La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

LA MATEMATICA ED IO. LA MATEMATICA ALLA SCUOLA PRIMARIA Non ho ricordi della matematica alla scuola dellinfanzia, perciò il mio primo vero incontro con.

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "LA MATEMATICA ED IO. LA MATEMATICA ALLA SCUOLA PRIMARIA Non ho ricordi della matematica alla scuola dellinfanzia, perciò il mio primo vero incontro con."— Transcript della presentazione:

1 LA MATEMATICA ED IO

2 LA MATEMATICA ALLA SCUOLA PRIMARIA Non ho ricordi della matematica alla scuola dellinfanzia, perciò il mio primo vero incontro con questa disciplina avvenne nella scuola primaria. In prima elementare ricordo che la maestra Suor Clara per farci conoscere la matematica aveva appeso in classe dei cartelloni rappresentanti i numeri dall1 al 10 disegnati e colorati in modo particolare tale per cui l1 e il 2 sorridevano, il 3 dormiva e così via.

3 Mi ricordo che mio papà per farmi esercitare prendeva il mazzo di carte e girandole una alla volta mi domandava che carta avesse in mano. Un secondo scopo di questi cartelloni era farci contare in modo progressivo e Un secondo scopo di questi cartelloni era farci contare in modo progressivo e regressivo, con lutilizzo di una bacchetta di plastica allungabile, la maestra indicava alla classe un numero e la sequenza che avremmo dovuto seguire. Mi ricordo che la matematica in questi primi anni mi piaceva anche perché utilizzavamo i Regoli, dei bastoncini (così li chiamava la maestra) di diverso colore a seconda del numero che rappresentavano. Con i Regoli ho cominciato a imparare la somma: cioè che un numero poteva comporsi con lutilizzo di più numeri, ad esempio che il bastoncino numero 6

4 corrispondeva a due bastoncini numero 3 o da un bastoncino numero 4 assieme ad un bastoncino numero 2. In seconda elementare ho imparato laddizione e la sottrazione. Queste due operazioni mi son da subito piaciute: ero molto partecipe alla lezione, chiedevo alla maestra la possibilità di svolgere le addizioni utilizzando labaco, (o il Pallottoliere come lo chiamava la mia maestra) non avevo difficoltà nelleseguirle per cui ero molto rapida rispetto ai miei compagni. Le moltiplicazioni, nonostante le risolvessi con molta lentezza, mi affascinavano molto, Le moltiplicazioni, nonostante le risolvessi con molta lentezza, mi affascinavano molto, soprattutto se erano a più cifre decimali, anche le divisioni a una sola cifra mi piacevano anche se percepivo una maggior fatica nelleseguirle.

5 Le tabelline erano la mia passione! Anche perché mio papà quando tornavo a casa me le faceva ripetere come se stessi cantando una canzone. Mi ricordo che mi ripeteva sempre: Le tabelline vanno sapute cantate. Quando però, in terza elementare, da divisioni con una sola cifra si passò ai numeri decimali iniziarono le note dolenti. Ricordo che non capivo le spiegazioni della maestra, che per quanto le riprendessi a casa con mia mamma (che mi aiutava a fare i compiti) continuavano ad essermi estranee. Anche tuttoggi quando aiuto una bambina delle elementari a fare i compiti di matematica, quando si arriva alle divisioni sento ancora quella stessa fatica.

6 Lunico aspetto delle divisioni che mi piaceva era dividere e moltiplicare i numeri naturali per 10, 100, 1000. Sempre collegato alle operazioni mi piacevano la proprietà commutativa e associativa nella addizione e nella moltiplicazione, la proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma, e la proprietà invariantiva nella sottrazione e nella divisione. Ma laspetto più odioso della matematica per me erano i problemi. Non capendo il grafico, che riassumeva i passaggi per arrivare al risultato, non riuscivo neanche a impostare il problema e di conseguenza nemmeno a risolverlo.

7 Soprattutto nel momento in cui cerano delle incognite e mancavano dei dati per quanto mi sforzassi a trovare delle soluzioni finivo per domandare alla maestra che mi impostava il problema e il grafico e io concludevo solo facendo i calcoli delle operazioni. Quando la maestra si stancava di impostarmi i problemi, allora, copiavo dai miei compagni di banco le soluzioni. Quando si parla di matematica, di conseguenza si parla di geometria. I primi anni mi ricordo che per farci localizzare gli oggetti nello spazio e quindi usare correttamente i termini davanti/dietro, sopra/sotto, destra/sinistra, vicino/lontano, dentro/fuori la maestra facendoci prendere degli oggetti come lastuccio, o la penna ci

8 chiedeva di metterli a seconda delle varie posizione. Questa attività mi piaceva molto ma soprattutto, una volta identificate alcune figure geometriche piane e solide, la maestra ci faceva realizzare e rappresentare graficamente simmetrie mediante piegature, ritagli e disegni. Un vero e proprio divertimento per me era costruire con tecniche e materiali diversi, alcune semplici figure geometriche solide per conoscere il numero dei vertici, degli spigoli e delle facce. Quando nella spiegazione si arrivò a definire e a calcolare il volume, larea e il perimetro delle figure geometriche ricordo che facevo molta fatica ad applicare le formule nei problemi e di conseguenza a risolverli.

9 Alla fine dei cinque anni di scuola primaria, entravo nelle medie da una parte desiderosa di conoscere e apprendere cose nuove dallaltra con un forte pregiudizio nei confronti della matematica, dovuto non solo dalla fatica e dalle difficoltà che avevo ma anche dallincapacità della mia maestra nellaiutarmi e nel suggerirmi un modo diverso di affrontare la matematica che ai miei occhi stava diventando un vero e proprio ostacolo da evitare in tutti i modi. Gli unici che non mi hanno mai evitato la fatica e mi hanno spronato fino al liceo a prendere sul serio la matematica, nonostante le numerose fatiche, facendomi prendere ripetizioni nel corso degli anni sono stati i miei genitori.

10 … ALLE MEDIE … Arrivata alle medie avevo una grossa aspettativa: desideravo che la matematica non fosse più un macigno da portare per altri tre anni. Purtroppo si verificò il contrario: il programma diventava più complesso e su tre anni cambiai tre professori, i quali avevano metodi di insegnamento diversi tra loro per cui ogni anno si ripartiva da capo nel programma dando per scontate molti contenuti svolti in precedenza. Al primo anno si instaurò un bellissimo rapporto con la professoressa di matematica che notò subito in me alcune lacune e difficoltà tanto da seguirmi attentamente negli esercizi, nello studio della teoria. Nonostante questo la maggior parte delle verifiche si risolveva con un quasi sufficiente.

11 Alla fine del primo anno la professoressa fu sostituita da unaltra docente. Il rapporto cambiò radicalmente: era una donna più anziana e molto severa. Lo studio della matematica si trasformò in una fuga dalla matematica, non facevo i compiti a casa, copiandoli in classe il mattino dopo, non ascoltavo le lezioni che per me risultavano inutili in quanto spreco di tempo e continuavo a portare voti non sufficienti a casa. Mia mamma compresa la situazione andò più volte a parlare con la professoressa delle mie difficoltà e del fatto che mi stessi arrendendo nello studio. La situazione non cambiò di molto se non che fui affiancata nello studio da un ragazzo universitario che riprendeva gli argomenti svolti in classe e mi faceva fare numerosi esercizi.

12 L'ultimo anno di scuola arrivò un nuovo professore di matematica con il quale si instaurò un bellissimo rapporto, mi seguì passo a passo cercando di sostenermi nello studio riprendendo più volte gli argomenti spiegandoli ogni volta in modo diverso finchè non comprendevo pienamente la regola e mi dava esercizi in più da fare durante le ripetizioni per poterle applicare. Nonostante questa attenzione nei miei confronti non riuscivo ancora a vedere qualcosa di interessante nella matematica o almeno qualcosa che mi incitasse a non arrendermi di fronte alle difficoltà.

13 … AL LICEO... In seguito al colloquio con il professore di matematica, i miei genitori mi suggerirono un liceo dove non fosse presente troppa matematica, la chimica e la fisica, perciò entrai in un istituto tecnico commerciale. Il primo anno fu davvero impegnativo la matematica assunse l'aspetto analitico che mi costò il debito a fine anno. Il problema questa volta non fu dato dalla difficoltà di comprensione ma dai troppi errori di distrazione che commettevo nei compiti in classe. Questi miei continui insuccessi non facevano altro che abbattermi e mi portavano a fare i compiti per casa malamente o a non farli proprio. Nelle vacanze di Natale però i miei amici mi proposero di fare una vacanza-studio;

14 Dopo questi giorni dove mi concentrai solo sul compito di matematica seguita da un mio amico, tornai a scuola e presi per la prima volta 8 nella verifica. La mia professoressa si stupì di questo voto e mi incitò a continuare a studiare con questo mio amico. Credo anche che questo voto cambiò il giudizio che aveva su di me la professoressa, perchè non ero più Brasca voto 5 ma una ragazza che se aiutata con costanza poteva raggiungere grandi voti. Così entrai nel secondo anno, superando il debito, e credendo che la strada non sarebbe stata ancora in salita perchè quell'unico 8 era sempre il punto di partenza dello studio della matematica.

15 Il terzo anno cambiò la professoressa che fu un vero e proprio dono. Nel corso di 13 anni fu l'unica a dirmi che per applicare una regola all'esercizio bisogna partire dal motivo per cui è stata creata dai matematici e come deve essre usata. Introdusse la prima lezione quindi con la storia della matematica facendoci vedere per esempio come Pitagora fu arrivato a scoprire il suo teorema sui lati e l'ipotenusa e molto altro che allora io non conoscevo. Scoprire le ragioni per cui uomini comuni, a seconda delle necessità del loro tempo, avessero creato dei veri e propri sistemi matematici per soddisfare bisogni quotidiani, mi fece appassionare allo studio della matematica, che rimaneva sempre una difficoltà, ma non così distante come la sentivo prima.

16 Tuttavia questa mia previsione non si rivelò del tutto esatta anche perchè con l'intensificarsi del programma di analitica si aggiungeva la geometria. Non più lo studio di forme piane e il calcolo dell'area o del perimetro ma l'inizio di problemi con ipotesi e tesi da verificare tramite un procedimento in base alle conoscenze delle regole. Questo fu per me lo scoglio più grande. In un primo momento vedevo la difficoltà nell'arrivare a risolvere il problema, ma quando si parlò di quesiti più complessi i miei voti s'inabissarono e quell'8 diventò solo un puro ricordo. Conclusi l'anno con un altro debito, che però riuscì a saldare grazie al lavoro di ripresa e di esercizi svolti durante le vacanze.

17 La nuova docente era una donna giovane alle prime armi e soprattutto era una supplente. Queste sue caratteristiche e la sua mancanza di polso permise ai miei compagni ed io un anno di scuola senza fare matematica. Riuscivamo a programmarci le interrogazionu, e di conseguenza a preparrci, a fare pochissimi compiti in classe, copiando la maggior parte delle volte e fare in modo che la lezione durasse massimo mezz'ora. Quell'anno lo conclusi senza debito di matematica con grande felicità ma dimenticandomi completamente degli altri due anni che mi aspettavano e dei possibili docenti che sarebbero arrivati.

18 Con questa professoressa diventai più diligente nel fare i compiti a casa, rimanevo molto concentrata durante le lezioni che seguivo animatamente ponendo numerose domande finchè non riuscivo a capire pienamente. La geometria che per me era un buco nero cominciò a far intravedere un po' di luce tanto da arrivare a prendere numerose sufficicienze che mi spronarono a continuare sempre di più a fare bene. Purtroppo anche questa professoressa dovette lasciare la cattedra ad un'altra docente per entrare in maternità e questo mi provocò un po' di ansia perchè intuivo che avrei dovuto ricominciare tutto da capo sia nel rapporto con la nuova professoressa sia nel rapporto con la matematica.

19 Il quart'anno ci venne affidato un nuovo supplente, che si rivelò un vero disastro. Si presentava come un vero e proprio genio della matematica, che purtroppo non era fatto per l'insegnamento. Le sue lezioni, infatti, erano la dimostrazione della sua intelligenza nel risolvere i problemi senza però farli svolgere ai noi studenti. Fortunatamente la preside si rese conto della mancanza dei voti e dopo aver parlato con i rappresentanti di classe lo licenziò. Rimanemmo senza insegnante di matematica per un mese intero, finchè non giunse un'altra supplente che riprese in mano il programma ma non la situazione della classe.

20 … OGGI … Il mio rapporto con la matematica oggi prevede un forte pregiudizio ma sono convinta che entrare in una classe di prima elementare e comunicare a quei bambini quanta fatica ho fatto e che cosa penso sia la matematica, ovvero, un grande ostacolo non sia giusto. Credo che loro debbano incontrare la matematica con grande curiosità e aspettative, che si trovino davanti una maestra che li sproni di fronte alle difficoltà, che gli faccia conoscere le ragioni per cui lo studio della matematica diventi una vera e propria passione. Per questo ho la grande pretesa che questo corso mi sia daiuto per rivalutare la matematica ma anche per poterla comunicare con serietà a quelli che saranno i miei futuri studenti.


Scaricare ppt "LA MATEMATICA ED IO. LA MATEMATICA ALLA SCUOLA PRIMARIA Non ho ricordi della matematica alla scuola dellinfanzia, perciò il mio primo vero incontro con."

Presentazioni simili


Annunci Google