APLOIDIA E ANEUPLOIDIA

2 La situazione polipoide è molto comune nelle specie vegetali dove ha rappresentato uno strumento di notevolissima importanza dal punto di vista evolutivo. Circa la metà dei generi di piante conosciute contiene specie polipoidi e sono polipoidi i due terzi delle graminacee. La moltiplicazione del genoma è perciò da ritenere un evento mutazionale piuttosto comune tra le angiosperme ed ha contribuito in modo marcato alla speciazione, soprattutto tra le specie arboree..

3 Una conseguenza abbastanza generalizzata della poliploidia è l’aumento delle dimensioni cellulari che, in generale, si traduce in un aumento di dimensioni dell’organismo. Le specie polipoidi tendono ad essere più grandi delle loro omologhe diploidi e questo implica, di solito, la tendenza a produrre semi, frutti, radici, foglie di maggiori dimensioni e, quindi, a fornire una più consistente produzione utile (vd. Campione)

4 E’ presumibilmente per questo motivo che esempi di poliploidia sono molto frequenti tra le specie coltivate le quali, per circa due terzi, sono da ritenersi polipoidi (2n > 18). Tra le piante coltivate è inoltre abbastanza agevole rintracciare quelle che sono individuate come “serie polipoidi” che comprendono specie con numeri di cromosomi che, per ciascuna serie, sono multipli di uno stesso numero cromosomico di base.

5 A seconda dell’origine degli assetti cromosomici, si fa distinzione tra: autopoliploidia = quando tutti gli assetti cromosomici derivano dalla medesima specie; allopoliploidia = quando gli assetti cromosomici derivano da specie diverse

6 Nei poliploidi non sono rari fenomeni più o meno accentuati di sterilità in quanto, alla meiosi, possono formarsi gameti scompensati (n ­­­± 1) che, unendosi o tra loro o con gameti normali, possono formare zigoti scarsamente vitali, o completamente non in grado di sopravvivere, oppure sterili.

7 La sterilità è particolarmente frequente negli autopoliploidi nei quali, la presenza di serie di cromosomi uguali comporta difficoltà di appaiamento degli omologhi alla prima divisione meiotica che possono causare anche perdita di tratti di uno o più cromosomi con perdita di informazione genetica e la conseguente formazione di gameti non vitali.

8 In molte specie (es. graminacee) questi fenomeni sono superati con la propagazione vegetativa oppure con meccanismi che comportano la formazione di semi senza che vi sia unione tra gameti (apomissia).

9 Tra gli autopoliploidi, inoltre, è opportuno distinguere fra omozigoti e eterozigoti In questo caso, il termine “omozigote” sta ad indicare che nella costituzione genetica dell’autopoliploide non vi è unione tra gameti di individui diversi. Il termine “eterozigote” indica invece che la situazione polipoide si è generata con il contributo di individui diversi. I due termini non fanno quindi riferimento al tipo di alleli presenti nel polipoide

10 autopoliploidi omozigoti = si originano per unione di gameti non ridotti prodotti dallo stesso individuo oppure in seguito a duplicazione del numero di cromosomi in cellule somatiche (meristematiche) di un individuo originatosi per autofecondazione, come conseguenza di irregolarità nella mitosi analoghe a quelle indotte dal trattamento con colchicina.

11 autopoliploidi eterozigoti = si originano dall’unione di gameti non ridotti prodotti da individui diversi della stessa specie, oppure in seguito a duplicazione del numero di cromosomi in cellule somatiche (meristematiche) di un individuo originatosi per incrocio.

12 Gli autopoliploidi presentano un particolare modello di ereditarietà che è indicato come “eredità tetrasomica” per distinguerlo da quello osservabile in una specie diploide e che è indicato come “eredità disomica”. Vale anche la pena ricordare che nei vegetali esistono e sono stati identificati geni che controllano l’appaiamento cromosomico alla meiosi e dalla cui espressione può quindi dipendere la possibilità della regolare formazione dei gameti.

13 Livelli di poliploidia particolari (3n, 5n, 6n e superiori si sono probabilmente originati per unione di gameti non ridotti (2n) con gameti normali (n) o per duplicazione di livelli di ploidia intermedi: 2n + n = 3n; 3n + 2n = 5n; 3n x 2 = 6n, ecc.

14 I poliploidi di nuova formazione, sia omozigoti che eterozigoti, presentano generalmente un’accentuata variabilità per la maggior parte delle loro caratteristiche morfologiche e fisiologiche e, proprio per questo, sono generalmente caratterizzati da una maggiore capacità adattativa rispetto ai corrispondenti diploidi da cui derivano. E’ ovvio che tale variabilità sarà tanto più elevata quanto maggiore è la diversità genetica dei genomi che si uniscono.

15 Come si è detto, gli allopoliploidi si originano per unione di gameti prodotti da individui di specie diverse. Anche in questo caso l’unione può essere tra gameti maschili e femminili non ridotti oppure tra un gamete non ridotto di una specie e un gamete normale dell’altra, oppure, ancora, per unione di gameti normali delle due specie e successivo raddoppiamento del numero di cromosomi

16 Il trattamento con colchicina dell’apice vegetativo, inducendo il raddoppiamento del numero di cromosomi, ripristina la regolarità del processo meiotico e,quindi, anche la fertilità dell’ibrido.

17 Tra le specie coltivate i casi di autopoliploidia sono estremamente rari mentre, al contrario, l’allopoliploidia è di gran lunga la più diffusa e ad essa è riconosciuto un ruolo estremamente importante per la loro evoluzione. Emblematica, da questo punto di vista, è la storia evolutiva dei generi Triticum, Brassica e Fragaria.

18 Due esempi di specie nuove costituite artificialmente con questa procedura, Triticale e Tritordeum derivate, rispettivamente dall’incrocio Triticum x Secale e Triticum x Hordeum

19 Un fenomeno diverso, che ha contribuito moltissimo all’evoluzione di alcune specie coltivate e che implica comunque l’ibridazione interspecifica è l’introgressione. Con questo processo, ad una iniziale ibridazione interspecifica tra due specie più o meno lontane fa seguito una serie di ulteriori incroci dell’ibrido su una delle due specie parentali con conseguente ricostituzione della maggior parte del genoma della specie ricorrente e con l’acquisizione di una parte più o meno rilevante del genoma dell’altra. Esempi di questo si hanno nel mais (Zea mais) e nel girasole (Helianthus annuus).

20 Meccanica dei cromosomi e selezione di varietà vegetali Applicazione di tecniche classiche di incrocio e selezione per trasferire geni

21 Anni ’50 esperimento di E.R. Sears Trasferimento di un gene per la resistenza alle ruggini da una pianta selvatica Aegilops umbellulata al frumento, molto sensibile a questa micosi che crea problemi anche per l’industria della panificazione

22 Foglia di grano infettata da ruggine, le macchie sono formate dalle spore fungine. I vari tipi di ruggini sono patogeni per molte specie vegetali come cereali, pini e caffè. Le ruggini causano ogni anno miliardi di danni e molti programmi di selezione sono finalizzati a produrre linee dotate di resistenza genetica a queste micosi

23 Frumento Aegilops umbellulata

24 Procedura seguita da Sears per trasferire la resistenza alle ruggini da Aegilops al frumento. A, B, C e D indicano assetti cromosomici di origine diversa. R rappresenta il determinante genetico (gene singolo?) della resistenza Il cromosoma in più portava, insieme a quello desiderato troppi geni di Aegilops. Per rompere l’associazione tra questi geni e il gene per la resistenza, Sears riuscì a farlo impollinando il frumento con il polline irradiato proveniente da queste piante

25 Traslocazione del segmento R di Aegilops al frumento,usando radiazioni per rompere i cromosomi


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