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Le dodici fatiche di Ercole

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Presentazione sul tema: "Le dodici fatiche di Ercole"— Transcript della presentazione:

1 Le dodici fatiche di Ercole
INDICE Perseo e Medusa Eco e Narciso Le dodici fatiche di Ercole Luca Giordano La morte di Adone e Morfeo agli inferi Affresco, Firenze, Palazzo Medici Riccardi

2 Perseo e Medusa

3 Medusa, il cui nome significa “guardiana, protettrice”, è una delle tre GORGONI, e l’unica mortale era una bellissima ragazza, dotata di una folta chioma che era il suo orgoglio. Ne era così fiera da commettere l’errore di considerarsi, e dichiararlo ad alta voce, più bella della dea Atena. La dea, offesissima, mutò i capelli di Medusa in un groviglio di serpenti e impose la punizione di non poter più guardare qualcuno negli occhi, perché con il suo sguardo avrebbe pietrificato chiunque. Gian Lorenzo Bernini Busto di Medusa marmo, 1630 Roma, Musei Capitolini

4 Avevano serpenti al posto dei capelli, mani di bronzo e ali d’oro.
LE GORGONI o ERINNI Mostri alati e dallo sguardo capace di pietrificare chiunque le guardasse negli occhi. Avevano serpenti al posto dei capelli, mani di bronzo e ali d’oro. Il loro aspetto è descritto diversamente dalle varie fonti: per alcuni testi antichi erano terribilmente brutte, per altri invece erano talmente belle da lasciare pietrificati Erano tre: STENO, EURIALE immortali e sempre giovani, MEDUSA invecchiava ed era mortale. Gustavo Dorè, Le erinni Incisione per illustrare la Divina Commedia

5 Gli abitanti di Sefiro salvano Danae e Perseo
Gli abitanti di Sefiro salvano Danae e Perseo. Guarda le espressioni e i gesti molto evidenti ma anche molto composti e nota la differenza nel comportamento tra donne e uomini.. Questo perché il pittore Berger appartiene al movimento del NEOCLASSICISMO, che sceglie di rappresentare proprio soggetti mitologici o storici dove gli uomini sono sempre molto fieri e seguono la ragione, mentre le donne sono sempre guidate dai sentimenti L’unico eroe in grado di uccidere Medusa, era Perseo, figlio di Danae e Giove. Acriso, padre di Danae, chiuse la figlia e il nipote in una cassa e li lasciò in balia del mare, deciso ad ucciderli, poiché un oracolo gli aveva predetto che Perseo lo avrebbe sconfitto. Madre e figlio trovarono rifugio sull’isola di Sefiro, dove il crudele re Polidette si innamorò di Danae, e incaricò Perseo di portargli la testa di Medusa, sapendo che sarebbe stata un’impresa quasi impossibile. Jacques Berger, Danae e Perseo salvati presso l’isola di Sefiro olio su tela, , Milano, Pinacoteca di Brera

6 dei sandali alati per spostarsi a gran velocità
Mercurio gli pone l’elmo in testa. Mercurio qui non ha le ali in testa ma un altro elemento a lui attribuito, il flauto che poi donò ad Apollo in cambio del caduceo, il bastone con poteri curativi attorno al quale sono avvinti due serpenti Minerva dona a Perseo lo scudo lucidissimo e glielo pone sul braccio. Lei ha l’elmo in testa, è un suo attributo, essendo la dea una combattente Gli dei Minerva e Mercurio gli donano rispettivamente uno scudo lucido come uno specchio, raccomandando all'eroe di guardare Medusa solo di riflesso e un falcetto di diamante affilatissimo, col quale l'eroe avrebbe decapitato il mostro. Ma prima di partire per l’impresa doveva recuperare tre oggetti fondamentali per riuscire nella sua impresa: dei sandali alati per spostarsi a gran velocità una sacca magica per riporvi la testa recisa l'elmo di Ade che rende invisibili Paris Bordon Perseo armato da Mercurio e Minerva olio su tela, , Birmingham (U.S.A.), Museum of Art

7 Edward Burne-Jones Perseo e le ninfe dello Stige olio su tela, 1877 Questi oggetti erano custoditi dalle ninfe dello Stige che abitavano in un luogo noto solo alle GRAIE esse erano in tre, ma disponevano di un solo occhio e di un solo dente che usavano a turno, e abitavano in un palazzo custodito da ATLANTE. Allorché Perseo le raggiunse, attese il momento dello scambio di questi due vitali strumenti e li rubò entrambi. Perseo promise di restituire il maltolto se esse gli avessero indicato dove risiedevano le NINFE DELLO STIGE. Non mantenne la promessa e dopo aver trovato le ninfe dello Stige e recuperato gli oggetti, partì per raggiungere Medusa.

8 Sono tre ed erano sorelle delle Gorgoni: PEFREDO ENIO DEINO
LE GRAIE Sono tre ed erano sorelle delle Gorgoni: PEFREDO ENIO DEINO Erano nate già decrepite e grinzose avendo però la forma di cigno. Personificano i vari gradi della vecchiaia Avevano un solo occhio e un solo dente che si scambiavano continuamente. Helen Stratton ( ), Perseo e le Graie Illustrazione

9 Guercino Atlante olio su tela, Firenze, Museo Bardini ATLANTE Era un titano e venne condannato da Zeus a sorreggere il mondo sulle spalle, come punizione per essersi ribellato agli dei con una rivolta. Era il custode del palazzo delle Graie e si rifiutò di aiutare Perseo nella sua impresa contro Medusa. Per questo Perseo lo punì pietrificandolo con lo sguardo di Medusa e lo trasformò in montagna. Atlante rientra anche nel mito di Ercole e in una delle sue dodici fatiche. Atlante era il padre delle Esperidi, custodi del giardino delle mele d’oro Ma questa è un’altra storia… Atlante Farnese copia romana in marmo di un originale greco di età ellenistica, II secolo a.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale

10 Giunse nel paese degli Iperborei, una popolazione che abitava nelle regioni fredde e spoglie del Nord. Quel luogo sembrava dominato dalla più grande desolazione e dalla più profonda tristezza: la terra, le erbe, il cielo e la natura in generale avevano un colore grigio e sinistro. La foresta nella quale si incamminò per giungere presso Medusa era pietrificata e cosparsa di strane statue color piombo rappresentanti uomini e donne in diversi atteggiamenti. Perseo si accorse subito che quelle non erano statue, ma esseri che avevano avuto la sventura di guardare il volto di Medusa. Mappa della terra fantastica di Iperborea

11 Resosi invisibile grazie all'elmo di Ade, avanzò camminando all'indietro, guardando nello scudo sorretto da Atena; quando fu abbastanza vicino al mostro da sentirne sibilare i serpenti che gli si agitavano sul capo, lo decapitò col falcetto mentre dormiva. a sinistra Benvenuto Cellini Perseo con la testa di Medusa, Bronzo Firenze, Piazza della Signoria a destra Antonio Canova Perseo con la testa di Medusa, marmo, Possagno (TV), Gipsoteca Canoviana

12 Le METOPE sono parti del tempio greco destinate alla decorazione.
Possono essere continue o intervallate da altri elementi chiamati TRIGLIFI . Si trovano nella trabeazione sopra le colonne. In origine non erano bianche come appaiono oggi, ma erano riccamente colorate, per poter essere viste bene anche da lontano. Lo scultore più celebre dell’antica Grecia fu FIDIA a cui si devono tutte le sculture del Partenone. Gli antichi greci non ritraevano le figure umano e con particolare attenzione, ma seguivano degli schemi precisi, infatti puoi vedere che gli occhi delle tre figure hanno la stessa forma. Un’altra particolarità consiste nel fatto che la testa e il busto sono sempre frontali, mentre il resto del corpo è ruotato di profili. Perseo e la Gorgone metopa del Tempio C di Selinunte, marmo, 530 a.C. Palermo, Museo Archeologico Regionale

13 Sebastiano Ricci Perseo e Medusa, olio su tela, Malibu, Getty Museum

14 Edward Burne-Jones , Pegaso e Crisaore nascono dal corpo di Medusa Illustrazione Dal collo mutilato della Medusa scaturirono un cavallo alato Pegaso e un gigante, Crisaore. Perseo sollevò la pesante testa e la depose su un telo, in segno di pietà e l'avvolse. Raccolse pure il sangue colato di Medusa, che aveva proprietà magiche: quello che era colato dalla vena sinistra era un veleno mortale, mentre quello colato dalla vena destra era un rimedio capace di resuscitare i morti. Inoltre, un solo ricciolo dei suoi capelli, mostrato a un esercito assalitore, aveva il potere di sconfiggerlo. Poi si alzò in volo con i suoi sandali alati per allontanarsi il più in fretta che poteva da quel luogo sinistro.

15 Forte della testa del mostro, ora nelle sue mani, si recò da Atlante che non aveva voluto aiutarlo nell'impresa: estratta la testa micidiale dalla sacca, lo trasformò in montagna. Caravaggio Testa di Medusa olio su tavola, c. Firenze, Uffizi

16 Rubens Testa di Medusa olio su tela, circa Vienna, Kunsthistorischen Museum Sulla via del ritorno, deviò sopra il deserto libico, dove fece cadere il dente e l'occhio delle Graie e alcune gocce del sangue di Medusa, popolando in tal modo il deserto di serpenti, scorpioni e orribili animali dotati di un veleno micidiale.

17 Si racconta anche che dalle gocce di sangue di Medusa, cadute in mare e pietrificate dal suo stesso sguardo, o cadute su alcuni ramoscelli in riva al mare, abbiano dato origine al corallo. Il cavallo alato è Pegaso, nato dal collo reciso di Medusa L’elmo alato fa capire che questa figura è Mercurio Le ninfe hanno in mano i bastoncini di corallo rosso e lo fanno proliferare gettandolo in acqua. La testa di Medusa sulla spiaggia è appoggiata ad alcuni ramoscelli che si impregnano del suo sangue, diventando rossi. Da questi nacque il corallo Scarsellino La scoperta del corallo olio su tavola, 1590 circa Londra, Galleria Matthiesen

18 Dopo aver utilizzato la testa di Medusa come arma per sconfiggere i nemici, come Fineo, Perseo la testa di Medusa ad Atena che la incastonò nella sua egida. L’egida è la corazza che Zeus fece forgiare al dio Efesto, era infrangibile e scagliava lampi. In seguito Zeus la donò ad Atena. Luca Giordano Fineo e i suoi seguaci tramutati in pietra olio su tela, 1680 Londra, National Gallery Jean-Marc Nattier Perseo, con la protezione di Minerva, pietrifica Fineo e i suoi compagni olio su tela, 1718 Tours, Musée des Beaux Arts

19 Eco e Narciso

20 Narciso era figlio di Cefiso, il dio delle acque e della , ninfa Liriope. Era un ragazzo bellissimo e la madre Liriope volle salvaguardare la bellezza del giovinetto; si recò perciò dall'astrologo Tiresia che, dopo aver consultato l'oracolo, le disse: «Narciso vivrà molto a lungo e la sua bellezza non si offuscherà. Ma il giovinetto non dovrà più vedere il suo volto.» La presenza di un’ara e di oggetti cultuali fanno pensare ad un tempio La rappresentazione del momento in cui Tiresia fa la predizione alla ninfa Liriope sul futuro di Narciso è un esempio unico. Infatti se questa parte del racconto ha avuto molto seguito nella letteratura è stato, al contrario sfortunato in ambito figurativo, perché confondibile con un altro soggetto moto diffuso e riguardante Gesù: cioè “La presentazione al Tempio” Giulio Carpioni L’indovino Tiresia e Narciso bambino  olio su tela,  Besancon, Musée des Beaux Arts et d’Archéologie

21 La profezia di Tiresia si avverò: Narciso restò per sempre adolescente, mantenendo intatta la sua bellezza che svegliava i più teneri sentimenti nelle ninfe che l'avvicinavano. Ma lo splendido ragazzo sfuggiva il mondo e l'amore e preferiva trascorrere il tempo passeggiando da solo nelle foreste sul suo cavallo oppure andando a caccia di animali selvatici. Benczúr Gyula, Narcissus olio su tela, 1881 Magyar Nemzeti Galéria, Budapest

22 Un giorno, mentre cacciava, sentì rimbalzare tra le gole della montagna una voce che si esprimeva in canti e risate, era Eco, la più incantevole e spensierata ninfa della montagna che, al solo vederlo, s'innamorò perdutamente di lui. Ma Narciso era tanto fiero e superbo della propria bellezza, che gli pareva cosa di troppo poco conto occuparsi di una semplice ninfa. Placido Costanzi, Narciso e Eco, XVIII sec. collezione privata.

23 Non così era per Eco che da quel giorno seguì il giovinetto ovunque andasse, accontentandosi di guardarlo da lontano. John William Waterhouse, Eco e Narciso olio su tela, 1903

24 L'amore e il dolore la consumarono: a poco a poco il sangue le si sciolse nelle vene, il viso le divenne bianco come neve e, in breve, il corpo della splendida fanciulla divenne trasparente al punto che non proiettava più ombra sul suolo. Affranta dal dolore si rinchiuse in una caverna profonda ai piedi della montagna, dove Narciso era solito andare a cacciare. E lì con la sua bella voce armoniosa continuò a invocare per giorni e notti il suo amato. Inutilmente perché Narciso, che pur udiva l'angoscioso richiamo, non venne mai. Alexander Cabanel Eco olio su tela,

25 Della ninfa rimasero solo le ossa e la voce
Della ninfa rimasero solo le ossa e la voce. Le ossa presero la forma stessa della cava roccia ove il suo corpo era rannicchiato e la voce visse eterna nella montagna solitaria. Da allora essa risponde accorata ai viandanti che chiamano. Ma è fioca e lontana e ripete perciò solo l'ultima sillaba delle loro parole: ha perduto la sua forza invocando Narciso, il crudele cacciatore che non volle ascoltarla. La ninfa Eco Pietra Barcellona, Parque del Laberinto de Horta

26 Narciso non ne fu affatto addolorato e continuò la sua vita appartata
Narciso non ne fu affatto addolorato e continuò la sua vita appartata. Fu allora che intervennero gli dei per punire tanta ingratitudine. Un giorno, mentre il superbo giovinetto si bagnava in un fiume, vide per la prima volta riflessa nell'acqua limpida l'immagine del suo viso. Se ne innamorò perdutamente e per questa ragione tornava di continuo sulle rive del fiume ad ammirare quella fredda figura. Caravaggio (Michelangelo Merisi, detto il) Narciso olio su tela, Roma, Galleria Nazionale d’Arte antica

27 Ma ogni volta che tendeva la mano nel tentativo di afferrarla, la superficie dell'acqua s'increspava, ondeggiava e l'immagine spariva. Una mattina, per vederla meglio, si sporse di più e di più finché perse l'equilibrio cadendo nelle acque, che si rinchiusero per sempre sopra di lui. Il suo corpo fu trasformato in un fiore di colore giallo dall'intenso profumo, che prese il nome di Narciso. François Lemoyne, Narciso, olio su tela,

28 L’opera simboleggia il mito del narcisismo, raffigurato da un Narciso che muore e si fossilizza.
In questo dipinto Dalì segue un metodo molto particolare e tipico della sua pittura, chiamata SURREALISTA, cioè pensa ad un oggetto ma ne dipinge un altro o confonde le forme, mescolandole e fondendo due oggetti insieme. Salvador Dalì, Le metamorfosi di Narciso, olio su tela, Londra, Tate Gallery Con questa scelta lui vuole unire la dimensione della realtà a quella della fantasia e soprattutto del sogno, confondendo le idee a chi guarda i suoi quadri e spingendoli ad andare sempre oltre le apparenze

29 dodici fatiche di Ercole

30 Ercole è figlio di Zeus e di Alcmena.
La dea Era, moglie di Zeus, scoperto il tradimento del marito decise di uccidere Ercole e mandò due serpenti nella culla. Ma poiché Eracle fin da bambino era dotato di una straordinaria forza riuscì a strozzare i rettili con le manine. Anonimo Ercole strangola i serpenti I secolo Pompei - Casa dei Vettii

31 Ercole è chiamato a scegliere fra due strade: quella della virtù, che prevedeva molta fatica ma tanto onore, e quella del vizio, facile ma senza gloria. Ercole scelse quella della virtù. Una donna bellissima simboleggia il vizio, fatto di tante lusinghe, di tanti inganni, rappresentati qui dalle maschere e solo di piaceri. La donna tocca un rovo di rose, simbolo dell’amore e della lussuria. Gli indica una strada in piano e molto facile da seguire, priva di fatica. La maschera a lato della donna rappresenta l’inganno Una donna che rappresenta la saggezza indica ad Ercole una strada in salita e molto faticosa che però conduce alla fama e alla gloria. Tiene in mano una tavola che è un riferimento alla sapienza. Annibale Carracci Ercole al bivio , olio su tela, 167×237 cm Napoli, Museo nazionale di Capodimonte

32 Anche qui c’è lo stesso tipo di rappresentazione, ma con qualche differenza
Niccolò Soggi, Ercole al bivio, XVI secolo La via della virtù è indicata da una donna anziana con una veste molto semplice. La strada è sempre in salita e battuta da uomini saggi diretti ad un tempio. Il tempio della gloria e della fama eterna, di cui sono degni solo gli uomini che accettano la fatica e la affrontano con coraggio La via del vizio, del piacere, degli svaghi è indicata da una donna giovane con abiti preziosi ed è battuta da giovani interessati solo ai piaceri della vita e al gioco, poco propensi alla fatica e all’impegno, necessari per vivere una vita degna d’onore. Al termine della via vi è un fuoco nel quale chi non è degno finisce svanendo e diventando fumo .

33 Ercole si era sposato con Megara e con lei ebbe dei figli
Ercole si era sposato con Megara e con lei ebbe dei figli. Sembrava una vita serena ma Era continuava a nutrire verso di lui un odio profondo, per questo dopo i serpenti dell’infanzia gli mandò un’altra sventura: lo fece impazzire. Durante la pazzia Ercole uccise i suoi figli e Megara a sua volta impazzi per il dolore (in altre versioni del mito anche lei venne uccisa da Ercole impazzito) Antonio Canova Ercola saetta i figli 1799, olio su carta Bassano del Grappa, Museo Civico Antonio Canova è straordinario nel rappresentare lo stato d’animo dei personaggi attraverso le espressioni e i gesti carichi di enfasi. Guarda il bambino terrorizzato che si aggrappa alla gamba di suo papà Ercole Antonio Canova è conosciuto soprattutto come grandissimo scultore ma ha realizzato anche alcune opere pittoriche. Questo è un bozzetto per realizzare poi un’opera scultorea più complessa.

34 Antonio Canova Ercola saetta i figli 1799, modelletto in cera Venezia, Museo Correr Antonio Canova realizza lo stesso soggetto con differenti tecniche. Gli studi preparatori in cera sono molto rari, perché gli artisti dopo aver realizzato l’opera definitiva tendevano a distruggerli e a riutilizzare la cera Il modelletto in cera era di dimensioni ridotte rispetto a quella che sarebbe dovuta essere la versione definitiva in marmo. Dopo il disegno su cui l’artista fissava l’idea, veniva modellata la versione in cera. In seguito si realizzava la versione in gesso, a dimensioni reali e su questo si fissavano i riferimenti (nei modelli in gesso spesso ci sono dei chiodi, questi servivano come guida per scolpire la statua nel marmo con le giuste proporzioni) La grande innovazione introdotta da Antonio Canova è quella di mettere in primo piano i corpi senza vita dei figli uccisi.

35 Antonio Canova Ercola saetta i figli 1799, matita su carta Bassano del Grappa , Museo Civico Il disegno era il primo passo per definire la composizione, per scegliere la posizione delle figure, le loro espressioni e la loro collocazione nel gruppo d’insieme, per creare un lavoro equilibrato e di immediata comprensione In questo gesso Canova utilizza insieme vari tipi di rilievo: Ercole è realizzato a bassorilievo con una marcata evidenza del chiaroscuro (la differenza tra parti in luce e in ombra) Megara è a bassorilievo senza chiaroscuro e con l’abito a stiacciato. Lo sfondo è realizzato a stiacciato con le figure che emergono pochissimo dal fondo Antonio Canova Ercola saetta i figli 1799, gesso Possagno, Gipsoteca Canoviana

36 Dopo questo gesto di follia e tornato in sé Ercole si pentì di quanto commesso e cercò di espiare la sua colpa. Per questo si recò dall’oracolo di Delfi che gli ordinò di mettersi al servizio del cugino Euristeo, re di Tirinto. Euristeo, su suggerimento di Era, obbligò Ercole a sottoporsi alle dodici fatiche. Euristeo si nasconde in una giara Part. da un vaso attico a figure rosse di Olto, ca. 510 a.C., Louvre, Parigi Daniel Sarrabat Ercole porta ad Euristeo la cintura delle amazzoni olio su tela, 1700 c. Lione

37 Ercole contro il leone di Nemea Scultura, pietra
Anonimo Ercole contro il leone di Nemea Scultura, pietra Colonia, Museo Romano-Germanico Il leone invulnerabile, inviato a Nemea da Era per distruggere Eracle. Nessuna arma poteva ferire la sua pelle, e le zanne e gli artigli erano resistenti come il metallo. Il popolo di Nemea era terrorizzato dal leone perché attaccava e sbranava uomini e greggi. Ercole trovò il leone ma capì che né la spada né le frecce erano efficaci decise di affrontarlo a mani nude. Dopo avere ucciso il Leone di Nemea, Eracle fece della sua pelle un'armatura invincibile. Il leone Nemeo fu posto da Zeus tra i segni dello zodiaco, dove formò la costellazione del leone 37

38 Antonio Pollaiolo Ercole e l'Idra di Lerna olio su tela, 1475 La seconda delle dodici fatiche  fu l'uccisione dell'IDRA DI LERNA, mostro con nove teste di serpente. L'impresa dell'eroe era il simbolo della lotta tra il bene e il male, tra il vizio e la virtù. Infatti si pensava che l'uomo era per natura rivolto al bene, ma spesso tentato dal pericolo di seguire l'istinto e cadere nel male. Pollaiolo raffigurò solo due teste, e una già tagliata. Ercole è in primo piano con i suoi attributi iconografici, la pelle e la clava. Sullo sfondo il paesaggio che si perde in lontananza, è dipinto con la prospettiva a volo d'uccello. Evidente è anche il movimento nella leonté (la pelle del leone) che copre la testa a cappuccio ed è legata in vita, e si gonfia col vento creando un arco Pollaiolo definisce anche molto bene i muscoli di Ercole che fanno capire lo sforzo

39 Anonimo Ercole abbatte la cerva di Cerinea Fontana romana, sec. I a.C. Vicino alla Cerinea viveva una cerva, dalle corna d'oro e dagli zoccoli d'argento e di bronzo, che incantava chi la inseguiva, trascinandolo in un paese dal quale non sarebbe più tornato. Era sacra e non poteva essere versato il suo sangue così l'eroe la inseguì per un anno, fino a quando decise di ferirla leggermente con una freccia, in un punto della gamba cartilagineo, quindi privo di vasi sanguinei; poi caricandosela sulle spalle la riportò in patria. Lungo la strada del ritorno incontrò Artemide, infuriata con lui a Ercole riuscì a calmarla e ottenne da lei il permesso di portare la cerva ad Euristeo per poi lasciarla nuovamente

40 Nella Mitologia greca, il Cinghiale di Erimanto era un poderoso e ferocissimo cinghiale che viveva sul monte Erimanto e che terrorizzava tutta la regione: Eracle lo catturò vivo e lo portò ad Euristeo che per la paura si nascose in una botte. La sua cattura fu la quarta delle Dodici fatiche di Eracle. Ercole consegna il cinghiale ad Euristeo che si nasconde Anfora attica a figure nere, a.C. Ercole colpisce il cinghiale al cospetto del dio Hermes Anfora attica a figure nere c. a.C. Questi vasi presentano una decorazione a figure nere. Le figure venivano dipinte sulla superficie del vaso con un impasto di acqua e argilla arricchita di ossidi di ferro; a seguire si aggiungevano, tramite incisione, i dettagli delle figure, che venivano ad essere costituiti dall'emergere del colore proprio del fondo. L'ultima fase era il processo di cottura, con la quale gli ossidi di ferro assumevano un colore nero lucido.

41 Augia era il re dell'Elide, nel Peloponneso e aveva ricevuto dal padre Helios moltissimo bestiame che grazie all'origine divina non si ammalava e cresceva senza sosta. Augia non puliva mai le stalle e le scuderie, tanto che il letame si accumulava e creava seri problemi insieme agli sciami di mosche attirate dalla sporcizia. La quinta impresa delle fatiche di Eracle consistette nella pulizia delle stalle in un solo giorno, su ordine di Euristeo. Eracle propose al re Augia che avrebbe ripulito lo sterco dalle sue enormi stalle prima del calar del sole. In cambio gli chiese un decimo di tutto il suo bestiame. Il re incredulo accettò la scommessa e i due giurarono sul loro accordo. Ercole e Augia Metopa del Tempio di Zeus di Olimpia a.C. Olimpia, Museo Archeologico

42 Allora Eracle aprì due brecce nei muri delle stalle, e deviò il corso dei vicini fiumi Alfeo e Peneo e le acque impetuose invasero le enormi stalle e i cortili spazzando via lo sterco fino alle valli del pascolo. Così Eracle compì la sua quinta fatica ripulendo l'intera terra dell'Elide senza nemmeno sporcarsi. Allora Eracle chiese al re Augia la ricompensa promessa, ma questi rifiutò sostenendo di essere stato da lui ingannato: non Eracle bensì i fiumi avevano ripulito dallo sterco il suo regno. Eracle chiese che la controversia fosse sottoposta a giudizio che però fu a suo svantaggio e venne scacciato dall'Elide. Ercole devia il corso dei fiumi per pulire le stalle di Augia Mosaico romano del sec. III d.C Valencia, Museo Nazionale Archeologico

43 Infine Euristeo non considerò valida la fatica poiché Eracle ne avrebbe ricevuto un compenso.
Secondo un'altra versione, la lite che seguì alla mancata ricompensa per il lavoro svolto portò alla guerra: Eracle vinse e Augia fu ucciso. Lorenzo Mattielli lavorò al palazzo della cancelleria realizzando grandi sculture rappresentanti le dodici fatiche di Ercole collocate ai lati dei vari ingressi del palazzo Lorenzo Mattielli, Ercole uccide Augia 1729, marmo, Hofnurg, Palazzo della Cancelleria

44 Nella mitologia greca gli uccelli del lago Stinfalo erano uccelli mostruosi, con penne, becco ed artigli di bronzo. Essi si nutrivano di carne umana e catturavano le loro vittime trafiggendole con le loro penne di bronzo che fungevano da dardi. Avevano inoltre un finissimo senso dell'udito cosa che Eracle sfruttò per sconfiggerli. Ercole e gli uccelli di Stinfalo Anfora attica a fig. nere, 400 circa a.C. In una fase successiva di sviluppo della pittura su ceramica, alle figure nere e alle incisioni per definire i dettagli, si aggiungono i colori bianco e rosso per arricchire le composizioni.

45 La caccia agli uccelli del lago Stinfalo costituì la quinta delle dodici fatiche di Eracle. Secondo il mito, Eracle fece alzare in volo gli uccelli disturbandoli con dei potentissimi sonagli di bronzo e uccidendone una buona parte con delle frecce avvelenate con il sangue dell'Idra di Lerna. Gli uccelli sopravvissuti volarono via per sempre. Dürer per rendere ancora più comprensibile la lettura dell’opera anche a chi non conosceva bene la mitologia dipinge come ancora più mostruosi gli uccelli, ritraendoli con la coda di serpente, il busto di donna, gli artigli da belva feroce. Dovrebbero fare paura eppure sono loro ad essere spaventate da Ercole che le sta per colpire Albrecht Dürer Ercole e gli uccelli di Stinfalo tempera su tela, 1500 Norimberga, Germanisches Nationalmuseum

46 Il Toro di Creta era enorme e possedeva la capacità di soffiare fuoco dalle narici. Era il padre del Minotauro. Il re di Creta, Minosse, concesse a Ercole di portare via il feroce animale, poiché aveva creato problemi a Creta. Eracle riuscì a catturarlo vivo stordendolo con le mani, e lo portò con sé ad Atene. Qui Euristeo avrebbe voluto sacrificare l'animale ad Era, ma lei che odiava Eracle rifiutò il sacrificio, per non riconoscerne la gloria. Il toro fu quindi lasciato libero di vagare, finché si fermò a Maratona, diventando noto come "toro di Maratona" Ercole abbatte il toro di Creta. Mosaico romano del sec. III d.C Valencia, Museo Nazionale Archeologico

47 Johann Gottfried Schadow
Eracle cattura le giumente di Diomede, terracotta, 1790, Berlino, Skulpturensammlung. Le cavalle di Diomede, gigante re della Tracia e figlio di Ares e Cirene, erano quattro, bellissime, indomabili e molto feroci, alcune fonti narrano che sputavano fuoco dalla bocca. Si nutrivano della carne umana dei soldati caduti in battaglia ma quando non c’era la guerra Diomede organizzava ogni giorno una festa per poi dare i suoi ospiti in pasto alle cavalle. Euristeo incaricò Eracle di rubare le cavalle. Sapendo di non riuscire da solo nell’impresa portò con sé Abdero e altri giovani. Insieme riuscirono o rubare le cavalle ma vennero rincorsi da Diomede. Questo rilievo in terracotta è un modello per uno dei tondi di marmo che decorano uno dei monumenti più importanti di Berlino, la Porta di Brandeburgo. Anche qui si possono vedere il bassorilievo per il corpo di Ercole e lo stiacciato per le cavalle in prospettiva.

48 Per fuggire Eracle decise di affidare le cavalle, di cui non conosceva la ferocia, ad Abdero mentre lui si incaricò di uccidere Diomede. Lui riuscì nell’impresa ma Abdero venne divorato dalle cavalle. Per la disperazione Eracle diede in pasto agli animali Diomede e per rendere omaggio alla memoria dell’amico, sulla sua tomba fondò la città di Abdera. La leggenda volle poi che Bucefalo, il cavallo di Alessandro Magno, fosse un discendente di tali cavalle. Gustave Moreau Abdero divorato dalle cavalle di Diomede olio su tela, 1870 New York, French & Company Gustave Moreau Diomede divorato dalle sue cavalle olio su tela, 1865 Rouen, Musée des Beaux-Arts

49 Ippolita era la regina delle Amazzoni, donne guerriere abilissime a cavallo e con l’arco, che uccidevano tutti gli uomini che si avvicinavano. Euristeo impose ad Ercole di rubare la cintura di Ippolita, per donarla a sua figlia Admeta. Era un’impresa impossibile ma arrivato nelle terre delle Amazzoni Eracle, insieme ai suoi uomini, venne ben accolto da Ippolita e dalle Amazzoni. Dopo averle raccontato la sua storia Ercole ottenne da Ippolita la promessa del donò della cintura. Ma … Eracle contro le Amazzoni Anfora attica a figure nere, c. 520 a.C. ,  New York, Metropolitan Museum of Arte

50 Un’altra fonte racconta che Ippolita scappò e si sposò con Teseo.
Era, sempre più nemica di Eracle, istigò le Amazzoni convincendole che Eracle voleva rapire la loro regina. Le Amazzoni si armarono per uccidere Eracle e i suoi uomini. Nello scontro Ippolita morì, uccisa dallo stesso Eracle che le rubò la cintura. Un’altra fonte racconta che Ippolita scappò e si sposò con Teseo. Questo pittore attivo in Olanda si era specializzato in scene bibliche o mitologiche mentre i suoi contemporanei si dedicavano a scene di vita quotidiana. Era molto diverso anche nello stile che riprende il colore e le forme morbide Rembrandt. Nicolaus Knupfer Ercole si impossessa della cintura di Ippolita olio su pannello, 1650 c., San Pietroburgo, Hermitage

51 Gerione era un fortissimo gigante con tre teste, tre busti e due sole gambe ed era re dell'Isola dell' Eritea. Possedeva dei bellissimi buoi rossi, consacrati ad Apollo e protetti dal cane a due teste Ortro e dal semidio Euritione, figlio di Ares. Ortro era fratello di Cerbero, di Chimera e dell’Idra. Fu il padre della Sfinge e del Leone di Nemea. Aveva due teste e un serpente come coda. La cattura dei buoi fu ordinata da Euristeo. Avuto l’incarico Eracle partì e vide la barca dorata di Helios e se la fece dare in prestito. Gerione e Ortro Lato B di un attico a figure nere, ca. 540 a.C. da Vulci. Parigi, Bibliothèque Nationale de France

52 Arrivò nell'isola di Gerione e uccidendo il mostro si prese i buoi
Arrivò nell'isola di Gerione e uccidendo il mostro si prese i buoi. Era arrabbiata mandò uno sciame di mosche a uccidere i buoi ma Eracle affrontò pure loro e vinse. Questo dipinto è di immediata comprensione poiché tutti i personaggi sono perfettamente riconoscibili, inoltre nella parte in alto a sinistra compare la scritta: STERNIT GERYONEN BOBVSQVE POTITVR IBERIS Lucas Cranach il Vecchio Ercole cattura il bestiame di Gerione olio su tavola, post 1537., Braunschweig, Herzog Anton Ulrich Museum

53 (Egle, Aretusa, Esperia ), figlie del titano Atlante.
Michiel de Bos Ercole e Altante Arazzo, Monaco, Bayern Verwaltung der Staatlichen Schlosser Euristeo impose ad Ercole di rubare i pomi d’oro che si trovavano nel giardino delle Esperidi. Il  giardino delle Esperidi  era custodito dal drago Ladone e dalle tre sorelle Esperidi  (Egle, Aretusa, Esperia ), figlie del titano Atlante. Eracle si offrì di reggere il cielo al posto di Atlante purché egli gli portasse i frutti. Successivamente Atlante tornò da Eracle, ma ora che aveva apprezzato la libertà dal dovere di sostenere il cielo, disse ad Eracle che non avrebbe più voluto riprenderlo. L'arazzo è una forma di arte tessile. È realizzato a mano e destinato a rivestire le pareti. Il termine italiano "arazzo" deriva dal nome della città francese di Arras, dove, nel Medioevo, venivano realizzati gli arazzi più belli Una curiosità: sul tetto del Radcliffe Observatory, Green Templeton College, c’è una statua di John Bacon raffigurante Atlante che regge il mondo

54 Albert Herter Il giardino delle Esperidi XIX sec., olio su tela Amburgo, Hamburger Kunsthalle Le Esperidi erano tre ninfe bellissime secondo il mito figlie della Notte e per questo considerate la personificazione delle nubi al tramonto Edward Burne-Jones Il giardino delle Esperidi circa, tempera, guazzo e olio su tela su cartone Amburgo, Hamburger Kunsthalle

55 Braunschweig, Herzog Anton Ulrich Museum
Lucas Cranach Ercole ruba i pomo d’oro Post 1537, olio su tavola Braunschweig, Herzog Anton Ulrich Museum Eracle, essendo stato giocato, decise di usare l'astuzia: disse che, se avesse dovuto reggere il cielo per mille anni (come aveva fatto il titano), si sarebbe dovuto sistemare meglio il carico sulle spalle e chiese quindi ad Atlante di reggergli il fardello per un momento. Egli ingenuamente accettò (lasciando a terra le mele rubate) cadendo nel tranello di Eracle il quale legò il titano e, una volta prese le mele, fulmineo corse a consegnarle a Euristeo. Questo dipinto appartiene alla serie realizzata da Cranach il vecchio e come le altre presenta un’iscrizione: HESPERIDVM CAESO MALA DRACONE RAPIT

56 1634, olio su tavola, Madrid, Museo del Prado
Cerbero  era uno dei mostri a guardia dell'ingresso degli inferi, su cui regnava il dio Ade. È un mostruoso cane a tre teste, le quali simboleggiano la distruzione del passato, del presente e del futuro. Tutto il suo corpo era ricoperto di velenosissimi serpenti, che ad ogni suo latrato si rizzavano, facendo sibilare le proprie orrende lingue. Il suo compito era impedire ai vivi di entrare ed ai morti di uscire. Cerbero è fratello dell'Idra, di Ortro e della Chimera. Nessuno è mai riuscito a domarlo, tranne Eracle e Orfeo. Questo pittore spagnolo pone una grandissima attenzione all’anatomia di Ercole, poiché riprende lo stile di un importante pittore italiano CARAVAGGIO, che con l’uso della luce radente e direzionale fa emergere dal fondo scuro le figure Le fiamme sullo sfondo rappresentano gli inferi di cui Cerbero era il custode Francisco de Zurbaràn, Ercole e Cerbero 1634, olio su tavola, Madrid, Museo del Prado

57 Nell'ultima e più dura delle sue dodici fatiche, Eracle è costretto a combattere e sconfiggere il feroce cane Cerbero per portarlo a Micene da Euristeo. L'eroe non lo uccide, ma dimostra di averlo sconfitto in combattimento. Dopo aver ottenuto da Ade, il dio degli inferi, il permesso di portarlo via (a condizione di combatterlo da solo e senza armi) Eracle incatenò il mostro e lo portò con sé a Tirinto, dopo di che lo ricondusse nuovamente nell'Ade dove Cerbero tornò ad esserne il guardiano. Ercole consegna Cerbero ad Euristeo Hydra a figure nere, c. 525 a.C Parigi, Musée du Louvre

58 La lunga storia di Eracle finisce nell'Olimpo, dove egli visse con gli immortali per poi diventare una costellazione. Gerardo Mercatore Globo (ds) Costellazione di Ercole (sn) 1551 Urbino, Museo Civico


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