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Determinazione cromosomica del sesso

Copie: 1
ASSOCIAZIONE F2F2 Gameti pr vg 100% pr + vg + 50%pr + pr vg + vg 25% +25% pr vg 50%pr pr vg vg 25% +25% pr + pr + vg + vg + pr pr vg vg P F 1 pr + pr vg.

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Presentazione sul tema: "Determinazione cromosomica del sesso"— Transcript della presentazione:

1 Determinazione cromosomica del sesso
XY XX ZW ZZ ½ W e ½ Z tutti Z ½ Y e ½ X tutti X In alcune specie il sesso è determinato dalla combinazione di una coppia speciale di cromosomi: i cromosomi sessuali (o eterocromosomi: gli altri cromosomi di quella specie si chiamano autosomi); in uno dei due sessi i cromosomi sessuali sono uguali fra loro (sesso omogametico); nell’altro uno dei due cromosomi è uguale a quello presente nel sesso omogametico, l’altro è diverso (sesso eterogametico); nei mammiferi, nelle mosche e in altri organismi il sesso eterogametico è il sesso maschile; il cromosoma presente anche nel sesso omogametico in questi organismi viene chiamato cromosoma X; il cromosoma presente solo nel sesso eterogametico viene chiamato cromosoma Y; negli uccelli, nelle farfalle e in altri organismi il sesso eterogametico è il sesso femminile; il cromosoma presente anche nel sesso omogametico in questi organismi viene chiamato cromosoma Z; il cromosoma presente solo nel sesso eterogametico viene chiamato cromosoma W; talvolta il cromosoma Y o W manca; allora i maschi sono X0 e, rispettivamente, le femmine sono Z0. La distribuzione dei cromosomi nella meiosi del sesso eterogametico garantisce che la metà della progenie sarà maschile, l’altra metà femminile. ½ XY ½ XX ½ WZ ½ ZZ

2 Eredità legata al sesso
XW XW Xw Y P Xw Xw XW Y P XW Xw XW Y F1 XW Xw Xw Y F1 Gameti XW 1/2 Y /2 XW 1/2 XWXW 1/4 XWY Xw 1/2 XwXW Xw Y Gameti Xw 1/2 Y /2 XW 1/2 XWXw 1/4 XWY Xw 1/2 XwXw Xw Y Lo studio dei geni collocati sui cromosomi sessuali ha portato alla validazione definitiva della teoria cromosomica dell’eredità, consentendo di verificare la perfetta coerenza tra le modalità di segregazione dei cromosomi sessuali e dei geni collocati su di essi. Per questi geni non vale la regola della reciprocità degli incroci, per cui i rapporti genotipici e fenotipici nella progenie rimangono invariati invertendo il genotipo del padre e della madre. Nel moscerino dell’aceto (Drosophila melanogaster) il carattere “occhi bianchi” è determinato dall’allele recessivo w, mentre il carattere normale “occhi rossi” è determinato dall’allele dominante W; il gene in questione si trova sul cromosoma X e non sul cromosoma Y (il quale possiede pochissimi geni); nella diapositiva i maschi sono contrassegnati dall’addome più scuro. In un incrocio fra un individuo con occhi bianchi e un individuo con occhi rossi, i rapporti fenotipici nella progenie cambiano a seconda del sesso del genitore con occhi bianchi; se questo è il padre ( a sinistra) , nella F1 tutti gli individui, maschi e femmine, hanno gli occhi rossi; nella F2 il rapporto fra individui con occhi rossi e con occhi bianchi è pari a 3:1; ma tutti gli individui con gli occhi bianchi sono maschi. Se il genitore con gli occhi bianchi è la madre (a destra) nella F1 tutti i maschi (la metà) ha gli occhi bianchi, tutte le femmine (la metà) ha gli occhi rossi; nella F2 metà degli individui ha gli occhi bianchi (1/4 maschi e ¼ femmine), metà ha gli occhi rossi (1/4 maschi e ¼ femmine). Questo risultato è compatibile con il fatto che nel maschio c’è un solo cromosoma X, per cui tutti i geni che sono su quel cromosoma sono in condizione emizigote, cioè sono presenti in una sola copia; di conseguenza se il gene in singola copia è rappresentato da un allele recessivo, questo manifesta il proprio fenotipo, in assenza del corrispondente allele dominante. F2 F2

3 EREDITA’ LEGATA AL SESSO NELL’UOMO
XX XY XX XY XY XX XY XY XX XY XX XX XY XX XY XX XY XX XX XY XX XY XX XY XY XY XX XY XY XX XY XX XY XX XY XX XY XY Nella presente diapositiva sono presentati alberi genealogici riguardanti geni associati al cromosoma X nell’uomo; l’altra forma dell’eredità legata al sesso (geni associati al cromosoma Y) non sarà trattata. Il primo albero genealogico in alto a sinistra descrive la segregazione del carattere descritto dal colore azzurro, che è dovuto a un allele dominante di un gene localizzato sul cromosoma X (allele X azzurro); infatti, ogni maschio che esprime quel carattere lo passa a tutte e sole le proprie figlie femmine (da I-2 a II-2 e II-5; da III-4 a IV-1), che lo esprimono in condizione eterozigote, mentre ogni femmina che esprime quel carattere lo passa a circa metà delle figlie e a circa metà dei figli, che lo esprimono rispettivamente in condizione eterozigote e emizigote; non è possibile escludere del tutto l’ipotesi di un allele autosomico dominante, ma un semplice calcolo delle probabilità rende questa ipotesi estremamente inverosimile, data la distribuzione del carattere fra i due sessi. Il secondo albero genealogico in basso a destra descrive la segregazione del carattere descritto dal colore marrone, che è dovuto a un allele recessivo di un gene localizzato sul cromosoma X (allele X marrone); infatti, ogni maschio che esprime quel carattere lo passa a tutte e sole le proprie figlie femmine (da II-5 a III-4 e III-7) che non lo esprimono, essendo eterozigoti, mentre ogni femmina che esprime quel carattere (I-1), essendo omozigote lo passa a tutte le figlie femmine, che non lo esprimono essendo eterozigoti (II-2 e II-4) e a tutti i figli maschi, che lo esprimono, essendo emizigoti (II-3 e II-5); la femmina eterozigote III-4, che non manifesta il carattere in quanto eteroizigote, figlia del maschio II-5, che manifesta il carattere in quanto emizigote, passa al figlio maschio IV-2 il cromosoma X con l’allele X marrone, e il figlio manifesta il carattere in quanto emizigote; non è possibile escludere del tutto l’ipotesi di un allele autosomico recessivo, ma un semplice calcolo delle probabilità rende questa ipotesi estremamente inverosimile, data la distribuzione del carattere fra i due sessi. infatti, se tale carattere fosse stato dovuto a un carattere dominante, la femmina della 3° generazione con il carattere “verde scuro” (III-3, vedere la diapositiva precedente) avrebbe dovuto essere almeno eterozigote Bb, quindi avrebbe dovuto avere almeno uno dei due genitori che portasse l’allele B da passare allafiglia e che quindi manifestasse il carattere “verde scuro”; invece si verifica l’ipotesi che il carattere verde scuro sia dovuto a un allele recessivo b che si manifesta solo in omozigosi, portato da entrambi i genitori (II-5 e II-6) in eterozigosi, come è illustrato nella diapositiva. In entrambi gli alberi genealogici sono indicati solo i genotipi che possono essere attribuiti con certezza ai singoli individui.

4 Eredità non nucleare Fenotipi parentali
Anche questo albero genealogico, in cui il carattere è trasmesso esclusivamente dalla madri ai figli di ambo i sessi, testimonia di un’eredità citoplasmatica (mitocondri) Alcuni caratteri vengono trasmessi esclusivamente dal gamete femminile a tutta la progenie; questo fenomeno è dovuto al fatto che i gameti maschili trasmettono solo il nucleo allo zigote, mentre i gameti femminili forniscono, oltre al nucleo, anche il citoplasma e al fatto che nel citoplasma degli eucarioti (piante, animali e funghi) sono presenti organelli dotati di piccoli cromosomi: i cloroplasti (nelle piante) e i mitocondri (piante, animali e funghi). Nella presente diapositiva sono illustrati i risultati di 9 incroci fra linee pure di Mirabilis jalapa il cui fenotipo riguarda il colore dele foglie (verde, variegato o incolore): è il fenotipo della pianta che fornisce gli ovuli a decidere il fenotipo della progenie; i geni coinvolti si trovano nei cloroplasti presenti negli ovuli che, dopo la fecondazione, daranno vita alla progenie, fornendo loro i cloroplasti. Anche per l’uomo l’eredità esclusiva per via materna, illustrata nell’albero genealogico a destra, testimonia della presenza di geni citoplasmatici, presenti entro i mitocondri. Ormai da tempo si è verificato che sia i cloroplasti che i mitocondri sono dotati di propri cromosomi (vedere credito 3, diapositiva 13). Fenotipi della F1 I risultati di questi 9 incroci dimostrano che il carattere “colore della foglia” è trasmesso alla progenie solo dall’ovulo: quindi è determinato da geni citoplasmatici (nei cloroplasti)

5 ASSOCIAZIONE Gameti pr+pr+vg+ vg+ pr pr vg vg P F1 pr+pr vg+ vg
Nei primi annni del XX secolo T. Morgan verificò che in Drosophila alcune coppie di geni non rispettavano la 2° legge di Mendel: cioè non segregavano in maniera indipendente. I geni studiati furono vg, che ha il suo effetto sulla forma dell’ala e pr, che ha il suo effetto sul colore dell’occhio; l’allele che determina il fenotipo “normale” per i caratteri studiati è dominante ed è chiamato “allele selvatico”, perché è di gran lunga più frequente nelle popolazioni selvatiche; viene indicato con un segno + apposto all’apice della sigla del gene; l’allele che determina il fenotipo “normale” per i caratteri studiati è recessivo e viene indicato semplicemente con la sigla del gene. Incrociando un maschio omozigote recessivo con occhi viola e ali rudimentali con una femmina omozigote dominante con occhi rossi e ali normali, si ottenne, come era da attendersi, una progenie F1 composta di individui con occhi rossi e ali normali, eterozigote per entrambi i geni. Per mettere in evidenza immediatamente le combinazioni di alleli presenti nei gameti degli individui della generazione F1, Morgan effettuò un reincrocio fra i maschi della generazione F1 e femmine omozigoti pr+ pr+ vg+ vg+. Se gli alleli si fossero assortiti in maniera indipendente, ci si sarebbe atteso un rapporto 1:1:1:1 tra i gameti pr+ vg+, pr vg, pr+ vg+, e pr vg.nella femmina F1 e tra i fenotipi occhi rossi - ali normali, occhi viola - ali rudimentali, occhi viola - ali normali e occhi rossi - ali rudimentali nella progenie della generazione F2; invece si trovarono nella solo individui con occhi rossi - ali normali e con occhi viola - ali rudimentali, poiché si erano formati nei maschi solo gameti pr+ vg+ e pr vg. Poiché queste 2 combinazioni di alleli erano identiche a quelle presenti nei genitori appartenenti alla generazione P dei maschi eterozigoti, vennero chiamate combinazioni parentali; le 2 combinazioni parentali si presentano nella progenie con la stessa frequenza e sono fra loro complementari: cioè gli alleli presenti in una delle 2 combinazioni sono assenti nell’altra. Il fatto che 2 combinazioni complementari di alleli abbiano la stessa frequenza è una conseguenza diretta della 1° legge di Mendel e del funzionamento della meiosi: tutte le volte che si forma un gamete con una certa combinazione di alleli, se ne forma anche un altro con la combinazione complementare di alleli. L’interpretazione che ne diede Morgan, ancora oggi valida, fu che questi 2 geni si trovavano sullo stesso cromosoma, che quindi, a causa di questa associazione fisica, non potessero segregare in maniera indipendente e che nella progenie di un genitore eterozigote per 2 geni si potessero trovare le combinazioni di alleli presenti nei nonni; a questo fenomeno si è dato il nome di associazione fra i geni.

6 ASSOCIAZIONE E SCAMBIO
pr+pr+vg+ vg pr pr vg vg P F pr+pr vg+ vg pr pr vg vg Gameti pr vg % pr+vg+ 44% pr+ pr vg+ vg % +22% pr vg 44% pr pr vg vg % +22% pr+vg 6% pr+ pr vg vg % +3% prvg+ 6% pr pr vg+ vg % +3% I risultati dell’esperimento descritto nella 1° diapositiva non si ripetono se il reincrocio si effettua tra femmine eterozigoti con occhi rossi e ali normali della e maschi omozigoti con occhi viola e ali rudimentali; infatti, oltre ai gameti che contengono gli assortimenti parentali degli alleli, pr+ vg+ e pr vg, si formano, anche se con frequenza molto minore, gli assortimenti alternativi, pr+ vg+, e pr vg, che nella danno vita a individui con occhi viola - ali normali e occhi rossi - ali rudimentali; questi assortimenti di alleli e i gameti che le portano sono chiamati ricombinanti, poiché sono combinazioni di alleli nuove rispetto a quelle parentali, presenti nella generazione P; il processo per cui si formano gameti ricombinanti è detto ricombinazione; anche le 2 combinazioni ricombinanti si presentano nella progenie con la stessa frequenza e sono fra loro complementari, per le stesse ragioni delle combinazioni parentali. Introducendo questa terminologia possiamo dedurre una conseguenza immediata della 2° legge di Mendel: se 2 geni sono indipendenti, da un individuo eterozigote per entrambi i geni si formano con uguale frequenza gameti con assortimenti parentali e ricombinanti di alleli; nel caso descritto nella presente diapositiva i gameti con gli assortimenti ricombinanti di alleli sono presenti, contrariamente a quanto avveniva nell’esperimento descritto nella 1° diapositiva, ma sono molto meno frequenti dei gameti con assortimenti parentali di alleli; in questo caso c’è associazione fra i geni, ma non totale. Il fatto che le femmine di Drosophila possano produrre gameti ricombinanti per coppie di geni associati sullo stesso cromosoma e i maschi no deriva dal fatto che nei maschi non si verifica il crossino over, che è il fenomeno biologico alla base della ricombinazione (vedi diapositiva successiva. Le leggi di Mendel hanno dimostrato una straordinaria robustezza, perché tutte le apparenti eccezioni (interazione tra gli alleli, eredità legata al sesso, associazione) sono state riassorbite all’interno delle leggi mediante l’ammissione di ipotesi ausiliarie che hanno articolato le leggi stesse senza introdurvi contraddizioni (modalità diverse di azione del gene, determinazione cromosomica del sesso, teoria cromosomica dell’eredità). F2

7 ASSOCIAZIONE e CROSSING-OVER: due o più geni sullo stesso cromosoma
GAMETI a b ab a b A B AB ASSOCIAZIONE e CROSSING-OVER: due o più geni sullo stesso cromosoma A b ANAFASE 2 a b ab a B aB A B AB Ab GAMETI senza crossing over dopo crossing over a b a b a B anche gameti ricombinanti ANAFASE 2 A B A b A B La spiegazione dell’associazione è esposta nella metà a sinistra della diapositiva, facendo ricorso alla teoria cromosomica dell’eredità: quando 2 (o più) geni si trovano sullo stesso cromosoma, non si possono formare assortimenti ricombinanti, ma solo assortimenti parentali di alleli: ognuna delle 2 combinazioni parentali degli alleli è fisicamente collocata su uno dei 2 cromosomi omologhi e migra, durante la 1° divisione meiotica, insieme a quel cromosoma (A e B insieme al cromosoma verde chiaro; a e b insieme al cromosoma verde scuro; i 2 cromosomi verdi sono omologhi); dopo la 2° divisione meiotica si formano solo gameti parentali, ossia dotati di assortimenti parentali di alleli. Perché questo avvenga è necessario che non ci sia alcun crossino over fra i 2 (o più) geni presi in esame. Nella metà a destra della diapositiva sono illustrate invece le conseguenze del crossino over; questo fenomeno consiste nello scambio fisico reciproco di segmenti di cromatidi, che contengono rigorosamente gli stessi geni, fra i 2 cromosomi omologhi: un segmento cromatidico verde chiaro viene scambiato con un segmento cromatidico verde scuro; così il cromosoma verde chiaro possiederà un segmento cromatidico verde scuro dove prima ce n’era uno verde chiaro e il cromosoma verde scuro possiederà un segmento cromatidico verde chiaro dove prima ce n’era uno verde scuro; gli alleli presenti sui segmenti scambiati verranno scambiati anche loro: per esempio, la copia dell’allele B che si trova sul segmento cromatidico scambiato verde chiaro, durante la 1° divisione meiotica migrerà insieme all’allele a, sul cromosoma verde scuro, invece che con l’allele A. In questo modo, in seguito al crossino over fra 2 geni, si ottengono assortimenti ricombinanti di geni. Poiché il crossing over, come si dimostrerà in seguito, coinvolge solo 2 cromatidi sui 4 disponibili del bivalente, restano comunque 2 cromatidi non partecipi del crossino over, in cui si mantengono gli assortimenti parentali dei gameti; per questo ogni crossino over produce per il 50% assortimenti parentali e per il 50% assortimenti ricombinanti. La formazione di assortimenti ricombinanti per geni che stanno su cromosomi diversi che si formano in seguito alla segregazione reciprocamente indipendente dei 2 bivalenti coinvolti, viene chiamata ricombinazione intercromosomica; la formazione di assortimenti ricombinanti per geni che stanno sullo stesso cromosoma che si formano in seguito al crossino over, viene chiamata ricombinazione intracromosomica Solo gameti parentali

8 Crossing-over, ricombinazione e chiasmi.
A b ANAFASE 2 a b ab a B aB A B AB Ab GAMETI Crossing-over, ricombinazione e chiasmi. a b A B Crossing over chiasma ANAFASE 1 a b A B Durante la 1° divisione meiotica c’è una sequenza precisa di eventi che determinano un corretto svolgimento del crossino over e una corretta separazione dei cromosomi omologhi. Il primo processo che si realizza nelle fasi precoci è l’appaiamento dei cromosomi omologhi, che è molto preciso; l’appaiamento è una condizione necessaria perché avvenga il crossino over; infatti si possono scambiare reciprocamente fra i cromosomi omologhi segmenti che contengono rigorosamente gli stessi geni (né uno di più, né uno di meno) proprio e solo grazie all’estrema precisione dell’appaiamento. In una fase più avanzata, il diplotene, si rendono evidenti i 2 cromatidi fratelli di ciascun cromosoma omologo e si rende evidente l’accavallamento fisico fra i cromatidi che si sono scambiati propri segmenti attraverso il crossino over; questi accavallamenti, ben visibili al microscopio ottico, si chiamano “chiasmi”. Durante la metafase i centromeri dei 2 cromosomi omologhi di ciascun bivalente vengono attirati verso i poli opposti; i chiasmi offrono una resistenza a questa trazione e vengono progressivamente “srotolati” (terminalizzazione dei chiasmi), cioè si spostano progressivamente verso i telomeri. Quando si conclude la terminalizzazione dei chiasmi per tutti i bivalenti, i cromosomi omologhi di ciascun bivalente si allontanano tra loro, migrando verso i poli opposti, durante l’anafase della 1° divisione meiotica; segue la 2° divisione meiotica, al termine della quale, per ciascuna coppia di cromosomi omologhi che hanno subito il crossino over, risulteranno 2 gameti con assortimenti parentali di alleli e 2 con assortimenti ricombinanti. terminalizzazione del chiasma DIPLOTENE METAFASE

9 ASSOCIAZIONE E SCAMBIO 2
b+b+vg+ vg b b vg vg P F b+b vg+ vg b b vg vg Gameti b vg % b+vg+ 40% b+ b vg+ vg % +20% b vg 40% b b vg vg % +20% b+vg 10% b+ b vg vg % +5% b vg+ 10% b b vg+ vg % +5% La frequenza degli assortimenti ricombinanti fra geni presi 2 a 2, associati, cioè collocati sullo stesso cromosoma, è pari al massimo al 50% ma differisce di caso in caso; mentre per i geni pr e vg la frequenza dei gameti con assortimenti ricombinanti è pari al 12% (diapositiva 2), per i geni vg e b, che è un gene che determina il colore del corpo, il cui allele selvatico determina un colore tigrato giallo-nero e il cui allele b determina il colore uniformemente nero, frequenza dei gameti con assortimenti ricombinanti è pari al 20% (diapositiva 5); anche per questi geni, come è legge generale, le 2 combinazioni ricombinanti si presentano nella progenie con la stessa frequenza e sono fra loro complementari. F2

10 crossing over = scambio di segmenti di cromosomi
Wx C wx c wx c wx c assenza di crossing over crossing over wx c Wx C wx c Wx c wx c wx C wx c I due geni Wx e C si trovano sullo stesso cromosoma del mais; il primo determina la consistenza del seme, il secondo la sua colorazione: l’allele C determina la pigmentazione arancio, l’allele c l’assenza di pigmento; l’allele Wx determina la consistenza cerosa, l’allele wx la consistenza amidacea (descritti, con fantasia, dal contorno spigoloso o curvo, rispettivamente). Alle 2 estremità del cromosoma che porta gli alleli dominanti si presentano 2 regioni morfologicamente riconoscibili: dalla parte di Wx c’è un tratto allungato dovuto a una traslocazione reciproca (vedere il 3° credito, “mutazioni”) dalla parte di C c’è una regione addensata (“knob”). L’evidenza dell’avvenuto scambio fisico di segmenti cromosomici risulta dal fatto che nella progenie con un fenotipo che rivela la presenza di cromosomi ricombinanti (colonna a destra: semi amidacei pigmentati, che derivano da gameti wx - C + semi cerosi non pigmentati, che derivano da gameti Wx - c), insieme all’allele C si trova la regione addensata, insieme all’allele Wx si trova il tratto allungato. Questo risultato ha definitivamente escluso che il crossing-over, anziché essere dovuto a uno scambio fisico di segmenti cromosomici, consistesse semplicemente nel “passaggio” da un cromosoma al suo omologo.

11 Distanza tra i geni e frequenza di ricombinanti
AB Ab aB ab A B A B a b AB ab AD Ad aD ad AD Ad aD ad A D a d La frequenza degli assortimenti ricombinanti fra i 2 stessi geni, in esperimenti ripetuti, è risultata costante, mentre varia se variano i geni presi in esame; un allievo di Morgan, Sturtevant, si propose di scoprirne il motivo e propose un’ipotesi: i geni occupano una posizione fissa e costante sui cromosomi e la probabilità che si verifichi tra di essi un crossing over è proporzionale alla loro distanza. Quindi, più i geni sono lontani, più alta è la probabilità che, in ogni meiosi, avvenga fra loro un crossing over, più alta è la frequenza di gameti con assortimenti ricombinanti che si riscontra esaminando il complesso delle meiosi. Nella diapositiva, la ricombinazione fra i geni A e B avviene in conseguenza di crossing over che avvengono nella regione del cromosoma compresa tra A e B (crossing over verdi), mentre la ricombinazione fra i geni A e D avviene in conseguenza di crossing over che avvengono nella regione del cromosoma compresa tra A e D (crossing over verdi e crossing over gialli); quindi c’è una classe di crossing over che determina la ricombinazione sia tra A e B che tra A e D (crossing over verdi) e una classe di crossing over che determina la ricombinazione solo tra A e D (crossing over gialli); perciò fra A e D c’è maggiore probabilità che si verifichi un crossing over che fra A e B, quindi per A e D ci sarà una maggiore frequenza di gameti ricombinanti che per A e B. Maggiore è la distanza tra i geni, più alta è la probabilità che fra di essi vi sia un crossing over, più alta è la frequenza di ricombinanti fra loro.

12 SAGGIO A TRE PUNTI v+v cv+ cv ct+ct vv cvcv ctct v cv ct v cv+ ct+
580 v+ cv ct v+v cvcv ct ct 592 v cv ct+ vv cvcv ct+ ct 45 v+ cv+ ct v+v cv+cv ct ct 40 v cv ct vv cvcv ct ct 89 v+ cv+ ct+ v+v cv+cv ct+ct 94 v cv+ ct vv cv+cv ct ct 3 v+ cv ct+ v+v cvcv ct+ ct 5 268/1448 Ricombinanti per v e cv (18,5%) 191/1448 Ricombinanti per v e ct (13,2%) Più precisamente Sturtevant formulò l’ipotesi che i geni fossero disposti secondo una sequenza lineare nel cromosoma, come punti su un segmento di retta; per verificare questa ipotesi egli effettuò esperimenti che coinvolgevano 3 geni alla volta: questa modalità di sperimentazione fu chiamata “saggio a 3 punti” e consisteva nell’incrocio di femmine di Drosophila eterozigoti per 3 geni con maschi omozigoti recessivi per gli stessi geni. Il vantaggio nell’esame di 3 geni alla volta consisteva nella possibilità di definire un ordine lineare tra i geni: tra 3 punti su un segmento è sempre possibile definire quello che sta in mezzo. Attraverso la combinazione di molti saggi a 3 punti è stato possibile mappare sin dagli anni 30 del secolo scorso moltissimi geni sui cromosomi di Drosophila. In questa diapositiva è descritto il saggio a 3 punti che coinvolge i geni v, il cui allele anormale determina il colore arancione dell’occhio, cv, il cui allele anormale determina la mancanza di una venatura dell’ala e ct, il cui allele anormale determina la troncatura dell’estremità delle ali. In questa diapositiva, per non complicare il quadro, non viene più distinta la progenie maschile da quella femminile: non trattandosi di eredità legata al sesso non c’è alcuna differenza nella frequenza dei fenotipi ricombinanti tra maschi e femmine, in questa diapositiva sono descritti i dati originali non trasformati in percentuale, per aiutare a comprendere meglio le procedure di calcolo delle distanze di mappa.. I fenotipi più frequenti, i primi 2 della tabella, sono quelli corrispondenti ai gameti con assortimenti parentali: v cv+ ct+ e v+ cv ct; gli altri fenotipi sono attribuibili a gameti con assortimenti ricombinanti; la ricombinazione è scomponibile sempre tra 2 dei 3 geni in esame, come è descritto dai sorrisi ( ); i sorrisi azzurri contraddistinguono i fenotipi ascrivibili alla ricombinazione tra v e cv, quelli gialli alla ricombinazione fra cv e ct, quelli rossi tra v e ct; ad ogni fenotipo ricombinante è assegnabile una “coppia di sorrisi”, cioè la ricombinazione fra 2 coppie di geni. Anche in questo caso i fenotipi sono raggruppabili a 2 a 2, in coppie complementari fra loro, derivate ciascuna a un unico evento di segregazione e, come ci si attende, con una frequenza molto simile (580 e 592, 45 e 40, 89 e 94, 3 e 5). Prima di calcolare le distanze fra i geni, è possibile riconoscere quale gene sia in mezzo. Questo gene si identifica facilmente in base alla frequenza dei fenotipi ricombinanti: perché si scambi fra 2 cromosomi omologhi solo il gene che sta in mezzo di una terna, devono avvenire 2 crossing over, uno “a destra” e uno “a sinistra” di quel gene; invece per scambiare solo l’uno o l’altro dei 2 geni all’estremità della terna deve avvenire 1 solo crossing over (vedere la diapositiva 8). Poiché il crossing over è un evento abbastanza raro, la probabilità che se ne realizzino 2 in un certo segmento cromosomico è decisamente più bassa di quella che se ne realizzi 1 solo. Dunque i fenotipi ricombinanti dovuta a 2 crossing over sono i meno frequenti: nel nostro caso i 2 fenotipi complementari ricombinanti con frequenza decisamente più bassa degli altri sono gli ultimi 2 della tabella. Questi fenotipi sono dovuti a ricombinazione fra cv e ct (sorriso giallo) e fra v e ct (sorriso rosso): quindi il gene che si è spostato da un omologo all’altro è il gene ct; infatti, se si confrontano i gameti parentali (prime 2 righe) con i gameti dovuti a 2 crossing over – detti anche ricombinanti doppi – (ultime 2 righe), si nota che gli alleli di cv e v si presentano nelle stesse combinazioni (v con cv+ e v+ con cv), mentre sono gli alleli di ct che cambiano combinazione. Quindi ct è il gene che sta in mezzo. L’interpretazione dei risultati e il calcolo delle distanze di mappa sono descritti nella tabella successiva. 93/1448 Ricombinanti per cv e ct (6,4%)

13 Ordinamento lineare dei geni
misura la distanza v-ct: 13,2 u.m. misura la distanza ct-cv: 6,4 u.m. v ct cv+ v ct cv 268/1448 Ricombinanti per v e cv (18,5%) 191/1448 Ricombinanti per v e ct (13,2%) 93/1448 Ricombinanti per cv e ct (6,4%) v ct cv v+ ct+ cv+ 12,6% v ct+ cv v+ ct cv+ 5,9% v ct cv v+ ct+ cv 0,55% Possiamo collocare il gene ct in mezzo e i geni v e cv ai lati; tra v e ct si realizza il crossing over verde, tra ct e cv quello giallo (in alto a sinistra nella diapositiva); se si realizza solo il crossing over verde, si formano i gameti v+ ct+ cv+ e v ct cv, con una frequenza complessiva del 12,6% (5° e 6° riga della tabella della diapositiva 7); se si realizza solo il crossing over giallo, si formano i gameti v ct+ cv e v+ ct cv+, con una frequenza complessiva del 5,9% (3° e 4° riga della tabella della diapositiva 7); se si realizzano entrambi, si formano i gameti v ct cv+ e v+ ct+cv, con una frequenza complessiva del 0,59% (7° e 8° riga della tabella della diapositiva 7). È ora possibile misurare le distanze fra geni adiacenti in base alla frequenza dei gameti ricombinanti: la distanza tra v e ct è misurata dai sorrisi rossi, che sono la somma delle frequenze dei ricombinanti dovuti ai crossing over verdi, sia da soli che insieme ai crossing over gialli (doppi crossing over); la distanza tra ct e cv è misurata dai sorrisi gialli, che sono la somma delle frequenze dei ricombinanti dovuti ai crossing over gialli, sia da soli che insieme ai crossing over verdi; la distanza fra i geni estremi – tra v e cv – si calcola come somma delle distanze tra v e ct e tra ct e cv (19,6%); infatti la misurazione diretta dei ricombinanti tra v e cv (sorrisi azzurri) da una sottostima (18,5%) rispetto alla distanza reale, poiché si fonda sui crossing over singoli, verdi e gialli, ma trascura i crossing over doppi. La conseguenza pratica più importante di questa procedura fu la possibilità di mappare i geni, cioè di localizzarli rispetto ad altri geni e al cromosoma in cui si trovano atteso 0,84% atteso coeff. di coincidenza 0,65 Interferenza (I) = 1-c.d.c = 0,35

14 Analisi delle tetradi ordinate
I centromeri e i geni per cui non c’è stato crossing over segregano in prima divisione meiotica (segreganti MI: 2 gruppi di 4 spore) a a a a a Seconda divisione meiotica Prima divisione meiotica Mitosi A Tutti i risultati descritti in precedenza si basano sull’analisi di un alto numero di gameti, messi in evidenza da opportuni incroci, senza potere distinguere i prodotti delle singole meiosi, ma mettendo insieme i prodotti di moltissime meiosi diverse, sulla base di un approccio “statistico”, che descrive l’andamento “medio” delle meiosi di quell’organismo. Nei funghi ascomiceti è invece possibile seguire i prodotti delle singole meiosi. Questi funghi sono aplobionti: la meiosi segue immediatamente la fecondazione; i prodotti della meiosi sono spore che, germinando, daranno luogo a nuovi organismi apolidi; le spore vengono dette ascospore poiché sono racchiuse in un involucro detto asco; in ogni asco si trovano i prodotti di una singola meiosi. La muffa del pane, Neurospora crassa, presente 2 ulteriori caratteristiche: 1) le ascospore sono 8 invece di 4, perché dopo la 2° divisione meiotica si realizza una mitosi che raddoppia il numero dei prodotti meiotici; questo gruppo di 8 spore è tuttavia chiamato tetrade e non ottave, perché le ascospore sono a 2 a 2 fra loro identiche, essendoci 2 repliche di ogni prodotto meiotico; 2) l’asco è ordinato, cioè le ascospore sono impilate e la loro sequenza nell’asco corrisponde al momento in cui si sono divise le cellule in meiosi: per esempio le prime 4 spore (con i cromosomi rossi nella diapositiva) derivano da una delle 2 cellule figlie della 1° divisione meiotica, le ultime 4 (con i cromosomi azzurri nella diapositiva) derivano dall’altre; invece le prime 2 dall’alto derivano da una delle 2 cellule figlie della 2° divisione meiotica, che a sua volta deriva dalla cellula figlia della 1° divisione meiotica con il cromosoma rosso; le seconde 2 dall’alto derivano dall’altra cellula figlia della stessa 2° divisione meiotica. L’analisi delle tetrodi ordinate consente di raggiungere importanti risultati: il più semplice è che gli alleli che segregano (si separano) durante la 1° divisione meiotica si suddividono tra le prime 4 e le seconde 4 ascospore, come i cromosomi rossi e azzurri nella diapositiva. In questo modo riusciamo a distinguere per quali geni è avvenuta una segregazione in 1° divisione meiotica (vengono chiamati segreganti MI). Sulla base di questo criterio e in base ai meccanismi della meiosi si verifica facilmente che per i centromeri e i geni per cui non c’è stato crossing over fra essi e il centromero la segregazione avviene in 1° divisione meiotica. A A A A duplicazione

15 Il crossing over nelle tetradi ordinate:ipotesi del crossing over prima della duplicazione
IPOTESI: il crossing over avviene prima della replicazione e coinvolge 4 cromatidi su 4 A A A A A Seconda divisione meiotica a Prima divisione meiotica A Mitosi a A Mediante l’analisi delle tetradi ordinate è possibile verificare se il crossing-over avviene prima o dopo la replicazione dei cromosomi: se si ammette che il crossing-over avviene prima della replicazione, allo stadio di 2 filamenti, 1 filamento per ciascuno dei 2 cromosomi omologhi, e necessariamente li coinvolge entrambi, ci si aspetta che nessun gene possa segregare in 2° divisione meiotica e che tutti debbano segregare in 1° divisione meiotica. Ma i risultati sperimentali sono stati diversi (diapositiva successive): quindi questa ipotesi è stata scartata. a a I geni per cui c’è stato un crossing over segregano anche essi in prima divisione meiotica (segreganti MI);questa ipotesi non prevede in nessun caso la segregazione in MII, cioè 4 gruppi di 2 a a a duplicazione

16 Il crossing over nelle tetradi ordinate
I geni per cui c’è stato un crossing over segregano in seconda divisione meiotica (segreganti MII) a a a A A A Poiché effettivamente si osserva la segregazione in MII, se ne conclude che il crossing over avviene dopo la replicazione e coinvolge due cromatidi su quattro a Seconda divisione meiotica Prima divisione meiotica Mitosi A Il risultato effettivamente ottenuto è stato che si può osservare la segregazione in 2° divisione meiotica: quindi il crossing-over avviene dopo la replicazione dei cromosomi, quando i cromosomi omologhi sono costituiti ciascuno da 2 cromatidi, e coinvolge 2 cromatidi su 4, 1 cromatidio di ciascuno dei 2 cromosomi omologhi; poiché nel bivalente ci sono 4 cromatidi, si dice che il crossing-over avviene allo stadio di 4 filamenti. Per i geni per cui c’è stato un crossing-over fra essi e il centromero, la segregazione avviene in 2° divisione meiotica (vengono chiamati segreganti MII): cioè uno dei due alleli si trova nelle spore (oppure ) e l’altro nelle spore (oppure ); nella diapositiva l’allele a si trova nelle spore , mentre l’allele A nelle spore Poiché la frequenza degli assortimenti ricombinanti fra il gene A e il centromero, come sempre, è pari alla metà della frequenza dei crossing over tra di essi, misurata dalla frequenza dei segreganti MII , la distanza di mappa tra il centromero e il gene A è pari alla metà della frequenza dei segreganti MII. a a a A A La distanza tra il centromero e il locus è data dalla frequenza dei segreganti MII : 2 A duplicazione

17 Segregazione di geni lontani dal centromero
b b b b+ b+ b+ b+ b+ b+ b b b Per geni molto lontani dal centromero, che quindi si distribuiscano del tutto casualmente nell’asco rispetto al centromero, la frequenza massima di segreganti MII è 2/3. Il modello proposto nella diapositiva 12 è una metafora che tratta i geni studiati come palline (palline rosse per l’allele b+ e palline nere per l’allele b) e l’asco come un recipiente cilindrico in cui le palline si possono solo impilare; la prima pallina che entra è sul fondo della pila e l’ultima sulla cima. Scegliendo a caso, la prima pallina può essere, con il 50% di probabilità, rossa o nera: nella diapositiva è descritto ciò che avviene se la prima pallina è nera, ma si usano la stessa procedura e lo stesso ragionamento se la prima pallina è rossa. La combinazione in cui le prime 2 palline (sul fondo) sono dello stesso colore – e di conseguenza le ultime 2 (sulla cima) sono dell’altro colore – è quella corrispondente alla segregazione in MI, mentre la combinazione in cui prime 2 palline sono di colore diverso fra loro – e di conseguenza anche le ultime 2– è quella corrispondente alla segregazione in MII. Dopo che entrata una pallina nera, 2 delle rimanenti sono rosse, 1 nera; se la scelta della seconda pallina che entra è del tutto casuale – in termini genetici, se il gene B segrega del tutto indipendentemente dal centromero – 2 volte su 3 la seconda pallina sarà rossa, 1 su 3 nera; più in generale, 2 volte su 3 le prime 2 palline avranno colore diverso, 1 su 3 uguale – in termini genetici, 2 volte su 3 si verifica una segregazione in MII, 1 su 3 una segregazione in MI. La frequenza massima di segreganti MII di geni molto lontani dal centromero e che quindi segregano indipendentemente è pari a 2/3.

18 Distanza tra geni sullo stesso braccio cromosomico
a b A B a b a b A B a B A b Il gene A segrega in prima divisione meiotica (segregante MI) Il gene B segrega in seconda divisione meiotica(segreganti MII) Sia il gene A che il gene B segregano in seconda divisione meiotica (segreganti MII) a b a b A B A B Fra 2 geni che si trovano sullo stesso braccio cromosomico, la distanza si misura sulla base della frequenza dei crossing over che si localizzano fra questi 2 geni; questi crossing over danno luogo a una segregazione MII per i geni “lontani” dal centromero (il gene B della diapositiva 13), in quanto il crossing over si colloca fra il centromero e il gene lontano, mentre danno luogo a una segregazione MI per i geni “vicini” al centromero (il gene A della diapositiva 13), in quanto il crossing over non si colloca fra il centromero e il gene vicino. Quindi la distanza fra i geni A e B è pari alla metà della percentuale degli aschi che presentano segregazione MI per A e MII per B. La metà della percentuale degli aschi che presentano segregazione MII per A e B più (in teoria) la metà della percentuale degli aschi che presentano segregazione MI per B e MII per A – che, essendo conseguenza di un doppio crossing over, uno fra A e il centromero e uno fra A e B, è bassissima e trascurabile - misura la distanza fra il gene A e il centromero. Se A e B sono sullo stesso braccio dello stesso cromosoma sono possibili solo queste due modalità di segregazione La distanza tra A e B è data dalla frequenza di questi segreganti : 2

19 Distanza tra geni su due bracci dello stesso cromosoma
b c B C B C b c b C b C B c B c b c B C b C B c Solo il gene C segrega in seconda divisione meiotica (segreganti MII) Solo il gene B segrega in seconda divisione meiotica (segreganti MII) b c B C b c B C Per 2 geni che si trovano su due bracci diversi dello stesso cromosoma, la distanza fra questi geni e il centromero si misura sulla base della frequenza dei crossing over che si localizzano fra ciascuno di questi 2 geni e il centromero; questi crossing over danno luogo a una segregazione MII per i geni per cui si è realizzato un crossing over fra essi e il centromero. Quindi la distanza fra i geni B e il centromero e C e il centromero è pari alla metà della percentuale degli aschi che presentano segregazione MII rispettivamente per B e per C. Se B e C sono su due bracci diversi dello stesso cromosoma sono possibili solo queste due modalità di segregazione Le distanze tra B e il centromero e fra C e il centromero sono date dalle frequenze di questi segreganti : 2

20 Distanza tra geni sul due cromosomi
b d D B D b d B Il gene B segrega in seconda divisione meiotica (segreganti MII); il gene D segrega in prima divisione meiotica (segregante MI). Il gene B segrega in prima divisione meiotica (segregante MI); il gene D segrega in seconda divisione meiotica(segreganti MII) b B B bb d D d D Fra 2 geni che si trovano su 2 cromosomi diversi, la distanza di ciascuno rispetto al proprio centromero si misura sulla base della frequenza dei crossing over che si localizzano fra ciascun gene e il proprio centromero; questi crossing over danno luogo a una segregazione MII per il gene interessato, in quanto il crossing over si colloca fra il centromero e il gene. Quindi la distanza fra i geni e i rispettivi centromeri è pari alla metà della percentuale degli aschi che presentano segregazione MI per ciascun gene. La percentuale degli aschi che presentano segregazione MII per entrambi i geni, essendo conseguenza di un doppio crossing over, fra ciascuno dei due geni e il proprio centromero, è bassissima e trascurabile. Se A e B sono su due cromosomi diversisono possibili solo queste due modalità di segregazione Le distanze tra B e il proprio centromero e fra C e il proprio centromero sono date dalle frequenze di questi segreganti : 2

21 Segregazione indipendente tra geni su due cromosomi
a c a c A C A C b d D B D b d B d D B bb b B d D Mentre per 2 geni che si trovano sullo stesso cromosoma esiste solo una segregazione MI possibile – si ricorda che si osserva una segregazione MI per qualsiasi gene in assenza di crossing over fra quel gene e il centromero – se 2 geni si trovano su 2 cromosomi diversi sono possibili 2 segregazioni MI fra loro equiprobabili, in seguito alla segregazione indipendente delle 2 coppie di omologhi. a c A C

22 Doppi crossing over tra due-tre-quattro filamenti
Parentale Ricombinante doppio A B D A b D a B d a b d A B D A B D a b d a b d Doppio c.o a due filamenti A B d A b D a B D a b d Ricombinante Ricombinante doppio Parentale A B D A B D a b d a b d Doppio c.o a tre filamenti A B D A b d a B d a b D Parentale Ricombinante Ricombinante doppio Doppio c.o a tre filamenti A B D A B D a b d a b d Disponendo di 3 geni marcatori (A, B e C nella diapositiva) e di un campione molto grande di aschi, è possibile, nelle tetradi ordinate, distinguere se, nel caso di un doppio crossing over, la “scelta” dei cromatiti coinvolti nel 2° crossing over sia influenzata dalla “scelta” dei cromatidi coinvolti nel primo crossing over oppure se i due crossing over sono indipendenti rispetto alla “scelta” dei cromatidi coinvolti; detto in termini più rigorosi, che la probabilità di ciascun cromatidio di essere coinvolto in un crossing over non cambia, sia che quel cromatidio sia stato coinvolto in un alto crossing over, sia che non ne sia stato coinvolto. Se è vera quest’ultima ipotesi, ci si aspetta che le 4 modalità di doppio crossing over descritte nella presente diapositiva (doppio crossing over a 2 filamenti - cioè a 2 cromatidi, doppio crossing over a 4 filamenti e 2 modalità di doppio crossing over a 3 filamenti); siano equiprobabili; di conseguenza ci si aspetta che gli aschi che presentano le 4 combinazioni di alleli nelle loro spore, descritte nella diapositiva, abbiano la stessa frequenza. Effettivamente è stato questo il risultato, quindi si è potuto concludere che il coinvolgimento dei cromatidi nel crossing over è indipendente da quello che è accaduto in altri crossing over. Due sono le principali implicazioni di questo risultato: La frequenza dei ricombinanti tra due geni tra i quali siano avvenuti 2 crossing over (A e D nella diapositiva) è pari al 50%, cioè è pari alla frequenza di ricombinanti tra 2 geni tra cui si sia verificato 1 crossing over; per estensione la frequenza di ricombinanti fra 2 geni tra cui siano avvenuti 3, 4,….,n crossing over è sempre pari al 50%; questo spiega in modo esauriente perché fra 2 geni qualsiasi la frequenza massima di ricombinanti è pari al 50%. Per ogni cromosoma, entrambi i cromatidi fratelli hanno pari probabilità di partecipare a qualsiasi crossing over. A B d A b d a B D a b D A B D A B D a b d a b d Ricombinante Doppio c.o a quattro filamenti Le quattro combinazioni di doppi crossing over sono equiprobabili (non c’è interferenza cromatidica) la frequenza ricombinanti fra A e D è del 50 %, come dopo un crossing over singolo Ogni crossing over può interessare con pari probabilità ciascuna delle possibili coppie di cromatidi di un bivalente che siano omologhi ma non fratelli

23 Coniugazione batterica
I ceppi F+ infettano solo ceppi F-, trasformandoli in F+ e inducendo ricombinazione a bassa frequenza, tramite il passaggio di una copia del fattore F F+ F- F+ I ceppi Hfr derivano, a bassa frequenza, dai ceppi F+; non infettano i ceppi F- ma inducono, solo in essi, ricombinazione ad alta frequenza ricombinazione F- F- ricombinante Hfr ricombinazione F- F- ricombinante Hfr I ceppi Hfr trasferiscono integralmente o in parte una copia del proprio cromosoma I batteri hanno un solo cromosoma in ogni cellula; occasionalmente possono avere cromosomi soprannumerari molto più piccolo, chiamati plasmidi o episomi. Nel batterio Escheirichia coli, componente della flora intestinale, oltre al cromosoma normale può essere presente uno di questi episomi: il fattore F; i ceppi batterici che lo possiedono vengono chiamati F+, quelli che non lo possiedono F-. i batteri F+ sono in grado di “infettare” i batteri F-, facendoli diventare F+; questa infezione avviene mediante il passaggio di una copia del fattore F dal batterio F+ a quello F-. Sporadicamente da un ceppo F+ hanno origine batteri Hfr (ad alta frequenza di ricombinazione), incapaci di infettare i batteri F- e di farli diventare F+, ma capaci di passare una copia parziale o totale del proprio cromosoma al batterio F-, che può effettuare la ricombinazione fra gli alleli provenienti dal batterio Hfr e i propri, rimanendo un batterio F- ricombinante. La ricombinazione non è reciproca, cioè non si formano 2 cromosomi ricombinanti complementari: si recupera solo 1 dei 2 prodotti della ricombinazione: l’altro si perde. L’interpretazione di questo fenomeno è che il fattore F si integri nel cromosoma batterico, che nel batterio Hfr il cromosoma con il fattore F integrato si duplichi e che passi, del tutto o in parte, nel batterio F-. Nel batterio F- avviene la ricombinazione, durante la quale si perde uno dei 2 prodotti complementari, incluso il fattore F incorporato. Sporadicamente nei ceppi Hfr può avere origine un batterio F+; l’interpretazione è che il fattore F incorporato nel cromosoma batterico se ne possa occasionalmente distaccare. La ricombinazione non è reciproca: alcuni alleli del cromosoma del batterio ricevente vengono sostituiti dagli alleli corrispondenti provenienti dal cromosoma del ceppo Hfr; non si forma la combinazione complementare Dai ceppi Hfr si possono formare, a bassa frequenza, cellule F+, capaci di trasformare i batteri F- in F+; dunque il fattore F si era integrato nel cromosoma batterico (Hfr) ma se ne può dissociare F+ F- F+

24 L’organizzazione del cromosoma batterico: gli esperimenti di coniugazione interrotta
In uno stesso ceppo Hfr l’ordine di trasferimento dei geni è costante e si presenta un gradiente di probabilità di ricombinazione dei diversi geni: i cromosomi vengono trasferiti in forma lineare sempre a partire dallo stesso punto ma per segmenti di differente lunghezza; è possibile mappare linearmente i geni per gradiente di trasferimento a b c d e f g a b c d e a b c a b c d e f g a b c d e f g Diversi ceppi Hfr presentano diversi ordini di trasferimento, che però sono tra loro permutazioni circolari; dunque il cromosoma batterico in origine è circolare e il fattore F si può inserire in punti diversi a b c d e f g b c d e f g a a b c d e f g d e f g a b c a b c d e f g Vi sono ceppi Hfr che trasmettono i geni in ordine inverso rispetto ad altri; dunque il fattore F ha una polarità che determina l’ordine del trasferimento dei geni e può inserirsi nello stesso punto con polarità opposte a b c d e f g È possibile riconoscere i geni donati da un batterio Hfr che entrano in un batterio F- ricevente mediante la ricombinazione (vedi diapositive 19 e 20); dagli esperimenti con la coniugazione interrotta è stato possibile riconoscere la sequenza temporale di ingresso dei geni nella cellula ricevente e, da questo, stabilire alcune proprietà del cromosoma batterico: dal batterio Hfr vengono trasferiti segmenti lineari, di lunghezza diversa, della copia del cromosoma batterico; i geni che entrano per primi hanno una probabilità maggiore di ricombinare rispetto ai più tardivi; quindi è possibile costruire una mappa “a tempo” dei geni, in funzione della sequenza temporale di ingresso nella cellula ricevente (mappa a orologio); in uno stesso ceppo Hfr i geni primi ad entrare sono sempre gli stessi; da ceppi Hfr diversi entrano per primi geni diversi; quale che sia il primo gene ad entrare, è possibile, prolungando la coniugazione, fare entrare una copia intera del cromosoma del donatore; le mappe genetiche che si ottengono da ceppi Hfr diversi sono tra loro permutazioni circolari: da questo si deduce che, come negli eucarioti, i geni occupano un posto fisso nel cromosoma; la sequenza dei geni è unidimensionale, cioè le loro distanze sono additive; ma, contrariamente agli eucarioti, la sequenza è anche circolare, non lineare; mentre i cromosomi degli eucarioti sono omologabili a segmenti di retta, i cromosomi dei procarioti sono omologabili a circonferenze; in altre parole nei cromosomi dei procarioti non sono definibili delle estremità. In ogni ceppo Hfr il punto del cromosoma in cui si inserisce il fattore F è quello che determina le estremità della copia del cromosoma batterico che viene trasferito: in questa copia il fattore F si spezza in 2 parti, una vicina al gene che entra per primo, l’altra vicina al gene che entra per ultimo. a b c d e f g g f e d c b a A B A B

25 Coniugazione batterica: interpretazione
Il fattore di fertilità F è un plasmide che può essere trasmesso da un batterio Escheirichia coli che lo possiede (F+) a uno che ne è sprovvisto (F-), che così diventa, a sua volta, F+ il fattore F può integrarsi nel cromosoma, mediante uno scambio; i ceppi con il fattore F integrato hanno un’alta frequenza di ricombinazione (Hfr) F- F+ F+ I batteri Hfr possono passare, del tutto o in parte, una copia del loro cromosoma, in forma lineare, a un batterio F- F+ Durante la coniugazione, sia il fattore F che il cromosoma Hfr vengono replicati in forma lineare, mentre in assenza di coniugazione entrambi i prodotti della replicazione sono circolari; in forma lineare vengono trasferiti entrambi al batterio ricevente; una volta dentro la cellula ricevente, il fattore F si circolarizza e diventa stabile, mentre il cromosoma Hfr non circolarizza ma diventa disponibile per la ricombinazione (vedere diapositiva 19). Il fattore F si inserisce nel cromosoma batterico tramite un singolo scambio, che non è definibile come un vero e proprio crossing over, poiché non coinvolge segmenti omologhi di cromosomi; in questo modo un batterio F+ diventa Hfr. Sempre attraverso un singolo scambio tra regioni non omologhe può avvenire la separazione ex novo del fattore F dal cromosoma batterico di un ceppo Hfr; in questo modo un batterio Hfr diventa F+. talvolta quest’ultimo scambio non è preciso e alcuni geni del cromosoma batterico vengono incorporati nel fattore F che, in questo caso viene indicato come F’. Hfr F- I batteri Hfr, mediante uno scambio, possono rilasciare dal proprio cromosoma il fattore F; talvolta nel plasmide può essere incorporato un piccolo segmento del cromosoma; un plasmide così costituito viene chiamato F’ F’ Hfr Hfr

26 I meccanismi di ricombinazione nella coniugazione batterica
Il batterio F- mentre ha al proprio interno il segmento cromosomico lineare proveniente dall’Hfr viene chiamato merozigote esogenote strR strS strS strR strS strR Un solo crossing over (o un numero dispari) produce un cromosoma lineare, non vitale endogenote Due crossing over (o un numero pari) producono un cromosoma circolare ricombinante, vitale e un frammento lineare ricombinante, non vitale Il plasmide F’, contenendo alcuni geni batterici, determina nel batterio che lo contiene una condizione di merodiploidia Viene chiamato endogenote il cromosoma del batterio ricevente ed esogenote il segmento cromosomico linearizzato donato dal batterio Hfr; nella diapositiva 19 si descrivono i meccanismi che danno luogo alla ricombinazione batterica in seguito alla coniugazione e le modalità con cui si mette in evidenza il ricombinante; il batterio in cui sono presenti entrambi i cromosomi si chiama merozigote (zigote parziale) con un accostamento un po’ forzoso alla fecondazione degli eucarioti; per indicare il numero degli assortimenti genetici, questo batterio viene chiamato merodiploide (parzialmente diploide); ma si tratta di una condizione assolutamente transitoria. Gli scambi tra esogenote ed endogenote sono veri e propri crossing over, poiché coinvolgono regioni cromosomiche strettamente omologhe, con gli stessi geni. Se non c’è alcun crossing over, l’esogenote viene distrutto e rimane il cromosoma originario del batterio ricevente senza alcun evento di ricombinazione; infatti l’esogenote è un segmento lineare di cromosoma e i cromosomi lineari non possono sopravvivere entro la cellula batterica per lungo tempo; vengono presto distrutti. Se c’è un crossing over (o un numero dispari) si forma un unico cromosoma lineare, che contiene sia l’endogenote che l’esogenote, che viene distrutto, causando la morte del batterio ricevente. Se ci sono 2 crossing over (o un numero pari) si forma un cromosoma circolare ricombinante perfettamente vitale e un segmento lineare ricombinante, che viene distrutto; quindi si recupera solo uno dei 2 assortimenti ricombinanti di alleli fra loro complementari. Per mettere in evidenza l’avvenuta ricombinazione, si prendono i batteri F-, sensibili all’antibiotico streptomicina, a causa dellì’allele strS del gene str, dopo la coniugazione con batteri Hfr resistenti alla streptomicina, a causa dell’allele strR del gene str e li si fanno crescere in un terreno di coltura che contiene streptomicina; saranno in grado di sopravvivere, proliferare e formare colonie visibili soli i batteri che, in seguito alla ricombinazione, hanno acquisito l’allele strR; la percentuale delle cellule sopravvissute offre una stima della frequenza di ricombinazione. A a Il plasmide F’ si reinserisce con alta frequenza nel cromosoma batterico e sempre nello stesso sito, la regione omologa ai geni batterici che ha incorporato, attraverso un crossing over

27 Mappatura dei geni batterici attraverso la frequenza di ricombinazione dopo coniugazione Hfr x F-
Si selezionano i geni più tardivi (A) a b c A B C Deriva da 2 c.o., di cui una fra A e B, di cui misura la distanza Abc A B C a b c Deriva da 2 c.o., di cui una fra B e C, di cui misura la distanza ABc a b c A B C Deriva da 2 c.o. esterni alla regione in esame: la frequenza non è informativa delle distanze fra i geni studiati 1) Si selezionano i geni più “tardivi”, cioè si collocano i batteri F- ricombinanti su un terreno di coltura che non consente la sopravvivenza dei batteri F- originari; nell’esempio della diapositiva, il cromosoma blu è l’esogenote e quello azzurro è l’endogenote; l’allele A dell’esogenote conferisce la resistenza a un antibiotico X, mentre l’allele a non la conferisce; se si collocano i batteri F- in un terreno di coltura che contiene l’antibiotico X, sopravvivono solo i batteri che, attraverso la ricombinazione, hanno acquisito l’allele A; per acquisire l’allele A è necessario un crossing over in una regione dell’esogenote entrata dopo A – è la colonna di crossing over a sinistra nella diapositiva. 2) Si analizzano i ricombinanti per geni entrati prima di A, che quindi sono presenti in tutti gli esogenoti che contengono l’allele A; si possono esaminare i ricombinanti per altri 2 geni – si ricordi che occorrono almeno 2 crossing over e, comunque, un numero pari per avere ricombinanti vitali. 3) I ricombinanti che hanno acquisito tutti i 3 alleli dell’esogenote non danno informazioni sulla distanza fra i 3 geni, poiché questo assortimento ricombinante (3° riga) deriva da due crossing over esterni alla regione esaminata. 4) I ricombinanti che hanno acquisito solo l’allele A derivano da un secondo crossing over avvenuto nella regione compresa fra A e il gene mediano – B nella diapositiva - (1° riga), quindi la loro frequenza misura la distanza fra A e B. 5) I ricombinanti non rari che hanno acquisito 2 alleli dall’esogenote indicano qual è il gene mediano: infatti per acquisire come secondo allele quello del gene mediano – B -, bastano 2 crossing over (2° riga); per acquisire come secondo allele quello del gene entrato più precocemente – C nella diapositiva – senza recuperare l’allele del gene mediano, sono necessari almeno 4 crossing over (4° riga); questo rende estremamente bassa la frequenza di questo tipo di ricombinanti. 6) Questi ricombinanti non rari che hanno acquisito 2 alleli dall’esogenote derivano da un secondo crossing over avvenuto nella regione compresa fra il gene mediano e quello entrato più precocemente – rispettivamente B e C nella diapositiva - quindi la loro frequenza misura la distanza fra B e C. ABC a b c A B C Deriva da 4 c.o.: rarissimo, identifica il gene mediano AbC

28 Ciclo litico (fagi T pari) e ciclo lisogeno (fagi temperati)
I batteri che hanno incorporato il cromosoma virale nel proprio si moltiplicano integrazione induzione Nota: il cromosoma del fago è rappresentato in forma circolareanche nel capside, anche se circolarizza solo entro la cellula batterica I fagi si distinguono in virulenti e temperati: i primi producono, con la loro infezione, un ciclo litico: se ne è parlato alla fine del primo credito, in occasione della spiegazione del test di complementazione e della definizione dei cistroni. I fagi temperati possono presentare, oltre al ciclo litico, anche il ciclo lisogeno: dopo che il cromosoma virale viene iniettato nel batterio, questo può, mediante un vero e proprio, singolo crossing over tra regioni omologhe presenti sia nel cromosoma batterico che in quello virale, inserirsi nel cromosoma batterico in maniera simile al fattore F (diapositive 17 e 18). Così il batterio può, per numerose generazioni, proliferare replicando il proprio cromosoma in cui è integrato stabilmente il cromosoma virale. Tuttavia è possibile, mediante diverse procedure, indurre di nuovo il ciclo litico: il cromosoma virale, ancora attraverso un crossing over tra regioni omologhe, si scinde dal cromosoma batterico, viene ripetutamente replicato, mentre contemporaneamente vengono montati numerosi capsidi che impacchettano i nuovi cromosomi virali; così si produce la lisi del batterio e vengono liberate numerose particelle virali. Ciclo litico

29 Infezione mista e ricombinazione nei fagi virulenti
Nota: il cromosoma del fago è rappresentato in forma circolareanche anche nel capside, anche se circolarizza solo entro la cellula batterica h- r+ h- r- h+ r- h+ r+ È possibile effettuare mappe di ricombinazione anche per i cromosomi dei fagi mediante infezione mista di una stessa cellula batterica con fagi appartenenti a 2 ceppi diversi che differiscano per 2 alleli diversi di 2 geni. Il fenotipo che si studia è la forma delle placche di lisi. Queste placche si osservano quando si collocano i virus in una popolazione molto densa di batteri, distribuita in modo uniforme nel terreno di coltura in una capsula Petri. Mentre, in assenza di virus, la coltura batterica ha un aspetto lattescente, se si semina un numero molto basso di virus, per ogni virus seminato si formerà una placca più o meno trasparente, dovuta alla lisi di milioni di batteri fra loro vicini, infettati dal virus iniziale e dai suoi discendenti. Nel caso descritto nella diapositiva, ci sono 2 geni, r ed h, i cui alleli determinano la forma della placca di lisi: r+ produce placche di lisi piccole, r- grandi, mentre h+ produce placche di lisi scure, h- chiare. I 2 ceppi con cui è stato coinfettato il batterio al centro, in basso nella diapositiva, hanno genotipo r+ h- (cromosoma grigio, fenotipo placche piccole e chiare) e r- h+ (cromosoma rosso, fenotipo placche grandi e scure). Dopo la coinfezione, durante la replicazione dei cromosomi virali può verificarsi la ricombinazione fra 2 cromosomi appartenenti ai 2 ceppi diversi, da cui derivano, con pari frequenza, i prodotti complementari della ricombinazione, con genotipo r+ h+ (cromosoma rosso con arco grigio, fenotipo placche piccole e scure) ed r- h- (cromosoma grigio con arco rosso, fenotipo placche grandi e chiare). Quando il batterio infettato lisa, si avrà una grande maggioranza di particelle virali con i cromosomi parentali (r+ h- e r- h+) e poche con i cromosomi ricombinanti (r+ h+ e r- h-); se si semina questa progenie virale in una capsula Petri che contiene una popolazione densa di batteri, si avranno in maggioranza placche di lisi con fenotipo parentale (placche piccole e chiare e placche grandi e scure) e poche placche di lisi con fenotipo ricombinante (placche piccole e scure e placche grandi e chiare). Dalla frequenza relativa delle placche di lisi con fenotipo ricombinante si calcola la distanza fra i geni coinvolti.

30 Trasduzione generalizzata: fago P1 in Escheirichia coli
Si seleziona per un marcatore sul frammento trasdotto (lungo al massimo come il cromosoma di un fago) e si misura la vicinanza a 2 a 2 dei geni come frequenza di cotrasduzione Se seleziono A, A è cotrasdotto con B più che con C, che quindi non è in mezzo; se seleziono B, B è cotrasdotto con frequenze simili con A e C; quindi A non è in mezzo: in mezzo è B Si misurano quindi le distanze AB e BC direttamente dalla frequenza di cotrasduzione La trasduzione generalizzata è dovuta all’incorporazione di un piccolo frammento del cromosoma batterico entro un capside virale al posto di un cromosoma virale. Il frammento viene prodotto dalla degradazione del cromosoma batterico durante la lisi; qualsiasi frammento può essere incorporato, purché abbastanza piccolo da entrare nel capside (circa l1% del cromosoma batterico. Quando il virus che contiene il frammento del cromosoma batterico inietta quest’ultimo nella cellula batterica, invece di innescare un processo di lisi, rilascia un frammento cromosomico che può essere incorporato nel cromosoma batterico, sostituendo i geni corrispondenti sul cromosoma batterico attraverso un numero pari di crossing over, con un meccanismo analogo a quello della coniugazione. Si possono mappare i geni batterici analizzando la frequenza di co-trasduzione dei geni a 2 a 2; seguendo la procedura descritta nella diapositiva si identifica prima di tutto il gene che sta in mezzo come quello che co-trasduce con frequenze paragonabili con ciascuno degli altri 2 geni (infatti i geni esterni co-trasducono con minor frequenza, in quanto sono prodotti con frequenza non trascurabile solo se i 2 crossing over avvengono nelle 2 regioni “esterne” al tratto che comprende i 3 geni; ma in questo caso co-trasducono anche le coppie 1° - 2° gene e 2° - 3° gene). Quindi si calcola direttamente la distanza di mappa fra 1° - 2° gene e 2° - 3° gene in base alla frequenza di co-trasduzione esclusiva (i 2 eventi di ricombinazione a sinistra) sul totale delle co-trasduzioni. a b c A B C a b c A B C Cotr AB, BC, AC cotrBC A B C a b c a b c A B C cotrAB CotrAC raro

31 Trasduzione specializzata nel fago l
1 2 gal bio 2 gal l dgal gal- bio gal 2 1 2 gal bio TS 2 gal La trasduzione specializzata avviene tramite i fagi temperati, che possono alternare cicli lisogeni e cicli litici. Il cromosoma del fago lambda, durante il ciclo litico, si inserisce con un proprio sito specifico (i due quadrati rossi nella diapositiva) in un sito specifico del cromosoma di E. coli (i due quadrati azzurri nella diapositiva); tale sito specifico si trova fra i geni gal e bio. Si ricorda che questa modalità di inserimento è diversa da quella del fattore F, che avviene in un sito qualsiasi del cromosoma batterico. L’inserimento è reversibile: quando il cromosoma virale si libera inizia il ciclo litico. Sporadicamente può avvenire che il disimpegno del cromosoma virale avvenga con qualche imprecisione: per esempio, un segmento del cromosoma virale (1 nella diapositiva) rimane inserito nel cromosoma batterico, mentre il gene gal del cromosoma batterico viene incorporato nel cromosoma virale; questo cromosoma viene indicato con il nome dgal, in cui d indica che il cromosoma è difettivo di alcuni geni originari del fago lambda e gal indica che è stato cquisito il gene batterico gal . Quando questo cromosoma, una volta inserito nel capside batterico, dopo la lisi dell’ospite va a infettare un altro batterio, possono accadere 2 eventi alternativi: mediante un doppio crossing over il gene gal del virus sostituisce il gene gal dell’ospite (trasduzione specializzata: TS nella diapositiva); oppure il cromosoma virale si integra nel cromosoma batterico (I nella diapositiva); poiché la perdita della regione 1 rende problematico l’inserimento del cromosoma dgal nel cromosoma batterico, per rendere efficiente l’inserimento del cromosoma dgal è necessari effettuare una coinfezione di fagi lambda dgal con fagi lambda normali, con il loro cromosoma integro; questi ultimi vengono detti “helper”, perché i loro geni “aiutano l’inserimento dei cromosomi dgal nel cromosoma batterico. I batteri in cui è inserito dgal sono merodiploidi per il gene gal . I l helper l dgal gal- bio gal bio 1

32 Analisi fine del gene: ricombinazione intragenica
Ceppo B Non infetta il ceppo K Non infetta il ceppo K rII A Non infetta il ceppo K Infetta il ceppo K Per studiare la ricombinazione intragenica si coinfettano batteri Escheirichia coli, ceppo B, con virus T4 di 2 ceppi diversi, indicati nella diapositiva dai segmenti cromosomici della regione rII, di colore rosso o azzuro, ciascuno con un allele anormale rII dello stesso cistrone (rIIA oppure rIIB), indicati dalla stellina gialla sul segmento cromosomico azzuro e dalla stellina grigia sul segmento cromosomico rosso. Se i due alleli si trovano su siti ricombinabili diversi entro lo stesso cistrone, pur con frequenza molto bassa si possono ottenere cromosomi virali ricombinanti, metà dei quali avrà un allele anormale con entrambi i siti ricombinabili anormali (segmento azzurro/rosso con le stelline gialla e grigia), mentre l’altra metà avrà un allele normale (segmento rosso/azzurro senza stelline). I virus che contengono quest’ultimo cromosoma ricombinante sono gli unci capaci di infettare Escheirichia coli di ceppo K. Moltiplicando per 2 la frequenza relativa di questi virus si ottiene la frequenza di ricombinazione, sulla base della quale si msura la distanza di mappa. I risultati principali di questo studio sono stati i seguenti: 1) i siti ricombinabili, chiamati reconi, sono ordinati in sequenza lineare; 2) esiste una distanza minima di ricombinazione, caratteristica dei reconi fra loro adiacenti, che è uguale per tutte le coppie di reconi adiacenti, pari a 0,01%; quando si scoprì la natura molecolare del gene (vedere la 4° serie) si stabilì che a ogni recone corrisponde un nucleotide, che, come vedremo è l’unità elementare di cui sono costituiti il DNA e l’RNA. La frequenza di ricombinazione si calcola come frequenza di virus capaci di infettare E. coli ceppo K x 2 sul totale dei virus dello stesso lisato capaci di infettare il ceppo B La frequenza minima di ricombinazione intragenica è pari allo 0,01%; quindi il gene è costituito da subunità di dimensione costante che possono ricombinare fra loro; tali subunità hanno la dimensione di 1 nucleotide; la mappa dei siti ricombinabili entro un gene è ancora lineare

33 Mappatura per delezione di siti mutabili
Esistono mutazioni che non possono ricombinare con altre mutazioni nello stesso gene: si tratta di delezioni 4 Cromosoma normale Cromosoma con delezione del segmento che contiene i siti mutabili 3, 4 e 5; per questi siti non vi può essere ricombinazione con il cromosoma normale Se si dispone di un numero adeguato di delezioni si può suddividere il gene in regioni caratterizzate dalle sovrapposizioni di diverse delezioni, cui si possono assegnare i siti mutabili sulla base delle delezioni con cui non ricombinano Il gene è costituito da un numero molto elevato di siti mutabili; tali subunità hanno la dimensione di 1 nucleotide; la mappa dei siti mutabili entro un gene è ancora lineare;alcuni siti hanno una frequenza di mutazione molto più alta di quella attesa per caso: sono stati chiamati punti caldi I II III IV V VI VII VIII Nella presente diapositiva viene presentato un nuovo metodo per mappare i diversi siti allelici dei cistroni rIIA e rIIB: la mappa per delezioni. Una delezione è la perdita di un segmento di cromosoma che può essere molto grande, e coinvolgere numerosi geni, o molto piccola, e coinvolgere solo una parte di un gene; le delezioni studiate da Benzer sono di quest’ultimo tipo, consistono nella perdita di un segmento dei cistroni rIIA o rIIB e vengono chiamate per questo delezioni intrageniche o intracistroniche. Le delezioni sono mutazioni cromosomiche le cui modalità di origine e le cui conseguenze verranno studiate nella 3° serie di diapositive. Una delle conseguenze delle delezioni è che se si coinfettano i batteri con 2 ceppi virali, di cui uno ha una delezione per una porzione di un cistrone rII – nel caso illustrato nello schema in alto a sinistra nella diapositiva il cromosoma con i siti , con una delezione per i siti – non si può avere ricombinazione per i siti presenti nella delezione; in altre parole, ci potrà essere ricombinazione fra i siti 1 e 2 o fra i siti 6 e 7, ma non fra i siti 2 e 3, 3 e 4, 4 e 5 e 5 e 6; poiché infatti manca 1 delle 2 regioni omologhe, non ci può essere né appaiamento né crossing over. Benzer non si limitò a effettuare la mappa per delezione dei siti ricombinabili già identificati, ma anche di nuovi siti allelici ottenuti per mutazione (vedere la 3° serie di diapositive); quindi studiò i nuovi alleli come siti di mutazione, o mutoni. Per prima cosa Benzer costruì una mappa delle delezioni, esaminandole 2 a 2: se 2 delezioni sono in contatto o si sovrappongono, non ci può essere ricombinazione tra loro; poiché manca almeno 1 delle 2 regioni omologhe che le separi, non ci può essere né appaiamento né crossing over: coinfettando batteri con 2 ceppi batterici con le delezioni b e c, b ed e, c e d, c ed e, d ed e, presenti nello schema in basso a sinistra della diapositiva, non ci può essere ricombinazione fra le delezioni, che quindi rimangono invariate, in trans, nelle combinazioni parentali. Se invece 2 delezioni sono distanziate, ci può essere ricombinazione tra loro; poiché non manca nessuna delle 2 regioni omologhe che le separino, ci può essere sia appaiamento che crossing over: coinfettando batteri con 2 ceppi batterici con le delezioni a e b, a e c, a e d, a ed e, b e d, presenti nello schema in basso a sinistra della diapositiva, ci può essere ricombinazione fra le delezioni, che quindi oltre a rimanere invariate, in trans, nelle combinazioni parentali, possono dare combinazioni ricombinanti, con entrambe le delezioni in cis. È possibile mettere già ora un ordine tra le delezioni: nello schema in basso a sinistra sicuramente le delezioni b e d, che non si sovrappongo fra loro ma si sovrappongono con d ed e, sono agli estremi del tratto del gene che contiene queste 4 delezioni, mentre c ed e sono al centro; la delezione a è sicuramente all’esterno di questo tratto. A questo punto è possibile mappare singoli siti mutabili rispetto alle delezioni: si coinfettano i batteri con un ceppo virale contenente la delezione insieme a un altro ceppo che ha un allele mutato nel sito mutabile; se questo sito si trova nella regione in cui c’è la delezione nell’altro ceppo, non ci può essere ricombinazione; se invece questo sito si trova nella regione in cui non c’è la delezione nell’altro ceppo, ci può essere ricombinazione. Per esempio, nello schema in basso a sinistra nella diapositiva l’allele mutato del sito 4 può ricombinare con le delezioni a, b e d, non con c ed e; invece l’allele mutato del sito 12 può ricombinare con le delezioni b, c, d ed e, non con a. Combinando le mappe delle delezioni con quelle dei siti mutabili si può suddividere il castrone in regioni: per esempio, nello schema in basso a sinistra nella diapositiva, la regione IV è una regione comune alle delezioni b, c ed e, e vi si localizza il sito mutabile 5; la regione VII è priva di delezioni e vi si localizza il sito mutabile 10. Alla conclusione dello studio è stato possibile suddividere i cistroni rIIA ed rIIB in tante regioni quanti sono i siti mutabili, o mutoni; si è constatato che mutoni e reconi coincidono, avendo entrambi la dimensione di un nucleotide (vedi diapositiva 25); infine non tutti i siti mutabili hanno uguale frequenza di mutazione: alcuni siti, particolarmente sensibili, hanno una frequenza di mutazione molto più alta. a b c d e È possibile mettere in sequenza le delezioni a seconda delle regioni delete che condividono, che ne inibiscono la ricombinazione Si può localizzare ogni nuova mutazione in una delle regioni in cui è suddiviso il gene sulla base delle delezioni con cui ricombinao meno


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