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H. Laborit “Elogio della fuga”

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Presentazione sul tema: "H. Laborit “Elogio della fuga”"— Transcript della presentazione:

1 H. Laborit “Elogio della fuga”
Queneau “Zazie et le métro” Rimbaud “Ma Bohème” “Le Bateau Ivre” Baudelaire “Le voyage” “La fenetre” Verne “20000 lieues sous les mers”

2 Dall’”Elogio della Fuga” (Laborit)
“Quando non può più lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l’andatura di cappa che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga spesso, quando si è lontani dalla costa, è il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all’orizzonte delle acque tornate calme… …Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l’illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione… Forse conoscete quella barca che si chiama Desiderio.”

3 Da “Le voyage” “Amaro sapere, quello che si trae dal viaggio!
Il mondo, monotono e piccolo, oggi, Ieri, domani, sempre ci riflette la nostra immagine: Un’oasi di orrore in un deserto di noia!” “O morte, versaci il tuo veleno per confortarci! Vogliamo, tanto brucia questo fuoco nel nostro cervello, Tuffarci nel profondo dell’abisso, Inferno o Cielo che importa? Nel profondo dell’Ignoto per trovare qualcosa di nuovo.” Da “Le voyage”

4 Colui che guarda da fuori attraverso una finestra aperta, non vede le cose che invece vede colui che guarda una finestra chiusa. Non c’è oggetto più profondo, più misterioso, più fecondo, più tenebroso, più splendente di una finestra rischiarata dalla luce di una candela. Ciò che possiamo vedere alla luce del sole è sempre meno interessante di quello che accade dietro il vetro di una finestra. In questo buco nero, o luminoso che sia, vive la vita, sogna la vita, soffre la vita. Al di là delle onde di tetti, scorgo una donna matura, già rugosa, povera, sempre china su qualcosa e che non esce mai. Con il suo viso, con il suo vestito, con il suo gesto, con quasi nulla, ho ricostruito la storia di questa donna o piuttosto la sua leggenda, e qualche volta me la racconto da solo piangendo. Se fosse stato un pover’uomo vecchio, avrei rifatto la sua allo stesso modo facilmente. E mi addormento fiero di aver vissuto e sofferto in altre persone diverse da me. Forse mi direte: “ Sei sicuro che questa storia sia quella vera?” Che importa ciò che può essere la realtà al di fuori di me stesso se mi ha aiutato a vivere, a sentire che io sono e ciò che sono?. La finestra

5 “Ma Bohème” Andavo, con i pugni nelle tasche sfondate,
Ed anche il mio pastrano diventava ideale; Andavo sotto il cielo, Musa, ed ero il tuo fido; Quanti splendidi amori ho mai sognato allora! Negli ultimi calzoni avevo un largo squarcio. Pollicino sognante, sgranavo nella corsa rime. L’orsa maggiore mi faceva da ostello. Le mie stelle nel cielo dolcemente frusciavano; Le ascoltavo, seduto sul ciglio delle strade, In quelle sere dolci di settembre e sul viso Le gocce di rugiada m’erano vino gagliardo; E, rimando nel cuore di fantastiche tenebre, Tiravo, come fossero delle lire, i lacci delle scarpe ferite, col piede accanto al cuore!

6 La tempesta ha sorriso ai miei risvegli in mare.
Più lieve di un turacciolo ho danzato sui flutti Che eternamente spingono i corpi delle vittime, Dieci notti, e irridevo l’occhio insulso dei fari. Ma basta ho pianto troppo! Le Albe sono strazianti Ogni luna mi è atroce ed ogni sole amaro: L’acre amore mi gonfia di stordenti torpori. Oh! La mia chiglia scoppi! Ch’io vada in fondo al mare! Da “Le Bateau Ivre”

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11 H. Hesse da “Il vagabondo”
“Ah, la vera voglia di viaggiare non è altro che quella voglia pericolosa di pensare senza timori di sorta di affrontare di petto il mondo, e di volere avere delle risposte da tutte le cose, gli uomini, gli avvenimenti. Quanto a noi vagabondi giunge il richiamo del ritorno e per noi irrequieti si delinea il luogo del riposo, allora la fine non sarà un congedo, una timida resa, ma piuttosto un assaporare, grati e assetati, la più profonda delle esperienze.”


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