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IX. Evoluzione della politica industriale europea Corso Economica applicata avanzata Prof.ssa Laura Ramaciotti.

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Presentazione sul tema: "IX. Evoluzione della politica industriale europea Corso Economica applicata avanzata Prof.ssa Laura Ramaciotti."— Transcript della presentazione:

1 IX. Evoluzione della politica industriale europea Corso Economica applicata avanzata Prof.ssa Laura Ramaciotti

2 Unione economica: aggregazione di stati nazionali che stabiliscono una serie di regole comuni per guidare un processo di integrazione economica tra loro In Europa stato e economia si sono storicamente plasmate a vicenda: l’estensione del mercato risulta più ampia delle sovranità nazionali creando un inevitabile conflitto fra nazioni Si considerava il sistema produttivo su base nazionale sostenendo la produzione interna con aiuti alle imprese o creando e proteggendo campioni nazionali Visione di politica industriale di tipo “costruttivistico” = lo stato spinge verso una monopolizzazione interna per raggiungere dimensioni tali da competere sul mercato internazionale per difendere interessi nazionali Apertura economica e politiche di aggiustamento strutturale

3 Tali politiche non fanno attenzione alle relazioni con la produzione a livello locale tranne che per l’acquisto (costi) dei fattori produttivi Il reindirizzo di attività produttive verso aree svantaggiate poteva avvenire solo attraverso l’utilizzo di incentivi specifici (es. riduzione costi di impianto) Nel caso di integrazione economica con strumenti di regolazione politica comune (es. unione doganale fra 2 paesi) si mettono in discussione le alleanze interne ai singoli paesi facendo emergere nuove alleanze e interessi incrociati tra i produttori dei 2 paesi Nel caso in oggetto i due governi nazionali dovranno assumere regole che non proteggano gli interessi solo di alcuni o favorendone altri. Evitare che l’unione generi squilibri tra i gruppi economici coinvolti e che gli sconfitti si uniscano in una coalizione regressiva animata solo a resistere all’integrazione doganale

4 Con l’AUE e con il TM si tenta un “approccio evoluzionista” che favorisca l’approccio industriale in connessione con l’unione economica Fine anni ’90 inizio 2000 l’aumento della concorrenza dei paesi emergenti (Cina e India), la crisi finanziaria, mostrano come in un mercato allargato questo approccio fosse adeguato: progetto di sviluppo industriale per tutta l’Unione che i paesi membri devono adeguare con proprie regole al contesto nazionale

5 Le politiche industriali nei trattati istitutivi Nel TR mancano provvisioni di politica industriale in capo alla Comunità, come voluto dai governi nazionali Lo stato nazionale deve avere capacità tecniche, di legittimazione politica per perseguire obiettivi di sviluppo nazionali (visione “costruttivistica”): -Orienta i comportamenti individuali operando a favore della crescita industriale del proprio paese -Riduce la concorrenza interna tra imprese nazionali per metterle in grado di competere a livello internazionale. L’estensione del mercato supera l’area di sovranità del governo nazionale: è il governo che deve guidare la “propria” industria per rendere il paese indipendente economicamente e forte politicamente

6 Gli stessi poteri vengono affidati al soggetto sovranazionale solo in casi eccezionali (sicurezza, stabilità comune) per garantire i cittadini contro possibili conflitti distruttivi del commercio stesso e per evitate che venga falsato il mercato comune L’unione economica e doganale del mercato comune prevista nel TR deve essere raggiunta gradualmente: i governi possono fare aggiustamenti strutturali promuovendo fusioni e accorpamenti di imprese per creare campioni nazionali in un processo di apertura incrociata fra i 6

7 Le norme a tutela della concorrenza del TR si riferiscono a comportamenti di singole imprese, gruppi e ai governi nazionali in materia di aiuti alle imprese La Commissione assume funzioni di organo paragiurisdizionale potendo agire sui singoli governi e cittadini degli stati aderenti I divieti di accordi tra imprese non sono applicabili a quelle intese che “contribuiscono a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico”. Tale accordo non deve eliminare del tutto la concorrenza, ma riservare agli utilizzatori “una parte congrua degli utili” (art 85, TR)

8 Visione francese: pone in secondo piano la politica della concorrenza, promuovendo cartelli e concentrazioni di imprese per raggiungere dimensioni tecniche efficienti Visione tedesca: forte attenzione al corretto funzionamento del mercato con azioni che potessero creare miglioramenti sociali sostenendo azioni collaborative fra paesi Vengono proibiti accordi tra imprese e abuso di posizioni dominanti perché contrari al funzionamento del mercato comune. Una sana concorrenza interna può migliorare il progresso tecnico, la produzione, la distribuzione e un miglioramento sociale

9 Tuttavia si rendono necessarie in settori specifici intese e processi di concentrazione per raggiungere dimensioni operative adeguate a fronteggiare la concorrenza internazionale con soggetti fuori dalla Comunità Qualche eccezione è stata ammessa anche nella normativa sugli aiuti di stato (sussidio, credito agevolato, diminuzione tasse … cfr cap. 7) sulle politiche dei governi nazionali a favore della propria industria, così come negli anni ‘70 la Commissione ha agito in difesa dell’industria europea. Aiuti compatibili: Calamità naturale, area ex DDR, Regioni con livello di vita “anormalmente basso” Progetti di interesse comune europeo Per preservare la cultura o il patrimonio culturale

10 Negli anni ‛60 la politica industriale era materia di competenza nazionale Anni ‛70 con la crisi economica si hanno si hanno impatti diversi a a seconda dei paesi e dei settori La politica industriale degli anni ‘70 La comunità controlla le politiche nazionali con politiche “costruttivistiche” (intervento nel settore dell’acciaio, fibre sintetiche: accordo tra gli 11 principali produttori europei per la suddivisione del mercato, sussidi e limite alle importazioni dai paesi terzi) In quegli anni la Comunità ha agito proteggendo le proprie imprese come i governi nazionali

11 Ogni paese ha ritrovato un “patriottismo”: difendendo i propri produttori, ricreando barriere non tariffarie, agendo a livello comunitario con azioni di lobby per favorire la propria industria Cartellizzazione e sussidi hanno generato ritardi nel mutamento congelando la concorrenza, mentre l’AUE si basava sul principio di un contesto competitivo senza ostacoli al commercio sia interno che mondiale attraverso la realizzazione di un mercato unico all’interno della comunità D’altra parte si stimola sia a livello regionale che settoriale azioni orizzontali (R&S, PMI, formazione e lavoro …) a cui possono partecipare soggetti singoli o in associazione

12 La politica industriale nell’atto unico e nel trattato sull’Unione Negli anni ’80 si va verso un approccio di tipo “evoluzionistico” pienamente assunto nel TM. Ci si concentra sull’identificazione di catalizzatori (realizzazione del mercato unico con possibile apertura verso paesi terzi) e di acceleratori (R&ST, formazine e sviluppo delle risorse umane, dinamismo delle imprese PMI, sviluppo di reti di servizi e di cooperazioni industriali). Art 130 TM richiama all’attuazione di politiche per lo sviluppo della competitività industriale: azioni per ampliare l’estensione del mercato e per accelerare il mutamento organizzativo e tecnologico delle imprese 130F: politiche dell’innovazione e della ricerca 129: reti infrastrutturali + politiche ambientali, concorrenza, mercato unico

13 Favorire lo sviluppo di un ambiente a sostegno della crescita di soggetti imprenditoriali = favorire esternalità positive di cui le imprese si giovano Accelerare l’adattamento delle imprese e migliorare le loro potenzialità tecnologiche = interagire sui comportamenti di impresa accelerando le loro capacità di innovazione Formare reti di imprese, gruppi settoriali, reti transnazionali che forzino i processi di integrazione economica (stampo tedesco) Si supera l’intervento dirigista e si creano condizioni di crescita collettiva con l’entrata sul mercato di nuovi soggetti Gli stati membri si consultano reciprocamente in collegamento con la Commissione e per quanto è necessario coordinano le loro azioni. La Commissione può prendere ogni iniziativa utile a promuovere detto coordinamento

14 I soggetti amministrativi locali sono posti al centro, agiscono con collegamenti intergovernativi con la sussidiarietà del coordinamento comunitario Si inducono le autorità nazionali e locali ad armonizzare le loro iniziative attraverso la realizzazione di piani integrati in cui interagiscono diversi soggetti istituzionali Si disegna un ruolo dello stato in un mercato aperto che ha rilievo globale Iniziative dello stato a favore delle proprie imprese nazionali:

15 1.Divieto di imporre restrizioni sulla circolazione delle merci, delle persone, dei capitali e dei servizi 2.Fornire un sussidio diretto all’impresa per raggiungere una dimensione minima tecnica efficiente (es. fusioni tra imprese senza generare posizioni monopolizzanti) 3.Indurre mutamenti tecnologici (adozione di nuove tecnologie) per rendere competitive anche imprese di dimensioni ridotte (politiche per l’innovazione) 4.Aumentare le esternalità positive: possibilità di agire sulle relazioni esterne delle singole imprese (politiche strutturali e tecnologiche)

16 Politica industriale comunitaria anni ’70 -Aiuti di stato alle singole imprese per aumentare l’efficienza -Acquisto di macchinari per comprimere i costi di produzione -Cartelli/accordi tra imprese per ridurre la sovracapità produttiva es. smantellando impianti obsoleti o fissando quote di mercato preesistenti Politica industriale comunitaria anni ’90 -Rimozione di ogni barriera residua tra mercati nazionali -Tutela del mercato contro monopoli individuali o collettivi -Opportunità di ricerca per il rinnovo di tecnologie che garantiscano efficienza anche a imprese di dimensioni ridotte -Opportunità di ricerca per imprese in collaborazione che garantiscano la partecipazione a iniziative con elevate dimensioni minime -Collaborazioni tra imprese di paesi diversi per sfruttare conoscenze reciproche di mercati locali

17 Non si agisce più sui settori ma sul coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali La principale azione comunitaria riguarda lo sviluppo della ricerca e l’adozione di nuove tecnologie la Commissione definisce un programma quadro con specifiche per aree di ricerca Questo programma agisce nel processo di policy making degli stati nazionali che collegano a quello comunitario le loro scelte nazionali e locali Si stimolano aggregazioni di interessi con capacità di catalizzare lo sviluppo fondato sulla reciproca specializzazione produttiva Il nuovo approccio raggiunto dalla Comunità lentamente ha avuto i principali impatti sulle politiche territoriali e dell’innovazione

18 La politica industriale europea all’inizio del nuovo secolo Negli anni ’90 si passa dall’espressione di “Politica industriale” (misure verticali dell’approccio costruttivista: aiuti diretti alle imprese …) a “politica per la competitività delle imprese” (misure orizzontali dirette a tutte le imprese senza discriminazioni) Nel 2002 si riapre il dibattito sulla politica industriale in coincidenza con la deindustrializzazione delle imprese nell’unione Creazione di una Direzione delle politiche industriali nella Dg impresa e industria della Commissione Nel 2003 e 2004 la Commissione in due comunicazioni dimostra che non ci si trova di fronte ad una fase di deindustrializzazione poiché:

19 La terziarizzazione dell’economia genera opportunità per l’industria. I servizi, connessi alle attività manifatturiere, permettono di riorganizzare la produzione che viene esternalizzata (outsourcing) all’estero (global value chains) La delocalizzazione di R&S nei settori high tech nei paesi a basso costo non è un problema finché l’Europa resta centro di eccellenza sul capitale umano e le capacità di innovazione -Il problema principale è il crescente gap di produttività con gli USA, in particolare risulta insoddisfacente la performance dei settori nuovi e high tech (economia della conoscenza) (cfr grafici e tab 9.1-9.4, p.195-6) -In Europa le imprese a più alta produttività appartengono ai settori medium tech (trasporto, chimico, elettronico …)

20 L’Italia presenta livelli di intensità di R&S molto bassi mentre Svezia e Finlandia (1991/2002) diventano sistemi innovativi leader. L’intensità di R&S della Germania rimane stabile ad un livello relativamente alto (2,5%), quella del Regno Unito aumenta fino al 2,5%, al medesimo livello quella francese. Gli Usa restano tra i paesi con maggiore intensità di R&S. Nei settori high tech mancano soprattutto le grandi imprese che operano prevalentemente nei settori medium tech e hanno una produttività media più bassa di quelle americane. La specializzazione nei nuovi settori sarebbe importante perché Le tecnologie sviluppate nei nuovi settori possono trovare applicazione nei vecchi settori (aumentando produttività e efficienza) Aumenta la competitività con i paesi emergenti

21 I paesi UE hanno chiesto una riflessione sulla necessità di una politica industriale nel nuovo contesto globale (sostegno ai campioni nazionali, arresto della deindustrializzazione) L’Ue sostiene un “approccio orizzontale” senza intervento diretto e la promozione di trasformazioni strutturali e un “approccio integrato” che tenga conto delle complementarità fra misure e settori La Ue raccomanda strategie industriali con un orizzonte temporale lungo che garantiscano coerenza e integrazione tra le politiche per aumentare la competitività: Definizione dei diritti di proprietà Energia e ambiente Apertura dei mercati esterni Semplificazione legislativa Ricerca e innovazione …

22 La politica industriale europea da un lato definisce regole e vigila sulla loro attuazione dall’altro suggerisce obiettivi generali per micropolitiche industriali Il livello centrale è troppo lontano dalle informazioni dei soggetti coinvolti nei settori produttivi, pertanto le politiche industriali vanno prese a livello nazionale/regionale Il livello centrale deve definire un cammino di integrazione economica L’attuale politica industriale è definita nella strategia di Lisbona: La Ue definisce gli obiettivi generali, monitora i risultati parziali, ma non promuove e coordina un’azione comune (limite della strategia di Lisbona)

23 La strategia di Lisbona La politica industriale europea da un lato definisce regole e vigila sulla loro attuazione dall’altro suggerisce obiettivi generali per micropolitiche industriali in una visione a lungo termine confrontando esperienze nazionali (best practises) per arrivare ad un sentiero di convergenza economico e sociale Nel 2000 a Lisbona si definisce una strategia di lungo termine: “fare dell’unione entro il 2010 l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica al mondo capace di una crescita economica sostenibile con la creazione di maggiori posti di lavoro e con una coesione sociale più elevata” La strategia propone 6 misure: 1.Piano di azione e-europe: diffusione dell’uso di internet nelle amministrazioni, favorire la concorrenza nelle telecomunicazioni per un accesso a internet a basso costo

24 2.Area europea della ricerca e dell’innovazione: > coordinamento delle attività di ricerca a livello nazionale e europeo, > relazioni tra centri di ricerca e business, > ricerca privata e start ups con incentivi fiscali, > mobilità europea dei ricercatori, definizione di un brevetto europeo 3.Sostegno alla PMI e alla creazione di impresa: riduzione costi di creazione di impresa (procedure amm.ve) e programmi per l’imprenditorialità (benchmarking) 4.Completamento del mercato interno: mercato finanziario e dei servizi 5.Promozione di mercati finanziari efficienti e integrati: facilitare l’accesso delle imprese al capitale 6.Coordinamento delle politiche macroeconomiche

25 Rischio: che i paesi si mettano in concorrenza tra di loro anziché coordinarsi e collaborare Nel 2005 vengono riviste le priorità e gli obiettivi si riducono a 3: 1.Rendere l’Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro 2.Fare dell’innovazione e della conoscenza il fulcro della crescita europea 3.Politiche per creare nuovi e migliori posti di lavoro nelle imprese L’Unione deve sviluppare nuovi vantaggi comparati di fronte alla concorrenza dei paesi emergenti (Cina e India) Nel 2006 la Commissione comunica che la nuova impostazione di politica industriale deve garantire coerenza e integrazione tra le politiche nazionali

26 Il livello europeo definisce gli obiettivi di sviluppo industriale e le azioni necessarie condivise dai capi di stato nei consigli europei Politica di partenariato, collaborazione e integrazione per raggiungere un obiettivo comune nell’interesse di tutti


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